#Expo2015

#Expo2015, al MIUR il bilancio delle attività su sport e stili di vita promosse insieme a Coni e Ferrero 
Giannini firma Protocollo per diffondere eredità Esposizione 

L’11 dicembre, alle ore 12,45, presso la Sala della Comunicazione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in Viale Trastevere 76/A, il Ministro Stefania Giannini, il Presidente del Coni Giovanni Malagò, il Presidente di Ferrero S.p.A. Francesco Paolo Fulci e il Direttore degli Affari Istituzionali di Expo Roberto Arditti, faranno un bilancio del percorso avviato insieme in occasione di Expo Milano 2015, per promuovere l’attività sportiva e i corretti stili di vita tra gli studenti.
A Milano l’area Kinder+Sport, nata nell’ambito del Protocollo d’Intesa tra Miur, Coni, Gruppo Ferrero ed Expo, ha registrato la presenza di oltre 230.000 visitatori, di cui oltre 100.000 bambini di età compresa fra i 5 e i 12 anni.
Nel corso dell’evento sarà anche siglato un Protocollo d’intesa per promuovere nel tempo l’eredità dell’Esposizione universale e il patrimonio condiviso dell’intera comunità scolastica nei mesi di Expo.

A proposito di EaG 2015: un ottimismo giustificato?

A proposito di EaG 2015: un ottimismo giustificato?
Luigi vs Walter

di Maurizio Tiriticco

 

Luigi Berlinguer conduce su educationduepuntozero un’attenta disanima dei dati della ricerca “Education at a Glance” 2015 e afferma che l’analisi longitudinale dei dati rivela un trend positivo sull’istruzione in Italia.

Leggiamo tra l’altro: “È vero che, in un’analisi comparativa con i Paesi più avanzati, la nostra nazione non sempre regga il confronto e risulti indietro, talvolta con gravi insufficienze sulle quali è doveroso riflettere per operare. Tuttavia è possibile che uno sguardo frettoloso ai dati Ocse ci mostri una verità parziale. Azzardando una valutazione d’insieme, si può intanto dire che l’Italia di oggi è meglio di quella di venti anni fa, è cresciuta, ha temperato in parte l’iniquità di fondo prodotta da una scuola classista, come la nostra – che tuttavia resta ancora classista, ma un po’ meno. Va subito aggiunto, però, che – salvo per alcuni aspetti – in complesso siamo educativamente indietro rispetto alla media OCSE ed a quella Europea”.

A me sembra che dal rapporto, che riguarda ben 34 Paesi, emergano non poche criticità. In Italia, il tasso di occupazione dei giovani laureati è il più basso. Tra i giovani di 25/34 anni, nel 2014 solo il 62 per cento era occupato, 5 punti percentuali in meno rispetto ai dati del 2010, e 20 punti percentuali in meno rispetto alla media Ocse. Circa il 35 per cento dei giovani tra i 20 e i 24 anni di età non lavora, non studia, non segue corsi di formazione: si tratta della seconda percentuale più alta tra i paesi membri dell’Ocse. I nostri insegnanti, tra tutti i Paesi Ocse, sono i più anziani e ricevono gli stipendi più bassi. A fronte di tale situazione a tutt’oggi solo lo 0,9% del Pil viene investito nell’istruzione terziaria.

In tale contesto Luigi Berlinguer individua, comunque, alcuni fattori di crescita. “In Italia gli iscritti agli ultimi anni della scuola secondaria giovani (di anni dai 15 ai 19) erano ben sotto l’80%: un risultato interessante. Salvo che non regge il confronto con il dato dei giovani di 26 paesi OCSE (su 37) che si collocano fra l’80% ed il 90%, o più. E se si considerano i diplomati della scuola superiore, confrontati con il numero complessivo dei ragazzi italiani sotto i 25 anni, rispetto ad una media OCSE dell’88% abbiamo un dato del nostro paese del 78%”.

Insomma, tra le pieghe del rapporto EaG è possibile individuare elementi che non ci facciano oltre modo disperare. “Sono personalmente convinto – soggiunge Berlinguer – che l’Italia di oggi è meglio di quella di ieri, ma ciò mi porta ad una ulteriore considerazione e cioè che la scuola e l’università, nel loro complesso, nonostante taluni aspetti contraddittori, abbiano rappresentato un fattore di crescita sociale e di consolidamento culturale. Anche qui, ripeto, non si può essere assolutamente né soddisfatti né paghi, non si può abbassare la guardia dello sprone ad un allargamento consistente del fenomeno, ma il quadro oggettivo non può essere sottovalutato, anche per comprendere che cosa la scuola e l’università hanno effettivamente dato al nostro Paese”.

Confesso che non comprendo fino in fondo queste valutazioni di Berlinguer, anche perché è sotto gli occhi di tutti lo sbando attualmente esistente nelle nostre scuole. Le urgenze da affrontare sono tante e vanno affrontate in modo diffuso e con criteri unitari: Purtroppo, le impasticciate sollecitazioni della legge 107 spingeranno le nostre scuole a misurarsi tra loro, l’un contro l’altra armata! Addio a quei principi di eguaglianza e di equità, cardini costituzionali del nostro sistema di istruzione! Perché saranno sostituiti dai principi contrari: concorrenza e competizione! Altro che eguaglianza delle opportunità formative! Avremo la corsa dei DS ad accaparrarsi gli insegnanti cosiddetti “migliori”, ma non per i titoli di studio, bensì per altri mille variabili che solo il mercato libero è solito offrire. Non dico altro e non voglio ripetere cose già dette nei miei scritti precedenti. Siamo di fronte a una legge che ignora volutamente il problema numero uno del nostro sistema di istruzione: il riordino dei cicli e degli ordini di studio!

Eppure lo stesso Berlinguer alla fine del secolo corso aveva visto giusto, quando non solo innalzò l’obbligo di istruzione, ma volle riordinare l’intero sistema, anche per consentire ai nostri giovani di uscirne a 18 anni di età. E afferma anche nel testo citato: “Sono personalmente convinto che, da questo punto di vista, l’Italia di oggi è meglio di quella di ieri; ma ciò mi porta ad una ulteriore considerazione e cioè che la scuola e l’università, nel loro complesso, nonostante taluni aspetti contraddittori, abbiano rappresentato un fattore di crescita sociale e di consolidamento culturale”. Certamente “hanno rappresentato un fattore di crescita”, ma quando? Lo sbando esistente nel nostro sistema di istruzione secondario e terziario è sotto gli occhi di tutti! E’ dall’inizio del nuovo secolo che, in forza di scellerati ministri, la nostra scuola è in declino.

Ed è qui che voglio opporre all’ottimismo di Berlinguer il pessimismo accorato di Walter Tocci. Questa è la sua recentissima pubblicazione: “La scuola, le api e le formiche, come salvare l’educazione dalle ossessioni normative”. E questa è la fascetta della copertina: “La Buona scuola è una riforma mancata. E’ questa la critica più benevola, e insieme la più severa”. E in quarta di copertina: “Ecco una sorta di manuale per i riformatori dell’istituzione scolastica: formicai accoglienti per le domande dei giovani, per i migranti, per gli adulti che tornano a studiare. E favi sapienti, alimentati dalla curiosità per il nuovo mondo e dalla creatività didattica. Sono questi i mondi vitali che salvano l’educazione dalle ossessioni normative”.

E’ un libro che si può leggere tutto d’un fiato, come si suol dire, ma che contiene tante pillole di saggezza che non vanno affatto perdute. Mi limito ad alcune citazioni.

“Poco meno di un terzo della popolazione attiva possiede le competenze necessarie per interagire consapevolmente nella società del XXI secolo. In gran parte gli italiani faticano a gestire le attività di lettura e di calcolo che si accompagnano a un pieno esercizio della cittadinanza. È una tendenza al neoanalfabetismo che si riscontra in molti paesi civili ma che solo da noi riguarda il 70% dei cittadini dai 16 ai 65 anni. Al risultato contribuiscono per la lettura tre componenti: 6% di analfabeti primari, molto di più delle autodichiarazioni al censimento; 22% di analfabeti di ritorno che perdono nel corso della vita le competenze acquisite sui banchi di scuola; 42% di analfabeti funzionali che pur sapendo decifrare un testo non riescono a padroneggiarne il significato per le funzioni necessarie; in altri termini, questi soggetti si trovano costantemente in una condizione di inadeguatezza che per un momento può essere quella anche della persona istruita quando si impappina di fronte a una pratica insolita, in un’occasione di dipendenza psicologica oppure alle prese con una nuova tecnologia” (p. 65).

“Il figlio di genitori che non hanno studiato, che vive nelle periferie sociali, che sceglie l’istruzione professionale cammina per un sentiero incerto e rischioso. Non era così nell’Italia povera del dopoguerra, anzi la nostra generazione è arrivata alla laurea spesso partendo da genitori quasi analfabeti. È intollerabile che invece oggi si riduca la mobilità sociale, in un paese comunque più ricco di allora. Significa che si è spezzato qualcosa nella dinamica di emancipazione delle classi subalterne e che l’istruzione è rimasta impigliata in questa frattura sociale” (p. 71).

“Se non è una crisi dell’educazione ma una crisi nell’educazione, i problemi e le soluzioni devono ampliare il campo di analisi e di azione. Certamente si richiede un impegno didattico più forte e inclusivo, ma non si può dimenticare che dietro c’è la montagna del disagio del 70% della popolazione. In molti casi per migliorare i risultati dei figli bisogna riportare sui banchi anche i genitori che non hanno studiato o che tendono a perdere le capacità acquisite. In un paese siffatto l’educazione permanente dovrebbe essere al primo posto dell’agenda, non solo come formazione professionale, né solo come supporto alle attività del tempo libero, ma come politica che si prende cura della cittadinanza” (p. 76).

“Le imprese realizzano un investimento in ricerca più basso di quello dello Stato, unico caso tra i paesi occidentali; la bassa domanda di tecnologie ICT da parte delle aziende rivela una scarsa innovazione dei processi produttivi in vasti settori della struttura economica” (p. 91).

“Se in Germania il governo avesse espresso l’intenzione di tagliare otto miliardi di euro (l’autore allude ai tagli del Ministro Gelmini), non avrebbero protestato solo gli insegnanti ma l’intero establishment economico,

ben consapevole del valore del sistema formativo per la competitività. Al contrario, in Italia la classe dirigente ha sollecitato i tagli perché non impensierivano un’economia a bassa domanda di qualità della forza lavoro” (p. 92).

“Nel dopoguerra un paese affamato, distrutto e in gran parte analfabeta riuscì in poco tempo a raggiungere i vertici del sapere moderno: la plastica di Natta; il grande calcolatore Olivetti a transistor sviluppato prima degli americani; il primo satellite spaziale europeo di Broglio; il sincrotrone di Amaldi; il CNEN di Ippolito e l’ENI di Mattei; l’istituto superiore di sanità di Marotta, crocevia di ben tre premi Nobel; l’innovazione tecnologica dell’IRI; il design industriale; cinema, teatro e letteratura di livello internazionale. Che a tutto ciò si sia accompagnata nel 1962 anche la più avanzata riforma scolastica, dimostra che le politiche dell’educazione sono i segnavia del progresso di un paese” (p. 94).

“C’è forse da riscoprire un altro incipit della modernità, meno fortunato ma gravido di promesse per l’avvenire, quello di Comenio, di una educazione integrale che rifugge ogni divisione: «Vogliamo proporre, dunque, tre cose inconsuete […] e cioè che vengano istruiti all’universale cultura 1) tutti gli uomini; 2) intorno a tutte le cose; 3) affinché divengano colti totalmente. Tutti, cioè tutte le nazioni, le classi sociali, le famiglie, le persone, nessuno escluso, in nessun luogo, perché tutti sono uomini»” (p. 118).

“La riforma dei cicli è l’assenza più clamorosa della Buona scuola. Qui si vede che la nuova generazione non si è liberata degli incubi dei predecessori. Che hanno esagerato per eccesso e per difetto. Per tanto tempo l’argomento è stato sopravvalutato, fino a considerarlo la panacea di tutti i mali, poi è diventato un tabù. Quella proposta da Berlinguer era una soluzione di alto livello, forse l’ambizione migliore del ventennio. Non meritava l’ostilità della sinistra che pure ne aveva condiviso l’intenzione né la furia distruttiva della destra che la cancellò senza alcun rispetto per la continuità istituzionale” (p. 120).

“La famiglia si è frammentata in nuclei sempre più piccoli, spesso con genitori separati e tendenzialmente più anziani. È saltata la funzione educativa della bottega familiare che secondo Tullio De mauro fino al miracolo economico ha sopperito alle carenze della scolarizzazione. La «piccola» famiglia, invece, scarica le proprie tensioni sulla scuola in forme divaricanti: da un lato la trascuratezza spesso associata a povertà minorile, e dall’altra un assillo protettivo che interferisce nella didattica e a volte condiziona la formazione delle classi secondo criteri selettivi. L’educazione integrale è l’unica via per allentare la tensione crescente tra istituzione scolastica e famiglia. La scuola aperta distende le relazioni tra insegnanti, ragazzi e genitori rielaborando nella dimensione sociale la funzione che fu della bottega familiare” (p.129).

“Non è stata una scelta felice il messaggio della didattica del potenziamento (di cui alla legge 107); piuttosto è tempo di una didattica mite che si ritira dalla volontà di conoscere tutto, per dedicarsi ai percorsi degli apprendimenti e ai nodi fondanti dei saperi. Una didattica mite che si ritira dalla volontà di conoscere tutto, per dedicarsi ai percorsi degli apprendimenti e ai nodi fondanti dei saperi” (p. 133).

“La lettura è sovrastata dalla visione, passando più frequentemente dalla logica sequenziale a quella simultanea. Ritorna il primato della percezione iconica dei significati, come era prima dell’avvento della scrittura. Il testo perde altresì quel carattere di stabilità che lo aveva posto a fondamento della legge e della sovranità. La scrittura digitale diventa un’infinita interpolazione, un copia e incolla, una chiosa che apre il testo ad ogni contaminazione, come avveniva nelle compilazioni medievali. Il futuro è spesso alle nostre spalle. Queste e tante altre novità contribuiscono a creare un fossato tra il maestro e l’allievo: «lento contro veloce, complicato contro semplificato, articolato contro elementare, noioso contro divertente, profondo contro brillante» (da Raffaele Simone, Presi nella rete, la mente ai tempi del web, Garzanti Milano, 2012, p 115). La scuola è lacerata dalla divaricazione tra l’endopaideia costrittiva e gerarchica dell’istituzione e l’esopaideia vitale e suadente del mondo giovanile” (p. 135).

Si tratta di riflessioni importanti e significative! Che colgono, a mio vedere, alcuni dei nodi chiave della problematica dell’Educazione, dell’Istruzione e della Formazione (sì, con tanto di maiuscole!) oggi nel nostro Paese. Che denunciano situazioni sulle quali occorre intervenire prima che sia troppo tardi. Dove sono i segni di ripresa che Luigi Berlinguer vuole forzatamente vedere passim, tra un dato e l’altro di un rapporto internazionale che certamente non è affatto benevolo verso la nostra scuola? Segnali positivi diffusi, a mio vedere non esistono, anche se so di iniziative di grande interesse (il Pacioli di Crema, il Fermi di Mantova, il Volta di Perugia, il Savoia Benincasa di Ancona, il Marco Polo di Bari, il Majorana di Brindisi) che Berlinguer ben conosce. E non vorrei che una legge improvvida si abbattesse come un uragano a distruggere formicai accoglienti e favi sapienti di cui, invece, dobbiamo andar fieri.

Alunni disabili crescono del 40% in dieci anni. Docenti di sostegno solo 12% in più

da Superabile

Alunni disabili crescono del 40% in dieci anni. Docenti di sostegno solo 12% in più

Anief commenta il Focus del Miur su integrazione degli alunni con disabilità. “Solo 96 mila posti coperti con personale di ruolo, a fronte dei 130 mila necessari. Governo e amministrazione assumano 33 mila docenti precari e sopprimano posti in deroga”

ROMA – Cresce del 40%  in dieci anni la percentuale degli alunni disabili che frequentano le scuole italiane: quest’anno sono 235 mila e rappresentano il 2,7% della popolazione scolastica, a fronte dell’1,9% del 2004-2005. Sono alcuni dei numeri contenuti nel Focus del Miur ‘L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità a.s.2014/2015′, pubblicato nei giorni scorsi, commentato criticamente da Anief. “Per coprire questo incremento notevole, pari al 40% di iscritti – osserva infatti il sindacato – la quota dei docenti di sostegno a tempo indeterminato sul totale dei docenti è passata dal 48,1% al 62,8%. Ma espresso in numeri, ciò corrisponde ad appena 96mila posti coperti con personale di ruolo, a fronte di quasi 130mila necessari. E la riforma non ha cambiato di molto le cose”.

Il Focus del Miur riferisce che primaria e secondaria di I grado sono gli ordini di scuola con una maggiore presenza di alunni disabili. I maschi sono il 68,8% del totale. Il 95,8% degli alunni con disabilità ha un problema psicofisico, l’1,6% di una disabilità visiva, il 2,7% di una disabilità uditiva. Per quanto riguarda l’insegnamento, ci sono 44.657 docenti per il sostegno (37,4% del totale) nella scuola primaria, 34.028 nella scuola secondaria di I grado (28,5% del totale), 29.714 docenti specializzati (24,9% del totale) nella scuola secondaria di II grado ed appena 10.985 unità (9,2% del totale) nella scuola dell’infanzia. “Nell’anno scolastico 2014/2015 – si legge nel Focus – i docenti per il sostegno a tempo indeterminato si sono attestati sui 75.023 e i docenti per il sostegno a tempo determinato sui 44.361; in termini percentuali la quota dei docenti di sostegno a tempo indeterminato sul totale dei docenti è stata del 62,8% del totale (nell’a.s.2006/2007 si attestava ad appena il 48,1%)”.

Per Anief, però, “a ben vedere c’è poco da essere soddisfatti: perché oggi abbiamo ancora un docente di sostegno precario su quattro. Che, detto in numeri, corrisponde ad appena 96mila posti coperti con personale di ruolo, a fronte di quasi 230mila necessari. E a poco è servito, come ha fatto notare nei giorni scorsi la rivista specializzata Tuttoscuola, il mini-potenziamento di assunzioni attuato con la Legge 107/15, che ha previsto 6.446 nuovi posti, perché “dall’anno scorso a quest’anno, i posti di sostegno in deroga (assegnati ai precari) sono aumentati di 11.254 unità, passando dai 117.673 ai 128.927. Perché mentre veniva compiuto lo sforzo di stabilizzare migliaia di posti, ne venivano attivati 5mila in più, in una sorta di fuga verso l’instabilità. Ad oggi, dunque, sono precari, non stabilizzati, oltre 33 mila posti di sostegno, il 26% circa. Occorre, dunque, un nuovo sforzo per aumentare la stabilizzazione”.

Per il presidente di Anief Marcello Pacifico, quindi, “senza un piano di copertura dei posti vacanti, anche nei prossimi anni, con il numero di alunni in costante aumento, staremo qui ancora a parlare di mancato rispetto del rapporto 1 docente ogni 2 studenti, ribadito dalla sentenza della Consulta 80/2010. E di una riforma del sostegno ‘zoppa’, perché incentrata su aspetti marginali, anziché sul più importante: la soppressione dei posti in deroga”. In altre parole, continua, “quel che occorre, per far quadrare il cerchio e risolvere il problema dell’alto precariato nella categoria, con effetti negativi per gli alunni, è assumere i 33mila docenti di sostegno precari prima dell’avvio del nuovo bando di concorso”. La richiesta è dunque che “Governo e amministrazione portino in porto quello che chiediamo da anni: attuare un’offerta didattica migliore, che copra tutti gli alunni disabili, attraverso la soppressione dei posti in deroga e – conclude Pacifico – l’assunzione in ruolo su tutti i posti vacanti”.

Sempre più bambini fanno il tempo pieno

da La Stampa

Sempre più bambini fanno il tempo pieno

Aumentato del 55% dal 2001, le regioni del Nord e quelle del Centro hanno le percentuali più alte

Il numero di alunni a tempo pieno nella scuola primaria è aumentato del 55% rispetto al 2001. Allora frequentava il tempo pieno un alunno su cinque, oggi uno su tre.

A rilevarlo i dati Miur che danno il Lazio in testa e il Molise in coda. A Milano il tempo pieno è arrivato al 90,4%; a Roma è cresciuto di 12 punti. Palermo ha soltanto il 4,5% di alunni a tempo pieno (ma nel 2003-04 era all’1,4%).

Nell’anno scolastico in corso sono 888 mila gli alunni che si avvalgono del tempo pieno su un totale di 2.583.000 alunni di scuola elementare, pari ad una percentuale del 34,4%. Nel 2001-02 erano 573 mila (pari al 22,6%). Le classi organizzate a tempo pieno nel 2015-16 sono complessivamente 42.449 su 131.692 per una percentuale del 32,2%.

Lo studio attesta che nel Lazio il 52,8% degli alunni sono iscritti al tempo pieno, nel Veneto il 32,2%, in Campania l’11,1% e che queste regioni sono quelle che hanno registrato un sensibile aumento della percentuale di alunni iscritti al tempo pieno; in leggero aumento la percentuale di iscritti anche in Toscana (49,7%), Emilia Romagna (47,8%), Liguria (47,5%), Friuli VG (39,9%), Marche (26,7%), Umbria (24,1%) e Abruzzo 15,3%). Stabile la Lombardia (50,3%), la Sardegna (34,9%), la Puglia (15,8%) e la Sicilia (7,2%); in flessione il Molise (7,0%), la Basilicata (47%) e il Piemonte (49,7%).

Al di là dell’andamento nell’ultimo quinquennio, in termini assoluti sono le regioni del Nord e quelle del Centro ad avere le percentuali più alte di alunni al tempo pieno, mentre il Sud, con l’eccezione della Basilicata, è di gran lunga sotto la media nazionale.

Il Lazio con il 52,8%, grazie ad un sensibile aumento di iscritti al tempo pieno negli ultimi cinque anni, scavalca la Lombardia (50,3%) rimasta in situazione abbastanza stabile.

Comitati di valutazione: esperti esterni a spese proprie

da La Tecnica della Scuola

Comitati di valutazione: esperti esterni a spese proprie

In diverse regioni è stata avviata la procedura per la designazione degli “esperti” che faranno parte dei comitati di valutazione.

Ma l’operazione si presenta complicata e dagli esiti incerti.
Intanto un primo dubbio riguarda le competenze degli esperti che verranno nominati.
Il bando dell’Usr del Piemonte, per esempio, è aperto a dirigenti scolastici e a docenti a tempo indeterminato oppure in pensione da non più di tre anni, ma non prevede la formazione di una graduatoria degli aspiranti esperti.
Va anche detto che le condizioni previste non sono tali da incentivare l’assunzione dell’incarico: il bando infatti specifica che agli esperti non solo non spetterà alcun compenso ma neppure potrà essere riconosciuto il rimborso delle spese.
C’è da credere che – a queste condizioni – non sarà facilissimo trovare personale disponibile ad accettare un incarico che si preannuncia delicato e anche impegnativo.
Vedremo fra qualche settimana in che modo il Ministero riuscirà a superare questo ostacolo.

Concorso, iter complesso: il bando uscirà entro fine anno

da La Tecnica della Scuola

Concorso, iter complesso: il bando uscirà entro fine anno

Con il concorso “siamo in ritardo perché l’iter è molto complesso. Mi impegno a chiudere entro il 31 dicembre”: lo ha detto al Mattino il ministro Stefania Giannini.

A precisa domanda, sul fatto che il concorso per esami e titoli doveva essere bandito entro il 1° dicembre scorso, il responsabile del Miur ha ammesso, quindi, gli intoppi già da alcuni giorni evidenziati dalla Tecnica della Scuola. In particolare, l’allungamento dei tempi è dovuto alla mancato definizione delle nuove classi di concorso. Sulla base delle quali si svolgeranno nuovi programmi e suddivisioni dei posti, da spalmare ai vincitori di concorso pubblico nei prossimi tre anni.

“Stiamo parlando di 63.784 posti di insegnante con i quali andrà davvero a regime la Buona Scuola”, ha tenuto a precisare il ministro Giannini.

A questo punto, diventa assai probabile che il regolamento approdi in Gazzetta Ufficiale tra Natale e Capodanno. Va anche detto, però, che lo stesso ministro aveva detto non più di un paio di settimane fa, sempre riferendosi alla pubblicazione del bando di concorso per nuovi docenti, per questa tornata tutti rigorosamente già abilitati all’insegnamento, che “se non sarà l’1 sarà il 2” dicembre.

Comitati di valutazione ai nastri partenza

da La Tecnica della Scuola

Comitati di valutazione ai nastri partenza

Sul comitato di valutazione continuano dubbi ed errori, alimentati in qualche caso anche da prese di posizione di sindacati e movimenti che non brillano per chiarezza.

 

Diversi lettori ci scrivono per saperne qualcosa di più sul sistema che si dovrà seguire nelle scuole per decidere a quali docenti assegnare il “premio”.  Su questo non ci dovrebbero più essere dubbi anche se – ancora fino a poche settimane fa – molti erano convinti che ci sarebbe stato un decreto attuativo; in realtà il meccanismo è già chiarito nella legge: il comitato di valutazione dovrà definire i criteri generali, e il dirigente scolastico dovrà indicare nomi e cognomi dei docenti da premiare, ovviamente in coerenza con i criteri generali.
Nelle ultime settimane molte scuole hanno già designato i docenti che faranno parte del comitato di valutazione con la clausola (o con l’intenzione) che il comitato si occupi esclusivamente della valutazione dell’anno di prova dei docenti neo-assunti.
In realtà, checchè se ne dica, il comitato ha due funzioni: valutare i docenti neo-assunti e definire i criteri per il merito; in alcune scuole, addirittura, si è proceduto alla nomina dei docenti con la convinzione che ci sono due diversi comitati, uno per il merito e uno per la valutazione dei docenti neo-assunti.
Ovviamente non è così, perchè il comitato è uno solo e, prima o poi, dovrà affrontare il compito, considerato magari sgradevole, di deliberare i criteri per l’assegnazione del “bonus”. E bisogna anche considerare che a breve arriveranno nelle scuole gli “esperti” designati dagli Uffici regionali che dovranno far parte dei comitati e che – se necessario – dovranno in qualche modo richiamare le scuole al rispetto delle regole.

Quota 96, bocciata l’ennesima via d’uscita

da La Tecnica della Scuola

Quota 96, bocciata l’ennesima via d’uscita

Fumata ancora una volta nera per i 4mila dipendenti della scuola rimasti intrappolati tra le maglie troppo strette della riforma pensionistica Monti-Fornero.

A distanza di tre anni dalla “dimenticanza” e dal clamoroso dietrofront del Governo dell’estate 2014, l’Esecutivo Renzi conferma la linea, bocciando l’ennesima possibilità di uscita anticipata del personale scolastico penalizzato.

A denunciarlo è Barbara Saltamartini, vice presidente dei deputati della Lega, protagonista di una proposta emendativa. “Ancora una volta di fronte alla soluzione presentata dalla sottoscritta per risolvere l’annoso problema del personale della scuola, che per colpa di un errore formale della legge Fornero si è visto privare di un diritto, il Governo Renzi e il Pd se ne lavano le mani e bocciano la mia proposta emendativa. Una vera e propria vergogna”, dichiara l’esponente leghista.

“Ormai è chiaro – aggiunge Saltamartini – che il parolaio Renzi ha preso in giro migliaia di lavoratori e lavoratrici del comparto scuola a cui aveva promesso di risolvere il problema nel Decreto ‘Buona scuola’”.

Secondo la rappresentante del Carroccio, infatti, “a nulla è servito votare atti unanimi in aula alla Camera perché di fatto il Premier e il suo Governo non ne hanno voluto tenere conto, dimostrando tutta l’arroganza dell’uomo solo al comando in sfregio alle regole della democrazia e soprattutto lasciando senza soluzione 3.000 persone e le rispettive famiglie”.

A quanto ci risulta, essendo passati oltre 36 mesi dal danno provocata dalla discutibile norma, i dipendenti della scuola, in prevalenza insegnanti, si sono nel frattempo ancora più ridotti di numero: molto probabilmente si sono dimezzati, rispetto ai circa 4mila inziali.

Molti di loro si sono infatti avvalsi di altri “tetti” pensionistici o hanno intrapreso strade alternative (come il riscatto della laurea per raggiungere 41 anni di contributi). E, per come sono andate le cose, visto che il Governo non ha voluto spendere nemmeno un euro per sanare il danno, hanno scelto la strada migliore.

Campionati studenteschi: entro il 10 dicembre l’inserimento dei progetti

da La Tecnica della Scuola

Campionati studenteschi: entro il 10 dicembre l’inserimento dei progetti

L.L.

L’Intesa sottoscritta il 7 agosto scorso, per le attività complementari di educazione fisica, ha previsto un finanziamento di euro 14.498.667,00 che, diviso per il numero complessivo delle classi di istruzione secondaria di primo e secondo grado in organico di diritto, determina un importo unitario lordo stato per classe di € 74,97.

Ogni scuola dovrà pertanto progettare l’attività nel limite della risorsa assegnata, calcolata moltiplicando il parametro di base di € 74,91 per il numero delle classi in organico di diritto.

Con la nota prot. n. 9690 del 2/11/2015, il Ministero ha fornito indicazioni alle scuole.

Sulla piattaforma informatica www.campionatistudenteschi.it le scuole dovranno inserire i dati richiesti secondo le seguenti tempistiche:

  • inserimento dati relativi al numero di docenti e alunni coinvolti e al caricamento della delibera di costituzione del Centro Sportivo Scolastico – CSS (Step 1): entro il 10 dicembre 2015;
  • inserimento del progetto da svolgere (Campionati Studenteschi e/o altro progetto, (Step 2): entro il 10 dicembre 2015;
  • inserimento delle discipline sportive a cui partecipa l’istituto (Step 3): entro il 15 gennaio 2016;
  • caricamento degli alunni partecipanti alle attività: entro il 31 marzo 2016. Rimarrà invece aperta, anche dopo questa data, la funzione di caricamento singolo degli alunni;
  • associazione dei partecipanti alle discipline sportive preventivamente inserite: va effettuata tassativamente entro 7 giorni prima della data della manifestazione provinciale della disciplina interessata;
  • la sola funzione di Certificazione di svolgimento attività, a cui è subordinata la richiesta di finanziamento per l’attività effettivamente svolta, sarà inibita sino al termine delle lezioni e aperta, come consuetudine, alla fine dell’anno scolastico con tempi e modalità che saranno successivamente indicati.

Attraverso la stessa piattaforma le scuole potranno iscriversi ai Campionati Studenteschi, organizzati dal MIUR e dal CONI, con la collaborazione del CIP, delle Federazioni Sportive e degli Enti locali. La partecipazione è riservata agli studenti delle scuole di primo e secondo grado, statali e paritarie, regolarmente iscritti e frequentanti.

Infine, il MIUR fa sapere che per il corrente anno scolastico, dal 29 maggio al 4 giugno 2016, il Ministero, il CONI e il CIP, in collaborazione con le Federazioni sportive, intendono promuovere la settimana dello sport scolastico, durante la quale verranno indette le manifestazioni conclusive dei Campionati Studenteschi, e gli eventi conclusivi dei progetti scolastici nazionali e locali per tutti gli ordini di scuola. L’iniziativa interesserà tutto il territorio nazionale, e coinvolgerà migliaia di alunni e insegnanti che oltre a disputare gare ed impegnarsi in attività ludico motorie, avranno la possibilità di conoscere noti atleti di tutte le discipline sportive.

La nomina dell’animatore digitale non è obbligatoria, ma consigliata

da La Tecnica della Scuola

La nomina dell’animatore digitale non è obbligatoria, ma consigliata

Con nota 23331 del 7 dicembre 2015 il Miur ha trasmesso una serie di faq concernenti la nuova figura prevista dal Piano Nazionale Scuola Digitale, che dovrà essere individuata dalle scuole entro il 17 dicembre.

A tale proposito segnaliamo che, con avviso del 4 dicembre, il Miur ha spostato al 17 la scadenza inizialmente prevista per il 10 dicembre, in cui verrà chiusa la funzione per l’indicazione dell’animatore digitale da parte delle istituzioni scolastiche.

Con le faq pubblicate il 7 dicembre il Ministero esplicita meglio quali saranno ruolo e funzioni dell’animatore e le modalità di scelta da parte del Dirigente scolastico.

Di seguito le faq:

CHI

1) Come scegliere l’animatore in ogni scuola?

L’individuazione dell’animatore digitale è affidata all’Istituzione scolastica che, secondo normativa vigente, dovrà segnalare il nominativo entro il 17 dicembre 2015 rispondendo alla mail indirizzata a ciascun dirigente scolastico contenente un apposito link attraverso il quale è possibile compilare la scheda. La scuola può scegliere nella sua autonomia la modalità più appropriata per l’individuazione

dell’animatore.

2) È obbligatorio per ogni scuola designare un animatore?

Il decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 16 giugno 2015, n. 435 prevede un finanziamento per la formazione di 1 animatore digitale per ciascuna scuola. Non è una misura obbligatoria ma sicuramente costituisce una importante opportunità per le scuole.

3) È possibile individuare più animatori digitali in ciascuna scuola?

Il citato decreto n. 435 del 2015 prevede che la formazione sia rivolta a un animatore digitale per ciascuna scuola e non è pertanto possibile individuare più animatori in una stessa scuola. Tuttavia, nell’ambito del PNSD sono previste ulteriori e molteplici azioni per il coinvolgimento di tutto il personale scolastico nelle diverse misure attuative del Piano.

4) I docenti a tempo indeterminato inseriti nelle liste regionali dei formatori sulle competenze digitali (poli formativi) hanno una sorta di precedenza rispetto ad altri?

Non vi è nessuna indicazione in merito; ogni istituzione scolastica può individuare autonomamente il proprio animatore sulla base dei 3 ambiti di progettualità presenti nell’azione #28.

5) L’animatore può essere un docente di un’altra scuola o un professionista esterno?

No, perché è una figura che richiede un’integrazione forte nella scuola, una conoscenza del PTOF (“nell’ambito delle azioni previste dal piano triennale…”) e della comunità scolastica.

6) La quota di 1000 euro a scuola è da intendersi come compenso per l’animatore? È annuale?

La quota di 1000 euro è destinata all’istituzione scolastica per l’organizzazione di attività di formazione, disseminazione, implementazione del PNSD. Non è un compenso ad personam, ma consente di supportare processi di innovazione nella scuola (per esempio sostenere la partecipazione di studenti a progettualità, allineare tutto il personale sull’impiego di determinate metodologie o tecnologie acquistate). Ogni scuola ne decide il miglior utilizzo secondo normativa e sulla base delle proposte dell’animatore.

 

QUANDO

7) Entro quando va inserito il nominativo? È possibile modificare la scelta successivamente?

a) La funzione per l’indicazione dell’animatore digitale da parte delle istituzioni scolastiche originariamente prevista per il 10 dicembre 2015 rimane attiva fino al 17 dicembre 2015.

b) Saranno in seguito indicate le modalità per eventuali e successive modifiche della figura dell’animatore digitale.

8) Quando inizieranno le esperienze di formazione? Sarà obbligatorio partecipare?

a) Dopo la procedura di individuazione da parte degli USR delle proposte formative per ogni territorio, saranno comunicati programmi e tempi relativi allo svolgimento del corso di formazione, che comunque si terrà nel 2016.

b) La partecipazione alle esperienze di formazione è un’opportunità decisiva per l’avvio delle azioni del PNSD: in una fase successiva saranno chiariti ulteriormente gli obiettivi, i tempi e le risorse e i contenuti formativi che consentiranno un’attuazione consapevole delle misure del PNSD. Tali momenti saranno, inoltre, l’occasione per poter interagire e confrontarsi con gli altri animatori digitali e quindi molto utili per la creazione di percorsi di rete tra gli animatori digitali sia a livello nazionale sia regionale.

9) Da quando l’animatore dovrà iniziare a svolgere le attività nella sua scuola?

L’animatore ha il ruolo fondamentale di coordinare e sviluppare i temi e i contenuti del PNSD, le cui azioni sono già in parte state avviate. Ciò significa che l’animatore può essere coinvolto da subito sui temi della scuola digitale.

10) L’indicazione della triennalità del compito è tassativa?

Il progetto sviluppato dall’animatore digitale è legato al Piano triennale per l’offerta formativa della scuola e per questo si richiede anche all’animatore una triennalità coerente con la progettualità complessiva della scuola.

 

DOVE

11) Dove si svolgeranno i corsi di formazione?

Presso le sedi indicate dalle scuole selezionate dagli USR per la formazione degli animatori.

 

COSA

12) Di cosa si occupa l’animatore?

a) L’animatore coordina la diffusione dell’innovazione a scuola e le attività del PNSD anche previste nel piano nel Piano triennale dell’offerta formativa della propria scuola. Si tratta, quindi, di una figura di sistema e non un supporto tecnico (su questo, infatti, il PNSD prevede un’azione dedicata la #26 – le cui modalità attuative saranno dettagliate in un momento successivo.

b) Il suo profilo (cfr. azione #28 del PNSD) è rivolto a:

FORMAZIONE INTERNA: stimolare la formazione interna alla scuola negli ambiti del PNSD, attraverso l’organizzazione di laboratori formativi (senza essere necessariamente un formatore), favorendo l’animazione e la partecipazione di tutta la comunità scolastica alle attività formative, come ad esempio quelle organizzate attraverso gli snodi formativi;

COINVOLGIMENTO DELLA COMUNITA’ SCOLASTICA: favorire la partecipazione e stimolare il protagonismo degli studenti nell’organizzazione di workshop e altre attività, anche strutturate, sui temi del PNSD, anche attraverso momenti formativi aperti alle famiglie e ad altri attori del territorio, per la realizzazione di una cultura digitale condivisa;

CREAZIONE DI SOLUZIONI INNOVATIVE: individuare soluzioni metodologiche e tecnologiche sostenibili da diffondere all’interno degli ambienti della scuola (es. uso di particolari strumenti per la didattica di cui la scuola si è dotata; la pratica di una metodologia comune; informazione su innovazioni esistenti in altre scuole; un laboratorio di coding per tutti gli studenti), coerenti con l’analisi dei fabbisogni della scuola stessa, anche in sinergia con attività di assistenza tecnica condotta da altre figure.

c) più in generale conosce la comunità scolastica e le sue esigenze, è una figura spesso già esistente e riconosciuta in molte scuole; laddove non esista, rappresenta una risorsa e l’occasione per avviare un percorso di innovazione digitale coerente con il fabbisogno della scuola.

13) Deve conoscere tutte le numerose tematiche previste dall’allegato 2 del DDG DGEFID 50 del 25/11/2015?

a) L’elenco molto dettagliato di tematiche presenti nell’allegato 2 non corrisponde al profilo dell’animatore. In quel documento sono indicate l’insieme delle proposte formative che potranno proposte agli animatori durante le esperienze di formazione. Ogni animatore partirà dall’analisi dei bisogni della sua scuola per concentrare e finalizzare la sua formazione.

 

COME

14) Come può organizzare il suo lavoro nella scuola?

a) L’animatore collabora con l’intero staff della scuola e in particolare con gruppi di lavoro, operatori della scuola, dirigente, DSGA, soggetti rilevanti, anche esterni alla scuola, che possono contribuire alla realizzazione degli obiettivi del PNSD.

b) L’animatore può coordinarsi con altri animatori digitali del territorio, anche attraverso specifici gruppi di lavoro.

Indire, allarme dell’Usb per il licenziamento di 70 precari

da tuttoscuola.com

Indire, allarme dell’Usb per il licenziamento di 70 precari

Dal prossimo 1 gennaio 70 precari storici “rischiano il licenziamento all’Indire, l’ente di ricerca che sostiene l’innovazione nella scuola“. A lanciare l’allarme per l’istituto è l’ Usb pubblico impiego ricordando che “tra le attività dell’Indire, ci sono quelle di seguire e aiutare il programma Erasmus e il sistema di finanziamento dei fondi Europei, divenuti risorsa imprescindibile dopo i tagli dei Governi Berlusconi-Renzi“.

Il ministero retto dalla Giannini, a causa di lungaggini veramente difficili da comprendere, sta provocando il licenziamento di questi precari, personale assolutamente necessario alla prosecuzione del programma Gup“, spiega Claudio Argentini, dell’Usb Pubblico Impiego. “Stiamo parlando di 3 miliardi di fondi europei che avranno ulteriori difficoltà ad essere distribuiti a causa della perdita di questo personale“.

Questo stato di cose non è accettabile – continua il sindacalista Usb – e la continuità contrattuale di questo personale, come ieri la USB P.I. ha chiesto a chiare lettere alla parte pubblica dell’Indire, deve essere garantita subito e senza incertezze con una presa di responsabilità che il ministro della Buona Scuola deve assumersi senza esitazioni“. L’Usb ha indetto lo stato di agitazione e preannuncia un’assemblea del personale nei prossimi giorni, in cui decidere le iniziative nelle varie sedi dell’Indire. “Il ministro Giannini – si afferma in una nota – deve una risposta a questi lavoratori, e la risposta non può che essere la continuazione dei contratti, convertendoli a tempo determinato. Non permetteremo licenziamenti in un ente pubblico di ricerca. A qualsiasi costo“.

Giannini: concorsone entro 31 dicembre

da tuttoscuola.com

Giannini: concorsone entro 31 dicembre

Un flash d’agenzia riporta la seguente dichiarazione del ministro Stefania Giannini: sul concorsone 2016 “siamo in ritardo perché l’iter è molto complesso. Mi impegno a chiudere entro il 31 dicembre. Stiamo parlando di 63.784 posti di insegnante con i quali andrà davvero a regime la Buona Scuola“.

La cultura del non concorso

da tuttoscuola.com

La cultura del non concorso

Mentre il concorso previsto dalla legge 107/15 attende la pubblicazione del bando per le prossime settimane, ancora una volta, dopo il proclama del M5S, sembra aumentare l’insofferenza per le procedure selettive che portano al posto fisso nel settore pubblico, ignorando, peraltro, il dettato costituzionale.

Il peso e il rischio di nuove prove valutative spinge gli interessati a chiedere scorciatoie, qualche forma di ope legis che metta fine a nuovi esami e a selezioni. E trovano ascolti compiacenti.

Qualsiasi concorso prevede vincitori ed esclusi. Ebbene, il Movimento 5 Stelle, considerando questi ultimi come esodati, si candida fin d’ora a tutelarli.

Sono rimasti vacanti 8 mila posti nel piano di assunzioni? Lega e M5S propongono di coprirli immediatamente con gli abilitati di seconda fascia. In ruolo subito, senza concorso.

Si fa sempre più strada nella cultura di coloro che aspirano ad un posto fisso nel mondo della scuola che il concorso sia un di più, quasi un orpello, un’anticaglia, un retaggio del passato, uno strumento fuori moda.

Hanno dalla loro, purtroppo, numerosi casi precedenti, messi in atto dallo stesso Parlamento e dai massimi organi della giustizia amministrativa, mediante i quali hanno avuto (e avranno ancora) accesso alle GAE migliaia di docenti che non hanno mai sostenuto o superato un concorso e che, grazie a quell’inserimento, potranno entrare in ruolo. Senza concorso, naturalmente.

Chi è fuori (e in mezzo a loro ci sono anche molte persone preparate) preme per entrare, abbattendo le mura di Gerico della selezione, reclamando un trattamento speciale.

Eppure la Costituzione prevede il primato esclusivo del concorso, che serve a selezionare non solo i candidati migliori, ma anche a bloccare i peggiori. La scuola, prima interessata alla selezione qualitativa degli insegnanti, non può accontentarsi di un docente qualsiasi.

Decreto Interministeriale 10 dicembre 2015, n. 924

Piano reclutamento di ricercatori di tipo b)

(trasmesso alla Corte dei conti per il controllo preventivo di legittimità e al competente Ufficio Centrale di Bilancio per il controllo preventivo di regolarità contabile)

 

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

di concerto con
Il Ministro dell’Economia e delle Finanze

 

VISTO il decreto legge 16 maggio 2008, n. 85, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 121, relativo all’istituzione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca;

VISTA la legge 30 dicembre 2010, n. 240, e successive modificazioni, recante “Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario”, ed in particolare l’art. 24, che prevede la possibilità di stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato con possessori del titolo di dottore di ricerca o titolo equivalente, ovvero per i settori interessati, del diploma di specializzazione medica, individuando al comma 3, lettera b), un tipo di contratto di durata triennale non rinnovabile, riservato a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lettera a) del medesimo comma 3, ovvero, per almeno tre anni anche non consecutivi, di assegni di ricerca ai sensi dell’articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, o di borse post-dottorato ai sensi dell’articolo 4 della legge 30 novembre 1989, n. 398, ovvero di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri;

VISTO, inoltre, il comma 8 del medesimo art. 24 della legge n. 240 del 2010, ai sensi del quale il trattamento economico spettante ai titolari dei contratti di cui al comma 3, lettera b) del medesimo articolo è pari al trattamento iniziale del ricercatore confermato a tempo pieno elevato fino a un massimo del 30 per cento;

VISTO il comma 5 del medesimo art. 24 della legge n. 240 del 2010, ai sensi del quale “nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, nel terzo anno di contratto di cui al comma 3, lettera b), l’università valuta il titolare del contratto stesso, che abbia conseguito l’abilitazione scientifica di cui all’articolo 16, ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato, ai sensi dell’articolo 18, comma 1, lettera e). In caso di esito positivo della valutazione, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, è inquadrato nel ruolo dei professori associati. La valutazione si svolge in conformità agli standard qualitativi riconosciuti a livello internazionale individuati con apposito regolamento di ateneo nell’ambito dei criteri fissati con decreto del Ministro”;

VISTO l’articolo 29, comma 5, della legge n. 240 del 2010, ai sensi del quale i contratti di cui all’articolo 24, comma 3, lettera b), possono essere stipulati, con le modalità previste dal  medesimo  articolo, anche con  coloro  che  hanno  usufruito  per  almeno  tre  anni  dei contratti stipulati ai sensi dell’articolo 1, comma 14, della  legge 4 novembre 2005, n. 230.

VISTO il decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 49, recante la disciplina per la programmazione, il monitoraggio e la valutazione delle politiche di bilancio e di reclutamento degli atenei, e in particolare, l’art. 4, comma 2, lettera c), il quale dispone che per gli atenei  con una percentuale di professori di I fascia superiore al 30  per  cento del totale dei professori, il numero  dei  ricercatori  reclutati  ai sensi dell’articolo 24, comma 3, lettera b), della legge 30  dicembre 2010, n. 240, non può essere inferiore a quello dei professori di I fascia reclutati nel  medesimo  periodo,  nei  limiti  delle risorse disponibili;

VISTA inoltre la lettera c-bis del medesimo comma 2 dell’art. 4 del decreto legislativo n. 49 del 2012, introdotta dall’art. 1, comma 347, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), la quale prevede che in deroga alla disposizione di cui alla lettera c) per la sola  programmazione delle annualità 2015, 2016 e 2017, fermi restando i limiti di cui all’articolo 7,  comma 1, del presente decreto, il numero dei ricercatori reclutati ai sensi dell’articolo 24, comma 3, lettera b), della legge 30 dicembre 2010,  n. 240, non può essere inferiore alla metà di quello  dei professori di I fascia reclutati nel medesimo periodo, nei limiti delle risorse disponibili“;

VISTO l’art. 1, comma 348, della citata legge n. 190 del 2014, il quale, per l’attuazione del comma 347, individua risorse nel limite di spesa di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017, da ripartire con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto  con il Ministro dell’economia e delle finanze, mediante corrispondente riduzione del Fondo per  interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307;

VISTO l’art. 1, comma  349, della medesima legge n. 190 del 2014 il quale prevede che alle università si applicano le disposizioni  di cui all’articolo 3, comma 3, secondo periodo, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni,  dalla legge 11 agosto 2014, n. 114;

VISTA la legge 9 maggio 1989, n. 168, e successive modificazioni;

VISTO il decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, e successive modificazioni;

VISTO il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni;

VISTO il decreto ministeriale 8 giugno 2015 (n. 335), registrato alla Corte dei conti il 10 luglio 2015, foglio n. 3123 recante “Criteri di ripartizione del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) per l’anno 2015” e, in particolare, l’art. 10 che destina 5 milioni di euro al reclutamento di ricercatori di cui all’art. 24, comma 3, lettera b) della legge n. 240 del 2010, ai sensi del citato art. 1, comma 348, della legge n. 190 del 2014, sulla base delle modalità definite con decreto del Ministro, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze;

CONSIDERATO che è in corso d’esame al Senato il disegno di legge AS 1873 recante “Modifica all’articolo 24 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, in materia di ricercatori a tempo determinato” che prevede espressamente gli assegni di ricerca ai sensi dell’articolo 22 della legge n. 240 del 2010 nel novero dei requisiti per l’accesso ai contratti di ricercatore a tempo determinato di cui alla lettera b) dell’art. 24, comma 3, della medesima legge n. 240 del 2010;

RITENUTO, nelle more della definizione del predetto disegno di legge, di doversi attenere alla lettera dell’art. 24, comma 3, lettera b), della legge n. 240 del 2010 per la declinazione dei requisiti di accesso alle procedure per l’attribuzione dei contratti di ricercatore a tempo determinato;

RITENUTA la necessità di definire i criteri per l’utilizzo dell’importo di 5 milioni di euro per l’anno 2015, di 5 milioni di euro per l’anno 2016 e di 5 milioni di euro per l’anno 2017 relativi al piano straordinario per il reclutamento di ricercatori ai sensi dell’articolo 24, comma 3, lettera b), della legge n. 240 del 2010, con contratto di durata triennale;

DECRETA

Articolo 1
(Assegnazione risorse)

  • 1. A valere sulle risorse stanziate dall’articolo 1, comma 348, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), pari a 5 milioni di euro per l’anno 2015, 5 milioni di euro per l’anno 2016 e 5 milioni di euro per l’anno 2017, sono assegnate alle Università statali specifiche risorse per l’attivazione di contratti di ricercatore a tempo determinato, di durata triennale, di cui all’articolo 24, comma 3, lettera b), della legge 30 dicembre 2010, n. 240, il cui trattamento economico viene determinato in misura pari al 120 per cento del trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato a tempo pieno, per un costo unitario comprensivo degli oneri a carico dell’amministrazione pari a € 58.625 annui.
  • 2. Le risorse disponibili di cui al comma 1, per ciascun anno del triennio 2015-2017, sono ripartite fra le università statali e le istituzioni ad ordinamento speciale sulla base dei seguenti criteri:
    • a) ad ogni istituzione universitaria è attribuita una quota fissa pari a un 1 contratto di ricercatore ai sensi dell’articolo 24, comma 3, lettera b), della legge 30 dicembre 2010, n. 240, di durata triennale, per complessivi 66 contratti, per un totale di € 11.607.750 compresi gli oneri a carico dell’amministrazione;
    • b) a valere sulle risorse residue sono attribuiti ulteriori contratti alle istituzioni universitarie che hanno ottenuto il maggior importo della quota destinata nell’anno 2015 per le finalità premiali di cui all’art. 2, comma 1, del decreto legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1, nella misura di 1 contratto per ciascuna delle predette istituzioni e fino ad utilizzo dell’intero importo di €  3.392.250.

Articolo 2
(Utilizzo delle risorse assegnate)

  • 1. Ciascuna istituzione universitaria utilizza le risorse assegnate, secondo quanto indicato nella Tabella 1 facente parte integrante del presente decreto, per il reclutamento di ricercatori
  • 2. Le procedure per l’attribuzione dei contratti di cui al comma 1 sono riservate a candidati che abbiano usufruito per almeno 3 anni, anche cumulativamente, di:
    • – contratti stipulati ai sensi dell’articolo 1, comma 14, della legge 4 novembre 2005, n. 230;
    • – contratti di cui all’articolo 24, comma 3, lettera a), della legge 30 dicembre 2010, n. 240;
    • – assegni di ricerca attribuiti ai sensi dell’articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni;
    • – borse post-dottorato ai sensi dell’articolo 4 della legge 30 novembre 1989, n. 398;
    • – analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri.

Il presente decreto sarà trasmesso alla Corte dei Conti per il controllo preventivo di legittimità e al competente ufficio per il controllo preventivo di regolarità contabile.

Roma, 10 dicembre 2015
IL MINISTRO
DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’
E DELLE RICERCAf.to Giannini
IL MINISTRO
DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZEf.to Padoan