Autonomia degli alunni disabili

da Redattore sociale

Autonomia degli alunni disabili, Fish: “Le regioni non hanno piu’ scuse”

La soddisfazione della Fish per l’emendamento alla legge di stabilità che garantisce 70 milioni per l’autonomia degli alunni con disabilità. Una norma che chiarisce anche le competenze: dopo la soppressione delle province, i servizi di supporto scolastico sono in prima battuta a carico delle regioni.

ROMA. Non ci sono più scuse: tocca alle Regioni, in prima battuta, garantire i servizi agli studenti con disabilità che prima della loro soppressione erano di competenza delle province. Servizi per i quali, nel corso della discussione della legge di stabilità, sono stati stanziati 70 milioni di euro. “Un diritto – commenta la Fish (Federazione italiana superamento handicap) – che deve essere garantito in modo omogeneo e senza discriminazioni in tutta la penisola”.

La decisione della Camera dà ragione – argomenta la Fish – alle istanze promosse negli ultimi mesi soprattutto da Fish (oltre che da Ledha, FederHand, Aipd, Anffas, Uici), in numerosi confronti con i Ministeri. Il tema e’ quello dei servizi di supporto scolastico rimasti “orfani” dopo che la legge 7 aprile 2014, n. 56 ha soppresso le competenze delle Province e ha assegnato alle Regioni il compito di redistribuirle alle Citta’ metropolitane ed ad altri enti.

Il decreto legislativo 112/1998 (art. 139, comma 1 c) attribuiva alle Province il compito di garantire assistenti educativi e della comunicazione (Aec). Il loro supporto e’ essenziale soprattutto nel caso di alunni sordi, non vedenti o ipovedenti o con altre disabilita’. Il loro ruolo e’ espressamente previsto dalla legge quadro 104/1992 (art. 13) e dalla legge 67/1993. Inoltre le stesse Province dovevano assicurare (gratuitamente) il trasporto scolastico alle persone con disabilita’ nelle scuole superiori. Queste competenze ora a chi spettano? Teoricamente alle Regioni o alla Citta’ metropolitane, ma mancano anche i trasferimenti dei fondi necessari per garantire questi servizi. Una prima compensazione provvisoria e’ avvenuta nell’estate scorsa con una prima destinazione di 30 milioni di euro (decreto legge sugli enti territoriali).

Ma quella destinazione e’ largamente insufficiente. La Camera ha dunque approvato un primo emendamento, presentato dal Governo, che ribadisce, una volta per tutte, l’attribuzione delle competenze: vanno alle Regioni, a meno che queste non abbiano gia’ deliberato l’attribuzione a Province, Citta’ metropolitane o Comuni singoli o associati. La stessa disposizione prevede uno stanziamento di 50 milioni. Ma e’ stato approvato anche un subemendamento (primo firmatario On. Elena Carnevali) con cui sono stati reperiti altri 20 milioni (70 totali) attingendo alla tassazione sulle cosiddette slot machines.

“Esprimiamo soddisfazione per il raggiungimento di questo traguardo che riguarda un diritto fondamentale come quello allo studio. Ora pero’ le Regioni, che non hanno piu’ scusanti, devono metterci la loro parte. E lo stesso diritto deve essere garantito in modo omogeneo in tutta la Penisola senza discriminazioni ne’ rallentamenti. Su questo vigileremo come abbiamo fatto finora, ricorrendo a tutti gli strumenti e i mezzi a disposizione”, commenta Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap.

Scuola, pronte le nuove classi di concorso. Ma per la Buona Scuola sono già da rifare

da Il Fatto Quotidiano

Scuola, pronte le nuove classi di concorso. Ma per la Buona Scuola sono già da rifare

Per il Pd il testo che riguarda il numero e le tipologie delle materie di insegnamento – con relativi requisiti di accesso – è comunque “anacronistico” e ha “una carica innovativa molto modesta”. In più, quando la ‘Buona scuola’ andrà a regime, sarà già desueto rispetto ai nuovi organici funzionali. E l’anno prossimo potrebbe già partire un altro tavolo di discussione

Tra teoria e pratica, il viaggio nel labirinto legislativo (e non) che definisce le competenze

da Il Sole 24 Ore

Tra teoria e pratica, il viaggio nel labirinto legislativo (e non) che definisce le competenze

di Patrizio Piccioni

Le “competenze” da anni rappresentano una parola magica che contiene e suscita tutte le aspirazioni di chi vuole una scuola migliore: innovazione, efficace rapporto col mondo del lavoro, maturazione personale dei discenti et cetera. Per “competenze” si intendono quei saperi che si è in grado di riapplicare o “ricontestualizzare” in diversi contesti di studio o di lavoro: sai l’inglese non se rispondi bene al prof, ma se sai cavartela nel centro di Londra, o per lo meno se quello che hai imparato, diciamo al liceo, ti è utile per proseguire con successo gli studi ad una Facoltà di Lingue.

Tra sapere e problem solving
Scontata una prima fase entusiastica (è pur vero che questo, proprio questo, dovrebbe essere la finalità del sistema formativo), sorgono le prime perplessità. Sì, ma come le misuro, come le valuto, e in fondo, come produco un percorso per le competenze?
Non posso mandare a Londra gli studenti dopo ogni unità didattica, e fuori dall’ironia, vi sono competenze disciplinari realmente difficili da misurare: per la matematica, dove lo mando lo studente? Al supermercato a fare bene i conti? In uno studio di ingegneri a calcolare i vincoli statici per far stare in piedi un palazzo? Ricordiamo che molta parte del sapere che somministra la Scuola, è preliminare ad una applicazione concreta nel mondo del lavoro. Non insegno le disequazioni per tradurle qui e ora in «criteri di spesa alternativi in diversi supermercati». Proprio la somministrazione di una sapere organico e coerente talvolta può dare l’impressione erronea di allontanare dalla acquisizione delle «competenze», mentre in realtà un continuo ricorso a episodi di simulazione ad attività professionali finisce per portare a qualcosa di frammentario e disorganico.
Cioè: solo una profonda ed organica somministrazione dei saperi preliminari, anche se temporaneamente non applicati, sarà in grado di creare quella “mentalità” verso la soluzione di problemi concreti. Le declinazioni latine non si applicano in se stesse: forniscono una scioltezza e chiarezza di espressione che tutta insieme si tradurrà in competenza.

Il problema corpo docente
Il legislatore, anzi quel sistema affetto da personalità multipla e comportamento multipolare che chiamiamo “legislazione scolastica” ha peggiorato la situazione: se confrontiamo le indicazioni sulle competenze delle principali fonti (european framework, indicazioni Gelmini, indicazioni Fioroni e loro evoluzioni), diventiamo pazzi. Già è difficile comprendere l’applicabilità e la misurabilità di singole definizioni. Cos’é «imparare ad imparare» ? Se uno studente impara , ha solo «imparato» o ha anche «imparato ad imparare»? E se non impara, dobbiamo prima insegnargli ad «imparare» tout court oppure dapprima «insegnargli ad imparare ad imparare»? E poi, i docenti hanno le competenze per «insegnare ad imparare, ecc.»? O si deve postulare l’esistenza di una dimensione di «imparare ad insegnare ad imparare ad imparare»? Problemi che fanno girare la testa .
Quando poi si cerca di creare un modello che comprenda le diverse fonti (perché di fonti normative si tratta, e come tali vanno applicate), quello che esce fuori non è rappresentabile neanche con un tesserato o ipercubo. Cinque competenze Gelmini, 4 assi per 16 competenze Fioroni, 8 livelli di abilità-conoscenze-competenze dell’ european framework. Nemmeno una definizione ricorrente: le terminologie risultano inconfrontabili e inassimilabili.

Il nodo valutazione
Nei momenti in cui tale squinternato coacervo di parole incontra la quotidianità dell’operare scolastico, una sorta di saggezza burocratica riduce tutto a meccanismi tassonomici scontati quanto vuoi, ma almeno eseguibili: facciamo l’esempio della certificazione delle competenze obbligatoria alla fine della terza media e della seconda superiore.
Le competenze (16, divise in quattro assi) vengono misurate con tre aggettivi del tipo : base-iniziale-avanzata. Agli studenti con insufficienze o sufficienze risicate si appioppa “base” (e spesso sorge la sensatissima obiezione: ma non esiste un termine che possa far dire che le competenze non sono raggiunte nemmeno in minima parte?); allo studente in situazione di profitto dal mediocre al soddisfacente va il secondo termine, per gli otto e i nove il terzo.

Talvolta il dibattito entra in corto circuito. Esiste infatti una categoria di studenti che sembrano avere più competenze che conoscenze. È il caso del “quattro“ a inglese che sbaglia tutti gli esercizi di grammatica ma , durante gli scambi coi ragazzi di Brighton ha comunicato meglio di tanti altri. «Questo lo vedo con competenze avanzate», dice una collega. L’altro replica e così ti dai la zappa sui piedi: così risulta che lui ha imparato nonostante la scuola, che non ha saputo fornirgli le basi grammaticali! Allora torniamo a “base”, praticamente il voto che diamo alle nostre competenze di docenti, non agli studenti.

Dirigenti scolastici, veri e propri equilibristi

da La Tecnica della Scuola

Dirigenti scolastici, veri e propri equilibristi

La ricerca promossa dalla Fondazione Agnelli sulla “vita quotidiana” del dirigente scolastico propone uno spaccato realistico della scuola italiana.

Realizzata con  una metodologia molto innovativa dal sociologo Massimo Cerulo la ricerca è raccolta e raccontata in un denso ebook dal titolo curioso e significativo: “Gli equilibristi”.
L’indagine si propone di rispondere a domande che hanno a che fare proprio con il lavoro quotidiano del dirigente scolastico: quali sono le attività principali svolte dal dirigente nella sua quotidianità professionale? quali e quanti ruoli si trova “costretto” a recitare? quanto interagisce e quali comportamenti adotta nel rapporto con docenti, personale ATA, studenti e soggetti esterni al campo scolastico?
L’autore della ricerca ha applicato la tecnica dello shadowing, seguendo cioè “come un’ombra” per un’intera settimana quattro presidi di scuole secondarie superiori in quattro regioni italiane (Piemonte, Veneto, Calabria, Puglia) raccontando e analizzando comportamenti, dialoghi, interazioni, non detti.
Il risultato dell’inchiesta conferma quello che è un dato percepito da molti: il dirigente scolastico italiano è costretto oggi a fare mille mestieri diversi, ma trova difficoltà a essere un vero leader educativo.
Nei quattro casi descritti nel libro, il dirigente trascorre infatti gran parte della sua giornata lavorativa occupandosi prevalentemente di attività di carattere amministrativo e organizzativo; molto è anche il tempo dedicato alle relazioni con gli enti locali, con gli studenti e con i genitori.
Manca invece  la leadership educativa.
“In nessuna delle scuole investigate – osserva il direttore della Fondazione Agnelli Andrea Gavosto – il dirigente è colto mentre discute con il collegio o i singoli docenti degli specifici indirizzi educativi della scuola, dei pregi o dei limiti delle attuali pratiche didattiche adottate (e come possibilmente rinnovarle), dei problemi di questa o quella classe o di questo o quel dipartimento”.
Anche se non è facile comprendere esattamente i motivi di questa situazione, un fatto è certo: “Si tratta di un problema serio – aggiunge ancora Gavosto – perché se il preside, per una ragione o per l’altra, perde di vista l’oggetto stesso della sua azione, la sua efficacia non può che essere ridotta”.

Ministro, esiste un problema di disciplina nelle scuole?

da La Tecnica della Scuola

Ministro, esiste un problema di disciplina nelle scuole?

Studenti che si scambiano i compiti a km di distanza, docenti fotografati a loro insaputa mentre si adirano, distrazione continua, bullismo al cubo. Esiste un problema di disciplina nelle scuole?

Il Gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità solleva il problema della disciplina e chiede una risposta al Ministro dell’Istruzione.
Il famoso Gruppo parte, per la sua riflessione,  da un editoriale in cui Ernesto Galli della Loggia si chiedeva se a viale Trastevere “sia mai giunta notizia che in moltissime realtà scolastiche italiane ormai si assiste a una vera e propria abolizione di fatto della disciplina”.
Naturalmente “chi lavora nella scuola conosce bene questo problema, dovuto anche al disorientamento educativo di molte famiglie, e le conseguenze che ha già avuto e continuerà ad avere sull’apprendimento e sulla qualità della convivenza civile. Per non parlare di come incide sulle motivazioni e sulla stessa salute dei docenti.”
Ma qual è stata la risposta del ministro Giannini al succitato editoriale? A quanto pare nessuna: “Di fronte a una denuncia così impietosa e accorata era logico aspettarsi una sua risposta, che però non è venuta. Del resto il silenzio dei governi su un aspetto così centrale nella formazione, come il rispetto delle regole, dura purtroppo da decenni, con l’eccezione dei ministeri Fioroni e Gelmini. Quanto allo Statuto degli studenti di Berlinguer, sembra concepito per scoraggiare le sanzioni più che per garantire comportamenti corretti. Un precedente ministro è andato oltre al silenzio, invitando gli studenti a ribellarsi a genitori e insegnanti; e da un attuale sottosegretario è uscito perfino un caloroso apprezzamento delle occupazioni, in cui si infrangono leggi, si violano diritti degli altri e si sperpera denaro pubblico. Anche la Buona Scuola ignora totalmente la necessità della Buona Condotta; e dovrebbe invece essere considerata una priorità. Eppure è l’Ocse, non qualche acritico lodatore del tempo andato, a sostenere che ‘dove la disciplina è allentata, gli insegnanti sprecano tempo e gli studenti non sono concentrati a causa delle numerose interruzioni’; che ‘la maggior parte degli studenti è contenta quando c’è la disciplina in classe’; e che ‘le classi in cui vige la disciplina di solito hanno risultati migliori’. Sfortunatamente anche non pochi dirigenti e docenti ritengono in buona fede che non si debba mai punire, ma puntare solo sul dialogo e sul rinnovamento della didattica per prevenire e correggere i comportamenti sbagliati, mentre l’educazione alla responsabilità, cioè a rispondere di quei comportamenti, deve necessariamente prevedere anche delle sanzioni. Come lei sa, sembra difficile persino impedire durante l’orario scolastico l’uso del cellulare, fonte di distrazione, ma anche strumento utilizzato per forme di bullismo e per copiare durante gli esami: altro problema su cui varie sollecitazioni e denunce non sono state prese in considerazione.”

Alla luce di tutto ciò il Gruppo di Firenze chiede al ministro “di prendere tutte le possibili iniziative a sostegno della correttezza e della legalità nelle scuole, in modo che vi venga garantito il necessario clima di rispetto reciproco e di collaborazione nell’interesse degli studenti, dei docenti e in quello della collettività. Per parte nostra ci  permettiamo di avanzare un paio proposte:
– Modificare e integrare alla luce dell’esperienza lo Statuto degli studenti, in quanto norma generale sull’istruzione, inserendovi tra l’altro indicazioni sulle sanzioni in relazione almeno alle principali mancanze disciplinari, incluse quelle che si verificano nel corso delle occupazioni e degli esami di Stato. Si tratta tra l’altro di evitare eccessive differenze tra scuole in questa materia, pur salvaguardando il giusto margine di discrezionalità rispetto ai casi concreti.
– Promuovere occasioni di serio dibattito e di aggiornamento su temi come la crisi dei ruoli educativi e le sue cause, l’alleanza fra scuola e famiglia, la gestione della classe, il ruolo delle sanzioni educative, il contrasto al bullismo, i doveri come necessaria garanzia dei diritti e della solidarietà sociale.”

L’appello è chiaro e motivato. Ma il ministro Giannini risponderà?

Le nuove classi di concorso già vecchie. Previste però novità di rilievo

da La Tecnica della Scuola

Le nuove classi di concorso già vecchie. Previste però novità di rilievo

La revisione delle classi di concorso, che sarebbero la causa dello slittamento del bando di concorso, è finalmente pronta.

Tuttavia, sottolinea Il Fatto Quotidiano, neanche il tempo di approvare il nuovo schema e la riforma è già da rifare: il testo sarebbe  “anacronistico” e avrebbe “una carica innovativa molto modesta”. Così modesta e anacronistica che si pensa già di mettere appunto un’ulteriore revisione entro fine 2016. Con propositi davvero rivoluzionari, come ad esempio il riordinamento delle classi per materie e non più per gradi di istruzione.

Intanto, nonostante tante debolezze, i muscoli del governo si stanno riscaldando per dar via definitivo all’iter concorsuale.

I tecnici del Miur infatti  hanno finito di limare gli ultimi dettagli. Lo schema approderà in Consiglio dei Ministri alla prima data utile, martedì o venerdì, e quindi partirà il concorso per 63700 posti, ma entro fine anno.  Sui contenuti però c’è ancora maretta: “Le condizioni che avevamo posto sono state rispettate”, spiega Maria Grazia Rocchi, deputata Pd relatrice del testo in Commissione. “In particolare ci premeva la tutela degli abilitati: adesso nel testo è esplicitato che chi si è già abilitato in una classe, potrà partecipare al concorso sulla nuova classe derivante. È un passo avanti decisivo”.

“In realtà dal Ministero ci saremmo aspettati qualcosa di un bel po’ più moderno”, prosegue la Rocchi. “Sono state inserite le discipline nate dai recenti riordini, alcune sono state accorpate, altre eliminate. Ma di fatto si tratta sempre del vecchio schema, solo un po’ modificato. Siamo ancora indietro di decenni”.

Il provvedimento, scrive a questo punto Il Fatto, è datato al 1989, ritoccato poi nel ’98. Di una revisione si era parlato per anni, ma le conclusioni non sono all’altezza delle aspettative.

“Probabilmente le operazioni sono state condizionate dal concorso imminente. Ci rendiamo conto che c’erano delle scadenze da rispettare: le nuove classi servono per il bando e anche per i prossimi cicli di Tfa. Ma quando la ‘Buona scuola’ andrà a regime, saranno già desuete rispetto ai nuovi organici funzionali. Che ci siano dei problemi lo si è visto anche nel corso del piano straordinario di assunzioni, e questa bozza non ci pare in grado di risolverli”.

Nei piani del Partito Democratico c’è un’ulteriore revisione, stavolta più radicale, per costruire uno schema su principi pedagogici moderni, in linea con l’ultima riforma. Ancora presto per dire con certezza quali.

Ma ilfattoquotidiano.it sembra anticipare  alcune linee guida: tra le grandi novità, il riordino per materie più che per gradi di istruzione. Le nuovi classi potrebbero accorpare medie e superiori ed essere più specializzate sulle singole discipline, con la separazione di matematica da scienze, o storia da filosofia.

Nel concreto: non esisterebbero più la A-19 (Filosofia e storia alle superiori) e la A-22 (Italiano, storia e geografia alle medie), ma una nuova classe specifica per la storia, con la possibilità di insegnare su più ordini di scuola. Ma sono solo esempi.

“Tutto ovviamente è da discutere con il Consiglio Universitario Nazionale, atenei, associazioni di categoria”, aggiunge la Rocchi. Ci sono già delle tempistiche: fine 2016, massimo estate 2017, in modo da avere il nuovo schema per l’entrata in vigore del nuovo sistema di formazione e reclutamento dei docenti.

Presidi e prof migliori nelle scuole peggiori

da La Tecnica della Scuola

Presidi e prof migliori nelle scuole peggiori

Secondo sir Michael Wilshaw, ispettore capo dell’Ofsted, l’organismo che sovrintende al sistema scolastico e all’educazione, tra le scuole del Nord e del Sud dell’Inghilterra c’è una grande differenza, con ottimi successi al Sud e scarsi al Nord (al contrario dell’Italia).

In particolare il rapporto sottolinea la presenza di aree depresse non solo economicamente ma anche dal punto di vista della istruzione, visto che meno del 60 per cento degli allievi riesce a ottenere valutazioni considerate buone o almeno accettabili secondo gli standard governativi. Anche i progressi di questi ragazzi del Nord, scrive Il Corriere della Sera, sono rari e lenti, come i voti finali al Gcse, un test che rappresenta una via di mezzo tra gli esami delle medie e la maturità italiana, perché viene fatto a 16 anni, prima che gli allievi decidano se dedicarsi all’apprendistato di un mestiere o iniziare la preparazione più approfondita in vista dell’università.

La singolarità sorprendente dell’esame di sir Wilshaw sta nel fatto che, oltre ai ragazzi, anche i prof sarebbero non di qualità, e questo sarebbe l’origine dello scarso rendimento. Per risolvere le differenze di livello negli istituti di Nord e Sud sir Wilshaw lancia anche un appello, invitando le scuole migliori a lavorare al fianco di quelle in difficoltà.

La proposta sarebbe allora quella di rimettere in equilibrio il Nord e il Sud del paese, chiedendo ai dirigenti scolastici di successo di spostarsi nelle scuole in crisi per collaborare al loro rilancio.

Va sottolineato infine che la disparità tra Nord e Sud al momento riguarda solo le scuole secondarie, visto che secondo il rapporto Ofsted alle elementari il livello di apprendimento risulta buono in tutto il paese, come la frequenza scolastica e i voti conseguiti in fase di esame finale.

Troppi crediti formativi agli Its

da La Tecnica della Scuola

Troppi crediti formativi agli Its

Imprese e atenei giudicano troppo alto il valore dei crediti formativi (Cfu) da riconoscere agli studenti che si iscrivono all’università a conclusione degli Its.

Il tetto fissato infatti ai Cfu è di non meno di 100 per i percorsi formativi che durano quattro semestri e 150 per quelli di sei semestri.

Si tratta in pratica di assegnare anche l’80% dei crediti necessari per il conseguimento di una laurea triennale.

Il rischi paventato è quello di snaturare la funzione di questi “istituti tecnici superiori” che «non è certamente quella di preparare i giovani a proseguire con gli studi universitari, ma di essere scuole di alta tecnologia che preparano all’ingresso nel mondo del lavoro».

Sembra quindi che Stefania Giannini, sotto la pressione di università e imprese, abbia predisposto un emendamento al Ddl Stabilità per ridurre il valore dei crediti da assegnare agli studenti Its, che così passerebbero, per i percorsi biennali  da 100 a 40 Cfu, corrispondenti a 6 esami; per i percorsi triennali da 150 a 62 Cfu, corrispondenti a 8 esami.

Il Miur è pronto anche per attuare un’altra parte del restyling degli Its contenuta nella legge 107: «A giorni – annuncia Toccafondi – porteremo in conferenza Stato-Regioni l’accordo che consentirà a giovani e adulti che frequentano i percorsi di istruzione e formazione professionale (Iefp) di iscriversi agli Its. Dovranno integrare i 4 anni di Iefp con un ulteriore anno di istruzione e formazione tecnica superiore (Ifts) attivato dalla Regione».

Superiori, arriva il ristorante didattico

da La Tecnica della Scuola

Superiori, arriva il ristorante didattico

Il Governo promuove il ristorante didattico, da intendere come luogo ideale di alternanza scuola-lavoro della scuola superiore ad indirizzo alberghiero.

“Il ristorante didattico come luogo di alternanza scuola lavoro” vorremmo che fosse inteso “come luogo dove i ragazzi acquisiscono competenze”, ha detto il 14 dicembre il sottosegretario al Miur, Gabriele Toccafondi, in visita in due istituti alberghieri del Cuneese, il “Giolitti- Belisario” a Mondovì e il “Velso- Mucci” a Bra.

“È scuola a tutti gli effetti e per questo vogliamo dare la possibilità a tutte le scuole di avere esperienze simili”, ha tenuto a dire il sottosegretario alla presenza del direttore dell’ufficio scolastico regionale del Piemonte, Fabrizio Manca.

“Attraverso la legge 107, la riforma della scuola diamo a queste esperienze ancora più slancio perché aiutano i ragazzi a fare esperienza vera, seguiti dai professori e in collaborazione con i territori. La scuola è conoscenza e competenze e queste si apprendono facendo esperienza diretta”, ha concluso il rappresentante del Governo Renzi.

Prime indicazioni per l’elaborazione del Piano Triennale dell’Offerta Formativa

da La Tecnica della Scuola

Prime indicazioni per l’elaborazione del Piano Triennale dell’Offerta Formativa

L.L.

La nota prot. n.2905 dell’11 dicembre 2015 fornisce indicazioni e orientamenti per sottolineare alcuni aspetti chiave per la redazione del PTOF, che quest’anno per la prima volta avrà una pianificazione triennale.

Si ricorda che in prima applicazione, al fine di consentire a tutte le scuole di poter avviare il processo di pianificazione triennale con il necessario approfondimento e l’indispensabile ampia condivisione di tutta la comunità scolastica, il termine previsto dal comma 12 della legge 107/2015 (“entro il mese di ottobre”) è stato posticipato al 15 gennaio 2016. Lo stesso comma 12 prevede che il piano può essere rivisto annualmente entro il mese di ottobre.

Di seguito alcuni aspetti imprescindibili di cui le scuole debbono tenere conto:

  • l’elaborazione dei POF dovrà essere fondata su una puntuale ricerca della coerenza tra il POF stesso, il rapporto di autovalutazione e il piano di miglioramento, con particolare riguardo alle priorità, ai traguardi di lungo periodo e alle azioni di miglioramento previste;
  • fondamentale il ruolo strategico del Dirigente Scolastico, nell’esercizio della sua attività di indirizzo, di gestione e di impulso alle innovazioni previste dalle legge 107, compreso l’ascolto degli studenti, delle famiglie, del territorio;
  • la piena realizzazione del curricolo di scuola e il raggiungimento degli obiettivi della legge non possono prescindere da forme organizzative flessibili quali il potenziamento del tempo scolastico, anche oltre i modelli e i quadri orari, nei limiti della dotazione organica dell’autonomia, tenuto conto delle scelte degli studenti e delle famiglie, sin dalla scuola del primo ciclo;
  • le scuole, dopo una verifica del fabbisogno formativo del territorio e dell’evoluzione del mercato del lavoro, devono realizzare un organico collegamento con il mondo del lavoro, con le Istituzioni territoriali e con la società civile con lo scopo di correlare la propria offerta formativa allo sviluppo culturale, sociale ed economico del proprio territorio.

La nota sottolinea inoltre altri aspetti introdotti dalla legge 107 e di cui il PTOF dovrà tener conto: l’importanza della costituzione di reti di scuole, tramite i cui accordi sarà possibile realizzare progetti o iniziative didattiche, educative, sportive o culturali di interesse territoriale; la crescente importanza di un utilizzo diffuso delle nuove tecnologie; l’attività di formazione in servizio per tutto il personale. Per quanto riguarda quest’ultima, in vista dell’adozione del Piano nazionale di formazione, previsto dal comma 124, il Miur emanerà una nota di approfondimento specificamente dedicata alle attività di formazione.

L’aumento di alunni con DSA che fa pensare

da tuttoscuola.com

L’aumento di alunni con DSA che fa pensare

Erano quasi 187 mila l’anno scorso gli alunni con DSA frequentanti le scuole statali e non statali, di ogni ordine e grado, il 2,1% del totale degli alunni.

Ma nelle scuole del nord ovest la percentuale sul totale dei frequentanti è prossima al 3,4%, mentre nel Mezzogiorno è soltanto dello 0,9%.

Nel Focus pubblicato nei giorni scorsi dal Miur si precisa che complessivamente nel territorio nazionale 108.844 alunni presentano disturbi di dislessia, 38.028 di disgrafia, 46.979 di disortografia e 41.819 di discalculia.

Nel corso degli ultimi anni le diagnosi di disturbo specifico di apprendimento, nelle sue varie forme, sono notevolmente aumentate, al punto che se nell’a.s. 2014/2015 si è registrata una percentuale di alunni con DSA sul totale degli alunni pari al 2,1%, nell’a.s. 2010/2011 tale percentuale era di appena dello 0,7%.

Vi è, dunque, una forte tendenza all’incremento che si evidenzia in particolare con il procedere del percorso scolastico. Nella secondaria di I grado la percentuale è salita dall’1,5% del 2010-11 al 4,2% dell’anno scorso; in quella di II grado dallo 0,6% al 2,5%.

È prevedibile che di questo passo gli studenti con certificazione di DSA finiranno per superare il numero di studenti con disabilità, in particolare nelle aree settentrionali e nei settori scolastici della secondaria.

Considerato che proprio nel settore secondario lo studente con DSA ha diritto a dispense particolari e a ‘sconti’ sugli apprendimenti, forse occorre più rigore nella certificazione del disturbo per evitare che, per taluni, possa diventare un comodo strumento per giustificare risultati di apprendimento mediocri o negativi che hanno ben altre ragioni.

Il Miur nel decreto applicativo della legge 170/2010, a proposito di certificazione, si è limitato a far riferimento ai ‘soggetti preposti’, soggetti che l’art. 3 della legge individua nel Servizio Sanitario nazionale o da specialisti o strutture accreditate.

Per evitare certificazioni di comodo (che sembrano diffuse soprattutto tra le famiglie abbienti con figli in difficoltà di apprendimento) si rende necessaria una procedura di accertamento simile a quella prevista per la disabilità.

Miur: bandi, finanziamenti e contributi. Bene, purché i tempi per aderire siano congrui

da TuttoscuolaFOCUS

Miur: bandi, finanziamenti e contributi. Bene, purché i tempi per aderire siano congrui

La legge della Buona scuola ha previsto fondi e iniziative certamente meritevoli, di cui tutti ci siamo rallegrati. La volontà manifesta di un accentramento delle iniziative è giustificata con l’argomentazione di una più oculata distribuzione e controllo dei risultati, anche per evitare il perpetuarsi delle disparità e della diseguaglianza nella qualità delle scuole  sul territorio…

Il MIUR ha cominciato da tempo a sfornare bandi, inviti a presentare proposte per ricevere finanziamenti, contributi: formazione su diversi temi, progetti specifici di alternanza, laboratori per l’occupabilità, Made in Italy etc. etc… Escono in fretta, ma quale programmazione è stata fatta, rispetto proprio alla diffusione di questi bandi? Al fatto che tutte le scuole siano informate e possano partecipare?

Se un bando esce e viene pubblicato, dovrebbe prevedere un tempo congruo perché sia letto e sottoposto a chi nelle scuola progetta (dirigenti e docenti che non sono lì per fare solo quello!), dovrebbe lasciare anche il tempo di scrivere il progetto che… deve possedere determinati requisiti per essere selezionato. Un requisito preferenziale, giustamente, è poi che il progetto sia presentato da una rete: una rete che non si può improvvisare in poco tempo, o che dovrebbe essere già viva e attiva per qualcos’altro.

In molti casi i bandi non hanno ricevuto l’attesa risposta e le scadenze sono state ‘prorogate’.

Ma il fatto  preoccupante è che continuano ad essere emanati imponendo sempre termini brevissimi.  È il caso dell’ultimo bando legato al “Piano nazionale per la Promozione della cultura del Made in Italy”, che dispone di un finanziamento di ben 3 milioni di euro “per promuovere le buone pratiche tra i banchi di scuola”, che porta la data del 25 novembre, mercoledì: è stato diffuso giovedì 26, è stato letto, forse, lunedì 30 ed è scaduto il 10 dicembre!

Questi tempi così ‘risicati’ devono fare riflettere se si vuole favorire e valorizzare la capacità progettuale delle scuole, se si vuole che tutte le scuole sviluppino tale capacità, e non sempre le stesse… se si vuole che l’eccellenza sia diffusa e non ferma e gelosamente custodita da quel pugno di scuole con le quali il MIUR da anni collabora più direttamente. I bandi e i finanziamenti devono essere messi a disposizione di tutti, deve essere data la possibilità a tutti di partecipare e di competere nella qualità e creatività. Ne va della possibilità di sviluppo di territori spesso ‘dimenticati’ e di eccellenze tutte da scoprire.

Il MIUR deve mirare a far bene il proprio lavoro, si deve preoccupare di non sprecare le preziose e limitate risorse pubbliche, deve attivare efficaci controlli sull’effettivo, efficiente ed efficace utilizzo delle risorse …attrezzandosi per controllare e misurarne gli esiti sulla base di ben individuati e visibili risultati previsti, da ottenere.

Della situazione attuale, nel bene e nel male, è proprio il MIUR il responsabile principale e non ci sono alibi né artifizi da mettere in campo.

Nota 15 dicembre 2015, AOODGOSV 13482

Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca
D.G. per gli Ordinamenti scolastici e la Valutazione del S.N.I.

Ai Dirigenti Scolastici delle Istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, statali e paritari
LORO SEDI
Ai Direttori degli Uffici Scolastici Regionali
LORO SEDI
Al Sovrintendente Scolastico per la scuola in lingua italiana della Provincia di BOLZANO
Al Dirigente del Dipartimento Istruzione della Provincia di TRENTO
All’ Intendente Scolastico per la scuola in lingua tedesca BOLZANO
All’ Intendente Scolastico per la scuola delle località ladine BOLZANO
Al Sovrintendente agli Studi della Regione Autonoma della Valle d’Aosta AOSTA
AI Ministero della Difesa
SEDE
e p.c. Al Capo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
SEDE
Al Capo di Gabinetto
Viale Trastevere, 76/A – 00153 Roma
SEDE
All’Ufficio Stampa
SEDE

Nota 15 dicembre 2015, AOODGOSV 13482

OGGETTO Attuazione del Protocollo d’intesa MIUR – Ministero della Difesa: “Favorire l’approfondimento della Costituzione italiana e dei principi della Dichiarazione universale dei diritti umani, in riferimento all’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione” – Piano delle attività formative e didattiche proposte per l’anno scolastico 2015-2016