Il 25 aprile dovremmo festeggiarlo in classe

da Il Fatto Quotidiano

Il 25 aprile dovremmo festeggiarlo in classe

Miur responsabile se l’alunno si fa male in bagno in assenza del personale scolastico

da Il Sole 24 Ore

Miur responsabile se l’alunno si fa male in bagno in assenza del personale scolastico

di Francesca Malandrucco

Uno studente si fa male in bagno, durante l’orario delle lezioni, in assenza del personale della scuola, il Miur deve rispondere dei danni subiti. In questo caso l’istituto scolastico ha una responsabilità diretta sia di natura extracontrattuale (quando un soggetto provoca ad altri un danno ingiusto senza essere legato da alcun rapporto), sia di natura contrattuale (quando è inadempiente di fronte ad un obbligo preesistente).
Lo ha stabilito la terza sezione civile della Cassazione, con la sentenza 8047. La suprema corte ha accolto il ricorso presentato dai genitori di una bambina che avevano portato il Miur in giudizio, chiedendo il risarcimento dei danni subiti dalla figlia per un incidente che si era verificato durante l’orario delle lezioni. La bambina si era fatta male chiudendosi la mano destra dentro la porta del bagno, dove era andata senza essere accompagnata dal personale responsabile.
In particolare la famiglia della piccola, chiedendo il risarcimento dei danni, aveva invocato la responsabilità di natura extracontrattuale della scuola, ai sensi dell’articolo 2048 del codice civile.

I gradi di giudizio precedenti
Il tribunale di Napoli, prima, e la Corte d’appello, poi, avevano rigettato la richiesta di risarcimento danni, assolvendo la scuola e il Miur da ogni responsabilità diretta.
Con la sentenza del 29 gennaio 2013, la Corte di secondo grado aveva motivato la sua decisione affermando che «alla luce della sentenza delle sezioni unite della Corte di cassazione del 27 giugno 2002, la n.9346, nel caso di danno cagionato dall’alunno a se stesso, la responsabilità dell’istituto scolastico non ha natura extracontrattuale, bensì contrattuale, atteso il complesso degli obblighi che la scuola assume all’atto dell’iscrizione».
Pertanto la Corte d’appello ha ritenuto che la domanda non potesse essere esaminata sotto il profilo contrattuale, «venendo altrimenti meno il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato».

La pronuncia della Cassazione
I giudici supremi, invece, accogliendo il ricorso dei genitori della bambina, hanno affermato che «se la parte che agisce in via risarcitoria deduce a sostegno della propria domanda fatti che possono indifferentemente comportare responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, il suo esclusivo riferimento alle norme sulla responsabilità extracontrattuale non impedisce al giudice di qualificare diversamente la domanda, a condizione che i fatti coincidano con quelli dedotti dalla parte e non vengano in rilievo elementi di differenziazione della disciplina delle due forme di responsabilità sui quali non si sia formato il contraddittorio». Un principio, questo, che la Corte d’appello di Napoli non ha tenuto in considerazione.
«Trattandosi di un caso di lesioni cagionate dall’allievo a se stesso – si legge ancora nella sentenza – era pacifica la natura contrattuale della responsabilità del Ministero (v sentenza n. 2413 del 2014). Ma era errata la deduzione fatta dalla Corte di merito, pensando che la richiesta di risarcimento era vincolata ad una responsabilità extracontrattuale. Per i giudici, invece, non solo questo vincolo non esisteva, ma la decisione nel merito della domanda sotto il profilo contrattuale non avrebbe comportato alcuna violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato».
La Cassazione ha quindi rinviato il caso alla Corte d’appello di Napoli che ora dovrà decidere nel merito della questione, attenendosi però al principio di diritto enunciato dai giudici supremi.

Istruzione e formazione professionale, l’Isfol: nel 2014-2015 iscritti in calo, tengono i centri accreditati

da Il Sole 24 Ore

Istruzione e formazione professionale, l’Isfol: nel 2014-2015 iscritti in calo, tengono i centri accreditati

di Alessia Tripodi

Quasi 3mila allievi in meno per gli istituti professionali di Stato, mentre cresce il numero dei giovani che scelgono di frequentare i corsi di formazione dei centri accreditati. Sono i dati del 14esimo rapporto annuale di monitoraggio sul sistema dell’istruzione e formazione professionale (IeFP) realizzato dall’Isfol per conto del ministero del Lavoro, che mette sotto la lente l’andamento delle iscrizioni nell’anno formativo 2014-2015. Scoprendo che, nonostante il forte legame con il mondo del lavoro, la crescita degli iscritti – registrata negli ultimi anni – ha subìto una brusca frenata. In ogni caso «il sistema IeFp – dice l’Isfol – continua, da un lato, a rispondere alla domanda di formazione professionalizzante da parte dei giovani e delle famiglie, e dall’altro alla necessità di svolgere una funzione di inclusione sociale e di argine al fenomeno della dispersione formativa».

I numeri
Gli allievi dei percorsi triennali sono 316.599, praticamente gli stessi dell’anno formativo 2013-14. In particolare, spiega l’Isfol, ai assiste a un’inversione di tendenza sul fronte della sussidiarietà integrativa, cioè dei corsi realizzati presso gli istituti professionali, che prevedono la possibilità, dopo la qualifica triennale, di proseguire la formazione ottenendo il diploma quinquennale: rispetto al trend positivo registrato fin dall’avvio del sistema, nel 2014-2015 questo segmento ha registrato circa 3 mila allievi in meno, scendendo a un totale di 166.605 iscritti. Tendenza positiva, invece, sia per i corsi svolti nei centri di formazione, sia per quelli della sussidiarietà complementare, vale a dire quelli grazie ai quali si può conseguire, dopo la qualifica triennale, il diploma professionale al quarto anno): il numero degli allievi sale rispettivamente a quota 133.611 e 16.383.
Considerando gli iscritti al quarto anno nella sussidiarietà complementare (2.490 allievi) e nelle istituzioni formative (10.298 allievi), il numero totale degli iscritti al sistema IeFp è pari a 329.387 giovani.
Nel 2014-15, dice poi il rapporto, la percentuale di quanti optano per la IeFp dopo insuccessi scolastici o formativi si riduce rispetto a chi si iscrive come prima scelta: nei centri accreditati, infatti, tra gli iscritti al primo anno la quota di 14enni sale al 45,1% (+4,3%), percentuale che si avvicina al 50% nei percorsi in sussidiarietà integrativa (+4,3%) ed è al 32,8% nella complementare (+2,2%). E, in generale, l’Isfol segnala una consistente presenza di iscritti di origine straniera, pari a 45.690 allievi nei quattro anni (il 13,9% del totale).

Le figure più gettonate
Sul fronte della scelta delle figure professionali, la più quotata è ancora quella dell’operatore alla ristorazione, con quasi 100 mila iscritti nei percorsi triennali. Segue l’operatore del benessere (oltre 34 mila iscritti, in gran parte donne) e il riparatore dei veicoli a motore, che entra per la prima volta nella graduatoria delle figure più quotate.
Sul fronte del successo formativo, nel 2014-2015 sono 71.308 gli allievi che hanno conseguito la qualifica professionale, mentre i diplomati sono invece arrivati a quota 9.825. L’analisi degli esiti relativi al triennio 2012-2015, sottolinea l’Isfol, restituisce un quadro che vede crescere ulteriormente il divario tra i centri accreditati e gli istituti professionali: la percentuale dei giovani qualificati sugli iscritti al primo anno nel 2012-13 è del 70,6% nei centri (+5% rispetto al triennio precedente), mentre quella dei qualificati nella sussidiarietà complementare è del 60% (-1,2%) e quella dei qualificati nella sussidiarietà integrativa del 54% (-2,9%). «Appare dunque sempre più evidente – scrive l’Isfol – la capacità di antidispersione dei centri accreditati, legata alle specificità metodologiche, didattiche e di ancoraggio al sistema lavoro che caratterizza i percorsi delle istituzioni formative, rispetto agli interventi strutturati nelle scuole».

I fondi
Le risorse finanziarie impegnate per l’IeFP nell’anno solare 2014 sono pari a 516.171.765 euro, mentre le somme erogate sono ferme a 486. 399.972 euro, rispettivamente in calo del 20% e 17% rispetto al 2013. La quota nazionale, a carico del ministero del Lavoro e in misura residuale al Miur, contribuisce per il 20% delle somme necessarie.

Scuola, l’allarme sostegno «Ragazzi e prof lasciati soli»

da Il Messaggero

Scuola, l’allarme sostegno «Ragazzi e prof lasciati soli»

Manca il personale, fanno discutere le storie di alunni autistici emarginati.

OMA Un sostegno che traballa, quello della scuola, in cui gli studenti che ne hanno più bisogno fanno fatica ad inserirsi e le famiglie, sempre più spesso, denunciano casi di discriminazione e isolamento. Non va meglio per i docenti che, in attesa di una vera riforma, vivono il sostegno come una missione quasi impossibile. Nelle ultime settimane, a far discutere, sono state soprattutto storie di ragazzi autistici che, per motivi organizzativi, non hanno potuto partecipare alla normale vita scolastica. Fatta anche di viaggi, gite e visite culturali all’aperto. E allora, ancora una volta, si torna a parlare di riforma del sostegno. Un aspetto delicato che, non a caso, è tra le deleghe della Buona Scuola e il ministero all’Istruzione ha avviato un percorso di discussione.
I PROBLEMI
Tra i banchi di scuola, infatti, mancano sia il personale preparato alle esigenze di bambini con difficoltà sia risorse e strutture adeguate. Accade così che a Legnano una ragazza di terza media non sia riuscita ad andare in gita con la sua classe perché nessuna compagna voleva dividere la stanza d’albergo con lei. Esplode la polemica, la gita viene sospesa e rimandata. Molto simile la vicenda di un bimbo di una scmaterna di Firenze che, per partecipare alla visita culturale a Villa Strozzi, avrebbe dovuto spostarsi in taxi perché sul pulmino non c’era posto per la maestra di sostegno. Poi c’è la storia di Giulio, il quattordicenne di Livorno che è rimasto a casa mentre i compagni vanno in gita. Per lui parte la campagna su Facebook con tanto di hashtag dedicato #iosonoGiulio. All’Isola d’Elba, invece, scoppia il caso del bimbo di 11 anni che, secondo la mamma, sarebbe vittima di bullismo e troppo spesso in isolamento lungo il corridoio della scuola. E la battaglia, allora, si combatte troppo spesso tra scuola e famiglia quando invece le due parti dovrebbero essere alleate. Nel bene del ragazzo, ovviamente. Da un lato i genitori che chiedono assistenza e, dall’altro, la scuola che non ce la fa, per difficoltà oggettive.
«Sugli studenti autistici c’è tanta ipocrisia»: non ha dubbi la professoressa Daniele Boscolo, docente di inglese della provincia di Rovigo che da 12 anni si dedica al sostegno. Un settore in cui, oggi, è decisamente autorevole tanto da essere stata selezionata tra i migliori 50 docenti al mondo, per il concorso “The global teacher prize” della Varkey Foundation. «Ogni ragazzo ha una storia a sé – spiega la Boscolo – ed ha esigenze tutte sue. Esistono deficit piuttosto evidenti che non permettono ad un ragazzo autistico di partecipare a un viaggio senza problemi perché non può stare troppo a lungo con tante persone, e necessita di routine particolari. Spesso, ad esempio, ha bisogno di uscire dalla classe e restare solo con l’insegnante di sostegno, in un ambiente silenzioso. Oppure ha bisogno di correre in corridoio. Si tratta di terapie in cui vengono coinvolte anche le famiglie. È facile gridare allo scandalo, altra cosa è saper dare la giusta assistenza».
LE NECESSITÀ
Che cosa manca allora alla scuola italiana? «Alle medie e alle superiori i ragazzi hanno al massimo 18 ore di sostegno a settimana su un totale di 32 ore – spiega Daniela Boscolo – nella maggior parte dei casi non si va sopra le 14 ore. Nella provincia di Rovigo la Asl invia gli operatori sanitari per 6 ore aggiuntive ai ragazzi sotto i 14 anni, solo per due ore per i ragazzi con più di 18 anni. Quindi, nelle ore senza sostegno, un docente da solo come fa a far lezione in classe e ad assistere al meglio lo studente autistico? Inutile riempirsi la bocca con il termine inclusione». Negli anni ’70, infatti, sono state abolite le classi speciali in nome dell’inclusione. «Ma non è stato fatto niente per migliorare la situazione: servono scuole senza barriere architettoniche e una vera formazione per tutto il personale docente e Ata. Un solo insegnante super specializzato, infatti, dovrebbe essere sempre presente ma sappiamo bene che non è possibile».
Lorena Loiacono

Giannini: le scuole autonome si scelgono i libri che vogliono, anche sui rapporti omosessuali

da La Tecnica della Scuola

Giannini: le scuole autonome si scelgono i libri che vogliono, anche sui rapporti omosessuali

Leggere agli alunni un libro che racconta il rapporto omosessuale tra giovani calciatori, pure in modo esplicito, non deve far gridare allo scandalo.

L’importante è che la scelta della scuola rientri in un progetto didattico realizzato dall’Istituto, nel rispetto dei principi dell’autonomia scolastica.

A ribadirlo è stato il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, rispondendo all’interrogazione parlamentare presentata due anni fa giorni dai deputati centristi Eugenia Roccella, Raffaele Calabrò, Barbara Saltamartini (poi passata alla Lega) e Alessandro Pagano, a seguito della decisione dei docenti del liceo ‘Giulio Cesare’ di Roma di proporre agli studenti il romanzo di Melania Mazzucco ‘Sei come sei’.

Il fatto provocò diverse reazioni negative, anche dal sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi. Approdò poi in Parlamento, con commenti diversificati. E ora arriva la risposta del ministro a capo del dicastero dell’Istrizione.

“Nelle prime classi del ginnasio (frequentate quindi da studenti minori di sedici anni), gli allievi -lamentavano i quattro parlamentari- sono stati obbligati a leggere un romanzo, dal titolo ‘Sei come sei’ della scrittrice Melania Mazzucco, nel quale sono descritte con crudezza di linguaggio scene esplicite di sesso“.

Un libro che “non può essere annoverato tra i classici della letteratura fatti leggere nelle scuole italiane accanto ad opere del livello della ‘Divina Commedia’, dei ‘Promessi Sposi’, dell”Iliade’, dell”Eneide’, dell”Odissea’ o di opere contemporanee di indiscusso valore letterario”.

Nel mirino degli interroganti “il tema dei rapporti sessuali tra ragazzi dello stesso sesso trattato con crudezza di immagini ed un linguaggio particolarmente sguaiato” e “il delicato tema della procreazione assistita per coppie omosessuali trattato in termini che appaiono grossolanamente brutali”.

La decisione di proporre il romanzo sarebbe avvenuta senza il coinvolgimento dei genitori, ai quali la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo attribuisce “il diritto di priorità nella scelta di educazione da impartire ai propri figli”, e violando il diritto alla ‘corresponsabilità educativa’ “previsto dalle ‘linee di indirizzo sulla partecipazione dei genitori e corresponsabilità educativa’, diramate dal ministero dell’Istruzione”.

Di qui la richiesta di Roccella, Calabrò, Saltamartini e Pagano al ministro Giannini di iniziative “perché non si violi la libertà e la responsabilità educativa dei genitori, soprattutto in ambiti delicati” come questo e perchè fatti di questo tipo “non accadano più in futuro nelle scuole pubbliche del nostro Paese”.

Giannini ora dice, spiega l’Adnkronos, di aver svolto “tutti gli accertamenti del caso” all’indomani delle polemiche scoppiate sulla vicenda, acquisendo dall’ufficio scolastico regionale per il Lazio “una dettagliata relazione con ampia documentazione a supporto”.

Ebbene, per il responsabile del Miur, le indagini ministeriali hanno accertato che la lettura del romanzo “è stata prevista nell’ambito di un progetto denominato ‘Invito alla lettura’, condiviso tra studenti, professori e famiglie, iniziato già da due anni, e che fino a quel momento erano stati proposti 21 testi tra classici, moderni e contemporanei. Tale progetto affrontava, in particolare, tutte le situazioni di diversità, ivi comprese le differenze di nazionalità e quelle religiose”.

Il ministro dell’Istruzione ricorda, infine, agli interroganti che “le scuole godono di autonomia, che si esplicita nella facoltà di scegliere metodologie, strumenti didattici, modalità e tempi dell’insegnamento ‘nel rispetto degli obiettivi del sistema nazionale di istruzione e degli standard di livello nazionale'”.

Giannini rammenta, infine, che “il concetto di autonomia richiama un sistema organizzativo che fa della scuola una comunità educante, nell’ambito di standard di qualità fissati a livello nazionale, e comporta da parte delle singole istituzioni scolastiche la costante interazione con tutte le componenti del processo educativo: personale della scuola, studenti e genitori, in linea con i principi enucleati nella nostra Costituzione”.

Riparte il “Totoesame”. Umberto Eco tra le previsione degli studenti

da La Tecnica della Scuola

Riparte il “Totoesame”. Umberto Eco tra le previsione degli studenti

Secondo la maggioranza di un campione di studenti, riporta l’Ansa, l’argomento della prima prova scritta agli esami di stato potrebbe riguardare un tema su Umberto Eco, seguito da Einstein e poi sul terrorismo internazionale.

Ma ci sarebbe pure una frangia che punta su Luigi Pirandello, i 70 anni della Repubblica Italiana e i diritti gay.

Un altro autore  del ‘900 potrebbe essere Italo Svevo, tra i preferiti per la tipologia A, o  Ungaretti, mentre un po’ più distante appare Dante Alighieri

Tra i fatti di cronaca, e quindi per l’attualità, gli attacchi terroristici di Parigi e Bruxelles. La legge Cirinnà coi diritti gay sarebbe preferita invece rispetto al problema dell’immigrazione.

Attenzione tuttavia agli anniversari

“Ragazzi disabili e prof lasciati soli”

da La Tecnica della Scuola

“Ragazzi disabili e prof lasciati soli”

L’impalcatura del sostegno agli alunni disabili sembra traballare mentre le famiglie, sempre più spesso, denunciano casi di discriminazione e isolamento. Stesso discorso per i docenti che, in attesa di una vera riforma, vivono il sostegno come una missione quasi impossibile.

E allora, scrive Il Messaggero, si torna a parlare di riforma del sostegno. Un aspetto delicato che, non a caso, è tra le deleghe della Buona Scuola e il ministero all’Istruzione ha avviato un percorso di discussione.

Tra i banchi di scuola, infatti, mancano sia il personale preparato alle esigenze di bambini con difficoltà sia risorse e strutture adeguate.

Accade così che a Legnano una ragazza di terza media non sia riuscita ad andare in gita con la sua classe perché nessuna compagna voleva dividere la stanza d’albergo con lei. Esplode la polemica, la gita viene sospesa e rimandata. Molto simile la vicenda di un bimbo di una scmaterna di Firenze che, per partecipare alla visita culturale a Villa Strozzi, avrebbe dovuto spostarsi in taxi perché sul pulmino non c’era posto per la maestra di sostegno. Poi c’è la storia di Giulio, il quattordicenne di Livorno che è rimasto a casa mentre i compagni vanno in gita. Per lui parte la campagna su Facebook con tanto di hashtag dedicato #iosonoGiulio. All’Isola d’Elba, invece, scoppia il caso del bimbo di 11 anni che, secondo la mamma, sarebbe vittima di bullismo e troppo spesso in isolamento lungo il corridoio della scuola. E la battaglia, allora, si combatte troppo spesso tra scuola e famiglia quando invece le due parti dovrebbero essere alleate. Nel bene del ragazzo, ovviamente. Da un lato i genitori che chiedono assistenza e, dall’altro, la scuola che non ce la fa, per difficoltà oggettive.

Si chiede allora il giornale: che cosa manca allora alla scuola italiana? «Alle medie e alle superiori i ragazzi hanno al massimo 18 ore di sostegno a settimana su un totale di 32 ore – spiega una eseprta – nella maggior parte dei casi non si va sopra le 14 ore. Nella provincia di Rovigo la Asl invia gli operatori sanitari per 6 ore aggiuntive ai ragazzi sotto i 14 anni, solo per due ore per i ragazzi con più di 18 anni. Quindi, nelle ore senza sostegno, un docente da solo come fa a far lezione in classe e ad assistere al meglio lo studente autistico? Inutile riempirsi la bocca con il termine inclusione».

Negli anni ’70, infatti, sono state abolite le classi speciali in nome dell’inclusione. «Ma non è stato fatto niente per migliorare la situazione: servono scuole senza barriere architettoniche e una vera formazione per tutto il personale docente e Ata. Un solo insegnante super specializzato, infatti, dovrebbe essere sempre presente ma sappiamo bene che non è possibile».

25aprile, la scuola ricorda!

#25aprile, la scuola ricorda!

Dal teatro alle lezioni storiche, tutte le attività in campo

La scuola non dimentica i valori della Resistenza: la ricorrenza del 25 aprile è ogni anno occasione di studio, approfondimento, memoria, con una serie di iniziative per gli studenti che vengono vissute lungo tutto l’anno scolastico e non solo in prossimità dell’Anniversario della Liberazione.
Lezioni e attività didattiche mirate. Ma anche un concorso di approfondimento storico per gli alunni e uno spettacolo teatrale. Sono le attività promosse dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca con l’obiettivo di coinvolgere attivamente i ragazzi nella coltivazione della memoria.
Al culmine di queste iniziative sono stati premiati il 21 aprile al Quirinale, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e del Sottosegretario all’Istruzione, Davide Faraone, gli studenti vincitori del Concorso Nazionale “Dalla Resistenza alla Cittadinanza Attiva. La Resistenza ha vinto: Si Vota!”. Il concorso è stato bandito in occasione del 70mo anniversario del voto a suffragio universale con l’obiettivo di promuovere tra gli alunni, nell’ambito dei diversi insegnamenti, la consapevolezza dell’importanza della Cittadinanza Attiva.
Il contributo di studio e approfondimento su una delle pagine più importanti della storia del nostro Paese arriva anche da attività didattiche specifiche messe in campo nella settimana compresa tra il 25 e il 30 aprile. Attività sollecitate attraverso l’invito, rivolto dal Miur ai dirigenti scolastici e ai docenti, con una apposita circolare inviata nei giorni scorsi per l’Anniversario della Liberazione.
Il teatro è da sempre uno dei linguaggi preferiti dalla scuola per comunicare valori, conoscenze e spirito di comunità. Ed è un lavoro teatrale uno dei progetti su cui il Ministero ha puntato quest’anno per questo percorso nella consapevolezza. In collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Struttura di Missione per gli anniversari di interesse nazionale – è stato dato modo agli studenti di fruire dello spettacolo “Tante Facce nella Memoria”. Sei storie di donne partigiane e non che nel ’44 vissero l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Curato da Mia Benedetta e Francesca Comencini, lo spettacolo è nato con l’ascolto delle registrazioni delle testimonianze dirette ed affronta una delle pagine più drammatiche della nostra storia.
“Lezioni di Resistenza”: l’iniziativa è promossa nell’ambito del Protocollo d’Intesa tra il Miur e l’Associazione Nazionale Partigiani Italiani. Il progetto è stato pensato con l’obiettivo di far conoscere, attraverso una serie di lezioni, i temi della Resistenza e della Cittadinanza Attiva. Dieci le città italiane coinvolte. L’iniziativa si concluderà con una cerimonia presso la Camera dei Deputati il 6 maggio prossimo.