Il “dopo di noi” è legge

Il “dopo di noi” è legge: il commento di FISH

La Camera ha dunque approvato in via definitiva la legge sul cosiddetto “Dopo di noi” accogliendo gli emendamenti introdotti dal Senato della Repubblica.

“Il lungo e serrato dibattito attorno a questo tema, nelle Aule parlamentari e nel Paese, è senza dubbio il segno di quanto sia forte l’interesse, ma anche di quanto siano diversi gli accenti e le sensibilità attorno ai temi dell’autonomia personale delle persone con disabilità.”

Questo il primo commento di Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap.

“Questo confronto e interesse deve ora diffondersi nei territori e nelle comunità locali per rendere operativi e concreti gli intenti della norma, ma deve anche estendersi ad altri aspetti altrettanto drammatici che riguardano il rischio di segregazione e di isolamento delle persone con disabilità.”

FISH infatti, pur apprezzando il traguardo raggiunto, conferma le perplessità circa quella che considera un’occasione perduta e cioè interventi molto più stringenti per la deistituzionalizzazione delle persone con disabilità che oggi vivono in istituti segreganti. “Non è sufficiente prevedere in legge che il ‘dopo di noi’ riguarda anche percorsi di di deistituzionalizzazione, ma è necessario impedire che quelle istituzioni continuino ad esistere, siano accreditate, convenzionate e finanziate con soldi pubblici.”

Ora la norma deve essere concretamente applicata. Se le novità che riguardano il trust e le agevolazioni fiscali non dovrebbero incontrare difficoltà applicative, rimangono al contrario una incognita i tempi e le modalità di concreta attuazione dei servizi e dei sostegni diretti alle persone e alla famiglie. Su questi molto incide la volontà politica e la capacità organizzativa di regioni e territori oltre all’indirizzo dei Ministeri competenti.

“Su questo anche FISH svolgerà il suo ruolo di monitoraggio e di stimolo per favorire una corretta e veloce attuazione, ma anche per vigilare su distorsioni applicative lontane dalle volontà del Legislatore e di chi ha voluto questa norma.”

LE RETI DI SCUOLE-SARA’ ANCORA MASSACRO DI ATA

Ai Colleghi Ata

Cari Colleghi,
la comunicazione M.I.U.R n. 0002151 del 07.06.2016 inviata alle Scuole fornisce le indicazioni per la costituzione delle reti fra Istituzioni Scolastiche come previsto dall’art. 1 commi 70/71/72/74 della Legge 107/2015 che dovrebbe concludersi entro il 30 Giugno 2016.
Sono previste due tipologie di rete:
la rete di ambito, che unificherà tutte le Scuole statali, dell’ambito territoriale individuato dall’U.S.R alla quale parteciperanno anche le scuole;
la rete di scopo, che invece si costituirà spontaneamente tra le Scuole, anche oltre l’ambito di appartenenza, per il perseguimento di precisi scopi individuati per il territorio dell’ambito o per specifiche esigenze.
Potrà avere durata variabile sulla base dell’individuazione di un’area progettuale comune, un’Istituzione Scolastica avrà il ruolo di scuola capofila individuata sulla base delle proprie esperienze, competenze e risorse professionali.

Secondo le indicazioni fornite dal M.I.U.R, “… il nuovo assetto organizzativo dovrebbe favorire la crescita di tutte le Scuole nel confronto reale e operativo, attrezzandole per una maggiore apertura al territorio e alla sua realtà, valorizzando la capacità organizzativa consolidando le capacità di cooperare.
La rete che riunisce tutte le Scuole dell’ambito, quindi, dovrà essere in grado di recepire le esigenze del territorio (formative, progettuali, amministrative), fornendo loro risposte concrete e rappresentandole presso l’U.S.R e le sue articolazioni territoriali per trovare migliori soluzioni su aspetti organizzativi e gestionali comuni e condivisi, come la valorizzazione delle risorse professionali, la formazione e la gestione di funzioni e attività amministrative.
D’ora in poi il ruolo regionale sarà riferito all’ambito e non più ad un territorio vasto e variegato com’era la provincia, consentendo così, ad esempio, una mobilità professionale più sostenibile e la possibilità di una migliore conoscenza della realtà nella quale si interviene, una migliore collaborazione per affrontare problemi comuni che riguardano non solo i docenti ma tutto il personale, consolidando nel tempo la stabilità delle scuole.”

La razionalizzazione degli adempimenti amministrativi prevede la possibilità per le istituzioni scolastiche autonome, incluse nella rete, di individuare le competenze, laddove esistano volontà, strutture e professionalità, necessarie a organizzare e razionalizzare i seguenti adempimenti amministrativi:
1. cessazioni dal servizio,
2. pratiche in materia di contributi e pensioni,
3. progressioni e ricostruzioni di carriera,
4. trattamento di fine rapporto del personale della scuola,
5. (nonché) sugli ulteriori atti non strettamente connessi alla gestione della singola istituzione scolastica, può essere svolta dalla rete di scuole in base a specifici accordi.
Le nuove forme di collaborazione tra scuole anche sul piano amministrativo, tese ad una razionalizzazione e miglioramento della qualità del lavoro e dei servizi resi, richiederanno progressivamente non solo l’utilizzo sempre più di procedure digitali, ma anche una revisione dei processi e dell’organizzazione degli uffici, per poter affrontare e rispondere adeguatamente ai molteplici aspetti che sono investiti dall’innovazione in atto. In tale ottica appare essenziale, all’interno di ciascuna rete di ambito, la definizione di un più efficace coordinamento di azioni e procedure amministrative tese ad una miglior gestione delle stesse.

Leggendo la nota M.I.U.R relativa alla costituzione delle reti tra Scuole si ha l’impressione di essere di fronte a delle proposte eclettiche e pragmatiche, ma nonostante tutto, noi Personale ATA della Scuola italiana “abbiamo paura e non dormiamo sonni tranquilli” !

Temiamo che “la razionalizzazione degli adempimenti amministrativi”, potrà significare ancora tagli ai nostri organici, ormai allo stremo !

Abbiamo sperimentato “sulla nostra pelle” la Legge sul riordino e la razionalizzazione della rete scolastica che, con i suoi tagli, ha avuto pesanti e negative ripercussioni con forti ricadute soprattutto su tutto il personale Amministrativo Tecnico e Ausiliario della Scuola.

Con la Buona Scuola e la Legge di Stabilità purtroppo si va verso l’estinzione del personale ATA !!!
La nostra categoria è stata totalmente ignorata dalla Legge 107/2015 , come se non esistesse, non abbiamo ricevuto nulla, a partire dal bonus Formazione di €. 500,00 destinato soltanto al personale docente.
Siamo soltanto dei numeri “da tagliare”, ma dietro questi numeri ci sono persone che lavorano o hanno lavorato per anni al servizio dello Stato continuando ad operare con spirito di sacrificio ed abnegazione nell’interesse della comunità scolastica.

Le politiche di tutti i Governi nei confronti del Personale ATA, piuttosto che investire in occupazione, formazione e aggiornamento, hanno operato soltanto in strategie politiche di tagli selvaggi e indiscriminati.
I tagli effettuati, la carenza di personale, l’esigenza negata di una formazione permanente per l’alta professionalità richiesta nell’espletamento di tutti i servizi scolastici affidati al Personale ATA, hanno prodotto un grave “impoverimento” dei servizi generali e amministrativi di tutta la Scuola ed hanno creato dei gravi disservizi a tutta la comunità scolastica.

La Federazione del Personale ATA vuole ricordare alle forze politiche e a tutta l’opinione pubblica che all’interno della Scuola Italiana c’è anche il Personale Amministrativo, Tecnico e Ausiliario che, con il suo prezioso contributo, da sempre, con molto impegno e dedizione, ogni mattina si adopera in mille modi per far funzionare il sistema scolastico; questa categoria va difesa con tutte le forze e da tutta la collettività scolastica, nell’interesse dell’intero sistema di istruzione italiana, a vantaggio di tutti !!!.

Crediamo sia giunta l’ora di invertire il senso di marcia e ripartire in maniera giusta affinché tutto il personale Amministrativo Tecnico ed Ausiliario abbia riconosciuta la giusta dignità professionale e il giusto riconoscimento economico per il prezioso servizio svolto da sempre con grande impegno e serietà.

Noi siamo disposti al dialogo purché ci sia rispetto e considerazione per tutto il Personale ATA, e restiamo a disposizione per qualsiasi confronto leale, serio e costruttivo.

Auguriamo buon lavoro a tutti i colleghi.

Direzione Nazionale Feder.ATA

Nota MIUR AOODPIT0002151 del 7 giugno 2016

Al Capo Dipartimento per il Sistema educativo di istruzione e di formazione
MIUR – Viale Trastevere, 76
R O M A

Oggetto: Nota MIUR AOODPIT0002151 del 7 giugno 2016

Con riferimento alla nota indicata a margine, con la quale viene posta alle istituzioni scolastiche la data del 30 giugno quale termine ultimo per la costituzione delle reti di ambito e di scopo previste dal comma 70 della Legge 107/2015, l’ANDIS rappresenta alla S.V. il vivo disappunto dei Dirigenti scolastici chiamati ad assolvere ad una funzione oggettivamente importante e delicata in un così breve lasso di tempo ed in un periodo già sovraccarico per i molteplici adempimenti di fine anno (scrutini finali, esami di Stato, valutazione dei docenti in anno di prova, procedure per la valorizzazione del merito, verifica dell’attuazione del Programma annuale, ecc.).
L’ANDIS è favorevole alla costituzione delle reti, perchè determineranno un nuovo assetto organizzativo sul territorio e una nuova gestione delle risorse attorno a progetti condivisi.
Ma non si può chiedere ai dirigenti scolastici di promuovere l’aggregazione delle istituzioni scolastiche in rete nel giro di pochi giorni (si pensi che il DG USR Campania ha fissato la scadenza per la sottoscrizione degli accordi al 17 giugno! Come se gli accordi fossero già tutti pronti nel cassetto).
Per realizzare una rete, che sia davvero strumento di cooperazione fra istituzioni scolastiche autonome, occorre che sia stato attivato un lungo e faticoso processo organizzativo, fatto di confronto e di condivisione, come viene affermato anche nelle Indicazioni allegate alla nota in oggetto, “non può fare a meno di un partecipe e attivo coinvolgimento di tutti” attraverso la “valorizzazione della scuola autonoma, capace di scegliere e di dialogare con tutti gli attori del proprio territorio, dalle famiglie agli Enti locali, dalle realtà della cultura e della ricerca alle imprese”.
E’ fin troppo evidente che sulle reti l’Amministrazione è in forte ritardo. Ma le conseguenze non possono ricadere sui dirigenti scolastici.
Si dia tempo alle istituzioni scolastiche di confrontarsi sulle possibili aggregazioni e di deliberare convintamente ed in tempi congrui ,in ogni caso compatibili con gli impegni e gli adempimenti di ufficio a cui sono chiamati in questo periodo i dirigenti scolastici.
Un differimento dei termini sarebbe un importante segnale di attenzione alla dirigenza scolastica, fin troppo gravata quest’anno da continui e a volte “fastidiosi” adempimenti burocratici.

Il Presidente Nazionale
Prof. Paolino Marotta

Progetto “Scuola Amica della Dislessia”, Anno scolastico 2016/2017

Gentile Dirigente Scolastico
Oggetto: Percorso formativo in piattaforma e-learning.
Progetto “Scuola Amica della Dislessia”, Anno scolastico 2016/2017
Con la presente la informiamo che nel corso dell’A.S. 2016/2017 sarà disponibile gratuitamente e
per tutti gli istituti scolastici che ne faranno richiesta un percorso formativo e-learning in piattaforma
rivolto al personale docente, la cui finalità è di ampliare le conoscenze metodologiche, didattiche,
operative ed organizzative necessarie a rendere la Scuola realmente inclusiva per gli alunni con
Disturbi Specifici di Apprendimento. Tale iniziativa è parte integrante del progetto nazionale
“Dislessia Amica”, realizzato dalla Associazione Italiana Dislessia (AID) con Fondazione TIM,
d’intesa con il MIUR.
Il percorso di e-learning, che si avvale di materiale strutturato, video lezioni, esercitazioni, indicazioni
operative, approfondimenti e supervisione a distanza con tutor specializzati di AID, avrà una durata
di 30 ore e sarà suddiviso nel modo seguente:
Modulo 1: Competenze organizzative e gestionali della Scuola
Modulo 2: Competenze osservative dei docenti per la progettazione efficace del PDP
Modulo 3: Competenze metodologiche e didattiche
Modulo 4: Competenze valutative
Per verificare il livello di apprendimento dei contenuti proposti, il docente, dopo ogni modulo dovrà
svolgere un test, il cui superamento garantirà l’accesso al percorso successivo.
Una volta completato con successo il proprio iter formativo, ad ogni istituto scolastico partecipante
verrà riconosciuto dall’AID il titolo di “Scuola Amica della Dislessia”, mentre ai docenti verrà
rilasciato un attestato di partecipazione.
Il percorso formativo sarà fruibile per ogni istituto scolastico in uno dei seguenti periodi dell’AS
2016/2017:
! Ottobre-Dicembre 2016
! Gennaio-Marzo 2017
! Aprile-Giugno 2017
Prevedendo che in ognuno dei suddetti trimestri potranno partecipare fino a 1200 istituti scolastici, la
suddivisione nei tre gruppi sarà effettuata in rapporto alla data di iscrizione al Corso e alla
disposizione geografica, al fine di garantire un servizio adeguato ed uniforme.
Vi invitiamo ad aderire a questa iniziativa, nell’ottica di potenziare le risorse a disposizione della
Scuola ed essere sempre più in grado di accogliere ed includere gli studenti con DSA.
Per ulteriori informazioni e per iscrivere il suo istituto può collegarsi a partire dal 16 giugno 2016 al
sito www.dislessiaamica.com ”

Bologna, 14.06.2016 ASSOCIAZIONE”ITALIANA”DISLESSIA”
Il”Presidente”

Con il diploma arriva anche il «passaporto» Ue delle competenze

da Il Sole 24 Ore 

Con il diploma arriva anche il «passaporto» Ue delle competenze

di Claudio Tucci

Da quest’anno con il diploma arriva anche il «passaporto Ue delle competenze»: si chiama «supplemento Europass al Certificato», ed è la principale novità della maturità 2016, che prenderà il via mercoledì 22 giugno con il classico tema d’italiano.

La novità
I “supplementi”, che si aggiungono agli altri documenti del portafoglio Europass (quali, Curriculum vitae, Europass mobilità, passaporto delle lingue) sono stati elaborati da Miur e Isfol, e descrivono, in modo standard, ciascun percorso e indirizzo di studio (liceale, tecnico e professionale). In pratica, vengono indicate, in italiano e in inglese, le competenze degli studenti e le attività professionali cui possono accedere possedendo quello specifico diploma di maturità.

Il collegamento con il lavoro
«L’obiettivo è favorire la mobilità per motivi didattici o di lavoro anche al di fuori dell’Italia – spiega il dg per gli Ordinamenti scolastici e la valutazione del Miur, Carmela Palumbo -. Attenzione: il supplemento Europass non sostituisce il titolo di studio o la certificazione delle competenze, ma rende il percorso scolastico più chiaro e il diploma finale più comprensibile e meglio spendibile nel mondo del lavoro». Ciascun “supplemento” è precompilato; a partire dal 20 luglio i singoli istituti potranno stamparlo e consegnarlo agli studenti diplomati (con le stesse modalità adottate per il diploma).

Se la scuola non riesce più a formare le competenze «di base»

da Il Sole 24 Ore 

Se la scuola non riesce più a formare le competenze «di base»

di Luca Ricolfi

Di disuguaglianze non si smette mai di parlare. Ci sono le disuguaglianze economiche, le disuguaglianze sociali, le disuguaglianze nella salute. Ci sono le disuguaglianze nel capitale ereditato dalla famiglia, nelle opportunità di vita, nel talento individuale. E ci sono, naturalmente, le disuguaglianze nel livello di istruzione, ossia nei titoli di studio che ognuno riesce ad aggiudicarsi.

C’è un tipo di disuguaglianze, tuttavia, che è enormemente cresciuto negli ultimi venti anni, e di cui nessuno parla. Un tipo di disuguaglianze che regala a una minoranza della popolazione una vita piena di opportunità e di soddisfazioni, mentre impone alla maggioranza un’esistenza difficile o comunque piena di limitazioni.
Di che cosa si tratta?
Non c’è un termine condiviso per designare questo tipo di disuguaglianze, ma io le osservo quotidianamente nel mio lavoro di docente universitario che da anni insegna materie relativamente complesse (analisi dei dati e matematica) e ha a che fare sia con le “matricole” (gli studenti appena diplomati che si iscrivono all’università) sia con gli studenti che stanno per laurearsi. Possiamo chiamarle, molto approssimativamente, disuguaglianze di conoscenza; oppure “disabilità cognitive”, in omaggio al lessico in voga.
È imbarazzante descriverle, perché hanno raggiunto livelli che mi verrebbe da definire umilianti, livelli che peraltro i test correnti, più o meno standardizzati, non sono assolutamente attrezzati per misurare in tutta la loro ampiezza. Devo però fare una premessa, prima di tentare una descrizione. La materia che insegno, per essere compresa e padroneggiata a un livello accettabile, richiede un discreto grado di organizzazione mentale. In buona sostanza capacità quali: padronanza della lingua, astrazione, ragionamento, manipolazione di simboli astratti, memorizzazione. È chiaro che simili capacità, come qualsiasi altra (compreso saper ballare, suonare uno strumento, o sciare in neve fresca) non possono essere possedute da tutti nella stessa misura. Il punto, però, è che quando vengono messe alla prova da un esame universitario si rivelano distribuite in un modo mostruosamente ineguale fra gli studenti. E dico questo non nel senso che ci sono studenti molto più bravi di altri (è sempre stato così), ma nel senso che, al giorno d’oggi, almeno la metà degli studenti non ha assolutamente, neppure alla lontana, la preparazione di base che – in teoria – dovrebbe possedere in virtù del certificato che esibisce (diploma di scuola secondaria superiore). Spesso non ha neppure la preparazione che ci si aspetta da chi si è fermato alla scuola media inferiore. E in un numero di casi tutt’altro che trascurabile non ha nemmeno le competenze che, sulla carta, dovrebbero essere trasmesse e garantite dalla scuola elementare (ad esempio far di conto e non compiere errori di ortografia). All’attonito docente universitario può persino accadere di trovarsi di fronte uno studente che non sa eseguire una sottrazione elementare (1-5), o non sa addizionare 12 e 8 e deve ricorrere alle dita per arrivare al risultato (naturalmente quest’ultimo è un caso-limite, ma la domanda è: come ha potuto la scuola “certificare” le sue competenze e rilasciargli un diploma?).

Per non parlare del titanico lavoro di correzione dell’italiano che incombe sui docenti quando giunge il tragico momento della tesi di laurea (o meglio di quell’esercizio che ci ostiniamo ancora a chiamare tesi). Proverò a dirlo in un modo ancora più crudo: per quel che vedo quotidianamente, una parte degli studenti universitari ha un livello di organizzazione mentale che non è, semplicemente, un po’ meno buono di quello degli studenti bravi, ma è abissalmente inferiore, come può esserlo il livello di organizzazione mentale di un bambino di sei-sette anni rispetto a quello di un adulto. E, cosa ancora più triste, in molti casi il gap appare irrimediabile, in quanto chiaramente legato a percorsi scolastici disastrosi, a occasioni di conoscenza clamorosamente mancate e che difficilmente potranno ripresentarsi. Alla fine degli esami io chiedo sempre “che scuola hai fatto?”, e le risposte che mi accade di ascoltare sono terrificanti: quello che i tanti studenti in difficoltà raccontano sugli insegnanti che hanno avuto, sul numero di supplenti che si sono alternati in certe materie, sui programmi svolti e non svolti, sulle licenze didattiche che tanti prof si sono presi, tutto questo restituisce un quadro della scuola mortificante. Un quadro, sia detto per inciso, in cui non si intravedono più, come un tempo, condizioni di svantaggio sociale, o tragedie familiari e personali, bensì solo prosaiche vicende istituzionali (e spesso familiari) di incuria e superficialità, approssimazione e leggerezza. In sostanza: l’ordinario modus vivendi di una società in cui, di fatto (anche se a parole lo neghiamo), la cultura, la conoscenza, lo studio sono divenuti assai meno importanti di tutto il resto.

Non mi interessa, qui, indicare di chi è la responsabilità, che è chiaramente di tutti: genitori, insegnanti, politici e, naturalmente, studenti (il non-studio è anche una scelta). Quello su cui vorrei attirare l’attenzione è invece l’enorme diversità di destino fra i miei studenti. Quando li incontro e quando ci parliamo, lo vedo ad occhio nudo: c’è chi quasi certamente ce la farà, perché la scuola e l’università hanno strutturato la sua mente, e c’è chi (salvo il caso in cui abbia una famiglia potente alle spalle), avrà una vita lavorativa difficile, perché la scuola e l’università hanno preferito rilasciargli un titolo senza occuparsi seriamente della sua mente. È strano. Da un paio di decenni abbiamo deciso che le nostre sono “società della conoscenza”, non c’è occasione in cui non ripetiamo che la conoscenza è la variabile fondamentale, che da essa dipendono i destini delle economie come quello degli individui; da anni e anni ci stracciamo le vesti, scendiamo in piazza, firmiamo manifesti e appelli contro la (presunta) inarrestabile crescita delle disuguaglianze economiche, e poi – chissà perché – di fronte agli spaventosi divari di conoscenza fra i nostri giovani, che certamente produrranno grandi disuguaglianze nelle loro vite, non diciamo nulla, li accettiamo come se non esistessero, o non fossero importanti. C’è qualcosa che non va. O sbaglio?

Terza media, al via la piccola maturità con l’incubo Invalsi

da Corriere della sera

Terza media, al via la piccola maturità con l’incubo Invalsi

Il 16 giugno si svolgerà in tutta Italia la prova nazionale nell’ambito degli esami del I ciclo. Italiano e matematica e il voto fa media con le altre prove d’esame

I 14enni sono ai posti di combattimento: per il 95% l’esame di terza media inizia la settimana dal 13 al 18 giugno. La «piccola maturità» parte con il tema d’italiano, poi ci saranno altre due prove scritte – matematica e lingue straniere – e infine l’incubo per eccellenza: il colloquio orale. Le date sono variabili, vengono stabilite dalle scuole in base all’autonomia. Uguale per tutti sarà però il temuto test Invalsi di matematica e italiano, fissato al 16 giugno in tutta Italia: apertura dei plichi alle 8.30, come si legge nella nota inviata dall’Invalsi alle scuole. Unica tra le prove standardizzate del sistema nazionale di valutazione i cui risultati faranno media con le altre prove dell’esame finale. Gli altri, alle elementari e alle superiori, sono solo strumenti statistici di comparazione.

Rilevazione nazionale

Il 16 giugno, dunque, tutti gli studenti di terza media del Paese si sottoporranno alle due prove inviate dall’ente Invalsi: una di italiano e una di matematica, per le quali si hanno rispettivamente 75 minuti. In mezzo, si ha a disposizione un quarto d’ora di pausa. La prova di italiano consiste in un test di comprensione del testo e uno di competenza grammaticale; quella di matematica una sezione con domande a risposta chiusa e una con domande a risposta aperta. Il voto conta. E per questo molti si stanno allenando per arrivare preparati all’esame. Soprattutto per le sezioni con cui gli studenti hanno meno familiarità, come quella a risposte chiuse della sezione di matematica. Diversi insegnanti hanno però preferito svolgere le regolari attività curricolari per non falsare il risultato dei test e non togliere tempo utile allo svolgimento del programma.

Reti di scuole. La protesta è ormai generale

da La Tecnica della Scuola

Reti di scuole. La protesta è ormai generale

La nota ministeriale sulle reti di scuole sta suscitando un coro di proteste alle quali adesso il Ministero dovrà in qualche modo rispondere. ANP scrive alla Giannini.

L’ultima protesta sull’ “ordine” partito da viale Trastevere nei giorni scorsi (tutte le scuole dovranno far parte di una rete entro il 30 giugno prossimo) arriva dall’Associazione nazionale presidi di Giorgio Rembado che ha scritto una lettera ufficiale al Ministro chiedendo in modo cortese ma fermo il rispetto delle regole.
Anzi, per la verità, a leggerla bene la lettera impartisce persino una sintetica lezione di diritto costituzionale e amministrativo all’apparato ministeriale.
In primo luogo, sostiene l’Anp, non bisogna dimenticare che l’adesione ad una rete di scuole deve essere deliberata dal consiglio di istituto e – se il progetto che sta alla base dell’intesa fra le scuole deve essere condiviso, come previsto dalla legge stessa – nessuna istituzione scolastica può essere obbligata a far parte di una rete.
Senza considerare poi i problemi e gli adempimenti concreti che, in questa fase dell’anno, le scuole devono affrontare (scrutini, esami, valutazione dell’anno di prova di almeno 100mila docenti, una decina in media in ogni scuola).
Per procedere poi con una obiezione risolutiva: l’autonomia delle istituzioni scolastiche è garantita e tutelata dalla Costituzione e nè la legge, nè tantomeno una circolare ministeriale possono metterla in discussione.
La conclusione – per l’Anp – è scontata: la scadenza del 30 giugno per la costituzione delle reti non può in alcun modo essere considerata perentoria ma al massimo ordinatoria.
Nei giorni scorsi anche Flc e Cisl Scuola erano intervenute per sottolineare il carattere puramente burocratico o formalistico della nota ministeriale e la scarsa considerazione nei confronti dell’autonomia delle scuole.
Adesso si attendono le contro-mosse del Ministero.

Partiti gli esami di terza media: quant’è difficile prendere la lode, basta il no di un prof

da La Tecnica della Scuola

Partiti gli esami di terza media: quant’è difficile prendere la lode, basta il no di un prof

Per due scuole su tre, lunedì 13 giugno hanno preso il via gli esami di terza media.

A loro, e a quelli che inizieranno a breve (oltre mezzo milione di alunni), si è rivolto via twitter il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini: “Al via oggi #esamiterzamedia. In bocca al lupo ai ragazzi e alle ragazze che affrontano questa prima prova importante della vita scolastica”.

A leggere le agenzie di stampa, sembra che gli argomenti delle tracce più gettonate per la prova scritta di italiano (non esiste una verifica unica nazionale come per la maturità, ma ogni istituto realizza la propria) siano state la lettera a un amico, il racconto di una gita scolastica, il resoconto dei tre anni delle medie e il tema di attualità sono di solito tracce molto gettonate.

“È, infatti, la commissione a prepararle e a inserirle in tre buste – scrive l’Ansa -. Poi, un alunno a caso, sceglie davanti alla classe la busta che contiene le tracce da svolgere”.

Dopo Italiano, nei giorni successivi, gli studenti affronteranno le prove di Lingue straniere e Matematica (comprendente anche elementi di scienze e tecnologia).

Il 16 dovranno vedersela invece con la prova nazionale Invalsi (che fa media con tutti gli altri scritti, con l’orale e con il voto di ammissione).

L’ultima verifica degli esami di terza media, sarà il colloquio orale.

Per arrivare a un 10 tondo per il voto finale è necessario ottenere il massimo dei voti in tutte le prove e nel giudizio di idoneità. Solo in pochi riescono a prendere 10. Ma spetta alla commissione d’esame decidere se assegnargli la lode con una decisione presa all’unanimità. E basta il diniego di un solo prof per vanificare il sogno dell’en plein.

Per quanto riguarda la commissione, i docenti, tranne il presidente, sono tutti interni all’istituto, quindi già conoscono i ragazzi che si cimentano nella prova finale di secondaria di primo grado.

La richiesta di ferie dei docenti di ruolo e di quelli a tempo determinato

da La Tecnica della Scuola

La richiesta di ferie dei docenti di ruolo e di quelli a tempo determinato

Le ferie per i docenti di ruolo e anche per i neoassunti che hanno chiesto differimento al 1° di luglio 2016 saranno regolati ai sensi dell’art.13 del CCNL 2006-2009. Nello specifico per i docenti di ruolo da più di tre anni, si applica il comma 2 della su citata norma contrattuale, in cui è disposto che la durata delle ferie è di 32 giorni lavorativi comprensivi delle due giornate previste dall’art. 1, comma 1, lett. a), della legge 23 dicembre 1977, n. 937, per i docenti di ruolo neoassunti e quelli di ruolo nel primo triennio, si applica il comma 3 dell’art.13 del CCNL scuola, in cui è specificato che hanno diritto a 30 giorni lavorativi di ferie comprensivi delle due giornate previste dal comma 2.

Inoltre ai sensi dell’art.14 del contratto sono concessi a tuti i docenti di ruolo le 4 giornate di riposo ai sensi ed alle condizioni previste dalla legge 23 dicembre 1977, n. 937. Detto ciò si comprende che il docente di ruolo da oltre un triennio fruisce di 36 giorni di ferie da prendersi di fatto nei soli mesi di luglio e di agosto e quello di ruolo entro il triennio di 34 giorni. Come funzionano le ferie per i docenti assunti a tempo determinato? Molte scuole che hanno in organico, supplenti brevi o annuali ma con contratto fino alla fine delle lezioni o fino al termine della attività didattiche, cioè al 30 giugno 2016, mettono i supplenti in ferie d’ufficio anche retroattivo.

Infatti per costoro si parla di ferie d’ufficio anche durante le vacanze di Natale e Pasqua. Si tratta di un trattamento specifico, riservato unicamente al personale a tempo determinato, che non può fruire nei mesi di luglio e agosto delle ferie maturate, in quanto il loro contratto scade entro il 30 giugno.

Qual è la norma che, attualmente, regola le ferie del personale precario della scuola che termina le sue prestazioni lavorative entro il 30 giugno 2016? Si applica, inderogabilmente e senza dubbi interpretativi, il comma 55 dell’art.1 della legge n. 228/2012. In tale comma è scritto specificatamente che all’articolo 5, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il presente comma non si applica al personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario supplente breve e saltuario o docente con contratto fino al termine delle lezioni o delle attività didattiche, limitatamente alla differenza tra i giorni di ferie spettanti e quelli in cui è consentito al personale in questione di fruire delle ferie».

Inoltre il successivo comma, cioè il 56, prevede chiaramente che le clausole contrattuali contrastanti i commi 54 e 55, relativi alle modalità di fruizione delle ferie dei precari, sono disapplicate dal 1º settembre 2013. Per quanto scritto nel comma 56 si rende evidente che le ferie dei precari riferite all’anno scolastico 2015-2016, non saranno più definite dall’art.19 del CCNL scuola 2006-2009, ma verrà applicato il comma 55 della legge 228/2012. Nell’applicazione di queste ferie d’ufficio, che ricordiamolo sono imposte per legge, resta un dubbio: “È legittimo mettere in ferie d’ufficio durante una giornata in cui la scuola è chiusa e quindi non ci potrebbe essere alcuna attività collegiale o di formazione?”.

In buona sostanza non si potrebbe mettere un supplente in ferie d’ufficio in un giorno di festività o di chiusura della scuola. Invece, a quanto pare, alcuni dirigenti scolastici incuranti di questo mettono in ferie i precari anche durante i giorni di chiusura della scuola abusando della legge.

Comunicato alle scuole l’ammontare delle risorse per il bonus docenti

da La Tecnica della Scuola

Comunicato alle scuole l’ammontare delle risorse per il bonus docenti

È stato comunicato alle scuole l’ammontare dei fondi relativi al bonus docenti.

La nota della Direzione generale delle risorse ricorda che il fondo è destinato esclusivamente ai docenti a tempo indeterminato, mentre sono esclusi i docenti con incarico a tempo determinato.

La Flc-Cgil, che dà la notizia, ricorda i criteri dell’attribuzione: per l’80% in relazione al numero dei docenti di ruolo della scuola, mentre il restante 20% è stato ripartito sulla base della percentuale degli alunni con disabilità, degli alunni con cittadinanza non italiana, del numero medio degli alunni per classe, del numero di scuole in comune montano o in piccole isole sul totale delle scuole dell’Istituto.

E il sindacato ricorda pure che ancora alle scuole non sono stati caricati sui POS i fondi del MOF 2015/2016 relativi ai 4/12 e alle economie del 2015. È evidente che se ciò non avviene tempestivamente le segreterie non saranno in grado di liquidare i compensi neppure per il cedolino del mese di luglio.

Dirigenti scolastici: i tempi del concorso si allungano

da La Tecnica della Scuola

Dirigenti scolastici: i tempi del concorso si allungano

Sembra proprio che i tempi per il tanto atteso concorso a dirigente scolastico siano destinati ad allungarsi. E il Governo, di fronte al fatto compito, annuncia la miseria di 200 assunzioni che però non consentirà a oltre mille scuole di avere un dirigente.

Per ovviare a tale incredibile disfunzione, verranno stabilizzati come presidi i vincitori del concorso del 2011 facendo scorrere la graduatoria. La previsione per avviare la procedura del nuovo concorso sembrerebbe dunque slittare al 2017 .

Lo sostiene Anief per il quale, se si vuole evitare “l’ingorgo di scuole, tutte concentrate sullo stesso capo d’istituto”, bisognava far partire da subito il concorso per dirigenti scolastici.

Assegnati i 200 milioni per il merito dei docenti. Se non spesi vanno restituiti?

da tuttoscuola.com

Assegnati i 200 milioni per il merito dei docenti. Se non spesi vanno restituiti?

Dopo il visto della Corte dei Conti, il Miur ha dato applicazione al decreto ministeriale di riparto dei 200 milioni che la legge 107/15 destina annualmente alle istituzioni scolastiche per premiare il merito professionale dei docenti.

Le risorse finanziarie sono state assegnate per l’80% (cioè 160 milioni) in base al numero di docenti di ruolo (su posto comune, di sostegno, del potenziamento o di religione), in servizio presso ciascuna istituzione scolastica.

Il restante 20%, pari cioè a 40 milioni, viene ripartito in base a quattro indicatori dello stesso peso (cioè da 10 milioni ciascuno) che dovrebbero tener conto, secondo quanto prevede il comma 126 della legge 107, dei fattori di complessità e delle aree soggette a maggior rischio educativo:

a)     percentuale di alunni con disabilità (si presume calcolata sul totale degli alunni dell’istituzione scolastica);

b)    percentuale di alunni stranieri (anche questa calcolata allo stesso modo);

c)     numero medio di alunni per classe;

d)    percentuale di sedi scolastiche in aree totalmente montane o in piccole isole.

Abbiamo qualche dubbio sulla identificazione delle aree montane come aree soggette a maggior rischio educativo. Esistono già da tempo, invece, aree identificate a rischio di dispersione e di devianza minorile. Perché inventarne delle nuove, alternative?

Sui primi tre indicatori manca la trasparenza del criterio di assegnazione. I 10 milioni di ciascun indicatore sono stati ripartiti secondo fasce di maggior incidenza? In proporzione tra tutte le 8.500 istituzioni scolastiche? C’è uno sbarramento? Una maggior trasparenza non guasterebbe.

C’è poi un’altra domanda che richiede una risposta precisa: considerato che un certo numero di istituzioni non ha costituito il comitato di valutazione oppure non ha espresso alcuna componente elettiva, quei soldi come verranno ripartiti, visto che non sono stati definiti i criteri valutativi? Restano nelle disponibilità della istituzione oppure, considerato che hanno una destinazione ben definita, devono essere restituiti?

E l’interrogativo vale anche per quei comitati, regolarmente costituiti, che non sono stati in grado di esprimere criteri. C’è da pensare che quei soldi, se non assegnati, tornino ‘in cavalleria’.

Le prove pratiche del concorso prolungano i tempi del concorso e le nomine in ruolo

da TuttoscuolaFOCUS

Le prove pratiche del concorso prolungano i tempi del concorso e le nomine in ruolo

Stanno cominciando in questi giorni le prove pratiche previste dal concorso docenti 2016. Interessano ben 58 delle 93 procedure concorsuali previste, pari ad oltre il 60%.

Sono coinvolti 17.679 candidati che hanno già affrontato la prova scritta.

Mentre le prove scritte avevano carattere nazionale, le prove pratiche, invece, sono gestite per contenuti e modalità dalle singole commissioni del concorso, proprio come avverrà poi anche per la prova orale.

Rispetto alla prova orale che, mediante la lezione simulata, ha la finalità di evidenziare la capacità del candidato come insegnante (impiego della strumentazione didattica e di metodologie efficaci), la prova pratica tende soprattutto ad accertare la competenza del candidato nella sua disciplina di insegnamento.

Alcune prove pratiche hanno una durata anche di 10 ore; per la maggior parte le prove prevedono una durata di 6-8 ore. Ad esempio, per la classe di concorso A20, fisica, riguardante 1.689 candidati presenti agli scritti, la prova pratica prevede una durata di 6 ore. Per A29 e A30, musica nelle scuole di I e II grado, dove erano presenti alla prova scritta 1.144 candidati, la prova pratica prevede una durata complessiva di 2 ore e mezzo.

Proprio la durata di svolgimento delle prove pratiche costituisce un ulteriore ostacolo alla rapida conclusione delle prove concorsuali, molte delle quali non potranno concludersi in tempo utile per le nomine in ruolo attese entro il 15 settembre, anche perché in molti concorsi che prevedono la prova pratica si è aggiunta la coda avvelenata delle prove suppletive a favore degli ITP non abilitati ammessi con riserva dal TAR.

È prevedibile, dunque, che a settembre, non definite in tempo utile molte graduatorie di merito, il 100% dei corrispondenti posti vacanti sarà assegnato alle GAE (là dove esistono). E il concorso avrà piena efficacia dal 2017-18.

La provocazione e il merito dell’insegnante di matematica

da TuttoscuolaFOCUS

La provocazione e il merito dell’insegnante di matematica

Il problema sta tutto nel mismatch, la discrepanza tra domanda e offerta. Nonostante i numeri allarmanti sulla disoccupazione crescente, in Italia si verifica il paradosso per cui non si trovano gli insegnanti di matematica, così come non si trovano gli artigiani. E proprio “artigiani della matematica” dovrebbero essere gli insegnanti che vorremmo, motivati e professionalmente preparati, capaci di progettare situazioni di apprendimento accattivanti e formative ad ogni livello scolare, dall’infanzia alla scuola secondaria di secondo grado. Insegnanti convinti, loro per primi, che “fare matematica” sia bello.

Occorre subito sottolineare però una differenza profonda tra i docenti di matematica e le altre categorie di lavoratori: per gli insegnanti non si tratta di educational mismatch, tra il livello di istruzione raggiunto e quello richiesto, né di skill mismatch, tra le abilità dell’individuo e quelle richieste dall’azienda. Si tratta di ben altro! Andrea Gavosto, il direttore della Fondazione Agnelli, ha dichiarato: “Il problema è che per i laureati scientifici la professione docente è troppo poco attraente. La differenza di stipendio iniziale fra chi viene assunto da un’azienda privata e chi va a insegnare è scoraggiante”. Che sia questa la causa del mismatch?

Il ragionamento, che non fa una grinza, sembra cacciare l’insegnamento della matematica in un vicolo cieco. In casi come questo può essere utile guardare la questione da una diversa prospettiva. Ad esempio chiedersi: è possibile differenziare già da ora la retribuzione dei docenti? Con quali strumenti?

Lo strumento potrebbe essere la legge di riforma 107/2015 che consente ai dirigenti di utilizzare l’apposito fondo per la “valorizzazione del merito” e di assegnare un bonus premiale ai docenti meritevoli. Il punto sta ovviamente nello stabilire i “criteri” che il dirigente dovrebbe usare per assegnare il bonus, compito che compete al Comitato di valutazione. Quindi dipende dalla scuola decidere in che modo si debba e si possa intendere meritevole un docente. E’ una scelta che ciascun istituto può operare in piena autonomia.