AA.VV. (a cura di F. Gianaria e A. Mittone), Insospettabili racconti gialli

Dal “colpevole” allo “sconfitto”

di Antonio Stanca

fotoDi quattordici famosi scrittori italiani e stranieri Fulvio Gianaria e Alberto Mittone, specialisti in letteratura noir, hanno scovato un loro racconto giallo e ne hanno ricavato un’antologia intitolata Insospettabili racconti gialli e pubblicata a Giugno di quest’anno dalla casa editrice Einaudi di Torino, nella serie “Super ET”, (pp.261, €14,50). Si tratta di scrittori dei tempi moderni, uno è ancora vivo, l’americana Joyce Carol Oates. Sono vissuti tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento e sono noti per opere di altro genere. Non hanno rinunciato, però, a scrivere anche racconti polizieschi, ad usare il loro genio per dire di delitti misteriosi, di scomparse impreviste, di morti inspiegabili, di indagini complicate. Tra gli altri ci sono Francis Scott Fitzgerald, Ernest Hemingway, Henry James, Jack London, Italo Svevo, Palham Grenville Wodehouse, Virginia Woolf. La loro fama è legata ad opere che mentre mostrano di risentire dell’ancora diffusa lezione verista non nascondono l’interesse per quel soggettivismo, quell’esame interiore che in ambito letterario e generalmente artistico si andavano allora sempre più diffondendo e venivano riconosciuti come i maggiori portatori di verità, di significati, di valori. Quelle dell’anima, dello spirito si avviavano a diventare le verità più importanti, le più cercate da chi scriveva.

In una situazione simile questi scrittori mentre la vivevano e la rappresentavano si sono dedicati pure alla letteratura di genere poliziesco, hanno voluto aderire ai modi di quel filone letterario che, dopo gli esempi dell’americano Edgar Allan Poe con I delitti della via Morgue del 1841 e dell’inglese Arthur Conan Doyle con Uno studio in rosso del 1887, aveva avuto larga diffusione sia in America sia in Inghilterra sia in tutta Europa durante il secondo Ottocento. Il genere avrebbe assunto modi, toni, aspetti diversi rispetto ai suoi primi esempi. I raffinati detective di allora sarebbero diventati più “duri”, più decisi, più sicuri, meno compassionevoli. A guidarli era adesso quella ragione, quella logica che l’atmosfera culturale del Positivismo aveva messo sugli altari. Essi erano i rappresentanti di quella giustizia, di quella verità che secondo la cultura dell’epoca dovevano essere riportate, ristabilite ogni volta che fossero state offese in ambito privato o pubblico. Molto successo di pubblico ebbero queste narrazioni poiché i lettori vi vedevano realizzato quel bene, quell’ordine da essi tanto voluto. Si sarebbe continuato così fino ai primi del Novecento quando, però, quella tendenza all’indagine psicologica, all’introspezione, che era già comparsa alla fine del secolo precedente, sarebbe diventata tanto importante anche in ambito letterario da annullare certi confini, certi limiti, da accogliere non solo le ragioni del bene ma anche quelle del male, da spiegare non solo l’azione di chi indagava ma anche quella di chi veniva indagato. Sarebbero vacillate molte delle certezze precedenti, anche ai colpevoli sarebbero state riconosciute delle motivazioni e l’escluso, lo sconfitto dai nuovi tempi, dai nuovi ambienti, l’eroe negativo di tanta grande letteratura decadente avrebbe trovato in essi dei validi precursori. Gli stessi autori di questi racconti o almeno alcuni avevano pure scritto o avrebbero scritto opere volte a rappresentare tale nuova condizione, tale nuova figura umana. Che abbiano, quindi, scritto dei racconti gialli non dovrebbe sorprendere molto poiché possono essere attribuiti a quel bisogno di analisi introspettiva che era stato o sarebbe stato delle altre loro opere. Come nelle une anche nelle altre quegli scrittori avevano voluto penetrare, scandagliare, portare alla luce, chiarire il mistero. Tutte rientravano nei loro intenti anche se erano espressioni diverse. Naturalmente ai lavori maggiori avrebbero affidato le loro aspirazioni ma non va escluso che per la composizione di quelli questo dei racconti noir sia stato un esercizio e tra i migliori.

Nuovi LEA: fare riferimento esplicito all’autismo

Superando.it del 16-07-2016

Nuovi LEA: fare riferimento esplicito all’autismo

«Ritengo sia necessario fare riferimento esplicito all’autismo nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA): solo in questo modo, infatti, possiamo essere in grado di garantire trattamenti basati sulle evidenze e in coerenza con la Linea Guida n. 21 (Il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti), che l’Istituto Superiore di Sanità ha emanato per questo tipo di disturbo. L’autismo può diventare in questo modo un apripista, un modello, affinché si prevedano le stesse garanzie anche per altre condizioni di fragilità presenti nei disturbi del neuro sviluppo».
Lo dichiara in una nota Davide Faraone, sottosegretario al Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca e presidente della FIA (Fondazione Italiana Autismo).

«Nell’ultimo anno – aggiunge Faraone – sono stati fatti importanti passi avanti a livello normativo per questo disturbo, grazie alla Legge 134/15 [“Disposizioni in materia di diagnosi, cura e abilitazione delle persone con disturbi dello spettro autistico e di assistenza alle famiglie”, N.d.R.] e sono convinto che l’aggiornamento dei LEA possa consolidare questo percorso, dando risposte più chiare e incisive a chi è affetto da questo disturbo e alle loro famiglie. Inoltre credo che l’emanazione di nuove linee guida, come ad esempio per il trattamento e il sostegno delle persone con autismo in età adulta e per le persone con disabilità intellettiva in età sia evolutiva che adulta, debbano diventare priorità dell’azione politica. Dobbiamo costruire le condizioni affinché la società sia realmente inclusiva in tutte le fasi della vita di una persona e dobbiamo farlo al di là dello spontaneismo o della buona volontà di tanti che lavorano in questo settore. Diamo risposte e forniamo mezzi per far sì che ciascuno possa avere una qualità della vita all’altezza delle proprie aspettative».

A proposito dell’aggiornamento dei LEA Sanitari (Livelli Essenziali di Assistenza), il cui schema di Decreto sembra ormai in dirittura d’arrivo, ricordiamo che nei giorni scorsi Liana Baroni, presidente dell’ANGSA, l’Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici, aderente alla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), aveva dichiarato tra l’altro – come avevamo riferito anche nel nostro giornale – che «i Livelli Essenziali di Assistenza presentati nei giorni scorsi non soddisfano affatto le aspettative delle famiglie con soggetti con autismo, perché dimenticano, fra l’altro, la Legge sull’autismo approvata lo scorso anno. Si rendono perciò necessarie alcune integrazioni, ancor oggi possibili nel passaggio al Parlamento del provvedimento». (S.B.)

“Chiamata diretta”: il grande inganno

Il Ministero dell’Istruzione è l’unico responsabile della rottura che si è consumata al tavolo della trattativa riguardante l’assegnazione dei docenti dagli ambiti alle scuole.
Dopo aver raggiunto l’intesa politica che definiva procedure trasparenti e oggettive per garantire l’incontro tra richieste qualitative delle scuole e requisiti dei docenti, salvaguardando esperienze e punteggi, è stata presentata una pleteora di requisiti nazionali dai quali le singole scuole avrebbero dovuto indicarne quattro. Molti di quei requisiti non avevano alcun riferimento alla concreta attività didattica, culturale e pedagogica dei docenti.

Le organizzazioni sindacali unitariamente hanno proposto un numero limitato di requisiti nazionali inequivocabilmente verificabili e certificabili che eliminassero ogni potere discrezionale e eventuali contenziosi.

Il vero obiettivo del Ministero invece era quello di rendere del tutto ininfluente, nelle scelte delle scuole, la tabella nazionale, di lasciare alla massima discrezionalità la scelta dei docenti a cui assegnare gli incarichi e di ridurre al massimo l’utilizzo dei punteggi. La logica era quella di incentivare concorrenza tra insegnanti e scuole in una sorta di mercato di titoli.

È evidente che si vuole proseguire sulla strada della fallimentare legge 107/15 che non ha alcun consenso nel mondo della scuola, sta determinando confusione e incertezza e non favorisce il miglioramento della qualità del sistema di istruzione.

La FLC CGIL si impegna a tutelare in ogni forma possibile i diritti dei docenti e la loro dignità. Vogliamo salvaguardare la libertà di insegnamento e di apprendimento, valori costituzionali irrinunciabili che non possono essere cancellati trasformando le scuole in aziende. Il MIUR ha la responsabilità di determinare conflitti e contenziosi infiniti. Una corsa contro il tempo per procedere ai trasferimenti e alle assegnazioni alle scuole dei docenti che sarà sicura causa di caos e deve essere chiaro che ogni forzatura dal definire criteri oggettivi e trasparenti sarà denunciata e contrastata.

Cyberbullismo

Ferrara (Pd): “Spezzare catena d’odio con un nuovo modello educativo”

Dichiarazione della senatrice del Pd Elena Ferrara, prima firmataria del ddl sul cyberbullismo

Le cronache giornalistiche riportano di continuo episodi diffusi di violenza inaudita, spesso ai danni di soggetti fragili. Un fenomeno che viene spettacolarizzato sul web e viaggia sui social network, da smartphone a smartphone, come il pestaggio del ragazzo diversamente abile a Olbia. “La Ministra alle Pari Opportunità, Maria Elena Boschi, ha condannato i responsabili, autori e spettatori, invocando giustizia. La vera partita, però, si gioca sulla prevenzione – commenta la senatrice Elena Ferrara, prima firmataria del ddl sul cyberbullismo – altrimenti i ragazzi continueranno a farsi del male tra loro. Non si tratta di fenomeni isolati, ma di un segnale estremo di fragilità dei giovani e del loro bisogno di colmare un vuoto di identità attraverso una supremazia, che spesso si manifesta proprio sulle fragilità altrui. Solo con l’educazione, a partire dai primi anni di vita, potremo spezzare questa catena d’odio; forti di una necessaria alleanza tra scuola, famiglia e servizi territoriali”. “Insegniamo ai nostri figli il rispetto delle diversità – conclude Ferrara – secondo un rinnovato principio di affettività, anche e soprattutto sul piano delle relazioni digitali”.

La via del merito per i professori

da Corriere della sera

La via del merito per i professori

la scrematura sta seguendo un criterio meritocratico o è figlia di un disallineamento tra le commissioni, gli obiettivi della selezione e le aspettative degli insegnanti?

Dario di Vico

I primi dati sul concorsone nato per stabilizzare i precari della scuola sono molto severi. Quei dati parlano di una selezione drastica, se non di una vera e propria decimazione dei candidati.

I primi dati che cominciano ad emergere dal concorsone, nato per stabilizzare i precari della scuola, sono molto severi. Parlano di una selezione drastica, se non di una vera e propria decimazione dei candidati. Analizzando questi risultati va ovviamente adottato un caveat che riguarda l’ampiezza del campione e la sua omogeneità territoriale ma non si può tacere la novità.    In passato i concorsi sono stati concepiti e gestiti in chiave di sanatoria, una sorta di benedizione amministrativa all’ingresso massiccio di nuovo personale nei ranghi (stabili) della pubblica amministrazione. Stavolta invece i commissari sembrano avanzare molti dubbi e in base ai poteri di cui sono dotati procedono bocciando. Se questa tendenza dovesse essere confermata nei prossimi giorni e settimane costituirebbe uno smacco per il governo che invece ha immaginato e comunicato l’intera operazione sotto la chiave della sostanziale continuità tra concorsone e stabilizzazione del personale.

Chi conosce i meccanismi di valutazione degli insegnanti invita comunque a coltivare un secondo caveat . È chiaro che se dovessimo alla fine constatare che le commissioni hanno portato a termine una vera selezione non potremmo che esserne soddisfatti. Avrebbero fatto bene il loro lavoro e avrebbero aperto le porte dell’impiego stabile solo a quei docenti in grado di dimostrare la loro preparazione. Assumere insegnanti non idonei significa condizionare negativamente il rilancio della scuola non per un anno ma per cinque o sei lustri. Ma le cose stanno veramente così? Onestamente non lo sappiamo. La gestione del concorsone è stata infatti piuttosto pasticciata.

Si è giustamente cambiato il focus della selezione passato dall’accertamento della conoscenza della disciplina — metodo adottato in passato — alla valutazione della capacità didattica del docente. Purtroppo però una novità di questo peso non è stata comunicata con sufficiente tempismo e anche la designazione dei commissari è avvenuta con procedure dell’ultimo minuto. Da qui un legittimo dubbio: la scrematura, di cui abbiamo sottolineato l’intrinseca positività, sta seguendo un criterio meritocratico o è figlia di un disallineamento tra le commissioni, gli obiettivi della selezione e le aspettative degli insegnanti? Via via che le prove d’esame andranno avanti dovremmo saper rispondere a questa domanda che alla fin fine è decisiva per emettere un giudizio ponderato sull’intera operazione.

È chiaro che ragioni di equità sociale spingono per ridurre al minimo l’area del precariato ma dobbiamo stare attenti a che queste motivazioni non entrino in conflitto con l’esigenza di costruire una scuola in grado di produrre standard qualitativi di valore europeo. Centrare quest’obiettivo è tanto più necessario in una fase storica in cui «il sapere si è messo a correre» e diventa decisiva la capacità di trasmettere ai giovani sia il tradizionale patrimonio di conoscenze sia la direzione del cambiamento. Aggiungo che le trasformazioni dell’economia nel capo della produzione e dei servizi vanno tutte nel senso di valorizzare le persone, oggi considerate ancora più importanti delle organizzazioni.     Queste persone però le dobbiamo formare nelle modalità e nel tempo giusto, un Paese sarà più o meno prospero in virtù del capitale umano di cui sarà stato capace di dotarsi. Per questo motivo la querelle sul concorsone, una corretta e meditata valutazione sulla bontà della selezione meritocratica, sono questioni che interessano non solo gli addetti ai lavori o i sindacati del settore ma l’intera opinione pubblica.

La dispersione si combatte con tablet e notebook

da La Tecnica della Scuola

La dispersione si combatte con tablet e notebook

In classe, oltre che  con libri e quaderni, anche con il tablet, da usare però soltanto e rigorosamente per imparare. Lo scopo di questa scelta è quello di combattere la dispersione scolastica in Sardegna dove, insieme con la Sicilia, si stanno raggiungendo percentuali record.

Ma l’obiettivo si propone pure di eliminare il “digital divide”, il gap tecnologico che non consente di mettere tutti i ragazzi allineati ai blocchi di partenza.

Il prossimo bando della Regione consentirà a circa 24 mila studenti sardi delle superiori (prime e seconde) appartenenti a famiglie a basso reddito di acquistare con un voucher di 400 euro “tavoletta” o notebook. Strumenti informatici portatili da mettere sul banco come normalmente si è sempre fatto con testi e quaderni.

Oltre dunque ai libri di testo, la Regione fornirà strumenti per una didattica completa e innovativa, come tablet e notebook che sono diventati  una presenza costante nella quotidianità dei ragazzi.

Una rivoluzione che completa quella iniziata con le lavagne multimediali in ogni aula e il wi-fi a disposizione di tutti gli istituti.

Il tablet o il pc dovranno avere naturalmente i requisiti tecnici compatibili con le attività proposte dai piani dell’offerta formativa delle singole scuole.

L’intervento è promosso dall’assessorato regionale della Cultura e dell’Istruzione e si avvarrà del sostegno del Bic Sardegna. Si potrà spendere il voucher soltanto nella rete dei negozi convenzionati seguendo una semplice procedura, ma il fine principale rimane naturalmente quello di tenere i ragazzi legati alla scuola forse nel momento più critico del loro percorso, tra i 14 e i 17 anni, a forte rischio abbandono.

Chiamata diretta: docenti esperti per coprire supplenze

da La Tecnica della Scuola

Chiamata diretta: docenti esperti per coprire supplenze

Per i dirigenti scolastici, scegliere i docenti dagli ambiti territoriali per inserirli nel proprio organico sarà una operazione per nulla semplice e forse anche rischiosa sotto il profilo contrattuale.
I punti deboli della procedura sono molteplici e probabilmente se ne avrà piena contezza solo fra qualche tempo.
A parte i rischi di clientelismo e nepotismi molto temuti dai sindacati del comparto ma anche facilmente contrastabili sul piano legale, le questioni sono davvero numerose.
Un esempio fra tutti.
Il “mini-bando” della scuola prevede che vi sia un posto disponibile per un docente di scuola primaria con particolari competenze in ambito informatico e linguistico.
Ovviamente i docenti che chiedono di andare in quella scuola sono “attrezzati” proprio in informatica e in inglese.
L’insegnante che viene scelto (o per il suo maggiore punteggio o per altri criteri che possono essere stabiliti dalla scuola) si aspetta legittimamente di essere utilizzato per svolgere attività di insegnamento in quei due ambiti disciplinari.
Ma se il docente scelto viene poi concretamente assegnato non ad un posto classe ma ad un posto aggiuntivo (il cosiddetto organico potenziato di quest’anno) qualche problema concreto potrebbe anche nascere.
Quest’anno – infatti  – molti docenti dell’organico potenziato sono stati di fatto impiegati per coprire supplenze (alle volte persino nella scuola dell’infanzia) e questa soluzione  potrebbe essere impugnata dal docente interessato.
D’altronde perchè mai un docente dovrebbe partecipare ad una “miniselezione” per insegnare inglese o informatica per vedersi poi impiegato in supplenze in un altro ordine di scuola?
La soluzione al problema potrebbe essere che la scuola, già nel bando, chiarisca che si tratta di un posto per supplenze; ma se è così, c’è bisogno davvero di mettere in piedi un meccanismo così complesso?

Più soldi al dirigente se la scuola è più “difficile”

da La Tecnica della Scuola

Più soldi al dirigente se la scuola è più “difficile”

L’Ufficio scolastico regionale del Piemonte, consapevole del fatto che ogni scuola ha proprie particolarità, incrociando una serie di parametri, ha stilato una classifica delle scuole più “difficili” per ricompensare, gratificandolo, il dirigente.

E così, in accordo con i sindacati, ha fissato alcuni criteri, come il numero di allievi disabili, la quota di studenti stranieri e di rom, insieme al numero di laboratori e di sedi.

Uno degli indici presi in considerazione, riporta Repubblica, riguarda il “contesto territoriale”, come la massiccia presenza di allievi non italiani.

La classifica può anche essere letta al rovescio: dagli istituti più semplici da gestire a quelli più complessi per numero di alunni per esempio visto che  si va da scuole con meno di 350 studenti a 1500 e oltre.

Fra l’altro ai presidi è stata data la possibilità di chiedere  eventuali modifiche alla tabella, nel caso in cui riscontrassero errori nei dati. Dopodiché verranno create quattro fasce e ciascuna corrisponderà a un bonus sullo stipendio di entità differente.

Per avere un’idea, riporta sempre Repubblica, nell’anno 2013-14 i presidi della scuole più “semplici” prendevano circa 6 mila euro lordi l’anno in più, mentre gli istituti più complicati ne garantivano quasi 13 mila. Le cifre per l’anno che si è appena concluso sono però ancora oggetto di trattativa tra l’Usr e i sindacati.

L’accordo tuttavia ancora non è stato formalizzato in via definitiva e per questo i presidi piemontesi lamentano un mancato guadagno che in alcuni casi arriva anche a 5 mila euro lordi sul triennio. Ora i dirigenti contano di ottenere qualche soldo in più, prima di tuffarsi in una nuova trattativa. Finora una parte di questo denaro extra era costituita anche dal “premio”, che veniva calcolato in automatico in base alla complessità della scuola. Adesso invece si inizia a parlare di valutazione dei presidi, dunque un pezzo di stipendio verrà slegato dal resto e assegnato in base alle performance di ciascun dirigente.

Giannini e Faraone: la chiamata diretta è un’innovazione che valorizza gli insegnanti

da La Tecnica della Scuola

Giannini e Faraone: la chiamata diretta è un’innovazione che valorizza gli insegnanti

Saranno diffuse all’inizio della prossima settimana le Linee Guida per i dirigenti scolastici con le modalità operative per poter individuare gli insegnanti che dovranno coprire i posti vacanti, secondo le novità previste dalla Buona Scuola.

Secondo il ministero dell’Istruzione, Stefania Giannini, e il sottosegretario Davide Faraone, “quella a cui stiamo lavorando è un’innovazione profonda in cui crediamo molto. Si tratta di passare da un meccanismo che premiava l’anzianità e si basava sui punteggi e sulla burocrazia, ad una procedura che valorizza il percorso professionale dei docenti e consente alle scuole, per la prima volta, di poter scegliere gli insegnanti di cui hanno bisogno per portare avanti la loro offerta formativa e il loro progetto educativo.”

“Si tratta di un cambiamento davvero epocale che da una parte valorizza le competenze degli insegnanti, dall’altra potenzia e dà reale attuazione all’autonomia scolastica di cui tanto si è parlato per anni senza che mai venisse realizzata fino in fondo – aggiungono i due esponenti del governo.

“In questo modo gli istituti possono darsi una strategia, in base alle esigenze degli studenti e dei territori, e lavorare per raggiungere gli obiettivi prefissati grazie a professionalità funzionali e coerenti con il proprio progetto. Lo sforzo che si sta facendo è quello di uscire da una logica fuorviante di punteggi e graduatorie che appiattisce il ruolo degli insegnanti e di valorizzare, invece, la loro storia professionale. Sempre tenendo alta l’asticella della qualità” concludono Giannini e Faraone.

Chiamata diretta, è ufficiale: conteranno esperienze, titoli di studio e attività formative

da La Tecnica della Scuola

Chiamata diretta, è ufficiale: conteranno esperienze, titoli di studio e attività formative

All’indomani della rottura delle trattative con i sindacati, il Miur comunica che le norme da seguire, a questo punto unilaterali, “saranno diffuse all’inizio della prossima settimana”.

Quindi forse già dal 18 luglio. Ai dirigenti scolastici verranno fornite delle Linee Guida “con le modalità operative per poter individuare gli insegnanti che dovranno coprire i posti vacanti, secondo le novità previste dalla Buona Scuola”.

“Da quest’anno, infatti, si cambia: i docenti di ruolo – ricorda il ministero dell’Istruzione – non insegneranno più in una scuola sulla base di anzianità e punteggi, ma per le loro competenze ed esperienze”.

Il Miur prende l’impegno che “saranno le singole scuole, tenendo conto di criteri improntati alla massima trasparenza, ad individuare, fra i docenti presenti nel proprio ambito territoriale, quelli più adatti, per profilo professionale, al proprio progetto formativo”.

“A seguito della pubblicazione delle Linee Guida – continua il Miur – i dirigenti scolastici emaneranno specifici avvisi per i posti che risultano vacanti. Negli avvisi che verranno pubblicati sul sito della scuola, i dirigenti elencheranno i requisiti che dovranno avere i docenti che servono per coprire i posti disponibili”.

“Questi requisiti saranno di tre tipi: esperienze (dall’insegnamento in scuole di aree a rischio, alla didattica innovativa, passando per i progetti contro dispersione, bullismo o per l’orientamento, per fare alcu2ni esempi), titoli di studio e certificazioni (ad esempio lingue, certificazioni informatiche, dottorati attinenti), attività formative presso Università o Enti accreditati“.

“I requisiti potranno essere presi in considerazione dalle scuole per scegliere gli insegnanti ritenuti più idonei e dovranno essere coerenti con il Piano triennale dell’offerta formativa predisposto da ciascun istituto e gli avvisi indicheranno un numero ristretto di requisiti per ciascun posto”.

In base al comunicato del dicastero di Viale Trastevere, quindi, rimane in piedi il mini-concorso interno ad ogni scuola, con i docenti che avranno la possibilità di candidarsi sulla singola istituzione dove si ravvisono posti liberi della loro disciplina. Con una graduatoria per ogni scuola, che si andrà quindi successivamente a determinare per i posti a disposizione di ogni singola classe di concorso.

Ad avere un peso considerevole saranno sicuramente i requisiti. Rimane da capire, però, quali sono i margini di scelta del dirigente: potrà “scavalcare” le graduatorie venutesi a determinare? Lo sapremo delle linee guida.

Informatica a scuola, in arrivo un miliardo di euro da Pon, L. 107/15 e Miur

da La Tecnica della Scuola

Informatica a scuola, in arrivo un miliardo di euro da Pon, L. 107/15 e Miur

Dopo anni di forte decrescita, finalmente il compartimento “Information and Communication Technology” ha fatto registrare nel 2015 il segno positivo.

Soprattutto grazie alla scuola. E pure in prospettiva, almeno sino al 2020.

La spesa per informatica e telecomunicazioni complessiva della PA è risultata di 5.571 milioni di euro al netto delle spese per il personale e dell’Iva, mostrando segnali di lenta ripresa (+0,5%).

In particolare, delle due componenti è l’informatica a trainare (3.456 milioni, +1,6%), mentre le telecomunicazioni continuano a contrarsi per effetto di un alcuni fattori come ad esempio il calo delle tariffe o il ricorso alle tecnologie Voip.

Queste sono le principali evidenze del 3° osservatorio ICT nella Pubblica Amministrazione attivato da Assinform insieme con NetConsulting e Osservatorio Netics ed in collaborazione inoltre con l’Agenzia per l’Italia Digitale e con il sostegno di Consip, InfoCamere , Poste e TIM.

“La digitalizzazione è una sfida da raccogliere e da vincere” è quanto afferma Agostino Santoni , presidente di Assinform, pur nella consapevolezza delle difficoltà di questo lungo e tortuoso percorso.

L’analisi sui singoli comparti mette in evidenza il fatto che a far da traino a questo cambio di rotta sono stati sia la Sanità che la Scuola con ben 358 milioni spesi, per un +2,5% complessivo che sicuramente conferma i segnali positivi avuti con diverse iniziative e progetti in corso nelle Istituzioni scolastiche e nelle Università come applicazione del Piano Nazionale della Scuola Digitale.

Sempre nella scuola si prevedono ulteriori spese per oltre un miliardo di euro fino al 2020, grazie ai fondi Europei PON per “la scuola”, ai fondi della Legge 107/2015 (la Buona Scuola) e altri fondi messi a disposizione dal MIUR.

Le priorità degli investimenti nei prossimi anni riguarderanno il rafforzamento della sicurezza informatica, l’ampliamento delle reti WiFi, l’utilizzo sempre più massivo di servizi in “cloud” ed infine la formazione per colmare il gap di competenze.

Tutto in discesa? Ovviamente no. Molti ostacoli e freni dovranno essere affrontati e superati per far sì che lo sviluppo digitale della PA e quindi anche della Scuola proceda a passo spedito, tra cui la forte customizzazione della attuali banche dati e del parco applicativo che comporta un forte rallentamento ed elevati costi di integrazione ed unificazione.

In arrivo linee guida su assegnazione docenti

da tuttoscuola.com

In arrivo linee guida su assegnazione docenti
Giannini e Faraone: ‘Importante innovazione che valorizza professionalità insegnanti e autonomia scuole’

Dopo la rottura con i sindacati il Miur sembra intenzionato a tirare diritto. Saranno diffuse all’inizio della prossima settimana le Linee Guida per i dirigenti scolastici con le modalità operative per poter individuare gli insegnanti che dovranno coprire i posti vacanti, secondo le novità previste dalla Buona Scuola. Ne dà notizia una nota del Miur.

I docenti di ruolo non insegneranno più – spiega il Miur – in una scuola sulla base di anzianità e punteggi, ma per le loro competenze ed esperienze. Saranno le singole scuole, tenendo conto di criteri improntati alla massima trasparenza, a individuare, fra i docenti presenti nel proprio ambito territoriale, quelli più adatti, per profilo professionale, al proprio progetto formativo.

Quella a cui stiamo lavorando è un’innovazione profonda in cui crediamo molto. Si tratta di passare da un meccanismo che premiava l’anzianità e si basava sui punteggi e sulla burocrazia, a una procedura che – sottolineano il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, e il Sottosegretario Davide Faraone – valorizza il percorso professionale dei docenti e consente alle scuole, per la prima volta, di poter scegliere gli insegnanti di cui hanno bisogno per portare avanti la loro offerta formativa e il loro progetto educativo. Sarà sempre lo Stato ad assumere i docenti, per concorso. Ma questi non verranno più assegnati alle scuole dagli Uffici Scolastici, non verranno calati dall’alto, ma scelti, sulla base del loro curriculum, dalle scuole. Con il nuovo sistema conterà il profilo professionale, conteranno le esperienze“.

Dopo la pubblicazione delle Linee Guida i dirigenti scolastici emaneranno specifici avvisi per i posti che risultano vacanti. Negli avvisi che verranno pubblicati sul sito della scuola, i dirigenti elencheranno i requisiti che dovranno avere i docenti che servono per coprire i posti disponibili. Questi requisiti – spiegano a viale Trastevere – saranno di tre tipi: esperienze (dall’insegnamento in scuole di aree a rischio, alla didattica innovativa, passando per i progetti contro dispersione, bullismo o per l’orientamento, per fare alcuni esempi), titoli di studio e certificazioni (ad esempio lingue, certificazioni informatiche, dottorati attinenti), attività formative presso Università o Enti accreditati. I requisiti potranno essere presi in considerazione dalle scuole per scegliere gli insegnanti ritenuti più idonei e dovranno essere coerenti con il Piano triennale dell’offerta formativa predisposto da ciascun istituto e gli avvisi indicheranno un numero ristretto di requisiti per ciascun posto.

Si tratta di un cambiamento davvero epocale che da una parte valorizza le competenze degli insegnanti, dall’altra potenzia e dà reale attuazione all’autonomia scolastica di cui tanto si è parlato per anni senza che mai venisse realizzata fino in fondo. In questo modo gli istituti possono darsi una strategia, in base alle esigenze degli studenti e dei territori, e lavorare per raggiungere gli obiettivi prefissati grazie a professionalità funzionali e coerenti con il proprio progetto. Lo sforzo che si sta facendo è quello di uscire da una logica fuorviante di punteggi e graduatorie che appiattisce il ruolo degli insegnanti e di valorizzare, invece, la loro storia professionale. Sempre tenendo alta l’asticella della qualità” concludono Giannini e Faraone.