Autismo, ancora disponibili le borse di studio del Miur per il Master Lumsa

Redattore Sociale del 12-11-2016

Autismo, ancora disponibili le borse di studio del Miur per il Master Lumsa

ROMA. Sono ancora disponibili delle borse di studio per partecipare al Master in ‘Didattica e psicopedagogia degli alunni con disturbi dello spettro autistico’ della Libera Universita’ Maria Santissima Assunta (Lumsa) di Roma, con una tariffa agevolata di 150 euro. La richiesta di iscrizione deve essere inviata entro il 15 novembre.

Sono ammessi i docenti delle scuole statali e paritarie, i dirigenti scolastici delle scuole statali e i coordinatori didattici delle scuole paritarie, in possesso di una laurea triennale, specialistica, magistrale o di vecchio ordinamento, con priorita’ per i docenti in servizio nelle province di Roma, di Frosinone, Latina, Rieti, Viterbo.

Il master e’ patrocinato e finanziato dal Miur, ed ha come partner l’Istituto di Ortofonologia (IdO) e l’Universita’ di Hannover. “Si propone di fare acquisire ai corsisti un insieme strutturato di conoscenze, capacita’ e competenze in ambito didattico e psicopedagogico per i disturbi dello spettro autistico relativo alla Scuola dell’infanzia, alla Scuola primaria, alla Scuola secondaria di primo e di secondo grado”. Spiega all’agenzia Dire Maria Cinque, professoressa associata della Lumsa e referente del Master.

Il percorso si compone di 3 moduli per 1.500 ore di formazione ed esperienze dirette. I partecipanti potranno seguire parte delle lezioni online grazie a un accordo che la Lumsa ha stretto con l’Universita’ di Hannover per l’utilizzo di LearnWeb, una piattaforma di e-learning particolarmente adatta per la formazione a distanza dei docenti.

Per informazioni e’ possibile visitare la pagina del sito della Lumsa dedicata al Master: ; oppure scrivere a perfezionamento@lumsa.it; segreteriastudenti.lumsa@pec.it. (DIRE)

Disagio mentale, evitare l’esclusione sociale attraverso progetti di convivenza

Redattore Sociale del 12-11-2016

Disagio mentale, evitare l’esclusione sociale attraverso progetti di convivenza

ROMA. Sono passati 38 anni dalla legge Basaglia che ha chiuso definitivamente i manicomi, eppure c’è ancora tanta strada da fare per evitare l’esclusione e la segregazione di persone che hanno un disagio mentale. Il convegno “Nuovi percorsi e soluzioni abitative per le persone con disagio mentale”, organizzato a Roma dalla Comunità di Sant’Egidio, dall’Azienda Sanitaria Locale Roma 4 e dal Dipartimento di Salute Mentale di Trieste, è stata l’occasione in cui psichiatri e operatori sanitari si sono confrontati su questo argomento.

“La legge 180 resta di estrema attualità”, ha detto Giuseppe Dell’Acqua, già direttore del Dipartimento di Salute SM di Trieste e direttore Collana 180. “Roberto Bobbio l’ha definita una legge che ha trasformato la società perché è ispirata a un valore fondamentale: quello di liberare coloro che prima non avevano il diritto di essere liberi. Il manicomio non era un luogo di silenzio: si potevano sentire pianti, urla, canti. Eppure questo istituto aveva tolto la parola a questa persone. Basaglia ha immaginato un mondo dove quel silenzio poteva trasformarsi in parole. Ha cominciato a chiamare per nome le persone”.

La Comunità di Sant’Egidio ha avviato a Bracciano e a Civitavecchia dei progetti di convivenze protette in appartamenti. “La storia della psichiatria non è altro che una storia di luoghi dove mettere le persone. Abitare in una casa rivoluziona questa concetto: poter scrivere il proprio nome sul campanello rende le persone libere”, continua Dell’Acqua. “Quando si parla di salute mentale si parla di muri: io vorrei che si parlasse di soglie. Questo manicomio diffuso fatto di diagnosi, stigma, di entrata ed uscita dai centri di salute mentale deve sparire per lasciare il posto ad una nuova concezione che permetta di incontrare l’altro proprio su questa soglia di confine. Soglia significa poter star dentro ma anche fuori. Le periferie dell’anima devono essere attraversate dallo sguardo e dall’ascolto dell’altro”.

Per Roberto Mezzina, attuale direttore Dipartimento di Salute Mentale di Trieste: “La Legge 180 resta un faro di guida. Secondo una ricerca francese effettuata in Paesi francofoni, l’immagine che ricorreva quando si parlava di salute mentale era quella degli ospedali psichiatrici. Noi abbiamo condotto una indagine su 900 persone che non hanno associato il concetto di pericolosità a quello di salute mentale. Questo è un effetto diretto della legge Basaglia. Oggi a Trieste cerchiamo di avviare percorsi di integrazione nel tessuto sociale. Accompagniamo il paziente in lutti i luoghi della comunità, dal carcere all’ospedale, fino alle case di riposo che spesso sono dei posti che escludono. È importante che nei servizi psichiatrici di diagnosi e cura degli ospedali, gli spdc, ci siano le porte aperte. Abbiamo verificato che in dieci anni c’è stato un abbattimento del tasso di suicidio del 40 per cento. Il valore dell’uomo va oltre la sua malattia. Dobbiamo iniziare a investire su progetti di inserimento”.

Al convegno era presente anche Mario Marazziti, presidente della Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati: “Basaglia diceva che un malato di mente entrava nel manicomio come persona e ne usciva come cosa. Chi sta male spesso viene isolato, addormentato, reso innocuo. La legge Basaglia è stata una vera rivoluzione ma da storia può diventare preistoria. Il disagio mentale è in crescita: un quarto delle persone nel mondo sono affette da un disordine mentale. La depressione è la minaccia maggiore alla salute nel pianeta ma secondo l’Organizzazione mondiale della salute tre persone su quattro non ricevono aiuto nel mondo. Nel 2010 la media dei tso, il trattamento sanitario obbligatorio, era di 17,9 ogni 100 mila abitanti. La possibilità di vivere in delle ‘case amiche’ riduce i tso e quindi anche i costi. Dobbiamo imparare ad assistere le persone in ambienti familiari, farli uscire dalla segregazione. In questo modo avremmo tutti meno paura della malattia mentale”.

Beatrice Lorenzin, ministro della Salute, ha inviato ai presenti un messaggio scritto: “Il nostro obiettivo deve essere quello di dare piena attuazione ai valori espressi dalla nostra Costituzione e dall’Oms: il benessere mentale è un diritto fondamentale. La promozione di nuove soluzione abitative garantisce l’assistenza in un contesto protetto, capace di offrire i giusti stimoli per andare avanti”.

“SCUOLA AL CENTRO”: UNA NUOVA BEFFA PER LE PARITARIE?

“SCUOLA AL CENTRO”: UNA NUOVA BEFFA PER LE PARITARIE?

A seguito di numerose proteste, da parte delle scuole paritarie e delle associazioni che le rappresentano, per l’esclusione di queste ultime dal bando “Scuola al Centro”, meritevole iniziativa di contrasto alla dispersione scolastica e di inclusione sociale, il MIUR ha corretto il tiro ritoccando il testo.
Occorre riconoscere al Ministero il merito di aver accolto una legittima istanza e accettato di apportare modifiche a un bando già pubblicato.

Anche le paritarie, dunque, hanno ora diritto di partecipare, a condizione, però, che le scuole statali attivino con esse collaborazioni di rete. Purtroppo, però, nessuna scuola statale sta accettando o proponendo collaborazioni con le paritarie.
Probabilmente, in molti casi, non si ritiene opportuno condividere un già magro finanziamento; in altri, forse, ha inciso negativamente il poco tempo a disposizione, oppure persistono radicati pregiudizi che ostacolano una serena cooperazione fra scuole statali e paritarie. La debolezza, in ogni caso, risiede nel fatto le paritarie hanno la possibilità di partecipare solo come sorelle povere, senza i medesimi diritti.

Se si vuole davvero realizzare quella parità di trattamento che è prevista dalla nostra Costituzione e riconosciuta dalla Legge 62/2000, occorre dare alle paritarie la possibilità di partecipare a pieno titolo e in modo paritetico alle opportunità offerta alle statali. Nel caso in questione, pur auspicando che si attivino collaborazioni di rete, è  necessario che anch’esse possano presentare progetti autonomamente e non accodandosi esclusivamente a scuole statali.
Le scriventi associazioni, pertanto, chiedono che il Ministero riconosca anche alle scuole paritarie la possibilità di figurare quali capofila di reti e che, in considerazione dei problemi verificatisi, siano procrastinati i termini di presentazione dei progetti.

Diversamente, quella che poteva essere una importante tappa sul cammino di una effettiva parità di trattamento fra scuole facenti parte del medesimo sistema nazionale di istruzione, rischia di trasformarsi nell’ennesima beffa per il sistema scolastico pubblico paritario, nonché per le famiglie e gli alunni che le hanno scelte.

AGeSC – Presidente Nazionale Roberto Gontero
CdO Opere Educative – Presidente Nazionale Marco Masi
Fidae – Presidente Nazionale Virginia Kaladich