Richiesta di un Governo politico

Al Presidente della Repubblica Italiana
Prof. Sergio Mattarella

Agli organi di stampa

Oggetto: Richiesta di un Governo politico.

Illustrissimo Presidente della Repubblica Italiana Prof. Sergio Mattarella,
chi scrive questa lettera è un cittadino italiano che crede indiscutibilmente nelle istituzioni democratiche; Le scrivo questa breve lettera in qualità di presidente nazionale della Feder.ATA, Federazione del Personale Amministrativo Tecnico e Ausiliario della Scuola, sindacato maggiormente rappresentativo degli ATA, un esercito di circa 220.000 unità di personale scolastico addetto agli importanti servizi amministrativi tecnici ed ausiliari.
La maggiore rappresentatività ci è stata data dai 40.000 colleghi che hanno scioperato con noi il 18 marzo 2016.
Siamo noi che tutte le mattine apriamo i cancelli delle nostre scuole, che in collaborazione con i docenti sorvegliamo i nostri ragazzi, che garantiamo, insieme ai Dirigenti Scolastici, il rispetto delle norme giuridiche e il corretto funzionamento degli uffici di segreteria, assicurando la continuità dei progetti didattici e la realizzazione di tutte le attività scolastiche.
In qualità di presidente nazionale, Le chiedo di adoperarsi per evitare la possibilità di una soluzione di un Governo tecnico nominato in fretta e furia, con la scusa di emergenze economiche o finanziarie mai risolte, e di impegnarsi per la decisione di un Governo politico, solido e stabile che si assuma la responsabilità delle scelte effettuate, cioè porti il nostro paese immediatamente al voto.
I danni dell’ultimo desolante Governo tecnico Monti e la scure della sua “spending review” sono stati senza dubbio i peggiori di tutti i Governi della 2^ Repubblica, perché ha spazzato via 40 anni di giurisprudenza e aumentato le regole; è stata distrutta l’economia italiana fatta di ricchezza, lavoro e produzione; è stata introdotta la Legge Fornero che con quel dannoso colpo di forbice ha allungato improvvisamente il requisito anagrafico per ottenere le pensioni di vecchiaia e alla fine gli unici avvantaggiati dalla riforma sono stati gli avvocati.
Per quanto riguarda la scuola sono stati molti i danni subiti dal Governo tecnico Monti: le scuole sotto i seicento alunni sono state accorpate con la costituzione di istituti comprensivi abnormi senza alcun fondamento didattico e i Dirigenti Scolastici si sono trovati a dirigere “mostri” da 1800/2000 alunni con la chiusura di oltre 1000 scuole sull’intero territorio nazionale, con un ulteriore taglio di organico di tutto il personale e la determinazione di numerosissimi soprannumerari, in particolare Dirigenti scolastici e Direttori S.G.A.
Altro grave provvedimento del Governo tecnico Monti nei confronti del Personale ATA è stato che, a decorrere dall’a.s. 2012/2013, agli assistenti amministrativi incaricati di svolgere le mansioni di DSGA per la copertura di posti vacanti o disponibili compete il compenso in misura pari alla differenza tra il trattamento previsto per il direttore dei servizi generali ed amministrativi al livello iniziale della progressione economica e quello complessivamente in godimento dall’assistente amministrativo incaricato. In concreto, nel caso dell’assistente amministrativo inquadrato nella fascia stipendiale anni 28/34 con stipendio di € 21.865,56, titolare anche di 2° posizione economica (€ 1.800,00), il totale stipendio più posizione economica (€ 21.865,56 + € 1.800,00= € 23.665,96) è superiore di € 1.582,86 rispetto all’iniziale di € 22.073,10 del DSGA, pertanto l’assistente amministrativo che svolge le funzioni da Direttore S.G.A dovrebbe restituire parte del suo stipendio, una vera assurdità.
Illustrissimo Presidente della Repubblica Italiana, un altro Governo tecnico basato soltanto sui tagli al personale ATA per il contenimento della spesa pubblica avrebbe conseguenze gravissime, che si aggiungono alla situazione già difficile di noi lavoratori della scuola ormai presi di mira dalle politiche restrittive dei precedenti Governi, validate dall’esecutivo di Renzi.
Confidiamo nella sua figura di altissimo profilo, nelle sue doti di autorevolezza, grande esperienza, moderazione ed equilibrio affinché si attui il percorso delle riforme attuato da un Governo politico, espressione della volontà del popolo italiano, indispensabile per la crescita dell’Italia, e sono fiducioso che non farà mancare la sua attenzione al personale amministrativo tecnico e ausiliario della scuola.
Da corregionale, La ringrazio vivamente per il buon senso con cui sta assolvendo il suo mandato istituzionale.

Cordiali saluti.
Il Presidente Nazionale Feder.ATA
Giuseppe Mancuso

Il 2016, un anno nero per gli studenti disabili

Redattore Sociale del 09-12-2016

Il 2016, un anno nero per gli studenti disabili

MILANO. Nella città metropolitana di Milano sono circa 2.400 gli studenti disabili che hanno bisogno di un assistente in classe o di usufruire del trasporto casa- scuola su appositi pulmini. Costo stimato per il 2016, 10 milioni di euro. Il problema è che finora ne sono arrivati nelle casse della Città metropolitana (che è l’ente che eroga il servizio su delega della Regione) appena 3,4 milioni. Si tratta dei fondi stanziati dal Governo. Il resto doveva metterceli la Regione, ma dopo mesi di trattative tra Palazzo Lombardia e Palazzo Isimbardi, si è giunti a un nulla di fatto. Famiglie e alunni dovranno accontentarsi di quel che ha dato il Governo. “Per il 2017 invece c’è la volontà di arrivare a un accordo entro la fine di dicembre”, assicurano negli ambienti della Città Metropolitana. Nonostante le proteste e le cause in tribunale dei genitori degli alunni e delle associazioni, il 2016 si chiude, salvo ripensamenti dell’ultima ora nei piani alti della Regione, nel peggiore dei modi. E sarà quindi una ricorrenza carica di rabbia, quella che si celebrerà a Milano martedì 13 dicembre, in occasione dei dieci anni della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, con il convegno “Vorrei (andare a scuola) ma non posso!”, organizzato dalla Ledha e da Fand (Federazione tra le Associazioni nazionali delle persone con disabilità). Sono previsti, tra gli altri, gli interventi di un rappresentante della Regione e di Elena Buscemi, consigliera delegata alle Politiche sociali della Città Metropolitana, che dovranno spiegare quindi come mai per il 2016 solo un terzo dei fondi necessari è stato messo a disposizione degli alunni disabili.

“Siamo affranti perché da molti anni lavoriamo per difendere i bambini disabili e il loro diritto allo studio e alla scuola, ma non si vedono risultati -sottolinea Giovanni Merlo, direttore di Ledha-. Questi servizi dovrebbero essere garantiti come un servizio ordinario. Tutte le istituzioni dicono di aver fatto il loro dovere, però i servizi non ci sono. Vorremmo discutere di come si devono utilizzare queste risorse, e non se ci sono o meno. Troviamo tutto questo ingiusto. Non sappiamo se a gennaio questi servizi ci saranno”. In Lombardia sono 5mila gli alunni disabili e sarebbero necessari circa 30milioni di euro per garantire loro i servizi di trasporto o la presenza in classe di un assistente.

Il convegno “Vorrei (andare a scuola) ma non posso!” di martedì 13 dicembre, si svolgerà dalle ore 9 alle 13.30 alla Camera del Lavoro di Milano (corso di Porta Vittoria 43). Sono previsti gli interventi di Alberto Fontana e Giovanni Merlo, presidente e direttore di Ledha, Nicola Stilla, presidente Fand Lombardia, di alcune famiglie che si sono rivolte al Centro Antidiscriminazione Franco Bomprezzi per ottenere per il proprio figlio servizi indispensabile per poter frequentare la scuola, Corrado Mandreoli, della Camera del lavoro, Umberto Zandrini, rappresentante Alleanza delle Cooperative Italiane (Aci), un rappresentante della Regione Lombardia, Pier Luigi Mottinelli, presidente dell’Unione province lombarde, Elena Buscemi, consigliere delegato alle Politiche sociali della Città Metropolitana di Milano, Piefranco Maffé, dipartimento istruzione di Anci Lombardia e rappresentanti di altre province lombarde. (dp)

A fianco degli editori, per l’inclusione e le pari opportunita’

Superando.it del 09-12-2016

A fianco degli editori, per l’inclusione e le pari opportunita’

Rendere sempre più agevole la lettura dei libri da parte delle persone con disabilità visive o con altre difficoltà per accedere ai testi a stampa: è questo l’obiettivo della collaborazione tra l’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) e l’AIE (Associazione Italiana Editori), ulteriormente rafforzatasi nelle scorse settimane, grazie in particolare a un Memorandum d’Intesa riguardante i princìpi del Trattato di Marrakech sul libro accessibile e dell’Atto Europeo sull’Accessibilità, importanti novità normative oggi in discussione nell’Unione Europea.

Un percorso condiviso per raggiungere gli obiettivi di inclusione e pari opportunità delle persone con disabilità visive: è questo l’obiettivo che ha recentemente portato l’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) e l’AIE (Associazione Italiana Editori) a rafforzare la loro già solida collaborazione, siglando un Memorandum d’Intesa sui princìpi per l’attuazione del Trattato di Marrakech sulla circolazione e la diffusione del libro accessibile – definito nel 2013 in Marocco – e dell’Atto Europeo sull’Accessibilità (European Accessibility Act), due novità normative oggi in discussione nell’Unione Europea, di cui anche il nostro giornale ha già avuto occasione di occuparsi, dall’indiscusso valore nel facilitare la lettura dei libri da parte delle persone non vedenti, con disabilità visive o altre difficoltà per accedere ai testi a stampa.
In parallelo al citato Memorandum, sono stati rinnovati in queste settimane anche due accordi per la produzione delle versioni accessibili di libri da parte della Biblioteca per i Ciechi Regina Margherita di Monza, il primo dei quali, dedicato ai libri di testo e siglato inizialmente nel 2001, fa sì che più dell’85% dei testi richiesti siano forniti dagli editori scolastici alla Biblioteca in versione digitale, rendendo più agevole e rapida la produzione delle versioni accessibili. Il secondo, invece, prevede la produzione annua di cento novità e best seller in versione Braille per il prestito bibliotecario.

«L’obiettivo di queste iniziative – sottolineano da UICI e AIE – è di offrire ai 362.000 non vedenti e al milione e mezzo di ipovedenti italiani la possibilità di accedere agli stessi titoli, negli stessi modi e tempi di un qualunque altro lettore».
Nel dettaglio, il Memorandum evidenzia come la fiducia e la collaborazione tra gli editori e gli enti al servizio delle persone con disabilità visive siano la chiave per lo sviluppo di politiche efficaci. Per questo si chiede che le procedure di autorizzazione delle organizzazioni abilitate a produrre libri accessibili tengano conto del requisito della fiducia tra le parti, nel solco del Memorandum d’Intesa promosso nel 2010 dalla Commissione Europea.
Vengono richiamate inoltre la responsabilità e l’efficienza, giacché lo spreco di risorse in questo àmbito è particolarmente grave. A tal fine bisogna evitare che siano prodotte nuove versioni di opere già disponibili in formato accessibile, a meno che non sia necessario per soddisfare esigenze particolari di singoli lettori.
Infine, si sottolinea l’importanza di coordinare le norme sul diritto d’autore con quelle dell’Accessibility Act, che stabilisce obblighi in tema di accessibilità delle pubblicazioni, richiamando anche le Pubbliche Amministrazioni a seguire quanto molti editori privati già fanno.

«Siamo convinti – dichiara Federico Motta, presidente dell’AIE – che un Paese che esclude una parte dei cittadini dall’accesso ai libri non sia solo iniquo, ma più povero culturalmente. Ciascuno deve assumersi la propria responsabilità e la nostra è nel produrre e-book direttamente accessibili e nel collaborare con gli enti preposti alla produzione di versioni speciali, quando il primo obiettivo non è raggiungibile. In Italia lo facciamo come in nessun altro Paese al mondo, grazie all’amicizia e alla collaborazione con l’UICI».
«La lunga e sperimentata collaborazione tra noi e l’AIE – sottolinea dal canto suo Mario Barbuto , presidente nazionale dell’UICI – dimostra quanto il rapporto di reciproca fiducia sia essenziale per un vero progredire della tematica del diritto alla lettura per tutti. Le leggi sono fondamentali, ma l’intesa e il rapporto fiduciario tra i diversi attori rende tali leggi davvero operanti e talvolta è addirittura in grado di anticiparle, come è accaduto da noi in Italia, soprattutto negli ultimi quindici anni». (C.G. e S.B.)

Robot4Children, gli amici robot per i bimbi autistici

StartupItalia! del 09-12-2016

Robot4Children, gli amici robot per i bimbi autistici: ancora in attesa di finanziamenti

Il progetto ha vinto lo “Start Cup Puglia” ma il team che l’ha realizzato è ancora fermo a causa della burocrazia. Eppure i robot potrebbero aiutare molti bambini con difficoltà di apprendimento.

Pleo, Zeo e Nao. Non stiamo parlando di nomi di gatti o cani ma di tre robot che presto potrebbero cambiare la vita a centinaia di ragazzi autistici. Dietro questi tre umanoidi ci stanno tre teste: quella di Giuseppe Palestra, dottore di ricerca nel dipartimento di informatica dell’Università di Bari che è l’ideatore e sviluppatore delle soluzioni; quella di Ilaria Bortone, bioingegnere che si occuperà della traduzione in linguaggio informatico dei protocolli validati e quella della psicologa Brigitta Ruggieri.

Il progetto Robot4Children.
I tre pugliesi hanno dato vita a “Robot4Children”, un progetto che ha sviluppato una soluzione integrata robot – software abbinata ad una metodica innovativa di applicazione assistita rivolta ai bambini affetti da disturbi dello spettro autistico. In altre parole hanno creato dei robot che aiuteranno questi ragazzi facilitando la loro comunicazione. Pleo è un dinosauro mentre Zeno e Nano sono due “robo-bimbi” alti 54 centimetri in grado di riprodurre i gesti e le attività che possono capitare durante la giornata a partire dal vestirsi.

Dalla ricerca all’interazione con i bambini.
Il tutto è partito dalla ricerca: gli scienziati dell’Università di Bari hanno compreso che questi bambini sono più ricettivi quando si rapportano con delle macchine piuttosto che con l’interazione umana. “L’innovatività dirompente – spiegano i tre ricercatori – sta nel porre le tecnologie della robotica e dell’intelligenza artificiale a supporto della qualità della vita e dell’interazione sociale dei soggetti autistici fornendo una soluzione, in un campo in crescita ma che risulta unica nel suo genere”. La vera novità, infatti, sta nel fatto che questi robot saranno amici anche delle istituzioni sanitarie e accademiche perché forniranno loro dati importanti. Pleo, Zeo e Nano diventeranno i migliori alleati delle famiglie perché potranno garantire loro sessioni intensive anche a casa a costi più bassi rispetto alle attuali soluzioni di terapia disponibili, ottenendo, inoltre risultati di apprendimento nettamente migliori. Un progetto rivolto a tutti coloro che si occupano di autismo a 360 gradi: centri per la terapia, psicologi, strutture sanitarie e private. Nulla di improvvisato dal momento che tra le partnership ci sono l’istituto nazionale di ottica, quello di fisiologia clinica, la Scuola Sant’Anna di Pisa e l’Université “Pierre et Marie Curie” de la Sorbonne oltre all’associazione “Amici di Nico” dove è stato già sperimentato il piccolo dinosauro.

Ancora in attesa di risorse.
Resta un solo problema: il progetto ha vinto lo “Start Cup Puglia” 2016 ma ora rischia di restare impantanato tra burocrazia e mancanza di risorse dal momento che da due anni i tre ricercatori attendono risposte certe dai ministeri dello Sviluppo economico e dell’Istruzione. L’idea piace ma ora bisogna mettere le ali a questa proposta che non può restare una sperimentazione ma deve diventare uno strumento utile a molti. Robot4Children è la dimostrazione di come l’innovazione robotica e tecnologica possa essere uno strumento utile alla società e a chi lavora nel campo dell’educazione.

Conversando con Alessandra

Conversando con Alessandra Cenerini, presidente dell’ADI

di Maurizio Tiriticco

Carissima!

Rispondendo alla tua bella lettera su curricolo e dintorni, voglio dirti che io il curriculum lo ripropongo da sempre quando vado nelle scuole, ma mi accorgo che in materia di curricolo e di progettazione educativa e didattica c’è una grande ignoranza! Per non dire poi di misurazione e valutazione… lascio perdere la certificazione delle competenze!!! Troppo complicata per la stragrande maggioranza degli insegnanti! Poi, per quanto riguarda gli esami di Stato finali della secondaria di secondo grado, nulla ancora in materia di certificazione… anche se dal ’99 (legge 425) la norma, all’articolo 6 prescrive che “il rilascio e il contenuto delle certificazioni di promozione, di idoneità e di superamento dell’esame di Stato sono ridisciplinati in armonia con le nuove disposizioni, al fine di dare trasparenza alle competenze, conoscenze e capacità acquisite secondo il piano di studi seguito, tenendo conto delle esigenze di circolazione dei titoli di studio nell’ambito dell’Unione europea”.

Quindi, la norma da 17 anni prescrive che siano certificate le competenze, ma quali? Le Linee guida degli istituti tecnici e degli istituti professionali, in una certa misura, si esprimono in materia, ma le Indicazioni nazionali per i licei le ignorano, fatto salvo quel passaggio, di cui all’Allegato A del dpr 89/10 in cui vengono indicati i “risultati di apprendimento comuni a tutti i percorsi liceali, distinti in cinque aree: 1) metodologica, 2) logico-argomentativa, 3) linguistica e comunicativa, 4) storico-umanistica, 5) scientifica, matematica e tecnologica”. Tra parentesi: hai mai assistito, in sede di esame di Stato, a un “colloquio pluridisciplinare”, come prescritto dalla legge? Nulla di fatto! Ciascun commissario “interroga” nella sua materia! Il fatto è che la concezione stessa di pluridisciplinarità è molto molto carente! In parte lo capisco: dopo tredici anni di insegnamenti sputatamente disciplinari – dalle 9 alle 10, italiano; dalle 10 alle 11 matematica e così via – è difficile anche il solo pensare alla pluridisciplinarità! E figuriamoci se dovessimo parlare di inter- o di trans-disciplinarità!!! Eppure, quando innaffi la tua pianticella nel vaso del tuo balcone… quante discipline entrano in campo!!! E non lo sai!!!

Quindi, non è non è un caso che tutti continuino a chiamarli esami di maturità!!! Di fatto sono un aborto! Non sono né di maturità né di certificazione delle competenze. Per non dire, poi, di quanto sia casareccia la certificazione delle competenze alla fine della scuola primaria (competenze a 11 anni? E’ solo risibile) e media (anche qui, risibile!!!). Hai letto i documenti certificativi dei primi due gradi di istruzione? Una presa in giro! Ma chi ha scritto queste ignobili cose? Le competenze sono una cosa seria! E ne possiamo parlare solo alla fine di un decennio di istruzione obbligatoria! Quando si compiono i 16 anni di età. Parlarne prima è solo risibile! Però, che cosa succede alla fine del biennio? Nulla di nullaaa!!! Nessun insegnante conosce il dm 139/07!!! Che tristezza!!! Europa? EQF? Misteri!!! Perciò la certificazione delle competenze sui riduce a un mero adempimento burocratico! Attacco il somaro dove vuole il padrone! Insomma, il Miur non ne capisce nulla e le scuole, sole, sono solo allo sbando. Poi arriva l’Ocse e ci bacchetta!!! E ci bacchetterà ancora!!! Di tutto questo la colpa, però, non è “solo” degli insegnanti! A mio vedere, è tutta la politica scolastica che è “strabica”e “stravagante”. Con La Buona scuola, gli anonimi redattori (non hanno avuto il coraggio di apporre ciascuno la propria firma?!) si sono inventati una scuola che non c’è, me che è passata come una schiacciasassi su quella scuola sulla quale persone come noi hanno tanto lavorato!!! La legge 107, poi, ha inviato dei messaggi distorti e ha proposto alle scuola dei savoir faire molto lambiccati e stravaganti. Tra RAV e PDM e carte varie, che ne esce fuori? Che gli insegnanti scrivono scrivono scrivono cose che nessuno legge! Ne risulta che tutti i decenni che abbiamo impiegato con le scuole sui temi della progettazione e della valutazione sono stati di fatto cancellati.

Le scuole le vedo alla sbando, per cui ciascun insegnante coltiva il proprio orticello. Consigli di classe? Non sono “gruppi di lavoro”! Sono incontri occasionali in cui ci si lamenta di Antonio o di Maria!!! E poi arrivano le prove Invalsi! Un dramma per gli insegnanti! Il fatto è che gli amici dell’Invalsi sanno tutto in materia di misurazione e valutazione, ma gli insegnanti nulla! Quando ho a che fare con loro, dico sempre che la valutazione è una disciplina come l’italiano, la matematica, ecc. per cui VA STUDIATA (ricordi il buon Gattullo, tra i primi a parlarne qui in Italia, investito e ucciso mentre andava in bicicletta?) e che non è una cosa che si inventa quando si corregge una prestazione (pardon! Interrogazione o compito in classe!) o quando si deve decidere una promozione o un recupero. L’insegnante italiano non è capace di produrre un test od una prova semistrutturata… sono tutte parolacce. Sono una perdita di tempo! E poi si tratta solo di crocette!!! Gli alunni se le copiano!!! Ecco perché si continua con la solita solfa: spiegazione, compito, ovviamente ora a casa, ora in aula (non in classe, che è un’altra cosa!), interrogazione. Ciò non toglie nulla, però, alle sperimentazioni interessanti e produttive che si effettuano in alcuni istituiti secondari superiori. Conosco ciò che fa Salvatore Giuliano a Brindisi! E ci sono poi tanti istituti e tanti insegnanti che conosco e che ce la mettono tutta! Ma, a fronte della realtà nazionale, sono rarae aves.

Carissima! Non so che dirti! I tempi per la nostra scuola sono OGGI tristissimi! Comunque, grazie per quanto fai da sempre con l’ADI e con tutti gli amici di questa bella organizzazione! Tieni duro! Teniamo duro! Il domani è sempre un altro giorno!

Un abbraccio! Maurizio

Esclusione dei diplomati magistrale dal piano straordinario

A Firenze il MIUR sventola bandiera bianca e ammette l’illegittimità dell’esclusione dei diplomati magistrale dal piano straordinario

È stata una resa senza condizioni quella registrata presso il Tribunale del Lavoro di Firenze dove il Giudice prende atto dell’avvenuta conciliazione tra il Ministero e i legali Anief e dichiara cessata la materia del contendere perché il MIUR ha dato atto della fondatezza delle ragioni patrocinate dal nostro sindacato e immesso in ruolo la docente, così come confermato dalla favorevole giurisprudenza già ottenuta dai nostri legali e come espressamente richiesto nel ricorso. Gli Avvocati Fabio Ganci, Walter Miceli, Tiziana Sponga e Simona Fabbrini, nella causa promossa dall’Anief a tutela dei diritti di una docente in possesso di diploma magistrale abilitante che non aveva potuto partecipare al piano straordinario di immissioni in ruolo decretato con la Legge 107/2015 solo per una caparbia ostinazione del MIUR a non voler correttamente eseguire la sentenza favorevole già emanata dal Consiglio di Stato nel luglio 2015, ottengono una vittoria totale contro il Ministero che cede le armi e si arrende chiedendo di procedere con un accordo di conciliazione in modo da evitare la certa condanna alle spese di soccombenza. Marcello Pacifico (Anief. Cisal): “Avevamo ragione e finalmente lo ha ammesso anche il MIUR. Auguriamo alla nostra collega finalmente immessa in ruolo, con grande soddisfazione per la lunga battaglia condotta al suo fianco sin dal 2014, un buon e sereno anno di prova”.

Con lo «sgravio alternanza» previste quasi 30mila assunzioni di giovani

da Il Sole 24 Ore

Con lo «sgravio alternanza» previste quasi 30mila assunzioni di giovani

di Claudio Tucci

L’introduzione dello sgravio fino a 3.250 euro l’anno per tre anni per assumere studenti in formazione permetterà di firmare circa 9.900 contratti nel 2017 e 18.900 l’anno successivo: la stima arriva dal governo, all’indomani del varo finale della legge di Bilancio che introduce il nuovo bonus per le imprese.

Come funziona l’incentivo
Nel dettaglio, si tratta di un esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali per i datori di lavoro del settore privato in relazione alle nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato, anche in apprendistato, decorrenti dal 1° gennaio 2017 al 31 dicembre 2018, per un periodo massimo di 36 mesi e nel limite di un importo di esonero di 3.250 euro su base annua, con esclusione dei contratti di lavoro domestico e di quelli relativi agli operai del settore agricolo. L’esonero, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche e ad esclusione dei premi e dei contributi dovuti all’Inail, spetta ai datori di lavoro che assumano, entro sei mesi dall’acquisizione del titolo di studio, studenti che abbiano svolto attività di alternanza scuola-lavoro (pari ad almeno il 30% del periodo complessivo svolto in formazione “on the job”), periodi di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore, il certificato di specializzazione tecnica superiore o periodi di apprendistato in alta formazione.

Verifica dell’Inps
Spetterà all’Inps provvedere al monitoraggio del numero di contratti incentivati e delle conseguenti minori entrate contributive. Il beneficio contributivo è riconosciuto nel limite massimo di spesa di 7,4 milioni di euro per l’anno 2017, di 40,8 milioni di euro per l’anno 2018, di 86,9 milioni di euro per l’anno 2019, di 84 milioni di euro per l’anno 2020, di 50,7 milioni di euro per l’anno 2021 e di 4,3 milioni di euro per l’anno 2022. Qualora dal monitoraggio delle domande presentate e accolte emerga il verificarsi di scostamenti, anche in via prospettica, del numero di domande rispetto alle risorse finanziarie determinate, l’Inps non prenderà in esame ulteriori domande per l’accesso allo sgravio.

Mobilità per l’apprendimento in Ue, da Bruxelles la piattaforma on line per la valutazione

da Il Sole 24 Ore

Mobilità per l’apprendimento in Ue, da Bruxelles la piattaforma on line per la valutazione

di Alessia Tripodi

Una piattaforma on line per monitorare i progressi dei paesi europei nella promozione della mobilità per l’apprendimento dei giovani. E’ quella lanciata dalla Commissione Ue , che con il supporto del network per l’istruzione Eurydice e di Cefefop, il centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale, ha realizzato un quadro di valutazione della mobilità offerta dai paesi dell’Unione, messo a punto secondo le indicazioni della Raccomandazione del Consiglio dell’Ue “Youth on the Move'” del 2011. Lo “scoreboard” (clicca qui ) dispone di mappe dinamiche dei diversi indicatori, che permettono all’utente di capire a colpo d’occhio il quadro della mobilità in Ue.

Quadro di valutazione on line
Quali paesi in Europa forniscono informazioni chiare per orientare gli studenti che voglio andare all’estero per motivi di studio? E’ garantito il sostegno alla mobilità per i giovani svantaggiati? Gli studenti ricevono un’adeguata preparazione linguistica a scuola? Possono prendere prestiti per studiare oltre confine? E i crediti e le qualifiche conseguite all’estero saranno riconosciute nel proprio paese d’origine? A queste domande risponde la “mobility scoreboard” messa on line da Bruxelles con l’obiettivo di fornire un quadro di riferimento per monitorare i progressi compiuti dai paesi europei nella promozione della mobilità e, soprattutto, nella rimozione degli ostacoli che impediscono il suo pieno sviluppo. La possibilità di sperimentare un’esperienza di apprendimento all’estero, spiega infatti la Commissione, «aiuta gli studenti a crescere sia dal punto di vista accademico che sociale, con ripercussioni positive per il loro futuro professionale» e «ha anche un impatto positivo sui sistemi e sugli istituti di istruzione, perchè li spinge ad avere una visione più internazionale e aperta e a migliorare la qualità».

Supplenze, se la cattedra è libera non va limitata al 30 giugno: precario risarcito

da La Tecnica della Scuola

Supplenze, se la cattedra è libera non va limitata al 30 giugno: precario risarcito

La mancata collocazione di una cattedra in organico di diritto è motivo valido per conferire un congruo risarcimento a favore del precario.

A sostenerlo è il giudice del Lavoro di Ancona Arianna Sbano, che ha riconosciuto un indennizzo pari a cinque mensilità dell’ultima busta paga, oltre agli scatti di anzianità a un insegnante precario marchigiano di 32 anni, che aveva presentato ricorso contro il ministero dell’Istruzione.

Il docente aveva svolto cinque anni di precariato continuo, dal 2010 al 2015, nello stesso istituto superiore, il liceo classico Rinaldini di Ancona, con contratti a tempo determinato per una delle cattedre specifiche dell’indirizzo musicale.

Per l’Ufficio scolastico marchigiano quei contratti rientravano nel cosiddetto “organico di fatto”, stabilito di anno in anno a seconda del numero degli studenti iscritti. Quindi, quella cattedra è stata collocata come annuale, ma solo fino al 30 giugno dell’anno successivo.

Gli avvocati dell’ufficio legale della Uil Scuola, Matteo Catalani e Simona Cognini, in udienza hanno però fatto notare che i licei musicali, creati con la Riforma Gelmini proprio nel 2010, non sono mai stati dotati di “organico di diritto” (le cui cattedre a supplenza vanno conferite sino al 31 agosto e quindi resi utili anche per le immissioni in ruolo) e che in questo modo vengono attribuite sempre e solo ai precari (risparmiando i mesi di luglio e agosto) e senza mai avere alcuna possibilità che vengano destinate alle assunzioni a tempo indeterminato.

Esaminato il caso, il giudice di Ancona ha riconosciuto “un uso improprio o distorto” delle supplenze “da ritenersi, del tutto assimilabili a quelle svolte su posti in organico di diritto”.

E non essendoci certezza di una stabilizzazione in tempi “certi e ravvicinati”, ha deciso per un indennizzo economico.

Il Miur, che con ogni probabilità presenterà ricorso in appello, è stato anche condannato a pagare metà delle spese del ricorrente.

“Questa sentenza rimarca l’inadempienza del ministero – ha detto Claudia Mazzucchelli, segretaria della Uil Scuola Marche – perché il liceo musicale ormai da molti anni non è più sperimentale ma è entrato a far parte dell’ordinamento. Non si capisce come mai non venga istituito un organico di diritto, così da poter stabilizzare tutti questi insegnanti, altrimenti costretti a un precariato perenne, a tutela della loro professionalità, della continuità didattica e, di conseguenza, a vantaggio anche degli studenti”.

Trasferimenti docenti 2016, Tar: il Miur consenta l’accesso agli atti e all’algoritmo segreto

da La Tecnica della Scuola

Trasferimenti docenti 2016, Tar: il Miur consenta l’accesso agli atti e all’algoritmo segreto

I provvedimenti di mobilità devono essere chiari e ogni docente ha il diritto di comprendere perchè è stato assegnato ad una scuola anzichè ad un’altra.

A sancirlo è stata la terza sezione del Tribunale amministrativo regionale di Catania, che il 6 dicembre ha accolto la richiesta di un docente che reclamava trasparenza sulle modalità adottate per il suo trasferimento.

Secondo il Tar catanese, gli USP devono consegnare la documentazione e consentire di ricostruire l’iter che ha portato all’attribuzione della cattedra a 100 o a 50 km da casa.

Quello che vale, per i giudici, è il principio: tanto è vero che, nel caso esaminato, il medesimo USP ha infatti attribuito una cattedra conforme alle aspettative della ricorrente. Ciò non è bastato al Miur per evitare l’accollo delle spese di giudizio, in quanto il Tar ha rilevato “fondatezza della domanda, alla stregua di specifici precedenti di questo Tribunale”.

Per il Tar, infatti, “il controllo generalizzato (che, in tali casi, non è limitato ai documenti, ma riferito alle “informazioni”, termine che concettualmente indica un ambito più esteso dei documenti fisicamente esistenti; sul punto, TAR Sicilia – Catania, Sez. II, 28 dicembre 2009, n. 2253) quindi non solo non è vietato, ma è auspicato. Nel caso di specie, la ricorrente ha chiesto «…la copia dei criteri (e comunque dei provvedimenti) con i quali si era proceduto alla formulazione delle cattedre per l’anno scolastico XXX per la Provincia di Messina, ed alla consequenziale assegnazione delle ore esistenti presso il Liceo XXXXX presso le altre scuole sopra indicate…».

Per i giudici della terza sezione del Tar di Catania, “la domanda tende quindi ad ottenere informazioni attinenti alla organizzazione dell’amministrazione; in disparte la considerazione che i criteri sono probabilmente espressi nel corpo dei documenti che si riferiscono alla determinazione delle cattedre, il Collegio ritiene che essa ricada nell’ambito dell’accesso “organizzativo” previsto dalla legge 15/2009 e dal D. Lgs. 150/2009; pertanto l’Amministrazione dovrà consentire l’accesso, nei termini precisati in dispositivo”.

La sentenza potrebbe quindi creare un precedente di non poco conto: se, come probabile, anche gli altri Uffici scolastici locali dovranno adeguarsi, diverse migliaia di docenti spostati di sede, su ambito territoriale nell’estate del 2016, potranno comprendere i motivi e gli “incastri” che hanno portato al loro trasferimento.

Si apre la strada per una mobilità degli insegnanti su scuola

da La Tecnica della Scuola

Si apre la strada per una mobilità degli insegnanti su scuola

Tra Si e No ha prevalso il No, tra trasferimenti esclusivamente su ambiti e mobilità anche su scuole, sta prevalendo l’idea di una mobilità anche su scuola.

In buona sostanza sta prevalendo il buon senso, cioè c’è la disponibilità da parte del MIUR di derogare la legge 107/2015, anche per l’anno scolastico 2017/2018, congelando la parte del comma 73, in cui si diceva: “Il personale docente in esubero o soprannumerario nell’anno scolastico 2016/2017 è assegnato agli ambiti territoriali. Dall’anno scolastico 2016/2017 la mobilità territoriale e professionale del personale docente opera tra gli ambiti territoriali “.

Un buon senso che era stato da noi ipotizzato in un articolo del 27 novembre 2016. In tale articolo dicevamo: “Nel caso la bilancia referendaria pendesse dalla parte del NO, il governo entrerebbe in crisi e sarebbe molto indebolito politicamente. In tal caso potrebbe non essere questo stesso governo Renzi a gestire la prossima mobilità e probabilmente si arriverebbe ad un accordo che potrebbe derogare la legge 107/2015 su diversi punti”.

Adesso dopo la vittoria del No al referendum e soprattutto dopo l’incontro politico sulla mobilità tenuto il 7 dicembre 2016 al Miur con i sindacati, si apre la strada per una mobilità degli insegnanti su scuola.

In buona sostanza il Miur accoglie le istanze dei sindacati e si impegna nei prossimi incontri a chiudere una ipotesi di contratto della mobilità 2017/2018 volta a garantire, quanto più possibile, la titolarità su scuola dei docenti.

Nel comunicato unitario dei sindacati, redatto dopo l’incontro del 7 dicembre 2016, si evince che il Capo di Gabinetto Miur, dott. Alessandro Fusacchia, ha risposto positivamente ad alcune delle richieste avanzate unitariamente. Ci sarebbero le condizioni per rimuovere, tra l’altro, i vincoli relativi alla possibilità dei docenti di trasferirsi anche su singola scuola superando il blocco triennale.

Si profila una mobilità che consenta ai docenti di muoversi, a prescindere dai vincoli di permanenza nella provincia di titolarità, da una provincia ad un’altra anche con la scelta delle preferenze su scuola e in aggiunta su più di un ambito. Vengono cancellate definitivamente le fasi A, B, C e D della mobilità, permangono invece le fasi di mobilità comunale, tra scuole dello stesso comune, di mobilità provinciale, tra scuole della stessa provincia (questo dovrebbe essere consentito con certezza a chi è titolare di ambito ed è entrato in ruolo entro il 2014 e forse anche agli altri), di mobilità interprovinciale, tra scuole di province diverse.

Non è ancora chiaro se nella mobilità interprovinciale, il trasferimento su scuola sarà vincolato, a livello di preferenze, solo al primo ambito scelto. Si dovrà attendere i prossimi incontri per stabilire, più precisamente, quali saranno le ulteriori differenze con la mobilità del 2016/2017.

Apertura del Miur c’è stata anche nell’affrontare, compatibilmente con i tempi della chiusura dell’ipotesi contrattuale, la tabella della valutazione dei servizi per equiparare il punteggio del servizio pre-ruolo con quello di ruolo.

La scuola del futuro? Occhio all’architettura degli spazi di apprendimento

da La Tecnica della Scuola

La scuola del futuro? Occhio all’architettura degli spazi di apprendimento

Sulla scuola del futuro non ci sono solo idee o ipotesi, ma anche vere e proprie sperimentazioni.

Come il progetto “Torino fa scuola”, lanciato dalla compagnia San Paolo e dalla Fondazione Agnelli i ragazzi delle scuole scuole medie Enrico Fermi, di piazza Giacomini nel quartiere Lingotto, e Giovanni Pascoli, di via Duchessa Jolanda nel quartiere Cenisia.

Il progetto, lanciato 18 mesi fa, ha origine da una riflessione culturale, pedagogica e architettonica sui nuovi spazi di apprendimento che servono alla scuola italiana.

La scuola 2.0, del resto, passa non solo per l’innovazione tecnologica degli strumenti didattici da mettere a disposizione di docenti e studenti, ma anche attraverso ambienti scolastici che siano coerenti con gli obiettivi che la scuola del futuro propone di rispettare.

Tutto questo sarà possibile solo grazie al lavoro congiunto di architetti, pedagogisti e specialisti dell’innovazione.

Secondo i promotori, il rinnovamento della scuola italiana non può prescindere dalla messa a norma degli edifici scolastici che ogni giorno ospitano dieci milioni di allievi ed insegnanti in tutto il Paese.

Occorre dunque guardare avanti e non limitarsi ad interventi mirati a risolvere solo il problema contingente, immaginando come possa essere la scuola italiana dei prossimi 20-30 anni: ripensare ad esempio gli ambienti di apprendimento, rendendoli funzionali alle esigenze di una didattica nuova e del benessere dei ragazzi e degli adulti che vivono e lavorano per tante ore negli spazi della scuola.

Quindi, occorre puntare su scuole di qualità sia estetica che pedagogica, basate su progetti sostenibili in termini economici, ambientali e culturali.

Il percorso di “Torino fa scuola”, che dovrebbe giungere a completamento alla fine del 2019, si articola in diverse fasi di lavoro: la prima che ha riguardato la definizione dei principi pedagogici degli interventi, attraverso una progettazione condivisa con le comunità scolastiche; la seconda, partita in questi giorni, riguarda il lancio del bando internazionale che consentirà di selezionare i progetti di riqualificazione delle due scuole cui potranno partecipare giovani architetti di tutta Europa. I progetti dovranno essere presentati entro fine aprile 2017.

La terza fase riguarderà, invece lo sviluppo dei progetti esecutivi da chiudersi entro luglio 2017.

Mentre la parte finale del progetto sarà dedicato ai lavori che dovrebbero partire orientativamente a metà 2018 e alla consegna delle scuole dopo circa un anno di cantiere.

Il progetto ha un costo complessivo di 10 milioni di euro.

“Abbiamo cercato di immaginare la scuola dei prossimi 30 anni, consapevoli che l’educazione è il principale investimento di un Paese”, ha detto il presidente della Compagnia, Francesco Profumo.

“Vogliamo dare a Torino due scuole più belle e funzionali agli apprendimenti, ma anche lavorare sul rinnovamento della scuola italiana nel suo complesso”, ha aggiunto Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli.

Contratto mobilità, si va verso il bis 2016: i trasferimenti in provincia scuola su scuola

da La Tecnica della Scuola

Contratto mobilità, si va verso il bis 2016: i trasferimenti in provincia scuola su scuola

Lo avevamo detto: al massimo, l’amministrazione potrebbe essere disposta a replicare per la mobilità del prossimo anno un contratto simile a quello del 2016.

E questa sembra essere la strada intrapresa. Perché sulla “mobilità c’è qualche apertura da parte del Miur”, ha spiegato la Gilda degli insegnanti al termine dell’incontro del 7 dicembre.

“Nonostante le dimissioni imminenti del Governo, si è svolto oggi pomeriggio al ministero dell’Istruzione il previsto incontro politico sulla mobilità tra i segretari generali dei sindacati scuola e il Capo Gabinetto Alessandro Fusacchia in rappresentanza del ministro Stefania Giannini. Alla riunione hanno partecipato anche i vertici dell’Amministrazione”.

“Fusacchia – prosegue la nota – ha espresso disponibilità affinché la contrattazione possa anche quest’anno lasciare la preferenza per le sedi scolastiche oltre a quelle per gli ambiti, quanto meno nella fase infraprovinciale, mentre per quella interprovinciale il discorso resta aperto“.

“E’ stata mostrata disponibilità anche a derogare al vincolo triennale di permanenza nella sede di titolarità in considerazione di quanto avvenuto lo scorso anno scolastico. Per quel che concerne, invece, la trasformazione dei posti dell’organico di fatto, si attendono i conteggi da parte del Mef. Sono rimaste ovviamente da parte della Fgu-Gilda degli Insegnanti – conclude il sindacato autonomo – tutte le pregiudiziali verso la chiamata diretta che, comunque, anche nella pratica si è dimostrata poco funzionale”.

Le parti, pubblica e sindacale (anche i Confederali e lo Snals), torneranno ad incontrarsi la prossima settimana: dalle premesse, sembra proprio che per il secondo anno consecutivo salterà l’applicazione totale della Legge 107/15, con i trasferimenti provinciali per gli assunti sino al 2014 che continueranno ad essere svolti anche scuola su scuola e per gli immessi in ruolo nell’ultimo triennio che potranno indicare, derogando alla legge, anche ambiti territoriali al di fuori della provincia di assunzione.

In pensione nel 2017, chi può andare e come fare domanda: le indicazioni operative del Miur

da La Tecnica della Scuola

In pensione nel 2017, chi può andare e come fare domanda: le indicazioni operative del Miur

Dopo il D.M. 941 del 1° dicembre scorso, il Miur ha pubblicato pure la Circolare con le indicazioni operative per le cessazioni dal servizio dal 1° settembre 2017.

Si tratta della Circolare n. 38646 del 7 dicembre 2016, contenente disposizioni da applicare in base alle diverse tipologie contributive ed anagrafiche.

Qui di seguito, vi proponiamo una sintesi della Circolare applicativa.

Requisiti posseduti al 31 dicembre 2011

I requisiti necessari per l’accesso al trattamento pensionistico di anzianità sono di 60 anni di età e 36 di contribuzione o 61 anni di età e 35 di contribuzione, maturati entro il 31 dicembre 2011. Fermo restando il raggiungimento della quota 96, i requisiti minimi che inderogabilmente devono essere posseduti alla suddetta data, senza alcuna forma di arrotondamento, sono di 60 anni di età e 35 di contribuzione.

L’ulteriore anno eventualmente necessario per raggiungere la “quota 96” può essere ottenuto sommando ulteriori frazioni di età e contribuzione (es. 60 anni e 4 mesi di età, 35 anni e 8 mesi di contribuzione). Il diritto al trattamento pensionistico di anzianità si consegue altresì, indipendentemente dall’età, in presenza di un requisito di anzianità contributiva non inferiore a 40 anni maturato entro il 31 dicembre 2011.

I requisiti utili per la pensione di vecchiaia sono di 65 anni di età per gli uomini e 61 di età per le donne, con almeno 20 anni di contribuzione (15 per chi è in possesso di anzianità contributiva al 31 dicembre 1992) del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 se posseduti entro la data del 31 dicembre 2011.

Tutti coloro che hanno maturato i requisiti di cui sopra, entro il 31 dicembre 2011, rimangono soggetti al regime previgente per l’accesso e per la decorrenza del trattamento pensionistico di vecchiaia e di anzianità e non sono soggetti, neppure su opzione, al nuovo regime sui requisiti di età e di anzianità contributiva, fermo restando che si applica anche a loro il regime contributivo pro-rata per le anzianità maturate a decorrere dal 1° gennaio 2012.

Ne consegue che il personale che alla data del 31 dicembre 2011 ha maturato i requisiti per l’accesso al pensionamento vigenti prima del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 e compie i 65 anni di età entro il 31 agosto 2017, dovrà essere collocato a riposo d’ufficio.

Nuovi requisiti

Per il personale che non rientra nelle fattispecie sopra descritte, in attuazione di quanto previsto dal decreto direttoriale del Ministero dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali del 16 dicembre 2014, attuativo dell’articolo 12, comma 12 bis, del decreto-legge 30 luglio 2010, n. 78, a decorrere dall’anno 2016, i requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici sono ulteriormente incrementati di 4 mesi.

Per la pensione di vecchiaia il requisito anagrafico è quindi di 66 anni e 7 mesi compiuti entro il 31 agosto 2017 (collocamento d’ufficio) o, a domanda, entro il 31 dicembre 2017 in virtù della disposizione prevista dall’articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 sia per gli uomini che per le donne, con almeno 20 anni di anzianità contributiva.

La pensione anticipata, rispetto a quella di vecchiaia, potrà conseguirsi, a domanda, solo al compimento di 41 anni e 10 mesi di anzianità contributiva, per le donne, e 42 anni e 10 mesi per gli uomini da possedersi entro il 31 dicembre 2017, senza operare alcun arrotondamento.

Il decreto legge n. 201 del 2011, ha statuito che il limite ordinamentale per il collocamento a riposo d’ufficio (ovvero 65 anni secondo il dPR 29 dicembre 1973, n. 1092 per i dipendenti dello Stato) “non è modificato dall’elevazione dei requisiti anagrafici previsti per la pensione di vecchiaia e costituisce il limite non superabile, se non per il trattenimento in servizio o per consentire all’interessato di conseguire la prima decorrenza utile della pensione ove essa non sia immediata, al raggiungimento del quale l’amministrazione deve far cessare il rapporto di lavoro o di impiego se il lavoratore ha conseguito, a qualsiasi titolo, i requisiti per il diritto a pensione”.

Requisiti di accesso ai sensi dell’art. 1 comma 9 della legge 23 agosto 2004, n. 243.

“Opzione donna”.

Riguarda le lavoratrici che entro il 31 dicembre 2015 abbiano maturano un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni (per le gestioni esclusive dell’AGO 34 anni, 11 mesi e 16 giorni) e un’età anagrafica pari o superiore a 57 anni e 3 mesi a prescindere dalla data di decorrenza del trattamento pensionistico.

Pertanto, la data del 31 dicembre 2015 è da considerarsi quale termine entro il quale devono essere soddisfatti i soli requisiti contributivi e anagrafici per il diritto alla pensione di anzianità in regime sperimentale donna.

Le predette lavoratrici potranno pertanto presentare istanza di dimissioni secondo le scadenze fissate con D.M. 941/ 2016 ed accedere alla pensione a decorrere dal 1° settembre 2017.

Disposizioni in materia di settima salvaguardia.

L’art. l, comma 265 lett .d), della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ha disposto la possibilità di accedere al trattamento pensionistico secondo le regole previgenti la riforma Fornero a beneficio dei lavoratori in congedo per assistere figli con disabilità grave, i quali perfezionino i requisiti utili per la pensione entro il sessantesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto legge n. 201 del 2011 (settima salvaguardia).

Cessazioni dal servizio personale docente, educativo ed A.T.A.

Il predetto D.M. 941/ 2016 fissa, all’articolo 1, il termine finale del 20 gennaio 2017 per la

presentazione, da parte di tutto il personale del comparto scuola, delle domande di cessazione per dimissioni volontarie dal servizio o delle istanze di permanenza in servizio, ovvero per raggiugere il minimo contributivo. Tutte le predette domande valgono, per gli effetti, dal 1° settembre 2017.

Sempre entro la data di cui sopra gli interessati hanno la facoltà di revocare le suddette istanze, ritirando, tramite POLIS, la domanda di cessazione precedentemente inoltrata.

Il termine del 20 gennaio 2017 deve essere osservato ancheda coloro che, avendo i requisiti per la pensione anticipata (41 anni e 10 mesi per donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini) e non avendo ancora compiuto il 65° anno di età, chiedono la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo parziale con contestuale attribuzione del trattamento pensionistico, purché ricorrano le condizioni previste dal decreto 29 luglio 1997, n. 331 del Ministro per la Funzione Pubblica.

La richiesta va formulata con unica istanza in cui gli interessati devono anche esprimere l’opzione per la cessazione dal servizio, ovvero per la permanenza a tempo pieno, nel caso fossero accertate circostanze ostative alla concessione del part-time (superamento del limite percentuale stabilito o situazioni di esubero nel profilo o classe di concorso di appartenenza).

Presentazione delle istanze

Le domande di cessazione dal servizio e le revoche delle stesse devono essere presentate con le seguenti modalità:

 Il personale Dirigente Scolastico, docente, educativo ed A.T.A. di ruolo, ivi compresi gli insegnanti di religione utilizza, esclusivamente, la procedura web POLIS “istanze on line”, relativa alle domande di cessazione, disponibile sul sito internet del Ministero (www.istruzione.it). Al personale in servizio all’estero è consentito presentare l’istanza anche con modalità cartacea.

il personale delle province di Trento, Bolzano ed Aosta, presenta le domande in formato cartaceo direttamente alla sede scolastica di servizio/titolarità, che provvederà ad inoltrarle ai competenti Uffici territoriali.

Le domande di trattenimento in servizio ai sensi dell’articolo 1, comma 257, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ovvero per raggiugere il minimo contributivo continuano ad essere presentate in forma cartacea entro il termine del 20 gennaio 2017.

Gestione delle istanze

Si rende necessaria l’emissione di un provvedimento formale nel caso in cui le autorità competenti abbiano comunicato agli interessati, entro 30 giorni dalla scadenza prevista, l’eventuale rifiuto o ritardo nell’accoglimento della domanda di dimissioni per provvedimento disciplinare in corso.

Le cessazioni devono essere convalidate al SIDI con l’apposita funzione entro il 20 febbraio 2017.

Potranno operare le segreterie scolastiche o gli Uffici scolastici territoriali, secondo l’organizzazione adottata dai singoli Uffici Scolastici Regionali.

L’articolo 2 del decreto ministeriale in oggetto disciplina i casi di mancata maturazione del diritto a pensione nei riguardi del personale dimissionario perché privo dei requisiti prescritti.

L’accertamento dell’esistenza o meno di tale diritto è di competenza degli Uffici territoriali degli Uffici scolastici regionali o delle Istituzioni scolastiche nel caso di personale assunto in ruolo dopo il 2000.

Nella domanda di cessazione gli interessati devono dichiarare espressamente la volontà di cessare comunque o di permanere in servizio una volta che sia stata accertata la eventuale mancanza dei requisiti, di cui sarà data in ogni caso informazione al dipendente da parte degli uffici. La segreteria scolastica o l’Ufficio scolastico dovranno, dal canto loro, annullare la cessazione già inserita al SIDI.

Come negli anni precedenti, gli Uffici scolastici territoriali utilizzano il SIDI per predisporre

i prospetti dati di pensione destinati alle competenti sedi INPS – gestione dipendenti pubblici – per la liquidazione del trattamento pensionistico.

La funzione SIDI per la predisposizione dei prospetti accederà alla banca dati POLIS per recepire le informazioni contenute nelle domande.

Le domande di pensione devono essere inviate direttamente all’Ente Previdenziale,

esclusivamente attraverso le seguenti modalità:

1) presentazione della domanda on-line accedendo al sito dell’Istituto, previa registrazione;

2) presentazione della domanda tramite Contact Center Integrato (n. 803164);

3) presentazione telematica della domanda attraverso l’assistenza gratuita del Patronato.

Tali modalità saranno le uniche ritenute valide ai fini dell’accesso alla prestazione

pensionistica.

Applicazione dell’articolo 72 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (Personale dirigente, docente, educativo ed ATA).

L’articolo 1, comma 257, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ha previsto che, al fine di assicurare continuità alle attività previste negli accordi sottoscritti con scuole o università dei Paesi stranieri, il personale della scuola impegnato in innovativi e riconosciuti progetti didattici internazionali svolti in lingua straniera, al raggiungimento dei requisiti per la quiescenza, possa chiedere di essere autorizzato al trattenimento in servizio retribuito per non più di due anni. Il trattenimento in servizio è autorizzato, con provvedimento motivato, dal dirigente scolastico e dal direttore generale dell’ufficio scolastico regionale.

Inoltre, nel 2017 potranno chiedere la permanenza in servizio i soli soggetti che, compiendo 66 anni e sette mesi di età entro il 31 agosto 2017, non sono in possesso di 20 anni di anzianità contributiva entro tale data.

Tale facoltà può essere esercitata, con preavviso di sei mesi, anche nei confronti del personale con qualifica dirigenziale, con decisione motivata, esplicitando i criteri di scelta e senza pregiudizio per la funzionale erogazione dei servizi:

– al compimento dei 40 anni di anzianità contributiva, nei confronti di coloro che abbiano maturato i requisiti per il diritto a pensione entro il 31 dicembre 2011;

– al compimento, entro il 31 agosto 2017, dell’anzianità contributiva di 41 anni e 10 mesi per le donne o 42 anni e 10 mesi per gli uomini.

I periodi di riscatto, eventualmente richiesti, contribuiscono al raggiungimento dei sopra ricordati requisiti contributivi nella sola ipotesi che siano già stati accettati i relativi provvedimenti.

Ai fini dell’applicazione dell’articolo 72, comma 11, è necessario valutare l’esistenza di una situazione di esubero del posto, classe di concorso o profilo di appartenenza dell’interessato, sia a livello nazionale che provinciale.

Laddove l’amministrazione non si avvalga della facoltà di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro, dovrà obbligatoriamente collocare a riposo il dipendente, che abbia raggiunto i requisiti per la pensione anticipata (41 anni e 10 mesi per le donne, e 42 anni e 10 mesi per gli uomini), al compimento del limite ordinamentale per la permanenza in servizio, ossia a 65 anni, come previsto dall’articolo 2, comma 5, del decreto-legge n. 101/2013.

Cessazione Dirigenti Scolastici dal 1° settembre 2017

Il termine per la presentazione della domanda di cessazione dal servizio dei dirigenti scolastici è fissato al 28 febbraio dall’art. 12 del C.C.N.L. per l’Area V della dirigenza sottoscritto il 15 luglio 2010.

Il dirigente scolastico che presenti comunicazione di recesso dal rapporto di lavoro oltre il termine di cui sopra non potrà usufruire delle particolari disposizioni che regolano le cessazioni del personale del comparto scuola.

Il Miur ha infine specificato che “a seguito dell’approvazione della legge di bilancio per il 2017, verranno fornite, con successiva nota, eventuali ed ulteriori indicazioni.

Per visualizzare la Circolare Miur del 7 dicembre, cliccare qui.

Ocse-PISA, Ricci (Invalsi): ‘Insegnare agli studenti come studiare’

da Tuttoscuola

Ocse-PISA, Ricci (Invalsi): ‘Insegnare agli studenti come studiare’

All’indomani della presentazione dei risultati Ocse-PISA 2015 che vedono gli studenti italiani migliorare in matematica, Tuttoscuola intervista Roberto Ricci, responsabile delle prove Invalsi. Quello che emerge dai dati è che Singapore è ancora molto lontana da noi…

Ocse-PISA, Ricci: non si può prendere Singapore come modello

Sì, Singapore stravince nelle classifiche PISA 2015ci dice Ricci –  ma questo non significa di per sé che abbia il migliore sistema scolastico, o che il suo modello di scuola possa essere facilmente trasferito o imitato. Ci sono variabili, come quelle politiche e istituzionali, molto peculiari, di tipo autoritario, e assai diverse, per esempio, da quelle presenti nelle democrazie pluraliste e in quelle europee in particolare“.

Roberto Ricci non nasconde un certo fastidio per le semplificazioni e amplificazioni giornalistiche che hanno messo sugli scudi la scuola di Singapore, i cui alunni quindicenni sono risultati primi in tutte e tre le classifiche – scienze, matematica e lettura – compilate a conclusione dell’edizione 2015 della indagine comparativa Ocse-PISA (Programme for International Student Assessment). “Però“, aggiunge, “occorre dire che alla base di questo successo sta l’investimento che Singapore ha fatto sulla qualità degli insegnanti, scelti sistematicamente tra i migliori laureati“.

Ocse-PISA, Ricci: si deve fare meglio – Sulla mediocre posizione di classifica occupata dall’Italia – a metà tra i 72 Paesi oggetto dell’indagine ma quasi ultima  in Europa (precede solo Grecia, Bulgaria e Romania) – Ricci invita a considerare la dinamica dei risultati conseguiti dagli studenti italiani nel tempo. “C’è stato un sensibile progresso per quanto riguarda la matematica, dove l’Italia si è portata nella media Ocse di 490 punti guadagnandone 7 sul 2012 e altri 7 sul 2009. E migliorando anche la percentuale dei suoi top performers. Risultati che si devono anche alle novità portate dalle nuove Indicazioni nazionali. Ma si può e si deve fare meglio, soprattutto nel Sud, il cui ritardo rispetto al Nord, in termini di competenze, arriva in certe Regioni, come la Campania, addirittura a 2 anni di studio“.

In che modo? Forse provando a diffondere il modello che ha consentito a  Trento e Bolzano, ma anche alla Lombardia, di conseguire risultati che ci collocherebbero nella parte alta della classifica, e tra i primi in Europa?
Non è un caso che gli studenti di Trento e Bolzano facciano bene, lì vengono assistiti anche fuori dell’orario scolastico. Servono interventi  integrativi, come ha detto anche la presidente dell’Invalsi, Anna Maria Ajello, il tempo pieno. E una formazione dei docenti mirata, che accompagni questi interventi“.

Ma basterà questo? Non è preoccupante che i nostri alunni studino più degli altri (50 ore settimanali contro le 36 dei finlandesi e le 44 della media Ocse) e ottengano risultati peggiori?
“Il problema non è la quantità delle ore di studio, ma la qualità dello studio: non il quanto, ma il come si studia. Occorrerebbe insegnare agli studenti non solo che cosa ma anche come studiare. La formazione in servizio, che ora è obbligatoria, dovrebbe occuparsi di questo problema“.

E poi c’è l’assenteismo, l’unica voce nella quale gli studenti italiani primeggiano, ma in negativo...
“E’ un grave problema, perché c’è una correlazione evidente tra i tassi di assenza e gli insuccessi scolastici. Basterebbe arginare questo fenomeno per ottenere qualche punto in più“.