Mobilità scuola: terminata l’analisi del testo

Mobilità scuola: terminata l’analisi del testo, ma su due punti il confronto rimane aperto

Nell’incontro del 26 gennaio è proseguita al tavolo l’analisi dell’articolato riguardante la nuova ipotesi di Ccni 2017/2018. È stato raggiunto un sostanziale accordo tra le parti, con le ultime revisioni su alcuni punti che hanno richiesto diverse fasi di confronto.

Sono rimasti in sospeso due nodi di rilievo, sui quali non si è ancora raggiunta la convergenza. Il primo riguarda la possibilità, o meno, di esprimere la scuola attuale come preferenza puntuale (nel limite delle 5 consentite), per i docenti che nella stessa scuola si trovano con incarico triennale da ambito. L’altro aspetto di contrasto riguarda le modalità con cui i docenti dovranno essere assegnati in sedi scolastiche staccate, succursali, associate anche lontane territorialmente o in comuni diversi.

Ancora da iniziare, invece, la trattativa sull’altro accordo riguardante le procedure e le modalità di assegnazione dagli ambiti alle scuole, accordo che, come sottoscritto nell’intesa politica del 29 dicembre 2016, deve essere contestuale alla sottoscrizione della pre-intesa sulla mobilità.

Al termine della riunione, l’amministrazione si è riservata di comunicare la data del prossimo incontro. Fondamentale, come ha affermato Francesco Sinopoli, Segretario generale FLC CGIL, è che “il MIUR non perda altro tempo”.

Nuovi Lea: grande traguardo politico a rischio di illusione collettiva?

Il Sole 24 Ore del 27-01-2017

Nuovi Lea: grande traguardo politico a rischio di illusione collettiva?

Con la firma del Premier Gentiloni il Ministro Lorenzin è riuscita nella titanica impresa in cui avevano fallito i suoi predecessori Turco e Balduzzi: dopo oltre 15 anni sono stati aggiornati i livelli essenziali di assistenza (Lea), che ora attendono solo il visto della Corte dei Conti per essere pubblicati in Gazzetta Ufficiale. Una grande enfasi mediatica ha celebrato il traguardo enfatizzando tutte le nuove prestazioni offerte ai cittadini: nuovo piano vaccini, screening neonatali per sordità e cataratta congenita, procreazione medicalmente assistita, prestazioni di genetica, adroterapia, radioterapia stereotassica, enteroscopia con microcamera ingeribile; novità per le protesi (comunicazione e attrezzature domotiche, carrozzine speciali); ingresso di 110 malattie rare e 6 nuove malattie croniche; nuovi percorsi di diagnosi e cura per i disturbi dello spettro autistico e tanto altro ancora.

Indipendentemente dall’espansione del “paniere” delle prestazioni, numerosi i “meriti” del Dpcm sui nuovi Lea che ridefinisce la loro articolazione con maggior dettaglio nella descrizione delle prestazioni, aggiorna i nomenclatori delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e di assistenza protesica, definisce in dettaglio programmi e prestazioni di assistenza socio-sanitaria, ridefinisce i criteri di appropriatezza per tutti i regimi di ricovero, introduce misure per migliorare l’appropriatezza professionale sulle prestazioni di specialistica ambulatoriale, in particolare l’obbligo per il medico prescrittore di riportare sulla ricetta la diagnosi o il sospetto diagnostico e l’individuazione di criteri di appropriatezza prescrittiva e condizioni di erogabilità per 98 prestazioni.

Tuttavia, lungi dal voler smorzare il legittimo entusiasmo politico, professionale e sociale, sminuire la determinazione del Ministro Lorenzin, o sottovalutare l’impegno della politica e dei tecnici, non sarebbe corretto ignorare le criticità relative agli aspetti metodologici per definire e aggiornare gli elenchi delle prestazioni.

• Il Dpcm sui “nuovi Lea” non prevede alcuna metodologia esplicita per inserire/escludere le prestazioni, tanto che molte di quelle inserite ex-novo sono state “sdoganate” in assenza di prove di efficacia solo per la loro elevata domanda sociale e/o professionale. Di conseguenza, se per garantire la sostenibilità del servizio sanitario il denaro pubblico dovrebbe finanziare solo interventi sanitari efficaci, appropriati e dall’elevato value, bisogna essere consapevoli che con i nuovi Lea saranno rimborsate anche prestazioni dal value basso o addirittura negativo e, al tempo stesso, escluse prestazioni dall’elevato value. Tra gli innumerevoli esempi, dentro l’adroterapia per il trattamento dei tumori pediatrici in assenza di prove di efficacia, fuori la telemedicina per il monitoraggio domiciliare dei pazienti con scompenso cardiaco (oltre che affetti da altre patologie croniche), nonostante le robuste evidenze a supporto e il fatto che sia esplicitamente prevista dal Piano Nazionale della Cronicità.

• Tranne poche eccezioni, i nuovi Lea non prevedono “liste negative” di prestazioni: alla Commissione Nazionale Lea, nominata dopo la pubblicazione dello schema di Dpcm, viene affidato l’onere di effettuare la manutenzione di elenchi di prestazioni oggi espansi oltre ogni limite per ottenere il consenso di tutte le categorie professionali e dei cittadini-pazienti, senza la certezza di un’adeguata copertura finanziaria.

• A fronte di numerose prestazioni sanitarie per le quali non esistono adeguate evidenze, il SSN preferisce rimanere un “acquirente disinformato” piuttosto che investire in una strategia di ricerca e sviluppo. Infatti, di fronte a una Commissione Nazionale Lea che dovrebbe individuare “procedure per l’esecuzione di studi osservazionali per la valutazione comparativa di efficacia degli interventi di prevenzione, diagnosi e cura, anche avvalendosi dei canali di finanziamento della ricerca sanitaria” emergono due perplessità: da un lato la ricerca comparativa è innanzitutto sperimentale, dall’altro i fondi della ricerca sanitaria corrente sono destinati agli Irccs, poco avvezzi alla ricerca comparativa, e quelli della ricerca finalizzata (ad eccezione dei programmi di rete) finanziano prevalentemente ricerca di base. In pratica oggi la ricerca comparativa potrebbe disporre al massimo di qualche milione di euro.

• Gli 800 milioni di euro stanziati non sono sufficienti, tanto che le Regioni hanno già chiesto un’introduzione graduale dei nuovi Lea, oltre che una verifica dei costi alla Commissione Nazionale Lea. Verosimilmente infatti i costi aggiuntivi risultano sottostimati, perché una percentuale imprevedibile delle nuove prestazioni saranno prescritte/erogate in maniera inappropriata, mentre sono stati sovrastimati i potenziali risparmi, in parte dipendenti da setting o da misure inapplicabili in alcune aree del Paese. Guardando alla spesa out-of-pocket, è previsto un incremento di ticket per oltre € 18 milioni, conseguenti al passaggio di alcune prestazioni dal regime di day hospital/day surgey a quello ambulatoriale; inoltre è stato ridotto il pacchetto di prestazioni per l’ipertensione senza danno d’organo e i costi a carico delle famiglie per le prestazioni socio-sanitarie non sono ben chiari.
In un generale contesto di riduzione del finanziamento pubblico che fa scricchiolare anche le performance delle Regioni più virtuose e nella consapevolezza che quelle “dissennate” non riescono neppure ad adempiere all’erogazione dei “vecchi Lea”, la variabile interazione di queste criticità rischia di trasformare un grande traguardo politico in una illusione collettiva con gravi effetti collaterali: allungamento delle liste d’attesa, aumento della spesa out-of-pocket, sino alla rinuncia alle cure. Ecco perché la Commissione Nazionale Lea non può limitarsi al delisting delle prestazioni obsolete (solo una piccola percentuale di quelle dal value basso o negativo), ma deve rivalutare complessivamente tutte quelle inserite nei Lea, facendo esplicito riferimento a un metodo rigoroso basato sulle evidenze e sul value, come già sottolineato dalla relazione della Commissione Igiene e Sanità del Senato. In altre parole, osando una metafora idraulica, se non è possibile espandere adeguatamente la capienza del contenitore (aumentare il finanziamento pubblico), con un rubinetto sempre aperto (continua immissione sul mercato di innovazioni, vere o false che siano), solo uno scarico adeguato (disinvestimento da prestazioni dal basso value) potrà evitare di far traboccare l’acqua (non sostenibilità dei nuovi Lea).

La storia ci ha insegnato che definire i Lea a livello centrale permettendo alle Regioni di ribaltare, a cascata, le responsabilità sulle aziende sanitarie sino ai medici prescrittori e agli altri professionisti sanitari, rende evanescente il ruolo della Repubblica nel tutelare la salute delle persone. Anche perchè l’occasione di restituire allo Stato la possibilità di “riprendere” le Regioni non adempienti sui Lea è ormai persa per sempre.

di Nino Cartabellotta (presidente Fondazione Gimbe)

Atelier creativi

Dal #PNSD 28 milioni di euro per finanziarli

Stampanti e scanner 3D, kit per la robotica, per il making e il tinkering, per combinare manuale e digitale, didattica formale e informale. Gli spazi delle scuole primarie e secondarie di primo grado diventano atelier creativi. È da oggi on line la graduatoria dei 1.873 progetti che saranno finanziati attraverso i 28 milioni messi a bando nel 2016 per innovare gli spazi didattici nella scuola del I ciclo.

Dal laboratorio di astronomia dove saranno gli stessi studenti a creare artigianalmente gli strumenti astronomici, a quello per la creazione di format narrativi attraverso l’uso delle tecnologie digitali.

Dall’atelier per lo studio della biomeccanica del corpo umano a quello sul riciclo di tessuti, il recupero di piccoli giocattoli e materiale plastico per la realizzazione di manufatti anche tramite l’utilizzo di stampanti 3D.

Sono alcuni dei progetti che hanno passato il vaglio della Commissione esaminatrice che ha valutato oltre 3.400 proposte arrivate al Ministero. La procedura di selezione si è svolta completamente on line e le scuole, per la prima volta, sono state accompagnate nel processo di elaborazione delle loro proposte attraverso sedute in live streaming di supporto amministrativo e tecnico organizzate dal Miur. Grazie a questo finanziamento oltre un terzo delle scuole del I ciclo avrà un laboratorio innovativo.
Gli atelier vincitori saranno finanziati con un contributo massimo di 15.000 euro e sono così suddivisi per regione:

– Abruzzo: 47
– Basilicata: 25
– Calabria: 83
– Campania: 226
– Emilia-Romagna: 120
– Friuli: 38
– Lazio: 159
– Liguria: 42
– Lombardia: 263
– Marche: 51
– Molise: 13
– Piemonte: 133
– Puglia: 144
– Sardegna: 56
– Sicilia: 199
– Toscana: 108
– Umbria: 33
– Veneto: 133


Graduatorie

Legge 107/15 e audizioni sulle deleghe

Legge 107/15 e audizioni sulle deleghe: la FLC CGIL chiede interventi di modifica sostanziali

Lo scorso 14 gennaio, quasi allo spirare dei diciotto mesi previsti dalla legge 107/15, sono stati approvati in prima lettura dal Consiglio dei Ministri otto delle nove deleghe previste dai commi 180 e 181.

Come abbiamo evidenziato all’indomani dell’approvazione, si consegnano alla discussione pubblica e a quella istituzionale provvedimenti di grande rilievo che dovranno essere discussi in tempi davvero limitati. Ciò è ancor più grave considerando le modalità di elaborazione dei testi in assoluta continuità con la sequenza di errori che ha accompagnato tutta la storia della legge 107/15. Un intervento normativo che guarda alla sola gestione senza offrire nessun orizzonte progettuale per la scuola italiana, nessuna missione. Non una parola sul rinnovo dei saperi e dei contenuti, nessun piano per sostenere il cambiamento della didattica. Tutte cose che possono nascere da un grande lavoro collettivo della scuola e della società civile al quale il governo dovrebbe offrire sedi e risorse.  Se le deleghe saranno l’occasione per recuperare almeno in parte questa macroscopica mancanza lo verificheremo nei prossimi giorni.

Alle commissioni porteremo quindi per ciascuna delle deleghe le nostre proposte di modifica che formuleremo a partire dall’analisi dell’adeguatezza delle risorse messe in campo (finanziarie e professionali) rispetto agli obiettivi enunciati. Siamo fermamente convinti che senza la valorizzazione e il miglioramento del lavoro di tutte le componenti della scuola, a partire dalla stabilizzazione dei precari, ci troveremo di fronte alle ennesime operazioni di razionalizzazione e risparmio mascherate da riforme. Osservando l’attenzione che alcuni media stanno riservando a ben precise materie oggetto delle deleghe il rischio è forte.

Nei prossimi giorni renderemo disponibile un’analisi approfondita dei testi accompagnata da precise richieste di modifica anche con riferimento all’eccesso di delega, evidente in molti casi. Siamo pronti a sostenere le nostre rivendicazioni con tutti gli strumenti necessari consapevoli che rimane prioritario un intervento abrogativo di intere parti della legge 107/15 rispetto a cui serve rilanciare un dibattito pubblico ed una iniziativa diffusa sugli aspetti più controversi della legge.

Sisma, Fedeli: nel prossimo Cdm norma per salvare anno scolastico

da Il Sole 24 Ore

Sisma, Fedeli: nel prossimo Cdm norma per salvare anno scolastico

di Alessia Tripodi

Nel nuovo decreto terremoto che la prossima settimana andrà in Consiglio dei ministri ci sarà una norma per salvare l’anno scolastico nelle zone colpite dal sisma. E per gli stessi territori sarà «garantito più tempo per le iscrizioni». Lo ha annunciato ieri il ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, presentando le linee programmatiche del suo ministero alle Commissioni Cultura riunite di Camera e Senato. Fedeli ha parlato anche del nuovo esame di maturità, spiegando che «non sarà più facile. Certo, si sono ridotte a due le prove, ma la seconda potrà essere multidisciplinare. L’esame sarà così più semplice nelle modalità, ma questo non vuol dire più facile».

Sisma, deroghe per salvare anno scolastico
«Abbiamo già predisposto un emendamento che consegneremo al presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni – ha spiegato Fedeli – perché la prossima settimana al Consiglio dei ministri, nel decreto per gli interventi urgenti per le aree terremotate e colpite dal maltempo, ci sia una norma che per il 2016-2017 consenta di derogare alla durata minima di 200 giorni di lezione perché l’anno scolastico sia valido». E all’obbligo «per gli studenti di frequentare per almeno tre quarti dell’orario annuale per essere valutati ed ammessi agli esami di Stato». Nei territori colpiti dal terremoto il Miur ha anche «garantito una gestione diversificata delle iscrizioni» scolastiche, ha detto Fedeli, «per dare più tempo a scuole e famiglie» «di riorganizzarsi e scegliere modalità e sedi di frequenza per il prossimo anno».

Maturità, cambia la valutazione
Parlando delle deleghe della legge sulla «Buona scuola» e in particolare della valutazione, la ministra ha osservato: «Non so dire» se la maturità «sarà più difficile», «quello che mi pare importante è il processo di valutazione che cambierà nell’approccio. Dando maggior peso al percorso dell’ultimo triennio e stimolando gli insegnanti ad esprimere una valutazione complessiva su ciascuna alunna e ciascuno alunno». «Dire che una sola insufficienza non è motivo per non essere ammessi all’esame – ha aggiunto – è allora un modo di osservare e valutare meglio, in modo più attento e approfondito. Ben venga il dibattito tra proposte diverse che motivino l’efficacia del sistema di valutazione». Fedeli ha poi assicurato che le materie della seconda prova degli esami di maturità 2017 usciranno lunedì prossimo.

«Miur aperto, Parlamento non sia luogo di scontro»
«Il mnistero sarà aperto, pronto ad ascoltare, dialogare, condividere – ha detto poi il ministro – e mi aspetto di trovare in tutte e tutti gli interlocutori lo stesso atteggiamento, non ci deve essere rigidità da parte di nessuno, ma spirito di collaborazione e confronto di merito». Parlando della deleghe della Buona Scuola Fedeli ha spiegato che «è iniziato un percorso che ci vedrà collaborare con le Commissioni parlamentari, assicurando una forte partecipazione del ministero, per ascoltare in audizione tutti i soggetti coinvolti. Dirigenti scolastici, insegnanti, personale amministrativo, sindacati, studenti, famiglie, associazioni, stakeholder, in modo che i testi finali siano frutto della massima condivisione possibile».

Pronta la Carta dei diritti e doveri dei ragazzi in alternanza

da Il Sole 24 Ore

Pronta la Carta dei diritti e doveri dei ragazzi in alternanza

di Cl. T.

Il nuovo corso-concorso per dirigenti scolastici (il Miur pensa di bandire 1.500 posti – la richiesta è all’esame del Mef); la conclusione «entro l’avvio del prossimo anno scolastico» della maxi-selezione indetta nel 2016 per 63.712 cattedre (e ancora in larga parte non ultimata); il varo «in tempi rapidissimi» della Carta dei diritti e doveri degli studenti in alternanza, visto che, a settembre, andrà a regime la formazione obbligatoria “on the job” interessando 1,5 milioni di ragazzi (delle ultime tre classi degli istituti superiori).

Le priorità
Sono i primissimi obiettivi che la neo-ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, ha indicato al Parlamento nel corso dell’audizione, ieri, sulle linee programmatiche della sua azione di governo sul fronte scuola: l’urgenza, più immediata, è per gli istituti nelle aree del Centro Italia colpite dal sisma: «Qui la prossima settimana in Consiglio dei ministri verrà presentato il decreto terremoto – ha detto Fedeli – che conterrà una norma per derogare alla durata minima di 200 giorni di lezione perchè l’anno scolastico sia valido, e alla frequenza, per gli studenti, di almeno tre quarti dell’orario annuale per essere valutati ed ammessi agli esami. Anche per le iscrizioni è stata prevista una gestione diversificata per dare più tempo a scuole e famiglie di riorganizzarsi».

Deleghe
Parlando poi degli otto Dlgs attuativi della legge 107, appena sbarcati alle Camere, la neo-titolare del Miur ha auspicato un ampio «coinvolgimento» e «ascolto» di tutto il mondo della scuola per varare i testi, nei tempi previsti, e il più possibile condivisi. Focalizzando, in particolare, l’attenzione sul decreto che apporta sostanziali modifiche all’esame di maturità, l’ex vice presidente del Senato, ha confermato l’idea di ridurre le prove scritte da tre a due: «la seconda potrà essere multidisciplinare», ha spiegato (resterà il tema di italiano, mentre salterà la terza prova, il cosiddetto “quizzone”). Modifiche che, secondo la titolare del Miur, «non renderanno l’esame più facile», quanto piuttosto modificheranno «il processo di valutazione, dando maggior peso al percorso dell’ultimo triennio e stimolando gli insegnanti ad esprimere un giudizio complessivo su ciascun ragazzo».

Organico di diritto
Tra le altre novità in arrivo, una nuova selezione per direttori dei servizi generali ed amministrativi (i Dsga) e la stabilizzazione, con 400 milioni di euro, dei posti oggi funzionanti in organico di fatto (e coperti da un supplente) in organico di diritto (su cui, invece, assegnare un prof di ruolo). Una “partita” che potrebbe valere oltre 10mila posti stabili (l’ultima parola spetta al Mef).

Vaccini, sull’obbligo parte il confronto Governo-Regioni

da Il Sole 24 Ore

Vaccini, sull’obbligo parte il confronto Governo-Regioni

di Lucilla Vazza

Stop and go in meno di un giorno sull’obbligo dei vaccini. Le Regioni a larga maggioranza hanno presentao mercoledì in un vertice con la ministra Beatrice Lorenzin una proposta per arrivare in maniera uniforme all’obbligatorietà delle vaccinazioni dei bimbi fino ai 6 anni nei nidi e nelle scuole materne. Una proposta che però nella serata di ieri soltanto la Lombardia ha detto di non condiviere. E che poi in un comuicato la ministra ha in qualche modo gelato: non c’è alcuna «intesa», ha voluto pecisare Lorenzin, ma soltanto «l’inizio di un confronto». Tanto più che la ministra si riserva di portare la questione al vaglio del ministro dell’Istruzione e di tutto il Governo. Insomma, sull’obbligo delle vaccinazioni siamo ancora al punto di partenza.

La novità, anticipata dal «Sole 24 Ore Sanità», è contenuta nel documento regionale con la roadmap proposta per l’applicazione del piano nazionale di prevenzione vaccinale. E con un possibile programma per fronteggiare l’antibiotico-resistenza. Ma anche sull’applicazione dei nuovi Lea, che attendono ancora il visto della Corte dei conti prima di essere pubblicate in Gazzetta.

La proposta delle Regioni sull’obbligo vaccinale nasce dal tentativo di superare l’attuale fai-da-te locale. Ma con altre precisazioni. A partire dalla messa a punto di modalità organizzative e da una tempistica comune e condivisa del calendario vaccinale fino al 2018. Con un programma e una tabella di marcia che le Regioni hanno scritto nero su bianco in un apposito documento consegnato al ministero e sul quale ci saranno nuovi incontri, anche in tempi rapidi. La campagna vaccinale, che come detto sarà concordata con le Regioni, vedrà un ruolo decisivo sul piano scientifico anche dell’Iss (Istituto superiore di sanità)

A fare da sfondo un programma di comunicazione efficace con cui provare a spazzare via i dubbi di quelle mamme e quei papà che hanno deciso di non vaccinare i propri figli, esponendoli a concreto rischio salute. Loro e tutti noi. Perché le mancate vaccinazioni fanno abbassare il livello di immunizzazione dell’intera collettività anche rispetto a malattie come la polio, ormai debellate da decenni. E proprio per monitorare il livello di copertura vaccinale e garantire la stessa qualità su tutto il territorio nazionale, le Regioni chiedono a gran voce un’anagrafe vaccinale informatizzata. Un tassello indispensabile per realizzare gli obiettivi di copertura raccomandatati dagli scienziati.

«Le nuove vaccinazioni contenute nel piano – ha spiegato Antonio Saitta, assessore della regione Piemonte e coordinatore della Commissione salute della Conferenza delle Regioni – sono comprese nei nuovi livelli essenziali di assistenza (Lea) e, come è emerso nel colloquio con il ministro, si pone l’esigenza di una condivisione Stato-Regioni del percorso applicativo». Le Regioni chiedono un calendario vaccinale che stabilisca le priorità e la tempistica delle somministrazioni, in modo progressivo e graduale. Un obiettivo che va raggiunto nello stesso momento in cui si ripartiranno i 100 milioni di euro stanziati dalla legge di bilancio.

Contratto mobilità: il nodo resta quello della chiamata diretta

da La Tecnica della Scuola

Contratto mobilità: il nodo resta quello della chiamata diretta

La vicenda del contratto sulla mobilità si sta trasformando in un piccolo giallo.
Dopo la firma dell’intesa politica fra Ministra e sindacati, avvenuta il 29 dicembre scorso, pareva che il percorso per la sottoscrizione del contratto integrativo sarebbe stato tutto in discesa.
In molti, anzi, aveva pronosticato che il contratto sarebbe stato firmato nell’arco di pochi giorni.
In realtà, però, avvisaglie di problemi e difficoltà erano emerse quasi subito: si è andati avanti per diversi incontri ad analizzare con cura l’articolato contrattuale ma senza sfiorare minimamente il vero nodo, che è poi quello della chiamata diretta, quasi che ci fosse il timore di aprire contrasti insanabili fra le parti.
Pocihi giorni fa, concluso l’esame degli articoli più strettamente dedicati alla mobilità, si è dovuto dare avvio al confronto sulla questione della chiamata diretta e, a quanto pare, le posizioni delle parti sono molto distanti.
Ciò che non è chiaro, però, è il motivo per cui l’accordo politico fra ministra e sindacati non si traduca anche in risultati concreti. Si possono fare solo delle ipotesi.
Partiamo dunque da una domanda: perchè la Ministra non ha tradotto l’accordo del 29 dicembre in una sorta di atto di indirizzo da trasmettere agli uffici del Ministero in modo da “incanalare” la trattativa sui binari concordati?
Una spiegazione possibile è che gli Uffici legislativi del Ministero hanno spiegato a Valeria Fedeli che neppure il Ministro può autorizzare un contratto in deroga alle leggi dello Stato.
Ma è difficile che la Fedeli non fosse consapevole di questo ostacolo quando siglò l’intesa.
Una ipotesi più probabile è che la ministra pensasse di poter convincere il Governo ad approvare un decreto legge per modificare qualche punto della legge 107 e che non abbia trovato ascolto in Consiglio dei Ministri.
E c’è anche un altro elemento da considerare: allo stato attuale il fronte sindacale non sembra particolarmente compatto; la Flc-Cgil continua con insistenza a ripetere in ogni comunicato che l’accordo sulla chiamata diretta deve essere contestuale alla firma dell’intero contratto, al contrario la Cisl-Scuola parla esplicitamente di chiamata diretta affidata ad una sequenza contrattuale.
Insomma, la confusione è tanta ed è davvero improbabile che la trattativa si concluda in tempi rapidi. A questo punto si pone anche un’altra questione: se davvero la Ministra intende accelerare le operazioni di avvio dell’anno scolastico 2017/18, come ha ribadito anche nel corso dell’audizione in Parlamento,  dovrà prendere una decisione al più presto. L’intesa contrattuale, infatti, dovrà essere esaminata dal MEF e dalla Funzione Pubblica e per questo controllo bisogna mettere in conto un paio di mesi.
Dopo di che si potrà firmare il contratto vero e proprio.
Ma se la trattativa procede con questo ritmo, si rischia addirittura di allungare i tempi rispetto allo scorso anno.

Fedeli: sulle deleghe il confronto sarà ampio e aperto

da La Tecnica della Scuola

Fedeli: sulle deleghe il confronto sarà ampio e aperto

All’accusa rivolta al Governo di aver emanato gli schemi di decreti applicativi senza nessun tipo di confronto, la Ministra ha risposto oggi in Parlamento, incontrando le Commissioni Cultura riunite di Camera e Senato.

“Il Ministero sarà aperto, pronto ad ascoltare, dialogare, condividere – ha garantito la Ministra –  e mi aspetto di trovare in tutte e tutti gli interlocutori lo stesso atteggiamento. Non ci deve essere rigidità da parte di nessuno, ma spirito di collaborazione e confronto di merito”.

Più nello specifico la Ministra ha detto: “E’ iniziato un percorso che ci vedrà collaborare con le Commissioni parlamentari, assicurando una forte partecipazione e presenza del Ministero, per ascoltare in audizione tutti i soggetti coinvolti. Dirigenti scolastici, insegnanti, personale amministrativo, sindacati, studenti, famiglie, associazioni, stakeholder, in modo che i testi finali siano frutto della massima condivisione possibile”.

Nel suo lungo intervento Valeria Fedeli ha anche parlato degli obiettivi e delle priorità per la scuola. Tra i principali: il “diritto allo studio effettivo, per tutte e tutti”, l'”impegno” verso la stabilizzazione degli insegnanti, l’attenzione per l’edilizia scolastica, la “piena attuazione” del piano di formazione per i docenti.
“Dobbiamo investire di più – ha ammesso la Ministra – Gradualmente lo si sta facendo, ma servirebbe un cambio deciso di grandezze”. 

Aumenti entro aprile, Fedeli: per i docenti l’accordo su 85 euro non basta, meritano di più

da La Tecnica della Scuola

Aumenti entro aprile, Fedeli: per i docenti l’accordo su 85 euro non basta, meritano di più

Il nuovo contratto arriverà tra marzo e aprile 2017, ma per i dipendenti della scuola dovrà essere maggiorato rispetto al resto della Pubblica amministrazione.

L’annuncio arriva dal primo “inquilino” di viale Trastevere, Valeria Fedeli, intervistata il 26 gennaio da “La radio ne parla” su Radio1.

Fedeli ha detto che “le scadenze” per il rinnovo del contratto “sono tra marzo e aprile: come Miur apriremo un confronto con le organizzazioni di categoria, perché la trattativa, come tutti sanno, si farà presso il Ministero della Funzione pubblica, in particolare presso l’Aran. Lì si dovranno affrontare, per quanto ci riguarda come scuola, dei punti importanti”.

Fedeli ha tenuto a sottolineare che “nell’intesa del 30 novembre si è detto che la media” per gli aumenti “è di 85 euro, ma va tradotta comparto per comparto, professionalità per professionalità, questo è un lavoro che dobbiamo fare. È importante sapere che stiamo parlando del settore della scuola, dell’università, della ricerca e dell’Afam, perché questa è una parte che non può essere presa e considerata allo stesso modo di altre tipologie, assolutamente degne e importanti, di lavoro pubblico”.

Fin qui il pensiero di Fedeli. Resta ora da capire dove troverà i soldi il ministro per assegnare gli aumenti maggiorati, visto che quelli stanziati nelle ultime due leggi di Stabilità non bastano nemmeno a coprire la cifra per i circa 3 milioni di dipendenti pubblici fermi alle buste paga di sette anni fa.

Tra l’altro, l’accordo di fine novembre, come più volte riferito dal ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia, non prevede incrementi stipendiali uguali per tutti, ma li lega in base al merito e alle presenze sul posto di lavoro.

Presto, comunque, si andrà oltre alle intenzioni. E allora capiremo se il programma che si è posto ora il nuovo ministro dell’Istruzione è fattibile sul piano pratico.

Tornano obbligatori i vaccini per chi va a scuola, c’è l’accordo Stato-Regioni-Province

da La Tecnica della Scuola

Tornano obbligatori i vaccini per chi va a scuola, c’è l’accordo Stato-Regioni-Province

Dopo la Toscana, anche in tutte le altre regioni presto saranno obbligatori i vaccini per l’accesso al nido e alla scuola dell’infanzia.

La legge, reintrodotta dopo 18 anni, potrebbe arrivare in tempi brevi: il 25 gennaio è stato infatti raggiunto l’accordo tra il ministro della Salute Beatrice Lorenzin e gli assessori delle Regioni e delle Province autonome.

Tutti i presenti all’incontro hanno espresso il loro assenso, con il via libera arrivato all’unanimità e quindi le remore di alcune regioni.

All’incontro – mirato all’avvio del nuovo Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2017-19 – era presente il presidente dell’Istituto superiore di sanità Walter Ricciardi, secondo cui si è raggiunto uno “storico” accordo, perché mira ad eliminare le disparità attualmente esistenti tra le Regioni in tema di vaccinazioni.

Ci sono state delle regioni, come Emilia, Friuli Venezia Giulia e Toscana, ha spiegato il presidente dell’Iss, “che sono state più coraggiose e per prime hanno deciso per l’obbligatorietà delle vaccinazioni, ma ora si decide di prendere un’iniziativa a livello nazionale e questo è storico“.

In questo modo, ha chiarito, “si supera finalmente la confusione che ancora esiste tra la gente tra vaccinazioni obbligatorie e consigliate: va infatti detto in modo definitivo che tutte le vaccinazioni, dal momento che salvano vite umane, sono obbligatorie, sia da un punto di vista etico che scientifico”.

Cosa accadrà ora è presto detto: “sarà approntato un provvedimento che sarà presentato al Parlamento”, assicura il presidente dell’Istituto superiore di sanità.

Il provvedimento, continua Ricciardi, “fa chiarezza anche sull’importanza della vaccinazione per la tutela delle fasce più fragili come bambini, anziani o persone immunodepresse soprattutto nelle comunità ristrette come per esempio le aule scolastiche”.

Il tutto mirato alla prevenzione di malattie importanti che, viste le basse coperture attualmente registrate in Italia, rischiano di riemergere.

Per il coordinatore degli assessori regionali alla Sanità, Antonio Saitta, ora “occorre un calendario vaccinale che stabilisca le priorità e la tempistica delle somministrazioni, in modo progressivo e graduale”.

Un obiettivo che va raggiunto nello stesso momento in cui si ripartiranno le risorse stanziate per le vaccinazioni su scala nazionale: “100 milioni di euro, dalla legge di bilancio. Sarà poi fondamentale attivare una campagna di comunicazione condivisa fra il ministero e le Regioni proprio per supportare l’offerta vaccinale”, sottolinea Saitta.

Il Codacons, però, continua a promettere battaglia: “Ricorreremo in ogni sede contro una legge nazionale in tal senso, e ci rivolgeremo alla Corte europea dei diritti dell’uomo per bloccare una iniziativa che è una violenza nei confronti delle famiglie”, perchè non è lecito “”imporre con legge nazionale la vaccinazione obbligatoria per accedere ad asili e scuole senza mettere a disposizione dei cittadini i 4 vaccini riconosciuti come obbligatori”.

Dello stesso avviso si dicono i ‘Genitori del NO Toscana’, che contano già oltre 1500 aderenti e sono un gruppo nato su facebook, che vuole ora costituirsi in Comitato, contro la proposta di legge della Regione Toscana sull’obbligo vaccinale.

Inps, istruzioni operative per l’ottava salvaguardia pensionistica

da La Tecnica della Scuola

Inps, istruzioni operative per l’ottava salvaguardia pensionistica

Per i lavoratori che nel 2011 erano in congedo straordinario per assistere i figli con disabilità grave è possibile presentare domanda per rientrare nella cd. ottava salvaguardia.

La previsione è contenuta nell’ultima legge di bilancio ed è stata illustrata dall’Inps, con la circolare n. 11 del 26 gennaio 2017.

Ricordiamo che questa salvaguardia, come le precedenti, consente di andare in pensione con i requisiti di accesso e le decorrenze vigenti prima dell’entrata in vigore del decreto legge 201 del 6 dicembre 2011, poi modificato, dalla legge 214 del 22 dicembre 2011.

L’ottava salvaguardia comprende, tra gli altri, anche 700 lavoratori che, come dicevamo, nel 2011 risultano essere in congedo ai sensi dell’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo n. 151 del 2001 (congedo, continuativo  o  frazionato,  non  superiore a due anni) per assistere figli disabili gravi.

La domanda deve essere trasmessa alla Direzione territoriale del lavoro competente per territorio entro il 2 marzo 2017.

Successivamente a questa data, partiranno per i beneficiari della salvaguardia le lettere attestanti il diritto all’accesso alla pensione.

Ricordiamo che, a tale proposito, il Miur ha comunicato che solo successivamente alla complessa procedura in questione fornirà indicazioni per la presentazione delle domande di cessazione dal servizio per il personale interessato.

Scuole paritarie: saranno davvero la seconda scelta dei bocciati al concorso?

da Tuttoscuola

Scuole paritarie: saranno davvero la seconda scelta dei bocciati al concorso?

Camera e Senato in questi giorni sono ai preliminari (lettura, relazioni introduttive) degli schemi degli otto decreti delegati della Buona Scuola, poi da lunedì cominceranno le audizioni per raccogliere pareri da associazioni, organizzazioni e rappresentanze varie del mondo della scuola, prima di cominciare il lavoro vero e proprie per esprimere il richiesto parere entro il 17 marzo p.v.

Di criticità rilevate ce ne sono diverse all’interno degli schemi di decreto alcune delle quali vincolate espressamente dalla stessa delega e, quindi, difficili da rimuovere.

Tra queste, il Corriere della sera, in un documentato servizio di Orsola Riva, ieri ha evidenziato “il problema gigantesco degli insegnanti delle scuole paritarie”, che attualmente devono essere abilitati (pena il disconoscimento della parità delle scuole in cui insegnano) e che dal 2020, secondo la previsione del decreto, dovranno essere specializzati all’insegnamento (la nuova formulazione dell’abilitazione), frequentando a proprie spese presso l’università i corsi di specializzazione previsti gratuitamente per i vincitori di concorso.

Capiterà in molti casi che ai prossimi concorsi per la scuola secondaria i candidati non vincitori (bocciati o non inclusi nella graduatoria di merito) potranno, pagando, essere ammessi a frequentare, come soprannumerari, i corsi organizzati dalle università (gratuitamente) per i vincitori di concorso.

Siederanno sui banchi dell’università, uno accanto all’altro, studenti paganti e studenti ammessi gratuitamente: i primi con la speranza di avere un posto di lavoro, i secondi con il posto fisso certo.

Una situazione che la giornalista ritiene ‘paradossale’ e che avrà come conseguenza “il rischio che la scuola privata (paritaria) diventi la seconda scelta di chi è stato scartato dal concorso”.

Non sarà facile modificare il testo dello schema anche se la relatrice Manuela Ghizzoni (PD) ha parlato semplicemente di problema di formulazione”.

In effetti il punto 8 della delega (comma 181, lettera c) della legge 107/15) prevede “la previsione che il conseguimento del diploma di specializzazione costituisca il titolo necessario per l’insegnamento nelle scuole paritarie”; e al punto 3.4) “la possibilità, per coloro che non hanno partecipato o non sono risultati vincitori nei concorsi nazionali di iscriversi a proprie spese ai percorsi di specializzazione per l’insegnamento secondario”.

Era tutto già scritto, dunque, per docenti di serie B per la scuola che dovrebbe chiamarsi paritaria.

Bambini e ragazzi con dislessia: quale strada per genitori e insegnanti?

da Tuttoscuola

Bambini e ragazzi con dislessia: quale strada per genitori e insegnanti?

Secondo il MIUR nel 2016 i DSA sarebbero 187mila, il 2,1% degli alunni. L’associazione Italiana Dislessia invece parla addirittura di 350mila. La Dislessia, insieme a Discalculia, Disgrafia, Disortografia, viene definito DSA, Disturbo Specifico dell’Apprendimento. Una difficoltà nella capacità di leggere, scrivere, calcolare in modo corretto.

I dislessici hanno solo bisogno di apprendere in modo diverso. Questa difficoltà è ancora poco conosciuta, a volte diagnosticata tardivamente. Non capita raramente che i bambini e ragazzi dislessici non siano riconosciuti, e che vengano considerati da genitori e insegnanti come pigri, non motivati, “con la testa fra le nuvole”. Questo perché, fuori dal contesto scolastico, sono ragazzi ‘insospettabili’: socializzano come qualsiasi coetaneo, spesso diventano persino più abili nelle relazioni.

Il problema della dislessia si potrebbe dire ‘silenzioso‘. L’atteggiamento di un bambino dislessico è uguale a quello di un alunno svogliato. Spesso quindi noi adulti scegliamo spiegazioni semplici: il ragazzo non ha voglia di impegnarsi. È ciò che accade nei confronti dei dislessici che non sono stati riconosciuti e accolti dagli adulti, dalla famiglia e dalla scuola. Si aggiunge che ogni ragazzo dislessico è diverso dall’altro, perché ogni forma di dislessia è diversa. Quindi per i non addetti, la difficoltà nel riconoscerla e accettarla non è banale, poiché non è una disabilità, né una malattia, e non è neanche un handicap; è una neurodiversità. Come il mancinismo.

Esiste una legge a tutela emanata nel 2010 , la 170, ma nonostante questa, a volte ai dislessici è richiesto di apprendere secondo regole pensate per i ‘normodotati’ (che brutta parola…); un po’ come se si chiedesse ad un mancino di scrivere con la destra. Il risultato è fallimentare nella maggiore delle situazioni, e di conseguenza, l’alunno dislessico spesso manifesta bassa autostima, poca fiducia in se stesso, depressione, scelte scolastiche semplificate.

L’autostima di Francesco P., adolescente romano e ‘dislessico certificato’ da 4 anni, è stata per esempio gravemente compromessa da un curriculum scolastico farcito di insuccessi, di rimproveri per lo scarso impegno, per il disordine nella scrittura, note sul diario, richiami in classe, distrazione perenne. A Francesco è stata riconosciuta una forma di DSA mista con una disgrafia e discalculia importanti. La mamma ricorda la frase della neuropsichiatra che osservando i quaderni del ragazzo esclamò “Signora, ha la vaga idea della fatica che questo ragazzo ha fatto in tutti questi anni?”. Francesco ha seguito un programma sperimentale di logopedia e stimolazione transcranica presso una nota struttura pediatrica pubblica; è seguito negli studi da una tutor che lo aiuta a strutturare sempre meglio il suo metodo di studio e lo supporta psicologicamente, motivandolo quando necessario. Ricostruisce il suo modo di studiare, grazie all’ausilio di una equipe medica, della vicinanza con coetanei simili a lui, dell’utilizzo di tecnologia specifica (tablet, app dedicate, audiolibri), il Piano Didattico Personalizzato; la caparbietà della mamma e di tutta la famiglia nel voler capire per supportare. Oggi è un ragazzo sereno, ironico: ha capito qual è la sua situazione e la affronta con maggiore sicurezza. Ora quando commette un errore spesso ride fragorosamente dicendo “Dislessia portami via“, oppure si arrabbia e dice “Ce la devo fare”. Affronta i giorni di scuola non senza fatica, ma i drammi in casa sono finiti. La difficoltà a volte è con alcuni insegnanti che per tanti e complessi motivi, primo tra tutti la mancanza di formazione adeguata, non sostengono l’apprendimento adatto. Bisogna conoscere la Dislessia e gli altri DSA per distinguerla dalle difficoltà di apprendimento che più o meno tutti gli studenti hanno.

Daniela Lucangeli, presidente dell’Associazione per il coordinamento nazionale degli insegnanti specializzati, professore ordinario di psicologia dello sviluppo dell’Università di Padova e membro dell’Accademia mondiale delle scienze afferma: “Il miglior aiuto è aiutare. Va analizzato l’errore. Oggi c’è poca formazione e soprattutto viene fatta sulla prestazione anziché sulla funzione: misura se il bambino raggiunge o meno certi parametri, non fa analisi della qualità dell’apprendimento del bambino”.

Franco Botticelli, attuale presidente dell’Associazione italiana dislessia dice:”Possiamo parlare di un boom della dislessia perché ora finalmente se ne parla. Le persone si riconoscono, riescono ad affrontare il problema e viverci tranquillamente”. La strada quindi, per i genitori e per gli insegnanti: informarsi, formarsi, accogliere, diventare strumento di utilità. Sostenere la motivazione. Per garantire il corretto e meritato successo scolastico. Segnalo, oltre al sito dell’Associazione Italiana Dislessia, anche numerosi video su YouTube, tra cui quello di Giacomo Cutrera “La dislessia raccontata da un dislessico”, l’audio libro “Demone Bianco”  e l’articolo di Alex Corlazzoli su Il Fatto Quotidiano del 15 marzo 2016 “DSA, boom di diagnosi“.

Di Life Coach Italy

Fedeli incontra il Forum degli studenti: inizio di un confronto costante

da Tuttoscuola

Fedeli incontra il Forum degli studenti: inizio di un confronto costante

La Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, ha incontrato al Miur il Forum Nazionale delle Associazioni Studentesche.

Al centro dell’incontro, il primo fra la Ministra e il Forum, l’emergenza sisma, l’attuazione della Buona Scuola, l’Alternanza scuola-lavoro, il diritto allo studio.

Quello di oggi è solo un primo momento di incontro con gli studenti del Forum. Vogliamo un contatto costante con le studentesse e gli studenti che sono i veri protagonisti della scuola. Mi ha fatto particolarmente piacere che loro stessi abbiano voluto cominciare i loro interventi dai problemi e dalle esigenze delle ragazze e dei ragazzi dei territori colpiti dal sisma”, ha dichiarato Fedeli.

Alle Associazioni la Ministra ha ribadito l’impegno per assicurare la regolarità dell’anno scolastico nelle aree colpite dal terremoto. Rispondendo su un altro tema chiave dell’incontro, la Ministra ha fornito chiarimenti sulla corretta interpretazione dell’Alternanza scuola-lavoro che “deve essere intesa – ha spiegato – come parte integrante di un differente modello di didattica”.

La Ministra ha sottolineato che l’incontro rappresenta l’inizio di un confronto costante con i rappresentanti delle studentesse e degli studenti che proseguirà in modo regolare. Fedeli ha poi invitato le Associazioni del Forum a partecipare al dibattito sui decreti attuativi della Buona Scuola portando le loro proposte e osservazioni nel corso delle audizioni parlamentari.