Riforma PA in CdM: visite fiscali a ripetizione e precari storici assunti entro il 2020

da La Tecnica della Scuola

Riforma PA in CdM: visite fiscali a ripetizione e precari storici assunti entro il 2020

Arriva la la delega del ministro Madia sulla riforma del pubblico impiego: la prossima settimana i decreti attuativi verranno presentati in Consiglio dei ministri.

Prima del parere del Governo, però, la Funzione Pubblica incontrerà i sindacati: il confronto è fissato per lunedì 13 febbraio.

Sono diverse le novità contenute nei dispositivi, che fanno capo alla stessa legge, alcune delle quali già annunciate da questa testata giornalistica: quando approvate in via definitiva, anche dalle commissioni parlamentari, le nuove norme andranno a mutare diversi aspetti professionali degli oltre 3 milioni di lavoratori pubblici, un terzo circa facenti capo alla Scuola.

 

Riportiamo ai nostri lettori, la sintesi sulle principali norme in arrivo prodotta dall’agenzia nazionale Ansa.

CHIAMATE IN BASE A FABBISOGNI, TETTO 20% IDONEI. Si passerà da un’impostazione rigida delle assunzioni, basata su piante organiche, a un modello che guarda alle esigenze concrete e favorisce il reclutamento di professionalità figure strategiche e innovative. Cambiano i concorsi, nelle prove ci sarà l’inglese, per le posizioni più alte si potrà richiedere il dottorato e le graduatorie non potranno contare più infiniti idonei (tetto al 20% dei posti).

 

VISITE FISCALI A INPS, CONTROLLI A RIPETIZIONE. La competenza sugli accertamenti passa dalle Asl ai medici dell’Istituto di previdenza, con la creazione di un polo unico della medicina fiscale per pubblico e privato. Grazie a un sistema informatico avanzato le visite saranno mirate. I decreti attuativi garantiranno un’armonizzazione delle fasce orarie di reperibilità (al momento 7 per gli statali) e dei criteri per una “cadenza sistematica e ripetitiva“. Saranno garantite le incompatibilità (tra controllore e controllato). All’Inps saranno trasferite le risorse adesso utilizzate dalle Asl per gli accertamenti (27,7mln).

 

PIANO STRAORDINARIO PER PRECARI STORICI. Una roadmap, che si snoderà tra il 2018 e il 2020, per assorbire tutti i dipendenti da anni a servizio della P.a, anche se con contratti a tempo. Per loro un doppio canale: chi è entrato per concorso potrà essere assunto direttamente, mentre chi non è passato per una selezione sarà tutelato con una riserva nelle future prove. Parallelamente però, per evitare il ripetersi di forme di precariato, verranno vietati i cococo.

 

BASTA CON IL ‘6’ POLITICO, SPAZIO MERITOCRAZIA. I contratti dovranno garantire una differenziazione dei giudizi, per mettere fine a una distribuzione a pioggia dei premi. Saltano i vincoli della legge Brunetta, si punta sulla misurazione dei risultati in base obiettivi precisi, ma resta il principio per cui non tutti possono uscire con lo stesso voto. Ai fini del riconoscimento del merito e, quindi, dei bonus particolare rilevanza verrà data alla performance della squadra (misurata attraverso la qualità dei servizi).

SU PAGELLE VOCE A CITTADINI, NUOVE SENTINELLE. Il meccanismo di valutazione viene rivisto e il pilastro coinciderà con gli Organismi indipendenti di valutazione, le sentinelle chiamate a vigilare sulle performance. Già oggi ci sono ma ora cambiano veste: più poteri, professionalità e indipendenza. Ci sarà poi un filo diretto tra loro e i cittadini, che entrano a far parte a pieno titolo del sistema di misurazione. Potranno dire la loro sulla qualità dei servizi e il loro giudizio conterà ai fini del ‘voto’ da assegnare al team.

 

SANZIONI PER FURBETTI DEL WEEKEND LUNGO. E’ affidata ai contratti la formula per colpire chi ‘marina’ puntualmente il lunedì e il venerdì o i casi di assenze collettive in periodi sensibili, date da ‘bollino rosso’ (dal G7 a quando scattano le iscrizioni alle scuole o è tempo di 730 all’Agenzia delle Entrate). Per la prima volta infatti viene inserito nella legge un criterio per colpire con ‘penalty’ il fenomeno.

 

CHIAREZZA SU LICENZIAMENTI, MA SALVO ARTICOLO 18. Sarà fatta chiarezza normativa sui casi di licenziamento, dallo scarso rendimento alla cronica condotta illecita, qualora ci sia profilo penale. I tempi per arrivare a decidere sulla sanzione si riducono da quattro a tre mesi e a un mese per tutti i casi di flagranza (viene quindi estesa la procedura sprint applicata ai furbetti del cartellino). Per gli statali resta intatto l’articolo 18, con reintegra e risarcimento nei casi di ingiusta espulsione. Ma vizi formali, cavilli giuridici, non potranno determinare l’annullamento della sanzione. Nè bisognerà aspettare una sentenza passata in giudicato per concludere un procedimento disciplinare sospeso per l’apertura di uno penale.

 

UN NUOVO EQUILIBRIO TRA LEGGE E CONTRATTO, PARTITA APERTA. Si rivede la logica della riforma Brunetta che vede nella legge la fonte praticamente esclusiva per la regolazione del rapporto di lavoro e non la cornice che fissa le regole generali, lasciando il resto al contratto, in quanto strumento più flessibile. Si tratta di restituire spazi alla contrattazione ma i limiti restano e qui si gioca il confronto con i sindacati. Sembra comunque difficile che alla contrattazione vengano riconsegnati gli stessi spazi che aveva nel periodo ante-Brunetta.

 

DECRETI BIS, TAGLI PARTECIPATE A GIUGNO PER INTESA REGIONI. Sono pronti i decreti per chiudere la querelle aperta dalla sentenza della Consulta sulla riforma della P.a, che impone l’accordo con gli enti territoriali. I correttivi non toccano però l’impianto originario. Nulla cambia per i licenziamenti lampo di chi bara sulle presenze. Quanto ai tagli alle partecipate pubbliche, per rispondere alle richieste delle Regioni il termine per i piani sui tagli viene prorogato a giugno.

Sciopero 17 marzo: si amplia il fronte della protesta

da La Tecnica della Scuola

Sciopero 17 marzo: si amplia il fronte della protesta

Anche FederATA aderisce allo sciopero del comparto scuola del prossimo 17 marzo.
L’adesione di questa sigla sindacale amplia ulteriormente il fronte della protesta che a questo punto va da Cobas e Unicobas fino a Usb e Anief.
“La decisione di Federata – spiega Piero Bernocchi portavoce nazionale Cobas – è stata preceduta da un confronto serrato tra le nostre due strutture a proposito della piattaforma di lotta degli ATA, con una coincidenza di vedute in particolare su diversi punti”

Secondo Bernocchi le rivendicazioni di docenti e Ata hanno moltissimi punti in comune: si va dagli aumenti salariali alla revisione dei parametri per il calcolo degli organici e all’inserimento degli assistenti tecnici in organico di diritto delle scuole di primo grado fino alla cancellazione delle norme di legge che vietano le supplenze brevi degli amministrativi e dei tecnici e che limitano fortemente la sostituzione dei collaboratori scolastici.

“Per quanto ci riguarda -aggiunge Bernocchi – lo sciopero è convocato anche per il ritiro delle 8 deleghe applicative della legge 107 perché in quanto esse attribuiscono progressivamente il sostegno all’intero personale docente, penalizzando gli studenti diversamente abili,  parificano l’istruzione professionale alla formazione extra-scuola,  danno centralità all’alternanza scuola-lavoro, fanno entrare i quiz Invalsi nell’esito finale dell’esame di maturità, degradano la scuola dell’Infanzia pubblica, creando caos anche nelle scuole primarie”.

Ci sono poi le ormai consuete rivendicazioni sulle quali soprattutto i sindacati di base stanno protestando da ornai due anni: cancellazione degli ambiti e degli incarichi conferiti dai dirigenti scolastici, eliminazione dei fondi del merito e della Carta del docente, assunzione di tutti i precari con almeno 36 mesi di servizio sui posti disponibili in organico di diritto e di fatto, diritto di assemblea per tutti i sindacati

Per la verità in rete non mancano critiche alla decisione dei sindacati di base di indire lo sciopero per il 17 marzo, e cioè nello stesso giorno in cui il Parlamento dovrà adottare i propri pareri sugli schemi dei decreti applicativi della legge 107.

“E’ una critica pretestuosa – dichiara Stefano d’Errico segretario nazionale Unicobas – perchè in realtà il 17 marzo si chiude solo il primo tempo di una partita complessa e delicata dal momento che, a partire dal giorno successivo, tutto sarà nelle mani del Governo al quale spetta la parola definitiva. Se il 17 marzo la scuola si ferma, come noi auspichiamo, il Governo dovrà tenerne conto e potrebbe anche decidere di sospendere l’approvazione definitiva dei decreti. E’ una occasione importante che docenti e Ata non possono farsi sfuggire, a meno che non si voglia continuare a giocherellare ai tavoli contrattuali per far finta di ottenere deroghe alla legge 107. Deroghe che non possono essere ottenute in quel modo, come dimostra la vicenda del bonus premiale (proprio oggi abbiamo saputo che il Tribunale di Bari ha rigettato un ricorso presentato dai sindacati prontafirma)”

Stipendi, Sinopoli (Cgil): col nuovo contratto aumenti per tutti e bonus merito da rivedere

da La Tecnica della Scuola

Stipendi, Sinopoli (Cgil): col nuovo contratto aumenti per tutti e bonus merito da rivedere

Sul rinnovo del contratto si è parlato tanto, di fatti concreti, però, se ne sono visti pochi: si rimane fermi all’intesa Funzione Pubblica–Sindacati del novembre scorso.

Intanto i mesi passano e lo stipendio dei dipendenti pubblici rimane sempre fermo. Con una cifra non certo entusiasmante stanziata dal Governo, che, al di là delle cifre roboanti complessive (circa un miliardo e mezzo di euro), porterà solo poche decine di euro di aumento a lavoratore. E forse nemmeno a tutti.

Sul tema, La Tecnica della Scuola ha sentito il parere di Francesco Sinopoli, da qualche mese alla guida della Flc-Cgil, uno dei sindacati meno propensi ad aver sottratto dal tavolo di contrattazione le indennità di cui beneficia il personale scolastico: una tesi, quella di contrattare pure il bonus sul merito annuale, che la Legge 107/15 lega ai criteri del comitato di valutazione e alla decisione ultima del dirigente scolastico, che tuttavia proprio in queste ore è stata stoppata dal giudice del Lavoro di Bari, che ha respinto il ricorso di alcuni sindacati del comparto Scuola.

 

Sinopoli, il personale aspetta da tempo buone nuove sul rinnovo del contratto: a che punto siamo?

Il rinnovo del contratto è strettamente intrecciato alla riforma del testo unico del pubblico impiego. Quella è la sede per ripristinare un rapporto più equilibrato e moderno tra legge e contratto.  

 

Allora è questione di settimane, almeno a sentire le dichiarazioni del ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia: quali sono i punti su cui punterete nella trattativa finale?

Si deve tornare a negoziare sull’organizzazione del lavoro, sulla professionalità, sulla formazione.

La Funzione Pubblica sostiene che gli adeguamenti stipendiali non verranno applicati a tutti i dipendenti: di sicuro andranno a chi prende importi più bassi e a chi merita. Quindi, parte dei lavoratori è destinata ancora a rimanere con lo stipendio fermo?

Nel protocollo del 30 novembre non c’è scritto questo. Bisogna prendere atto che nel nostro Paese esiste una gigantesca questione salariale. Certo chi guadagna di meno è più in difficoltà, ma il rinnovo e gli aumenti devono interessare tutti i dipendenti così come concordato a Palazzo Vidoni.  

 

Quando pensate che i lavoratori della scuola potranno avere in busta paga l’aumento atteso dal 2009?

È troppo presto per fare questi conti. Mancano ancora diversi passaggi. Come avverrà, ad esempio, la ripartizione delle risorse tra i quattro comparti di contrattazione e le rispettive aree dirigenziali.  Bisognerà confrontarsi con la novità sull’accorpamento dei comparti.

 

Se la linea è ancora da tracciare, cosa chiederete?

Per quanto ci riguarda, certamente chiederemo di ricondurre nell’alveo contrattuale tutte quelle risorse stabilite dalla Legge 107/15 (e non solo), ma elargite sotto forma di bonus.

Il bonus premiale non può essere contrattato: sentenza del Tribunale di Bari

da La Tecnica della Scuola

Il bonus premiale non può essere contrattato: sentenza del Tribunale di Bari

Sconfitte in tribunale le tesi sindacali sul bonus premiale: il Giudice del Lavoro di Bari ha respinto il ricorso di alcuni sindacati del comparto.
I ricorrenti (Flc-Cgil, Cisl-Scuola, Uil-Scuola e Snals) avevano chiesto che fosse dichiarata la condotta antisindacale del dirigente scolastico, per aver assegnato il bonus senza “porre in essere tutte le attività necessarie all’apertura di un tavolo di confronto con le associazioni sindacali per la distribuzione tra i docenti” del fondo premiale.
Con decreto del 7 febbraio scorso il giudice ha respinto integralmente la richiesta argomentando che la legge 107/15 regola analiticamente il procedimento di attribuzione del bonus, senza che vi sia spazio per altri passaggi.

La conclusione del decreto del Giudice è assolutamente chiara: “la condotta del dirigente scolastico denunciata dalle parti ricorrenti non solo non è diretta ad impedire o limitare in alcun modo l’esercizio della libertà e dell’attività sindacale, ma risulta pienamente rispettosa del dettato normativo che regola la materia in oggetto, sicché il ricorso dev’essere respinto”.

Ricordiamo che i sindacati del comparto hanno sempre sostenuto che per l’attribuzione del bonus premiale è del tutto indispensabile il passaggio contrattatuale.
Più volte i sindacati sono intervenuti sulla materia. In un comunicato unitario del 20 aprile 2016 così scrivevano: “Per parte nostra ribadiamo che la natura del bonus, che è la stessa legge 107 a definire come retribuzione accessoria, rende illegittima l’esclusione di un passaggio negoziale nell’ambito della procedura preliminare alla sua erogazione”.
La sentenza del Giudice del Lavoro di Bari è di particolare rilievo anche per le conseguenze indirette che potrebbe avere rispetto ad altre questioni sul tappeto, chiamata diretta in primo luogo. Vedremo adesso come reagiranno i sindacati del comparto a questa notizia che non è certamente buona per loro.

Foibe: coltivare la memoria fa vivere la democrazia

da La Tecnica della Scuola

Foibe: coltivare la memoria fa vivere la democrazia

Il Giorno del Ricordo delle Foibe e dell’Esodo Giuliano-Dalmata è stato celebrato ieri nell’aula di Montecitorio, riempita per l’occasione da studenti, insegnanti e rappresentanti delle associazioni degli esuli e dei familiari delle vittime delle Foibe.

Una giornata in cui non sono mancati gli interventi delle più alte cariche dello Stato. Nell’aula della Camera ha preso la parola la presidente Laura Boldrini. “Tenere vivo il ricordo e la memoria – ha detto – di quegli eventi è un grande contributo alla pace. Ed è un contributo ai valori di libertà e di democrazia perchè è proprio dei regimi totalitari il disprezzo per la vita umana e per i diritti delle persone”.

Al termine del suo intervento è stato letto il messaggio inviato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, impegnato a Madrid.

“L’Europa della pace, della democrazia, della libertà, del rispetto delle identità culturali – è stato il richiamo del capo dello Stato- è stata la grande risposta agli orrori del Novecento, dei quali le foibe sono state una drammatica espressione. Un impegno che – a 70 anni dal Trattato di Pace che mise fine alla tragica guerra scatenata dal nazifascismo – non può venire mai meno per abbattere per sempre il fanatismo, padre della barbarie e della crudeltà che si nutrono dell’odio”.

Negli stessi minuti il presidente del Senato Pietro Grasso, presente a Montecitorio, ha diffuso il suo messaggio via Facebook. “La tragedia delle foibe, il dramma degli esuli: pagine – ha sottolineato la seconda carica dello Stato- tristissime del nostro passato che sono ancora dolorose, ferite che non possono rimarginarsi completamente. Bisogna approfondire per comprendere le dimensioni dell’orrore che toccò i nostri connazionali; bisogna soprattutto ricordare per dare dignità a chi fu vittima di quelle violenze”.

Al termine della manifestazione, la presidente Boldrini e il Sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi, hanno consegnato alle scuole vincitrici la targa del concorso promosso dal Miur e dalle Associazioni degli Esuli “10 febbraio – Nasce la Repubblica italiana senza un confine”.

Il concorso è rivolto alle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado con la finalità di promuovere l’educazione europea e la cittadinanza attiva, di sollecitare l’approfondimento della storia italiana attraverso una migliore conoscenza dei rapporti storici, geografici e culturali nell’area dell’Adriatico orientale. La cerimonia è terminata con l’esecuzione dell’Inno alla gioia, l’inno europeo.

Ma chi era Josip Broz Tito, conosciuto come Tito o maresciallo Tito?

Tito è stato cofondatore, spiega RaiNews, del Partito Comunista Jugoslavo (KPJ) nel 1920, membro del Partito Comunista dell’Unione Sovietica e della polizia segreta sovietica (NKVD). Dopo le elezioni dell’11 novembre 1945, il fronte nazionale capeggiato da Tito ottenne la maggioranza assoluta e lui venne nominato Primo ministro e ministro degli Esteri. È durante questo periodo che le forze jugoslave e l’Armata Rossa vennero coinvolte nella deportazione dei tedeschi, ma le foibe riguardarono anche gli italiani, etichettati come “fascisti”.

Le foibe sono profonde cavità naturali del terreno che si trovano sulle montagne del Carso, in Friuli e furono esse il palcoscenico dell’orrendo spettacolo che si svolse tra il 1943 ed il 1947: in quelle voragini a strapiombo furono gettati, vivi e morti, quasi diecimila italiani.

La prima ondata di violenza esplode subito dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli italiani non comunisti. Torturano, massacrano, affamano e poi gettano nelle foibe circa un migliaio di persone. È una carneficina che testimonia l’odio politico-ideologico e la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare dalla futura Jugoslavia i non comunisti. La persecuzione prosegue fino alla primavera del 1947, fino a quando, cioè, viene fissato il confine fra l’Italia e la Jugoslavia.

Prevenire bullismo e cyberbullismo, caro prof ecco come: la lettera aperta di un avvocato

da Tuttoscuola

Prevenire bullismo e cyberbullismo, caro prof ecco come: la lettera aperta di un avvocato

Caro insegnante,

forse potrà sembrarti strano che a scriverti sia una persona che apparentemente svolge un lavoro così lontano e diverso dal tuo ma, se guardiamo con attenzione la realtà di oggi, ti renderai conto che tra le nostre due professioni c’è più di un punto di contatto. Ti iscrivo, infatti, per affrontare un tema che mi sta molto a cuore: il bullismo.

Sempre più spesso se ne sente parlare, dentro e fuori la scuola. Tutti noi abbiamo un’idea più o meno chiara del fenomeno e, siccome conoscere è il primo passo per prevenire, mi preme sgombrare il campo da taluni equivoci che spesso si ripropongono.

Iniziamo col dire che il bullismo non è un reato ma un modo di comportarsi e si manifesta in modo aggressivo o molesto, a danno di una vittima, in quanto idoneo a provocare sentimenti di ansia o timore e teso all’emarginazione o isolamento. È evidente, quindi, che una condotta siffatta si dimostra connotata da grande disvalore sociale e ben può integrare fatti costituenti reato (quali, diffamazione, molestia, percosse, stalking, aiuto o istigazione al suicidio ed altri) che ne sono conseguenza.  Lo stesso vale per l’evoluzione in senso tecnologico del fenomeno, ossia il cyberbullismo, particolarmente allarmante a causa della facilità con cui è possibile porre in essere tali condotte grazie, soprattutto, alla larghissima diffusione degli strumenti telematici e potenzialità della rete.

Fortunatamente oggi si inizia a parlare del problema grazie ad iniziative che vedono coinvolti docenti, studenti, psicologi ed esperti del mondo della scuola in tema di bullismo. Una di queste è quella promossa dall’Associazione Nazionale Orientatori (ASNOR) che ha avvertito l’esigenza di farsi portavoce delle complessità del fenomeno e, nell’ambito delle proprie attività, ha scelto di rivolgersi ai docenti, a mezzo di corsi di formazione on line e seminari laboratoriali in presenza, al fine di sensibilizzare e informare in merito alle problematiche sottese al fenomeno, in un’ottica di prevenzione e contrasto.

Tale esigenza si rivela consistente alla luce del fatto che il corpo docente non può considerarsi estraneo a tale problematica: le statistiche dimostrano che la gran parte degli episodi vengono perpetrati negli istituti scolastici, ove gli insegnanti hanno, appunto, proprie e precise responsabilità nei confronti degli alunni. Queste non si esauriscono nei profili educativi, istruttivi e pedagogici, ma si estendono anche alla tutela dell’integrità psicofisica e sicurezza degli allievi. Non sorprende, quindi, la loro posizione di garanzia, rispetto alla protezione degli studenti, in base alla quale potrebbero essere chiamati a rispondere sia civilmente che penalmente per i fatti lesivi degli stessi. I riferimenti normativi sono dati dagli articoli 2048 del codice civile e 40 comma secondo del codice penale.

Il primo fonda una vera e propria responsabilità civile per fatto altrui tale per cui i precettori sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi nel tempo in cui sono sottoposti alla loro vigilanza; il secondo fonda la responsabilità penale del docente per reato omissivo improprio sulla base della clausola di una equivalenza per cui il non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo.

Come non cogliere, allora, l’importanza degli interessi in gioco, sia dal punto di vista delle vittime, sia da parte di coloro che sono chiamati a vigilare, e di tutte quelle iniziative che si ripropongono di sensibilizzare in tal senso.

Mi auguro, quindi, di poterti incontrare al convegno gratuito promosso dall’ASNOR, a Roma, il prossimo 22 febbraio e, insieme, fare un primo passo per la lotta al bullismo nelle scuole.

Per ogni informazione puoi cliccare qui.

Grazie per il tuo lavoro,

Avv. Elena Carelli

Carmela Palumbo: ‘Vi spiego il ruolo dei CPIA’

da Tuttoscuola

Carmela Palumbo: ‘Vi spiego il ruolo dei CPIA’

La crisi economica e sociale è un argomento complesso che coinvolge milioni di persone. Il problema richiede particolare attenzione in quanto pone continue sfide, tra le quali la più significativa è l’acquisizione di uno stato di cittadinanza attiva da parte di un alto numero di cittadini italiani ma anche stranieri. In questo quadro appare decisivo il ruolo dei CPIA per lo sviluppo di politiche di formazione linguistiche, culturali, sociali funzionali a consolidare l’apprendimento in età adulta. Tuttoscuola intervista Carmela Palumbo, direttore generale degli ordinamenti scolastici e della valutazione del sistema nazionale di istruzione.

Direttore Palumbo, il 30 novembre 2016 si è svolto a Roma il Convegno sul nuovo sistema di istruzione degli adulti (CPIA). Quali le conclusioni di questo importante e significativo evento?
“Il convegno nazionale che si è svolto a Roma il 30 novembre, organizzato dalla scuola capofila della rete dei CPIA, in accordo e su sostegno del mio Ufficio, ha rappresentato un importante momento di consuntivo dell’intensa attività di elaborazione di strumenti organizzativi e didattici nell’ambito del piano PAIDEIA. Questo piano ha visto, nel corso del passato anno scolastico, la collaborazione degli Uffici scolastici regionali sulle tematiche più “calde” dell’ordinamento dei CPIA. Infatti, il regolamento istitutivo e il decreto interministeriale che ha definito l’organizzazione didattica ed i piani orario dei CPIA disegnano percorsi e soluzioni nuove e sfidanti per gli operatori. Da qui l’idea di unire le forze sul territorio e di provare ad elaborare una ‘cassetta degli attrezzi’, comune e fruibile da tutti, per impostare, per esempio, gli accordi di rete o il bilancio delle competenze degli studenti. Quindi il convegno è stato il luogo in cui i prodotti e gli strumenti elaborati dai vari raggruppamenti regionali hanno avuto il loro momento di presentazione. Ora si apre una seconda fase di validazione della corposa documentazione, che permetterà a tutti i CPIA di consolidare e gestire in modo omogeneo le innovazioni ordinamentali che li caratterizzano.”

Quali i punti di forza del sistema di educazione degli adulti?
“I punti di forza del sistema dei CPIA risiedono, senza dubbio, nel carattere particolarmente innovativo e generalizzato (direi ordinamentale) di alcune metodologie e nell’ampiezza dell’offerta formativa proposta alla popolazione adulta. Sotto il primo aspetto basti pensare al bilancio delle competenze in ingresso, che permette di valorizzare gli apprendimenti formali e non formali già posseduti dall’adulto, o alla didattica a distanza, che costringe a ripensare gli stessi materiali didattici impiegati. Per quanto riguarda l’offerta formativa va evidenziato che, accanto ai percorsi per il conseguimento dei diplomi conclusivi del primo e secondo ciclo, i CPIA erogano i percorsi di alfabetizzazione linguistica per gli stranieri, finalizzati al rilascio del permesso di soggiorno per lavoro. Inoltre l’offerta può arricchirsi dei percorsi di IeFP in convenzione con le Regioni o di attività di potenziamento linguistico e di educazione civica.”

Il punto debole?
“Il punto debole consiste sicuramente in un ancora non completo adeguamento del sistema informativo del MIUR sotto il profilo dell’anagrafica, della gestione dell’organico e, di conseguenza, dell’assegnazione delle risorse del funzionamento ordinario. Il Dipartimento istruzione ha appena costituito un gruppo di lavoro interdipartimentale che dovrebbe portare, in tempi rapidi, a definire le misure per il superamento di queste problematiche. In alcune regioni si sono registrati anche problemi legati all’assegnazione delle sedi ai CPIA da parte degli enti locali. Attraverso un dialogo serrato con gli stessi enti locali contiamo di superare queste difficoltà.”

Concretamente cosa sta accadendo?
“La situazione è inevitabilmente a macchia di leopardo, con realtà di grande eccellenza e altre che fanno ancora fatica ad affermarsi quali vere istituzioni formative del territorio.”

Le ulteriori iniziative che il Miur intende adottare per valorizzare l’aspetto sociale e di servizio alle persone?
“Il MIUR persegue le sue politiche di integrazione in particolar modo a favore dei giovani in età di obbligo di istruzione, ma sta anche collaborando attivamente col ministero degli interni nella gestione dei fondi europei (FAMI) destinati all’integrazione e alla coesione sociale.”

I CPIA sono la chiave per dispiegare politiche di integrazione dei migranti?
“Sicuramente. I percorsi e le attività di alfabetizzazione linguistica e di sviluppo delle competenze civiche vanno al cuore di queste politiche.”

Negli ultimi anni sempre più scuole hanno attivato progetti di educazione finanziaria. Come vede l’introduzione di questo tema nei percorsi dei CPIA?
“In modo assolutamente favorevole. Com’è noto le indagini internazionali evidenziano scarse conoscenze e competenze finanziarie sia nella popolazione in età scolare che in quella adulta. Nelle classifiche il nostro Paese è sempre drammaticamente agli ultimi posti. Credo che i CPIA, proprio nell’ambito dei compiti di educazione civica degli adulti (italiani e stranieri), possano esercitare un ruolo da protagonisti per l’avvio di piani di alfabetizzazione finanziaria.”

Uno dei nodi per l’introduzione dell’educazione finanziaria nei CPIA risiede nel fatto che queste scuole non hanno un organico di scuola secondaria di secondo grado. E’ ipotizzabile l’assegnazione ai CPIA di docenti in soprannumero della classi di concorso della secondaria di secondo grado (ad es. A017 e/o A019) per l’avvio e l’attuazione organica e strutturale dei temi legati all’educazione finanziaria?
“L’assegnazione ai CPIA di docenti di diritto ed economia rappresenta sicuramente la strada maestra per la realizzazione di questi obiettivi. A riguardo posso dire che stiamo valutando con gli USR la possibilità di destinare alcuni posti dell’organico potenziato dei CPIA a questa finalità.”