Il diritto ai permessi per assistenza spetta anche alle unioni civili e di fatto

da Superabile

Il diritto ai permessi per assistenza spetta anche alle unioni civili e di fatto

Lo stabilisce una circolare pubblicata dall’Inps, che recepisce la legge n.76/2016 sulle unioni civili e una recente sentenza della Corte costituzionale: permessi e congedi potranno quindi essere richiesti anche all’interno di convivenze di fatto e unioni civili, per assistere però soltanto “l’unito” e non i suoi parenti

ROMA – L’Inps recepisce la legge sulle unioni civili (n. 76/2016) e mette mano ai permessi per la legge 104: d’ora in poi, anche le “parti di unione civile” i conviventi di fatto potranno fruire dei permessi e dei congedi previsti per l’assistenza del proprio compagno o della propria compagna con disabilità. E’ scritto chiaramente nella circolare n. 38 emanata ieri dall’Istituto. Circolare dettata da due disposizioni normative recenti: in primo luogo, la legge sulle unioni civile, in secondo luogo una sentenza della Corte Costituzionale. “La Legge 20 maggio 2016, n.76 ha disciplinato le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto – si legge nella circolare – prevedendo, tra l’altro, che ‘le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole ‘coniuge’, ‘coniugi’ o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso”.per quanto riguarda invece la sentenza della Corte Costituzionale, si fa riferimento alla n. 213 del 5 luglio 2016, che “ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.33, comma 3, della legge 104/1992 – riferisce Inps – nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire dei permessi ex art. 33, comma 3, della legge 104/92”.

Di tutto ciò occorre quindi tener conto innanzitutto nell’applicazione della legge 104, che prevede (all’articolo 33 comma 3) il “diritto ad usufruire di 3 giorni di permesso mensili retribuiti – ricorda Inps nella circolare – in favore di lavoratori dipendenti che prestino assistenza al coniuge, a parenti o ad affini entro il secondo grado (con possibilità di estensione fino al terzo grado), riconosciuti in situazione di disabilità grave ai sensi dell’art. 3, c.3 della legge 104 stessa”. E bisogna tener conto delle novità sulle unioni civili anche nell’applicazione del decreto legislativo n. 151/2001, che stabilisce (art. 42 comma 5) “la concessione del congedo straordinario in favore di soggetti con disabilità grave ai sensi dell’art.3, c. 3 della legge 104/92, fissando un ordine di priorità dei soggetti aventi diritto al beneficio che, partendo dal coniuge, degrada fino ai parenti e affini di terzo grado”.

Ecco dunque come cambiano le norme su permessi e congedi per assistenza:

Come cambiano i permessi ex lege 104. “Dal coordinamento delle norme richiamate, emerge che i permessi ex lege n. 104/92 e il congedo straordinario ex art. 42, comma 5, D.Lgs.151/2001 possono essere concessi anche in favore di un lavoratore dipendente, parte di un unione civile, che presti assistenza all’altra parte”. Di conseguenza, “il convivente, pertanto, deve essere incluso tra i soggetti legittimati a fruire dei permessi di cui all’art 3, comma 3, della legge 104/92 per l’assistenza alla persona con disabilità in situazione di gravità, in alternativa al coniuge, parente o affine di secondo grado”.

Inps stabilisce però delle condizioni e dei limiti nella fruizione dei permessi all’interno di convivenze e unioni civili. Innanzitutto, “a differenza di quanto avviene per i coniugi, la parte di un unione civile può usufruire dei permessi ex lege 104/92 unicamente nel caso in cui presti assistenza all’altra parte dell’unione e non nel caso in cui l’assistenza sia rivolta ad un parente dell’unito, non essendo riconoscibile in questo caso rapporto di affinità”. Il permesso può quindi fruito solo per assistere il cosiddetto “unito”, ma non un suo parente, con il quale non esiste – nel caso della convivenza e dell’unione civile – un “rapporto di affinità”.

Seconda condizione è che la convivenza sia attestata anagraficamente: “Per la qualificazione di ‘convivente’ dovrà farsi riferimento alla ‘convivenza di fatto’ come individuata dal commi 36, dell’art. 1, della legge n. 76 del 2016, in base al quale ‘per convivenza di fatto si intendono due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da unione civile’ e accertata ai sensi del successivo comma 37. Tale comma prevede che, ferma restando la sussistenza dei presupposti di cui al comma 36, per l’accertamento della stabile convivenza deve farsi riferimento alla dichiarazione anagrafica”. Inoltre, si sottolinea che “mentre l’unione civile può essere costituita solo tra persone dello stesso sesso, la convivenza di fatto può essere costituita sia da persone dello stesso sesso che da persone di sesso diverso”.

Come cambia il congedo straordinario ex Dlgs 151/2001. Il  decreto legislativo n. 151/2001 stabilisce (comma 5 dell’art. 42) la concessione del congedo straordinario in favore di soggetti con disabilità grave a coniuge, parenti e affini fino al terzo grado. “Alla luce di quanto disposto dalla legge n.76/2016 – scrive Inps nella circolare – il congedo in argomento può essere fruito dalla parte di un unione civile che assiste l’altra parte dell’unione”. Questo, con le stesse limitazioni presviste per i permessi, quindi “a differenza di quanto avviene per i coniugi, la parte di un unione civile può usufruire  del congedo straordinario ex art. 42, comma 5, D.Lgs.151/2001 unicamente nel caso in cui presti assistenza all’altra parte dell’unione e non nel caso in cui l’assistenza sia rivolta ad un parente dell’unito, non essendo riconoscibile, in questo caso, rapporto di affinità”.

Si allarga comunque notevolmente,i n questo modo, la platea degli aventi diritto ai benefici previsti dalla legge 104 ai fini dell’assistenza di un familiare con disabilità. (cl)

Le analogie e le differenze tra POF e PTOF

Le analogie e le differenze tra Pof (art. 3 del D.P.R. n. 275) e Ptof (art. 1, commi 12, 13 e 14 della legge n. 107/2015) *

di Pietro Boccia

 

Il Piano dell’offerta formativa (Pof) deve, in base all’art. 3 del D.P.R. n. 275/1999, essere coerente con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi che vengono determinati a livello nazionale, ma, nello stesso tempo, deve partire sia dalla “storia” sia dall’analisi delle condizioni sociali, economiche e culturali del territorio, nel quale gli Istituti, che lo adottano, operano. Le istituzioni scolastiche attuano, in tal modo, nel rispetto della libertà d’insegnamento, della libertà di scelta educativa delle famiglie e delle finalità generali del sistema, gli obiettivi, le indicazioni e le linee-guida nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto all’apprendimento e alla crescita educativa e formativa di ciascun allievo. Anche le scuole parificate, pareggiate e legalmente riconosciute, entro il termine, di cui al comma 2 dell’art. 1 (D.P.R. n. 275 del 1999), adeguano, in coerenza con le proprie finalità, il loro ordinamento alle disposizioni del presente regolamento, relative alla determinazione dei curricoli, e lo armonizzano con quelle relative all’autonomia didattica, organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo e alle iniziative finalizzate all’innovazione. Ad esse si applicano, altresì, le disposizioni, di cui agli artt. 12 e 13 del D.P.R. n. 275. Le fasi, per la realizzazione del Pof (Art. 3 del D.P.R. n. 275/1999), sono: documentazione e analisi (bisogni e risorse); elaborazione (definizione delle attività corrispondenti ai bisogni, identificazione delle funzioni e degli obiettivi, determinazione dei ruoli e delle attività (chi, cosa, come, quando) e produzione di nuova documentazione; approvazione (Collegio dei docenti) e adozione (Consiglio d’istituto); pubblicazione (Albo e Sito Web dell’Istituto) e pubblicizzazione (interna ed esterna – studenti, famiglie, territorio); esecuzione, verifica, documentazione, valutazione, trasparenza e responsabilità (accountability, customer satisfaction).

La legge n. 107/2015, in parte, riscrive l’art. 3 del D.P.R. n. 275/1999. I commi 12, 13 e 14 dell’unico articolo stabiliscono che entro il mese di ottobre, l’istituzione scolastica deve predisporre il piano triennale dell’offerta formativa (Ptof) per il triennio successivo.

Il piano deve comprendere le iniziative di formazione-aggiornamento rivolte ai docenti e al personale Ata. Esso può essere rivisto annualmente sempre entro il mese di ottobre. L’ Ufficio scolastico regionale (U.S.R) ne verifica la congruità e lo trasmette al MIUR. Al comma 14 si afferma, poi, che Il Ptof dovrà, innanzitutto, indicare anche il fabbisogno di posti di organico (posti comuni, di sostegno e per il potenziamento dell’offerta formativa). Esso è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi per le attività della scuola e delle scelte di gestione e di amministrazione, definiti dal Dirigente scolastico, ed è approvato dal consiglio d’istituto. Le fasi per la realizzazione del Ptof (art. 1, commi 12,13 e 14 della legge n. 107/2015): documentazione e analisi (bisogni e risorse); elaborazione da parte del Collegio dei docenti sulla base degli indirizzi per le attività della scuola e delle scelte di gestione e di amministrazione definiti dal dirigente scolastico (definizione delle attività corrispondenti ai bisogni, identificazione delle funzioni e degli obiettivi, determinazione dei ruoli e delle attività – chi, cosa, come, quando –, produzione di nuova documentazione; approvazione (Consiglio d’istituto) e adozione (Dirigente scolastico); pubblicazione (Albo e SitoWeb dell’Istituto) e pubblicizzazione (interna ed esterna – studenti, famiglie, territorio); esecuzione, verifica, documentazione, valutazione, trasparenza e responsabilità (accountability, customer satisfaction).

L’accountability è la capacità di un’organizzazione d’identificare un utente, di individuarne le azioni e il comportamento che egli svolge all’interno di un sistema. Nello svolgersi dell’accountability, tale funzione è supportata dall’audit delle tracce e dal sistema di autenticazione. L’accountability fa, nel campo della governance, riferimento all’obbligo per un soggetto di rendicontare le azioni e le decisioni per i risultati raggiunti; è, quindi, un aspetto del controllo di accesso e si basa sulla concezione che ognuno è responsabile delle azioni, che sviluppa, all’interno del sistema organizzato.

I presupposti dell’accountability sono, perciò, il concetto di responsabilizzazione e i principi di trasparenza e dii conformità od osservanza delle regole. La gestione di un’organizzazione complessa richiede, per mezzo del governo delle performance, un controllo, che è valutato pienamente responsabile quando vige un continuo dialogo con l’utenza. È, infatti, importante, per condividere la conoscenza e per accrescere il capitale umano, rendicontare, in maniera adeguata, non solo i risultati delle analisi compiute ma anche gli effetti di quanto viene acquisito. Il controllo è, dunque, il primo punto di domanda in cui si manifesta la determinazione a procedere verso equilibri migliori.

Una gestione che è responsabile a livello collettivo e che è aperta nei confronti dei diversi stakeholder (interlocutori), implica, di continuo, un impegno per la trasparenza, per la comunicazione e per ogni forma di coinvolgimento. Un processo di reporting, quando è concretamente avviato al miglioramento ed è costruito sul monitoraggio delle attività, sulla comunicazione corretta dei risultati e sull’assunzione di responsabilità, non può trascurare lo scambio con le parti. Il bilancio sociale, come report complessivo, interviene, poi, per rendere comprensibile gli esiti della gestione; esso si fonda sui percorsi di valutazione dei risultati e indica un cammino verso il miglioramento gestionale, che include la prospettiva degli stakeholder stessi. Far conoscere la propria attività agli stakeholder è, infatti, l’accountability, che esprime, appunto, assunzione di responsabilità per quanto riguarda il proprio dovere nei confronti di quanti sono interessati.

Il marketing, nell’esigenza di creare un’immagine positiva di un’organizzazione complessa, si configura come strategia di studio e di valutazione continua e sistematica di tutti i fattori che condizionano la domanda di beni e di servizi da parte dei consumatori e degli utenti. La strategia del marketing, in tale situazione, è, pertanto, quella della massimizzazione del volume di vendita e di utilizzazione di un servizio. Oggi, le organizzazioni aziendali, che si trovano nella fase contraddistinta non più dalla scarsità dei beni e dei servizi, ma dalla ristrettezza economica, devono dare risposte nuove e tempestive ai consumatori e agli utenti; è per tale motivo che, attraverso il marketing, le organizzazioni complesse stanno orientando la produzione in funzione dei bisogni, attuali e potenziali, dei fruitori. Si è arrivati, così, a un nuovo modo di concepire l’attività di marketing: al centro dell’attenzione dell’organizzazione imprenditoriale non c’è più il prodotto o il servizio, bensì il consumatore o l’utente (customer satisfaction). Questa è la capacità di un’organizzazione nel soddisfare, attraverso un servizio, le esigenze degli utenti, monitorandole attraverso sondaggi di opinione, in modo periodico e approfondito. Si può affermare, semplificando, che i prodotti e i servizi devono corrispondere alle esigenze dei beneficiari e dei fruitori. Nessuna attività di un’organizzazione complessa può, pertanto, fare più a meno del marketing, inteso come moderna capacità organizzativa e direzionale, per consentire a qualsiasi istituzione dinamicità e flessibilità rispetto al mercato.

* da: Pietro Boccia, Manuale di preparazione al concorso per DIRIGENTE SCOLATICO, Maggioli editore, Rimini 2016

Doposcuola per bambini e ragazzi con autismo

Superando.it del 09-03-2017

Doposcuola per bambini e ragazzi con autismo

Si chiama così il progetto dell’ANGSA Veneto (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) – selezionato tra l’altro nell’àmbito del Programma “Aviva Community Found” – che si rivolge a bambini e adolescenti con disturbi dello spettro autistico, di età compresa fra i 6 e i 18 anni, residenti nel territorio dell’ULSS vicentina n. 7, con l’obiettivo di offrire un servizio di doposcuola specialistico che operi, nel rispetto delle caratteristiche del progetto individuale e all’insegna della condivisione di risultati da conseguire con le famiglie.

VICENZA. Si rivolge a bambini e adolescenti con disturbi dello spettro autistico, di età compresa fra i 6 e i 18 anni, residenti nel territorio dell’ULSS vicentina n. 7 (Thiene-Bassano-Asiago) e zone limitrofe, il progetto denominato Doposcuola per bambini e ragazzi con autismo, promosso dall’ANGSA Veneto (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici).
«L’obiettivo principale – spiega Sonia Zen, presidente dell’ANGSA Veneto – è quello di offrire un servizio di doposcuola specialistico che operi, nel rispetto delle caratteristiche del progetto individuale e all’insegna della condivisione di obiettivi da conseguire con le famiglie. In generale le attività proporranno il mantenimento e il potenziamento delle aree delle autonomie, con l’incremento delle competenze comunicative, relazionali e sociali. Il personale coinvolto ha una formazione specifica sui disturbi del neuro sviluppo».
Selezionato tra l’altro nell’àmbito del Programma Aviva Community Found, il progetto potrà essere sostenuto da tutti fino al 30 marzo prossimo. (S.B.).

Per votare (fino al 30 marzo) il progetto dell’ANGSA Veneto Doposcuola per bambini e ragazzi con autismo, nell’àmbito del Programma Aviva Community Found, si deve accedere a questo link, per consentirne l’ammissione alla fase successiva e un parziale finanziamento dello stesso. Per ulteriori informazioni e approfondimenti: angsaveneto@gmail.com.

Agevolazioni per i dislessici, dalle lingue all’Iva ridotta

Italia Oggi del 09-03-2017

Agevolazioni per i dislessici, dalle lingue all’Iva ridotta

ROMA. Non solo deleghe della Buona Scuola. Il diritto allo studio e l’inclusione scolastica degli studenti con disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa) passano anche dal disegno di legge n. 2236 sulle agevolazioni fiscali per l’acquisto e l’utilizzo di sussidi tecnici e informatici a loro favore, primo firmatario Gianluca Rossi (Pd), di cui domani inizierà l’esame in sede consultiva in Commissione Istruzione del Senato. Due soli articoli, depositati oltre un anno fa, il 9 febbraio 2016, che secondo la relatrice del Ddl Francesca Puglisi (Pd) mirano a «completare il pacchetto di misure previste dalla legge n. 170 del 2010» su dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia, disturbi specifici dell’apprendimento (Dsa) che riguardano secondo il Miur 186 mila studenti, il 2,1% del totale. Per consentire una maggiore diffusione degli strumenti compensativi di flessibilità didattica previsti dalla legge 170, a partire dai mezzi e dalle tecnologie informatiche il ddl introduce una duplice agevolazione per il loro acquisto, riducendone gli oneri fiscali. Prevedendo così per le casse dello Stato una spesa annua pari a 21 milioni di euro dal 2017. Si tratta di una detrazione d’imposta per le spese sostenute dai genitori in favore dei figli minori a cui è stato diagnosticato un Dsa per l’acquisto di strumenti compensativi e di sussidi tecnici e informatici necessari all’apprendimento e per l’uso di strumenti compensativi che favoriscano la comunicazione verbale e che assicurino ritmi graduali di apprendimento delle lingue straniere. La seconda nuova agevolazione, invece, consiste nell’applicazione dell’aliquota Iva al 4%o nel caso dell’acquisto di strumenti tecnici e informatici necessari all’apprendimento e alla comunicazione verbale dei minori con diagnosi di Dsa. Per coprire gli oneri del provvedimento, «stimati in 21 milioni di euro all’anno a decorrere dal 2017», spiega Puglisi, il ddl prevede «una corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica».

Che cosa significa insegnare

Che cosa significa insegnare

di Carmela Russo

 

Don Milani scrive:

<<Spesso gli amici mi chiedono come faccio a fare scuola e come faccio ad averla piena.

<<Insistono perché io scriva per loro un metodo, che io precisi i programmi, le materie, la tecnica didattica.

<<Sbagliano la domanda, non dovrebbero preoccuparsi di come bisogna fare per fare scuola, ma solo di come bisogna essere per poter fare scuola>>.

Leggendo queste parole ci si accorge che la Lettera ad una Professoressa di Don Milani, dopo più di mezzo secolo, ci serve ancora.

Semplicemente perché nella Scuola di Barbiana, lontano dai sentieri esperti della pedagogia, accaddero cose degne del nostro ricordo, cose che invitano tuttora a riflettere.

Da quegli anni la scuola è profondamente cambiata e ancora adesso vive un processo di grandi trasformazioni, nel quale le novità si susseguono con grande velocità.

In questo processo, che continuamente cambia, non solo le nostre conoscenze, ma il modo stesso di scoprirle e di usarle, il messaggio di Don Milani resta comunque sempre attuale.

La scuola, ufficialmente luogo privilegiato per la formazione degli individui come uomini e come cittadini, si prefigge di fornire ai propri utenti, non solo strumenti conoscitivi, ma anche valori umani e capacità relazionali.

Attraverso l’acquisizione delle competenze, che tengono legati i vari aspetti della persona (dai saperi alle capacità, agli atteggiamenti), funzionali al bene personale e al bene della società di appartenenza, la scuola mira a rendere ciascun soggetto capace di muoversi nella vita in modo autonomo, razionale, etico e responsabile.

In tale processo formativo, l’insegnante riveste un ruolo privilegiato, poiché è chiamato a mediare tra l’individuo singolo e la società.

E questo non è un compito facile.

È un compito fatto di impegno, pazienza, ricerca, sperimentazione.

Un lavoro difficile, se affrontato con serietà, e soprattutto pieno di responsabilità.

Prima fra tutte, la responsabilità di influenzare in maniera positiva delle personalità, di contribuire a formare quelli che saranno le donne e gli uomini di domani.

L’insegnante non è assimilabile ad un comune impiegato, da inquadrare soltanto più o meno decentemente in un organico.

Non è un funzionario da graduare secondo i titoli e il servizio, anche se i titoli e l’esperienza servono per l’evoluzione della professionalità, per la valorizzazione e il riconoscimento dei meriti.

È molto di più.

È un educatore, un regista del processo di costruzione dell’apprendimento e di formazione delle competenze, uno stratega dell’attività educativa in classe che ha effetti lungo tutta la vita dell’allievo.

Come una luce che il tempo non spegne, tutti noi abbiamo sempre vivo nel nostro animo il ricordo dell’insegnante che guidò la nostra infanzia.

Quale genitore non ha udito pronunziare la frase che non ammette replica: “ L’ha detto il maestro” oppure: “L’ha detto la maestra”?

Ciò che dice l’insegnante per il bambino non può che essere vero, giusto, buono.

E questo accade nei primi ordini di scuola, quella scuola che costituisce il fondamento educativo della società.

La psicologia dello studente, invece, è diversa da quella dell’alunno e anche la figura del professore è diversa dalla figura del maestro (nonostante oggi i percorsi di studi si equivalgano), tuttavia la funzione docente è identica, perché identico è il significato dell’azione didattico-educativa svolta.

L’insegnante è, dunque, una figura di grande valore nell’immaginario collettivo, perché di grande valore è la funzione che svolge quotidianamente in classe.

Ma i docenti sono coscienti della loro importanza sociale?

Ci rendiamo conto di tutto il bene e di tutto il male che può fare un buono o un cattivo insegnante?

Nella sua scuola l’insegnante non ha clienti e utenti, ma persone che hanno bisogno di cura nel senso più largo.

Egli deve guidare le esperienze degli alunni con grande competenza e responsbailità.

Per far questo deve creare le condizioni appropriate affinché tutti gli alunni possano sviluppare le diverse intelligenze che ciascuno di essi possiede, in misura diversa e in modi diversi.

Fare il docente significa saper far posto ai pensieri degli allievi, ai loro sentimenti, alle loro attività.

Significa saper assumere come punto di partenza la “loro” esperienza.

Significa creare un contesto, progettare e costruire l’apprendimento con ruoli definiti e scambiabili e tenerne le chiavi.

È lui a garantire, come fine dell’educazione, l’ampliamento delle possibilità per ciascuno di scegliersi una vita cui dare valore.

Il suo compito è orientare questa scelta in ogni momento dell’attività didattica e formativa.

È compito dell’insegnante adoperarsi perché gli allievi diventino persone libere e responsabili, capaci di acquisire le conoscenze, le abilità e gli atteggiamenti necessari a vivere autonomamente la loro vita.

È per questo che chi aspira a diventare insegnante, se ne comprende veramente il senso, deve operare una scelta che continua, giorno dopo giorno, fermamente e infaticabilmente.

Docente si diventa giorno dopo giorno, senza sosta, sempre.

Non esiste il docente ideale e perfetto: insegnanti si diventa, costruendosi un ruolo che tenga sempre presente l’umanità della persona e che faccia degli errori uno stimolo per la sua crescita professionale.

Per questo il docente, sia durante la formazione iniziale,sia durante l’esercizio della professione, deve imparare ad utilizzare la capacità di fare continui bilanci, di fare il monitor di se stesso, abbinando l’elasticità mentale e la flessibilità personale al rigore metodologico.

Solo così si diventa insegnanti colti, attenti alle esigenze formative, consapevoli dei processi di apprendimento e di crescita, capaci di porsi obiettivi, di operare e di valutare i risultati, disponibili alla ricerca e al cambiamento.

Non dimenticando mai che di fronte non ha dei “libri bianchi” su cui lasciare traccia, ma delle persone che apprendono a diventare autonome.

Insegnare è qualcosa di più di una semplice professione.

Richiede specifica e solida competenza disciplinare, capacità di interagire con gli altri e capacità didattica e di comunicazione.

Ma è, soprattutto, qualcosa che si sente dentro, perché se la professionalità, seppure indispensabile, la si può apprendere, la motivazione, l’entusiasmo, l’amore per l’altro no.

Non è facile fare “il maestro”.

È un scelta che si deve fare col cuore, prima che con la mente.

Industry 4.0

Il 9 marzo 2017 al MIUR il Sottosegretario Gabriele Toccafondi presenta il progetto sperimentale MIUR-ITS “Industry 4.0” insieme ai rappresentanti degli ITS (Istituti tecnici superiori) e del mondo delle imprese.

In particolare sei gli ITS presenti per illustrare i progetti e portare le testimonianze dei ragazzi quali soggetti propositivi di innovazione, tutti nell’area della manifattura digitale Made in Italy e dell’Industria 4.0:
-ITS Umbria Made in Italy Innovazione, Tecnologia e Sviluppo. Perugia/Terni- ITS coordinatore
-Fondazione ITS M.I.T.A. (Made in Italy Tuscany Academy) Nuove Tecnologie per il Made in Italy – Sistema moda Scandicci (FI)
-ITS Maker Meccanica Meccatronica Motoristica e Pakaging. Emilia Romagna
-ITS PAVIA – per le nuove tecnologie per il Made in Italy – Sistema Casa. Lombardia
-ITS Agroalimentare Marketing Agroalimentare Veneto – Conegliano
-ITS SI – Istituto Tecnico Superiore Servizi alle Imprese – Lazio, Viterbo


ITS, presentata la sperimentazione “Industry 4.0”
Toccafondi: “Valorizzare le eccellenze degli Istituti Tecnici Superiori”

Un nuovo prototipo di volante per le automobili della formula SAE, un casco intelligente con visore a realtà aumentata, piastrelle dotate di sensoristica intelligente per la sicurezza dell’edificio, un’App per il monitoraggio fitosanitario dei vigneti. Sono questi alcuni dei progetti presentati questa mattina, presso la Sala della Comunicazione del Miur, alla presenza del Sottosegretario Gabriele Toccafondi, risultati della sperimentazione ITS (Istituti tecnici superiori) nell’area della manifattura digitale Made in Italy e dell’Industria 4.0.

“Uno dei frutti che il sistema degli ITS può dare al nostro Paese – ha osservato il Sottosegretario Gabriele Toccafondi  – è quello di valorizzare e sperimentare le idee di eccellenza ed originalità che i nostri studenti hanno. Adesso con questa sperimentazione possiamo vedere che è possibile anche nell’industria 4.0, garantendo competenze e prospettive occupazionali certe agli studenti. Gli ITS sono nati solo qualche anno fa e hanno già fatto grossi passi in avanti, in quantità e qualità della formazione proposta. Adesso – ha concluso Tocccafondi – è fondamentale portare la sperimentazione dell’industria 4.0 da 6 a 93 fondazioni ITS”.

Sei gli ITS che hanno partecipato alla sperimentazione, coordinata dal professor Stefano Micelli, docente di Economia e Gestione delle Imprese all’Università Ca’ Foscari di Venezia, in altrettanti settori tecnologici:

  • l’ITS Agroalimentare Marketing Veneto di Conegliano partendo dalle esigenze degli agricoltori e raccogliendo i dati dalla rete agrometeorologica, del bollettino vinicolo e radar meteo, ha sviluppato un’App capace di fornire attraverso un unico strumento, intuitivo e d’immediata fruibilità, un supporto fitosanitario veloce ed efficiente;
  • l’ITS M.I.T.A. Nuove Tecnologie per il Made in Italy, Sistema moda Scandicci ha inteso conciliare l’antica tradizione artigianale italiana con moderni strumenti diagnostici, applicando la tomografia 3D su materie prime o pellami nel settore tessile per individuare le difettosità non visibili del prodotto;
  • l’ITS Umbria Made in Italy Innovazione, Tecnologia e Sviluppo Perugia Terni ha avviato una partnership con diverse aziende, presso le quali gli studenti potranno fornire progetti e soluzioni innovative nella fase di produzioni;
  • l’ITS Maker Meccanica Meccatronica Motoristica e Packaging Emilia Romagna ha sviluppato un prototipo di volante per migliorare la performance di guida della monoposto del team di formula SAE Unipr, competizione internazionale tra gruppi di studenti universitari;
  • l’ITS Pavia per le nuove tecnologie per il Made in Italy ha ideato una piastrella dotata di sensoristica intelligente che inizialmente è nata con una funzione estetica nell’ambito della Home Entertainement, successivamente ha incorporato funzioni di sicurezza come indicare la via d’esodo più sicura in caso di sisma o incendio;
  • l’ITS SI, Istituto tecnico Superiore Servizi alle Imprese Viterbo sta realizzando un duplice progetto: da un lato l’elaborazione di contenuti e strumenti di comunicazione per divulgare i temi legati all’industria 4.0 (big data, realtà aumentata e stampa 3D); dall’altro la sperimentazione con GS Net Italia per la progettazione di un casco intelligente che garantisce una maggiore sicurezza.

CONTRATTO PUBBLICO IMPIEGO: STRADA IN SALITA

CONTRATTO PUBBLICO IMPIEGO: STRADA IN SALITA

“Finalmente è approdato al vaglio della Corte dei Conti il DPCM che stanzia i fondi per il rinnovo dei contratti del Pubblico Impiego, di cui la scuola costituisce il comparto più numeroso. Ma i tempi per arrivare alla definizione del contratto non sono così rapidi come il Governo vuol far apparire”. Così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, commenta l’annuncio del ministro Madia.

“Delle risorse necessarie per raggiungere i miseri 85 euro lordi di aumento promessi – spiega Di Meglio – ad oggi risulta stanziata meno della metà. Inoltre, per quanto concerne la parte normativa, va sottolineato che non si è concluso l’iter di revisione del Testo Unico nel quale sono ancora presenti ambiguità su quale sia la sfera riservata alla contrattazione”.

“Come è stato evidenziato anche dai recenti dati della Tesoreria dello Stato sugli stipendi degli statali, la scuola resta fanalino di coda del settore pubblico. Chiediamo dunque al Governo – conclude il coordinatore nazionale della Gilda – di reperire le risorse per recuperare il potere di acquisto dei docenti, cioè almeno 150 euro mensili”.

Per l’8 marzo la Fedeli lancia iniziativa ”Le studentesse contano”

da LaStampa

Per l’8 marzo la Fedeli lancia iniziativa ”Le studentesse contano”

Al via la seconda edizione del mese delle #Stem

«Chi ha detto che la matematica e le materie scientifiche o tecnologiche non sono adatte alle ragazze? Non c’è nulla che una studentessa e uno studente non possano ottenere impegnandosi. Il nostro è il Paese di Rita Levi Montalcini, una delle più grandi scienziate della storia. Un Paese con incredibili studiose e ricercatrici. Purtroppo le nostre ragazze sono condizionate inconsapevolmente da pregiudizi e stereotipi secolari. Voi studentesse contate. Non lasciate che qualcuno affermi il contrario».

La ministra dell’Istruzione, lancia la seconda edizione del Mese delle #Stem che prenderà il via l’8 marzo, in occasione della Giornata della Donna. L’iniziativa è realizzata in collaborazione con il Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio e rientra nella strategia di attuazione della Buona Scuola e nell’azione 20 prevista dal Piano Nazionale Scuola Digitale.

Il Mese delle #Stem ha l’obiettivo di sensibilizzare le nuove generazioni sul tema delle pari opportunità e sul superamento degli stereotipi e delle false credenze fra cui quella che vorrebbe le ragazze meno inclini allo studio delle cosiddette discipline Stem (acronimo di Science, Technology, Engineering and Math).

Da domani, per un mese, tutte le scuole italiane potranno collegarsi al sito del Miur www.noisiamopari.it e avere accesso a materiali informativi messi a disposizione per sensibilizzare e orientare allo studio delle materie scientifiche e tecnologiche. Le ragazze e i ragazzi potranno conoscere le esperienze di vita e professionali di scienziate e ricercatrici, mettersi alla prova attraverso percorsi di formazione e didattica specifica o in giochi logico-matematici, entrare in contatto con le ricadute di queste discipline nella quotidianità e nel processo di sviluppo del Paese.

Ogni scuola potrà, inoltre, aderire all’iniziativa «Le studentesse contano!» selezionando una ragazza talentuosa e appassionata ad una di queste discipline, alla quale destinare un percorso di formazione specifico, che verrà svolto con il coinvolgimento dell’intero istituti di appartenenza. Tutti i materiali prodotti e le attività – che potranno essere svolte anche in orario extrascolastico – costituiranno documentazione di buone pratiche che sarà ospitata sul sito del Miur.

Formazione “on the job”: rischio nuovi paletti per le imprese

da Il Sole 24 Ore

Formazione “on the job”: rischio nuovi paletti per le imprese

di Claudio Tucci

Dopo un primo anno di obbligatorietà dell’alternanza scuola-lavoro con luci e ombre (solo un ragazzo su tre si è formato in azienda – male i licei) e con un tasso di disoccupazione giovanile al 37,9% (peggio di noi in Europa solo Spagna e Grecia) ci si aspetterebbero indicazioni operative agli istituti per superare le criticità emerse “sul campo” con l’obiettivo di far decollare il rapporto con il mondo produttivo.

E invece la bozza di «Chiarimenti interpretativi» che il ministero dell’Istruzione sta ultimando, per poi inviare ai presidi, rischia di andare nella direzione opposta, ipotizzando altra burocrazia e vincoli in contrasto con l’autonomia scolastica e soprattutto con le nuove politiche del lavoro, disegnate, con coraggio, dal Jobs act.

I nodi
Sul fronte, per esempio, di un possibile ricorso alle Agenzie per il lavoro accreditate per facilitare il collegamento scuola-impresa, il documento ministeriale è piuttosto timido: se, a livello normativo, non viene vietato avvalersi delle Apl (che per mestiere fanno intermediazione), subito dopo, tuttavia, sono snocciolati una serie di paletti e freni al fine di mantenere (e difendere) un ruolo centrale, a tratti esclusivo, dell’istituzione scolastica (quando piuttosto l’obbligatorietà dell’alternanza presupporrebbe più libertà per una reale co-progettazione dei percorsi di studio e lavoro).

Anche nell’individuazione degli atti obbligatori per far partire un corso in alternanza sarebbe opportuno richiamare espressamente il «Progetto formativo», come parte integrante della convenzione tra istituto e azienda (quel documento infatti è la garanzia di un’esperienza “on the job” di qualità).

E da affrontare, con meno timori, è pure il tema delle ore di pratica da svolgere nelle imprese durante il periodo di sospensione delle attività didattiche (vacanze estive). Qui, senza mezzi termini, andrebbe chiarito che i ragazzi dovranno essere accompagnati “on the job”, come durante gli altri mesi dell’anno, anche dal docente di scuola (o comunque va garantita la sua reperibilità).

Confindustria: no a passi indietro
«Non possiamo permetterci passi indietro, e tornare ad allontanare i due mondi, istruzione e lavoro – incalza il vice presidente per il Capitale umano di Confindustria, Giovanni Brugnoli -. La sfida è formare ragazzi alla Manifattura 4.0. In quest’ottica è giusto chiedere cambiamento e flessibilità alle imprese. Ma lo stesso deve valere per il mondo scolastico. Il tema è delicato, e l’alternanza va sostenuta: la presenza di studenti e professori nelle nostre aziende, durante tutto l’anno, migliora la didattica, apre la scuola ai territori e alla ricerca scientifica-industriale e, soprattutto, da una chance in più ai giovani di un successivo, più rapido, inserimento occupazionale».

Ebook senza Iva agevolata per «assenza» di normativa

da Il Sole 24 Ore

Ebook senza Iva agevolata per «assenza» di normativa

di Anna Abagnale e Benedetto Santacroce

 L’applicazione di un’aliquota Iva ordinaria agli ebook non determina una disparità di trattamento rispetto al regime agevolato previsto per la fornitura di libri digitali mediante un supporto fisico (cd e cd-rom) ovvero libri cartacei. È quanto affermato dalla Corte di giustizia europea, con la sentenza relativa alla causa C-390/15, depositata ieri. Si tratta sostanzialmente di una pronuncia che si pone a conferma della validità della norma unionale – nello specifico, articolo 98, paragrafo 2, della Direttiva 2006/112/Ce – che prevale sul diritto interno degli Stati membri che, come nel caso dell’Italia e prima ancora della Francia, hanno esteso l’aliquota Iva ridotta anche alle forniture di libri digitali in formato elettronico, ovvero agli ebook.

La posizione della Corte, nonostante la Commissione abbia deciso con il Piano d’azione sull’Iva del 7 aprile 2016 e con la proposta di direttiva – COM (2016) 758 final – presentata lo scorso dicembre una riforma complessiva del settore dell’e-commerce diretta ad aprire a ciascuno Stato la possibilità di applicare la stessa aliquota Iva prevista per la cessione delle pubblicazioni cartacee alla cessione delle pubblicazioni fornite per via elettronica, è stata decisa circa il trattamento Iva a cui sottoporre la cessione degli ebook. Anche se, per certi versi, questa sua posizione potrebbe leggersi comunque come un segno di apertura, seppure minimo, rispetto al passato. Infatti la Corte, avendo chiaro che la previsione di un’aliquota Iva ridotta per la fornitura di libri abbia natura culturale e sia finalizzata a incentivare la lettura, riconosce che, sebbene la fornitura di un libro digitale su supporto fisico costituisca cessione di beni mentre quella per via elettronica è una prestazione di servizi, le due operazioni sono sicuramente analoghe.

Ma andiamo con ordine. Nella questione pregiudiziale, sollevata dalla Corte costituzionale polacca, si chiedeva ai giudici europei se dovesse considerarsi valido l’articolo 98, paragrafo 2 in combinato disposto con il punto 6 allegato III della Direttiva, per il fatto che, escludendo ogni possibilità per gli Stati membri di applicare un’aliquota Iva ridotta alla fornitura di libri digitali per via elettronica, tale norma sembrava violare il principio della parità di trattamento, enunciato all’articolo 20 della Carta di Nizza. Pur ritenendo le due operazioni effettivamente comparabili tra loro, i giudici di Lussemburgo considerano giustificata la differenza di trattamento, in quanto collegata a un scopo legittimo e in quanto la misura che introduce la disparità è proporzionata a tale scopo. In particolare, quanto a quest’ultimo, l’esclusione dell’applicazione dell’aliquota Iva ridotta alla fornitura di libri digitali per via elettronica deve essere intesa come parte di un sistema particolare di Iva per il commercio elettronico, che necessita di norme semplici e uniformi e di conseguenza di una tassazione Iva unitaria che eviti ai soggetti passivi e alle amministrazioni fiscali nazionali di dover esaminare, per ogni tipo di servizio elettronico fornito, se esso rientri o meno nella categoria dei servizi ad aliquota Iva agevolata.

Insomma una sentenza, questa, che sembra essere in controtendenza rispetto ai tempi del mercato unico digitale, a differenza di quanto recepito dalla Commissione, la quale, nei considerando della proposta di Direttiva citata, proprio al fine di restare al passo con il progresso tecnologico dell’economia digitale, ha sottolineato come le pubblicazioni fornite per via elettronica dovrebbero beneficiare dello stesso trattamento Iva preferenziale delle pubblicazioni su qualsiasi tipo di supporto fisico.

In questo clima di incertezza, l’unica cosa che possa fare un operatore prudente che voglia conformarsi alla disciplina nazionale, è di applicare l’aliquota Iva del 4% sulle cessione degli ebook restrittivamente, cioè seguendo con attenzione i limiti previsti dalla legge italiana, per non alimentare la frattura già esistente tra la norma interna e quella unionale così come interpretata dalla Corte di giustizia europea, esponendosi a sanzioni pesanti. Tutto potrebbe nuovamente cambiare in seguito all’intervento della Commissione.

Alunni maltrattati, torna la proposta impossibile: docenti a visita periodica, molti sono usurati

da La Tecnica della Scuola

Alunni maltrattati, torna la proposta impossibile: docenti a visita periodica, molti sono usurati

I fatti di cronaca dell’8 marzo, con alcuni docenti che maltrattano i loro alunni, hanno ancora una volta messo i docenti sotto la lente dell’opinione pubblica.

Il Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Calabria Antonio Marziale, torna, dopo un anno, a proporre la soluzione per evitare alunni vittime dell’isteria e delle sofferenze psicologiche dei loro insegnanti: “sottoporre i docenti a visite psicologiche periodiche”.

E, sostiene, “al diavolo chi intravede nella proposta l’intento di criminalizzare una categoria, a nessuno è dato di compromettere lo sviluppo emotivo dei piccolini”.

“I bambini sono il bene più prezioso e più fragile dell’umanità e chi ha a che fare con loro quotidianamente non può permettersi il lusso di scaricare le proprie frustrazioni maltrattandoli.

“Finalmente – prosegue – la mia decennale proposta di sottoporre i docenti a visite psicologiche periodiche ha trovato la giusta attenzione nei giorni scorsi al ministero dell’Istruzione ed entro domani mattina provvederò ad inviare le linee guida dettagliate, perché è tempo di porre fine ad un fenomeno raggelante e consolidato, conosciuto in minima parte perché, purtroppo, la maggioranza delle volte non denunciato”.

“Ma, quanto appreso dalle cronache – continua Marziale – basta e avanza per farci parlare di emergenza. I docenti svolgono un ruolo usurante, che mette a dura prova le emozioni ma ciò non giustifica l’accanimento su creature deboli. Stanare coloro i quali hanno problemi di tenuta emotiva significa prevenire e mettere in sicurezza i bambini”.

E ancora: “i docenti con i quali mi trovo ad agire nel quotidiano – dice il Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Calabria – si dicono all’unisono d’accordo. Ogni genitore ha il diritto di sapere che gli adulti ai quali affida i propri figli siano rispettosi di essi. A nessuno è dato di compromettere lo sviluppo emotivo dei piccolini, che negli adulti di riferimento devono trovare guide non aguzzini”.

Il 9 marzo “renderò note le linee che ho inviato al ministro Fedelie comunico che l’idea delle telecamere sta trovando opposizione in quasi tutte le sedi istituzionali da me esplorate. Ma sulle visite periodiche psicologiche non cedo”.

Chi invece non molla sull’installazione delle telecamere è Carlo Rienzi, presidente Codacons, secondo cui il problema dei maltrattamenti nelle scuole è risolvibile solo con l’installazione di telecamere in tutti gli asili e scuole elementari d’Italia per controllare l’operato del personale scolastico ed evitare abusi e violenze che possono avere conseguenze anche gravi“.

Chiediamo al Parlamento di accelerare l’iter di approvazione del Ddl sull’installazione di telecamere a circuito chiuso negli asili e nelle strutture socio assistenziali per anziani, approvato lo scorso ottobre alla Camera”, conclude Rienzi.

Non è nostro costume, anche perché non è il nostro mestiere, commentare proposte o disegni di legge. Da conoscitori della scuola, tuttavia, non possiamo esimerci dal dire che per individuare i docenti inadeguati e dannosi esistono altre strade. Come quelle di sensibilizzare colleghi e dirigenti scolastici a segnalare i dubbi ad organi superiori: troppe volte, infatti, anche i casi eclatanti non si individuano per delle forme di omertà quasi sempre incomprensibili.

Costringere, invece, 760mila insegnanti a sottoporsi a visita periodica, oltre a costare allo Stato cifre altisonanti, non è detto che produca l’effetto sperato: nevrosi e patologie psicologiche non sono sempre ben identificabili, soprattutto se a al termine di una visita medica di qualche minuto. Non sarebbe meglio, invece, arrivare a quella visita attraverso documenti-denuncia, dai quali si evincono o ipotizzano determinati atteggiamenti sopra le righe?

#8marzo, Fedeli: lo sciopero si fa per le vertenze di lavoro, non per la violenza sulle donne

da La Tecnica della Scuola

#8marzo, Fedeli: lo sciopero si fa per le vertenze di lavoro, non per la violenza sulle donne

“Non ho partecipato allo sciopero, non l’ho appoggiato, ho un’opinione diversa da chi legittimamente usa quello strumento”.

Prende le distanze, la ministra dell’Istruzione, Università e Ricerca Valeria Fedeli, dalle donne, non tantissime per la verità, soprattutto tra le docenti, che l’8 marzo hanno aderito allo sciopero per combattere il sessismo e la violenza sul genere femminile, nella giornata internazionale della donna.

Si tratta di una presa di posizione, quella del ministro, che non passerà inosservata, proprio per i trascorsi delle Fedeli nel sindacato. In particolare, in quella Cgil che però, attraverso i lavoratori della conoscenza guidati da Francesco Sinopoli, hanno aderito allo sciopero dell’8 marzo (a differenza della Confederazione, che ha lasciato libero arbitrio ad ogni singola categoria compartimentale).

“Non mi appartiene questo modo di fare – ha detto la responsabile del Miur a Sky TG24 -: un conto è lo sciopero da sindacalista su una vertenza di lavoro, altra cosa è su questo terreno che considero molto profondo e serio. Detto questo rispetto molto chi fa altre scelte in democrazia”.

“Voglio invece parlare – ha proseguito – di come si risolvono i problemi di discriminazione e violenza sulle donne, compreso quello di non vedere correttamente applicata una legge dello Stato come la legge 194. Ci sono regioni come la Regione Lazio che hanno scelto di intervenire e di considerare di fare delle assunzioni specifiche di medici non obiettori, proprio per rispettare la legge. Lo dico perché sono più della scuola di trovare le soluzioni alle situazioni di discriminazione”.

Secondo Fedeli, “un elemento fondamentale per scardinare le diverse discriminazioni che vivono le donne è esattamente quello, nel discorso pubblico e nelle azioni concrete, di dire che dobbiamo condividere, donne e uomini, esattamente il punto su cui le donne vengono più discriminate: la maternità. Dobbiamo tornare a dare valore sociale alla maternità ma anche alla paternità”, ha concluso il titolare del Miur.

#8marzo, Fedeli: le studentesse contano, al via il mese delle Stem

da La Tecnica della Scuola

#8marzo, Fedeli: le studentesse contano, al via il mese delle Stem

Incoraggiare bambine e ragazze allo studio delle materie scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche e matematiche, le cosiddette discipline Stem.

È lo scopo della seconda edizione del Mese delle Stem, lanciata oggi dalla Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, in occasione della Giornata internazionale della Donna.

“Chi ha detto che la matematica e le materie scientifiche o tecnologiche non sono adatte alle ragazze? Non c’è nulla che una studentessa e uno studente non possano ottenere impegnandosi. Il nostro è il Paese di Rita Levi Montalcini, una delle più grandi scienziate della storia. Un Paese con incredibili studiose e ricercatrici. Purtroppo le nostre ragazze sono condizionate inconsapevolmente da pregiudizi e stereotipi secolari. Voi studentesse contate. Non lasciate che qualcuno affermi il contrario”, dichiara Fedeli invitando le ragazze e i ragazzi a partecipare all’iniziativa che è aperta a tutte e tutti.

Per un mese le scuole, sul sito www.noisiamopari.it, avranno a disposizione materiali e attività che potranno svolgere per sensibilizzare e orientare le studentesse e gli studenti allo studio delle materie scientifiche e tecnologiche. Inoltre sarà possibile partecipare all’iniziativa “Le studentesse contano!”, selezionando una ragazza talentuosa e appassionata ad una delle discipline Stem alla quale destinare un percorso di formazione specifico che verrà svolto con il coinvolgimento dell’intero istituto di appartenenza. Le ragazze potranno raccontare la loro esperienza con un video.

La Ministra Fedeli oggi ha aperto le celebrazioni dell’8 marzo al Quirinale premiando con il Presidente Sergio Mattarella le scuole vincitrici del concorso “Donne per la pace”. In questa occasione la Ministra ha annunciato che a breve sarà diramata nelle scuole una circolare sulla scrittrice premio Nobel Grazia Deledda, nell’ottica di favorire e incentivare lo studio di importanti figure femminili. La Ministra ha poi aperto al Miur l’evento “Donne e linguaggio dell’amministrazione” dove ha comunicato l’avvio dell’iter per l’apertura di un nido al Ministero. Nido da tempo atteso dalle e dai dipendenti. “In questo Paese – ha affermato la Ministra – dobbiamo investire sulla maternità e sulla paternità”.

Nel corso dell’incontro la Ministra ha annunciato che due sale del Miur saranno dedicate una a Tullio De Mauro, il linguista recentemente scomparso cui si devono uno studio e una ricerca sulla nostra lingua che sono eredità straordinaria per il nostro Paese, l’altra aFranca Falcucci “che ricordiamo non solo come prima ministra della Repubblica Italiana all’Istruzione – ha sottolineato Fedeli – ma anche per lo straordinario lavoro da lei fatto per una scuola aperta e di qualità, per il riconoscimento delle differenze. A lei questo Paese deve il superamento delle classi differenziali, una misura importantissima per la costruzione di una scuola inclusiva nei confronti delle studentesse e degli studenti con disabilità”.

A seguito del convegno di oggi, il Ministero avvierà un lavoro interno per la produzione di linee guida sul linguaggio da utilizzare nell’amministrazione per superare il divario fra uomini e donne e gli stereotipi. “Prendiamo un impegno per avviare un percorso di cambiamento nel linguaggio amministrativo nel rispetto di tutte e tutti – ha detto Fedeli – perché il linguaggio è il primo riconoscimento della dignità e dell’integrità dell’altro e dell’altra”.

 

Il video dell’incontro su ‘Donne e linguaggio dell’amministrazione’:

https://www.youtube.com/watch?v=P5SbMB9YHQE&t=6s

Le slide con i numeri delle donne nel mondo dell’Istruzione:

https://www.slideshare.net/miursocial/8marzo2017-tutti-i-numeri-delle-donne-nel-mondo-dellistruzione

Pensioni docenti e ATA: domande presentate per l’a.s. 2017/2018

da La Tecnica della Scuola

Pensioni docenti e ATA: domande presentate per l’a.s. 2017/2018

La Flc Cgil ha pubblicato i prospetti analitici, elaborati dal Miur, delle domande di dimissioni dal servizio presentate entro il 28 febbraio 2017 dal personale docente e ATA.

In totale, sono 20.102 i docenti che hanno presentato domanda per andare in pensione dal 1° settembre 2017, mentre le domande degli ATA sono 5.743.

I dati sono da considerarsi comunque provvisori, perché manca ancora il personale che sarà collocato a riposo d’ufficio.

Concorsi 24 mesi ATA: pubblicati i modelli di domanda

da La Tecnica della Scuola

Concorsi 24 mesi ATA: pubblicati i modelli di domanda

Con nota nota 9893 del 7 marzo 2017 il Miur ha trasmesso agli Uffici Scolastici Regionali i modelli di domanda relativi all’aggiornamento delle graduatorie provinciali permanenti del personale ATA per l’anno scolastico 2016/2017 per le graduatorie dell’a.s. 2017/18.

Si tratta dei modelli:

  • allegato B1: domanda di inserimento nelle graduatorie permanenti per l’a.s. 2017/2018
  • allegato B2: domanda di aggiornamento delle gratuatorie per l’a.s. 2017/2018
  • allegato F: modello per la rinuncia all’attribuzione di rapporti di lavoro a tempo

    determinato per l’a.s. 2017/18

  • allegato H: domanda per l’attribuzione della priorita’ nella scelta della sede per l’anno scolastico 2017/2018.

Ricordiamo che i modelli di domanda allegati B1, B2, F e H devono essere inviati modalità tradizionale mediante raccomandata A/R ovvero consegnati a mano ovvero mediante PEC, all’Ambito Territoriale della provincia d’interesse entro i termini previsti dal relativo bando. Per il personale che intende usufruire dei benefici dell’art. 21 e dell’art. 33, commi 5, 6 e 7 della legge n. 104/1992 è prevista la compilazione di un apposito Allegato H, integrativo e non sostitutivo della dichiarazione a tal fine resa dal candidato nei moduli domanda B1 e B2.

Andrà invece trasmesso in un momento successivo, tramite le istanze on-line, il modello di domanda allegato G di scelta delle sedi delle istituzioni scolastiche (previa registrazione al portale). Per quest’ultimo non dovrà essere inviato il modello cartaceo in formato pdf prodotto dall’applicazione in quanto l’Ufficio territoriale destinatario lo riceverà automaticamente al momento dell’inoltro.

Entro il 20 marzo gli U.S.R. dovranno emanare i bandi.