Alfabeto civile: i pensieri e le parole

A tre mesi dalla  scomparsa, Tullio De Mauro viene ricordato alla Camera, nell’incontro “Alfabeto civile : i pensieri e le parole”, in programma nella Sala della Lupa di Palazzo Montecitorio a partire dalle ore 15.

Dopo il saluto introduttivo della Presidente della Camera, Laura Boldrini, ci saranno gli interventi di Fabrizia Giuliani, Commissione Giustizia Camera, Sabino Cassese, professore e giudice emerito Corte Costituzionale, Nicoletta Maraschio, linguista e presidente onoraria dell’Accademia della Crusca, Walter Veltroni, politico e regista, Valeria Fedeli, ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Dario Franceschini, ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo.

Spese scolastiche, il bonus cresce. Dalle Entrate le istruzioni per la compilazione del 730

da Il Sole 24 Ore

Spese scolastiche, il bonus cresce. Dalle Entrate le istruzioni per la compilazione del 730

di Mario Cerofolini

Con la circolare congiunta di agenzia delle Entrate e Consulta nazionale dei Caf, arrivano istruzioni precise per la gestione nel modello 730 (rigo E/8-E10 – codice 12) anche delle spese di istruzione non universitarie.

Da quest’anno, con riferimento al periodo d’imposta 2016, queste spese saranno detraibili per chi le ha sostenute (contribuente o familiari a carico) con l’aliquota del 19% per un importo non superiore ad euro 564 (nell’anno 2015 era di € 400,00) per ciascun alunno. Se l’onere riguarda più di uno studente, occorre compilare più righi con l’indicazione della relativa spesa sostenuta con riferimento a ciascun scolaro. Le spese detraibili riguardano quelle sostenute per la frequenza di scuole: dell’infanzia (scuole materne), primarie e secondarie di primo grado (scuole elementari e medie), secondarie di secondo grado (scuola superiore) sia statali che paritarie private e/o degli enti locali.

Gli oneri detraibili

Tra le spese ammesse in detrazione, vi sono le tasse (ad esempio quelle di iscrizione e di frequenza), i contributi obbligatori, quelli volontari, nonché le erogazioni liberali appositamente deliberati dagli istituti scolastici o dai loro organi e sostenute dal contribuente con la specifica finalità legata alla frequenza scolastica. In detrazione vanno anche le spese per la mensa scolastica (circolare 2 marzo 2016 n. 3/E risposta 1.15) e per i servizi scolastici integrativi, quali l’assistenza al pasto e il pre/post scuola (risoluzione 4 agosto 2016, n. 68). Per queste ultime la detrazione viene accordata anche quando il servizio è reso per il tramite del Comune o di altri soggetti terzi rispetto alla scuola. Il beneficio fiscale spetta altresì nell’ipotesi in cui il servizio non è stato appositamente deliberato dagli organi di istituto (circolare 6 maggio 2016 n. 18/E risposta 2.1). Sono ammesse al beneficio della detrazione al 19% anche le spese per gite scolastiche, per l’assicurazione della scuola e ogni altro contributo finalizzato all’ampliamento dell’offerta formativa (ad esempio corsi di lingua, teatro, ecc…) deliberato dagli organi d’istituto. Quando le spese vengono pagate direttamente alla scuola, i soggetti che prestano l’assistenza fiscale non devono richiedere al contribuente la copia della delibera scolastica che ha disposto tali versamenti. La delibera va richiesta, invece, nel caso in cui la spesa per il servizio scolastico integrativo non sia sostenuta per il tramite dell’istituto, ma sia pagata direttamente a soggetti terzi (ad es. all’agenzia di viaggio). Si ricorda, tuttavia, che la detrazione non spetta per le spese relative all’acquisto di materiale di cancelleria e di testi scolastici (circolare n. 3/E del 2016 risposta 1.15), nonché per il servizio di trasporto scolastico, (risoluzione n. 68/E del 2016).

I documenti

Le spese sostenute per le tasse scolastiche, nonché i contributi obbligatori possono essere documentati dalle ricevute o quietanze di pagamento recanti gli importi sostenuti a tale titolo nel corso del 2016. Quelle per la mensa scolastica vanno comprovate mediante la ricevuta del bollettino postale o del bonifico bancario intestata al soggetto destinatario del pagamento – sia esso la scuola, il Comune o altro fornitore del servizio – e devono riportare nella causale l’indicazione del servizio mensa, la scuola di frequenza e il nome e cognome dell’alunno. Se per l’erogazione del servizio è previsto il pagamento in contanti o con altre modalità (ad esempio, bancomat) o l’acquisto di buoni mensa in formato cartaceo o elettronico, la spesa potrà essere documentata mediante attestazione, rilasciata dal soggetto che ha ricevuto il pagamento (es. Comune) o direttamente dalla scuola, che certifichi l’ammontare della spesa sostenuta nell’anno con i dati dello studente. L’attestazione e la relativa istanza sono esenti dall’imposta di bollo, purché indichino l’uso per il quale sono destinati. Per l’anno 2015, se la documentazione risultava incompleta, i dati mancanti relativi all’alunno o alla scuola potevano essere annotati dal contribuente sul documento di spesa (circolare 6 maggio 2016 n. 18/E risposta 2.1). Tale possibilità è, invece, esclusa con riferimento alle spese sostenute nel 2016.

Le otto deleghe «Buona Scuola» verso il Cdm di venerdì: alla primaria bocciatura solo in casi eccezionali

da Il Sole 24 Ore

Le otto deleghe «Buona Scuola» verso il Cdm di venerdì: alla primaria bocciatura solo in casi eccezionali

di Claudio Tucci

È corsa contro il tempo per portare le otto deleghe «Buona Scuola» sul tavolo del Cdm di venerdì 7 aprile: anche ieri ci sono stati una serie di incontri tecnico-politici per dirimere gli ultimi nodi sul tappeto.

Alle elementari bocciatura sì, ma solo in casi eccezionali
Per quanto riguarda il Dlgs sulla valutazione si confermano le ultime anticipazioni: per essere ammessi agli esami di Stato finali (2018) bisognerà avere il sei in tutte le materie (come accade oggi), e non sarà più sufficiente la media del sei. Alla primaria rimarrà la bocciatura, ma solo in casi eccezionali (e dovrà essere motivata dagli insegnanti). Sempre nella primaria, i voti dovrebbero rimanere in numeri (stop quindi alle lettere). Ma anche qui l’ultima decisione sarà presa a ridosso, o dentro, il Cdm.

Maturità
Per quanto riguarda la nuova maturità, che debutterà nel 2018, non cambia molo: le prove diventano tre: due scritti (si elimina la terza prova, il “quizzone”) e un colloquio orale. Oggi le prove scritte sono tre più il colloquio. Lo svolgimento delle attività di alternanza scuola-lavoro diventa requisito di ammissione, così come aver svolto le prove Invalsi (i cui esiti saranno certificati). Il nuovo esame sarà composto da: prima prova scritta nazionale che accerterà la padronanza della lingua italiana, seconda prova scritta nazionale su discipline caratterizzanti l’indirizzo di studi, colloquio orale che accerterà il conseguimento delle competenze raggiunte, la capacità argomentativa e critica del candidato, l’esposizione delle attività svolte in alternanza. L’esito dell’esame oggi è espresso in centesimi: fino a 25 punti per il credito scolastico, fino a 15 per ciascuna delle tre prove scritte, fino a 30 per il colloquio. Con il Dlgs il voto finale resta in centesimi, ma si dà maggior peso al percorso fatto nell’ultimo triennio: il credito scolastico incide fino a 40 punti, le due prove scritte incidono fino a 20 punti ciascuna, il colloquio fino a 20 punti.

Tra i nodi ancora da sciogliere c’è il regime transitorio in vista del decollo della nuova formazione iniziale dei prof: qui va superato lo scoglio Mef che ha chiesto numeri precisi su future assunzioni/stabilizzazioni e concorsi “agevolati”.

Vecchi abilitati, concorsi e precari Ecco come si diventerà docenti

da ItaliaOggi

Vecchi abilitati, concorsi e precari Ecco come si diventerà docenti

Il sistema definito dal miur a atteso al consiglio dei ministri

Marco Nobilio

Gli aspiranti docenti abilitati e i loro colleghi non abilitati, ma che hanno prestato servizio per non meno di 180 giorni in tre anni scolastici, anche non consecutivi, potranno accedere a un concorso loro riservato. I posti da destinare all’assunzione dei vincitori di tali concorsi saranno individuati in percentuali diverse utilizzando il 50% delle disponibilità per le immissioni in ruolo. Ma in ogni caso non prima che sarà cessata la validità delle graduatorie degli ultimi concorsi ordinari che ancora includono degli aspiranti all’assunzione. Compresi gli idonei e fermo restando che i vincitori manterranno comunque il diritto all’immissione in ruolo anche una volta decorso il termine di validità delle graduatorie. Sono gli assi portanti del nuovo reclutamento come previsto dal ministero dell’istruzione a seguito delle richieste delle commissioni parlamentari. Il relativo decreto è atteso al prossimo consiglio dei ministri.

In ogni caso, le graduatorie a esaurimento rimarranno in vigore fino a quando non rimarranno prive di aspiranti. E fino ad allora il 50% delle disponibilità per le immissioni in ruolo sarà destinato alle assunzioni dei precari storici in esse ancora inclusi. Il restante 50% sarà destinato all’assunzione dei vincitori degli ultimi concorsi. Dopo di che si passerà all’immissione in ruolo degli idonei. Vale a dire, degli aspiranti che, pur non essendosi collocati in posizione utile per vincere il concorso, lo abbiano comunque superato avendo ottenuto il punteggio minimo necessario. Secondo quanto risulta a ItaliaOggi, una volta esaurite le graduatorie dei concorsi ordinari, si passerà all’assunzione dei vincitori del concorso riservato agli abilitati.

Le operazioni di nomina di questa particolare tipologia di aspiranti avranno luogo a partire dall’anno scolastico 2018/2019. Nel biennio 2018/19 – 2019/20 l’amministrazione riserverà loro il 100% delle disponibilità che rimarranno libere dopo avere provveduto alle immissioni in ruolo degli aspiranti (vincitori o idonei) ancora inclusi nelle graduatorie dei concorsi ordinari. Fermo restando che, se vi saranno ancora aspiranti inclusi nelle graduatorie a esaurimento (GAE), a costoro bisognerà comunque riservare il 50% delle disponibilità. Nel biennio 2020/21 e 2021/22 la percentuale delle disponibilità residue riservate all’assunzione degli abilitati vincitori del concorso riservato scenderà all’80%. Nel biennio 2022/2023 – 2023/24 al 60%; nel 2024/25-2025/26 al 40%; nel 2026/27 – 2027/28 al 30% e al 20% a regime negli anni successivi. Le assunzioni dei vincitori dei concorsi riservati ai precari triennalisti avverranno a partire dal 2020/21. In tale anno l’amministrazione riserverà loro il 100% delle disponibilità, che rimarranno libere dopo l’assunzione dei vincitori del concorso riservato agli abilitati ( presumibilmente il 20% delle disponibilità residue detratto il 50% destinato alle assunzioni degli aspiranti in GAE). Nell’anno scolastico 2021/22 la percentuale scenderà al 60%. E al 50% nel biennio 2022/23-2023/24. Nel biennio 2024/25 – 2025/26 scenderà al 40%, al 30% nel biennio 2026/27 – 2027/28 e al 20% a regime negli anni successivi.

Ai vincitori dei concorsi ordinari, che saranno banditi successivamente alla cessazione della vigenza delle graduatorie degli attuali concorsi, saranno destinate le disponibilità che residueranno dopo avere provveduto all’assunzione dei vincitori dei concorsi riservati secondo le percentuali a loro destinate. I neoimmessi in ruolo saranno avviati ad un percorso di formazione della durata ordinaria di 3 anni con alcuni sgravi in favore dei vincitori dei concorsi riservati. Gli abilitati saranno esonerati dalla frequenza del primo anno di formazione, che sarà incentrato su un corso universitario di 60 Cfu con esame finale. I vincitori del concorso riservato ai triennalisti, non frequenteranno, invece, il secondo anno di formazione.

Gli abilitati con 3 anni di servizio non frequenteranno né il 1°, né il 2° anno di formazione e saranno ammessi direttamente al terzo. I vincitori dei concorsi ordinari dovranno frequentare tutti e 3 gli anni. Al termine del percorso di formazione i neoimmessi in ruolo che otterranno una valutazione positiva da parte di una commissione (presieduta dal dirigente scolastico e composta dai tutor che avranno seguito il candidato nel percorso di formazione) saranno assunti a tempo indeterminato. Dopo di che verranno assegnati ad un ambito e saranno assoggettati alla chiamata diretta, all’esito della quale stipuleranno un contratto di durata triennale con il dirigente scolastico preposto alla scuola dove andranno ad insegnare.

La retribuzione spettante e il trattamento normativo da applicare ai neoimmessi in ruolo sarà definita dalla contrattazione collettiva. Gli emolumenti del primo anno saranno fissati all’incirca in 400 euro mensili. Nel secondo anno ai 400 ero mensili dovrebbero aggiungersi eventuali spettanze derivanti dallo svolgimento di supplenze brevi (di durata non superiore ai 15 giorni). Infine, nel 3° anno, i neoimmessi in ruolo riceveranno lo stesso trattamento dei supplenti annuali.

Mobilità, si va verso l’ordinanza

da ItaliaOggi

Mobilità, si va verso l’ordinanza

Tempi quasi scaduti per avviare le operazioni del 2017

di Marco Nobilio

La chiamata diretta rallenta la mobilità. Sindacati e amministrazione non sono ancora giunti ad un accordo sulla questione della chiamata diretta: un istituto introdotto dalla legge 107/2015, che cancella il diritto alla titolarità della sede (salvandola solo per chi ce l’ha già e non la perda diventando soprannumerario) e assoggetta l’accesso e la permanenza in una sede al gradimento del preside. Le posizioni dei sindacati sono chiare: da una parte Cgil, Cisl, Uil e Snals, che sembrerebbero inclini ad accettare un accordo sulla base di adeguate garanzie circa i criteri sui quali dovrebbero basarsi le scelte dei dirigenti e sulla valorizzazione del collegio dei docenti nell’ambito del procedimento e dall’altra la Gilda, che resta ferma sulla richiesta di vincolare le scelte a punteggio e graduatorie.

E poi c’è l’amministrazione che sembrerebbe orientata a chiudere solo con Cgil, Cisl, Uil e Snals. Ipotesi, questa, che non inficerebbe la validità dell’accordo (che dovrebbe essere un vero e proprio contratto nazionale integrativo). Perché, per essere valido, un qualsiasi contratto necessita che lo firmino un numero di sindacati tale da superare il 50 + 1 della rappresentatività sindacale. Percentuale ampiamente superata da Cgil, Cisl, Uil, e Snals che insieme arrivano al 92% circa. E che allontanerebbe l’ipotesi di un provvedimento autoritativo da parte dell’amministrazione. Che in caso di mancato accordo potrebbe decidere con ordinanza. Insomma, l’accordo potrebbe essere firmato subito, senza problemi. Gli ostacoli, dunque, sono soltanto di natura politica. E proprio per questo, stanno salendo le quotazioni dell’atto amministrativo.

Secondo quanto risulta a ItaliaOggi vi sarebbero alcune organizzazioni di dirigenti scolastici che non vedrebbero di buon occhio la contrattualizzazione della chiamata diretta. E che starebbero esercitando pressioni sull’amministrazione centrale per evitare di giungere ad un accordo con i sindacati. Accordo che, peraltro, non farebbe altro che dare attuazione ad un’intesa messa nero su bianco dal ministro dell’istruzione, Valeria Fedeli, e dai sindacati. Fermo restando, però, che l’intesa del 29 dicembre è un accordo di massima che fissa il punto di partenza da cui le parti dovrebbero muovere in sede di contrattazione collettiva sulla mobilità. In pratica non si tratta di un atto normativo, ma di una semplice dichiarazione di intenti, il cui inadempimento non potrebbe essere fatto valere davanti al giudice.

Ma è comunque un impegno assunto direttamente dal ministro dell’istruzione con i vertici delle federazioni sindacali di comparto. E oltre tutto si ricollega ad un’altra intesa, sottoscritta il 30 novembre a palazzo Vidoni, tra il ministro della funzione pubblica, Marianna Madia, e le confederazioni sindacali. Intesa che impegnerebbe il governo a promuovere il varo di un provvedimento legislativo che dovrebbe ripristinare la supremazia del contratto rispetto alla legge. In pratica un vero e proprio colpo di spugna sul pilastro portante della riforma Brunetta: la inderogabilità delle norme di legge da parte della contrattazione collettiva e la sostituzione automatica delle clausole contrattuali difformi con le norme di legge con cui contrastano.

Colpo di spugna che, finora, non c’è stato. E dunque, se il legislatore non provvederà tempestivamente a dare attuazione alle pattuizioni contenute nell’intesa del 30 novembre, le deroghe previste nel nuovo contratto sulla mobilità e nell’eventuale accordo sulla chiamata diretta anche per effetto dell’intesa del 29 dicembre, alla prova dei fatti, potrebbero sciogliersi come neve al sole. L’iter di approvazione del decreto Madia, però, è in fase avanzata. Il provvedimento è già stato posto all’esame del commissioni parlamentari, per i prescritti pareri, e dovrebbe giungere a conclusione entro il 29 aprile prossimo.

Dunque, le deroghe potrebbero essere messe in sicurezza prima che i tempi diventino maturi per eventuali sentenze. Pertanto, l’ipotesi di illegittimità di accordi non rigidamente conformi al dettato legislativo non sembrerebbe più plausibile. In definitiva, quindi, la decisione di chiudere l’accordo sulla chiamata diretta è solo politica. E più passa tempo più c’è il rischio di che gli impiegati e i funzionari delle unità operative degli uffici scolastici che gestiscono le operazioni di mobilità debbano rinunciare alle ferie estive. Le deroghe più importanti alla legge 107/2015, peraltro, non sono solo quelle costituite dalla parziale contrattualizzazione della chiamata diretta. Che peraltro salverebbe i dirigenti scolastici dal rischio della responsabilità penale: il contratto non è legge, dunque, la violazione contrattuale non è reato.

Le deroghe che stanno maggiormente a cuore ai docenti, infatti, sono quelle contenute nell’ipotesi di contratto sulla mobilità attualmente al vaglio degli organi di controllo. E cioè la possibilità di chiedere il trasferimento o il passaggio in almeno 5 istituzioni scolastiche, assumendo la titolarità della sede nell’istituzione prescelta verso la quale venisse disposto il movimento richiesto

Disabilità, il decreto ci sarà con i correttivi parlamentari

da ItaliaOggi

Disabilità, il decreto ci sarà con i correttivi parlamentari

Resta il nodo della separazione delle carriere

Emanuela Micucci

In attesa del via libera in Consiglio dei ministri al decreto legislativo sull’inclusione scolastica, la titolate dell’Istruzione Valeria Fedeli rassicura che la delega ci sarà e si atterrà ai pareri espressi dalla Camera e dal Senato. Lo ha annunciato, la scorsa settimana, durante una riunione al Miur dell’Osservatorio per l’inclusione degli alunni con disabilità in seguito alle richieste di dialogo con il ministro delle associazioni dei disabili e delle loro famiglie. La riunione è stata onvocata con solo un giorno di anticipo. Tanto che delle 17 le associazioni membri della Consulta presso l’Osservatorio ne erano presenti solo 3: Fish (federazione italiana per il superamento dell’handicap), Fand (federazione tra le associazioni nazionali dei disabili) e Fiaba. «Abbiamo detto a Fedeli che», spiega a ItaliaOggi Salvatore Nocera della Fish, «se si va sui pareri migliorandoli per noi per ora va bene, anche perché circa il 90% delle nostre proposte sono state recepite dalle Commissioni. Poi si potrebbe intervenire con un disegno di legge di iniziativa governativa o con una modifica ai decreti» su cui la legge prevede un tagliando tra 2 anni.

«Aspettiamo anche i circa 20 decreti previsti per attuare questi» delle deleghe della Buona Scuola. In particolare, sono rimaste aperte alcune questioni: la separazione della carriera tra docenti di sostegno curricolari, soprattutto alla secondaria; la formazione iniziale e in itinere degli insegnati che le associazioni vorrebbero estendere anche ai docenti curricolari, ai presidi e al personale della scuola e non solo a quelli di sostegno; l’indicazione nel profilo di funzionamento e/o nel Pei dei sostegni, a partire da quello didattico, necessari per garantire un compiuto percorso di inclusione. Fiaba insiste sul rischio di inserire la scuola in ospedale nella delega sull’inclusione scolastica, perché equiparerebbe lo studente disabilità e studente ospedalizzato. Sebbene la legge 107 su questo punto (art. 1, c. 181, c), num. 9) faccia riferimento alla legge 104/1992 (art. 12, c. 9) dove si parla degli alunni normodotati ricoverati nei centri di degenza per i quali si accerta l’impossibilità di frequentare la scuola per un periodo non inferiore a 30 giorni di lezione. Se dopo la riunione dell’Osservatorio le associazioni esprimono soddisfazione, anche se con riserva fino in attesa del decreto legislativo vero e proprio, la Rete dei 65 movimenti per il sostegno è sul piede di guerra. E chiede il ritiro della delega perché «indebolisce e modifica la legge 104, esclude la famiglia da qualsiasi decisione, il Pei non sarà più impugnabile e il tutto sarà riconducibile unicamente alle ‘disponibilità economiche’ di chi dovrebbe garantire il processo di inclusione»

Il bonus di Renzi, un’odissea

da ItaliaOggi

Il bonus di Renzi, un’odissea

Solo il 40% dei docenti è riuscito a spendere i 500 euro

MArco Nobilio

La carta del docente non decolla. A fronte dei 350 milioni di euro resi disponibili dal governo per coprire l’impegno finanziario dei 500 euro a testa per l’aggiornamento, solo 60 milioni sarebbero stati spesi dai docenti e solo il 40% di loro avrebbe utilizzato il servizio, almeno parzialmente. Sono decorsi ormai circa 4 mesi da quando l’amministrazione ha fatto partire il nuovo sistema informatico per consentire ai docenti di spendere i 500 euro per l’aggiornamento. Ma i diretti interessati fanno fatica a spendere i proprio soldi scegliendo le varie opzioni sul mercato.

A differenza del contante, che può essere speso ovunque senza limitazioni, infatti i 500 euro per l’aggiornamento introdotti dalla Buona scuola di Renzi, da quest’anno, sono erogati dal ministero in moneta informatica. Che per essere spesa necessita anzitutto della previa acquisizione dello spid da parte dei docenti interessati.

La sigla spid sta per sistema pubblico di identità digitale e consiste in nella disponibilità di credenziali informatiche, senza le quali il docente interessato non può accedere al negozio virtuale dove si possono acquistare le varie utilità. Le credenziali si ottengono inserendo i proprio dati in una piattaforma informatica (la più utilizzata è quella fornita da Poste italiane, ma ve ne sono anche altre) compilando un modulo fornito direttamente dal sistema. E poi bisogna recarsi personalmente presso l’ente o l’impresa che fornisce il servizio per completare la procedura di identificazione.

Il procedimento, peraltro, è tutt’altro che semplice e, talvolta, anche se si seguono alla lettera la istruzioni, può essere necessario ripetere tutto da capo. Dopo avere portato a buon fine l’intero procedimento, il docente viene abilitato ad entrare nel negozio virtuale della piattaforma della carta del docente: è così che si chiama l’ambiente informatico predisposto dall’amministrazione per gli acquisti connessi all’aggiornamento.

Ma i problemi non finiscono qui. Per acquistare materialmente il bene di proprio interesse, è necessario utilizzare due codici diversi, volta per volta, che vengono inviati dal sistema, contemporaneamente, sia sul telefono cellulare che sulla posta elettronica. E solo dopo avere ricopiato i codici negli appositi spazi, il docente interessato può fruire del servizio.

A quel punto si apre una pagina web suddivisa in vari settori, ognuno per i vari ambiti dove è possibile spendere i 500 euro. Ognuno di questi settori, però, contiene solo un numero esiguo di esercenti, perché sono le stessi imprese o enti che, se vogliono rendere accessibili i loro prodotti ai docenti tramite il bonus dei 500 euro, devono accreditarsi in piattaforma.

E non sono pochi gli esercenti e gli enti che a tutt’oggi sono rimasti fuori pur avendo chiesto di accedere a questa nuova tipologia di mercato interno. La procedura di accesso, di per sé non agevole, prevede peraltro che possano entrare solo gli esercenti e gli enti in grado di farsi riconoscere dal sistema tramite i cosiddetti codici ateco. Vale a dire, i codici predisposti dall’Istat per classificare le attività economiche. Codici che vengono utilizzati anche dall’agenzia delle entrate.

Ma il sistema non riconosce tutti i codici perché non tutti i codici ateco sono stati inseriti nel sistema. E anche quando li riconosce, talvolta, non consente comunque l’ingresso alle ditte o gli enti interessati. Tant’è che vi sono diversi esercenti che, pur avendo accettato i voucher (è così che si chiamano gli assegni informatici che vengono rilasciati ai docenti all’esito della procedura) si trovano talvolta nella impossibilità di farseli trasformare in moneta sonante dall’amministrazione.

E non sono pochi i docenti che, pur avendo scaricato correttamente i voucher, se li sono visti rifiutare all’atto del pagamento, perché la ditta dove si sono recati non è ancora riuscita ad accreditarsi. Per spendere utilmente i voucher, infatti, non basta scaricarli e tentare di utilizzarli per l’acquisto di beni e servizi utili all’aggiornamento secondo i criteri fissati dalla legge.

È necessario, infatti, che le ditte o gli enti dove si intenda spenderli risultino in chiaro nella piattaforma. Pertanto, la procedura corretta per non vederseli rifiutare, deve necessariamente comprendere anche un controllo, da parte del docente interessato, direttamente in piattaforma. Controllo diretto a verificare se la ditta o l’ente dove si intende acquistare il bene o il servizio risultino accreditati oppure no.

Insomma, il meccanismo è molto complesso e sta scoraggiando tanti docenti che, in diversi casi, hanno rinunciato anche a munirsi di spid. Il rischio che si corre, dunque, è che le risorse rimangano in gran parte inutilizzate. Resta il fatto, però, che la legge 107/2015 non condiziona l’utilizzo dei 500 euro a qualsivoglia onere procedurale.

Anzi, nell’intenzione del legislatore, i 500 euro avrebbero dovuto essere posti nella disponibilità dei docenti tramite la consegna individuale di una carta elettronica. In pratica: una carta di credito prepagata. Mai vista

Equità sociale, la scuola funziona ma il mercato del lavoro no

da ItaliaOggi

Equità sociale, la scuola funziona ma il mercato del lavoro no

Usciti dal sistema formativo, i giovani italiani perdono quanto hanno conquistato

Giovanni Brusio

L’ascensore sociale della scuola si è rimesso in movimento. Secondo l’Ocse la scuola italiana è fra quelle che producono più mobilità sociale al mondo. È quanto registrato dall’Organizzazione nell’ultimo studio sul capitale umano, che mette per la prima volta insieme i dati sull’apprendimento degli adulti di oggi rispetto a quando erano adolescenti. Ma se la scuola italiana, a quanto pare, funziona bene da ascensore sociale, altrettanto non si può dire per il mondo del lavoro. In molti Paesi dell’Ocse, spiegano da Parigi, il dato dell’apprendimento degli studenti di 15 anni d’età è predittivo dei vantaggi che l’educazione reca agli individui in età adulta. Alla fine si scopre che in Italia si sale nella scuola dell’obbligo. Poi però si scende.

L’Ocse mette a confronto l’andamento delle disparità socio-economiche delle coorti di adulti di 27 anni che sono stati oggetto, oggi, dell’indagine Ocse-Piaac (Programme for the. International Assessment of Adult. Competencies), dopo dodici anni dai tempi in cui avevano partecipato, quando avevano 15 anni, ai test dell’Ocse Pisa nel 2000. Pisa e Piaac hanno infatti due parametri in comune che sono il titolo di studio dei genitori e il numero di libri disponibili a casa, per cui i ricercatori sono riusciti a vagliare la crescita della prestazione di apprendimento fra gli individui adulti (26/28 anni), che avevano fatto i test Ocse Pisa, con almeno un genitore laureato e quelli con tutt’e due i genitori senza laurea. Quasi ovunque gli individui, nel passaggio fra i 16 e i 27 anni d’età, hanno incrementato le disuguaglianze nella literacy tra gli individui con genitori laureati e non, e tra quelli con più di 100 libri e quelli con meno di 100 libri in casa. Questo accade per quello che in sociologia è noto come effetto San Matteo e cioè per il principio dell’iniqua distribuzione del successo.

Non solo, ma l’incremento di literacy è riscontrabile con maggiore frequenza tra i soggetti che potevano vantare, da adolescenti, genitori più istruiti e migliori condizioni socio-economiche. Cosa che in Italia non capita, per lo meno, fino al termine della scuola dell’obbligo. Mentre il divario in funzione della variabile di provenienza cresce tra le stesse persone a 27 anni. Come nel resto della maggior parte degli altri Paesi, anche in Italia l’incidenza delle condizioni di status sulle disuguaglianze nella literacy e nella numeracy tende ad aumentare in funzione dell’età. Anzi in Italia lo fa più della media Ocse. L’educazione permanente e l’ingresso nel mercato del lavoro, spiegano da Parigi, sono cruciali per l’acquisizione delle competenze dopo il termine dell’obbligo di istruzione. Infatti i giovani meno abbienti sono considerati a rischio drop out più dei loro pari più abbienti.

L’ex premier Matteo Renzi si è detto felice della notizia che dimostrerebbe come sulla scuola si sia comunque imboccata la strada giusta anche se, va detto, che il trend positivo della scuola italiana, soprattutto in scienze e matematica, era già partito qualche anno fa. Nel 2013 l’Italia figurava tra i Paesi Ocse come quello con il recupero sulle competenze più accentuato (vedi Italia Oggi del 10/12/2013).

Non solo. All’epoca si registrò che solamente l’Italia, insieme a Polonia e Portogallo avevano, più di tutti, incrementato la popolazione degli studenti top performer e ridotto quella dei low performer. L’ascensore sociale della scuola si era quindi già rimesso in movimento lungo i piani della conoscenza, già negli anni in cui si andava chiedendo la testa di presidi e docenti.

Fatto sta che oggi anche i divari in fatto di literacy si riducono, con un indice di varianza dei risultati in rapporto alle differenze di status socio-economico che per l’Italia (0,45) è più basso della media Ocse (0,48). Ma se questo era già nell’aria, quello che è più importante, oggi, è lo scarto tra l’apporto in termini di competenze della scuola e quello del mondo del lavoro.

Decreti L.107/15, ancora dubbi ma venerdì 7 aprile tutti in CdM: addio abilitazioni?

da La Tecnica della Scuola

Decreti L.107/15, ancora dubbi ma venerdì 7 aprile tutti in CdM: addio abilitazioni?

Venerdì 7 aprile, in CdM non ci sarà solo il decreto sulla cultura umanistica, ma tutti gli otto che il Governo è chiamato ad approvare entro il 17 aprile.

La coincidenza del termine ultimo con il giorno di Pasquetta e comunque l’approssimarsi del periodo di festività, è il motivo per cui è stato deciso di anticipare la data di approvazione definitiva di una decina di giorni.

Mancano pochissime ore, quindi, alla stesura definitiva dei testi, così come indicato delle Commissioni parlamentari.

Secondo l’agenzia Ansa, i giochi non sono però ancora del tutto fatti: per alcuni decreti legislativi, rimane “qualche incertezza: sono quelli sulla valutazione (il dibattito sarebbe tuttora aperto tra numeri e lettere) e sulla inclusione”.

Oltre alla valutazione e all’inclusione degli studenti con disabilità i decreti che arriveranno a Palazzo Chigi, otto in tutto, disciplinano il sistema di educazione e istruzione da 0 a 6 anni, il diritto allo studio, l’istruzione professionale, la disciplina della scuola italiana all’estero, il reclutamento e l’accesso ai ruoli dei docenti, la diffusione della cultura umanistica.

Secondo l’Anief, tra i più controversi c’è lo schema di decreto sul sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente, “praticamente stravolto dai parlamentari”.

“La novità assoluta è – dice il sindacato – che sparirebbe l’abilitazione all’insegnamento: all’assunzione in ruolo si arriverà gradualmente attraverso un percorso di tirocinio. Ossia, i precari verranno pagati durante la fase di formazione. In tal caso, verrebbero dunque respinte le tante proposte di modifica pervenute attraverso le audizioni, a cominciare da quelle dell’Anief, che per dire basta al precariato cronico, agli organici potenziati con docenti ‘mobili’, ha in più occasioni chiesto di spostare sull’organico di diritto tutti i posti vacanti e disponibili”.

“Solo così – commenta il presidente nazionale, Marcello Pacifico – si sarebbe potuto recuperare il tempo scuola tagliato, in tutti gli ordini di scuole, dall’ultimo Governo Berlusconi”.

“Il nuovo percorso formativo prevede inoltre – prosegue il sindacato siciliano – che per i docenti già in possesso di abilitazione e per chi potrà vantare 36 mesi di servizio alla data di approvazione del decreto sia contemplata una fase transitoria per arrivare all’immissione in ruolo. Per gli altri docenti invece sarà necessario, dopo aver acquisito la laurea magistrale, superare un concorso e quindi accedere a un contratto triennale retribuito di formazione, con valutazioni in itinere e finali delle competenze e delle attitudini professionali degli aspiranti docenti”.

Il primo concorso è previsto per il 2018, poi partirà il percorso formativo sul campo di tre anni. Tra le novità dell’ultimo mese, quindi, c’è l’impegno di svuotare le graduatorie del concorso 2016, degli abilitati (GaE e II fascia di istituto) e di avviare alla stabilizzazione precari con 36 mesi di servizio. Questi ultimi, verranno inclusi nelle nuove Graduatorie di merito regionali.

Alternanza Scuola lavoro, da settembre scuole meno sole

da La Tecnica della Scuola

Alternanza Scuola lavoro, da settembre scuole meno sole

Prima l’annuncio, ora la conferma dettagliata: da settembre per l’alternanza scuola-lavoro, le scuole saranno meno sole.

Prima di tutto perché con il nuovo anno, gli istituti avranno a loro disposizione una piattaforma dedicata: sarà uno strumento di valutazione e monitoraggio delle esperienze svolte nelle aziende e a contatto con gli esperti del mondo del lavoro.

Lo strumento consentirà di semplificare tutti gli aspetti burocratici e di mettere a disposizione una adeguata formazione sulla sicurezza.

Tra gli obiettivi c’è anche quello di offrire la possibilità a studentesse e studenti di segnalare dubbi, problematiche e feedback sulle proprie esperienze.

Grazie ad un accordo con l’Anpal (Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro), si metteranno inoltre a disposizione delle scuole mille tutor esperti, come punto di contatto tra le scuole e le aziende mentre altri 140 milioni di euro provenienti dall’Avviso dedicato all’Alternanza scuola-lavoro serviranno a favorire lo sviluppo di progetti di alta qualità.

I contenuti della piattaforma e del progetto a supporto dell’Alternanza scuola-lavoro, sono stati inclusi anche tra gli otto punti descritti dalla Ministra Fedeli nel suo intervento durante l’analisi dei dati OCSE che tracciano un bilancio di quanto è stato fatto e quanto occorre ancora fare sul fronte del settore digitale scolastico.

Il piano di raccordo verso il mondo del lavoro con i progetti di Alternanza è interconnesso con quello della formazione sugli insegnanti, di superamento dei gap tecnologici utilizzando le opportunità dei linguaggi digitali: andrà a regime il prossimo anno con il coinvolgimento di un milione e 500mila ragazze e ragazzi e vedrà l’emanazione “della Carta dei diritti e dei doveri delle studentesse e degli studenti in alternanza”.

Il regolamento prevede che gli studenti e le studentesse che entrano in azienda per svolgere le ore di alternanza hanno diritto ad “un percorso formativo personalizzato”.

Nelle intenzioni del Miur, gli studenti dovranno trovare un ambiente di apprendimento favorevole alla crescita della persona e devono essere seguiti da un tutor scolastico e da uno designato dall’impresa. Ma oltre ai diritti ovviamente i ragazzi dovranno rispettare dei doveri a partire dall’effettiva frequenza delle attività didattiche erogate dall’azienda e l’obbligo di riservatezza su dati e informazioni acquisiti in Azienda durante la sua esperienza.

Tra scuola e azienda, dovrà essere sottoscritta una convenzione che è tenuta a fissare la durata delle attività giornaliere eseguite in regime di alternanza dandone opportuna informazione preventiva a genitori e ragazzi.

Del resto, la digitalizzazione della scuola ha un impatto positivo sul mondo dei servizi, del territorio e del lavoro. Oggi il 40% delle professioni mondiali è in via di cambiamento.

La scuola e le Aziende dovranno svolgere il ruolo fondamentale di sviluppo del cambiamento delle professioni per preparare i giovani al mondo del lavoro.

Permessi sindacali: chiarimenti ARAN sulla ripartizione del monte ore

da La Tecnica della Scuola

Permessi sindacali: chiarimenti ARAN sulla ripartizione del monte ore

Con un avviso del 3 aprile, avente ad oggetto “Organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione integrativa e ripartizione del monte ore permessi sindacali retribuiti”, l’ARAN ha fornito importanti chiarimenti.

In particolare, per quanto riguarda il calcolo del monte ore, l’ARAN precisa che, al momento, per i comparti e le aree di contrattazione sono ancora vigenti i CCNQ di ripartizione dei distacchi e permessi alle organizzazioni sindacali rappresentative nel triennio 2013 – 2015, sottoscritti rispettivamente il 17 ottobre 2013 e il 5 maggio 2014.

Tali contratti, prevedono che “A decorrere dall’entrata in vigore del presente CCNQ, le prerogative sindacali di posto di lavoro (assemblea, bacheca, locali, permessi del monte ore di amministrazione) spettano alle organizzazioni sindacali rappresentative indicate nelle tavole allegate, che subentrano a quelle rappresentative nel precedente periodo contrattuale”.

Pertanto, nelle more della definizione dei nuovi contratti di ripartizione delle prerogative sindacali per il triennio 2016-2018, le cui trattative sono state avviate, il monte ore dei permessi sindacali va ripartito tra le organizzazioni sindacali rappresentative nel triennio 2013 – 2015, sulla base dei vecchi comparti ed aree di contrattazione.

Solo all’entrata in vigore del nuovo CCNQ i soggetti rappresentativi nel triennio 2016 – 2018 potranno fruire, nei modi e limiti definiti nel contratto, delle prerogative sindacali citate.

 

Presidi in protesta, Anp proclama stato di agitazione

da Tuttoscuola

Presidi in protesta, Anp proclama stato di agitazione

L’Anp ha proclamato lo stato di agitazione, per protesta con l’Amministrazione da cui arrivano sempre più oneri e sempre meno strumenti gestionali.
L’Associazione nazionale presidi chiama a raccolta l’intera categoria dei dirigenti scolastici per dire ‘no’ alla valutazione dei dirigenti scolastici senza adeguate prerogative dirigenziali, ‘no’ ad assumere nuove reggenze per il prossimo anno e ‘no’ ad incarichi non obbligatori.

I motivi della protesta

Tra i motivi della protesta, spiega il Presidente Giorgio Rembado, l’intesa del 30 novembre 2016 che ha restituito ai sindacati il controllo sulla gestione del personale e ha subordinato la legge agli accordi contrattuali. Secondo Rembado, inoltre, i dirigenti continuano a subire una situazione di sperequazione retributiva con i colleghi, di pari livello, in servizio nelle altre amministrazioni pubbliche. E poi ancora: pare che gli adempimenti da svolgere stiano aumentando in maniera enorme, slegati dagli obiettivi triennali assegnati a ciascun dirigente.

Agenzia Entrate: detrazione 19% per mense e gite scolastiche

da Tuttoscuola

Agenzia Entrate: detrazione 19% per mense e gite scolastiche

Si ampliano gli sconti per le famiglie che sostengono spese scolastiche. La detrazione del 19% si estende ai costi sostenuti per la mensa e copre anche i servizi integrativi come il pre e il post scuola e l’assistenza al pasto; il bonus scatta anche se il servizio è reso tramite il Comune o altri soggetti terzi rispetto alla scuola e se non è stato deliberato dagli organi di istituto. È quanto  segnala l’agenzia di stampa Agi e precisa la circolare-guida tra Agenzia delle Entrate e Consulta nazionale dei Caf, sul visto di conformità per il prossimo 730, che contiene tutte le indicazioni su deduzioni, detrazioni, crediti di imposta.

Detrazione per gite scolastiche, assicurazione e contributi scolastici

Il vademecum contiene un’altra novità: la detrazione sulle spese per gite scolastiche, per l’assicurazione della scuola e ogni altro contributo scolastico finalizzato all’ampliamento dell’offerta formativa (per esempio corsi di lingua, di teatro, etc.) deliberato dagli organi di istituto. La guida chiarisce inoltre che rientrano tra le spese di istruzione universitaria agevolabili, e beneficiano quindi della relativa detrazione, quelle sostenute per la frequenza degli istituti tecnici superiori (poiché assimilabili alle spese per la frequenza di corsi universitari). Per lo stesso motivo, gli studenti degli Its hanno diritto a usufruire anche della detrazione per i canoni di locazione.

Concorso docenti: via alle prove suppletive

da Tuttoscuola

Concorso docenti: via alle prove suppletive

Mentre più del 90% delle procedure del concorso 2016, se pur con incredibile ritardo, sta concludendo la selezione per l’assegnazione di 63.712 posti, tutto riparte da zero per alcune migliaia di docenti, esclusi per ragioni diverse dai nastri di partenza un anno fa.

Prove suppletive: per le prove stesse modalità del concorso di un anno fa

Sono stati ammessi con riserva tardivamente al concorso, a seguito di pronunce di Tar e del Consiglio di Stato, insegnanti tecnico pratici, personale già di ruolo, diplomati magistrali ad indirizzo linguistico, docenti con l’abilitazione o la specializzazione su sostegno conseguita dopo i termini di presentazione della domanda, docenti con riconoscimento dell’abilitazione conseguita all’estero dopo la scadenza per la presentazione della domanda e altre categorie minori. Le modalità delle prove saranno le stesse del concorso regolare di un anno fa.

Prove suppletive: per il primo blocco recuperati circa 3mila candidati

Il Miur ha fissato un primo calendario di prove scritte tra il 3 e il 20 aprile per 45 classi di concorso; successivamente verranno calendarizzate le prove per altre 96 classi di concorso. Per il primo blocco di prove sono circa 3mila i candidati recuperati; altrettanti e più quelli che affronteranno la prova scritta nella seconda fase entro giugno. Visto l’elevato numero di posti che già risultano vacanti al termine delle procedure concorsuali normali, una quota ridotta di questi candidati recuperati, se verranno superate tutte le prove, potrebbe trovare posto tra i vincitori, a condizione che i posti vacanti siano nella sede regionale dei nuovi vincitori.

L’interrogativo

Ma potrà verificarsi che una quota di candidati, superate positivamente tutte le prove, trovi la graduatoria di merito già definita e occupata da ‘vecchi’ candidati. A quel punto dovrà risolversi un dilemma non da poco: i nuovi potranno inserirsi ‘a pettine’ nelle graduatorie già concluse con il nuovo punteggio acquisito? È un interrogativo che vale anche per le graduatorie che oggi hanno già posti vacanti. Il contenzioso è assicurato e la storia infinita del concorso continuerà.

Decreto valutazione: i numeri sono renziani e le lettere orlandiane?

da Tuttoscuola

Decreto valutazione: i numeri sono renziani e le lettere orlandiane?

Ancora pochi giorni per integrare i testi, tenendo conto delle proposte delle Commissioni parlamentari, poi gli otto decreti legislativi, in attuazione della delega della 107/15, lasceranno il Miur per approdare a Palazzo Chigi dove venerdì prossimo, 7 aprile, il Consiglio dei Ministri li approverà in via definitiva. Quasi tutti sono sostanzialmente pronti, ad eccezione, a quanto sembra, di quello sull’inclusione degli alunni disabili e dell’altro sulla valutazione.

Decreto valutazione, numeri Vs lettere: ancora aperto il confronto

In particolare su quest’ultimo, relativamente agli alunni delle scuole del I ciclo, è tuttora aperto il confronto tra i fautori della valutazione in numeri (come da sempre avviene negli istituti secondari di II grado) e i sostenitori della valutazione con lettere. Come molti ricordano, nei mesi scorsi sembrava certa la scelta della valutazione in lettere che avrebbe sostituito quella con numeri reintrodotta nel 2009 dalla riforma Gelmini. Invece, tra la sorpresa di molti, lo schema di decreto sulla valutazione, presentato il 17 gennaio scorso dalla nuova ministra, aveva confermato i numeri.

Andrea Orlando preferisce le lettere…

I fautori della valutazione in lettere, presi in contropiede, non si erano però arresi (ne è riprova la proposta venuta dal Parlamento di introdurre le lettere in via sperimentale). Sembra che proprio in Consiglio dei Ministri, quando era stato presentato quello schema, ad esprimere contrarietà ai numeri e preferenza per le lettere sia stato il ministro della Giustizia (e candidato segretario alle primarie del PD) Andrea Orlando.

Numeri o lettere: decideranno le primarie?

Nei corridoi del ministero dell’Istruzione, dove si dovrebbero scrivere le modifiche al testo, si sintetizza ironicamente questa divergenza così: i numeri sono renziani, le lettere sono orlandiane. Se le cose stanno così, saranno le primarie del PD a decidere. La Fedeli, accerchiata da numeri e lettere ma obbligata a decidere, ne valuterà il peso politico prima ancora del merito e della loro applicazione.