Maturità 2017, è il momento della terza prova: l’ultima volta agli esami di Stato. Ecco come funziona il test più temuto
Il decreto ministeriale 429 prevede 6 diverse tipologie che la commissione può scegliere ma più che la modalità della prova i maturandi sono preoccupati dalle materie che vengono scelte. Secondo un sondaggio di Skuola.net, però, la maggior parte dei docenti ha cercato di aiutare i propri studenti
Ultimo anno del cosiddetto quizzone all’esame di Stato: lunedì mattina gli oltre 500mila maturandi dovranno affrontare la terza prova che presenta domande su più materie. Dal 2018 sparirà per lasciare spazio solo ad una prova sulla padronanza della lingua italiana ed una avente ad oggetto una o più discipline caratterizzanti. Nel frattempo l’ansia per l’ultimo scritto dell’esame di Stato non manca.
A differenza della prima e della seconda prova, questa varia da scuola a scuola e anche da classe a classe: può essere strutturato in maniera diversa, può avere una durata differente, non prevede che vengano fatte le stesse domande e nemmeno che le materie siano le stesse. È durante questo terzo appuntamento con la maturità che i professori possono tener conto nel proporre i quesiti anche delle esperienze relative all’alternanza scuola/lavoro e alla lingua straniera insegnata con il metodo Clil.
Tutto viene deciso dalla commissione d’esame. Il decreto ministeriale 429 prevede 6 diverse tipologie che la commissione può scegliere ma più che la modalità della prova (trattazione sintetica, quesiti a risposta singola o multipla, problemi a soluzione rapida, analisi di casi pratici e professionali, sviluppo di un progetto) i maturandi sono preoccupati dalle materie che vengono scelte.
La terza prova è tarata sulle competenze specifiche della classe che la deve affrontare. In base a queste viene decisa la tipologia della prova, i tempi di svolgimento, le discipline interessate e i criteri di correzione e valutazione. In anticipo vengono comunicati quali sussidi didattici si possono utilizzare ovvero calcolatrici, vocabolari, attrezzature tecniche.
È come una roulette: difficile prevedere quali saranno materie e quesiti proposti. Secondo un sondaggio di Skuola.net, però, la maggior parte dei docenti ha cercato di aiutare i propri studenti: il 21% dei maturandi già sa le materie su cui si dovranno cimentare e addirittura alcune domande tra quelle elaborate dalla commissione, il 17% invece è riuscito a sapere solo le materie, mentre un altro 20% ha avuto qualche indiscrezione – non così dettagliata – dai commissari interni durante l’anno. Il 42%, al contrario, non ha avuto questa fortuna e i propri professori hanno tenuto la bocca cucita non rivelando neanche il minimo indizio.
Anche se il clima respirato durante le prime due prove scritte lascia ben sperare i ragazzi che se proprio non sapranno rispondere ai quesiti probabilmente riusciranno almeno a copiare: il 64% ha detto che la commissione ha controllato ma senza particolare accanimento e l’8% addirittura che la commissione non ha proprio controllato, lasciando copiare piuttosto facilmente. Solo il 28% si è trovato di fronte commissari inflessibili e scrupolosi nel frenare qualsiasi velleità dei copioni.
Niscemi, 120 professori e 1200 studenti richiamati per recuperare ore perse durante l’inverno
Fernando Cannizzo, il dirigente dell’istituto “Leonardo da Vinci” ha firmato un ordine di servizio per recuperare il tempo perso a causa del mancato funzionamento degli impianti di riscaldamento. Dal 17 al 22 luglio dovrà essere effettuato il recupero
La scuola è finita ma non per tutti. A Niscemi, in provincia di Caltanissetta, una volta suonata l’ultima campanella, Fernando Cannizzo, il dirigente dell’istituto “Leonardo da Vinci” con un ordine di servizio rivolto a 120 professori e 1200 studenti, ha intimato a tutti di ritornare a scuola a luglio per recuperare il tempo perso a causa del mancato funzionamento degli impianti di riscaldamento nei mesi di dicembre, gennaio e febbraio. In molti dei ragazzi, una volta circolata la notizia, hanno pensato ad uno scherzo così tanti genitori già con le valigie pronte e le ferie prenotate. Ma non è così. Ferie da annullare per tutti, docenti compresi.
Venerdì scorso il capo dell’istituto ha preso carta e penna e ha scritto la determina con “ordine di servizio rivolto ai docenti e l’obbligo di frequenza” per gli studenti. Una decisione presa a causa del danno all’impianto dei termosifoni che ha lasciato le aule al freddo durante l’inverno scorso. Una situazione di disagio che a detta della determina è stata affrontata “in maniera corale” coinvolgendo il consiglio d’istituto e il collegio docenti che hanno dovuto affrontare il problema “che non consentiva decorose condizioni di lavoro per tutti”.
Sulla questione pesa anche l’esposto fatto a marzo da parte di due professori che hanno ottenuto l’arrivo degli ispettori scolastici. La scelta è stata quella di ridurre per 32 giorni l’orario delle lezioni: sono state erogate delle frazioni di ore in meno ai sensi della normativa arrivando persino ad aggiungere ulteriori dieci minuti. Una necessità e una scelta presa per forza maggiore come scrive lo stesso preside che in ogni caso, calcolatrice alla mano, ha conteggiato 18 ore in meno di lavoro per ciascun insegnante a tempo determinato. Nello specifico le lezioni “ridotte” sono state tra il 13 e il 21 dicembre dello scorso anno e tra il 19 gennaio e il 15 febbraio di quest’anno.
Ma se gli studenti ai tempi avranno sicuramente “festeggiato” la decisione del preside ora saranno costretti a sudare in aula perché il professor Cannizzo nell’ordinanza è stato chiaro: dal 17 al 22 luglio dovrà essere effettuato il recupero secondo l’orario definitivo settimanale delle lezioni seguito durante l’anno scolastico. Insomma sui banchi si torna ma non per attività alternative ma per fare storia, italiano, matematica e magari anche qualche interrogazione. E le ferie dei professori? La determina parla altrettanto chiaro: “quelle richieste e/o concesse in quel periodo si intendono revocate”. Chi ha già prenotato un viaggio con la famiglia in Grecia o sulle spiagge della Spagna, dovrà farsene una ragione. Tutti in classe, stavolta non al freddo. ma al caldo che in Sicilia in quel periodo può raggiungere anche temperature attorno ai quaranta gradi. Una decisione che ha sollevato polemiche soprattutto tra gli studenti che ora sono pronti a mettere in atto una protesta. C’è chi se la prende con il dirigente, chi con i professori che hanno chiesto l’ispezione, chi con la proprietà dell’impianto per non aver provveduto in tempo al suo funzionamento, ma ora il problema sarà quello di sopravvivere tra i banchi a luglio.
Liceo musicale, taglio di 33 ore di lezione individuale. I genitori: “Inaccettabile”
La protesta è partita da alcuni licei piemontesi ma si è estesa a livello nazionale. raccolte già 15mila firme con una petizione attraverso la piattaforma Change.org
Nel Paese di Antonio Vivaldi e Giacomo Puccini ai licei musicali si tagliano le ore di strumento. La denuncia arriva dai genitori dei ragazzi che frequentano queste scuole: presa carta e penna hanno scritto una petizione e l’hanno pubblicizzata attraverso la piattaforma Change.org raccogliendo oltre 15mila firme. “La nuova interpretazione del piano orario destinerebbe di fatto al biennio del liceo musicale non più tre ma soltanto due ore settimanali di lezione individuale di esecuzione e interpretazione, da utilizzare per il primo e per secondo strumento prescelto. Verrebbero così decurtate 33 ore delle 99 ore totali annuali previste dal piano di studio. Si tratta – scrivono i genitori nella petizione – di una riduzione inaccettabile per una materia caratterizzante come lo studio dell’esecuzione dello strumento, in una scuola altamente specializzante come il liceo musicale, soprattutto se pensata nella prospettiva di offrire una adeguata preparazione per la successiva prosecuzione e completamento degli studi musicali al Conservatorio”.
Una situazione che è già arrivata anche sul tavolo del Tar del Lazio che con la sentenza numero 01731/2017 del 6 ottobre 2016 pubblicata il 2 febbraio scorso che ha accolto il ricorso di un liceo romano, con le seguenti motivazioni: “La diminuzione delle ore di esecuzione del secondo strumento avrebbe dovuto essere comunicata in precedenza ai genitori degli alunni iscritti ed odierni ricorrenti, consentendo agli stessi di poter scegliere liberamente”. Non solo secondo la terza sezione bis la riduzione ad un’ora a settimana di lezione con riferimento al primo strumento equivale ad una preparazione approssimativa, dilettantistica e ben lontana dal profilo professionalizzante richiesto dalle competenze in uscita dal liceo per l’accesso al triennio di primo livello del Conservatorio.
La protesta è partita da alcuni licei piemontesi ma si è estesa a livello nazionale: “Tutto è generato da una assegnazione d’organico dei docenti che non è sufficiente a ricoprire le ore di lezione individuale, non copre – spiega Chiara Papi a nome di tutto il gruppo – il rapporto numero di studenti/ore di lezione. Il ministero aveva dato indicazione agli uffici scolastici regionali di sostituire questi sessanta minuti con un’ora di ascolto partecipativo ovvero uno studente fa lezione e l’altro lo ascolta e guarda. Nel piano di studi della riforma che ha istituito i licei musicali non c’è scritto da nessuna parte questo “ascolto” ma sono previste tre ore di esecuzione ed interpretazione dello strumento”.
Ora i genitori stanno valutando un ricorso amministrativo per provare a trovare una soluzione in via legale. Chi si sta facendo carico di questa situazione è Elena Ferrara, presidente dell’intergruppo parlamentare per la musica: “Riceverò questi genitori. Ho già portato le loro istanze al ministero. Quest’anno con l’organico di fatto e di potenziamento ci possono essere degli aggiustamenti ma puntiamo a sistemare la situazione per il prossimo anno scolastico. Il problema è chiaro ed evidente, comprendo i genitori. La questione è alla radice, nel decreto Gelmini. Nel frattempo sono state stabilizzate quasi 2000 cattedre per i licei musicali: 1500 sono persone che hanno insegnato nei licei e 500 nuovi vincitori di concorso. Non solo. Abbiamo potenziato anche le ore di musica d’insieme”.
I genitori, tuttavia, sono convinti di andare fino in fondo e continuare la loro battaglia per riavere le ore d’insegnamento di strumento previste nel piano.
La NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego) https://www.inps.it/NuovoportaleINPS/default.aspx?itemdir=50593&lang=ITintrodotta il 1° maggio 2015, ha sostituito la vecchia “disoccupazione ordinaria” e si richiede autonomamente per via telematica sul portale dell’INPS una volta registratisi cliccando su “Entra in MyINPS” , o in alternativa, si può richiedere anche tramite contact center al numero: 803 164 (gratuito da rete fissa) oppure 06 164 164 da rete mobile.
Il D.lgs. 150/2015 in vigore dal 24 settembre 2015 con gli artt. 19, 20 e 21 ha introdotto alcune novità rispetto al passato sugli adempimenti che il personale scolastico precario deve espletare per poter ottenere la prestazione di sostegno al reddito. La novità importante consiste nel fatto che il personale aspirante ad ottenere la NASpI deve sottoscrivere un nuovo documento “cartaceo”: il PSP (Patto di Servizio Personalizzato). Fino a qualche anno fa bastava sottoscrivere solo la DID (Dichiarazione di Immediata Disponibilità al Lavoro) che si compilava on-line in seno alla medesima sessione d’inserimento telematico della domanda NASpI.
Il PSP, invece, deve essere sottoscritto obbligatoriamente in versione cartacea, in aggiunta alla DID, che in alcune regioni va presentata personalmente al centro per l’impiego o inviata via pec su apposito modello predisposto dal centro territoriale di riferimento.
Entro 15 giorni dalla presentazione della domanda NASpI (questo termine non è perentorio, ma una volta decorso, sarà il centro per l’impiego o l’operatore accreditato a mettersi in contatto con il disoccupato) il disoccupato dovrà prendere contatti con l’operatore accreditato prescelto (di residenza o domicilio dell’interessato) e fissare un appuntamento per sottoscrivere il PSP a norma del suddetto D.lgs. 150/2015. Alcune regioni, come ad esempio la Lombardia, hanno stretto un accordo per cui i disoccupati, oltre a recarsi nei classici centri per l’impiego, potranno andare anche da altri operatori accreditati che erogano i servizi al lavoro per sottoscrivere il Patto di Servizio Personalizzato (PSP)https://www.dati.lombardia.it/Istruzione/Elenco-degli-Operatori-Accreditati-ai-Servizi-al-L/fps7-4tfr/data
I precari domiciliati o residenti in Lombardia potranno anche rilasciare la DID (Dichiarazione di Immediata Disponibilità al Lavoro) compilando un form on-line dopo essersi registrati sul portale https://gefo.servizirl.it/dote/, oltre che indicare gli estremi della domanda NASpI presentata tramite il portale dell’INPS e individuare l’operatore accreditato dove potersi recare per sottoscrivere il PSP.
Ma cos’ è il Patto di Servizio Personalizzato (PSP)?
Il Patto di Servizio Personalizzato (PSP) è il primo documento di attivazione e di impegno del disoccupato nella ricerca del lavoro. Nel PSP viene definito:
– il responsabile delle attività (tutor) e la frequenza con cui la persona dovrà mantenere i contatti con lo stesso;
– il percorso di politica attiva (anche di carattere formativo o di riqualificazione) a cui la persona si impegna a partecipare (es. Dote Unica Lavoro, Garanzia Giovani, etc.).
Inoltre con il PSP:
– la persona si impegna ad accettare congrue offerte di lavoro;
– vengono previste le sanzioni applicabili in caso di mancata osservanza degli impegni assunti, in assenza di giustificato motivo.
Il PSP identifica 3 tipologie di percorsi di politica attiva:
1. percorsi attivati nell’ambito dello strumento regionale di politica attiva denominato “Dote Unica Lavoro POR FSE 2014-2020” (DUL);
2. percorsi di politica attiva di natura regionale diversi da DUL, proposti dall’operatore o di iniziativa nazionale (es. Programma Garanzia Giovani per persone al di sotto dei 29 anni);
3. percorsi di attivazione finalizzati alla ricollocazione. In quest’ultima casistica sono ricomprese le iniziative personali dell’interessato ed eventuali iniziative promosse da soggetti diversi che operano sui territori.
Alleghiamo due guide a cura dell’AFOL di Milano (Agenzia Orientamento Formazione e Lavoro) che descrivono sinteticamente gli adempimenti di massima per ottenere la NASpI 2017.
Ecco il comunicato stampa che alcuni dirigenti scolastici in protesta (circa 170, ad oggi) hanno inoltrato agli organi di stampa ed al Ministro lo scorso 23 giugno 2017.
“I dirigenti scolastici delle scuole sottoelencate denunciano l’ennesima “molestia burocratica” e comunicano alle S.S. L.L. l’impossibilità di far fronte all’insostenibile scadenza al 30 giugno 2017 della lavorazione delle domande di supplenza dei docenti. Con gli attuali organici e l’impossibilità di sostituire il personale assente è già difficile riuscire a svolgere la normale attività amministrativa che, giorno dopo giorno, diventa sempre più complessa.
In questo periodo si aggiungono ulteriori adempimenti legati allo svolgimento degli Esami di Stato, dei corsi di recupero estivi, alla complessa rendicontazione dei finanziamenti di vario tipo, e alla liquidazione dei compensi al personale scolastico per lo svolgimento delle attività aggiuntive, e questo solo per citare alcune incombenze urgenti.
Non va nemmeno sottovalutato il problema del SIDI che già in condizioni normali pecca di stabilità, e in un periodo come questo, in cui gli accessi si moltiplicano in modo esponenziale per la quantità di operazioni da svolgere (il 19 giugno, al momento dell’insediamento delle Commissioni per gli Esami di Stato, si è dovuti ricorrere in moltissimi casi al cartaceo per l’impossibilità di accedere ai servizi SIDI!) non può dare garanzie di corretto funzionamento.
Chiediamo rispetto non solo nei nostri confronti ma anche nei confronti del personale docente precario che ha diritto ad una corretta valutazione delle domande di supplenza.
Come si può pensare che in così poco tempo si possa procedere alla valutazione di una notevole quantità di domande senza incorrere in errori che alimenterebbero i contenziosi e la confusione?
Le scuole, le dirigenze scolastiche e le segreterie scolastiche non possono più essere considerate luogo di ulteriore aggravio amministrativo.
Invitiamo la Ministra e il suo Staff a girare nelle segreterie scolastiche, anche nei periodi di normale attività, per verificare di personale.
La valutazione delle domande di supplenza dovrebbe essere garantita con criteri omogenei e invece questo assurdo decentramento in capo alle scuole, dettato esclusivamente dalla soppressione degli U.S.P. che un tempo svolgevano tali attività, porta inevitabilmente alla diversificazione dei trattamenti da scuola a scuola. La complessità della valutazione dei titoli impone una specializzazione che non si può improvvisare e che non può dipendere dalle situazioni più o meno critiche in cui si trova ad operare il personale amministrativo della scuola a cui viene presentata la domanda di supplenza.
Crediamo che la tutela dei diritti dei precari e delle nostre condizioni di lavoro debba necessariamente passare attraverso lo slittamento della scadenza del 30 giugno 2017.
Per tale motivo chiediamo alla S.V. di rinviare la scadenza della lavorazione delle domande di supplenza del personale docente a non prima della fine del mese di settembre 2017.
Si richiede altresì di voler verificare l’effettiva efficacia organizzativa dell’attuale procedura e di individuare eventuali differenti modalità di valutazione delle domande che garantiscano correttezza, omogeneità e sostenibilità”.
Tanti docenti della scuola secondaria di II grado stanno ricevendo la comunicazione della perdita del posto o che la loro cattedra sarà oraria esterna.
È il caso di precisare che è un soprannumero o una cattedra oraria esterna sulla base della predisposizione dell’organico di diritto e non sulla base del definitivo organico funzionale.
Infatti la grande maggioranza di questi docenti verranno salvati dall’essere perdenti posto o dal dovere andare a completare con un’altra scuola per effetto dei posti di potenziamento.
A tal proposito è utile ricordare la nota Miur n. 21315 del 15 maggio 2017, in cui si spiega che gli Ambiti Territoriali Provinciali, per conto degli Uffici Scolastici Regionali, provvederanno ad attribuire alle scuole i posti necessari per l’organico curricolare mentre i posti del potenziamento, confermati nel numero complessivo della tabella n.1 della legge 107/2015, potranno essere modificati nella tipologia tenendo conto delle richieste delle scuole per le diverse classi di concorso in base al PTOF ma nei limiti dei posti vacanti. Andrà comunque tenuta in debita considerazione l’attribuzione già effettuata nello scorso anno.
Tuttavia bisogna sapere che sui posti del potenziamento, non sono possibili le sostituzioni dei docenti, salvo che queste non siano necessarie per assicurare le attività curricolari previste nel PTOF o in caso di utilizzo dei posti del potenziamento per lo sdoppiamento delle classi o dei singoli insegnamenti. Inoltre gli ATP dovranno intervenire, se è possibile, per modificare la classe di concorso del posto di potenziamento per attuare dei completamenti orari tutti all’interno di una stessa istituzione scolastica o per evitare che un docente vada in soprannumero.
Se per esempio in una scuola ci dovesse essere un docente perdente posto di A019 storia e filosofia, mentre c’è la disponibilità di un posto vacante in organico di diritto della classe di concorso A027 matematica e fisica e in più c’è anche un potenziamento in A027, allora il potenziamento di matematica e fisica verrebbe riassorbito sul posto vacante in organico di diritto e il posto di potenziamento dell’A027 si trasformerebbe in potenziamento A019 salvando il posto al docente individuato soprannumerario.
Infine è utile sapere che i posti del potenziamento possono essere utilizzati, nella scuola secondaria, per completare singoli spezzoni abbinabili della medesima classe di concorso presenti nella stessa autonomia scolastica.
Sento ancora “gli ideali comunisti ma la realizzazione statuale del comunismo è fallita: in Italia la cultura comunista è stata statalista”.
A dirlo, il 24 giugno, è stato, Luigi Berlinguer, cugino di Enrico, storico segretario del Pci, nel corso di ‘Soul’, il programma-intervista di Tv2000: secondo Luigi Berlinguer, che è stato anche ministro della pubblica Istruzione, la cultura comunista “si è fondata su un’aspirazione legittima, cioè sull’idea che allo Stato spetti il compito di rimuovere molte delle iniquità presenti nella società. Il problema è che poi siamo diventati iperstatalisti: ci siamo convinti che lo Stato fosse una panacea ma questo non è vero”.
L’ex ministro dell`Istruzione ha ricordato anche la scuola come “il più grande patrimonio del Paese. La scuola in Italia è stata costruita ad immagine e somiglianza dell’amministrazione centrale non tenendo conto dell’impianto educativo. Dentro la scuola abbiamo ereditato la burocrazia dello stato, non l’equità. La scuola è fatica e gioia, adesso invece è poca fatica e zero gioia“.
Berlinguer, che negli ultimi anni ha preso a cuore la causa della cultura musicale a scuola, fa intendere, quindi, che il Comunismo italiano pur avendo governato poco ha comunque influenzato molto l’assetto dell’istruzione pubblica degli ultimi decenni. Rendendola centralista e troppo legata agli schemi. A discapito della fantasia, dell’estro, del talento e dell’arte.
L’ex ministro dell’Istruzione ha quindi parlato di Papa Francesco: “lo considero un genio e di una ricchezza umana impressionante. Lui sta rinnovando enormemente, perché ha capito che il mondo contemporaneo è diverso da quello precedente”.
“Il Papa – ha proseguito – è l’unico che parla continuamente di poveri. Nella vita sociale e politica ci eravamo un po` scordati della povertà. Lui martella, si vede che crede nell’aiuto ai deboli. Ho avuto modo e fortuna di salutarlo. Mi sono messo in fila durante un’udienza del mercoledì. Si è avvicinato a me e mi disse: ‘Io so chi è lei e cosa ha fatto’”.
“Era stato evidentemente istruito da qualche cardinale. Ma nel sentire quelle parole mi è venuto un colpo e mi sono messo a balbettare. È una grande autorità morale e intellettuale”, ha concluso Berlinguer.
La prima e la seconda prova appartengono già al passato. Ora è il turno della terza prova Maturità 2017 con la quale circa 500mila studenti faranno i conti il prossimo 26 giugno. Quanto dura? Come si svolge? Tuttoscuola cerca di rispondere a queste domande per chiarire ogni dubbio sulla Terza Prova Maturità 2017.
Terza Prova Maturità 2017: quanto dura?
Il tempo a disposizione per svolgere la Terza prova non è lo stesso degli altri due scritti (6 ore per la prima prova e dalle 4 alle 8 – ma a volte anche un paio di giorni – per la seconda prova). Questo perché la durata della prima e della seconda prova sono stabilite dal Ministero dell’Istruzione, mentre quella della terza prova è invece stabilita dalla commissione d’esame. In ogni caso, solitamente, i maturandi hanno all’incirca 3 ore di tempo per poter svolgere la terza prova Maturità.
Quali sono le materie oggetto della Terza prova?
A decidere quali sono le materie oggetto della Terza prova Maturità 2017 è il consiglio di classe. Il numero e la tipologia in genere è comunque noto per via delle simulazioni svolte nel corso dell’ultimo anno. Di solito il numero massimo di materie è 5: tutte le discipline dell’ultimo anno scolastico possono essere richieste. È bene tenere comunque conto che possono essere inserite solo le materie per le quali i professori che compongono la commissione sono abilitati ad insegnare.
Dal 2019 addio alla Terza prova di Maturità
Dall’anno scolastico 2018/19 infatti la Maturità subirà diversi cambiamenti. Dal numero di prove, ai crediti scolastici, passando per Invalsi e alternanza scuola – lavoro, Tuttoscuola ha approfondito tutte queste e le altre novità che vedranno protagonista l’esame di Stato in una diretta gratuita di dal titolo “Come cambia la Maturità. Il nuovo esame di Stato”. In occasione di questo seminario abbiamo è stata inoltre lanciata la guida “Come cambia la Maturità”, scaricabile gratuitamente per gli iscritti al sito.
Mensa e gite scolastiche, la guida per la detrazione delle spese
Nicoletta Appignani
Mense e gite scolastiche detraibili, l’Agenzia delle Entrate aveva annunciato la misura nel nuovo 730 del 2017 qualche settimana fa con una nota stampa. Arrivata poi anche la circolare esplicativa che spiega nel dettaglio cosa fare e quali documenti produrre. Un testo di 324 pagine che, per chi avrà la pazienza di studiarlo, si può scaricare direttamente da questo link.
Detrazione spese scolastiche, ecco come fare
Da pagina 84 a pagina 86 del documento, ecco l’analisi dettagliata per quanto riguarda le spese di istruzione non universitarie, che sul 730 si trovano al rigo E8/E10. In base all’articolo 15, comma 1, lettera e-bis, del TUIR si apprende che “sono detraibili nella misura del 19 per cento le spese di istruzione non universitaria” che, a partire dalla legge sulla “buona scuola” sono state distinte da quelle universitarie.
Detrazione spese scolastiche: in quali casi?
La detrazione spetta in relazione alle spese per la frequenza di scuole dell’infanzia (scuole materne), primarie e secondarie di primo grado (scuole elementari e medie), secondarie di secondo grado (scuola superiore), sia statali sia paritarie private e degli enti locali. Non solo, la detrazione spetta anche in caso di iscrizione ai corsi istituiti in base all’ordinamento antecedente presso i Conservatori di Musica e gli Istituti musicali pareggiati.
Quali spese si possono detrarre?
Tra le spese ammesse alla detrazione rientrano le tasse (a titolo di iscrizione e di frequenza) e i contributi obbligatori. Vi rientrano, inoltre, in quanto connesse alla frequenza scolastica, i contributi volontari e le erogazioni liberali. In particolare si tratta delle spese per:
– la mensa scolastica (Circolare 02.03.2016 n. 3/E risposta 1.15) e i servizi scolastici integrativi quali l’assistenza al pasto e il pre e post scuola
– le gite scolastiche, per l’assicurazione della scuola e ogni altro contributo scolastico finalizzato all’ampliamento dell’offerta formativa deliberato dagli organi d’istituto (dunque corsi di lingua, teatro, ecc., svolti anche al di fuori dell’orario scolastico e senza obbligo di frequenza). Se le spese sono pagate alla scuola, i soggetti che prestano l’assistenza fiscale non devono richiedere al contribuente la copia della delibera scolastica che ha disposto tali versamenti. La delibera va richiesta, invece, nel caso in cui la spesa per il servizio scolastico integrativo non sia sostenuta per il tramite della scuola, ma sia pagata a soggetti terzi.
Non si possono detrarre…
Niente detrazione invece per l’acquisto di materiale di cancelleria e di testi scolastici per la scuola secondaria di primo e secondo grado; servizio di trasporto scolastico.
Limite di detraibilità
Quanto al limite di detraibilità, la detrazione è calcolata su un importo massimo di euro 564 per l’anno 2016 per alunno o studente. La detrazione non è cumulabile con quella prevista per le erogazioni liberali a favore degli istituti scolastici, ma riferita al singolo alunno. Pertanto, ad esempio, il contribuente che ha un solo figlio e fruisce della detrazione in esame non può fruire anche di quella prevista per le erogazioni liberali. Il contribuente con due figli se per uno di essi non si avvale della detrazione per le spese di frequenza scolastica può avvalersi della detrazione per le erogazioni liberali. Non possono essere indicate le spese sostenute nel 2016 che nello stesso anno siano state rimborsate dal datore di lavoro in sostituzione delle retribuzioni.
Detrazione spese scolastiche: i documenti da conservare
C’è ovviamente della documentazione da controllare e conservare. Il contribuente dovrà esibire e conservare le ricevute o quietanze di pagamento. Le spese sostenute per la mensa scolastica possono essere documentate mediante la ricevuta del bollettino postale o del bonifico bancario e deve riportare nella causale l’indicazione del servizio mensa, la scuola di frequenza e il nome e cognome dell’alunno. Nello schema fornito dall’Agenzia, ecco la documentazione necessaria.
Per le spese sostenute per la mensa scolastica:
– ricevuta del bollettino postale o del bonifico bancario intestata al soggetto destinatario del pagamento con riportata nella causale l’indicazione del servizio mensa, la scuola di frequenza e il nome e cognome dell’alunno;
– qualora il pagamento sia stato effettuato in contanti, con altre modalità di pagamento o con l’acquisto di buoni in formato sia cartaceo sia elettronico, attestazione del soggetto che ha ricevuto il pagamento o della scuola che certifichi l’ammontare della spesa sostenuta nell’anno e i dati dell’alunno o studente.
Per le gite scolastiche, l’assicurazione della scuola e altri contributi scolastici finalizzati all’ampliamento dell’offerta formativa:
– ricevute o quietanze di pagamento recanti gli importi sostenuti a tale titolo nel corso del 2016 e i dati dell’alunno o studente;
– qualora il pagamento sia stato effettuato nei confronti di soggetti terzi attestazione dell’istituto scolastico dalla quale si rilevi la delibera di approvazione e i dati dell’alunno o studente.
La professoressa e scrittrice Margherita Oggero è nata a Torino nel 1940 e qui ha cominciato a svolgere la sua attività di docente. Ora ha settantasette anni e scrittrice si è rivelata quando ne aveva sessantadue, quando nel 2002 scrisse il primo romanzo La collega tatuata, dal quale Davide Ferrario avrebbe tratto il film Se devo essere sincera. Sarebbero seguiti altri romanzi, alcuni avrebbero fatto parte della serie dedicata alle vicende della professoressa Camilla Baudino. Anche di suoi racconti ci sarebbe stata una serie dalla quale sarebbe derivata quella televisiva intitolata “Provaci ancora prof!” con Veronica Pivetti.
Da quando ha cominciato a scrivere non ha più smesso la Oggero e in diverse direzioni si è mostrata impegnata la sua scrittura. Anche di gialli per bambini è stata autrice. Al 2015 risale la prima edizione del romanzo La ragazza di fronte che ora è stato ristampato da Mondadori nella serie “Oscar Bestsellers”. Con questo romanzo nel 2016 la Oggero vinse il Premio Bancarella.
Come altre volte, in altri romanzi o racconti o altra sua scrittura, anche qui la scrittrice mostra di attingere dalla vita, di trasferire nell’opera quanto avviene nella realtà di ogni giorno, le tante vicende delle tante persone che della vita fanno parte, la costituiscono, la muovono, la godono, la soffrono, rappresentano le sue voci, le sue forme, le sue luci, i suoi colori.
Quella della scrittrice non rimane, però, una semplice cronaca, non è soltanto un riporto del vissuto ma diventa una rappresentazione che si propone degli scopi, che persegue delle finalità, cogliere il senso, il significato di quanto succede e farne un motivo di riflessione, ricavarne un insegnamento, una lezione. Di carattere esistenziale, filosofico, morale sono gli obiettivi che la Oggero scrittrice si propone e per ottenerli continui sono i rapporti, i confronti tra ambienti, tempi, luoghi diversi che avvia nelle sue opere. Ad un confronto anche di esperienze diverse fa assistere la scrittrice che, tra tanto movimento, mostra di condividere quei luoghi, quei tempi, quelle esperienze che sanno di semplice, di giusto, di buono, di vero. Da un passato di questo tipo viene lei e a quello tende pur tra i tanti aspetti che il presente ha assunto.
Anche ne La ragazza di fronte avviene questo: si tratta di una lunga, lunghissima storia d’amore verificatasi nella Torino dei tempi moderni, di quando, cioè, i giovani avevano creduto, si erano convinti che ogni problema di condizione economica, sociale, di famiglia, d’istruzione, di lavoro, di rapporti, fosse finito per sempre, che non al futuro bisognava pensare ma soltanto al presente, che lo si doveva cogliere, vivere in ogni pur minimo aspetto, che l’amore era stato sostituito dal sesso, la famiglia dalla convivenza, la scuola dalla vita, la morale dal piacere. Di questa vita scanzonata, dei giovani che l’hanno vissuta e per i quali la famiglia era spesso d’impaccio, la Oggero offre nel romanzo un’ampia rappresentazione. Attraverso quelle dei due protagonisti, Michele e Marta, la scrittrice percorre tante altre esperienze e insieme a queste i luoghi, le strade, le piazze, le case, i locali pubblici di quella Torino dove sono avvenute.
Sicura, rapida si muove la sua scrittura, niente trascura ma è pure attraverso quei protagonisti che la Oggero fa trasparire una nota d’inquietudine, d’insoddisfazione, una condizione di disagio interiore. Michele e Marta si sono conosciuti o meglio si sono appena visti quando erano bambini, si sono sentiti attirati l’uno dall’altro ma poi sono stati lontani, si sono persi di vista per tanti, per molti anni, durante i quali sono vissuti come gli altri coetanei, cioè tra il lavoro, la casa, gli amici, i locali notturni, le cene, lo sport, gli amori di breve durata, le delusioni, i tradimenti e tutto quanto fa parte della vita dei giovani moderni. A differenza di questi, però, Michele e Marta non si sono mai sentiti appagati, altro avrebbero voluto. Entrambi andranno a quel ricordo lontano, a quando erano bambini, e crederanno che ritrovarsi possa significare risolvere il loro problema. Ma quando succederà si accorgeranno che difficile è diventato stare insieme, volersi bene, amarsi poiché il loro amore non è stato coltivato, alimentato, praticato, vissuto.
E’ questo il senso, il significato che la Oggero ha perseguito nel romanzo e che è riuscita ad esprimere. Ampia è la storia che ha saputo costruire intorno a questo motivo, esteso si è rivelato il suo sguardo, molto ha saputo cogliere perché più chiaro risultasse come pur in una vita rinnovata, dove i sentimenti sembravano assenti, amare significa vivere l’amore.
Non è facile dirigere una scuola con 300 dipendenti, non lo è affatto se lo si fa con passione, dedizione e senso del sacrificio. A prescindere dai risultati (che non sta a noi valutare), l’effetto è che ogni problema diventa un nostro problema e alla fine della giornata il dirigente scolastico se ne ritrova 300 + 1. Anni fa, appena un decennio addietro, una realtà di questo tipo sarebbe stata affidata alle cure di almeno tre presidi ed ecco che già il primo numero non quadra: come può una sola persona, a fronte di una complessità crescente, assolvere ai compiti che erano allora ripartiti fra più soggetti? Vogliono davvero si creda che ciò sia il risultato dello scivolamento lessicale dal preside al dirigente scolastico? Peccato, a noi piacerebbe davvero continuare a essere dei presidi!
A quanti altri dimensionamenti, accorpamenti, fusioni dovremo assistere prima che si plachi il desiderio di ridurre i costi della scuola pubblica? Per non parlare del sistema di reggenze per le quale verrebbe da credere che il termine derivi ancora una volta dalla sostenibilità economica che ne consegue e da logiche di risparmio.
Nella realtà di ogni giorno la scuola regge (qui sì che la parola è giusta) grazie a docenti che si trovano costretti a inseguire PON che si rigenerano come dei transformer architettati su bandi con scadenze strettissime ma tempi infiniti per conoscerne gli esiti, bidelli che si fanno carico del lavoro di colleghi assenti non più sostituibili mentre i locali da pulire sono sempre gli stessi ed i ragazzi pure, segreterie che scoppiano per richieste e scadenze surreali, con compiti e competenze che una volta erano affidati ai Provveditorati, sistemi informatici che non supportano gli accessi e collassano (con noi che non sopportiamo loro), organici inadeguati al reale fabbisogno, dotazioni per le quali sarebbero necessari maggiori finanziamenti, monitoraggi e raccolte di dati già raccolti, un’edilizia che implora maggiori garanzie soprattutto nelle tante zone sismiche del nostro bel paese, ecc…
Una volta si canticchiava “fai un salto, fanne un altro, fai una giravolta, falla un’altra volta……” oggi, una simile perversione tornata di moda con meno ludici finalità ma altrettanto ludiche parvenze pare si chiami “blue whale” e non riguarda solo gli adolescenti, ma l’intero sistema deputato ad accoglierli. Ed ecco che ci ritroviamo a competere con la nostra stessa capacità fisica in una corsa ad ostacoli, o a giocare ad un limbo con l’asticella che si abbassa sempre di più ad ogni nuovo livello obbligandoci ad improbabili acrobazie pur di sopravvivere.
Si potrebbe dire a noi dirigenti scolastici che la bicicletta l’abbiamo voluta e quindi non ci resta che pedalare, ma nessuno ci disse che anche a noi l’avrebbero data con le ruote quadrate!
E allora, al di là di ogni invocata resilienza, benvengano le temperature estive perché ci ricordano che presto – forse – potremo godere di uno (solo uno per carità) dei tanti giorni di ferie non usufruiti l’a.s. scorso e benvenga pure il lavoro h 24, 7 gg su 7 e 12 mesi l’anno; questo non ci spaventa quanto la sicurezza dei nostri edifici! Casomai ci indigna che non si dicano i reali stipendi che ci vengono corrisposti per questa mole di lavoro assolutamente inappropriata al carico di responsabilità affidate (un docente con 6 ore eccedenti e qualche incarico se la cava molto meglio)….. ma per favore non fateci fare la fine della rana bollita che, immersa in un pentolone la cui temperatura si alza poco alla volta, smette di reagire e muore circondata da chi è pronto a rimpiazzarla con un’altra ignara di ciò che l’attende. Ecco perché in questa logica dei numeri vorremmo che la nostra voce non contasse per una, ma per 300 + 1, perché se è vero che tra le tante responsabilità abbiamo anche quella del benessere lavorativo di così tanti lavoratori, metteteci di condizioni di poterlo garantire ad ognuno di loro, a noi stessi, ai nostri studenti e restituire serenità alle nostre famiglie.
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