Fiaba Day, la formazione al centro della giornata contro le barriere architettoniche

Redattore Sociale del 27-09-2017

Fiaba Day, la formazione al centro della giornata contro le barriere architettoniche

Appuntamento il 1 ottobre. Giovedì la presentazione presso la presidenza del Consiglio dei ministri: “Il punto di un anno di lavoro e collaborazione con amministrazioni pubbliche e private per la diffusione della cultura dell’universal design e delle pari opportunità”.

ROMA. E‘ in arrivo l’edizione numero 15 del FiabaDay, giornata nazionale di sensibilizzazione per l’abbattimento di tutte le barriere architettoniche. Il 28 settembre 2017 presso la Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio in via Santa Maria in Via, 37, alle ore 11.00 ci sarà la conferenza stampa di presentazione della “Giornata Nazionale per l’Abbattimento delle Barriere Architettoniche – FiabaDay”, giunto all’anniversario della 15esima edizione.

Alla conferenza verrà presentato non solo il FiabaDay 2017, ma verrà anche fatto il punto di un anno di lavoro e collaborazione con le amministrazioni pubbliche e private per la diffusione della cultura dell’universal design e delle pari opportunità, i risultati raggiunti e gli obiettivi da perseguire.
Il tema della campagna di sensibilizzazione quest’anno è “l’importanza della formazione per educare all’accessibilità”. A questo proposito Fiaba ha promosso corsi di formazione per docenti di ogni ordine e grado, a seguito dell’accreditamento presso il Miur per la formazione continua degli insegnanti; corsi di formazione per tecnici, a seguito della pubblicazione della Pdr/Uni 24:2016 “Abbattimento delle Barriere Architettoniche: Riprogettazione del costruito in ottica universal design”; corsi di formazione per giornalisti, a seguito della promozione presso il CNoG della revisione della deontologia professionale sulle disabilità, in fase istruttoria presso il Consiglio Nazionale.

Alla conferenza stampa di presentazione parteciperanno la Ministra per i Rapporti con il Parlamento sen. Anna Finocchiaro, il Vice Ministro MIT on. Riccardo Nencini, la Sottosegretaria dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo on. Ilaria Borletti Buitoni, il Capo dell’Ufficio per il programma di Governo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Consigliera Alessandra Gasparri, il dott. Giovanni Cogliandro delegato dal Sottosegretario MIUR dott. Vito de Filippo, il tenente colonnello Carlo del Signore, in rappresentanza del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri Generale C.A. Tullio del Sette, il Contrammiraglio Alessio Carta – In rappresentanza del Capo di Stato Maggiore della Marina, l’Ammiraglio di Squadra Valter Girardelli, in rappresentanza del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Generale C.A. Danilo Errico il Generale di Brigata Fabio Majoli, il Contrammiraglio Carmelo Bonfiglio in rappresentanza del Generale C.A. Claudio Graziano Capo di Stato Maggiore della Difesa, il Gen. Giorgio Baldacci in rappresentanza del Gen. S.A. Enzo Vecciarelli Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, Capitano di Vascello Pietro Preziosi – Capo Ufficio Secondo Reparto del Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto – Guardia Costiera in rappresentanza del Comandante del Corpo, l’Ammiraglio Ispettore Capo Vincenzo Melone il Presidente di FIABA Gr. Uff. OMRI Giuseppe Trieste, ex atleta paralimpico plurimedagliato e il dott. Andrea Venuto, nominato da poco Disability Manager del Comune di Roma.

Al via l’Osservatorio sulla Disabilità

Al via l’Osservatorio sulla Disabilità

 

È dunque confermata la notizia: a giorni si terrà l’incontro di insediamento del rinnovato Osservatorio Nazionale sulla Disabilità, nominato con decreto dal Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Giuliano Poletti dopo la scadenza di quello precedente.

L’Osservatorio è un luogo di confronto e di elaborazione attorno alle politiche per le persone con disabilità e per una concreta applicazione della relativa Convenzione ONU e del Programma di azione in via di pubblicazione dopo il parere della Conferenza Stato-Regioni.

Soddisfazione ed apprezzamento sono congiuntamente formulati dalle organizzazioni delle persone con disabilità per bocca dei presidenti delle maggiori Federazioni, Franco Bettoni (FAND, Federazione tra le Associazioni Nazionali delle persone con Disabilità) e Vincenzo Falabella (FISH, Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).

Le Federazioni rinnovano la massima disponibilità alla attiva collaborazione già espressa nei lavori dei precedenti Osservatori, confrontandosi proficuamente con le altri componenti dell’organismo.

Ma un augurio di buon lavoro viene formulato anche al nuovo coordinatore del Comitato Tecnico-Scientifico dell’Osservatorio, Pietro Barbieri, persona nota e gradita ad entrambe le Federazioni e apprezzata per la sua competenza ben al di là del movimento delle persone con disabilità da cui proviene.

27 settembre 2017

Il Presidente Nazionale FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap Il Presidente Nazionale FAND – Federazione tra le Associazioni Nazionali delle persone con Disabilità
Vincenzo Falabella Franco Bettoni

G7 della Scienza

Il vertice dei Ministri della Scienza e della Ricerca a Venaria

Nelle giornata del 27 e 28 settembre i Ministri della Scienza e della Ricerca del G7 si incontreranno a Venaria per il G7 della Scienza che, insieme alle Ministeriali Industria e Lavoro, compone la Settimana del G7 dell’Innovazione (G7 Innovation Week), organizzata dalla Presidenza italiana e dedicata alle sfide globali poste dalla “Prossima Rivoluzione del Sistema Produttivo” (Next Production Revolution). Capo delegazione per l’Italia, la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli.

La transizione tecnologica globale che stiamo vivendo sta trasformando profondamente la società e certamente eserciterà, per la sua velocità, la sua portata e la sua complessità, effetti radicali sulle istituzioni, sulla vita individuale e sociale delle persone, sul sistema economico nel suo complesso. In questa transizione, il ruolo del sistema educativo e della ricerca è fondamentale per assicurarsi che il nuovo paradigma tecnologico sia un’occasione di crescita sociale oltre che economica, capace di ricomporre la coesione sociale, diminuire le disuguaglianze, avviare i nostri Paesi a una crescita inclusiva e sostenibile.

Con questo obiettivo, nel corso del G7 della Scienza i Ministri affronteranno le possibili soluzioni collaborative rispetto alla formazione del capitale umano, e in particolare delle ricercatrici e dei ricercatori, e al sostegno che si può offrire loro affinché sfruttino al meglio le opportunità della quarta rivoluzione industriale e contribuiscano alla generazione di nuova conoscenza. La discussione sarà articolata in tre sessioni, la prima dedicata agli strumenti volti a garantire che i percorsi formativi di ricercatrici e ricercatori, con un’attenzione particolare alle donne e ai giovani, includano le competenze, formali e informali, richieste dal nuovo paradigma tecnologico.

La seconda sessione affronterà il tema delle policy e della finanza per una ricerca inclusiva e responsabile. Si discuterà di come adeguare gli strumenti e le politiche attuali anche attraverso lo stimolo alla domanda di innovazione e nuove tecnologie e della ridefinizione degli spazi di intervento di pubblico e privato. Tema centrale sarà come assicurare che i benefici generati da tali investimenti contribuiscano a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG), aumentando l’impatto sociale delle politiche di ricerca e dando particolare attenzione alla responsabilità sociale delle attività di ricerca.

L’ultima sessione sarà infine dedicata alla discussione su come aumentare le sinergie per creare infrastrutture di ricerca globali, comprese le reti di infrastrutture elettroniche (e-infrastructures), che rendano accessibili e riutilizzabili i risultati della ricerca in tutti i campi. Catalizzare le risorse e gestire in modo aperto i dati scientifici, rendendoli interoperabili e accessibili anche agli sviluppatori di innovazione, sono infatti le condizioni imprescindibili per un’economia basata sulle conoscenze avanzate e la multidisciplinarietà e per diffondere le competenze nella società.


Concluso il G7 Scienza, on line la dichiarazione finale
La Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, ha chiuso, con una conferenza stampa, i lavori della Ministeriale G7 della Scienza

(Giovedì, 28 settembre 2017) La Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, ha chiuso, con una conferenza stampa, i lavori della Ministeriale G7 della Scienza.

Al centro della due giorni di lavori la formazione delle ricercatrici e dei ricercatori, i meccanismi di finanziamento della ricerca e le politiche per la scienza, le infrastrutture di ricerca globali.

“Le sfide globali della quarta rivoluzione industriale e i cambiamenti in atto pongono alle comunità scientifiche, sfide inedite e rilevantissime – ha sottolineato la Ministra -. Dobbiamo renderci conto che la quarta rivoluzione industriale, di cui stiamo parlando in questi giorni, non è una rivoluzione tecnologica, è una rivoluzione sociale”.

“C’è una straordinaria convergenza di impegno e di visione, oltre che di azioni concrete, tra i Paesi del G7 sulla centralità della ricerca scientifica e dei suoi finanziamenti – ha proseguito Fedeli -. La responsabilità che incombe sui paesi del G7, di guidare la transizione tecnologica globale, richiede politiche coordinate e lungimiranti, coinvolgendo tutte le parti interessate, dal settore pubblico al privato, dalla comunità scientifica alla società civile”.

“Abbiamo posto al centro della nostra discussione il rapporto tra scienza e societa’. Anche in termini di comunicazione: non bisogna solo dire stiamo spendendo risorse ma bisogna far comprendere che l’investimento in ricerca serve alle persone, a migliorare la condizione della loro vita”, ha spiegato Fedeli.

Fra gli impegni della dichiarazione finale della Ministeriale, c’è l’istituzione di un Gruppo di lavoro G7 Scienza focalizzato sul “Finanziamento della ricerca per la crescita inclusiva”. Operando anche in collaborazione con l’Ocse, il Gruppo mapperà e monitorerà le politiche dei membri del G7 e dell’UE con l’obiettivo di cercare potenziali sinergie nelle collaborazioni tra pubblico e privato. Nella dichiarazione finale viene anche riconosciuta la necessità di ampliare la partecipazione delle donne nei settori della scienza e dell’innovazione.

SCIOPERO GENERALE UNITARIO DI BASE 10 NOVEMBRE 2017

SCIOPERO GENERALE UNITARIO DI BASE: ECCOCI !!! TUTTI IN PIAZZA IL 10 NOVEMBRE

 

A: Presidente del Consiglio

Paolo Gentiloni

Palazzo Chigi

Piazza Colonna, 370

00186 Roma

presidente@pec.governo.it

 

Ministro del Lavoro e Politiche Sociali

Giuliano Poletti

Via Fornovo, 8

00182 Roma

gabinettoministro@pec.lavoro.gov.it

 

Ministro per la Funzione Pubblica

Marianna Madia

Corso V. Emanuele II, 116

00186 Roma Fax 06.68997188

Presidenza del Consiglio dei Ministri

 

Dipartimento della Funziona Pubblica

protocollo_dfp@mailbox.governo.it

 

Commissione di Garanzia Legge 146/90

Piazza del Gesù, 46

00186 Roma

segreteria@pec.commissionegaranziasciopero.it

 

Roma, 27 Settembre 2017

Oggetto: Proclamazione Sciopero Generale

 

Le sottoscritte confederazioni e organizzazioni sindacali proclamano uno sciopero generale nazionale di tutte le categorie e comparti pubblici e privati dell’intera giornata il 10 novembre 2017. Lo Sciopero Generale è convocato contro le politiche economiche e sociali del Governo Italiano e dell’Unione Europea. Per affermare ed ottenere il diritto al salario, al reddito, alla pensione, per veri rinnovi dei contratti, per il rilancio della buona occupazione e la cancellazione della precarietà e di ogni forma di sfruttamento, per la cancellazione della legge 107 nella scuola, per la difesa e il miglioramento della scuola e della sanità pubblica e per servizi sociali pubblici e gratuiti, contro le privatizzazioni e per la nazionalizzazione delle aziende strategiche per il Paese, per fermare la deriva autoritaria e repressiva in atto, per la democrazia sindacale contro il monopolio delle organizzazioni sindacali concertative e per difendere il diritto di sciopero, per il ritiro di ogni normativa che ne mini e riduca l’efficacia. Lo sciopero è convocato anche per nuove politiche sociali in tema di diritto all’abitare, di salvaguardia e messa in sicurezza del territorio, di contrasto alla xenofobia e al razzismo.

 

 

C.I.B. Unicobas (Stefano d’Errico)

COBAS-Confederazione dei Comitati di Base (Piero Bernocchi)

Unione Sindacale di Base (Paola Palmieri)

Prevenzione sociale del disagio giovanile

Prevenzione sociale del disagio giovanile: lotta alle discriminazioni in ambito scolastico

di Mariacristina Grazioli

La consapevolezza che gli Istituti scolastici siano il baluardo dei diritti costituzionali e, per certi versi, gli argini delle derive sociali – peraltro molto ben visibili nei fatti di cronaca quotidiana – rappresenta un fatto finalmente percepito dalle comunità civili. Il ruolo attivo della scuola nel Territorio di appartenenza è il principale spazio di difesa dei diritti, di estensione delle libertà e un incentivo chiaro alla responsabilizzazione dei singoli e dei gruppi, nel difficile esercizio quotidiano dei diritti e dei doveri.

Le azioni scolastiche si intrecciano quotidianamente con le politiche territoriali; non a caso i docenti devono -con sempre maggiore forza professionale- sapere affrontare fenomeni diffusi di espressione del disagio giovanile che, ad esempio, possono sfociare in veri e propri episodi di bullismo e di violenza. C’è insomma una chiamata collettiva della comunità scolastica alla nuova sfida sociale e ciò impegna l’aula e l’intera organizzazione professionale ad una sempre maggiore consapevolezza professionale nell’area delle strategie di prevenzione e nei piani di intervento anti bullismo.

Scuola e territorio dovrebbero potersi muovere in un’ottica di rete e di scambio di competenze: un approccio sistemico che sappia fare tesoro delle esperienze consolidate di comunità, di organizzazione scolastica, di classe, senza escludere il contributo delle famiglie come anche le risorse individuali dei singoli. Quando oggi si guarda al disagio sociale giovanile non si può fare a meno di cogliere un’area estesa carattere oramai emergenziale. Le urgenze quotidiane dunque divengono strutturali e le scuole devono attingere dal contesto sociale di riferimento le risorse per promuovere dei veri e propri piani di azione, nell’ottica dello sviluppo di un sistema educativo proattivo, che guardi alla costruzione di una comunità educativa ed educante. A scuola si gettano le basi di un’esperienza che diventa vera testimonianza di “assunzione di responsabilità delle esigenze e dei bisogni dell’altro”.

Lo spettro del disagio giovanile e la solitudine scolastica

Si parla di Reti e Comunità, ma esistono davvero? Ora come ora, no. Si tratta di Atti , Patti, Convenzioni-  quando non di Progetti, Accordi e Tavoli- ma la rete di comunità è soprattutto una pratica e non un solo “dichiarato”. Va detto chiaramente che proprio l’aula è il luogo dove il disagio esplode maggiormente e pertanto l’urgenza dell’intervento è strettamente scolastica; tranne poi accorgersi che fuori dall’aula quello stesso disagio – non controllato, monitorato, riletto e ricondotto – prende forme di devianza e di delinquenza che fanno gridare più spesso allo scandalo, ma non muovono la società nel suo complesso ad una presa di coscienza e consapevolezza.

La scuola dunque è sola. Le Istituzioni si muovono se sollecitate, le Comunità agiscono se attivate, la Società nel suo complesso demanda all’aula scolastica il tema del disagio giovanile, attendendosi soluzioni. Ma non si possono trovare soluzioni in un’aula se il problema coinvolge aree ben più ampie. Le scuole perciò, per loro vocazione e per volontà radicata da una sapiente storia di alta pedagogia, si attivano, si attrezzano, promuovono, operano, sollecitano, sviluppano, ma – diciamolo chiaro – arrancano.

Il Ministero, nell’impostare azioni a promozione del “Welfare dello Studente” inteso come modello di azione volto a promuovere stili di vita corretti, un’educazione alla salute e all’alimentazione sana, ha per certi versi la necessità di agire per prevenire il disagio e fenomeni di bullismo e cyberbullismo. I fenomeni sono assorbiti dal comune sentire che “bisogna fare qualcosa” e pertanto l’Istituzione sviluppa parte dei contenuti del Welfare dello Studente, anche nel Programma Nazionale “La Scuola al Centro”. Si tratta di un modello di intervento per prevenire la dispersione scolastica teso ad incentivare la coesione sociale e che vuole intervenire su più fronti per il recupero del territorio (interventi su ambienti per l’apprendimento, per l’integrazione dell’offerta formativa), la riqualificazione delle periferie e per contrastare la povertà sociale, intesa anche come povertà educativa. Il piano si rivolge ad una platea eterogenea composta dagli alunni della scuola stessa, dai loro genitori, dalla popolazione giovanile ed adulta del territorio. Non vi è dubbio però che la solitudine delle scuola trasformata in risorsa propulsiva e rivitalizzata di una comunità, sfida il desiderio di delega delle famiglie e la tendenza ad agire sul problema (sintomo) e non sulla causa con un efficace sistema di prevenzione operato dal sistema politico-istituzionale.

Insomma c’è qualcosa che non va. Non può essere la scuola di frontiera – nella sua urgenza e nella sua solitudine – a farsi carico della comunità di pratiche: lo sforzo è troppo ampio e rischia di spezzare la sua stessa organizzazione. Organizzazione che si frantuma e parcellizza tra chi si straccia le vesti contro l’idea di “scuola a matrice sociale” e chi invece perde di vista la mission degli istituti scolastici come articolazioni funzionali del sistema di Istruzione e di educazione.

 

I Docenti come attivatori di coesione sociale

Con i molteplici piani ministeriali, la scuola “al centro” si riappropria del ruolo di centro di promozione culturale relazionale e di cittadinanza attiva nella società civile in cui opera, favorendo rientri scolastici e creando occasioni sistematiche di formazione, in grado di elevare il livello culturale e di benessere generale del territorio e di offrire opportunità di accesso e di mobilità lavorativa. Si tratta di un vero collettore innovativo di pratiche “felici”: non un caso infatti che il programma Miur e Pon abbia l’ambizioso traguardo di creare “energia e partecipazione” combattendo “l’infelicità”1). Il docente diventa dunque un attivatore sociale capace di confrontarsi con la necessità di utilizzare metodi e modelli in grado di orientare l’azione educativa per fornire agli studenti strumenti per la lettura critica della realtà in cui vivono. Ma quanti docenti si sentono calati in questo ruolo, piuttosto che nel proprio di “funzione docente” squisitamente ancorata alla disciplina e alla sua trasmissione?

Nel Piano per la Formazione dei docenti è chiara la linea tracciata. La formazione degli insegnanti potrà anche ricorrere, attraverso la presentazione di progetti anche di portata nazionale, alle risorse del Fondo per la povertà educativa minorile, che punta a riconoscere e a risolvere stati di marginalità. Si tratta di un apposito strumento per il contrasto della povertà educativa minorile – inserito nella Legge di stabilità 2016 (legge 208 del 28/12/2015, art. 1 comma 392-395) – che prevede la messa a disposizione di risorse sull’intero territorio nazionale per contribuire alla lotta di diverse forme di povertà educative dei minori italiani, fenomeno che interessa in dimensioni crescenti aree estese del nostro Paese. Nel quotidiano il docente “attivatore” avrà l’ardito compito di verificare il legame tra la progettazione didattica curriculare con le potenzialità delle iniziative che coinvolgono alunni e studenti anche in orario extrascolastico. La funzione di “attivazione” si compie perciò attingendo le risorse da parte di vari soggetti del territorio in un’ottica di offerte educative proposte da comunità educanti a cui la scuola potrà partecipare attivamente insieme a soggetti del terzo settore, associazioni di famiglie, associazioni culturali.

Contro ogni forma di discriminazione: le azioni concrete di contrasto

Nel quotidiano le scuole sanno che la lotta al disagio giovanile passa obbligatoriamente attraverso le più ampie forme di prevenzione. Sono in prevalenza azioni sinergiche che tutti gli istituti – anche quelli non di frontiera – attuano progressivamente. L’educazione al rispetto dell’altro e il riconoscimento dei valori della diversità come risorsa e non come fonte di disuguaglianza rappresentano il fulcro della lotta alle discriminazioni. Ai sensi della nuova legge del giugno del 2017 gli istituti tendono a sviluppare le azioni di antidiscriminazione sotto la più ampia categorizzazione della prevenzione del bullismo e, in particolare, del cyberbullismo. Il sistema di istruzione non rinuncia alla sua identità , ricercando forme di potenziamento delle competenze di base e delle “life skills”, anche attraverso modelli didattici innovativi che consentono dinamiche collaborative e la differenziazione dei percorsi. La sfida educativa è al centro del progetto scolastico. In tal senso la gestione della classe e l’implementazione di nuovi scenari organizzativi, con particolare riguardo al ruolo delle figure specialistiche di supporto e al ruolo di altri soggetti del territorio appartenenti alla comunità educante, consente la progettazione di interventi per il recupero del disagio atti a prevenire fenomeni di violenza in tutti i contesti, non escluso quello scolastico.

Altre azioni specifiche dell’attività sono quelle collegate alla capacità di ogni scuola di realizzare elevati standard di qualità per il benessere degli studenti e il recupero del disagio sociale anche attraverso la formazione di figure di referenti, coordinatori, tutor per il welfare dello studente e per la lotta al disagio sociale/bullismo. Con queste premesse il ruolo del docente ne esce rafforzato: diventa una guida e accompagnatore nei momenti di difficoltà, di scelta e di decisione dello studente. Le famiglie non vanno abbandonate ma prese in carico. Le scuole sanno attivare percorsi di coinvolgimento degli adulti di riferimento in attività integrative da realizzare in orario scolastico ed extra-scolastico, anche attraverso iniziative socializzanti per sviluppare il senso di appartenenza alla scuola e l’interazione tra i ruoli docente parentale.

I progetti finanziati potranno avvalersi della collaborazione di figure di supporto (mediatori, assistenti per la comunicazione, educatori, personale di collaborazione) per migliorare le capacità di progettazione integrata per sviluppare il collegamento tra scuola e altri soggetti del territorio coinvolti nel percorso educativo degli studenti, in collaborazione con il terzo settore, le istituzioni locali e socio-sanitarie. Le azioni significative da mettere in campo sono tese a sostenere l’incontro tra didattica formale e metodologie di insegnamento informali, anche attraverso modelli di peer education. Naturalmente il passaggio obbligato è quello di dotare gli istituto di Referenti che a livello si singola scuola o con reti operino per il coordinamento delle azioni di promozione del welfare dello studente, di prevenzione del bullismo e della violenza e per il recupero del disagio sociale.

Quali progetti educativi mettere i campo?

Dal punto di vista educativo sono utili i progetti che sappiano creare le condizioni perché i soggetti in apprendimento siano valorizzati nella loro autodeterminazione, attraverso la libera espressione della singolarità. Le strategie utili a questi scopi sono quelle più vicine all’area motivazionale e psico-relazionale la cui finalizzazione è la creazione di campi aperti di argomenti utili ed interessanti, anche con personalizzazioni del curricolo atte a dare significato alle aspettative dei giovani. L’attenzione va inoltre spostata dai setting di valutazione degli apprendimenti a quelli dove sono valorizzate le competenze individuali e di gruppo, e dove la rilevazione dell’errore ha un impatto positivo e non solo di misurazione negativa.

Non da ultimo la scuola deve sapere costruire visioni ampie che mettono al centro gli elementi di valore per il contrasto al disagio in generale e non solo giovanile; sono infatti gli interessi materiali della società odierna ad assumente un focus prioritario.
Se dunque i progetti di contrasto al disagio risalgono alla fonte degli elementi di garanzia di coesione sociale (occupazione, casa, reddito, salute, problemi educativi e valoriali, sicurezza sociale, reti di scambio attive e partecipate) potremo avere un flusso progettuale che tenderà ai risultati sul lungo periodo nell’ottica del consolidamento del senso di identità e di appartenenza alla collettività.

Naturalmente nulla è semplice, tanto più che spesso la scuola è lasciata sola, ma la scommessa educativa è inevitabilmente da raccogliere. La coesione sociale è dunque il cuore delle politiche socio-educative e rappresenta in un prossimo futuro lo scenario di azione dell’intero sistema di istruzione ed educazione. La sintesi del lavoro quotidiano che la scuola sta già facendo rappresenta l’applicazione concreta del principio di uguaglianza sostanziale dell’art 3 delle nostra carta costituzionale. Non è un caso se proprio nelle aule scolastiche si gioca la partita più importante: creare le condizione educative per indurre comportamenti di solidarietà tra gli individui e di affinità tesi ad attenuare il senso di disparità per origini o per situazioni socio-economiche di deprivazione.

  1. Programma di presentazione Scuole al Centro PON Miur Comunicato stampa 2016 ( sito Miur)

Non c’è pace per il bonus ai “100 e lode”: quest’anno appena 340 euro a studente

da Il Sole 24 Ore

Non c’è pace per il bonus ai “100 e lode”: quest’anno appena 340 euro a studente

di Claudio Tucci

Si chiama “valorizzazione delle eccellenze”: il programma per premiare, tra gli altri, gli studenti che ottengono la votazione di 100 e lode nell’esame di Stato. Fu introdotto nel 2007, e quell’anno, proprio per “spingere” la misura, si decise di destinare mille euro a ragazzo, somme da utilizzare “su espressa richiesta del beneficiario” per l’acquisto dei libri ed altri sussidi didattici, testi universitari, abbonamenti a riviste scientifiche. Una bella iniziativa; che adesso però, di anno in anno, si sta perdendo per strada.

Il decreto del Miur
Il ministero dell’Istruzione ha pubblicato ieri il consueto decreto con le somme previste per il 2016/2017 per finanziare il bonus ai ragazzi che hanno preso alla scorsa maturità “100 e lode”. Ebbene, andranno ad alunno appena 340 euro. La dote complessiva per gli studenti che hanno conseguito risultati scolastici di particolare valore è ferma a quasi 2,3 milioni di euro. Nel 2016/2017 i ragazzi che hanno preso “100 e lode” sono stati 5.494.

Un trend in continuo calo
Non è la prima volta che questo incentivo perde “ decine di euro”. Già un paio d’anni dopo il suo esordio, l’incentivo per i maturandi più bravi scese subito: nel 2009/2010 passò a 650 euro. Negli anni 2013/2014 e 2014/2015 è poi calato nuovamente: 450 euro. L’anno scolastico 2015/2016 è sceso ancora: 370 euro; fino ad arrivare ai 340 euro di oggi, 2016/2017, che, nei fatti, rappresentano il minimo storico. Sarebbe il caso che al ministero dell’Istruzione si riflettesse: è così che si premia il “merito”?

Tar sospende regolamento Mastella, disco verde al panino libero

da Il Sole 24 Ore

Tar sospende regolamento Mastella, disco verde al panino libero 

Il Tar della Campania ha sospeso il regolamento varato dal Comune di Benevento con il quale si vietava il “panino libero” nelle scuole di Benevento rendendo obbligatorio il ricorso alla mensa.
Contro il regolamento, approvato nel luglio scorso dalla giunta comunale guidata da Clemente Mastella, avevano fatto ricorso circa 60 genitori e in attesa dell’udienza prevista l’11 ottobre, ieri il presidente del Tribunale amministrativo regionale della Campania, Paolo Passoni, ha emesso un decreto con il quale sospende la disposizione.

«In attesa del vaglio collegiale, sussistono i requisiti di estrema urgenza – si legge nel provvedimento – per la sospensione della disposizione impugnata, ove si fa divieto “tout court” di consumare cibi diversi da quelli forniti dalla ditta appaltatrice del servizio-mensa nei locali di refezione scolastica, ferma restando la possibilità in capo ai singoli dirigenti scolastici di impartire specifiche prescrizioni di salvaguardia igienica (proporzionate e non disagevoli), per l’introduzione di alimenti esterni nelle scuole di riferimento».

Il Tar ha dunque accolto la richiesta degli avvocati dei genitori Giorgio Vecchioni e Stefania Pepicelli che, in attesa dell’udienza avevano chiesto «una misura cautelare monocratica,
cioè senza sentire la controparte».
«E’ una misura – ha spiegato l’avvocato Pepicelli – che viene concessa difficilmente e solo
quando vengono riscontrati i requisiti di estrema urgenza».

Riforma, corsa contro il tempo

da ItaliaOggi

Riforma, corsa contro il tempo

Il cronoprogramma della Fedeli per portare a casa formazione docenti, inclusione, 0-6

Alessandra Ricciardi

L’anno scolastico è appena iniziato, ma già è corsa contro il tempo. La ministra dell’istruzione, Valeria Fedeli, ha chiesto ai suoi uffici un calendario serrato per il varo dei provvedimenti attuativi della riforma della scuola. L’obiettivo è chiudere entro marzo 2018, ultima data utile, stando agli andamenti attuali del dibattito parlamentare, per il governo in carica prima del passaggio di consegne che sarà decretato dalle prossime elezioni. Il cronoprogramma fissato dal Miur arriva fino a dicembre 2018, ma è un puro esercizio accademico. Una quarantina i provvedimenti da varare entro marzo, alcuni micro, come la definizione del concorso per i posti con lingua di insegnamento slovena o bilingue. La maggior parte invece è costituita da provvedimenti che saranno l’essenza della riforma della Buona scuola. A partire dalla revisione del percorso di formazione e reclutamento dei futuri docenti: per esempio, il dpr recante il regolamento dell’accesso al Fit, e dunque alla formazione iniziale, il successivo decreto ministeriale che dovrà disciplinare il concorso, il decreto per l’aggiornamento delle classi di concorso, la proposta di contratto per definire le condizioni economiche dei docenti che nell’ambito della nuova formazione arriveranno a fare il tirocinio. Un capitolo sostanzioso, che dovrebbe, stando al cronoprogramma, essere chiuso entro dicembre 2017 e su cui uno slittamento di alcuni mesi però non è affatto da escludere visto che per alcuni dei provvedimenti citati la scadenza è prossima e le bozze sono ancora in alto mare. L’importante, è l’input che arriva anche dal partito democratico, è che per la sfida elettorale il nuovo di reclutamento dei docenti sia definito. Un progetto ambizioso, coltivato dalla Buona scuola, che rappresenterebbe la versa svolta della lotta al precariato.

E poi ci sono i decreti per ampliare l’educazione e istruzione per la fascia 0-6 anni, per definire l’implementazione della cultura umanistica, ma anche i piani per l’inclusione scolastica, l’edilizia, i progetti per la creatività… L’ultima fase della Buona scuola sarà un percorso impegnativo nel quale gli imprevisti sono dietro l’angolo. È capitato con il regolamento sulla contabilità, e pure con quello delle supplenze agli alunni disabili. Per entrambi c’è il parere molto critico del Cspi che ha sottolineato le manchevolezze del primo, e ha rinviato al ministero il secondo.

Si tratta di pareri che possono anche non essere recepiti, ma che espongono in questo caso i relativi provvedimenti a un contenzioso con le forze sindacali, che facilmente degenera in contenzioso giudiziario. Per cui il tentativo di ricucitura diventa fondamentale.

La nuova contabilità è da rifare La semplificazione non c’è

da ItaliaOggi

La nuova contabilità è da rifare La semplificazione non c’è

Il Cspi chiede al ministero di rivedere il regolamento

Il consiglio superiore della pubblica istruzione boccia il nuovo regolamento di contabilità delle istituzioni scolastiche: non reca le disposizioni di dettaglio per la concessione degli appalti; non fornisce orientamenti univoci per le ragionerie territoriali; non pone limiti chiari all’operato dei revisori dei conti; omette di definire puntualmente le rispettive competenze dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi; non semplifica le procedure di rendicontazione sull’impegno dei fondi relativi a progetti Pon e non dice nemmeno una parola su come gestire i rapporti con gli esperti esterni. In poche parole: non assolve il compito assegnato dalla legge 107/2015, che è quello di semplificare la contabilità, armonizzare i vari sistemi contabili oggi in uso, incrementare l’autonomia delle scuole e definire la disciplina cui debbano attenersi i revisori dei conti.

È una sonora bocciatura quelle inflitta dal parlamentino dell’istruzione sulla schema di regolamento di modifica del decreto interministeriale 44/2001. Vale a dire, sul nuovo regolamento di contabilità delle istituzioni scolastiche. Le argomentate osservazioni del Cspi sono contenute in un parere emesso all’esito delle sedute che si sono tenute presso il dicastero di viale Trastevere tra il 14 e il 20 settembre scorso. Parere non è vincolante per l’amministrazione, che può anche decidere di non recepirlo.

Le critiche del Cspi si sono appuntate praticamente su tutte le questioni-chiave che il nuovo regolamento di contabilità dovrebbe risolvere sulla base del rinvio operato dal comma 143, dell’articolo 1, della legge 107/2015.

L’organo consultivo ha posto in evidenza la necessità di definire con maggiore precisione i rapporti tra dirigenti scolastici e direttori dei servizi generali e amministrativi attraverso l’indicazione delle rispettive responsabilità nella gestione amministrativo-contabile. Tanto più che le disposizioni in tal senso, contenute nell’articolato, non fanno altro che ricalcare ed assemblare le insufficienti disposizioni contenute nel vecchio regolamento.

Idem per quanto riguarda i limiti da esplicitare riguardo all’attività dei revisori «al fine di arginare, per quanto giuridicamente possibile», si legge nel parere, «gli eccessi comportamentali di alcuni Revisori dei conti tendenti ad invadere l’autonomia e la collegialità programmatoria delle scuole esorbitando dal loro compito di controllo della regolarità amministrativo-contabile».

Nel nuovo regolamento non si trova traccia di interventi volti a ridurre le diffuse difformità operative attualmente registrabili tra le ragionerie territoriali. Quanto all’ l’impianto normativo il problema fondamentale sarebbe quello della mancata individuazione di regole semplici e specifiche, per dare attuazione agli oneri previsti dalla legge a carico delle istituzioni scolastiche. Secondo il parlamentino dell’istruzione lo schema di regolamento invece di fornire in maniera sobria, chiara e incisiva indicazioni operative in grado di rendere snella ed efficace la gestione amministrativa e contabile delle scuole non fa altro che richiamare insistentemente norme legislative e disposizioni ordinamentali, disperse nella crescente molteplicità delle fonti che disciplinano e vincolano la materia. E spesso, tali rinvii non avvengono nemmeno tramite l’indicazione puntuale dei riferimenti normativi, ma tramite il ripetuto utilizzo della locuzione: «… secondo le disposizioni vigenti in materia…».

Disposizioni che, peraltro, riguardano i grandi contratti di appalti pubblici per lavori, servizi e forniture a partire dai bandi, dalle committenze e dalle procedure di gara fino ai collaudi. Mentre sarebbe necessario fare riferimento ad una disciplina specifica e meno restrittiva per le scuole.

Sempre secondo il Cspi sarebbe troppo restrittiva anche la normativa che regola il ricorso alla Consip per l’acquisti di beni e servizi, pur ritenendo «senz’altro positivo l’innalzamento (rispetto agli attuali due mila) a 10mila euro della soglia per affidamento diretto (ulteriormente innalzabile fino a 40mila in presenza di specifiche e documentate esigenze)».

Infine, l’organo consultivo ha evidenziato che il nuovo regolamento non affronta il problema dell’erogazione di fondi esclusivamente a rendicontazione conclusa: la maggior parte delle scuole non può sostenere continui e importanti anticipi di cassa.

Ed è ancora troppo lunga la lista di operazioni di competenza del Consiglio di Istituto anche in materia contabile: su una serie di azioni, secondo il Cspi, sarebbe opportuno pensare a possibili ratifiche successive alle operazioni, così come previsto per le variazioni di bilancio. Infine, il collegio ha lamentato che nello schema di regolamento non c’è traccia del tema degli esperti esterni, ricondotti nell’alveo generale della fornitura di beni e servizi quando probabilmente meriterebbero, sempre secondo il Cspi, una trattazione e un approfondimento dedicati.

Nuovi presidi, vale il preruolo

da ItaliaOggi

Nuovi presidi, vale il preruolo

Decorrono ora i tempi per l’avvio della selezione che comunque salterà un anno, visto il ritardo della pubblicazione ufficiale.

Carlo Forte

L’accesso al concorso per il reclutamento dei dirigenti scolastici sarà consentito anche ai docenti in ruolo l’anno scorso, purché abbiano ottenuto la conferma in ruolo e siano in grado di vantare 5 anni di servizio. Ai fini della maturazione del quinquennio è valido infatti anche il servizio preruolo. La novità è prevista dall’articolo 6 del regolamento sul concorso per l’accesso ai ruoli della dirigenza scolastica pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 20 settembre scorso (decreto 3 agosto 2017, n. 138). Decorrono ora i tempi per l’avvio della selezione che comunque salterà un anno, visto il ritardo della pubblicazione ufficiale. E intanto si attende la quantificazione dei posti messi a gara: saranno quelli vacanti e disponibili al momento dell’indizione del concorso e quelli che si prevede si rendano tali nel triennio successivo. Vanno sottratti quelli della riserva indicata dall’articolo 4 comma 4 e dall’articolo 25. In tutto, il Miur chiederà 2.400 posti, che dovrebbero dunque coprire anche il fabbisogno del prossimo triennio. Il bando, dopo l’autorizzazione del Mef ad assumere, è atteso per ottobre.

Ogni anno di preruolo sarà considerato valido solo se sarà stato prestato per almeno 180 giorni per anno scolastico oppure se sarà stato svolto ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale. I termini per la validità dell’anno, ai fini del quinquennio, sono stati mutuati da quelli ordinariamente previsti dalla legge 124/99. Mentre il riconoscimento del preruolo deriva dal recepimento della normativa comunitaria che vieta disparità di valutazione tra i servizi prestati come supplente e quelli da docente di ruolo.

Resta ferma la preclusione dell’accesso alla dirigenza scolastica per i docenti non di ruolo. E ciò potrebbe offrire spunti per l’immancabile contenzioso che caratterizza l’attuazione di questo genere di procedure. Le domande dovranno essere presentate dagli interessati, esclusivamente via web. E nell’istanza il candidato dovrà anche indicare la lingua straniera nella quale intenderà sostenere le specifiche prove (inglese, francese, spagnolo o tedesco).

Per l’accesso al concorso potrà essere prevista una prova pre-selettiva consistente nella soluzione di 100 quiz da estrarre a sorte da una banca dati, che sarà resa nota dal ministero dell’istruzione almeno 20 giorni prima della prova. In ogni caso, la prova pre-selettiva sarà attivata solo se il numero dei concorrenti sarà superiore di almeno il triplo dei posti che saranno messi a concorso a livello nazionale. La selezione in senso stretto consisterà in una prova scritta e un colloquio, che servirà a individuare gli aventi titolo ad essere ammessi a un corso di formazione dirigenziale e tirocinio, al quale saranno ammessi i candidati che supereranno una specifica prova scritta, da svolgersi con l’ausilio di mezzi informatici, e una prova orale.

La prova scritta consisterà in cinque quesiti a risposta aperta e in due quesiti in lingua straniera. I cinque quesiti a risposta aperta saranno incentrati sulla normativa scolastica, sulle modalità di conduzione delle istituzioni scolastiche, sulla programmazione, la gestione e la valutazione delle scuole, sull’organizzazione degli ambiti di apprendimento, sulla valutazione del personale. In più il candidato dovrà dimostrare di conoscere il diritto civile, amministrativo e penale e la contabilità di stato. Infine sono previste domande anche sui sistemi educativi dei paesi dell’Unione europea.

Ciascuno dei due quesiti in lingua straniera sarà articolato, invece, in cinque domande a risposta chiusa, volte a verificare la comprensione di un testo nella lingua prescelta dal candidato. I quesiti in lingua straniera verteranno solo sull’organizzazione degli ambienti di apprendimento e sulla conoscenza dei sistemi educativi dei paesi dell’Unione europea. E saranno finalizzati alla verifica della relativa conoscenza al livello B2.

Saranno ammessi alla prova orale i candidati che conseguiranno nella prova scritta il punteggio minimo di 70/100. La prova orale consisterà in un colloquio orale che verterà sulle stesse materie della prova scritta e nella verifica delle conoscenze informatiche oltre che della lingua straniera prescelta. Per superare la prova orale il candidato dovrà conseguire un punteggio non inferiore a 70/100. Coloro che supereranno la prova orale avranno diritto a essere inseriti nella graduatoria per l’accesso al corso di formazione dirigenziale e le relative valutazioni comprenderanno anche i titoli, per la quale la commissione avrà a disposizione altri 30 punti.

Alla frequenza del corso, che durerà 240 ore e che avrà natura selettiva, saranno ammessi candidati in numero pari ai posti messi a concorso maggiorato del 20%. Dopo il corso di formazione, i candidati che avranno frequentato le lezioni per almeno 180 ore saranno ammessi a frequentare un periodo di tirocinio di 4 mesi presso le istituzioni scolastiche, durante il quale il dirigente titolare svolgerà la funzione di tutor. I candidati che avranno frequentato il tirocinio per almeno i tre quarti dei giorni di effettivo funzionamento della scuola compresi nei quattro mesi previsti saranno ammessi a un’ulteriore prova scritta. Prova che si intenderà superata se il candidato riporterà un punteggio di almeno 70/100.

Chi supererà la prova scritta sarà ammesso al colloquio orale, per superare il quale serve una votazione non inferiore a 70/100. All’esito delle prove orali, la commissione compilerà una graduatoria di merito dalla quale saranno tratti gli aventi titolo a ricevere la proposta di assunzione.

Cambia l’esame di terza media

da ItaliaOggi

Cambia l’esame di terza media

In arrivo il decreto, si parte il prossimo giugno. Tre prove scritte, un orale. I rilievi del Csp

Emanuela Micucci

Il coding entra nell’esame di terza media. Mentre per lo scritto di italiano, accanto al tema, arriva la sintesi di un testo. La prova nazionale Invalsi, da quest’anno fuori dall’esame ma vincolante per l’ammissione, si svolgerà ad aprile. Pronto il decreto che da giugno modificherà gli esami di terza media come previsto dal decreto legislativo n. 62/2017 attuativo della delega della Buona scuola sulla valutazione e la certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di stato. Testo su cui, sollevando alcune criticità, si è espresso il 20 settembre il Consiglio superiore della pubblica istruzione (Cspi), mai coinvolto nella discussione in fase di elaborazione delle deleghe della legge 107. Si riducono a tre le prove scritte: italiano, matematica, lingua straniera, cioè inglese e seconda lingua comunitaria. Segue il colloquio orale. Per lo scritto di matematica la commissione predisporrà almeno tre tracce, ciascuna riferita a problemi articolati, quesiti a risposta multipla o a risposta aperta. Poi ne sceglierà una.

Previsto anche il pensiero computazione, quel coding che il Piano nazionale Scuola digitale sta portando in classe fin dalla primaria. Un tipo di prova che però, secondo il Cspi non potrebbe entrare nell’esame di terza media perché «non esiste all’interno delle Indicazioni nazionali un curricolo relativo al pensiero computazionale». Semmai, prosegue il Cspi, «le scuole che hanno svolto percorsi didattici su questo aspetto fondamentale per lo sviluppo del pensiero logico potranno costruire prove che lo utilizzano per l’analisi, l’organizzazione e la rappresentazione dei dati all’interno dei problemi proposti». Anche per lo scritto di italiano la commissione preparerà tre tracce, che spazieranno da un testo narrativo, argomentativo alla relazione su un argomento di studio attinente alle discipline previste dalle Indicazioni nazionali, all’analisi o sintesi di un testo letterario, divulgativo, scientifico.

Si recepisce, quindi, il suggerimento del linguista Luca Serianni, a capo dalla task force appena istituita al Miur per arginare le carenze in italiano degli studenti: meno temi e più riassunti, partendo dalle prove d’esame come condizione per orientare il percorso formativo degli insegnanti. Secondo una metodo già sperimentato al Miur alla maturità per lo scritto di matematica allo scientifico e, in fase di studio, per quello di latino e greco al classico. La prova di italiano all’esame di terza media, inoltre, potrà essere strutturata in più parti per consentire la verifica delle competenze di comprensione e produzione di un testo. Lo scritto di lingue straniere, invece, accerterà per l’inglese il livello A2 e per la seconda lingua comunitaria l’A1. La prova avrà due sezioni distinte, una per ciascuna lingua. Previsti questionari, elaborazione di un dialogo o di una lettera o di una mail, sintesi di un testo scritto, completamenti di un testo. Nessuna novità per il colloquio orale.

Mentre le prove Invalsi, che escono dall’esame e non fanno media, saranno vincolanti per l’ammissione. Motivo per cui il Cspi sollecita di «valutare ogni possibile soluzione organizzativa» per consentire una prova Invalsi suppletiva agli alunni che per gravi e comprovati motivi non abbiano potuto svolgerla. Le prove Invalsi si svolgeranno ad aprile e riguarderanno italiano, matematica e, altra novità, l’inglese. Nei casi di insufficienze in una o più materie lo studente potrà non essere ammesso all’esame, ma il consiglio di classe dovrà motivare la bocciatura. Il voto finale dell’esame, espresso in decimi, sarà dato dalla media tra il voto di ammissione e la media dei voti delle prove. Altra novità: il presidente della commissione sarà il preside.

Sistema di valutazione: alternanza, digitale e lingue le priorità

da ItaliaOggi

Sistema di valutazione: alternanza, digitale e lingue le priorità

La direttiva del miur rinvia il piano di miglioramento al prossimo anno. Arrivano i livelli di apprendimento

Emanuela Micucci

Realizzazione dell’alternanza scuola-lavoro alle superiori e apertura delle scuole al territorio e al mondo del lavoro. Ma anche potenziamento delle competenze digitali per il miglioramento della qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento e studio dell’inglese e delle lingue dell’Unione europea. Queste alcune delle nuove priorità strategiche del Sistema nazionale di valutazione (Snv) per il triennio 2016-2019 descritte nella bozza della direttiva sullo sviluppo del Snv, che aggiorna quella n. 11 del 2014 alla luce degli obiettivi indicati come prioritari dalla legge 107. Non tutti quelli della Buona scuola, però. La bozza, infatti, si sofferma su questi tre, «in sinergia con il Piano nazionale di formazione», precisa. Manca rispetto alla precedente direttiva la priorità «rafforzamento delle competenze di base degli studenti rispetto alla situazione di partenza», nonostante sia anche uno degli obiettivi della legge 107.

Si insiste, invece, sull’«incremento dei livelli di apprendimento», quasi a sostituire questa priorità alla precedente. Ma, ha sottolineato il Cspi nel suo recente parere, «va inserita in una ulteriore priorità… facendo riferimento ai livelli di apprendimento collettivi e spostando l’attenzione sui risultati medi della valutazione finale e sugli esiti delle prove standardizzate». Dovendo armonizzare la tempistica del rapporto di autovalutazione (Rav), predisposto per la prima volta nell’anno scolastico 2014/15, ma riferito al Piano di miglioramento (Pdm) proiettato nel triennio 2015/18, con quella del Piano triennale dell’offerta formativa (Ptof) predisposto nel 2015/16 e relativo al triennio 2016-19, la direttiva fa coincidere la rendicontazione sociale del Rav con l’anno scolastico di scadenza del Ptof.

Si estendono così i tempi di realizzazione del Pdm all’anno scolastico 2018/19. A bene vedere, però, le scuole dovranno immaginare fin da ora come fare la rendicontazione sociale, affinché non diventi il solito atto formale. Dunque, identificare subito i propri stakeholder, attivare con loro momenti di confronto, partecipazione, collaborazione, senza attendere la fine dell’anno scolastico 2018/19. Così da realizzare quel bilancio sociale di cui si parla ormai da anni, che conferisca visibilità e concretezza al percorso di rendicontazione. Rav e Pdm potranno essere aggiornati annualmente in caso di significativi cambiamenti nell’istituzione scolastica a seguito alle osservazioni arrivate ai presidi da i Nuclei esterni di valutazione, che hanno visitato la scuola, e dei direttori regionali, nel caso in cui gli obiettivi interni all’incarichi dirigenziale siano difformi dalle priorità interne al Rav. Una possibilità quest’ultima però non prevista dalla normativa vigente (dpr 80/2013), né dalla direttiva sulla valutazione dei dirigenti scolastici (n. 36/2016) e dalle successive linee guida.

Sul fronte rivelazioni degli apprendimenti, oltre alle prove Invalsi come requisito di ammissione agli esami di stato alle medie e alle superiori, al debutto in tutti i livelli di istruzione della prova in inglese, della somministrazione al pc dei test Invalsi e alle nuove rivelazioni degli apprendimenti in quinta superiore. Proseguirà l’impegno dell’Invalsi sul valore aggiunto, cioè il peso dell’effetto scuola sugli esiti delle prove, al netto di fattori che non dipendono dall’operato di ciascuna istituzione scolastica

340 euro a testa a chi ha preso la lode alla maturità. La nota del Miur

da La Tecnica della Scuola

340 euro a testa a chi ha preso la lode alla maturità. La nota del Miur

 

Con il Decreto Ministeriale n.956 del 26 settembre, il Miur stabilisce un incentivo finanziario da destinare agli studenti che hanno conseguito il diploma nell’anno scolastico 2016/2017 con la votazione di 100 e l’attribuzione della lode.

In base a quanto stabilito da Viale Trastevere gli studenti sia delle scuole statali che a quelle paritarie avranno un incentivo di 340 euro pro-capite.

Resta la possibilità di incrementare l’ammontare della somma qualora ci siano ulteriore risorse finanziarie.

All’Esame di quest’anno è stato ammesso il 96,2% delle studentesse e degli studenti. Il 99,5% delle esaminate e degli esaminati ha ottenuto la promozione. Il 62,5% ha ottenuto un voto superiore a 70/100. In particolare, i 100 sono il 5,3% del totale delle votazioni: sono in lieve aumento, l’anno scorso erano il 5,1%.
Le votazioni 91-99 si confermano all’8,5% del totale; coloro che prendono un voto fra 81 e 90 scendono al 18,9% rispetto al 19,1% del 2016; in calo anche le votazioni 71-80: quest’anno sono il 28,6%, erano il 29,2% nel 2016. L’andamento delle votazioni 61-70 sale leggermente al 29,1% del totale, rispetto al 29% dello scorso anno. I 60 passano all’8,4% dall’8% dell’anno scorso.
Lieve aumento delle lodi: sono l’1,2% rispetto all’1,1% del 2016. In Italia sono in tutto 5.494 le diplomate e i diplomati con lode. In termini di dati assoluti, dunque, le  Regioni con il maggior numero di ‘super brave’ e ‘super bravi’ sono Puglia (944 diplomate e diplomati con lode), Campania (802) e Sicilia (516).
Guardando al rapporto percentuale fra diplomate e diplomati con lode e popolazione scolastica territoriale, in Puglia si diploma con lode il 2,6% delle maturande e dei maturandi della regione, in Umbria il 2,4%, nelle Marche il 2,3%.
Le votazioni delle e dei liceali sono mediamente più alte: il 2% ha conseguito la lode, il 7,6% ha avuto 100, il 10,9% tra 91 e 99, il 22,2% tra 81 e 90. Tra le ragazze e i ragazzi dei Tecnici e dei Professionali, le lodi rimangono stabili e aumentano i 100. Nei Licei, a primeggiare nelle votazioni più alte, è il classico.

Vaccini obbligatori scuola infanzia: arriva ok del Consiglio di Stato

da La Tecnica della Scuola

Vaccini obbligatori scuola infanzia: arriva ok del Consiglio di Stato

 

Il Consiglio di Stato si pronuncia favorevolmente sui vaccini obbligatori alla scuola dell’infanzia, riportando un parere in materia di obbligo vaccinale, in risposta a un quesito del presidente della Regione Veneto, Luca Zaia.

“Già a decorrere dall’anno scolastico in corso, trova applicazione la regola secondo cui, per accedere ai servizi educativi per l’infanzia e alle scuole dell’infanzia, occorre presentare la documentazione che provi l’avvenuta vaccinazione”, si legge nella nota del Consiglio di Stato.

Come si legge su Repubblica.it, dopo aver impugnato a giugno l’obbligo dei vaccini, all’inizio del mese il Veneto ci aveva ripensato, decidendo di allinearsi con la normativa nazionale. E aveva sospeso il decreto di moratoria di due anni che avrebbe permesso alle famiglie di presentare la documentazione vaccinale per i bimbi da zero a sei anni, entro il 2019, ed evitare così la decadenza dell’iscrizione dagli asili nido e dalle scuole dell’infanzia già a partire da questo anno scolastico.

In contemporanea, la Regione veneta, aveva chiesto di portare al Consiglio di Stato il quesito relativo ai tempi di applicazione per le iscrizioni dei non vaccinati.

Vigilanza, il docente è responsabile fuori dalla scuola solo se è previsto dal regolamento di istituto

da La Tecnica della Scuola

Vigilanza, il docente è responsabile fuori dalla scuola solo se è previsto dal regolamento di istituto

 

Il caso dell’incidente fuori dalla scuola che ha visto morire uno studente di 11 anni, ha posto l’attenzione sul tema della vigilanza a scuola.

Infatti, la Corte di Cassazione, intervenuta in merito alla sentenza dei giudici del Tribunale di Firenze, ho posto l’accento su un particolare che a molti sembra non essere molto chiaro, a partire dalla scuola che ha impugnato la sentenza del Tribunale di Firenze.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21593/2017, ha infatti stabilito che se nel regolamento di istituto è espressamente definito che i docenti dell’ultima ora devono vigilare all’uscita degli alunni da scuola, fino a quando questi salgano sullo scuolabus, la responsabilità dell’istituzione scolastica in caso di sinistri ed infortuni degli alunni sussiste anche nel caso in cui ciò avvenga al di fuori delle pertinenze dell’edificio scolastico, riporta Italia Oggi.

Infatti la Cassazione non dice che nel contratto degli insegnanti  è prevista la vigilanza da parte dei docenti dell’ultima ora: infatti, nello specifico l’insegnante è responsabile della vigilanza sugli alunni durante l’intero svolgimento delle lezioni, inoltre, come previsto dal comma 5 dell’art.29 del CCNL scuola, per assicurare l’accoglienza e la vigilanza degli alunni, gli insegnanti sono tenuti a trovarsi in classe 5 minuti prima dell’inizio delle lezioni e ad assistere all’uscita degli alunni medesimi. Quindi il docente dell’ultima ora di lezione ha l’obbligo di accompagnare gli studenti all’uscita della scuola, controllando, soprattutto in caso di studenti di scuola primaria, se all’uscita ci sono i genitori dei propri studenti per la consegna.
Se ancora i genitori non si presentano, i docenti devono segnalare la situazione al dirigente o al vicario, che penserà alla situazione.

Regolamento d’istituto

Ma se il regolamento d’istituto stabilisce che il docente dell’ultima ora è responsabile, allora vale il regolamento d’istituto, che nel caso del bambino morto investito da un autobus, era presente.

Quindi la Cassazione non ha “rivoltato le carte”, ma ha constatato l’esistenza di un regolamento d’istituto con degli obblighi aggiuntivi per i docenti dell’ultima ora, ovvero vigilare sugli alunni fino a quando questi non salgono sullo scuolabus.

Quindi i genitori del bambino morto si sono potuti rivalere sull’istituto scolastico per la presenza di tale regolamento interno alla scuola e non per un’inadempienza contrattuale da parte del docente.

La responsabilità e del Ministero

Ma i giudici della Corte di Cassazione sottolineano anche un altro aspetto: al di fuori delle pertinenze degli edifici scolastici non sussiste alcun obbligo di vigilanza, riportando l’orientamento della sentenza 19158/2014 in cui i giudici hanno accertato “l’inesistenza di responsabilità a carico dei docenti in caso di infortuni fuori dalla scuola”.
Pertanto, ad essere perseguibili non saranno i docenti o il preside colpevoli della mancata vigilanza, ma piuttosto sarà il Ministero a risponderne direttamente, trattandosi di scuola pubblica e di responsabilità non spettanti agli insegnanti e ai dirigenti.

Personale ATA

Infine, c’è un ultimo punto da ricordare: il CCNL comparto scuola, sancisce esplicitamente che il profilo professionale di Area A del personale ATA, che corrisponde ai collaboratori scolastici, è tenuto a rispettare le “mansioni di accoglienza e sorveglianza degli alunni nei periodi immediatamente e antecedenti e successivi all’orario delle attività didattiche”.