Osservatorio per il Diritto allo studio

Università, Fedeli: riattivato l’Osservatorio per il Diritto allo studio

(Mercoledì, 25 ottobre 2017) La Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli ha firmato oggi il decreto che ricostituisce l’Osservatorio nazionale per il Diritto allo studio universitario.
“Oggi facciamo ripartire uno spazio importante di analisi, monitoraggio e proposta sul Diritto allo studio universitario”, sottolinea Fedeli. “Garantire il Diritto allo studio vuol dire garantire mobilità sociale e applicare materialmente l’articolo 3 della Costituzione – prosegue la Ministra -. Ringrazio i componenti dell’Osservatorio per il lavoro che faranno, a partire dalla Dott.ssa Federica Laudisa, il Prof. Luciano Modica e il Dott. Crescenzo Antonio Marino, che ho nominato in qualità di esperti. A breve sarà convocata la prima riunione: l’Osservatorio dovrà essere operativo rapidamente”.
“Abbiamo bisogno – chiude la Ministra – di uno spazio di confronto come questo per far crescere il sistema del Diritto allo studio e renderlo strumento efficace e utile al Paese. Non possiamo permetterci di tenere fuori dal sapere le intelligenze, le capacità, i talenti di tante ragazze e tanti ragazzi solo perché vengono da contesti socio-economici difficili. Anche per questo stiamo lavorando per l’inserimento in legge di Bilancio di risorse aggiuntive su questo capitolo”.

L’Osservatorio ricostituito oggi, i cui membri resteranno in carica per tre anni, avrà il compito di: presentare proposte per migliorare le prestazioni in materia di diritto allo studio; produrre, entro il mese di marzo di ogni anno, una relazione sull’attuazione del diritto allo studio a livello nazionale; realizzare analisi, confronti e ricerche su criteri e metodologie, con particolare riferimento alla valutazione dei costi di mantenimento agli studi, nonché dei risultati ottenuti; creare un sistema informativo per l’attuazione del diritto allo studio.

La ricostituzione dell’Osservatorio rientra fra le azioni messe in campo dal Governo e dal Ministero per il rilancio del diritto allo studio che comprendono: l’incremento delle risorse destinate a sostenere chi vuole proseguire negli studi universitari, la stabilizzazione a 217 milioni annui del Fondo per il diritto allo studio; nuove modalità di distribuzione a livello territoriale delle risorse basate non sulla spesa storica, ma sul fabbisogno reale; un’attenzione specifica alle aree del terremoto; una campagna informativa, avviata questa estate, per far conoscere alle studentesse e agli studenti tutte le opportunità e gli strumenti per il diritto allo studio, comprese le novità previste dalla cosiddetta no tax area che permette a chi ha un ISEE fino a 13.000 euro di iscriversi gratuitamente all’Università.

Sono componenti dell’Osservatorio:

Per il MIUR:

– la dott.ssa Maria Letizia Melina, Direttore Generale per lo studente, lo sviluppo e l’internazionalizzazione della formazione superiore (DGSINFS), che coordinerà i lavori;
– la dott.ssa Luisa Antonella De Paola, Dirigente responsabile Ufficio II – Studenti e interventi per il diritto allo Studio – DGSINFS.

Per il Ministero dell’Economia e delle Finanze:

– la dott.ssa Valentina Gemignani, Direttore Generale dell’Ufficio di Gabinetto del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Per la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI):

– il prof. Luigi Dei, Rettore dell’Università di Firenze.

Per il Convegno permanente Direttori e Dirigenti delle Università italiane (CODAU):

– Il dott. Francesco De Domenico, Direttore Generale dell’Università degli Studi di Messina.

Per il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari (CNSU):

– la sig.na Anna Azzalin, Presidente CNSU.

Per la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome:

– la dott.ssa Donatella Cefaloni, Regione Friuli-Venezia Giulia;
– la dott.ssa Patrizia Berti, Regione Emilia-Romagna;
– il prof. Giancarlo Ragozini, Regione Campania.

Per la Conferenza dei Collegi Universitari di merito (CCUM):

– il dott. Maurizio Carvelli, Vice Presidente CCUM;
– il dott. Fabio Monti, Segretario generale CCUM.

Esperti del settore:

– la dott.ssa Federica Laudisa, Funzionario della Regione Piemonte presso l’Osservatorio regionale per l’università e per il diritto allo studio universitario;
– il dott. Crescenzo Antonio Marino, Direttore Generale Politecnico di Bari;
– il prof. Luciano Modica, Professore ordinario di analisi matematica in quiescenza.

Tutti i banchi sono uguali

“Tutti i banchi sono uguali”

“L’autonomia sindacale per la libertà e la qualità della scuola, dell’università, della ricerca e dell’Afam”. E’ il messaggio dell’undicesimo congresso provinciale del sindacato Snals Confsal di Taranto, che si svolgerà mercoledì 25 ottobre, a far tempo dalle ore 9.30, nel salone di rappresentanza della Provincia di Taranto (in via Anfiteatro 4, Taranto).

“Saranno discusse – dichiara la prof.ssa Elvira Serafini, segretario generale nazionale e provinciale Snals Confsal – le tematiche relative all’istruzione, all’università, alla ricerca e al mondo dei conservatori e delle accademie, rappresentato dall’Afam. Si procederà, inoltre, alle elezioni degli organi statutari provinciali”. Un momento di confronto importante per il sindacato Snals Confsal che, se da una parte procede al rinnovo delle figure di rappresentanza sindacali a livello provinciale, dall’altra pone l’accento sui temi e sui problemi di tutto il sistema istruzione e formazione, rappresentato non solo dal mondo scolastico, ma anche dai settori universitari, della ricerca, della formazione musicale e delle accademie. In questo contesto, lo Snals Confsal si impegna a rappresentare tutti questi comparti e ne diventa la voce. “Tutti i banchi sono uguali – spiega il segretario generale nazionale e provinciale prof.ssa Elvira Serafini per lo Snals Confsal -; l’obiettivo è riprendersi il sistema istruzione, per ristabilirne la funzione costituzionale, che è quella di rimuovere gli ostacoli all’eguaglianza sostanziale e al pieno sviluppo della persona umana”.

Il programma prevede: ore 9, registrazione; ore 9.30, inizio lavori, che saranno coordinati dal prof. Carmine Carlucci, presidente del Comitato Qualità della Vita; a seguire, i saluti delle autorità, con gli interventi di: dott.ssa Anna Cammalleri, direttore Ufficio scolastico regionale Puglia; prof. Gregorio Andria, presidente del Centro interdipartimentale Magna Grecia – Università di Bari “Aldo Moro”; maestro Gabriele Maggi, direttore dell’Istituto Paisiello di Taranto; dott. Nicola Cardellicchio, direttore C.n.r. di Taranto; prof.ssa Elvira Serafini, segretario generale e provinciale Snals Confsal. Sarà data lettura della relazione amministrativa, seguiranno il dibattito e la mozione finale.

Le votazioni si svolgeranno nella giornata di mercoledì 25 ottobre, dalle 12 alle 13 nel salone della Provincia e dalle 16.30 alle 20 nella sede provinciale Snals, in corso Italia 63/G, Taranto; il 26 ottobre, giovedì, dalle ore 10 alle ore 13, nella sede provinciale Snals, in corso Italia 63/G, Taranto.

prof.ssa Elvira Serafini
segretario generale e provinciale Snals Confsal 


scuola, università, conservatori, accademie: lo Snals Confsal si rinnova

a Taranto l’undicesimo congresso provinciale

con il segretario nazionale Elvira Serafini

“tutti i banchi sono uguali, formiamo l’uomo del domani”

“L’autonomia sindacale per la libertà e la qualità della scuola, dell’università, della ricerca e dell’Afam” è stato il tema dell’undicesimo congresso provinciale del sindacato Snals Confsal di Taranto, che si è svolto il 25 ottobre, nel salone di rappresentanza della Provincia di Taranto, in contemporanea con i congressi provinciali Snals di tutta Italia. Alle elezioni degli organi statutari provinciali, è stato affiancato un momento di confronto importante per lo stesso sindacato. Lo Snals Confsal pone l’accento sui temi e sui problemi di tutto il sistema istruzione e formazione, rappresentato non solo dal mondo scolastico, ma anche dai settori universitari, della ricerca, della formazione musicale e delle accademie. In questo contesto, lo Snals Confsal si impegna a rappresentare tutti questi comparti e ne diventa la voce.

E’ un momento storico, perché celebriamo il congresso dopo 10 anni – ha dichiarato il segretario generale nazionale e provinciale, prof.ssa Elvira Serafini, per lo Snals Confsal -. Il 23 novembre celebreremo il congresso regionale, il 12, 13 e 14 dicembre quello nazionale. Cambia la struttura del sindacato, che si rinnova. Deve esserci un adeguamento ai tempi, ad una nuova scuola, alle novità del mondo dell’università, della ricerca e dell’Afam. Tutti i banchi sono uguali; l’obiettivo è riprendersi il sistema istruzione, per ristabilirne la funzione costituzionale, che è quella di rimuovere gli ostacoli all’eguaglianza sostanziale e al pieno sviluppo della persona umana. Combatteremo sui tavoli giusti per un contratto che sia il più adeguato possibile. Siamo sconcertati per ciò che viene proposto, ci impegneremo perché la categoria è in sofferenza. Bene il contratto dei dirigenti scolastici, ma non possiamo accettare questo dislivello tra i dirigenti e il resto del mondo della scuola, che lavora insieme ai dirigenti. Lo Snals metterà tutte le sue energie in campo, ma, se la situazione resterà così, non firmeremo il contratto. Ci sarà una decisione condivisa, ma non accettiamo questa sofferenza economica e la mancanza di attenzione per il motore portante della società attuale. Senza scuola, ricerca, musica, università, dove andiamo? Creiamo uomini con le stampelle, senza cultura, con effetti negativi sul sociale e sul mondo politico ed economico. Formiamo l’uomo del domani, in una scuola che vogliamo rinnovare, in cui la professionalità deve essere valorizzata; non è solo un problema economico, ma la necessità di attenzione per il lavoro che si svolge nella scuola“.

I lavori sono stati coordinati dal prof. Carmine Carlucci, presidente del Comitato Qualità della Vita; a seguire, i saluti delle autorità, dei referenti del mondo sindacale e gli interventi dei relatori: dott.ssa Anna Cammalleri, direttore Ufficio scolastico regionale Puglia; prof. Luigi de Filippis, Centro interdipartimentale Magna Grecia-Politecnico di Bari; dott. Nicola Cardellicchio, direttore C.n.r. di Taranto; prof.ssa Elvira Serafini, segretario generale e provinciale Snals Confsal.

Elvira Serafini ha commentato anche la situazione locale, parlando della sua città, Taranto: “Il nostro sguardo è nazionale, ma la scuola tarantina è sempre al centro della nostra attenzione. Ringraziamo il sindaco Melucci, che ha posto un’attenzione particolare alle scuole del rione Tamburi – ha dichiarato commentando l’ordinanza sui “wind days” del primo cittadino -, ma invitiamo tutte le istituzioni ad una maggiore attenzione alle problematiche che coinvolgono la scuola tarantina. Invito tutte le istituzioni a partecipare ad un miglioramento”.

Cambiare la scuola si può!

Sottoscrivi i 5 punti fondamentali del Documento

“Cambiare la scuola si può!”

 

Il Documento programmatico “Cambiare la scuola si può!” non si informa a “teorie” pedagogiche, ma a consolidate pratiche ed esperienze educative, non solo “scolastiche”.

Esso rispecchia una visione organica di quelli che sono stati individuati come finalità, modalità di partecipazione, contenuti, aspetti metodologici e didattici, strutturazione, articolazione e gestione della vita scolastica, affinché prevalga la dimensione educativa sopra ogni cosa.

Tale unitarietà può essere sintetizzata in 5 assunti/finalità che fungono da colonne portanti dell’intera proposta e che ti chiediamo ora di condividere e sottoscrivere:

 

Le scuole ‘in bolletta’ si aiutano con i punti fedeltà

da La Stampa

Le scuole ‘in bolletta’ si aiutano con i punti fedeltà

Si moltiplicano le iniziative con cui le grandi catene di distribuzione offrono ‘premi’ alle scuole in cambio di acquisti da parte delle famiglie. Raccogliendo i punti, gli istituti possono avere gratuitamente attrezzature informatiche e materiale didattico. In mancanza d’altro, la risposta dei presidi è più che calorosa. Prestando il fianco a grandi operazioni di marketing.
di skuola.net

Se una volta con i bollini della spesa si riempiva la propria casa con l’ennesimo servizio di piatti, oggi si rende migliore la scuola dei figli. Tutta colpa della carenza di fondi e del modo in cui negli ultimi anni sono stati trascurati i nostri istituti. Tali da rendere normale, almeno nell’immaginario collettivo, mandare i propri figli a scuola con un pacco di carta igienica e una risma di carta per le fotocopie. Così sempre più aziende della grande distribuzione, nei primi mesi dell’anno scolastico, propongono iniziative a metà strada tra il marketing e l’utilità sociale: aiutare le scuole ‘donando’ attrezzature informatiche e materiale didattico (lavagne interattive, tablet, computer, cancelleria, attrezzi sportivi, ecc.). Ma non è proprio un’operazione di filantropia a titolo gratuito. In ballo non c’è solo un po’ di pubblicità in più. Tutto questo ha un prezzo. Specialmente per le famiglie. Skuola.net ha cercato di osservare come funzionano i progetti più diffusi.

Come funzionano le raccolte punti ‘didattiche’
Il sistema funziona grosso modo così: i clienti spendono e ricevono in cambio dei buoni da consegnare alle scuole; queste si registrano al programma fedeltà e una volta raggiunto un numero sufficiente di ‘bollini’, richiedono – come nella più classica delle raccolte punti – i ‘premi’ desiderati tra quelli in catalogo; le aziende, infine, consegnano il materiale. Una triangolazione che mette al centro l’istruzione ma che, in realtà, sembra anche essere utile a migliorare le vendite. E che, al tempo stesso, certifica lo ‘stato di necessità’ che sta attraversando il nostro sistema scolastico.

I principali programmi fedeltà dedicati alle scuole
L’elenco è abbastanza corposo, anche solo limitandoci alle iniziative previste per l’anno scolastico in corso (perché, per molti di questi soggetti, non si tratta di novità). C’è, ad esempio, Esselunga che con l’iniziativa ‘Amici di scuola’ consegna nelle mani dei clienti un voucher ogni 25 euro di spesa che, unito a molti altri, verrà convertito in attrezzature informatiche o didattiche. Invece il gruppo Simply/Auchan ha allestito una ‘raccolta codici’ chiamata ‘Scuola facendo’: sui tagliandi distribuiti alle casse (uno ogni 15 euro di spesa) c’è infatti un codice a barre che gli istituti possono caricare su un portale dedicato e accedere al catalogo dei premi (dal kit per il disegno agli strumenti musicali, passando per le visite guidate). Simile il progetto ‘Insieme per la scuola’ di Conad, in partenza nella primavera 2018: 1 bollino ogni 15 euro, con un codice da registrare su un’App, con cui monitorare i punti raccolti.

Dai generi alimentari alla benzina: tutto fa brodo
Anche le compagnie petrolifere, però, si sono volute gettare nella mischia. È il caso di TotalErg che, fino al prossimo aprile, con ‘In viaggio per la scuola’ converte il rifornimento di carburante in buoni da consegnare agli istituti. E poi ci sono tutte quelle iniziative a livello regionale o provinciale, messe in piedi da imprese medio-grandi, che danno la possibilità di donare alle classi beni e servizi: giornate di laboratorio, gite d’istruzione, dispositivi tecnologici, libri, set per il disegno. Nei vari cataloghi si trova un po’ di tutto.

I siti web delle scuole diventano volantini pubblicitari
Ma, quest’anno, c’è un elemento di novità: le scuole stanno prestando il fianco alle imprese in maniera sempre più calorosa. Le risorse ridotte al lumicino, fattore ormai endemico al sistema didattico del nostro Paese, si traducono in una sorta di marketing involontario. Pur di rendere innovative le aule, di ammodernare gli spazi comuni e di restituire ai ragazzi ambienti dotati di tutte le attrezzature necessarie, gli istituti finiscono per promuovere queste iniziative anche più del dovuto. Così, sui siti di molti scuole (elementari, medie o superiori non fa differenza), hanno fatto la propria comparsa degli annunci che invitano docenti, famiglie e dipendenti a rispondere all’appello. Trasformando le bacheche degli avvisi in volantini pubblicitari virtuali. Verificarlo è semplice: basta andare su Internet e cercare il nome dell’iniziativa più la dicitura ‘gov.it’ (i siti delle scuole sono, infatti, sotto il dominio del governo italiano). La ricerca produrrà le pagine web in cui viene menzionata l’iniziativa. E non sono poche.

Unendo le forze si fa il gioco del marketing
Con frasi del tipo “Vista la carenza di dispositivi tecnologici nella scuola, si confida nella partecipazione” oppure “La tipologia ed il numero delle attrezzature e del materiale che è possibile ricevere sono direttamente proporzionali al numero dei buoni raccolti” o, ancora, “Ringraziamo chi vorrà aiutarci e ricordiamo che in ogni scuola dell’Istituto c’è un punto raccolta”, i presidi cercano di sensibilizzare tutti alla collaborazione. E, nel frattempo, le aziende vedono incrementare la clientela. Quale genitore non desidera che il figlio studi in condizioni ottimali. Uno scambio alla pari? Non proprio. Come nella migliore tradizione delle carte fedeltà per avere i premi migliori bisogna comunque spendere. Non sarebbe, forse, meglio organizzare una colletta di classe?

Le scuole cattoliche in Italia sono oltre 8.300

da Il Sole 24 Ore

Le scuole cattoliche in Italia sono oltre 8.300 

Sono oltre 8.300 le scuole cattoliche nel nostro Paese, due terzi di tutte le paritarie, con 54 mila insegnanti e 611mila alunni di cui 31 mila con cittadinanza non italiana e 7 mila disabili. Sono alcuni dei dati che emergono dal XIX Rapporto sulla scuola cattolica in Italia presentato ieri alla Camera.

E’ record al Nord di presenza di scuole cattoliche (8.322), con le regioni settentrionali che ne
raccolgono oltre il 57,9% (4.821), mentre il 16% (1.328) sono al Centro e il 26,1% (2.173) sono al Sud e nelle isole. Sono alcuni dei dati che emergono dal dossier (sono esclusi i dati di Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige che raccolgono dati in modalità diversa).

La Lombardia è la regione che presenza in assoluto il numero maggiore di istituti cattolici (sono 1963), seguita dal Veneto (1.232) e dal Lazio (719). A seguire l’Emilia Romagna (640), la Campania (615), il Piemonte (563), la Sicilia (485), la Toscana (436). Numero ridotto, invece per Molise (26), Basilicata (40), Umbria (78) e Marche (95).

Quanto a presenza degli studenti, le ragazze sono poco meno della metà (48,4%) con un’ampiezza non eccessiva e un rapportodi alunni per scuola pari a 73,5 ragazzi per istituto, dato che diminuisce nell’infanzia e che raddoppia alle elementari. Nelle classi sono presenti in media 20,9 alunni. Sono tante le scuole che rimangono aperte anche il pomeriggio, sia
per attività didattiche (oltre il 70%, di cui il 42% tutti i giorni), sia per iniziative extrascolastiche (82%, con il 54 per 5 giorni a settimana).

Contratto, la partita dei fondi

da ItaliaOggi

Contratto, la partita dei fondi

Firmata la direttiva, nessuna risorsa dalla Buona scuola. Sindacati decisi a provarci

Alessandra Ricciardi

Firmato l’atto di indirizzo dalla ministra della funzione pubblica Marianna Madia (si veda ItaliaOggi di giovedì scorso), è ufficialmente partita la stagione del rinnovo del contratto di scuola, università e ricerca. Dopo 9 anni di blocco degli stipendi, e la legificazione del rapporto di lavoro impressa dalla riforma Brunetta, governo e sindacati sono pronti a voltare pagina. Ma con quale ampiezza è tutto da vedere. Perché i sindacati proveranno a spostare in avanti l’asticella che è stata fissata dal governo. A partire dal fronte economico. Le risorse messe a disposizione, e a cui vanno aggiunte quelle previste dalla legge di bilancio, consentiranno aumenti mensili da 85 euro a testa ai tre settori, analogamente agli statali. Un aumento lordo, che andrà poi tassato. E che però potrà convivere con il bonus degli 80 euro, per i redditi che ne beneficiavano dalla manovra Renzi, attraverso un meccanismo di slittamento in avanti delle fasce reddituali interessate al bonus. I 24 mila euro lordi annui arrivano a 24.500, fino ai 26.500 che segnano la sparizione degli 80 euro. Per la scuola, comunque troppo poco. Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola e Snals-Confsal vogliono provare a portare al tavolo contrattuale anche i fondi della Buona scuola per il merito e la formazione, circa 600 milioni di euro. A cui l’atto di indirizzo non fa nessun riferimento per precisa scelta politica della ministra dell’istruzione Valeria Fedeli, circostanza che i sindacati vogliono invece utilizzare a loro favore in nome del principio che quello che non è espressamente escluso, nel mandato assegnato dal governo all’Aran, può essere oggetto di trattativa.

La questione delle maggiori risorse per la scuola è stata posta alla base di una mobilitazione nazionale che i sindacati mettono in campo anche in pressing sul parlamento. In queste ore il Pd è già al lavoro per alcuni emendamenti di maggioranza alla legge di bilancio, tra questi c’è appunto il tentativo di far entrare un fondo aggiuntivo per il settore. Così da mantenere la promessa di una valorizzazione dei docenti che hanno gli stipendi più bassi di Europa, soprattutto a metà e fine carriera. «Valorizzare ogni attività» svolta dagli insegnanti, questo recita la direttiva all’Aran, declinando chiaramente «l’impegno che il personale profonde nella progettazione individuale e collegiale delle attività didattiche, nella valutazione degli alunni, nell’attività di ricerca, nei rapporti con le istituzioni e il territorio».

L’atto di indirizzo indica le priorità e le linee guida del contratto unico per quasi 1,2 milioni di lavoratori dividendolo per sezioni. Obiettivi comuni, valorizzare le professionalità le competenze dei singoli, prevedere misure di garanzia del sevizio in caso di assenza dal servizio del personale, ricercare nuovi strumenti di lavoro «compatibili con la normativa sul lavoro agile inteso come elemento di sviluppo organizzativo che tenda anche conto delle peculiari esigenze del lavoratore». I trasferimenti, novità della sola scuola, dovranno essere disciplinati dalla contrattazione integrativa con cadenza triennale e non più biennale. Dovrà poi essere premiata l’esperienza degli assistenti amministrativi, che hanno svolto funzioni direttoriali per almeno tre anni negli ultimi otto, e valorizzare le professionalità acquisite dal personale Ata di ruolo. Infine, occorrerà valorizzare «il ruolo della contrattazione di istituto nella definizione dei criteri per l’impiego delle risorse del fondo per il miglioramento dell’offerta formativa, fermo restando l’adeguato finanziamento delle attività di recupero».

Nessun riferimento all’equiparazione dei diritti dei docenti precari ai colleghi di ruolo, che invece compariva nella bozza di atto di indirizzo e su cui c’è un’ampia giurisprudenza della Corte Ue.

Formazione obbligatoria dei prof, il governo se ne dimentica

da ItaliaOggi

Formazione obbligatoria dei prof, il governo se ne dimentica

Il rischio è di innescare l’ennesimo contenzioso seriale

Marco Nobilio

Il governo dimentica la formazione. Nell’atto di indirizzo all’Aran, che darà il via ai negoziati per il rinnovo del contratto di lavoro della scuola, firmato il 19 ottobre scorso dalla ministra della funzione pubblica, Maria Anna Madia, non vi è alcun riferimento alla formazione obbligatoria dei docenti. Salvo un mero accenno alla necessità di «porre ulteriore attenzione alla formazione del personale docente, educativo e Ata come possibile strumento di ricollocazione e valorizzazione».

L’omissione rischia di lasciare senza regole una parte dei nuovi obblighi dei docenti, introdotti dalla legge 105/2015, in ciò ponendo le basi per l’ennesimo contenzioso seriale. Il comma 124, dell’articolo 1 della legge, infatti, dispone che: «Nell’ambito degli adempimenti connessi alla funzione docente, la formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale». Prima dell’entrata in vigore della legge, invece, la formazione era qualificata come diritto (si veda l’articolo 64, comma 1 del vigente contratto di lavoro).

Ciò vuol dire che adesso la formazione costituisce un vero e proprio obbligo che rientra a pieno titolo nella prestazione.

Pertanto, una lettura costituzionalmente orientata del comma 124, dell’articolo 1, della legge 107/2015 non può prescindere dal fatto che, se aumenta la quantità della prestazione a carico del docente, ciò determina, di per sé, un incremento proporzionale della controprestazione. In altre parole, se il docente lavora di più ha diritto a una retribuzione proporzionalmente più elevata. E ciò discende direttamente dall’articolo 36 della Costituzione, il quale prevede che: «Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro». A ciò va aggiunta un’altra considerazione.

L’insieme dei diritti e degli obblighi che vincolano reciprocamente i lavoratori e i datori di lavoro costituisce il cosiddetto rapporto di lavoro. E secondo l’orientamento delle Sezioni unite della Corte di cassazione: «I rapporti di lavoro pubblico contrattualizzato sono regolati esclusivamente dai contratti collettivi e dalle leggi sul rapporto di lavoro privato (n. 21744 del 14 ottobre 2009)». Dunque, la sede tipica per regolare l’obbligo della formazione per i docenti e il diritto del ministero dell’istruzione di pretenderne l’assolvimento è la contrattazione collettiva. Ed è da escludere che i relativi oneri a carico dei docenti possano lasciare indenne l’amministrazione dall’obbligo di retribuirli. Da una parte perché ciò potrebbe determinare l’incostituzionalità del comma 124 dell’articolo 1, della legge 105/2015. E dall’altra parte perché, anche se i docenti interessati assumessero un comportamento acquiescente, l’accordo tacito sulla rinunzia alla retribuzione risulterebbe invalido ai sensi dell’articolo 2113 del codice civile.

Resta il fatto però, che il governo ha omesso di impartire all’Aran alcuna direttiva sull’argomento. L’assolvimento dell’obbligo di formazione, peraltro, in assenza di una qualificazione tipica all’interno del contratto, non potrebbe che rientrare tra le attività funzionali all’insegnamento.

Ma l’atto di indirizzo non fa alcuna menzione di questa possibilità. Le direttive del governo all’Aran, infatti, si limitano a prescrivere la definizione dell’attività funzionali all’insegnamento. Il tutto con particolare riferimento agli oneri sostenuti dai docenti nella progettazione individuale e collegiale delle attività didattiche, nella valutazione degli alunni, nella ricerca e nei rapporti con le famiglie, le istituzioni e il territorio.

Sulla qualificazione delle attività di formazione alla stregua di attività funzionale all’insegnamento, peraltro, esiste già un precedente giurisprudenziale. Il Tribunale di Verona, infatti, con una sentenza emessa il 20 gennaio 2011 (n.46) ha condannato l’amministrazione a retribuire alcuni docenti che avevano prestato attività di formazione obbligatoria in materia di sicurezza, qualificando le relative ore come attività aggiuntive funzionali all’insegnamento e in ciò applicando i relativi parametri contrattuali.

Pertanto, se alle parti sarà preclusa la possibilità di regolare contrattualmente i nuovi obblighi relativi alla formazione introdotti dalla legge 105/2015, il rischio che si corre è che la norma possa soccombere sotto il maglio della Corte costituzionale in sede di contenzioso.

L’obbligo della formazione, infatti, discende da una norma di legge (il comma 124. Dell’articolo 1 della legge (105/2015). Quindi, se la prestazione di formazione sarà erogata in assenza di retribuzione sulla base dell’assenza di previsioni in tal senso nel contratto di lavoro, delle due l’una: o la norma sulla formazione obbligatoria è incostituzionale oppure lo svolgimento della formazione dovrà rientrare necessariamente nel monte ore delle attività funzionali all’insegnamento di natura collegiale (riunioni del collegio dei docenti). E una volta sforato il limite delle 40 ore retribuito a parte con possibile insorgenza di danno erariale.

Manovra, in bilico Its e Infanzia

da ItaliaOggi

Manovra, in bilico Its e Infanzia

Attesa per il testo finale della legge di Bilancio. Confermati gli aumenti ai presidi

Alessandra Ricciardi e Nicola Mondelli

Rischiano di essere i grandi assenti. Gli Its potrebbero saltare un giro, in legge di Bilancio. Le indiscrezioni della vigilia dell’approvazione al consiglio dei ministri parlavano di 14 milioni di euro in più per gli istituti tecnici superiori a valere sul bilancio del Mise, il ministero dello sviluppo economico. Obiettivo: raddoppiare il numero degli studenti che fanno i corsi post diploma, un biennio di alta specializzazione nelle professioni tecniche e tecnologiche. Istituti nati sul modello del sistema tedesco e che hanno consegnato risultati di eccellenza con l’81% di assunti a un anno dal diploma. Una realtà su cui ha investito il governo Renzi e su cui il governo Gentiloni si era impegnato a fare qualcosa in più. E invece i 14 milioni non sono entrati tra le priorità della manovra. A dispetto degli impegni connessi con il progetto sull’industria 4.0 e anticipati nel 2016 dal ministro dello sviluppo economico, Carlo Calenda: «L’obiettivo per gli Its è il raddoppio degli studenti…, è il minimo sindacale».

Prevista dal comma 111 della legge 107/2015 e successivamente abolita dall’art. 21, comma 1, lett.b) del decreto legislativo 59/2017, la tassa di 10 euro, a titolo di diritti di segreteria, da versare per partecipare ai concorsi per titoli ed esami banditi per il reclutamento del personale docente, inclusi gli insegnanti tecnico-pratici della scuola secondaria di primo e secondo grado, sarà reintrodotta nella legge di Bilancio 2018, se lo vorranno Camera e Senato. Potrebbe essere questa, limitatamente al comparto scuola, l’unica sorpresa contenuta nel testo definitivo del disegno di legge di Bilancio predisposto dal Governo. Le altre misure di cui ancora si parla sono quelle anticipate da ItaliaOggi di martedì scorso,

Sempre con riferimento al settore istruzione, le proposte prevedono l’armonizzazione delle retribuzioni di posizione parte fissa dei dirigenti scolastici a quella degli altri dirigenti pubblici, aumenti di circa 400 euro mensili, e la statizzazione delle accademie delle belle arti e degli istituti musicali pareggiati e l’istituzione dei policlinici delle arti.

Per il personale amministrativo, tecnico ed ausiliario si viene incontro, seppur parzialmente, alle richieste avanzate dalle organizzazioni sindacali per quanto riguarda il personale amministrativo, tecnico e ausiliario. Il ministero dell’istruzione verrebbe infatti autorizzato a coprire, nell’anno scolastico 2018/2019, posti vacanti e disponibili nell’organico di diritto del personale Ata oltre le ordinarie facoltà di assunzione collegata al turnover, nella misura di 2.500 posti di collaboratore scolastico e 500 di assistenti amministrativi e, a decorrere dall’anno scolastico 2019/2020, tutti i posti vacanti e disponibili. Ma la misura sarebbe stata contestata dal Mef.

Un’altra proposta è quella di bandire entro il 2018 un concorso pubblico per l’assunzione di direttori dei servizi generali e amministrativi (Dsga) al quale potrebbero partecipare gli assistenti amministrativi con tre anni di servizio prestato nella funzione direttoriale anche se privi del diploma di laurea richiesto dalla normativa vigente. L’articolo del disegno di legge che contiene la proposta non specifica se anche la partecipazione a questo concorso richiederà il versamento della tassa di dieci euro per i diritti di segreteria.

Novità anche per l’organico di potenziamento: potrebbe tornare direttamente nella legge di Bilancio del governo anche la proposta di prevedere un contingente di personale di potenziamento per la scuola dell’infanzia. In caso contrario è già pronto l’emendamento in parlamento per 2 mila unità.

Ptof, retromarcia del ministero

da ItaliaOggi

Ptof, retromarcia del ministero

In arrivo una nuova circolare dopo le proteste dei sindacati contro le prime indicazioni

Emanuela Micucci

Una nota ufficiale del Miur chiarirà gli aspetti più controversi del testo della circolare ministeriale sugli «Orientamenti concernenti il Piano dell’offerta formativa», emanata lo scorso 6 ottobre. Questo l’impegno assunto dal ministero dell’istruzione, la scorsa settimana, di fronte a i quattro sindacati più rappresentativi della scuola, Fcl-Cgil, Cisl scuola, Snals-Confsal e Uil Scuola, che nei giorni precedenti avevano chiesto unitariamente un incontro urgente con l’amministrazione proprio sui punti critici della nota n. 1830 (si veda ItaliaOggi del 10 ottobre scorso). L’intenzione, ha spiegato il direttore generale del Miur Rosa De Pasquale, è evitare ogni effetto di fraintendimento. Non è intenzione del Miur, ha precisato, prevaricare l’autonomia delle scuole, né imporre una linea organizzativa, né standardizzare gli esiti della progettazione formativa.

In particolare, «la triennalità del Ptof non è messa in discussione». Il contenuto della nota è «solo ricognitivo dell’esistente». Le organizzazioni sindacali, invece, avevano interpretato la nota come un’ingerenza del Miur sull’autonomia delle scuole. Sottolineando che, mentre la legge 107 si limita a indicare una possibile revisione annuale del Ptof triennale entro la fine di ottobre, la nota introduce nuove materie, comportando distorsioni nel sistema progettato dalle scuole per arrivare agli obiettivi del Piano di miglioramento. «Se il triennio è il parametro temporale posto a misura per valutare i risultati delle azioni formative connesse con le risorse finanziarie e di organico stabilite (anch’esse triennali)», osserva la Fcl-Cgil, «non si comprendono queste continue incursioni tematiche dell’amministrazione, che disorientano il lavoro avviato e incidono sui processi in atto e, quindi, sui risultati degli interventi che le scuole hanno ritenuto adeguati». Tanto più che non si tratta di misure urgenti, che giustifichino integrazioni importanti nel lavoro progettuale delle scuole.

Il Miur ha rassicurato le sigle sindacali, annunciando che sarà aggiornata la nota di inizio anno, fornendo gli spunti di una riflessione in prospettiva, per temi che non hanno ricaduta nell’immediato ma si collocano in un processo a venire. Dai sindacati anche la richiesta di chiarimenti sulla lettura comparata dei Ptof, indicata in chiusura della nota.

La prossima circolare ministeriale dovrebbe così spiegare se il Miur ricorrerà a un format o a un modello pre-strutturato, quasi a superare l’idea che si tratti di un documento fortemente identitario e come tale rispondente all’autonomia organizzativa di ogni singola scuola.

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