UN CONTRATTO DELINQUENZIALE!

UN CONTRATTO DELINQUENZIALE!

Lo potevamo pure immaginare che l’invito rivolto a ANP, CGIL, CISL, UIL e SNALS, di
concordare comuni azioni di lotta per un obiettivo di giustizia, sarebbe stato
disatteso, ma buona educazione avrebbe comunque imposto una risposta esplicita a
un sindacato parimenti rappresentativo nella nuova area dirigenziale Istruzione,
Università e Ricerca.
Comprendiamo però il loro imbarazzo nel – mancato – confronto sulla bozza del
disegno di legge di stabilità per il 2018; che, anticipata dalla stampa, andrà in
Consiglio dei ministri. Perché spazza ogni dubbio su una truffa diabolica, i cui artifizi
o raggiri sono peraltro sfacciatamente esposti alla luce del sole.
C’è scritto che nello stato di previsione del MIUR è istituito un fondo con la
dotazione di 37 milioni di euro per l’anno 2018, 42 milioni per l’anno 2019 e 96
milioni a decorrere dal 2020, da destinare alla contrattazione collettiva nazionale al
fine di armonizzare dalla mensilità di settembre 2018 la retribuzione di posizione
dei dirigenti scolastici, per la parte fissa, a quella prevista per le rimanenti figure
dirigenziali del comparto Istruzione e Ricerca.
Poiché non vi si può attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato
proprio delle parole secondo la connessione di esse, vanno in cavalleria trentadue
mesi sui trentasei della tornata contrattuale 1 gennaio 2016-31 dicembre 2018,
con l’aggiunta dei cinque pure coperti dalla sentenza della Corte costituzionale n.
178/15, che dal 29 luglio 2015 ha dichiarato l’illegittimità sopravvenuta di una lunga
moratoria contrattuale e imposto la riapertura dei tavoli negoziali per una
contrattazione utile, per potersi esprimere nella sua pienezza …anche sulla parte
qualificante dei profili economici…per dare piena attuazione al principio della
proporzionalità delle retribuzioni, criterio non più oscurabile, ponendosi per un verso
come strumento di garanzia per la parità di trattamento e, per altro verso, come
fattore propulsivo della produttività e del merito.
Con una tipica operazione da magliari sono così cancellati tutto il 2016, tutto il 2017
e otto mesi del 2018.
I dirigenti scolastici in servizio il primo gennaio 2016 e in quiescenza dal primo
settembre 2108 non vedranno il becco d’un quattrino e nessun beneficio sul
trattamento pensionistico e sulla buonuscita; mentre i colleghi rimasti in trincea
saranno omaggiati di una regalia e slitteranno d’emblée nel successivo triennio
2019-2021, ad inseguire un’equiparazione retributiva che, ragionevolmente,
potrebbe completarsi a metà secolo e, beninteso solo per la posizione parte fissa:
nulla per la parte variabile, nulla per la remunerazione di risultato, nulla per
sanare l’assurda sperequazione interna di ben quattro distinti regimi retributivi
per coloro che svolgono la medesima funzione!
Insomma, benché formalmente smantellata la riserva indiana dell’Area V, resteremo
dei pezzenti ospitati allo stesso tavolo dei colleghi dell’Università e della Ricerca, ma
per raccattarne gli avanzi.
L’onda mediatica degli aumenti spropositati per i presidi e dell’allargamento della
forbice con lo stipendio degli insegnanti, che devono accontentarsi di soli 85 euro
lordi mensili, ha dunque inghiottito l’emergenza salariale della dirigenza scolastica, a
denunciare la quale si era stracciato le vesti Il cartello di comparto costituito da
CGIL, CISL, UIL e SNALS, pronto ora a rimarcare che ogni sforzo in termini di
finanziamenti aggiuntivi dovrà garantire equità e il superamento del gap retributivo
che riguarda tutto il personale della scuola, cioè il socio di maggioranza.
E ha travolto anche l’ANP, che si accontenterebbe di un’anticipazione dei termini di
scaglionamento per poi provare a spuntare almeno una prima quota del
differenziale variabile, in un cammino che sarà ancora lungo.
Così, dopo i finti litigi, la Pentiade si ricompone.
Inerte o complice del massacro perpetrato nei tre precedenti contratti, che hanno
progressivamente dilatato le distanze retributive con tutta la dirigenza non
aggettivata, si ricompone per sottoscrivere il quarto, con il consueto codicillo
dell’ennesimo rinvio al prossimo giro e a futura memoria.
E’ tuttavia ancora possibile sventare questo disegno criminoso se la categoria
lancerà un segnale forte: il ritiro delle deleghe rilasciate ai sindacati che si
accingono a sferrarle il colpo mortale!
Sempreché il suo autolesionismo di farsi rappresentare dalla sua controparte e da
sigle proprietarie a vita usate per lucrare vantaggi a più ampio spettro non abbia
attinto la cecità totale.

Lasciate che i ragazzini tornino a casa da solo

da la Repubblica

Lasciate che i ragazzini tornino a casa da solo

CHIARA SARACENO

LA PRETESA che i ragazzini delle medie debbano essere consegnati ai genitori o comunque a un adulto da questi delegato e non possano tornare a casa da soli è un insulto al buon senso, prima che un ulteriore vincolo posto all’organizzazione quotidiana delle famiglie, in primis delle madri. Potrebbe sembrare una pretesa da buon tempo antico, se non fosse che una volta i bambini erano lasciati molto più autonomi e più precocemente, nell’andare e tornare da scuola, ma anche nell’andare ai giardini o a trovare i nonni nelle vicinanze, o a comperare il pane o il latte. Ed i più grandicelli potevano, e dovevano, accompagnare i fratelli più piccoli, senza aspettare di essere maggiorenni, come invece succede oggi.

Di antico, in questa pretesa, c’è l’ovvia aspettativa che nelle famiglie ci sia sempre un adulto — per lo più la mamma — che non ha impegni di lavoro, ma anche di cura di altri familiari, che gli impediscano di trovarsi fuori scuola a metà giornata e di accompagnare i figli non ancora quattordicenni dovunque. Il tutto in un contesto in cui le scuole a tempo pieno sono in via di riduzione anche alle elementari e pressoché inesistenti alle medie. Se si dovesse dunque seguire l’interpretazione che dà la Corte di Cassazione alla norma sull’incapacità degli studenti fino ai quattordici anni, non solo i ragazzini con lo zaino in spalla e lo smartphone in mano ma anche i bambini che cominciano i primi anni di studio non potrebbero più andare a prendere il latte da soli. Perché, se malauguratamente succedesse un incidente, scattarebbe una denuncia per abbandono di minore.

A differenza di quanto ha dichiarato la ministra Valeria Fedeli, i ragazzi non potrebbero imparare a diventare autonomi neppure nel pomeriggio. L’eccesso di protezione, la difficoltà ad accettare i rischi dell’autonomia (ovviamente avendo educato alla stessa), unita alla tendenza allo scarico di responsabilità quando qualche cosa va storta, sono fenomeni ahimè tutti contemporanei e molto accentuati nel nostro Paese.

Le città europee sono piene di ragazzini che vanno a scuola da soli, prendono il tram, vanno in palestra senza essere accompagnati. I loro genitori, i loro insegnanti, le loro collettività non sono più irresponsabili della nostra, solo più fiduciosi nella propria capacità di insegnare a diventare responsabili. Forse sono anche meno disponibili allo scaricabarile. Perché, se un genitore pretende che la scuola riconosca l’autonomia dei ragazzi e l’impossibilità dei genitori stessi di essere continuamente presenti quando i figli si muovono, ma poi è pronto a denunciare l’istituto se qualche cosa succede nel tragitto verso casa, è inevitabile che la scuola si protegga. E imponga, appunto, la presenza della madre o del padre, o comunque di un adulto.

La norma che definisce i ragazzi sotto i quattordici anni legalmente incapaci è stata probabilmente pensata dal punto di vista della loro — cioè dei ragazzini — responsabilità penale, non per tenerli costantemente sotto una campana di vetro. Se invece l’interpretazione giusta è quest’ultima, come sembra di capire dalla sentenza della Corte di Cassazione, la norma va cambiata, come da tempo è chiesto dai presidi, ma non solo. E gli adulti dovranno prendersi la responsabilità, ciascuno nel proprio campo e ruolo, di insegnare ai ragazzi ad essere responsabili, a gestire appropriatamente l’autonomia conquistata.

Nidi e mense scolastiche, lievitano i costi e diminuiscono i posti

da la Repubblica

Nidi e mense scolastiche, lievitano i costi e diminuiscono i posti

Secondo il rapporto di Cittadinanzattiva tariffe in aumento a Chieti, Roma e Venezia. In Calabria la capacità di ospitalità di bambini sotto i due anni è solo del 4,1% rispetto alla domanda. Il 20% delle donne che hanno lasciato il lavoro lo ha fatto per l’impossibilità di lasciare i figli

Corrado Zunino

ROMA. A una famiglia italiana la retta per l’asilo nido – la fase di accoglienza, 0-2 anni, che precede la scuola materna – costa 301 euro il mese, in media. Cifra che scende lievemente rispetto alle ultime stagioni e di otto euro rispetto alla registrazione del 2013. Cento euro è la retta pagata ad Agrigento e Catanzaro, 515 euro a Lecco (da tre anni la più costosa d’Italia, ma nel 2005 la tariffa lì raggiungeva i 572 euro mensili). La stessa famiglia, se ha un figlio maggiore alla scuola dell’infanzia o alle elementari, versa 80 euro ogni mese per pagare la mensa.

L’ultimo rapporto di Cittadinanzattiva, “Servizi in… Comune. Tariffe e qualità di nidi e mense”, descrive un Paese in cui aumentano le lista di attese per far entrare il bambino al nido e dove le differenze regionali si fanno pesanti, visto che la Calabria ha una capacità di ospitalità per i bambini sotto i due anni pari al 4,1 per cento della domanda. La media al Nord resta bassa: il 23 per cento. Al Centro sale al 26. Al Sud precipita: 7,6 per cento.

· Crescono le tariffe a Chieti, Roma e Venezia
Con una famiglia di tre persone, un minore al di sotto dei 3 anni e un Isee di 19.900 euro (questi i parametri scelti), il Molise è la regione con la retta più economica: 167 euro, -28,2 per cento sul 2014-15. Il Trentino Alto Adige è la più costosa: 472 euro, +9,4 per cento. Si registra un aumento del 10 per cento in Basilicata. Le crescite più rilevanti nelle ultime tre stagioni sono state a Chieti (50,2 per cento), Roma (33,4 per cento) e Venezia (24,9 per cento). Nell’arco di dodici anni il Sud ha pagato dazio: Cosenza ha visto le tariffe crescere del 148 per cento, Napoli del 97 per cento. A Foggia l’aumento è stato solo dello 0,5 per cento (un euro in più).

I costi bassi nel Meridione d’Italia sono compensati dal fatto che solo nel tre per cento delle strutture la tariffa comprende anche pannolini e spese necessarie per l’infante. Il “tutto compreso” cresce al 25 per cento negli asili del Centro e al 40 per cento in quelli del Nord.

· Le madri lasciano il lavoro
Dicevamo, persiste una copertura bassa del servizio (perlopiù offerto dai Comuni). Il limite negativo della Calabria con 4,1 per cento è seguito dal Molise che possiede strutture per accogliere soltanto un bambino ogni cinque.

Aumentano – e questo è il dato più negativo del dossier – le liste di attesa: dal 20 per cento del 2013 al 26 per cento del 2015. Questo accade nonostante il numero di
domande presentate si sia ridotto complessivamente del 13,1 per cento nella maggioranza degli 89 capoluoghi di provincia testati. Nel Centro Italia, a fronte di una riduzione delle domande del 20,9 per cento, è corrisposto un aumento delle liste di attesa dal 24 al 45 per cento.

Il 65 per cento delle strutture (e il 65 per cento dei posti disponibili) è concentrato in sole quattro regioni: Lazio, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana. Il tempo pieno è garantito in tutte le strutture di Centro-Nord, all’ottanta per cento al Sud.

Nel corso del 2016, su trentamila donne che hanno dato le dimissioni dal posto di lavoro, una su cinque l’ha fatto per il mancato accoglimento dei figli al nido pubblico, quasi una su quattro per incompatibilità tra lavoro e assistenza al bimbo, il cinque per cento per i costi elevati dell’assistenza al neonato (dati dell’Ispettorato nazionale del Lavoro).

· I costi della mensa scendono al Nord, salgono al Sud
Per quanto riguarda le mense, restano al Nord – ed è immaginabile – le tariffe più elevate. I costi, però, sono in diminuzione.  Al Sud le tariffe più basse, in crescita negli anni. Stabili al Centro. Per la scuola dell’infanzia, la regione più costosa è l’Emilia Romagna: 104 euro (-6,9 per cento rispetto al 2016-’17), la più economica la Sardegna (60,60 euro, -7,7 per cento). Spicca l’aumento registrato in Umbria (+24,1 per cento) e in Calabria (+20,7). Nella primaria, la mensa costa di più sempre in Emilia Romagna (107,10 euro, -0,8 per cento), costa meno in Umbria (65,70 euro, invariata). Anche in questa fascia scolastica gli incrementi più rilevanti si registrano in Calabria e in Sicilia.

Barletta è il capoluogo più economico per la ristorazione scolastica (32 euro mensili per famiglia tipo), Livorno il più costoso (128 euro).

· Cucine scrostate ma pulite
In 78 scuole (presenti in 12 regioni), 627 intervistati tra bambini, docenti, genitori e rappresentanti della Commissione mensa hanno segnalato distacchi di intonaco nel 14 per cento dei casi e umidità e infiltrazioni nel 6 per cento. Le pavimentazioni sono irregolari nel 17 per cento delle interviste, non ci sono porte con apertura anti-panico nel 35 per cento.

L’80 per cento dei bambini ritiene che i locali siano abbastanza o molto puliti e luminosi, abbastanza o molto spaziosi (si sale all’85 per cento) e sicuri (75 per cento). Però sono anche rumorosi (lo dice più della metà), poco allegri (meno della metà) e poco accoglienti (più di in terzo).

Una scuola su dieci del campione di quest’anno manca del tutto del locale mensa e i pasti vengano serviti in corridoi o aule più grandi.

· Poco bio, pratica del bis. E si spreca
Il cibo, a detta di tutti gli intervistati, è di buona qualità anche se c’è poca offerta biologica. I bambini, in base alle loro scelte alimentari, si presentano sempre più carnivori, amanti di dolci e carboidrati e la pratica del bis, diffusa ovunque, non li aiuta a modificare le cattive abitudini alimentari. Solo il 13 per cento dice di mangiare tutto a mensa, il 36 accetta solo alcuni cibi, in particolare dolci e gelato (80 per cento), pizza (78 per cento), pane (61), carne e frutta fresca (58), pasta al sugo (47). Fra i cibi meno graditi, verdure cotte (70 per cento), minestre di verdure (60), pesce e verdure crude (54).

L’87 per cento degli intervistati spiega che vengono usate tovaglie di carta per apparecchiare. Le stoviglie sono usa e getta per la metà. L’acqua servita a tavola è quella di rubinetto nel 49 per cento delle mense. Da una stima effettuata nel corso della rilevazione, gli avanzi, solo in parte “riciclati” (18 per cento), si
aggirano tra il 10 e il 20 per cento. Frutta e pane confezionati vengono in qualche caso riproposti a merenda.

· Tutti insieme, felici, a mangiare le stesse cose
Il 63 per cento dei bambini dichiara di mangiare a mensa con piacere, soprattutto perché può stare insieme ai compagni (93 per cento). Fra quelli che non amano pranzare a scuola, per due bimbi su tre il motivo è la monotonia del cibo, per la metà la scarsità delle porzioni, per uno su tre la fretta con cui bisogna mangiare e i modi bruschi e scostanti del personale.

Il pasto portato da casa e consumato in un tavolo separato nella stessa mensa è un fenomeno in aumento solo a Torino. Nel resto d’Italia risulta contenuto: è il 2,4 per cento dei bambini, secondo una recente indagine dell’Anci (l’associazione che raduna i comuni).

Laboratori gastro e fattorie didattiche 

Il 57 per cento del campione sostiene che nelle scuole sono promossi progetti di educazione alimentare che coinvolgono gli studenti; il 30 per cento parla di laboratori sull’alimentazione, l’88 per cento di visite a fattorie didattiche. L’orto a scuola avrebbe un buon seguito secondo il 44 per cento, ma ancor di più le iniziative contro lo spreco alimentare e per la raccolta differenziata dei rifiuti.

Chiude Cittadinanzattiva, onlus e movimento: “Questi servizi devono essere estesi a tutte le Regioni e i Comuni del Paese, particolarmente a quelli del Centro-Sud. Devono diventare progressivamente servizi pubblici essenziali e garantire l’accesso gratuito ai minori in condizioni di povertà”.

La ministra Fedeli: “Genitori, andate a prendere i vostri figli a scuola fino alla media”

da la Repubblica

La ministra Fedeli: “Genitori, andate a prendere i vostri figli a scuola fino alla media”

“Lo stabilisce una legge a tutela dei minori che salvaguarda l’incolumità dei ragazzini sotto i 14 anni”. Così la responsabile dell’Istruzione a Tagadà su La7. “L’autonomia è importante ma si può sperimentare anche di pomeriggio. E se i genitori non possono, vadano i nonni fuori scuola, è così piacevole per noi nonni farlo…”. Malpezzi (Pd): “Scelgano le mamme e i papà. Proposta di legge in arrivo”

I bambini che tornano a casa da soli alle medie dovranno farsene una ragione. Poichè hanno meno di 14 anni e una legge nazionale a tutela dei minori se ne occupa per la loro incolumità, dovranno aspettare un adulto all’uscita della classe, genitori, nonni o comunque un “grande” fidato che li accompagni, li prenda per mano. E’ la ministra all’Istruzione Valeria Fedeli che, intervistata in tv a Tagadà su La7, sgombera il campo dai dubbi e dalle pressioni di alcuni presidi se sia lecito o meno, per le famiglie con figli che frequentano le scuole medie, lasciare liberi i ragazzini di andare a scuola o tornare a casa da soli.

Fedeli: “I presidi devono seguire la legge, bisogna andare a prendere i figli a scuola”

 

“Questa è la legge, e deve essere rispettata. I genitori devono esserne consapevoli”.

E anche lei non farebbe tornare a casa da soli i suoi nipoti sotto i 14 anni? le chiede l’intervistatrice. E la ministra: “Io sono una persona che per cultura rispetta le leggi e quindi sì. E’ vero, è giusto sperimentare l’autonomia dei ragazzi ma si può fare anche di pomeriggio, non necessariamente nel percorso casa-scuola-casa”. E se i genitori non possono perché sono impegnati al lavoro?, gli si domanda “ci vadano i nonni” esorta la ministra, “i miei nipoti sono piccoli, e non ci riesco mai, ma è così piacevole per noi nonni farlo”.

Il caso è nato dopo una lettera-appello per la liberalizzazione del percorso casa-scuola inviata al Parlamento e al governo scritta da alcuni dirigenti scolastici, tra cui Rosa Maria Lauricella, preside dell’Istituto comprensivo Giovan Battista Valente di Roma. Una battaglia che nasce da una recente sentenza della Cassazione che ha condannato preside e docente dell’ultima ora della mattina per non aver affidato a un adulto un ragazzino morto quindici anni fa sotto uno scuolabus.

Dopo la sentenza, in alcune scuole sono nuovamente comparsi regolamenti che impongono la riconsegna dei ragazzi solo nelle mani di un adulto, ma laddove è accaduto sono esplose polemiche e battaglie con le famiglie. Ma, secondo la ministra, la legge in vigore va rispettata, non si transige sull’obbligo di presenza di un familiare e quindi, come avevano ricordato gli stessi dirigenti scolastici, resta confermato che “se dovesse accadere qualche disgrazia a un alunno delle medie mentre torna a casa da solo, anche i presidi rischiano una condanna da sei mesi a cinque anni”.

Dopo le parole di Fedeli, a parlare è la responsabile Scuola del Pd, Simona Malpezzi: “Comprendiamo – dice – le preoccupazioni della ministra Fedeli: la sentenza della Corte di Cassazione di Firenze ha aperto una questione delicata rispetto al tema dell’uscita da scuola dei ragazzi delle medie. Tuttavia, crediamo sia necessario trovare una soluzione che consenta ai genitori di scegliere se far tornare o meno i figli da soli a casa e che liberi i dirigenti scolastici da ogni responsabilità. Per questo, assieme ai colleghi del Partito democratico in commissione Istruzione, sto preparando una proposta di legge che intervenga per risolvere una situazione che sta creando comprensibili disagi tra i genitori e il personale della scuola”.

Alunni all’uscita da scuola, in Europa tornano a casa da soli. Ora il Pd scelga cosa fare

da La Tecnica della Scuola

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Personale ATA, supplenze per assenze superiori a 29 giorni: qualche timida speranza

da La Tecnica della Scuola

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Concorso docenti 2018, nuovi chiarimenti Miur sui 24 CFU

da La Tecnica della Scuola

Concorso docenti 2018, nuovi chiarimenti Miur sui 24 CFU

Sostegno, cos’è il Piano didattico personalizzato (PDP)?

da La Tecnica della Scuola

Sostegno, cos’è il Piano didattico personalizzato (PDP)?

Scuola, Fedeli: ‘In Cdm ho posto questione  accompagnamento minori. Bene proposta Pd’

da Tuttoscuola

Scuola, Fedeli: ‘In Cdm ho posto questione  accompagnamento minori. Bene proposta Pd’

«Ho posto il tema dell’accompagnamento dei minori di 14 anni a scuola durante il Consiglio dei Ministri. È un argomento su cui abbiamo fatto un lungo approfondimento come Ministero, dopo la recente ordinanza della Cassazione, ben comprendendo il disagio vissuto in questo momento sia dalle scuole che dalle famiglie». Lo rende noto la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli.

»Come spiegato anche lo scorso 26 ottobre in un lungo comunicato, le scuole, attualmente, stanno operando scelte che sono conformi al quadro normativo vigente in materia di tutela dell’incolumità delle studentesse e degli studenti minori di 14 anni. La recente ordinanza della Cassazione ha sollevato un problema che era preesistente, che è molto delicato e non va sottovalutato in nessun aspetto. Come ho dichiarato anche nei giorni scorsi, se si vuole cambiare l’ordinamento serve un intervento in Parlamento. Saluto per questo con favore quanto dichiarato dalla deputata del Pd Simona Malpezzi che presenterà già la prossima settimana in Parlamento una proposta di legge», prosegue Fedeli.

»Occorre venire incontro alle esigenze delle famiglie, chiarendo anche il quadro delle responsabilità giuridiche e penali rispetto alla tutela dei minori dopo la fine delle lezioni. Il Pd si farà carico di trovare il giusto equilibrio con una proposta in Parlamento. In questo senso posso rassicurare anche l’onorevole Brunetta: non c’è nessun caos, non c’è nessuna inadeguatezza, né del Governo né del Pd. Solo la consapevolezza che parliamo di un tema delicato e importante, che ha anche a che fare con la sicurezza e la tutela delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi. Un tema rispetto al quale è il Pd a proporre azioni concrete, non certo il centrodestra», conclude la Ministra.

Via al Piano nazionale per educazione al rispetto: 10 azioni per contrastare disuguaglianze e discriminazioni

da Tuttoscuola

Via al Piano nazionale per educazione al rispetto: 10 azioni per contrastare disuguaglianze e discriminazioni

Un Piano nazionale per promuovere nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione al rispetto, per contrastare ogni forma di violenza e discriminazione e favorire il superamento di pregiudizi e disuguaglianze, secondo i principi espressi dall’articolo 3 della Costituzione italiana.

Lo ha presentato oggi a Roma la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli, nella cornice del Teatro Eliseo, alla presenza di Elena Centemero, Presidente della Commissione Equality and Non Discrimination del Consiglio d’Europa, Gabriele Toccafondi,  Sottosegretario all’Istruzione, Luca Pancalli, Presidente del Comitato Italiano Paralimpico, Ernesto Caffo, Presidente di Telefono Azzurro, rappresentati di studentesse e studenti e delle famiglie. Ha condotto il dibattito la giornalista Mirta Merlino, che ha di recente lanciato una campagna dal titolo #odiolodio per sensibilizzare sul problema della violenza verbale e dell’offesa gratuita sui social network. La campagna rientrerà fra le collaborazioni lanciate oggi alla presentazione del Piano. Tuttoscuola aderisce alla campagna di sensibilizzazione.

“Il lancio di questo Piano ci rende orgogliosi ed è particolarmente importante – ha spiegato Fedeli – perché il rispetto delle differenze è decisivo per contrastare violenze, discriminazioni e comportamenti aggressivi di ogni genere. Perché il rispetto include un modo di sentire e un modo di comportarsi e relazionarsi fondamentali per realizzare l’art. 3 della Costituzione, cui tutto il Piano si ispira. Perché la scuola deve, può e vuole essere un fattore di uguaglianza, protagonista attiva di quel compito – “rimuovere gli ostacoli” – che la Repubblica assegna a se stessa. Ascolto, dialogo, condivisione: il rispetto significa tutto questo, significa fortificare la democrazia, migliorare la qualità di ogni esperienza di vita, contribuire a far crescere condizioni di benessere per tutte e tutti”

“Con il Piano – prosegue Fedeli – mettiamo a disposizione delle scuole risorse e strumenti operativi specifici, pensati come l’avvio di un percorso che si prolungherà nel tempo per accompagnare quel cambiamento positivo della società che la scuola può contribuire a realizzare. Al di fuori di ogni approccio ideologico, è importante sottolinearlo, ma solo volendo realizzare la Costituzione, dare attuazione a leggi dello Stato, far crescere bambine e bambini, ragazze e ragazzi condividendo fondamentali valori umani e di convivenza civile”.

Con il Piano presentato oggi vengono stanziati 8,9 milioni di euro per progetti e iniziative per l’educazione al rispetto e per la formazione delle e degli insegnanti. In particolare, 900.000 euro serviranno per l’ampliamento dell’offerta formativa, 5 milioni (fondi PON) per il coinvolgimento di 200 scuole nella creazione di una rete permanente di riferimento su questi temi. Altri 3 milioni sono messi a disposizione per la formazione delle e dei docenti.

In attuazione del Piano vengono emanate oggi le Linee guida nazionali per l’attuazione del comma 16 della legge 107 del 2015 per la promozione dell’educazione alla parità tra i sessi e la prevenzione della violenza di genere. Le Linee guida sono state messe a punto da un Gruppo di esperti istituito presso il Miur. “Queste Linee guida – sottolinea la Ministra – sono frutto di un lavoro di confronto importante, portato avanti con l’obiettivo di trovare il massimo equilibrio e la più ampia condivisione. Quello che mi rende particolarmente orgogliosa è non solo aver formalmente attuato una prescrizione normativa, ma aver dato alle scuole uno strumento culturale importantissimo per combattere le disuguaglianze e gli stereotipi: la legge 107 punta a rendere centrale l’educazione al rispetto e alla libertà dai pregiudizi, riconoscendo dignità a ogni persona, senza esclusioni, nell’uguaglianza di diritti e responsabilità per tutte e tutti”.

Sempre oggi vengono emanate anche le Linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, previste dalla legge 71 approvata in Parlamento a maggio del 2017: saranno uno strumento flessibile e aggiornabile per rispondere alle sfide educative e pedagogiche legate alla costante evoluzione delle nuove tecnologie. “La legge attribuisce a una pluralità di soggetti compiti e responsabilità ben precisi, ribadendo il ruolo centrale delle scuole, che devono individuare un docente referente per raccogliere e diffondere le buone pratiche educative – ricorda Fedeli -. Attraverso queste Linee di orientamento rendiamo operativa la legge e sosteniamo ancora di più le istituzioni scolastiche nel contrasto di questi fenomeni”.

Fra i punti del Piano lanciato oggi c’è poi il rafforzamento degli Osservatori attivi presso il Ministero sui temi dell’integrazione, dell’inclusione e per la promozione di iniziative sui temi della parità fra i sessi e della violenza contro le donne. Il Piano prevede anche il lancio, il 21 novembre, del nuovo Patto di corresponsabilità educativa per rinsaldare il rapporto fra scuola e famiglia. E la distribuzione a tutte le studentesse e gli studenti della Costituzione. I materiali e le proposte didattiche sui temi del Piano saranno pubblicati sul portale www.noisiamopari.it.

Per diffondere i contenuti e i messaggi del Piano parte poi da oggi anche una campagna social con l’hashtag #Rispettaledifferenze che accompagnerà la pubblicazione di materiali dedicati e di video. Testimonial del mondo dello sport, della cultura e dello spettacolo hanno già aderito alla campagna (fra questi: Alice Rachele Arlanch, Luca Barbarossa, Marco ‘Baz’ Bazzoni, Ohara Borselli, Giovanni De Carolis,  Paola Cortellesi, Geppy Cucciari, Gaia De Laurentis, Padre Enzo Fortunato, Teresa Mannino, Ermal Meta, Piergiorgio Odifreddi, Nicole Orlando, Valentina Petrini, Mirco Scarantino, Alessandra Sensini, Pino Strabioli, Dario Vergassola, la squadra di pallacanestro di Crema) con video o messaggi per i social in cui spiegano perché è importante rispettare le differenze.

L’immagine grafica collegata al Piano, che sarà diffusa come logo dell’iniziativa, è un hashtag. Il cancelletto che accompagna le parole chiave di cui si parla sui social viene reinterpretato come due uguali che si uniscono, arricchiti da un sorriso come quello delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi.

“Il lancio di questo Piano ci rende orgogliosi ed è particolarmente importante – ha spiegato Fedeli – perché il rispetto delle differenze è decisivo per contrastare violenze, discriminazioni e comportamenti aggressivi di ogni genere. Perché il rispetto include un modo di sentire e un modo di comportarsi e relazionarsi fondamentali per realizzare l’art. 3 della Costituzione, cui tutto il Piano si ispira. Perché la scuola deve, può e vuole essere un fattore di uguaglianza, protagonista attiva di quel compito – “rimuovere gli ostacoli” – che la Repubblica assegna a se stessa. Ascolto, dialogo, condivisione: il rispetto significa tutto questo, significa fortificare la democrazia, migliorare la qualità di ogni esperienza di vita, contribuire a far crescere condizioni di benessere per tutte e tutti”

“Con il Piano – prosegue Fedeli – mettiamo a disposizione delle scuole risorse e strumenti operativi specifici, pensati come l’avvio di un percorso che si prolungherà nel tempo per accompagnare quel cambiamento positivo della società che la scuola può contribuire a realizzare. Al di fuori di ogni approccio ideologico, è importante sottolinearlo, ma solo volendo realizzare la Costituzione, dare attuazione a leggi dello Stato, far crescere bambine e bambini, ragazze e ragazzi condividendo fondamentali valori umani e di convivenza civile”.

Con il Piano presentato oggi vengono stanziati 8,9 milioni di euro per progetti e iniziative per l’educazione al rispetto e per la formazione delle e degli insegnanti. In particolare, 900.000 euro serviranno per l’ampliamento dell’offerta formativa, 5 milioni (fondi PON) per il coinvolgimento di 200 scuole nella creazione di una rete permanente di riferimento su questi temi. Altri 3 milioni sono messi a disposizione per la formazione delle e dei docenti.

In attuazione del Piano vengono emanate oggi le Linee guida nazionali per l’attuazione del comma 16 della legge 107 del 2015 per la promozione dell’educazione alla parità tra i sessi e la prevenzione della violenza di genere. Le Linee guida sono state messe a punto da un Gruppo di esperti istituito presso il Miur. “Queste Linee guida – sottolinea la Ministra – sono frutto di un lavoro di confronto importante, portato avanti con l’obiettivo di trovare il massimo equilibrio e la più ampia condivisione. Quello che mi rende particolarmente orgogliosa è non solo aver formalmente attuato una prescrizione normativa, ma aver dato alle scuole uno strumento culturale importantissimo per combattere le disuguaglianze e gli stereotipi: la legge 107 punta a rendere centrale l’educazione al rispetto e alla libertà dai pregiudizi, riconoscendo dignità a ogni persona, senza esclusioni, nell’uguaglianza di diritti e responsabilità per tutte e tutti”.

Sempre oggi vengono emanate anche le Linee di orientamento per la prevenzione e il contrasto del cyberbullismo, previste dalla legge 71 approvata in Parlamento a maggio del 2017: saranno uno strumento flessibile e aggiornabile per rispondere alle sfide educative e pedagogiche legate alla costante evoluzione delle nuove tecnologie. “La legge attribuisce a una pluralità di soggetti compiti e responsabilità ben precisi, ribadendo il ruolo centrale delle scuole, che devono individuare un docente referente per raccogliere e diffondere le buone pratiche educative – ricorda Fedeli -. Attraverso queste Linee di orientamento rendiamo operativa la legge e sosteniamo ancora di più le istituzioni scolastiche nel contrasto di questi fenomeni”.

Fra i punti del Piano lanciato oggi c’è poi il rafforzamento degli Osservatori attivi presso il Ministero sui temi dell’integrazione, dell’inclusione e per la promozione di iniziative sui temi della parità fra i sessi e della violenza contro le donne. Il Piano prevede anche il lancio, il 21 novembre, del nuovo Patto di corresponsabilità educativa per rinsaldare il rapporto fra scuola e famiglia. E la distribuzione a tutte le studentesse e gli studenti della Costituzione. I materiali e le proposte didattiche sui temi del Piano saranno pubblicati sul portale www.noisiamopari.it.

Per diffondere i contenuti e i messaggi del Piano parte poi da oggi anche una campagna social con l’hashtag #Rispettaledifferenze che accompagnerà la pubblicazione di materiali dedicati e di video. Testimonial del mondo dello sport, della cultura e dello spettacolo hanno già aderito alla campagna (fra questi: Alice Rachele Arlanch, Luca Barbarossa, Marco ‘Baz’ Bazzoni, Ohara Borselli, Giovanni De Carolis,  Paola Cortellesi, Geppy Cucciari, Gaia De Laurentis, Padre Enzo Fortunato, Teresa Mannino, Ermal Meta, Piergiorgio Odifreddi, Nicole Orlando, Valentina Petrini, Mirco Scarantino, Alessandra Sensini, Pino Strabioli, Dario Vergassola, la squadra di pallacanestro di Crema) con video o messaggi per i social in cui spiegano perché è importante rispettare le differenze.

L’immagine grafica collegata al Piano, che sarà diffusa come logo dell’iniziativa, è un hashtag. Il cancelletto che accompagna le parole chiave di cui si parla sui social viene reinterpretato come due uguali che si uniscono, arricchiti da un sorriso come quello delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi.

Obbligo vigilanza minori all’uscita di scuola, Fedeli: ‘Se si vuole innovare ordinamento, farlo in Parlamento’

da Tuttoscuola

Obbligo vigilanza minori all’uscita di scuola, Fedeli: ‘Se si vuole innovare ordinamento, farlo in Parlamento’

«Le scelte e le decisioni dei presidi, in materia di tutela dell’incolumità delle studentesse e degli studenti minori di 14 anni, sono conformi al quadro normativo attuale, come interpretato ed applicato dalla giurisprudenza. È una questione di assunzione di responsabilità nell’attuazione di norme che regolano la vita nel nostro Paese, pensate per la tutela più efficace delle nostre e dei nostri giovani». Queste le parole della ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, sul dibattito in corso relativo all’obbligo di vigilanza sui minori all’uscita dagli istituti scolastici anche a seguito di una recente ordinanza della Cassazione intervenuta sul tema. Le diffonde un comunicato del Miur.

«Le leggi e le pronunce giurisprudenziali, come quella recentemente resa dalla Corte di Cassazione, vanno rispettate – ha spiegato la Ministra – e se si vuole innovare l’ordinamento su questo tema occorre farlo in Parlamento, introducendo una norma di legge che, a certe condizioni, dia alle famiglie la possibilità di firmare liberatorie che sollevino da ogni responsabilità giuridica, anche penale, dirigenti e personale scolastico al termine dell’orario di lezione».

In base alla normativa attuale, spiega ancora il comunicato del Miur, la scuola ha il dovere di sorveglianza sui minori per tutto il tempo in cui le sono affidati. Due sono le finalità generali dell’obbligo di vigilanza sul minore: impedire che compia atti illeciti e salvaguardarne l’incolumità. La recentissima pronuncia della Corte di Cassazione ha stabilito che il coinvolgimento di un minore in un incidente fuori dal perimetro scolastico non esclude la responsabilità della scuola.

Nel caso specifico, un bambino di 11 anni era stato investito dall’autobus di linea sulla strada pubblica all’uscita di scuola. La Cassazione ha affermato che l’obbligo di vigilanza in capo all’amministrazione scolastica, discendeva da una precisa disposizione del Regolamento d’istituto, che poneva a carico del personale scolastico l’obbligo di far salire e scendere dai mezzi di trasporto davanti al portone della scuola le alunne e gli alunni, compresi quelli delle scuole medie, e demandava al personale stesso la vigilanza nel caso in cui i mezzi di trasporto ritardassero. Dalla lettura di questa ordinanza si potrebbe dedurre che la responsabilità della scuola sussista solo se il Regolamento di istituto impone al personale scolastico compiti di vigilanza specifici che vengono violati. In realtà, la responsabilità della scuola si ricollega più in generale al fatto stesso dell’affidamento del minore alla vigilanza della scuola.

La Cassazione civile ha infatti più volte affermato il principio secondo cui l’istituto scolastico ha il dovere di provvedere alla sorveglianza delle allieve e degli allievi minorenni per tutto il tempo in cui le sono affidati e quindi fino al momento del subentro, almeno potenziale, della vigilanza dei genitori o di chi per loro (si veda ad esempio la sentenza n. 3074 del 30 marzo 1999). Secondo la Cassazione, il dovere di sorveglianza degli alunni minorenni è di carattere generale e assoluto, tanto che non viene meno neppure in caso di disposizioni impartite dai genitori di lasciare il minore senza sorveglianza in luogo dove possa trovarsi in situazione di pericolo.

Le disposizioni si attuano in genere a tutti i minori, anche se, già a partire dai 14 anni, si considera che il minore abbia maturato una certa capacità di intendere e di volere intesa come sua idoneità alla autodeterminazione, nella consapevolezza dell’incidenza del proprio operare sul mondo esterno.

Vaccini, per i 16enni quando scatta l’obbligo?

da Tuttoscuola

Vaccini, per i 16enni quando scatta l’obbligo? 

Vi è incertezza tra i capi d’istituto e i genitori degli studenti dei licei e degli istituti tecnici e professionali sull’obbligo vaccinale per i 16enni. La legge parla di obbligo per i minori “di età compresa tra zero e sedici anni”.

L’interrogativo riguarda proprio il termine “sedici anni”. L’età in che momento va computata? Vi possono essere diverse interpretazioni che determinano effetti diversi.

1. Se l’obbligo riguarda tutti gli studenti che al momento dell’entrata in vigore della legge 119 (8 agosto) avevano già 16 anni compiuti, vi sarebbe un’estensione (forse impropria) anche a coloro che compiono 17 anni successivamente.
2. Se il 16° anno è computato in coincidenza l’inizio dell’anno scolastico l’obbligo riguarderebbe sia i gli studenti che hanno compiuto 16 anni sia coloro che li compiranno in corso d’anno. E ovviamente riguarderebbe anche gli studenti che compiranno i 17 anni entro il prossimo giugno.
3. Se il 16° anno è computato in coincidenza con il 31 ottobre, termine per produrre la documentazione, forse dovrebbero essere esclusi coloro che entro tale data hanno già compiuto i 17 anni.

Forse un chiarimento tempestivo potrebbe mettere tranquilli presidi e genitori ed evitare inutili contenziosi.

Graduatorie III fascia ATA, domande fino al 30 ottobre: tutte le info utili

da Tuttoscuola

Graduatorie III fascia ATA, domande fino al 30 ottobre: tutte le info utili 

Il Miur, con la nota n. 37883 del 01/09/2017, ha trasmesso il decreto n. 640 del 30 agosto 2017, con cui indice la procedura di aggiornamento delle graduatorie di circolo e di istituto ATA III fascia  per il triennio scolastico 2017-20.Le domande

Le domande di aggiornamento/inserimento Graduatorie III fascia ATA potranno essere presentate dal 30 settembre al 30 ottobre 2017, utilizzando i modelli cartacei che il Miur ha messo a disposizione.

La presentazione delle domande avverrà in modalità cartacea. I modelli da presentare sono il D1 (per chi si iscrive la prima volta) per le domande di inserimento e il D2 per quelle di conferma e aggiornamento (va presentato dagli aspiranti già inclusi nelle graduatorie di istituto/circolo di III fascia del precedente triennio)  .

La domanda deve essere inviata a una scuola della provincia scelta, tramite raccomandata con ricevuta di andata e ritorno o presentata a mano o mediante l’utilizzo della posta elettronica certificata.

La scelta delle sedi

La scelta delle sedi potrà essere fatta online attraverso il portale Istanze Online (modello D3) secondo la tempistica che sarà comunicata successivamente.

Le graduatorie III fascia ATA non sono utilizzate per le immissioni in ruolo.

Graduatorie III fascia ATA: i requisiti di accesso

I titoli di studio d’accesso, previsti del nuovo decreto sono:

Assistente Amministrativo: Diploma di maturità;
Assistente Tecnico: Diploma di maturità corrispondente alla specifica area professionale;
Cuoco: Diploma di qualifica professionale di Operatore dei servizi di ristorazione, settore cucina;
Infermiere: Laurea in scienze infermieristiche o altro titolo ritenuto valido dalla vigente normativa per l’esercizio della professione di infermiere;
Guardarobiere: Diploma di qualifica professionale di Operatore della moda;
Addetto alle aziende agrarie: Diploma di qualifica professionale di operatore agrituristico oppure operatore agro industriale oppure operatore agro ambientale;
Collaboratore Scolastico: diploma di qualifica triennale rilasciato da un istituto professionale, diploma di maestro d’arte, diploma di scuola magistrale per l’infanzia, qualsiasi diploma di maturità, attestati e/ o diplomi di qualifica professionale, entrambi di durata triennale, rilasciati o riconosciuti dalle Regioni.

Per coloro  inseriti nelle graduatorie di circolo e di istituto di III fascia vigenti nel triennio scolastico precedente, restano validi, ai fini dell’ammissione per lo stesso profilo professionale, i titoli di studio in base ai quali avevano conseguito a pieno titolo l’inserimento in tali graduatorie.

Per tutti quelli  che intendono cambiare provincia, hanno titolo all’inclusione nella terza fascia delle graduatorie di circolo e di istituto gli aspiranti che, sia o già inseriti nelle graduatorie provinciali permanenti di cui all’art. 554 del D.Lvo 297/94 o negli elenchi provinciali ad esaurimento o nelle graduatorie provinciali ad esaurimento di collaboratore scolastico di cui al D.M. 75/2001 e D.M. 35/2004 corrispondenti al profilo richiesto. Chi risulta già inserito nelle precedenti graduatorie di III fascia, rimangono validi i titoli di studio richiesti dall’ordinamento vigente all’epoca dell’inserimento nelle predette graduatorie e/ o elenchi.

Hanno infine titolo all’inclusione nella III fascia delle graduatorie di circolo e di istituto gli aspiranti che abbiano prestato almeno 30 giorni di servizio, anche non continuativi, in posti corrispondenti al profilo professionale richiesto.

Graduatorie III fascia ATA: come presentare istanza online

Per tutti gli aspiranti all’inclusione nelle graduatorie di III fascia di circolo o di istituto, la scelta delle istituzioni scolastiche viene effettuata esclusivamente con modalità Web, conforme al codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005,n. 82, e ss.mi nel periodo di cui al precedente art. 4 comma 4. Di seguito le fasi:

–  registrazione del personale interessato; tale operazione, che prevede anche una fase di riconoscimento fisico presso una istituzione scolastica statale a scelta dell’aspirante, qualora non sia stata già compiuta in precedenza, viene effettuata, secondo le procedure indicate nell’apposita sezione dedicata, “Presentazione Istanze on line-registrazione” presente sull’home page del sito internet di questo Ministero, sezione Istruzione ( www.istruzione.it );
inserimento dell’istanza on line da parte dell’utente. Detta operazione viene effettuata nella apposita sezione dedicata “Presentazione istanze on line – inserimento modello di scelta delle scuole presente sull’home page del sito internet di questo Ministero.

Per quest’ultimo non dovrà essere inviato il modello cartaceo in formato pdf prodotto dall’applicazione, in quanto l’istituzione scolastica prescelta lo riceverà automaticamente al momento dell’inoltro.

Nell’apposita sezione dedicata, “Istanze on line – Registrazione” predisposta su www.istruzione.it sono disponibili strumenti informativi e di supporto per gli utenti che utilizzeranno gli strumenti informatici per la presentazione delle istanze in questione.

Ciascun aspirante a supplenza temporanea può indicare complessivamente non più di 30 istituzioni scolastiche della medesima ed unica provincia per l’insieme dei profili professionali cui ha titolo.

Nel limite delle 30 istituzioni scolastiche, l’aspirante può includere o meno l’istituzione scolastica destinataria del modello di domanda.

Qualora l’aspirante, che abbia inoltrato o presentato all’istituzione scolastica scelta per la valutazione della domanda il modello di domanda, non inoltri il modello di scelta delle istituzioni scolastiche, tramite le istanze on line, verrà automatica ente attribuita come istituzione scolastica scelta ai fini dell’inclusione nelle graduatorie di circolo e d’istituto di terza fascia, la sola istituzione scolastica destinataria della domanda.

L’aspirante che desideri l’inclusione, per non più di 30 istituzioni scolastiche, nella III fascia delle graduatorie di circolo e di istituto per le supplenze temporanee della medesima ed unica provincia deve necessariamente produrre il modello di domanda allegato di scelta delle istituzioni scolastiche tramite le istanze on line.

Trattandosi di graduatorie triennali, gli aspiranti già inclusi nelle graduatorie di circolo e di istituto di terza fascia del precedente triennio di validità, per essere inclusi nelle graduatorie di cui al presente decreto dovranno produrre una nuova domanda di scelta delle istituzioni scolastiche . L’aspirante, pertanto, anche in caso di conferma, deve compilare – ex novo – in tutte le sue parti il modulo domanda scelta delle istituzioni scolastiche.