La metacognizione

La metacognizione

di Immacolata Lagreca

Che cos’è la metacognizione?

Con il termine “metacognizione” ci si riferisce a un orientamento teorico abbondantemente utilizzato in ambito psicologico ed educativo:

Il termine metacognizione viene usato […] per designare la consapevolezza ed il controllo che l’individuo ha dei propri processi cognitivi. Il termine, che ha un significato generale, viene talvolta sostituito da termini più specifici in relazione ai diversi tipi di processi in cui si esercitano tale consapevolezza e controllo: meta-memoria, meta-comprensione, meta-attenzione, e così via.

La metacognizione, dunque, permette di approfondire i nostri pensieri e, quindi, anche di conoscere e dirigere i nostri processi di apprendimento. È un processo di autoriflessione sul fenomeno conoscitivo, su cosa e come stiamo imparando e su quali sono le motivazioni che ci spingono a imparare quella determinata nozione.

Il termine “metacognizione” fu coniato agli inizi degli anni Settanta del Novecento in seguito agli studi condotti nel 1971 dallo psicologo dell’età evolutiva statunitense John H. Flavell sulla conoscenza riguardo alla memoria e alle attività di memorizzazione che egli chiamò «metamemoria».

Già nella prima metà del XX secolo, lo scienziato dello sviluppo cognitivo Jean Piaget aveva rilevato l’importanza di considerare alcune caratteristiche metacognitive del pensiero infantile, per esempio le rappresentazioni del mondo animato, per comprenderne le immaturità. Lo studioso svizzero, infatti, osservò sistematicamente le difficoltà dei bambini più piccoli nel cogliere e poi nel comprendere l’esistenza di diversi punti di vista, percettivi, cognitivi, emotivi, e così via, e indicò negli stadi di sviluppo l’acquisizione graduale dell’abilità di assumere prospettive differenti dalla propria.

A partire dagli studi di John Flavell la metacognizione iniziò a designare le conoscenze e i processi che hanno come oggetto i diversi aspetti delle differenti attività cognitive. Furono quindi introdotti termini più specifici, quali per esempio meta-comprensione, meta-memoria e meta-attenzione, per indicare la riflessione relativa all’attività cognitiva nella lettura e nelle situazioni attentive.

Oggi con il termine metacognizione si indicano le conoscenze che l’individuo sviluppa rispetto ai propri processi cognitivi e al loro funzionamento, nonché le sue attività esecutive che presiedono al monitoraggio e all’autoregolazione dei processi cognitivi.

La metacognizione, in definitiva, indica la capacità di riflettere su come si apprende, attraverso la possibilità di distanziarsi, auto-osservare e riflettere sui propri stati mentali. L’attività metacognitiva ci permette, tra l’altro, di controllare i nostri pensieri, e quindi anche di conoscere e dirigere i nostri processi di apprendimento.

Un deficit nella metacognizione causa una grande vulnerabilità a livello affettivo e sociale. Alcune conseguenze potrebbero essere: ridotta comprensione dell’altro, incapacità nel contestualizzare l’evento all’interno di una storia relazionale condivisa, umore mutevole; inoltre queste persone spesso ingigantiscono i segnali affettivi cui danno risposte imprevedibili. Un deficit nella metacognizione si associa anche a difficoltà nella capacità di risolvere i problemi (problem solving), sia personale sia relazionale.

Per questo, la metacognizione è uno strumento molto utile, soprattutto per chi ha difficoltà di apprendimento, relazionali e ritardi mentali lievi.

Metacognizione e apprendimento

È ormai riconosciuto a livello scientifico il ruolo fondamentale delle componenti metacognitive come variabili in grado di condizionare le modalità con le quali un individuo apprende. La metacognizione diventa così un ottimo strumento di apprendimento mediante il quale si rendono le persone consapevoli del modo in cui affrontano i compiti cognitivi e si insegna a gestire in modo efficace i processi che mettono in atto. Infatti, risultati migliori nell’apprendimento possono essere raggiunti se le difficoltà sono riconosciute e si utilizza la metacognizione in maniera consapevole e con le indicazioni di esperti.

In pratica bisogna stimolare i ragazzi a controllare come lavora la mente: “Perché pensi che il compito sia difficile?”, “Perché hai rinunciato a farlo?”, “Perché hai fatto proprio così?”. Queste sono riflessioni che se approfondite pienamente possono aiutare il bambino/ragazzo a mettere in gioco delle strategie. Insomma grazie a questo controllo i bambini/ragazzi con difficoltà di apprendimento (e non solo questi) capiscono che non capiscono e/o perché non capiscono. Imparano a rendersi conto di quanto un testo è difficile e imparano ad analizzare cosa è difficile.

Quest’approccio quindi, rappresenta una modalità privilegiata per trasmettere contenuti e strategie, poiché mira alla costruzione di una mente aperta. E questo a qualsiasi età!

In generale, l’applicazione delle tecniche metacognitive nella didattica hanno riguardato soprattutto l’attenzione, la memoria, la lettura e la scrittura. Le ricerche in questi ambiti hanno confermato che le prestazioni degli alunni/studenti che hanno una buona consapevolezza metacognitiva sono tendenzialmente migliori poiché il compito è affrontato con maggior coinvolgimento personale.

Metacognizione e insegnamento

Nella didattica metacognitiva l’attenzione dell’insegnante non è tanto rivolta all’elaborazione di materiali o a metodi nuovi per insegnare, quanto al formare quelle abilità mentali superiori che vanno oltre i “semplici” e scontati processi cognitivi primari (ad esempio leggere, ricordare, calcolare).

È evidente allora che gli insegnanti non devono essere solo dei “trasmettitori di sapere”, ma è vitale per loro riuscire a trasmettere il messaggio, a chi ci sta di fronte, del valore che riveste per se stesso e per gli altri. È per questo motivo che l’approccio metacognitivo riserva un ruolo fondamentale all’insegnante: quello di facilitatore e mediatore di cambiamenti strutturali in chi deve imparare.

L’insegnante deve innanzitutto attuare un processo complesso che non riguarda la compensazione di particolari comportamenti, singole abilità o specifiche competenze, ma qualcosa che interessa direttamente la struttura dei processi mentali e, proprio per questo, restano stabili nel tempo. Infatti, egli deve innanzitutto sviluppare la consapevolezza di quello che si sta facendo, del perché si fa, di quanto è opportuno farlo e in quali condizioni.

Ovviamente questo significa non separare rigidamente i necessari interventi di recupero o sostegno individualizzato, dalla didattica normale rivolta all’intera classe.

In definitiva, poiché il processo di metacognizione non è qualcosa di meccanico che avviene semplicemente con l’età, deve essere ben preparato e coltivato a livello pedagogico ed educativo dall’insegnante.

La cura e l’impegno educativo per alimentare il processo di metacognizione deve passare prima attraverso la capacità dell’insegnante di saper contenere i problemi degli alunni, poi attraverso l’offerta dello stimolo alla stessa metacognizione, sollecitando l’alunno a riflettere sulle proprie modalità di acquisizione, gestione e organizzazione delle informazioni. In questo modo il bambino prende coscienza non solo dei propri processi cognitivi, ma anche delle strategie più adeguate per la minimizzazione degli errori.

Il processo di metacognizione è fondamentale per gli alunni con disabilità. Infatti, tramite esso si prevedono tempi didattici più dilatati che permettono a tutti di riflettere sulle fasi del lavoro, giustificandone le motivazioni e prevedendone gli sviluppi.

La ricerca educativa degli ultimi anni propone la “didattica cooperativa metacognitiva”, frutto dell’associazione della metacognizione e dell’apprendimento cooperativo. Questo si è rivelato un metodo innovativo ed efficace, poiché considera la persona-alunno nella sua globalità e ne promuove il pieno sviluppo cognitivo, relazionale ed emozionale.

Le principali strategie didattiche metacognitive

In maniera molto compendiata si riassumono le principali strategie didattiche metacognitive:

1. Strategia di selezione

La strategia di selezione «comporta la scelta delle informazioni ritenute rilevanti, sulle quali è importante soffermarsi: a) rivedere il programma e scegliere le idee centrali; b) annotare i paragrafi dei capitoli, sottolineando i concetti più importanti; c) leggere i sommari; d) Usare le guide per lo studente che, in genere, hanno importanti argomenti già sottolineati».

2. Strategia organizzativa

Le strategie organizzative «comportano la connessione fra vari pezzi di informazione che stiamo apprendendo. Perciò organizziamo l’informazione in ordine logico (per esempio con un riassunto orale e/o scritto) e la supportiamo di dettagli ed esempi. La mappa concettuale è una strategia organizzativa importante per tutti i gesti metacognitivi conclusivi di un percorso di apprendimento».

3. Strategia di elaborazione

La strategia di elaborazione «comporta il legame della nuova informazione con quanto già si conosce. Questa è la modalità più efficace di apprendimento. Per esempio, se stiamo studiando il legame chimico, la nostra mente richiama e collega la struttura dell’atomo alle nuove conoscenze in via di acquisizione».

4. Strategia di ripetizione

La strategia di ripetizione «è basata sulla ripetizione nella propria mente (con parole, suoni o immagini) dell’informazione, sino a completa padronanza. La memorizzazione è, dunque, l’evento conclusivo di ripetute evocazioni mentali dell’informazione o della percezione. Perché ci sia memorizzazione duratura, il processo di andata e ritorno, fra quanto letto o ascoltato a lezione, deve avvenire più volte e subito. La memorizzazione si fa nel momento stesso della spiegazione e non si rimanda ad un secondo momento. Quando al telefono ci dettano un numero telefonico, se vogliamo ricordarlo dobbiamo attivare subito i processi di andata e ritorno descritti, pena la perdita dell’informazione. Il bravo insegnante, in classe, concede spazi temporali adeguati, perché gli allievi possano memorizzare all’istante i concetti. La memorizzazione, dopo la lettura dei capitoli del libro, avviene con analoghe strategie personalizzate. Una volta che è stata identificata la strategia più utile per apprendere, si stabilisce come e quando applicarla. Questo è quello che chiamiamo atto metacognitivo. Le principali strategie di apprendimento sono descritte dalla seguente mappa concettuale».

Il professor Dario Ianes, docente di Pedagogia dell’Inclusione, Comunicazione in condizioni difficili ed Educazione all’affettività all’Università di Bolzano, nel suo saggio Metacognizione e insegnamento riassume gli elementi costitutivi della didattica metacognitiva:

1) le conoscenze sul funzionamento cognitivo in generale: stili di apprendimento, le intelligenze, il pensiero, ecc.

2) la autoconsapevolezza del proprio funzionamento cognitivo, cosa e come sto pensando, cosa e come sto ricordando, cosa mi facilita o cosa ostacola, quali sono i miei punti di forza e deficit, cosa mi può aiutare a comprendere e a ricordare.

3) l’uso di strategie di autoregolazione cognitiva: auto-osservazione, auto-direzione e auto-valutazione (come ho fatto, come posso fare, come sono andato) e le strategie di risoluzione di un problema (problem solving) e la pianificazione per apprendere.

4) le variabili psicologiche di mediazione, immagine di sé come persona in grado di imparare: stile di attribuzione (interno o esterno), convinzioni riguardo al proprio uso di strategie, al senso di autoefficacia, all’immagine di sé come studente (sono/non sono capace, in cosa penso di essere/ non essere bravo), alla propria capacità di trovare risorse (ce la posso fare!).

Conclusioni

Occorre sottolineare che l’importanza della didattica metacognitiva va oltre lo studio: al di là di sviluppare l’autonomia nello apprendimento, la didattica metacognitiva aiuta i bambini/ragazzi a diventare problem solver: allievi che si sperimentano per superare, fronteggiare, aggirare, abbattere l’ostacolo, scoprire, valorizzare e mettere in campo le proprie capacità.

In conclusione, dunque, come il termine metacognizione suggerisce, per un corretto approccio metacognitivo occorre andare oltre la cognizione. Questo significa offrire agli alunni la possibilità di imparare a esaminare il grado di difficoltà di un compito, le diverse possibilità o modalità di risoluzione, di pianificazione dei comportamenti e la valutazione dei progressi e dei risultati ottenuti; in una parola, alla scuola si chiede di sviluppare la disposizione degli alunni a “imparare ad imparare”.

Bibliografia

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Boscolo P., Psicologia dell’apprendimento scolastico. Aspetti cognitivi e motivazionali, Utet, Torino, 2006.

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Cornoldi C., Metacognizione e apprendimento, il Mulino, Bologna,1995.

Flavell J.H., First discussant’s comments. What is memory development the development of?, «Human Development», vol. 14, 1971, pp. 272-278.

Fragnito R. (a cura di), Metacognizione e processi formativi, Pensa Editore, San Cesario di Lecce (Le), 2005.

Friso G., Palladino P., Cornoldi C., Avviamento alla metacognizione. Attività su «riflettere sulla mente», «la mente in azione», «controllare la mente» e «credere nella mente», Erickson, Trento, 2006.

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Smeriglio F., Didattica metacognitiva e pedagogia dell’apprendimento, Samperi, Messina, 1997.

Valitutti G., La scuola del successo e la metacognizione, in http://educa.univpm.it/strategie/scusumet.html

Università, firmato il decreto sull’una tantum

Università, firmato il decreto sull’una tantum. Ripartiti 90 milioni tra gli atenei per la parziale compensazione dei mancati scatti stipendiali. Con legge di bilancio al via anche nuovo sistema scatti

(Venerdì, 02 marzo 2018) Firmato il decreto che distribuisce alle università 50 milioni di euro per il 2018 e 40 milioni per il 2019 previsti dall’ultima legge di bilancio per la parziale compensazione del blocco degli scatti stipendiali delle docenti e dei docenti universitari vigente per il quinquennio 2011-2015. La misura varata si aggiunge alla revisione del meccanismo degli scatti previsto sempre in legge di bilancio che sono stati trasformati da triennali a biennali. Una modifica che consentirà un più rapido recupero delle risorse perse durante il periodo del blocco e che punta a favorire i docenti più giovani.

Il decreto approvato oggi riguarda intanto professori e ricercatori universitari di ruolo in servizio alla data di entrata in vigore della legge di bilancio per il 2018 e che lo erano alla data del 1° gennaio 2011, o che hanno preso servizio nel periodo del blocco stipendiale, cioè tra il 1° gennaio 2011 e il 31 dicembre 2015.

L’importo attribuito dalle Università sulla base di criteri e modalità definiti con il decreto firmato oggi sarà determinato per ciascuno in relazione alla classe stipendiale che avrebbe potuto maturare nel quinquennio 2011-2015 e in proporzione all’entità del blocco stipendiale subìto.

Nuovi percorsi di crescita per le persone con deficit uditivo

Superando.it del 02-03-2018

Nuovi percorsi di crescita per le persone con deficit uditivo

Un film dedicato alla sordità infantile, un innovativo premio musicale, indetto in collaborazione con un Conservatorio, riservato a giovani affetti da una sordità neurosensoriale profonda, che abbiano ripristinato le funzionalità auditive grazie all’impianto cocleare e altre iniziative ancora, tra cui il protocollo d’intesa stipulato con un’Associazione impegnata nei Paesi in guerra e del Terzo Mondo: quella del 10 marzo a Napoli, voluta dalla FIADDA Campania, sarà davvero un’emozionante e importante giornata di sensibilizzazione culturale sul tema della sordità.

NAPOLI. Diventare talenti nella musica, affrontare con entusiasmo le discipline sportive, viaggiare nel mondo conversando nelle varie lingue, superare brillantemente e con profitto gli studi, affrontare con successo il mondo del lavoro e tanto altro ancora: sono tutte sfide che ormai le persone con differenti deficit uditivi, sempre più quotidianamente, riescono ad affrontare senza timori e con grande determinazione.
«Sono storie ed esperienze – sottolinea Raffaele Puzio, neopresidente della FIADDA Campania (Famiglie Italiane Associate in Difesa dei Diritti degli Audiolesi), con sede ad Afragola – che possono dare forza anche alle tante persone di ogni età che ancora oggi incontrano difficoltà a superare numerose barriere e a far valere le proprie capacità, ovvero le caratteristiche personali. Infatti, mettere insieme le lotte quotidiane e le conquiste personali è un percorso che rafforza la coesione sociale e offre uno spaccato importante sulle prospettive che le persone con deficit uditivo possono costruire per il futuro. È dunque con queste premesse che i Soci e i Consiglieri della FIADDA Campania hanno voluto redigere un programma di iniziative di sensibilizzazione, un percorso che ci veda tutti coinvolti affinché le persone possano avere una visione più ampia dei percorsi di vita possibili e, soprattutto, delle tante opportunità da cogliere, per valorizzare l’impegno delle famiglie e delle stesse persone con deficit uditivi».

Nell’àmbito di tali iniziative, va segnalata innanzitutto la giornata di sensibilizzazione culturale sul tema della sordità organizzata per il 10 marzo al Multicinema Modernissimo di Napoli (Via Cisterna dell’Olio, 49/59, ore 10) dalla stessa FIADDA insieme ad Aquila film.
«In un’alternanza di emozioni che non mancheranno di stimolare e coinvolgere gli spettatori», come dichiara Sabina Garofalo, consigliera della FIADDA campana, ci sarà la proiezione di Dentro il Silenzio, film-sfida nato da un’idea di Antonio della Volpe e Lucio Allegretti, realizzato dal regista Pino Sondelli e dedicato alla sordità infantile e alla scelta dell’impianto cocleare.
L’opera è patrocinato dall’Azienda Ospedaliera di Rilevanza Nazionale Santobono-Pausilipon di Napoli, dall’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Copmune di Napoli dall’Assessorato all’Istruzione e alle Politiche Sociali della Regione Campania e dall’Unicef Campania.

A seguire, dando piena visibilità a una realtà ancora sconosciuta a tanti, verrà presentata la seconda edizione del Premio Musicale Rotary Armonie Cocleari, primo premio musicale al mondo, indetto in collaborazione con un Conservatorio, specificamente riservato a giovani affetti da una sordità neurosensoriale profonda, che abbiano ripristinato le funzionalità uditive grazie all’impianto cocleare.

E ancora, verrà presentato il protocollo di intesa stipulato dalla FIADDA con Haiat, Associazione della Comunità Palestinese di Napoli, impegnata a sostenere i percorsi di autonomia e indipendenza delle famiglie e dei bambini provenienti dai Paesi in guerra e del Terzo Mondo.
«Tale accordo – afferma a tal proposito Alaa Al-Amoudi, presidente di Haiat – coincide con il nostro apprezzamento per lo straordinario impegno della FIADDA locale a sostenere gli sforzi delle famiglie e delle persone con deficit uditivi di diversi Paesi del Mondo e soprattutto della Palestina, dando così valore alla solidarietà internazionale, per superare le enormi diseguaglianze che fanno soffrire anche questi popoli, quando invece sappiamo che hanno tanta energia da sostenere per la crescita reciproca».
«Anche con questo ulteriore passaggio – sottolinea dal canto suo Daniele Romano, presidente della FISH Campania (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), cui la FIADDA aderisce – si realizza l’obiettivo di seguire i principi della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, tema che vede la FISH e la FIADDA compatte, assieme alle altre Associazioni del territorio campano».

«Con queste importanti iniziative – concludono a una voce Romano , Puzio e Al-Amoudi – c’è la consapevolezza di dover unire le nostre lotte e le nostre conquiste, perché ciò equivale a dare concretezza al desiderio comune di consegnare un mondo migliore alle future generazioni». (S.B.)

A questo link è disponibile il trailer del film Dentro il Silenzio. Per ulteriori informazioni e approfondimenti: fiadda

Disabilita’, in Italia ogni anno nascono 2 mila bambini sordi

Redattore Sociale del 02-03-2018

Disabilita’, in Italia ogni anno nascono 2 mila bambini sordi

ROMA. Ogni anno nel nostro Paese nascono circa 2mila bambini con gravi problemi all’udito, che rischiano di essere penalizzati se questi disturbi non vengono individuati subito e trattati in modo corretto. Ma la sordità è una patologia circondata ancora da troppa disinformazione: oggi, infatti, esistono diagnosi e terapie affinché anche il bambino affetto da sordità congenita possa condurre una vita normale. In occasione della Giornata mondiale dell’Udito, che si celebrerà il prossimo 3 marzo, il provider Ecm 2506 Sanità in-Formazione e il professor Giuseppe Attanasio, medico specialista in Otorinolaringoiatria presso il Policlinico Umberto I di Roma, in collaborazione con Consulcesi Club, forniscono una guida ai genitori attraverso il corso Ecm Fad (formazione a distanza) ‘Ipoacusia infantile e protesizzazione acustica’.

L’IMPORTANZA DELLO SCREENING NEONATALE DELL’UDITO. Ecografie e amniocentesi non sono in grado di rilevare la sordità nel feto. Al contrario, lo screening audiologico universale entro i primi 2-3 mesi di vita è la soluzione per scoprire subito i problemi di ipoacusia di un bambino. Da segnalare, però, che questo esame non e’ in grado di identificare la perdita uditiva acquisita o progressiva che intervenga successivamente. Questi deficit uditivi infantili (che rappresentano circa il 30% dei casi) possono essere identificati solo con programmi di osservazione e sorveglianza audiologica, per questo “e’ essenziale che il medico, soprattutto il neonatologo e il pediatra- sottolinea il professor Attanasio- sia formato e sappia essere sollecito in termini di diagnosi precoce, che in questi casi e’ fondamentale”.

VALUTAZIONE DEGLI AUSILI UDITIVI PIÙ ADATTI. Una volta individuata l’ipoacusia, è fondamentale una rapida ed efficace scelta degli ausili uditivi più adatti al bambino, verificando l’idoneità degli stessi (protesi, impianto cocleare).

INSERIMENTO DEL BAMBINO IN UN PROGRAMMA DI RIABILITAZIONE LOGOPEDICA. La logopedia costituisce un supporto fondamentale nello sviluppo e acquisizione del linguaggio nel bambino; ovviamente, la prognosi riabilitativa cambia se al bambino è stato diagnosticato tempestivamente il deficit uditivo, quindi non riporta gravi compromissioni nel linguaggio, o se l’ipoacusia viene riscontrata tardivamente.

IL SUPPORTO PSICOLOGICO AI GENITORI. Comprensibilmente, una diagnosi di ipoacusia nel bambino genera paura e sconforto nei genitori. È importante, quindi, fornire loro tutte le informazioni sulle novità terapeutiche che potranno assicurare una vita normale a loro figlio, e un adeguato supporto psicologico.

ATTENZIONE AI BAMBINI A RISCHIO. Come già detto, anche una volta superato lo screening neonatale, non è detto che il bambino sia esente da problemi all’udito. In particolare, è opportuno attuare un programma di sorveglianza audiologica su bambini a rischio per sordità congenita progressiva o ad esordio tardivo. Tra i fattori cui prestare particolare attenzione, possiamo citare la familiarità per ipoacusie permanenti nell’infanzia, traumi cranici, infezioni post-natali (compresa la meningite batterica) e otiti ricorrenti o persistenti. (DIRE)

VACCINI: I DIRIGENTI NON SONO I GENDARMI DELLA BUROCRAZIA

VACCINI: I DIRIGENTI NON SONO I GENDARMI DELLA BUROCRAZIA

 

Le ‘Indicazioni operative’ pubblicate con nota congiunta dal Ministero della Salute/MIUR in data 27 febbraio c.a. pretendono di fornire un quadro chiaro e definito circa gli adempimenti spettanti alle istituzioni scolastiche sulla questione dei vaccini. La realtà è ben diversa per i seguenti motivi:

  • TEMPISTICA 1: Le ‘Indicazioni operative’ sono state diramate alle scuole nella tarda giornata del 28 febbraio e pubblicate da alcuni USR soltanto il giorno successivo, nonostante le scadenze siano molto ristrette, soprattutto quelle relative al corrente anno scolastico.
  • TEMPISTICA 2: viene richiesto alle scuole di osservare, soprattutto per le operazioni relative al corrente anno scolastico, una tempistica ‘capestro’, considerando anche la chiusura di numerose istituzioni in quanto sedi elettorali.
  • CENSIMENTO: ad oggi manca un censimento nazionale delle ASL fornite di anagrafi vaccinali, dunque le ‘Indicazioni operative’ non sono fornite di una tabella dalla quale i Dirigenti scolastici possono evincere la situazione anagrafica della regione di appartenenza.
  • MODALITA’ OPERATIVE: l’allegato A raccomanda l’attivazione di una casella PEC dedicata, oppure l’utilizzo di un sistema informativo web based reso disponibile dalle Regioni o dalle Province.

In buona sostanza, queste ‘Indicazioni’ non consentono ai Dirigenti delle scuole di operare con tempi distesi, con informazioni complete e con le modalità comunicative ordinarie: non è tollerabile che venga riversato sulle scuole un tale onere.

ANP denuncia questo ennesimo atto di vessazione burocratica richiamando entrambi i Ministeri al rispetto delle regole che vengono richieste ai Dirigenti scolastici nel loro lavoro quotidiano: rispetto dei tempi e della corretta e chiara informazione.

Ciò che non si può fare, non si fa: ad impossibilia nemo tenetur …

ANP dice BASTA!!!

Preside «hi-tech» ed ex amico della Buona Scuola: chi è l’aspirante ministro del M5S

da Il Sole 24 Ore

Preside «hi-tech» ed ex amico della Buona Scuola: chi è l’aspirante ministro del M5S

di Eugenio Bruno

Se non dell’ex premier Matteo Renzi, come si è affrettato a precisare ieri, Salvatore Giuliano è sicuramente un “amico” della Buona Scuola. O almeno lo è stato se è vero che il 51enne preside brindisino, indicato da Luigi Di Maio come ministro dell’Istruzione del suo ipotetico governo a 5 Stelle, ha partecipato sin dal 2014 ai cantieri preparatori di quella che sarebbe diventata la legge 107 del 2015. Facendo anche da consulente per l’innovazione (a titolo gratuito) per le ministre Stefania Giannini e Valeria Fedeli. Tant’è che ha contribuito in prima persona al Piano nazionale scuola digitale previsto dalla riforma di due anni fa. Riforma che lo stesso Di Maio ha più volte detto di voler smantellare.

Chi è
Laureato in Economia Bancaria, Finanziaria ed Assicurativa presso l’Università di Lecce, Salvatore Giuliano è dirigente scolastico dell’IIIS Ettore Majorana di Brindisi. E, stando alla nota biografica pubblicata ieri Blog delle stelle, «ha collaborato con varie commissioni ministeriali e dal 2016 è stato nominato esperto del ministro dell’Istruzione, università e ricerca con delega alla Formazione dei Dirigenti Scolastici e sostegno della loro attività». Una formula neutra. Che viene però riempita di contenuto dai tecnici che hanno lavorato con lui, al Miur e fuori, ai tempi della riforma Renzi-Giannini. E che ieri sono rimasti quanto meno perplessi per il suo “cambio di rotta”. Avendo partecipato – spiegano – a cantieri ministeriali, sottoscritto manifesti in difesa della legge 107, condotto seminari formativi per conto dell’Anp. E, ad abundantiam, non avendo aderito al maxi-sciopero del 5 maggio 2015 contro la “Buona Scuola”.

Che ha fatto
Dicono di lui che ha uno spiccato interesse per l’innovazione tra i banchi. E le iniziative messe in campo nell’istituto brindisino lo confermano. A partire dal “book in progress” lanciato nel 2009 per realizzare in proprio i libri scolastici in formato digitale e cartaceo. Seguito in anni più recenti dall’iPad a scuola, in sostituzione di zaino e volumi vari. Oppure l’aula del futuro inaugurata nel 2013: uno spazio multimediale dotato di pc, touch
screen, e di scaffali per tablet e netbook. Proprio il suo istituto industriale è stato uno dei primi a dotarsi del registro elettronico e a ognuno degli iscritti viene fornito un badge personale per timbrare ingresso e uscita dall’edificio. Sempre a proposito di innovazione il suo istituto ha partecipato e partecipa con soddisfazione alla sperimentazione per le superiori in quattro anni. Come sottolineava lui stesso al Sole 24 Ore del 9 gennaio : «Abbiamo funzionanti già sette classi, e ora, con l’avvio della nuova sperimentazione a settembre saliremo a otto. Siamo una best practice nel territorio, e vengono a studiare da noi persino giovani dalla Lombardia». L’ultima trovata risale a pochi giorni fa quando ha proposto di fare suonare la campanella alle 10: «Così gli studenti – assicurava – impareranno di più».

Buona Scuola sì, Buona Scuola no
Arriviamo così al suo rapporto con la legge 107. Quanto è accaduto ieri subito dopo l’investitura pubblica da parte di Di Maio è emblematico. In mattinata ai microfoni dell’Aria che tira su La7 Giuliano ha dichiarato: «La buona scuola va superata e migliorata. Non abolita? Sui precari bisogna continuare ad assorbire tanti docenti». Nel tardo pomeriggio, dimostrando di aver già acquisito i “ferri del mestiere” che potrebbero tornargli utili a viale Trastevere, ha rettificato: «La buona scuola è un provvedimento disastroso, che ha distrutto la vita di migliaia di insegnanti». Nel mezzo c’è stato lo spazio per un botta e risposta con l’ex premier Matteo Renzi che lo aveva definito «un nostro amico», «un consulente della Giannini e della Fedeli», «un preside, anche bravo, che ci ha aiutato a scrivere la riforma della Buona Scuola». Immediata la replica dell’aspirante ministro: «Sono stato presentato 4 ore fa e ho scoperto di essere stato quello che ha scritto la Buona Scuola, non ho scritto un rigo. Scopro di avere amicizie importanti, io l’onorevole Matteo Renzi – ha aggiunto – l’ho visto due volte in pubbliche occasioni, ho una concezione di versa di amicizia». Ma a togliere ogni dubbio in serata è giunto un video del 2015 in cui Giuliano invitava l’allora presidente del Consiglio ad andare avanti sulla riforma con un laconico: «La scuola è con lei, presidente». Un siparietto da campagna elettorale. Come ce ne sono stati tanti. Che non contribuisce però a tirare le somme su ciò che la riforma dell’istruzione è stata fin qui. E, soprattutto, su ciò che cosa potrà ancora essere.

Maturità, così funziona la verifica dell’alternanza scuola-lavoro per gli esterni

da Il Sole 24 Ore

Maturità, così funziona la verifica dell’alternanza scuola-lavoro per gli esterni

di Franco Portelli

L’alternanza scuola-lavoro è sempre nelle priorità del governo che vede in questo progetto l’anello di congiuzione tra la scuola e il mondo del lavoro. Il primo triennio della Buona scuola si conclude con la chiusura dell’anno scolastico in corso. Gli alunni completeranno le attività previste per l’alternanza scuola-lavoro, ma il nuovo esame di Stato partirà solo dal 2018/2019. Intanto la certificazione delle competenze sviluppate attraverso la metodologia dell’alternanza scuola lavoro può essere acquisita negli scrutini intermedi e finali degli anni scolastici compresi nel secondo biennio e nell’ultimo anno del corso di studi. In tutti i casi, tale certificazione deve essere acquisita entro la data dello scrutinio di ammissione agli esami di Stato e inserita nel curriculum dello studente.

Come ci si deve comportare, relativamente alla verifica della partecipazione dei candidati esterni alle attività di alternanza scuola-lavoro negli esami di Stato del corrente anno scolastico? L’Ufficio scolastico regionale per la Toscana, con la nota 1479 del 5 febbraio 2018, affronta questo argomento fornendo utili indicazioni. L’articolo 14, comma 4, del Dlgs 62/2017 prevede, per i candidati esterni, che l’ammissione all’esame di Stato sia subordinata, tra l’altro, «allo svolgimento di attività assimilabili all’alternanza scuola-lavoro, secondo criteri definiti con decreto del Miur». La norma in esame è inserita all’interno del capo III del decreto legislativo, le cui disposizioni si applicano a decorrere dal 1° settembre 2018, per espressa previsione del legislatore inserita nell’articolo 26, comma 1.

In base alla normativa ad oggi in vigore, dunque, salvo diverso avviso dell’amministrazione centrale che legge per conoscenza, nell’ anno scolastico corrente, si ritiene che per i candidati esterni non è richiesta, ai fini dell’ammissione all’esame, la verifica del requisito relativo alla partecipazione ad attività di alternanza scuola-lavoro. In ogni caso, le eventuali esperienze formative in alternanza scuola-lavoro indicate nel curriculum dello studente sono tenute in considerazione dalla commissione nello svolgimento dei colloqui (articolo 30 legge 107/2015). La valutazione, infatti, potrà tener conto di quanto realizzato.

L’utilizzo della metodologia dell’alternanza trasforma il modello di apprendimento legato alle singole discipline in un diverso modello, che costituisce il risultato multifattoriale di un processo, che riconosce il valore degli apprendimenti acquisiti in modo informale e non formale nell’azione didattica, consentendone il riconoscimento in termini di competenze e di potenziale successo formativo dello studente.

Alternanza, come si scrive un progetto da presentare a un’azienda o all’Unione europea

da Il Sole 24 Ore

Alternanza, come si scrive un progetto da presentare a un’azienda o all’Unione europea

di Francesca Malandrucco

Imparare a scrivere un progetto da presentare ad un’azienda o all’Unione europea. E’ quanto hanno fatto i ragazzi del V anno del liceo scientifico Orsini di Ascoli Piceno durante il loro percorso di alternanza scuola lavoro. A febbraio hanno preso parte al Project training at school, il modulo di learning by doing messo a punto da Gianluca Vagnarelli, professore di Teoria e pratica della cittadinanza all’università degli studi di Macerata, e pensato per i ragazzi degli ultimi anni delle scuole superiori. Durante le 20 ore di formazione i 22 studenti sono stati divisi in cinque gruppi con il compito di sviluppare, ciascuno, un progetto sulla base di indicazioni precedentemente fornite da due imprese del territorio.

«Attraverso il mio lavoro di docente, ma anche di valutatore dei progetti Horizon2020 – spiega Vagnarelli – ho capito quanto le competenze progettuali oggi siano importanti per riuscire a dare una forma efficace e una rappresentazione grafica adeguata alle idee. La maggior parte dei bandi pubblici o privati è caratterizzata da un approccio project-based, ovvero oggi vengono finanziati principalmente i progetti. E molto spesso a fare la differenza tra un buono o un cattivo progetto non sono tanto le idee, ma il modo in cui vengono sviluppate e presentate – aggiunge il docente universitario – Da qui nasce la necessità di formare i ragazzi fin da subito alle competenze progettuali che, non a caso, sono state inserite dall’Unione Europea tra le otto competenze chiave per l’apprendimento permanente».

I ragazzi hanno simulato la presentazione di un vero e proprio progetto, partendo dalla lettura di un bando, in cui erano state sintetizzate le esigenze delle due aziende coinvolte, alla generazione dell’idea di progetto attraverso un brainstorming e alla realizzazione di un indagine di mercato attraverso il SurveyMonkey. Quindi è iniziata la fase di scrittura collaborativa e strutturata del progetto all’interno di un’application form già predisposta che prevedeva anche una sintesi grafica dell’idea progettuale con l’utilizzo di Canva, un programma di grafic design. Infine i ragazzi hanno dovuto presentare i progetti alle aziende.

«Ogni gruppo ha avuto a disposizione 5 minuti per spiegare la loro idea di progetto alle imprese – racconta Vagnarelli che ha seguito direttamente i moduli di lavoro in qualità di tutor esterno dei ragazzi – sviluppando anche le competenze di public speaking e storytelling. Non solo, attraverso ciascuno dei diversi step, grazie all’uso di tool digitali, i ragazzi hanno rafforzato anche le loro competenze digitali». Il risultato finale del progetto è stato superiore ad ogni aspettativa. Il 99% dei ragazzi ha giudicato da molto a estremamente utili le competenze acquisite durante le ore di alternanza scuola-lavoro. Soddisfatte anche le due imprese coinvolte che stanno guardano con interesse, ora, ai progetti presentati dagli studenti.

Ora il liceo scientifico Orsini di Ascoli Piceno, grazie al Project training at school, parteciperà al premio “Storie di alternanza” bandito da Unioncamere e aderirà come partner ad un progetto europeo nell’ambito della Key Action 2 di Erasmus Plus.

Concorso docenti 2018 abilitati, formazione della commissione di valutazione

da La Tecnica della Scuola

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Erasmus+, scadenza 21 marzo per i partenariati strategici

da La Tecnica della Scuola

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Scuola-famiglia, sottoscritta la proposta di revisione del Patto di corresponsabilità educativa

da La Tecnica della Scuola

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L’8 marzo sciopero generale

da La Tecnica della Scuola

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Scuola-famiglia, sottoscritta proposta di revisione del Patto di corresponsabilità educativa

da Tuttoscuola

Scuola-famiglia, sottoscritta proposta di revisione del Patto di corresponsabilità educativa

Rafforzare la collaborazione tra scuola e famiglia, anche attraverso la definizione di modalità, tempi e ambiti sempre più precisi di partecipazione alla vita scolastica. A partire dalla possibilità, per i genitori e gli studenti, di fare proposte per arricchire l’offerta formativa. Massima trasparenza e informazione sulle attività e la progettualità degli istituti scolastici. Maggiore condivisione degli interventi di formazione e prevenzione in materia di bullismo e cyberbullismo. Estensione del Patto di corresponsabilità educativa anche alla scuola primaria. Istituzione della “Giornata della corresponsabilità”, come momento per consolidare il clima di cooperazione tra tutti coloro che compongono la comunità educante. Sono questi i principali obiettivi e contenuti della proposta di revisione del Patto di corresponsabilità educativa sottoscritta all’unanimità dal FONAGS, il Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola, a seguito di numerosi incontri all’interno del tavolo tecnico, istituito presso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, che sta curando anche i lavori per la definizione della riforma della rappresentanza. La proposta sarà ora oggetto di confronto con tutti gli attori a vario titolo coinvolti e con il Forum delle studentesse e degli studenti. Il Patto di corresponsabilità educativa, voluto dall’allora Ministro Giuseppe Fioroni, ha compiuto dieci anni lo scorso 21 novembre.

“Si tratta di un importante passo in avanti – ha dichiarato la Ministra Valeria Fedeli – verso il rilancio del Patto di corresponsabilità educativa, che dà concretezza all’azione che come MIUR abbiamo voluto intraprendere il 21 novembre scorso, in occasione del suo decimo anniversario. E questo è fondamentale in un momento, come quello attuale, in cui le cronache raccontano episodi di contrapposizione o addirittura di violenza tra genitori e insegnanti. Episodi che mai avremmo voluto vedere e che dobbiamo impegnarci a contrastare. Questa proposta di revisione del Patto è una risposta di responsabilità a queste vicende: è la base per la costruzione di una scuola sempre più collaborativa, che mette al centro le studentesse e gli studenti, in un clima di unione di intenti, di condivisione, di rinnovata alleanza con le famiglie e con quanti sono parte attiva della comunità educante”.

“A dieci anni di distanza dall’emanazione, tutte le Associazioni aderenti al FONAGS – ha spiegato Giovanni Sanfilippo, Coordinatore del FONAGS – hanno collaborato alla revisione e sottoscritto all’unanimità la proposta di modifica del Patto di Corresponsabilità. La condivisione, la partecipazione e l’alleanza devono essere al centro degli sforzi e dell’impegno di tutta la comunità educante e in particolare delle famiglie e della scuola. Il Patto di Corresponsabilità educativa definisce in modo più puntuale e dettagliato modalità e tempi della partecipazione alla vita scolastica e sottolinea gli obblighi di trasparenza, indispensabili per garantire e tutelare i diritti e i doveri dei genitori e della scuola nel rispetto reciproco”.

Secondo il documento sottoscritto, i genitori dovranno aderire, contestualmente all’iscrizione a scuola, al Patto di corresponsabilità educativa, il cui obiettivo è definire in maniera dettagliata e condivisa diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie e a stabilire chiaramente modalità, tempi e ambiti di partecipazione alla vita scolastica. Nel Patto sono descritti i modi e i termini ai quali rappresentanti degli organi collegiali, dei genitori e degli studenti, nel caso delle secondarie di secondo grado, dovranno attenersi per presentare proposte per la redazione o l’aggiornamento del Piano triennale dell’offerta formativa (PTOF) delle loro scuole. Proposte che dovranno pervenire al dirigente scolastico entro il 15 ottobre di ogni anno. Il documento prevede la condivisione degli interventi di informazione e prevenzione relativi al cyberbullismo, previsti dalla legge 71 del 2017, e la progettazione curricolare ed extracurricolare dei singoli istituti. I rappresentanti eletti negli organi collegiali, gli organismi e le associazioni dei genitori e degli studenti potranno presentare al dirigente scolastico le proprie proposte ed esprimere i propri pareri anche relativamente allo stesso Patto di corresponsabilità, che viene definito ed approvato dal Consiglio di istituto e portato a conoscenza delle famiglie al momento dell’iscrizione. Annualmente, su richiesta degli studenti o dei genitori, il Consiglio di istituto potrà valutare e deliberare modifiche al Patto. Solo in caso di modifica sarà richiesta ai firmatari una nuova adesione.

I progetti inseriti nel PTOF, i bandi rivolti ai giovani, il regolamento interno della scuola, lo Statuto delle studentesse e degli studenti, il Patto stesso: tutto verrà pubblicato sul sito web di ogni istituto scolastico, nell’ottica della massima trasparenza e per far sì che si consolidino la condivisione della responsabilità educativa e il rapporto di fiducia tra scuole e famiglie.

La proposta prevede, infine, l’istituzione della “Giornata della corresponsabilità” e la creazione di un portale della rappresentanza, uno spazio destinato alla pubblicazione di  materiale informativo per i rappresentanti degli organi collegiali, del Forum delle associazioni degli studenti e di quello dei genitori.

Le associazioni aderenti al FONAGS che hanno sottoscritto all’unanimità il documento di revisione sono: AGE (Associazione Italiana Genitori), AGESC (Associazione Genitori Scuole Cattoliche), CGD (Coordinamento Genitori Democratici), FAES (Famiglia e Scuola), il MOIGE (Movimento Italiano Genitori), CARE (Coordinamento delle Associazioni Familiari Adottive e Affidatarie in Rete), l’AGEDO (Associazione Genitori di Omosessuali).

“La proposta sottoscritta dal Forum delle associazioni dei genitori è partecipata e spinge a una sempre maggiore partecipazione, dà voce a chi la scuola la fa e la vive ogni giorno, stabilisce chiaramente le responsabilità, i diritti e i doveri di tutti coloro che sono parte della comunità educante. Famiglie comprese. Stiamo lavorando per migliorare la comunicazione tra giovani, genitori e scuole e rafforzare la partecipazione responsabile di tutti i soggetti di fronte alla nuove sfide educative. L’obiettivo della nostra azione è comune: il pieno e libero sviluppo delle nostre studentesse e dei nostri studenti. In linea e in ottemperanza con quanto stabilito dall’articolo 3 della nostra Costituzione. Il rilancio del Patto di corresponsabilità educativa è un passo importante in questa direzione. E sta avvenendo in un clima di positiva e rinnovata alleanza. Guardando ai nostri giovani – ha concluso la Ministra – non solo in quanto destinatari della nostra azione, ma anche in quanto co-protagonisti attivi”.

Vaccini, Lorenzin: ‘Chi non è in regola non terminerà l’anno scolastico’

da Tuttoscuola

Meno dieci giorni al termine ultimo per la regolarizzazione vaccinale fissato proprio per il prossimo 10 marzo. Diverse sono le Regioni che propongono di lasciare che i bambini non in regola con la certificazione vaccinale possano comunque terminare l’anno scolastico, ma la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, secondo quanto riportato da Ansa.it, su questo punto non lascia adito a dubbi: «Non sono assolutamente d’accordo. Siamo un paese che ha perso il senso della legge e del rispetto delle regole. Sono regole messe in campo per garantire la sicurezza pubblica».

«Lo scorso mese sono morte due persone di morbillo e abbiamo avuto 164 casi – continua Lorenzin -. Parliamo di cose serie. Le istituzioni si devono adeguare alla legge, una legge fatta per la sicurezza delle persone e garantire in alcuni casi la vita. Abbiamo permesso tutte le facilitazioni possibili alle famiglie».

In riferimento alla scadenza prossima del 10 marzo la Ministra poi dichiara: «Le uniche famiglie che saranno sanzionate sono quelle che non hanno voluto vaccinare i figli per motivi ideologici. Noi dobbiamo garantire la sicurezza di tutti i bambini. Ci sarà un’applicazione pedissequa della legge – ha detto a margine della presentazione del portale ISSalute, dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss) -. Chi pensava che non facessimo sul serio si sbagliava di grosso».