Scuola: i ministri in pectore Lega, Fi e M5s. Tutti gli eletti e gli esclusi del mondo dell’Istruzione

da Repubblica

Scuola: i ministri in pectore Lega, Fi e M5s. Tutti gli eletti e gli esclusi del mondo dell’Istruzione

Giuliano, il preside scelto dai Cinque Stelle. Pittoni, il tecnico della Lega. E tre donne, Bernini, Carfagna, Centemero, sono in corsa per Forza Italia. Fedeli: “Se dura l’impasse, sul finanziamento universitario scelgo io”.

di CORRADO ZUNINO

ROMA – La minista dell’Istruzione Valeria Fedeli rientra dalla porta di servizio: battuta per duemila voti a Pisa, collegio considerato sicuro per il Pd, dalla veterinaria leghista Rosellina Sbrana, la ministra dell’Istruzione uscente mantiene il seggio da senatrice grazie al ripescaggio proporzionale nella circoscrizione Campania 1 (era candidata nel plurinominale anche in Lombardia e in Emilia Romagna). Su 32 seggi della città metropolitana di Napoli, uno soltanto è andato ai democratici. Appannaggio della ministra capolista. Fedeli, sempre da Pisa, dice: “Sull’esito elettorale ha pesato il pregresso della scuola, ma non credo che il mio ministero sia stato valutato negativamente. Continuo a fare la ministra sull’attività ordinaria. Vorrei passare la mano perché il Paese ha bisogno di un esecutivo in pieni poteri, ma alcune scadenze sono imminenti. Le scelte sul Fondo di finanziamento ordinario dell’università, per esempio. Di fronte a un dilatarsi dell’impasse politico, sarò io ad occuparmi dell’Ffo 2018. Sì, nel futuro lavorerò ancora sulla scuola, ma non sarò membro della Commissione Istruzione pubblica in Senato”.

TRE OPZIONI PER UN MINISTRO
La scuola è stato banco di prova importante per le elezioni del 4 maggio, un argomento che ha fatto la differenza. Alla fine delle conte le novità sono molte. Sulla scelta del possibile prossimo ministro, visto che ad oggi la questione governo non si è neppure aperta, le possibilità prevalenti sul campo sono due: quella del dirigente scolastico Salvatore Giuliano, di fronte a un esecutivo a maggioranza Cinque Stelle, o del tecnico leghista Mario Pittoni, se Salvini sarà premier. Tre donne – Anna Maria Bernini, Mara Carfagna ed Elena Centemero – si contendono il dicastero se in un governo di centrodestra toccherà a Forza Italia guidare.

I SOPRAVVISSUTI DEL PD
Alla fine della tornata elettorale non ce l’ha fatta, a riprova dell’impatto della Legge 107 sul consenso, la prima responsabile scuola dell’era Renzi: Francesca Puglisi. La senatrice in uscita ha scritto pezzi importanti di “Buona scuola” e ne ha pilotato la faticosa approvazione inserendo, o facendo bocciare a maggioranza, emendamenti. Domenica scorsa Puglisi è arrivata quarta nel listino plurinominale in Emilia Romagna 1: è fuori dal Senato. Dice: “Continuo a fare politica, c’è un Pd da ricostruire”. E su Facebook scrive: “I caminetti mi pare siano stati aboliti da tempo, sostituiti dalla guida solitaria del segretario che più o meno da solo ha fatto le liste. I segretari regionali avevano presentato proposte ben più equilibrate tra esigenze nazionali e rappresentatività territoriale. Cestinate”.

Entra in Senato (era alla Camera) l’attuale responsabile scuola del Pd, Simona Malpezzi: ha perso il confronto uninominale a Cologno Monzese, ma passa grazie alla prima posizione nel listino proporzionale in Lombardia. Sul suo profilo gli insegnanti migrati al Nord per la cattedra scrivono infierendo: “I docenti deportati vi hanno dato una sonora lezione. Siete stati sordi alle nostre richieste”. La Malpezzi replica: “Mi aspetto che incominciate a scrivere sulle bacheche di chi vi ha detto che tornerete a casa per avere il vostro voto”.

Rientra alla Camera Anna Ascani, di Città di Castello, la deputata più giovane della precedente legislatura. Oggi, trent’anni, è rieletta grazie al 25 per cento conquistato nel proporzionale dal Pd in Umbria, dove era capolista. Tornerà a occuparsi di scuola e cultura.

L’altra sopravvissuta Pd della Commissione Cultura, di cui è stata presidente, è Flavia Piccoli Nardelli, figlia dell’ex segretario Dc Flaminio Piccoli. Terza nel listino proporzionale del collegio Lazio 1, grazie al passaggio all’uninominale del ministro Marianna Madia riesce a entrare tra i primi (e unici) due eletti. “Mi sono occupata per una vita di scuola e beni culturali, continuerò a farlo”, dice. Non si sono candidate due figure importanti del Pd, già in commissione: Manuela Ghizzoni e Maria Coscia. Non è stato candidato neppure il deputato senese Luigi Dallai, attivo sul fronte dell’università (scuole di specializzazione medica), né Walter Tocci, già vicesindaco di Roma e oppositore interno della “Buona scuola”.

Entra alla Camera anche la vicepresidente uscente del Senato, Rosa Maria Di Giorgi: vince con il 43 per cento dei voti nel collegio uninominale di Firenze Scandicci (è la parlamentare Pd più votata in Italia). Ricercatrice del Cnr (Istituto di teorie e tecniche dell’informazione giuridica) e moglie di un professore di Chimica dell’Università di Firenze, è stata prima firmataria del disegno di legge per incentivare l’insediamento di università straniere in Italia. Esce dal Parlamento, invece, Camilla Sgambato, seconda nella lista proporzionale nel collegio di Salerno, dove il Pd ha di poco superato il 10 per cento. Insegnante delle materie giuridiche ed economiche nelle scuole superiori, era subentrata in Parlamento al posto di Pina Picierno. Per il Partito democratico fuori anche Elena Ferrara, senatrice, in commissione Pubblica istruzione. Insegnante di musica a Oleggio, è stata sconfitta nel collegio uninominale di Novara. Fuori Alfredo D’Attorre, ricercatore (storico della filosofia). Fuori la sassarese Caterina Pes, insegnante di liceo classico, membro della VII Commissione alla Camera.

Non è più in Parlamento il candidato della Lista Lorenzin, Guido Viceconte, già membro della Commissione Cultura del Senato e nel 2010 sottosegretario all’Istruzione della ministra Gelmini con deleghe sull’università.

Il presidente uscente della Commissione cultura del Senato, Andrea Marcucci, è rientrato come primo del listino proporzionale di Toscana 1 (si è spostata la ministra Roberta Pinotti). Sopportò affilate critiche dei docenti all’epoca del viaggio parlamentare della “Buona scuola” nonché un tallonamento cult da parte di una prof all’uscita di Palazzo Madama. Continuerà nel lavoro parlamentare Vanna Iori, che si sposta da Montecitorio a Palazzo Madama: la sua legge sugli educatori e pedagogisti è stata approvata lo scorso dicembre. Resta in Senato il Pd Michele Verducci, marchigiano, responsabile Pd dell’Università: in campagna elettorale ha proposto l’assunzione in cinque anni di diecimila ricercatori universitari.

È stato eletto il a Milano il renziano Tommaso Nannicini, sottosegretario alla presidenza del Consiglio per tutto il 2016, inventore delle Cattedre Natta per le università (cinquecento chiamate degli atenei per professori eccellenti) messe in un angolo dalla ministra Fedeli. Il sottosegretario (all’Istruzione) forte del governo Renzi, Davide Faraone, è stato eletto al Senato (proporzionale, Sicilia 1). Il sottosegretario forte del Governo Gentiloni, il cattolico Gabriele Toccafondi, è passato a Firenze, direttamente all’uninominale. E così l’altro sottosegretario della Fedeli, Vito De Filippo, Pd centrista: entra alla Camera eletto in Basilicata. Si è occupato di diritto allo studio e borse universitarie, ora dice: “Mi proporrò per la nuova Commissione istruzione”. È rimasto fuori dalle liste elettorali, subito, Roberto Reggi, che da sottosegretario della ministra Stefania Giannini propose l’aumento delle ore lavorate per i docenti di scuola e fu spostato da Renzi all’Agenzia del Demanio.

IL LEGHISTA IN POLE
Nel centrodestra è stato eletto in Friuli Venezia Giulia Mario Pittoni, senatore della Lega Nord nella precedente legislatura, per lungo tempo addetto stampa nel campo motociclistico e pubblicista per riviste di motori. Da sempre è l’uomo di Salvini nelle questioni di scuola. Attivo da anni sui social, ambisce all’incarico di ministro.

Nel centrodestra è in pole, vista l’affermazione di Salvini: “Il nuovo ministro non dovrà fare nuove riforma”, dice, “quelle stratificate hanno bloccato la macchina amministrativa. Il nuovo ministro dovrà parlare con la struttura burocratica per farla ripartire. La Lega vuole concorsi su base regionale, oggi 250mila docenti sono stati spostati sul territorio, un terzo del corpo insegnante. È un costo enorme per lo Stato e un costo umano per le famiglie”. Nel programma del centrodestra c’è la separazione tra la scuola e l’università-ricerca: difficile sarà rispettato.

Torna alla Camera la maestra di ferro Valentina Aprea (Forza Italia), già deputata dal 1994 al 2012, due volte sottosegretaria nei governi Berlusconi, ora eletta in Lombardia nel collegio uninominale 6. È stata una delle suggeritrici di Maria Stella Gelmini nel 2008 e ha sempre chiesto la chiamata diretta dei docenti – senza alcun filtro – da parte dei dirigenti scolastici: “Non è più possibile avere 900.000 insegnanti che vogliono solo garanzie”, diceva negli anni delle riforme in austerity.

È rimasta fuori dal Parlamento la deputata Elena Centemero, responsabile scuola e università di Forza Italia, solo terza nel listino proporzionale del collegio di Cologno. Dirigente scolastica a Vimercate, è la vera portatrice della politica scolastica dei forzisti dalla caduta del Berlusconi IV (novembre 2011). Spesso il suo punto di vista (inizialmente favorevole alla Buona scuola, per esempio) è stato messo in sordina da big del partito come Renato Brunetta. La Centemero ha alcune chance per essere proposta da un premier forzista come ministro dell’Istruzione. Al pari di altre due donne. Anna Maria Bernini, già ministro per le Politiche europee nel Berlusconi IV, professore associato (in aspettativa) di Istituzioni di diritto pubblico comparato presso la Facoltà di Economia dell’Università di Bologna (sede di Forlì), eletta al Senato. E Mara Carfagna, già ministro delle Pari opportunità, eletta alla Camera.

Anche Milena Santerini è una parlamentare uscente: tra le più attive nella legislatura che si sta archiviando, è stata penalizzata dal cattivo risultato della formazione Civica popolare. Non ce l’ha fatta Pietro Liuzzi, Udc, collocato solo in quarta posizione nel listino plurinominale del partito in Puglia. Si era occupato delle borse di studio dei medici specializzandi e della Costituzione a scuola. È fuori anche Rosa Sigillò, riferimento del movimento dei docenti precari Mida, candidata con Fratelli d’Italia.

Prima delle elezioni era circolata la notizia che un centrodestra a trazione forzista avrebbe indicato nuovamente Maria Stella Gelmini, autrice di tagli per 8 miliardi sulla scuola e di 1,4 miliardi sull’università, come responsabile del dicastero di Viale Trastevere. La Gelmini, che è stata eletta in Lombardia (3), alla Camera, è invece la candidata per il ministero del Lavoro.

NIENTE CONOSCENZA PER LIBERI E UGUALI
La deludente performance del partito di Grasso non lascia spazio ai candidati con spessore scolastico-universitario (e interessi a questi temi). Sono fuori: Giancarlo Giordano, vicepresidente uscente della Commissione Cultura di Montecitorio, Annalisa Pannarale, capolista in Puglia nel proporzionale. Poi Arturo Scotto, capolista in Campania 1 al proporzionale, lo storico Miguel Gotor (ex Pd), in terza posizione nel listino plurinominale in Lazio 1. Ancora, la senatrice Alessia Petraglia, sconfitta nel maggioritario a Firenze da Matteo Renzi, e il senatore uscente Fabrizio Bocchino, astrofisico e cervello di rientro, terzo nel proporzionale del suo partito in Sicilia (preceduto da Pietro Grasso e Maria Leonarda Maggio). Non eletta, infine, Eleonora Cimbro, insegnante, candidata in Lombardia.

GLI OTTO DEI CINQUE STELLE
Luigi Gallo, ingegnere informatico e professore di elettronica, docente in un istituto professionale di Portici, ha ottenuto il miglior risultato elettorale tra tutti i deputati uscenti della Commissione Cultura della Camera: il 54 per cento a Torre del Greco. Ricandidato con i 5 Stelle. Con il professore della Bicocca Paolo Mottana ha scritto “Educazione diffusa”, documento che vuole far emergere le pratiche virtuose di pezzi poco conosciuti della scuola italiana. L’altro riferimento del movimento, in ordine alla scuola, è Gianluca Vacca, deputato romano uscente: come capolista in Abruzzo (dove il M5s ha preso il 41,68 per cento dei voti) torna alla Camera. Si conferma Maria Marzana (52 per cento nel collegio uninominale di Avola, Sicilia): si è occupata dei diplomati magistrali e della disabilità. Così Francesco D’Uva (44 per cento nel collegio uninominale di Messina), università e ricerca. Ha scritto la riforma dell’accesso all’università, entrata nel programma del movimento, caldeggiando il sistema alla francese che prevede lo sbarramento per gli studenti al secondo anno. Torna alla Camera in quota proporzionale Giuseppe Brescia, in convergenza con il Pd sulla legge per educatori e pedagogisti.

Si conferma al Senato Michela Montevecchi (prima posizione nel listino proporzionale a Milano): è vicina al mondo dell’università. Entra in questo ramo del Parlamento Marco Bella, professore della Sapienza di chimica organica, da tempo interlocutore dei Cinque Stelle: è candidato alla Settima commissione. Ed entra il chirurgo di Tor Vergata Pierpaolo Sileri, uno dei due accusatori del rettore Giuseppe Novelli, mandato a processo per istigazione alla corruzione e tentata concussione. Si era parlato di Sileri come potenziale ministro della Salute in un governo pentastellato, è probabile che – visto il procedimento di Novelli ancora in fase iniziale – sia destinato alla Commissione Igiene e Sanità.

Non si è ricandidata Silvia Chimienti, che si era esposta contro l’approvazione della “Buona scuola” e nelle battaglie per superare la docenza precaria. Non ha passato il filtro delle Parlamentarie Marco Merafina, fisico della Sapienza, uno degli autori del programma sull’università del Movimento 5 Stelle.

Sì ai «raccordi» tra istituti professionali e Iefp. Restano i percorsi in sussidiarietà

da Il Sole 24 Ore

Sì ai «raccordi» tra istituti professionali e Iefp. Restano i percorsi in sussidiarietà

di Claudio Tucci

Rendere effettiva per gli studenti la possibilità di passaggio tra percorsi Iefp e Ip statali; e per gli studenti degli Ip l’accesso all’esame di qualifica o diploma professionale previo riconoscimento dei crediti formativi. Rendere effettiva, anche, la possibilità di scelta per gli studenti tra percorsi Iefp del sistema regionale e percorsi in sussidiarità. E inoltre: favorire accordi tra Regioni e Usr per spingere il decollo del sistema di istruzione (e formazione) professionale.

Il decreto interministeriale
È accordo tra Stato e Regioni sul decreto interministeriale (Istruzione, Lavoro e Mef) che fissa i criteri generali per il raccordo tra Ip e Iefp; e per la realizzazione, in via sussidiaria, di percorsi Iefp per il rilascio della qualifica e del diploma professionale quadriennale.

I percorsi in sussidiarietà
Questi ultimi percorsi potranno essere fatti partire dagli istituti statali con due paletti. Il primo è il rispetto degli standard formativi definiti da ciascuna Regione. Il secondo è la possibilità, per gli alunni, di fare (eventualmente) scelte reversibili.

Gli altri obiettivi del raccordo
Tra gli altri obiettivi del raccordo tra percorsi statali e Iefp spiccano l’innovazione metodologica e didattica, il consolidamento dei rapporti con aziende e territori, il rafforzamento dell’alternanza scuola-lavoro e dell’apprendistato duale. L’offerta regionale, poi, viene chiarito dal decreto, dovrà assicurare un’offerta sussidiaria dei percorsi, e il rispetto di livelli essenziali e standard minimi formativi.

In 10 anni livello della scuola italiana peggiorato per 4 genitori su 5

da Il Sole 24 Ore

In 10 anni livello della scuola italiana peggiorato per 4 genitori su 5

Italia in fondo alla classifica per quanto riguarda il livello della scuola: soltanto un genitore italiano su cinque (21%) ritiene che gli standard educativi siano migliorati negli ultimi 10 anni. È il quarto valore più basso, insieme al Giappone (21%), dopo Russia e Sudafrica 20%), Germania (19%) e Francia (8%). Lo rivela uno studio, condotto in 29 paesi, e pubblicato nei giorni scorsi dalla Varkey Foundation, l’ente benefico che si occupa di istruzione globale e che ha istituito il Global Teacher Prize.

Italiani primi in Ue per tempo dedicato all’educazione
In compenso i genitori italiani, dice lo studio, sono primi in Europa per tempo dedicato all’educazione dei figli: il 25% passa con loro 7 ore o più alla settimana, rispetto al 17% in Spagna, al 14% in Germania e all’11% in Regno Unito e Francia. Tuttavia, tale percentuale è inferiore alle cifre registrate nella maggior parte delle economie emergenti, come l’India, dove il 62% dei genitori trascorre 7 ore o più ad aiutare i figli, il migliore risultato dell’indagine, seguita dal Vietnam dove la percentuale si attesta al 50%, ovvero la metà dei genitori.

Investimenti in tecnologia
Dalla ricerca, condotta online, emerge anche che l’Italia è l’unica grande economia europea in cui un’ampia maggioranza dei genitori (70%) è favorevole all’erogazione di buoni formativi da parte del governo. Questa percentuale è superiore rispetto a Spagna (51%), Francia (44%), Regno Unito (39%) e Germania (39%). E qualora fossero disponibili fondi aggiuntivi per le scuole dei figli, oltre la metà (56%) li investirebbe in computer/tecnologia. Per i genitori italiani questa rappresenta la prima scelta, ed è una percentuale considerevolmente superiore rispetto alla media globale (46%). Il 52% spenderebbe, invece, i soldi in più per svolgere attività extracurricolari, il 49% per edifici e altre strutture, il 43% per un maggior numero di insegnanti o per uno stipendio migliore per gli insegnanti già impiegati, il 43% per risorse, il 30% per personale di sostegno.

Dopo la scuola, fondamentale l’università
Terminata la scuola il sogno di mamme e papà italiani è comunque che la prole continui a studiare. Gli italiani, infatti, attribuiscono maggiore importanza all’università rispetto a qualsiasi altro paese europeo intervistato: il 37% dei genitori afferma che è estremamente importante che il proprio figlio frequenti l’università e il 66% afferma che è molto importante. In confronto, la percentuale di genitori che lo reputa estremamente importante è l’11% in Francia, il 13% in Regno Unito, il 13% in Germania e il 23% in Spagna. Quanto al futuro dei propri ragazzi, a essere ottimista è il 39% degli italiani, meno della media dell’indagine che si attesta al 60%, inferiore a molte economie consolidate quali gli Usa (68%) e il Regno Unito (57%) e appena superiore alla Germania (38%) e alla Francia (31%).

Anno scolastico troppo breve si rischia un’ondata di ricorsi

da Il Messaggero

Anno scolastico troppo breve si rischia un’ondata di ricorsi

Un anno scolastico decisamente breve, quello del 2017-2018, in cui i giorni di lezione rischiano di essere troppo pochi: meno dei 200 previsti dalla legge

Pochi giorni di lezione, a scuola è sempre festa. Un anno scolastico decisamente breve, quello del 2017-2018, in cui i giorni di lezione rischiano di essere troppo pochi: meno dei 200 previsti dalla legge. E allora per le scuole potrebbe esserci il rischio di vedersi recapitare ricorsi in caso di bocciature contestate. Mai come quest’anno, infatti, gli istituti hanno dovuto fare i conti con continue interruzioni delle lezioni in classe: dall’allerta neve alle elezioni, dagli scioperi e le occupazioni fino ai maxi-ponti di primavera in arrivo. Per non contare poi il caso romano delle scuole che, dallo scorso settembre, sono state invase dai topi: almeno quattro sono le strutture della Capitale che hanno sospeso la didattica per diversi giorni, permettendo all’amministrazione comunale di svolgere le disinfestazioni. Risultato? Da qualche mese gli studenti trascorrono più mattinate a casa che tra i banchi.
Per legge la scuola deve garantire almeno 200 giorni di lezione, per questo motivo le singole regioni al momento di stilare i calendari scolastici stabiliscono un tetto minimo di giorni superiore a 200. La Regione Lazio, ad esempio, ne ha previsti 206 con un calendario pluriennale che va dal 15 settembre all’8 giugno, considerando le feste nazionali come quelle del 1 novembre, 8 dicembre, 25 Aprile, 1 maggio, 2 giugno e Festa del Santo Patrono, oltre alla pausa natalizia dal 23 dicembre al 6 gennaio e a quella pasquale per i 3 giorni precedenti la domenica di Pasqua e il martedì successivo al Lunedì dell’Angelo. Tutto il resto è a discrezione della scuola per arrivare a 200 giorni.

SALTO DEI PROGRAMMI

C’è chi programma rientri pomeridiani (ma sono decisamente pochi gli istituti che ci riescono tanto che a Roma non superano il 10%) e chi, invece, fa spallucce difendendosi poi nei collegi d’istituto con questo comune leitmotiv: «L’importante è finire il programma didattico entro l’anno». Ma anche qui, due volte su tre e sono soprattutto i maturandi a confermarlo dopo le prove dell’esame di Stato il programma anche a causa dei pochi giorni, subisce delle accelerazioni (spiegazioni veloci e approssimative su autori e periodi) o delle decurtazioni. Tra le vittime più note c’è la Letteratura italiana nei licei.

NEVE ED ELEZIONI

Quest’anno poi ci sono state le elezioni e la scuola ha perso due giorni, ma prima della tornata elettorale gli istituti hanno dovuto chiudere i battenti anche per l’arrivo della neve che ha fatto perdere altri due giorni di didattica, come avvenuto ad esempio a Roma e in altre regioni. Si tratta delle cosiddette cause di forza maggiore ma di fatto i giorni di lezione, con gli studenti in classe, non si sono svolti e dai 206 giorni (previsti nel Lazio ad esempio), il calendario ha dovuto spuntarne 4. Non solo. Ci sono stati gli scioperi autunnali, come quelli del 13 e del 27 ottobre, quelli 10 e del 27 novembre, del 15 dicembre e quelli invernali come accaduto il 23 febbraio e l’8 marzo scorsi. Nelle scuole in cui i docenti hanno aderito ad almeno due di queste proteste il calendario scolastico è sceso al di sotto della quota 200. Senza contare le proteste locali come accaduto a Roma per l’agitazione della Multiservizi che, occupandosi di mensa, pulizia e controllo degli istituti, ha provocato interruzioni della didattica e lezioni a singhiozzo.

L’ONDA LUNGA DEI PONTI

A cui su tutte si aggiungono le proteste studentesche delle scuole superiori tra settimane di autogestione o di occupazione. Calendario alla mano, quindi, i conti non tornano. Anche perché, subito dopo la pausa per la Pasqua, arriveranno i ponti del 25 aprile e del 1 maggio. Praticamente la scuola è quasi finita. Che cosa significa? Un taglio delle lezioni concentrato soprattutto nel secondo quadrimestre, potrebbe provocare non pochi problemi alla didattica nella sua continuità e quindi alla preparazione degli studenti. Compreso quel milione di ragazzi circa che a giugno dovranno sostenere il nuovo esame di terza media o la prova di maturità. I ragazzi rischiano quindi di arrivare impreparati, senza aver terminato i programmi. Così come si presenteranno impreparati ai test di ingresso delle facoltà che già in questo periodo stanno selezionando le future matricole con test di orientamento, che aiutano i ragazzi a capire le loro attitudini e possono anche essere ripetuti, come accade al Politecnico di Milano e al politecnico di Bari con il Tai, per l’accesso alla facoltà di ingegneria. Anche alla Sapienza ci sono i test di orientamento per ingegneria e poi ci sono, in tutta Italia, i test del Cisia per facoltà come ingegneria ed economia, ma anche scienze e farmacia. Difficile sottoporsi ad una prova, per testare la propria preparazione, se di fatto non si è preparati semplicemente per mancanza di tempo.
Lorena Loiacono
Camilla Mozzetti

Vaccinazioni obbligatorie: scuole costrette a violare le norme sulla privacy

da La Tecnica della Scuola

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100 giorni alla maturità, 10mila studenti in ritiro spirituale per benedire penne, Smartphone e tablet

da La Tecnica della Scuola

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Presidenza esami di Stato secondo ciclo: esclusi i ds del primo ciclo, ANP protesta

da La Tecnica della Scuola

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Semplificazione amministrativa, concorso Miur sgraverà scuole da attività non legate al servizio istruzione

da Orizzontescuola

Semplificazione amministrativa, concorso Miur sgraverà scuole da attività non legate al servizio istruzione

di redazione

Il 9 marzo u.s.,  si è svolto un incontro Miur-sindacati sulla semplificazione amministrativa, finalizzata a migliorare le condizioni lavorative dei dirigenti e delle segreterie scolastiche.

Tra gli argomenti affrontati il prossimo concorso DSGA, di cui abbiamo già parlato, e l’assunzione di 250 funzionari, prevista dalla legge di Bilancio, nell’amministrazione periferica del Miur.

Se l’assunzione dei DSGA sarà di fondamentale importanza per le scuole che, attualmente, ne sono prive, la seconda misura potrà incidere positivamente sul funzionamento delle scuole, sottraendo alcune delle tante incombenze burocratiche che le stesse devono svolgere.

L’assunzione di funzionari nell’amministrazione periferica del Miur è prevista dai commi 607-612 della succitata legge di bilancio, ove leggiamo al riguardo: 

“Al fine di ridurre gli adempimenti burocratici a carico  delle istituzioni scolastiche autonome  per  lo  svolgimento  di  attivita’ amministrative non strettamente connesse alla gestione  del  servizio istruzione, rafforzando le funzioni istituzionali  di  supporto  alle medesime dell’Amministrazione centrale  e  periferica  del  Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e  della  ricerca  in  materie  che richiedono  competenze   tecniche   specialistiche   non   facilmente reperibili all’interno delle stesse istituzioni scolastiche, quale, a titolo  di  esempio,  la  gestione  del  contenzioso,  il  Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca e’  autorizzato  ad avviare le procedure concorsuali per  il  reclutamento,  a  decorrere dall’anno 2018, nei limiti della vigente dotazione organica,  di  258 unita’ di personale, dotate di  competenze  professionali  di  natura amministrativa, giuridica e contabile, di cui 5 dirigenti di  seconda fascia e 253 funzionari, area III, posizione economica F1.”

Le assunzioni sono, dunque, finalizzate a sgravare le scuole da attività  non strettamente connesse alla gestione  del  servizio istruzione, come ad esempio la gestione del contenzioso.

Il successivo comma (608), inoltre, prevede esplicitamente che i  dirigenti  territorialmente competenti e i direttori generali degli uffici  scolastici  regionali non deleghino ai dirigenti scolastici la rappresentanza e la  difesa in giudizio dell’Amministrazione.

Nota 12 marzo 2018, AOODGSIP 1113

“Welfare dello Studente, partecipazione scolastica, dispersione e orientamento”

Ai Direttori generali degli Uffici Scolastici Regionali
LORO SEDI
Al Sovrintendente Scolastico per la scuola in lingua italiana
BOLZANO
Al Dirigente del Dipartimento Istruzione per la Provincia
TRENTO
Al Sovrintendente Scolastico per la Regione Valle D’Aosta
AOSTA
Ai Dirigenti scolastici delle Istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado
LORO SEDI

Nota 12 marzo 2018, AOODGSIP 1113

OGGETTO: Giornata mondiale del Teatro 2018