Graduatoria interna d’istituto: come calcolare servizio, continuità, titoli ed esigenze familiari. Modelli di domanda
di Paolo Pizzo
Pubblichiamo due guide rivolte a docenti, dirigenti e segreterie scolastiche relativamente alla valutazione delle graduatorie interne d’istituto.
Criteri per l’individuazione del perdente posto, come calcolare: il servizio pre ruolo, il servizio svolto in altro ruolo, la continuità del servizio (scuola e comune), le esigenze di famiglie.
Si tratta di un vademecum di 31 pagine che analizzano tutti gli aspetti relativi al servizio e alle esigenze di famiglia, cosa devono fare i dirigenti, cosa i docenti, cosa le segreterie. Scarica la guida
Attribuzione dei punteggi per: anzianità di servizio, esigenze di famiglia e titoli.
Tutto ciò che c’è da sapere su titoli, anzianità ed esigenze di famiglia. Scarica la guida
I modelli di domanda elaborati per ordine e grado di scuola
Organici 2018/19, classi iniziali con alunni disabili si formano con massimo 20 alunni. Le condizioni
di redazione
Il numero di alunni delle classi iniziali delle scuole di ogni ordine e grado, in presenza di alunni disabili, è disciplinato dal DPR n. 81/09.
La nota Miur n. 16041 del 29 marzo 2018, che fornisce indicazioni in merito alla dotazione organica del personale docente per l’anno scolastico 2018/19, nel paragrafo dedicato ai posti di sostegno, così recita: “Si raccomanda la massima attenzione nella costituzione delle classi iniziali con alunni disabili, nel rispetto di quanto previsto dal D.P.R. 81/09 art. 5 comma 2”
Il predetto articolo 5, comma 2, del DPR 81/09 prevede:
“Le classi iniziali delle scuole ed istituti di ogni ordine e grado, ivi comprese le sezioni di scuola dell’infanzia, che accolgono alunni con disabilità sono costituite, di norma, con non più di 20 alunni, purché sia esplicitata e motivata la necessità di tale consistenza numerica, in rapporto alle esigenze formative degli alunni disabili, e purché il progetto articolato di integrazione definisca espressamente le strategie e le metodologie adottate dai docenti della classe, dall’insegnante di sostegno, o da altro personale operante nella scuola…”
In presenza di alunni disabili, dunque, le classi iniziali della scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado, sono formate, di norma, con un massimo di 20 alunni.
Quanto suddetto è possibile, soltanto:
se la scuola esplicita e motiva la necessità di costituire la classe con 20 alunni in relazione ai bisogni formativi degli alunni disabili;
se il progetto di integrazione definisce strategie e metodologie adottate dai docenti della classe, docenti curricolari e di sostegno, o da altro personale che opera nella scuola.
Organici 2018/19, quali scuole perderanno posti di potenziamento. Arrivano i decreti regionali
di redazione
L’USR Lazio ha determinato l’organico del personale docente per l’a.s. 2018/19. E’ il primo Ufficio a dare indicazioni.
Una delle novità della circolare nazionale sugli organici per l’a.s. 2018/19 è quella di assegnare 800 posti anche al potenziamento della scuola di infanzia. Tale operazione però non comporta posti in più, ma una diversa distribuzione dell’originario organico di potenziamento assegnato nel 2015 con la legge 107/2015. Le indicazioni fornite dal Miur spingevano verso una decurtazione dei posti in primo luogo alla primaria e secondaria di II grado, poiché la secondaria di I grado era il settore meno privilegiato nell’originaria distribuzione.
L’USR Lazio ha precisato che per assegnare 75 posti di potenziamento all’infanzia, i medesimi posti saranno decurtati dall’Ambito Territoriale di Roma dai posti di potenziamento per la scuola secondaria di II grado saranno seguiti i seguenti criteri:
a. Istituzioni Scolastiche dotate di maggior numero di posti di potenziamento;
b. Istituzioni Scolastiche con attribuzione di posti di potenziamento su due classi di concorso uguali;
c. Criterio della non corrispondenza tra classe di concorso e ordine di scuola.
Il MIUR assume, in Gazzetta Ufficiale due bandi. La distribuzione geografica per posti da funzionario
di redazione
Il MIUR ha indetto un concorso pubblico, per esami, a cinque posti, per l’accesso al profilo professionale di dirigente amministrativo di seconda fascia nel ruolo del personale del Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca.
E’ indetto anche un concorso pubblico, per esami, a duecentocinquantatre’ posti, per l’accesso al profilo professionale di funzionario amministrativo-giuridico contabile, area III, posizione economica F1, del ruolo del personale del Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, per gli uffici
dell’Amministrazione centrale e periferica.
Per la presentazione delle domande gli interessati dovranno dotarsi dell’identità digitale SPID o della firma digitale.
Le domande si presenteranno entro trenta giorni dalla data di pubblicazione del bando in G.U.
La scadenza per il bando a duecentocinquantatre’ posti, per l’accesso al profilo professionale di funzionario amministrativo-giuridico contabile, area III, posizione economica F1 è stata prorogata all’11 maggio 2018.
Anche per il prossimo anno scolastico il Miur ha confermato la decisione, già assunta nell’a.s. 2017/18, di modificare, mediante atti amministrativi, il piano orario e l’ordinamento del Liceo Musicale previsto dal DPR 89/10, istituendo nel primo biennio l’attività di ascolto partecipativo e prevedendo una corrispondente riduzione di un’ora di lezione frontale del primo strumento.
Decisione assurda e incomprensibile
Lo scrive la Flc-Cgil, appoggiando la protesta, non solo di genitori e insegnanti dei Licei musicali, ma anche degli alunni che si vedono defraudati di un’ora nel loro curriculum. Quello stesso in pratica che avevano accettato all’atto dell’iscrizione.
Una manovra incomprensibile dunque quella del Ministero e della ministra ancora in carico che, a quanto pare, non intende rispettare l’idea guida del suo predecessore, e dello stesso partito, Luigi Berlinguer, da cui nacquero i Licei musicali.
Conseguenza negative
Le conseguenze di questa scelta sono, scrive sempre la Flc-Cgil, da un lato, un depauperamento dell’offerta formativa erogata agli studenti e, dall’altra, una riduzione delle cattedre dei docenti di strumento musicale.
Fra l’altro, occorre rilevare, nonostante le specifiche richieste delle organizzazioni sindacali, le proteste di studenti e famiglie, il contenzioso giudiziario in corso, il Miur continua a mantenere, inspiegabilmente, un atteggiamento di totale chiusura.
L’Italia patria del bel canto?
Non è forse l’Italia la Patria del “bel canto”? De più grandi musicisti “classici” del pianeta? Ma al Miur questo, a quanto pare, non interessa, mentre al momento è soccombente nel contenzioso che è stato messo in atto sia dai docenti che dalle famiglie.
In questo senso, scrive la Flc-Cgil, “confermiamo l’impegno a difendere in tutte le sedi i vigenti piani orari, i diritti dei lavoratori e degli studenti.
Sembra che il tema del calo demografico e delle sue conseguenze sul sistema scolastico nazionale interessi poco, anzi nulla, le organizzazioni sindacali.
I sindacati ne parlano poco
Provate a fare una ricerca con le parole chiave “calo demografico sindacati” e non troverete praticamente niente.
O meglio troverete qualche link (neppure molti, per la verità) ad articoli giornalistici richiamati nelle rassegne stampa dei siti sindacali.
Niente di più.
Neppure la Flc-Cgil, sindacato che più di altri, per storia e tradizione, dovrebbe essere attento alle dinamiche sociali, ha sfiorato l’argomento nel corso della recente assemblea nazionale sul tema “La scuola che verrà” (perlomeno non ce n’è traccia nelle relazioni pubblicate nel sito del sindacato).
Una variabile trascurabile?
Insomma, sembra quasi che la prospettiva di un ridimensionamento epocale del sistema scolastico (un milione di alunni in meno nei prossimi 10 anni) sia una variabile del tutto ininfluente e che non vale la pena prendere in considerazione.
Al contrario, a noi sembra che quello del calo demografico sia “il” problema principale che la scuola italiana dovrà affrontare nei prossimi, molto più importante – ci sia consentita una osservazione forse impopolare – del bonus premiale e della carta del docente che sono stati invece al centro del dibattito politico e sindacale degli ultimi mesi.
Proveremo ad ascoltare nei prossimi giorni i diversi leader sindacali per conoscere la loro opinione in merito.
Il riscatto della laurea è un istituto che permette di includere fra la contribuzione utile ai fini pensionistici il periodo del corso di studi (post diploma) a pagamento e a determinate condizioni.
Nel nostro ordinamento previdenziale, il riscatto del corso di studi è disciplinato in particolare da due articoli del D.lgs. 184/1997, emanato nella cornice delle disposizioni attuative della riforma pensionistica del governo Dini del 1995 e completato a seguito della Legge 247/2007.
Considerando che, tra laurea triennale e specialistica, il periodo di permanenza presso un ateneo è di cinque anni, poter inserire i periodi di studio nel proprio fascicolo previdenziale rappresenta un vantaggio non trascurabile.
Il costo – importante ricordarlo – è legato alla retribuzione in essere al momento della domanda.
Il servizio è rivolto a tutti coloro che abbiano conseguito il diploma di laurea o titolo equiparato.
Tutto ciò – ricorda l’Inps – a condizione che gli anni del corso di laurea non siano già coperti da altri contributi, ad esempio da lavoro, è possibile trasformarli in anni di contribuzione pagando una certa somma, chiedendone appunto il cosiddetto riscatto.
La facoltà è esercitabile anche dai soggetti inoccupati che, al momento della domanda, non risultino essere stati mai iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza e che non abbiano iniziato l’attività lavorativa in Italia o all’estero.
Si possono riscattare gli anni del corso legale di laurea, i diplomi universitari, quelli di specializzazione e i dottorati di ricerca. Se il titolo di studio ha valore legale in Italia, si può riscattare anche la laurea conseguita all’estero. A particolari condizioni, è possibile riscattare anche i diplomi rilasciati dagli istituti di alta formazione artistica e musicale.
Il riscatto, inoltre, può riguardare tutto il periodo del corso di studio o solo parte di esso e si possono riscattare anche due o più corsi. E questi anni di contribuzione andranno ad aggiungersi a quelli che deriveranno dalla successiva attività lavorativa, concorrendo a determinare l’ammontare della propria pensione.
I periodi che non danno possibilità di riscatto sono:
quelli di iscrizione fuori corso;
o quelli già coperti da contribuzione obbligatoria o figurativa o da riscatto che sia non solo presso il fondo cui è diretta la domanda stessa, ma anche negli altri regimi previdenziali richiamati dall’articolo 2, comma 1, decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184 (Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti e gestioni speciali del Fondo stesso per i lavoratori autonomi e fondi sostitutivi ed esclusivi dell’Assicurazione Generale Obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti e gestione di cui all’articolo 2, comma 26, legge 8 agosto 1995, n. 335).
Si possono invece riscattare:
i diplomi universitari, i cui corsi non siano stati di durata inferiore a due e superiore a tre anni;
i diplomi di laurea i cui corsi non siano stati di durata inferiore a quattro e superiore a sei anni;
i diplomi di specializzazione conseguiti successivamente alla laurea e al termine di un corso di durata non inferiore a due anni;
i dottorati di ricerca i cui corsi sono regolati da specifiche disposizioni di legge;
i titoli accademici introdotti dal decreto 3 novembre 1999, n. 509 ovvero Laurea (L), al termine di un corso di durata triennale e Laurea Specialistica (LS), al termine di un corso di durata biennale propedeutico alla laurea.
Il riscatto può riguardare l’intero o i singoli periodi.
Dal 12 luglio 1997 è possibile riscattare due o più corsi di laurea, anche per i titoli conseguiti anteriormente a questa data. Non è possibile chiedere la rinuncia o la revoca della contribuzione da riscatto di laurea legittimamente accreditata a seguito del pagamento del relativo onere (messaggio 8 ottobre 2008, n. 22427).
Il contributo è versato all’INPS in apposita evidenza contabile separata del Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti (FPLD) e viene rivalutato secondo le regole del sistema contributivo, con riferimento alla data della domanda.
Il cumulo è gratuito per tutti gli iscritti presso 2 o più forme di assicurazione obbligatoria dei lavoratori dipendenti, autonomi e degli iscritti alla gestione separata e alle forme sostitutive ed esclusive della medesima, in modo che possano conseguire un’unica pensione.
I requisiti
I requisiti necessari per il riscatto di laurea sono i seguenti:
aver conseguito il diploma di laurea o titoli equiparati;
i periodi per i quali si chiede il riscatto non devono essere coperti da contribuzione obbligatoria o figurativa o da riscatto non solo presso il fondo cui è diretta la domanda stessa ma anche negli altri regimi previdenziali richiamati dall’articolo 2, comma 1, decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184;
essere titolari di contribuzione (almeno un contributo obbligatorio) nell’ordinamento pensionistico in cui viene richiesto il riscatto, salvo quanto previsto dalla legge 24 dicembre 2007, n. 247 per le domande presentate a decorrere dal 1° gennaio 2008.
Il riscatto di laurea richiesto da soggetti inoccupati
Il riscatto di laurea richiesto da soggetti inoccupati può essere esercitato dunque dai soggetti non iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza che non abbiano iniziato l’attività lavorativa in Italia o all’estero.
La facoltà (circolare 11 marzo 2008, n. 29) è esercitabile da coloro che, al momento della domanda, non risultino essere stati mai iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza, inclusa la Gestione Separata di cui all’articolo 2, comma 26, legge 8 agosto 1995, n. 335 e che non abbiano iniziato l’attività lavorativa, in Italia o all’estero (messaggio 9 marzo 2009, n. 5529).
Quanto costa il riscatto della laurea
Per il costo, occorre tener presente che non esiste una cifra fissa da pagare ma che l’importo varia in base al reddito del lavoratore.
Il calcolo del riscatto della laurea è individuato dall’Inps sulla base della retribuzione media pensionabile riferita alla data della domanda, del periodo da riscattare, dell’età e del sesso del richiedente. L’ammontare determinato può essere pagato in unica soluzione o fino a 120 rate mensili senza interessi.
Se i periodi da riscattare sono anteriori al 1 gennaio 1996 il calcolo del riscatto della laurea è quantificato da particolari tabelle che tengono conto dell’età, il sesso, la posizione assicurativa e retributiva e la durata dei periodi da riscattare.
Se si tratta del riscatto di anni di laurea posteriori al 1 gennaio 1996 il calcolo è determinato sulla base dell’aliquota contributiva (per la maggior parte dei lavoratori dipendenti l’aliquota è pari al 33%) applicata alla retribuzione lorda del richiedente, moltiplicata per il numero degli anni di cui si chiede il riscatto.
Per calcolare il valore del riscatto e dell’importo della rata annuale(clicca qui)
Il pagamento può avvenire in un’unica soluzione oppure in 120 rate spalmate in 10 anni, senza interessi. Su richiesta il numero di rate può essere diminuito per estinguere in minor tempo il debito. È possibile pagare tramite bollettini Mav, online sul sito Inps, presso il Circuito Reti Amiche, con addebito su conto bancario.
Il mancato pagamento della prima rata o della rata in un’unica soluzione viene considerato come rinuncia alla domanda. Il pagamento in ritardo delle rate, non oltre i 30 giorni successivi, è consentito solo per 5 volte, pena il decadimento della domanda.
Come fare la domanda
Il cittadino laureato deve presentare la domanda di riscatto online all’INPS attraverso il servizio dedicato. Per maggiori informazioni si rinvia alla circolare 27 maggio 2011, n. 77.
Il pagamento dell’onere si effettua utilizzando gli appositi bollettini MAV inviati dall’INPS con il provvedimento di accoglimento. I bollettini possono essere pagati presso qualsiasi sportello bancario senza costi aggiuntivi e presso tutti gli uffici postali, pagando la commissione postale vigente.
L’innalzamento dei parametri chiesti dallo Stato per lasciare il mondo del lavoro, che tra pochi mesi porteranno la soglia a 67 anni compiuti, ha lasciato i conti in rosso: dopo la crisi economica, la spesa pensionistica italiana si è infatti addirittura impennata rispetto al Pil, tanto da assorbire gran parte della spesa pubblica. In particolare, per gli altri capitoli di welfare è stato spartito in questi ultimi anni solo quanto rimasto e a farne le spese è stata soprattutto l’istruzione, la cui percentuale di risorse rispetto al Pil è diminuita rispetto agli anni pre-crisi.
Le classifiche europee parlano chiaro
A sottolinearlo, il 13 aprile, è stato Istvan Pal Szekely, direttore degli studi economici della Commissione Ue, nel corso della presentazione a Roma del Country Report 2018 sull’Italia, pubblicato lo scorso 7 marzo.
“Non si tratta di una scelta politica – ha sottolineato il tecnico di Bruxelles – la colpa è di meccanismi preesistenti e di interessi ormai consolidati e difficili da modificare”.
L’effetto negativo, diretto sulla scuola pubblica, è evidente anche nelle classifiche europee: nel livello di istruzione universitaria l’Italia è penultima in Ue, prima della Romania e dopo Croazia e Malta.
Fanno peggio solo l’Irlanda e la Romania
Anche a livello di scuola dell’obbligo e superiore, comunque c’è molto da recuperare. Ad avere investito meno dei governanti della nostra Penisola, in termini percentuali, sono solo due Paesi su quasi 30: l’Irlanda e la Romania. Il primo posto della classifica è della Danimarca (7%), seguita dalla Svezia (6,5%) e dal Belgio (6,4%). In media, nei 28 Paesi dell’Ue la spesa per l’educazione è pari al 4,9% del Prodotto interno lordo, quindi quasi un punto percentuale in più rispetto al Bel Paese.
Lo Stato italiano investe per l’istruzione la metà di quello che dà quello tedesco
A livello assoluto, l’Italia, nel 2015, risulta aver speso complessivamente per le scuole materne, primarie, medie, secondarie, per le università, la formazione non universitaria, sussidi e finanziamenti alla ricerca, 65,1 miliardi di euro. Contro i 119,1 della Francia e soprattutto i 127,3 della Germania (che quindi investe nella formazione dei suoi giovani quasi il doppio).
Secondo un report dell’Istituto di statistica europeo, pubblicato il 30 agosto, con solo il 4% del Pil speso nel 2015, l’Italia su piazza addirittura terz’ultima tra i 28 Paesi europea per quanto destinato all’istruzione.
Al via l’Ape volontaria
La notizia sulla riduzione della spesa per Scuola e Università, giunge all’indomani dell’istituzione dell’Ape volontaria, , il prestito finanziario a garanzia pensionistica, grazie all’adesione della prima banca, Intesa Sanpaolo, al finanziamento del prestito che dovrebbe consentire a chi ha più di 63 anni di età e 20 di contributi di ritirarsi dal lavoro grazie a un reddito ponte da restituire al momento del pensionamento con una rata sulla propria pensione nel corso di 20 anni. L’Inps ha fatto sapere che i 20 anni di contributi necessari per ottenere il prestito devono essere maturati in una sola gestione.
In pratica non sarà possibile quindi accedere all’Ape se si hanno ad esempio 18 anni di contributi nella gestione dei dipendenti privati e 18 in quella dei dipendenti pubblici mentre è possibile se si hanno contributi per lavoro dipendente e autonomo cumulati per almeno 20 anni.
I requisiti per chiedere l’Ape volontaria
La platea potenziale (coloro che se volessero potrebbero accedere allo strumento) dovrebbe essere di 300.000 persone per il 2018 e 115.000 per il 2019.
Per chiedere il prestito bisogna avere almeno 63 anni di età (63 anni e cinque mesi dal 2019) ed essere distanti dalla pensione di vecchiaia non più di tre anni e sette mesi. Bisogna avere maturato almeno 20 anni di contributi (in una sola gestione a meno di non aver già fatto e pagato la ricongiunzione) e avere in prospettiva una pensione al netto della rata per la restituzione del prestito di almeno 1,4 volte il trattamento minimo (per il 2018 710,38 euro).
L’Inps comunica il prestito minimo e massimo ottenibile tenendo conto del fatto che non si può superare la richiesta del 75% della pensione in caso di richiesta di durata del reddito ponte superiore a tre anni.
Solo una parte del prestito va ridato indietro in 20 anni
La trattenuta sulla pensione (per 240 rate, 12 l’anno esclusa la tredicesima) tiene conto del capitale, del tasso di interesse, del costo del premio assicurativo contro il rischio di premorienza e del fondo di garanzia e sarà pari a circa il 4,6% della pensione per ogni anno di reddito ponte chiesto. L’incidenza dei costi effettivi (esclusa la restituzione dell’Ape ricevuta) per un prestito di 12 mesi e’ dell’1,6% circa. E’ riconosciuto un creduto di imposta annua nella misura del 50% degli interessi sul finanziamento e dei premi assicurativi per la copertura del rischio di premorienza. L’Ape, essendo nella sostanza un prestito, è esente da tasse e contributi.
Ai sensi dell’art. 2, comma 2, del decreto direttoriale n. 85 del 1° febbraio 2018 vengono pubblicati due importanti documenti per il concorso docenti abilitati 2018.
Nella Gazzetta Ufficiale 4a Serie Speciale – Concorsi ed Esami è stato pubblicato l’accorpamento interregionale delle procedure per le classi di concorso/posti di sostegno con un numero esiguo di candidati (art. 2 comma 2 del bando).
In base agli ultimi incontri al Miur, riferiscono i sindacati, per numero esiguo di candidati si devono intendere le classi di concorso con meno di 100 partecipanti a livello nazionale.
Inoltre, è stato specificato che la regione scelta sarà quella in cui al momento, per quella classe di concorso, sarà presente il maggior numero di insegnanti di ruolo. In tal senso le commissioni potranno costituirsi in modo più agevole per svolgere la prova.
Nell’allegato 1 vengono riportate, distintamente per classi di concorso/posti di sostegno, tutte le procedure che non hanno avuto aggregazioni territoriali, ossia quelle in cui la regione di presentazione della domanda di partecipazione al concorso coincide con quella di svolgimento della prova orale.
Nell’allegato 2 sono, invece, riportate le aggregazioni territoriali, ossia le procedure distinte per classi di concorso o tipologia di posto che sono state aggregate, per l’esiguità delle domande, a regione diversa da quella indicata nella domanda di
partecipazione.
L’ufficio scolastico della regione in cui si svolgerà la prova orale sarà responsabile della intera procedura e dell’approvazione delle graduatorie di merito.
Le regole organizzative contenute negli allegati 1 e 2 si applicano anche a eventuali ricorrenti muniti di provvedimenti giudiziali favorevoli.
La prova orale
La prova orale non selettiva, a questo punto, considerando che l’avviso relativo alla data della prova dovrà essere inviato ai candidati almeno 20 giorni prima della stessa, dovrebbe svolgersi a partire dal mese di maggio 2018.
Inoltre, i candidati saranno avvertiti, ricordiamo ancora una volta, almeno 20 giorni prima della data prevista, attraverso l’indirizzo di posta elettronica indicato nella domanda. I calendari saranno anche pubblicati sui siti degli uffici scolastici regionali
Le tracce da estrarre saranno predisposte dalla commissione in numero pari a tre volte quello dei candidati previsti.
Ciascun candidato estrae la traccia su cui svolgere la prova 24 ore prima dell’orario programmato. Le tracce estratte sono escluse dai successivi sorteggi.
Come sarà la prova orale
La prova orale avrà una durata non superiore a 45 minuti
La prova orale consiste in una lezione simulata e nell’esplicitazione delle scelte didattiche e metodologiche in relazione ai contenuti disciplinari e al contesto scolastico indicati dalla commissione.
La prova orale valuta anche la capacità di comprensione e conversazione nella lingua straniera prescelta dal candidato almeno al livello B2 del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue
Per le classi di concorso incluse negli ambiti disciplinari verticali definiti con il DM 93/16 (AD01: A001, A017 – AD02: A048, A049 – AD03: A029, A030 – AD04: A012, A022 – AD05 [per ogni lingua]: A024, A025), la prova è unica per entrambe le classi di concorso, anche se le graduatorie saranno distinte per ogni classe di concorso. Pertanto la traccia potrebbe riferirsi ai contenuti di entrambe le classi di concorso incluse nell’ambito.
Punteggio della prova orale
Alla prova orale è assegnato un punteggio massimo di 40 punti: non è previsto un punteggio minimo. Alla capacità di comprensione e conversazione nella lingua straniera sono assegnati massimo 3 punti dei 40. Alle competenze sull’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione sono assegnati massimo 3 punti dei 40.
Le domande
Il numero maggiore di candidati proviene dal Sud (23.476), seguito dal Nord (17.036) e dal Centro (9.389). La regione con il maggior numero di domande (si veda la tabella sotto) è la Campania (7.352 istanze inoltrate), seguono Lombardia (7.161), Sicilia (6.340), Lazio (4.797). Hanno presentato domanda soprattutto candidate donne:sono 34.020.
L’età media di chi ha fatto domanda di partecipazione è 43 anni. Ricordiamo che potevano presentare istanza anche le e i docenti già di ruolo: di questa categoria ne sono pervenute 10.404.
Inoltre, la maggior parte delle domande proviene da insegnanti specializzati sul sostegno nella scuola di II grado e abilitati in Italiano, Storia, Geografia nella scuola secondaria di I grado. A seguire abilitati in discipline letterarie negli istituti di istruzione secondaria di II grado e scienze giuridico-economiche.
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