I nuovi istituti professionali: un modello per una didattica inclusiva di qualità?

I nuovi istituti professionali: un modello per una didattica inclusiva di qualità? *

di Francesco G. Nuzzaci

 

Abstract

E’ qui sintetizzata la recente riforma degli istituti professionali statali, con sottolineatura di quei passaggi che ben possono delineare un modello innovativo per i percorsi tecnici e liceali – ovviamente rispettoso delle loro peculiarità -, corrispondente alle istanze poste dai Centri indipendenti di cooperazione internazionale organizzati e dall’Unione europea.

  1. Il Decreto legislativo n. 61, in attuazione di apposita delega contenuta nella Legge 107/15, reca la revisione dei percorsi dell’istruzione professionale statale, disegnando un’organizzazione della didattica che – se nello specifico e nell’immediato – si rivolge ad un’utenza storicamente, ed in fatto, debole, può ben fungere da modello, ovviamente facendone salve le rispettive peculiarità, per la rivisitazione dei paralleli licei e istituti tecnici.

Il decreto in parola ridefinisce i precedenti indirizzi, le articolazioni e le opzioni, in contestualità con il potenziamento delle attività laboratoriali, anche con la rimodulazione dei quadri orari; sì da conferire ai medesimi una più compiuta e visibile identità, eliminando le sovrapposizioni con gli istituti tecnici e meglio fisionomizzando la loro vocazione, all’insegna di un pragmatico realismo in grado di contenere dispersione e abbandoni: formare figure professionali di livello intermedio per l’assunzione di ruoli operativi, con adeguate responsabilità in relazione alle attività economiche di riferimento; ed offrendo risposte articolate e dinamiche alle domande del mondo del lavoro e delle professioni, tali da far percepire i saperi appresi come utili, significativi e riscontrabili nel reale. Un’istanza, quest’ultima, non da oggi estesa – ancorché in larga misura disattesa – a tutti i settori/ambiti di istruzione (formale, non formale, informale), perché la dimensione in senso stretto professionale non va riferita al carattere specifico del percorso seguito, bensì all’utilizzo professionale che ogni tipologia di istruzione, anche tecnica o liceale, realizza (Corte di giustizia europea, 1985). Un’istanza recepita dalla recentissima Raccomandazione del Consiglio dell’unione europea sulle competenze chiave per l’apprendimento permanente, del 22 maggio 2018, sostitutiva della Raccomandazione del Parlamento e del Consiglio del 18 dicembre 2006.

Funzionali a questo rimarcato scopo sono l’accentuata flessibilità organizzativa-didattica e la personalizzazione dei percorsi, per corrispondere alle diversità degli stili cognitivi e capacità di apprendimento degli studenti, alle loro sensibilità ed attitudini, ai differenti livelli motivazionali.

  1. E’ pertanto riscritto l’assetto ordinamentale figurante nel D.P.R. 87/10, che viene abrogato unitamente alle Linee guida per il biennio (Direttiva 65/10), per il triennio (Direttiva 5/12) e alle articolazioni delle aree d’indirizzo negli spazi di flessibilità (Direttiva 70/12).

L’abrogazione è graduale, peraltro necessitando dei regolamenti attuativi in parte emanati e in parte emanandi. Essa decorre dal prossimo anno scolastico 2018-19 per le classi prime, per completarsi a regime nell’anno scolastico 2022-23.

In luogo dei due settori (Servizi e Industria e artigianato), comprendenti in totale sei indirizzi, vi sono ora 11 indirizzi di studio. E, oltre ai settori, sono cancellate le articolazioni e le opzioni figuranti sempre nel D.P.R. 87/10.

Questi i nuovi indirizzi di studio:

  • Agricoltura, sviluppo rurale, valorizzazione dei prodotti del territorio e gestione delle risorse forestali e montane;

  • Pesca commerciale e produzioni ittiche;

  • Industria e artigianato per il made in Italy;

  • Manutenzione e assistenza tecnica;

  • Gestione delle acque e risanamento ambientale;

  • Servizi commerciali;

  • Enogastronomia e ospitalità alberghiera;

  • Servizi culturali e dello spettacolo;

  • Servizi per la sanità e l’assistenza sociale;

  • Arti ausiliarie delle professioni sanitarie: odontotecnico;

  • Arti ausiliarie delle professioni sanitarie: ottico.

Fermo restando il comune assetto organizzativo e didattico, per ciascuno degli indirizzi è definito il Profilo educativo, culturale e professionale (PECUP), o profilo in uscita dello studente, con i relativi risultati di apprendimento declinati in termini di competenze, abilità e conoscenze, nei relativi significati aventi una consolidata legittimazione istituzionale.

Le competenze sono intese come comprovata capacità di utilizzare, in situazioni di lavoro, di studio o nello sviluppo professionale e personale, un insieme strutturato di conoscenze e abilità acquisite nei contesti di apprendimento formale, non formale, informale. Nel Quadro Europeo delle Qualifiche (EQF) le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia.

Le abilità sono intese come capacità di applicare conoscenze e di utilizzare il know-how per portare a termine compiti e risolvere problemi. Nell’EQF sono descritte come cognitive (comprendenti l’uso del pensiero logico, intuitivo e creativo) o pratiche (comprendenti l’abilità manuale e l’uso di metodi, materiali, strumenti).

Le conoscenze sono intese come risultato dell’assimilazione di informazioni attraverso l’apprendimento: sono quindi un insieme di fatti, principi, teorie e pratiche relativi a un settore di lavoro o di studio. Esse sono descritte nell’EQF come teoriche e/o pratiche.

Per ciascun profilo vi è il riferimento alle attività economiche previste dai codici ATECO dell’ISTAT e la correlazione ai settori economico-professionali di cui al Decreto del Ministero del lavoro, di concerto con il MIUR, del 30 giugno 2015.

  1. Circa l’assetto organizzativo, resta la struttura quinquennale dei percorsi di istruzione professionale (IP) – erogata negli istituti di istruzione, statali e paritari, con il rilascio del diploma di istruzione secondaria superiore – e la loro articolazione in un biennio e in un successivo triennio.

Nel biennio può completarsi l’obbligo dell’istruzione, che può altresì continuare ad essere assolto – oltre che negli istituti tecnici e nei licei – anche nei percorsi di istruzione e formazione professionale (IeFP) di competenza delle regioni o nei percorsi di apprendistato, di cui al D. Lgs 81/15 in applicazione del cosiddetto Jobs Act.

Il biennio possiede ora un più marcato e visibile carattere unitario. Prevede 1.188 ore di attività e insegnamenti di istruzione generale e 924 ore di attività e insegnamenti di indirizzo, comprensive del tempo da destinare al potenziamento dei laboratori.

Il totale delle 2.112 ore (corrispondenti a 32 ore settimanali, convenzionalmente moltiplicate per 33 e per 2 anni scolastici) può essere liberamente distribuito in periodi didattici dalle istituzioni scolastiche, nell’esercizio della loro autonomia funzionale; parimenti, le (singole) istituzioni scolastiche possono articolare le classi in livelli di apprendimento.

Ne conseguono il deciso superamento dell’intangibilità dell’anno scolastico (con le correlate barriere amministrative della valutazione sommativa e dell’ammissione – ora obbligata – alla classe successiva) e, soprattutto, del concetto (e delle afferenti implicazioni amministrative) della classe tradizionale e del precipitato banco-lavagna-cattedra di una didattica standardizzata e monodirezionale, naturalmente non sottostimandosi i tempi – non brevi – e le difficoltà – non poche – per realizzare un modello non certamente favorito dalle pre-autonomistiche, e persistenti, rigidità del sistema.

Nello specifico, una quota non superiore a 264 ore è destinata alla personalizzazione degli apprendimenti, alla realizzazione del Progetto formativo individuale (di cui in prosieguo) e allo sviluppo della dimensione professionalizzante delle attività di alternanza scuola-lavoro.

Il triennio rimane invece strutturato nei distinti terzo, quarto e quinto anno, con 1.056 ore, comprendenti 462 ore di attività e insegnamenti di istruzione generale e 594 ore di attività e insegnamenti di indirizzo: tutti e tre preordinati al consolidamento e al progressivo innalzamento dei livelli acquisiti nel biennio per un rapido accesso al lavoro.

Per tutti gli 11 indirizzi dovrà poi costituirsi un ufficio tecnico – finora obbligatorio solo nel settore tecnologico degli istituti tecnici –, con il compito di sostenere la migliore organizzazione e funzionalità dei laboratori a fini didattici e il loro adeguamento alle esigenze poste dall’innovazione tecnologica nonché da quelle legate alla tutela della sicurezza delle persone e dell’ambiente: compiti affidati agli insegnanti tecnico-pratici.

  1. Circa l’assetto didattico, il Consiglio di classe redige per ogni studente, entro il 31 gennaio del primo anno di frequenza, il menzionato Progetto formativo individuale, basato su un bilancio personale che evidenzia i saperi e le competenze acquisiti anche in modo non formale ed informale, idoneo a rilevare sia le sue riscontrate potenzialità che le sue carenze, per motivarlo ed orientarlo nella progressiva costruzione del proprio percorso formativo e lavorativo.

Sentito lo stesso Consiglio di classe, il dirigente scolastico individua, all’ interno dell’istituzione scolastica, i docenti che assumono la funzione di tutor per sostenere gli studenti nell’attuazione e nello sviluppo del predetto PFI.

Altro elemento innovativo – che ben potrà fungere da laboratorio poi estensibile agli istituti tecnici e ai licei – è (qui) l’obbligata aggregazione delle discipline di studio all’interno degli assi culturali, per favorire una migliore progettazione interdisciplinare dei percorsi didattici ed una prevalente metodologia induttiva ed esperenziale: Asse dei linguaggi, Asse matematico, Asse storico-sociale per l’area generale comune; Asse scientifico-tecnologico-professionale nell’area d’indirizzo.

Di conseguenza è adottata una didattica modulare, per Unità di apprendimento (UDA), che, partendo da obiettivi formativi adatti e significativi per lo studente, sviluppano appositi percorsi di metodo e di contenuto, tramite i quali si valuta il livello delle conoscenze, delle abilità e delle competenze acquisite.

Alle UDA è riferita la certificazione delle competenze al termine del biennio e del triennio (ferma restando la vigente disciplina della certificazione delle competenze per le qualifiche triennali e i diplomi professionali quadriennali nei percorsi IeFP); competenze che rappresentano l’altrettanto necessario riferimento per il riconoscimento dei crediti posseduti, soprattutto nel caso di passaggi ad altri percorsi di istruzione e formazione.

  1. Per la più efficace organizzazione della didattica secondo le coordinate sopra riassunte, le istituzioni scolastiche, nella stesura del PTOF, potranno utilizzare la quota di autonomia per l’orario complessivo del Biennio e del Triennio, pari al 20% delle discipline di studio e delle attività di laboratorio (ai sensi del D.P.R. 275/99 e s.m.i.), al fine di meglio perseguire gli obiettivi di apprendimento previsti dal PECUP.

Analogamente, potranno utilizzare le quote di flessibilità del 40% dell’orario complessivo del terzo, quarto e quinto anno di corso per rimodulare l’offerta formativa allorquando, in regime di sussidiarietà, esse intendano – a domanda dello studente – rilasciare anche le qualifiche triennali e i diplomi professionali quadriennali, previo accreditamento delle regioni susseguente a specifici accordi tra queste ultime e gli uffici scolastici regionali.

In virtù dell’organizzazione delle classi rimessa alla piena autonomia delle istituzioni scolastiche (ante), viene ora meno l’attuale distinzione tra sussidiarietà complementare – con la costituzione di apposite classi negli istituti professionali statali e paritari per il rilascio della sola qualifica triennale e/o del solo diploma professionale quadriennale – e sussidiarietà integrativa, in cui l’una – ed ora anche l’altro – si possono conseguire accanto all’ordinario diploma quinquennale di istruzione secondaria superiore.

Perciò le istituzioni scolastiche potranno e/o dovranno:

  • stipulare contratti d’opera con esperti del mondo del lavoro e delle professioni in possesso di competenze specialistiche non presenti nell’Istituto, nel rispetto dei vincoli di bilancio, ma con la possibilità di ricevere finanziamenti da soggetti pubblici e privati;

  • attivare partenariati territoriali per il miglioramento e l’ ampliamento dell’offerta formativa, per il potenziamento dei laboratori e relative dotazioni strumentali, per realizzare percorsi di alternanza ed incluse le esperienze di scuola-impresa e di bottega-scuola;

  • costituire i dipartimenti, quali articolazioni funzionali del Collegio dei docenti, per il sostegno alla didattica e alla progettazione formativa;

  • dotarsi del Comitato tecnico-scientifico, composto da docenti e da esperti del mondo del lavoro, delle professioni e della ricerca scientifica e tecnologica, con funzioni consultive e di proposta per l’organizzazione delle attività e degli insegnamenti di indirizzo.

Infine, per supportare il passaggio al nuovo ordinamento, sono previsti:

  • iniziative di aggiornamento del personale dirigente, docente e ATA, nonché di informazione dei giovani e delle loro famiglie in relazione alle scelte, e alle implicazioni, dei nuovi indirizzi di studio;

  • sistematico monitoraggio dei profili in uscita, e relativi risultati di apprendimento, da aggiornare con cadenza quinquennale, anche in relazione a nuove attività economiche, all’innovazione tecnologica e organizzativa, ai mutamenti del mercato del lavoro e delle professioni;

  • l’istituzione di una Rete nazionale delle scuole professionali per promuovere l’innovazione e il permanente raccordo con il mondo del lavoro, nonché per supportare e rinforzare la transizione dalla scuola al lavoro e diffondere e sostenere il sistema duale realizzato in alternanza scuola-lavoro e in apprendistato. Vi partecipano, con pari dignità e nel rispetto della loro diversa identità, le istituzioni scolastiche statali e paritarie che offrono percorsi IP e le istituzioni formative accreditate sulla base dei livelli essenziali delle prestazioni, di cui al capo III, artt. 15-21, del D. Lgs 226/05.

Non vi è chi non veda come, anche qui, i riflessi che si proiettano sulla (futura e auspicabile) organizzazione dei percorsi tecnici e liceali sono ragguardevoli, non fosse altro che per ripensare le attuali modalità dell’alternanza scuola-lavoro, per gli uni e per gli altri prescritta dalla Legge 107/15 (rispettivamente, 400 e 200 ore minime nell’arco del triennio); percorsi che, appena nati, già si mostrano in sofferenza.

Riferimenti normativi e istituzionali

– Decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 61

– Raccomandazione del Consiglio dell’Unione europea del 22 maggio 2018, sulle competenze chiave per l’apprendimento permanente


  • da Scuola & Amministrazione

Studenti con risultati migliori se il cognome inizia con una delle prime lettere dell’alfabeto

da Il Sole 24 Ore

Studenti con risultati migliori se il cognome inizia con una delle prime lettere dell’alfabeto

di Giuliana Licini

Il cognome inizia con una delle ultime lettere dell’alfabeto ed è in fondo al registro di classe? Rischia di essere uno svantaggio per la performance scolastica, che invece potrebbe trarre beneficio da un cognome nella parte alta della lista. La parabola evangelica degli «ultimi saranno primi, e i primi ultimi» non funziona se si indaga sulla relazione tra l’apprendimento e la posizione degli studenti nel registro di classe. Un collegamento a prima vista del tutto inusuale, visto che il registro è determinato solo dall’ordine alfabetico, e che è al centro di uno studio di tre economisti specializzati nell’istruzione, con risultati per certi versi sorprendenti.

Gli studenti che si trovano in fondo al registro hanno voti inferiori agli esami rispetto agli studenti i cui nomi si trovano nella parte iniziale. L’effetto è più evidente quando si considerano le materie letterarie e soprattutto nel caso di ragazzi con basse competenze che frequentano classi numerose. Lo studio – realizzato da Francesca Borgonovi, economista dell’Ocse, assieme a Maciej Jakubowski e Artur Pokropek – dopo avere preso in considerazione gli esami di scuola media di sette diversi coorti degli studenti che hanno partecipato all’esame di fine ciclo in Polonia tra il 2005 e il 2011 arriva alla conclusione che i ragazzi i cui nomi si trovano nella parte iniziale del registro hanno generalmente dei voti più alti. I tre ricercatori illustrano come questi risultati siano dovuti alla frequenza con cui gli insegnanti interrogano o fanno domande ‘volanti’ in classe durante la lezione.

Gli alunni interpellati più spesso – fatto che risulta nei registri dal numero di voti nelle interrogazioni – hanno alla fine performance migliori negli esami. Ma la scelta di chi interrogare non avviene in modo casuale come sarebbe nelle intenzioni dei prof. In realtà, inconsciamente, gli insegnanti seguono percorsi comportamentali prevedibili e tipici: di solito una lista si scorre dalla cima al fondo e molto più raramente si fa il contrario e al momento di fare la scelta abitualmente si evitano gli elementi estremi (i primi e gli ultimi della lista). Poiché lo scorrimento del registro avviene più facilmente dall’inizio, sono gli studenti vicini a questa posizione a essere interrogati più spesso e sono loro ad avere una performance migliore negli esami rispetto a chi ‘schiva’ le interrogazioni, ovvero, in questo caso – i ragazzi in fondo al registro.

In generale, se uno studente sa di avere più probabilità di essere sottoposto a un test da parte dell’insegnante, adegua il suo sforzo di conseguenza e ha un maggiore incentivo a studiare, senza contare che la stessa interrogazione costituisce un fattore di apprendimento in sè. L’attenzione in più che i ragazzi ricevono in questo modo grazie alla posizione “favorevole” nel registro ha una maggiore importanza nelle classi molto numerose (oltre 30 studenti), dove l’attenzione dell’insegnante giocoforza si disperde e i controlli sull’apprendimento individuale sono meno frequenti.

I ragazzi con i livelli di competenze di base più bassi sono particolarmente svantaggiati quando sono meno monitorati perché si trovano in fondo al registro (in una situazione quindi di “ultimi della classe” in ogni senso). La mancanza di attenzione e controlli da parte degli insegnanti penalizza in particolare i ragazzi invece che le ragazze, perché i ragazzi hanno più spesso basse competenze, perché sono quelli che più facilmente hanno difficoltà nell’apprendimento legate a problemi di disciplina, di attenzione durante le lezioni, a scarsa motivazione e scarso interesse allo studio. Soprattutto nel loro caso, qualche interrogazione in più potrebbe essere salutare, se non risolutiva. Per sfatare anche il rischio di «in (cog)nomen omen».

Alternanza di nuovo nel mirino. Faro sulle convenzioni scuole-strutture ospitanti

da Il Sole 24 Ore

Alternanza di nuovo nel mirino. Faro sulle convenzioni scuole-strutture ospitanti

di Cl. T.

Il nuovo caso di un ferimento a Prato di uno studente in alternanza, fa tornare nel mirino la formazione “on the job”, e il ministro Marco Bussetti annuncia che il tema dell’incolumità di ragazzi sarà «all’attenzione della prossima riunione dell’Osservatorio sull’Alternanza».

L’episodio
Lo studente era impegnato su un macchinario quando è rimasto vittima di un infortunio all’interno di un’officina meccanica a Montemurlo (Prato). La vittima è un 17enne e l’incidente ha causato l’amputazione della falange dell’anulare della mano sinistra.

La nota del Miur
«Quanto accaduto è grave – ha aggiunto il ministro – e richiede una verifica puntuale da parte del nostro Ufficio Scolastico territoriale, a partire dai contenuti della convenzione stipulata tra scuola e struttura ospitante e dagli obblighi in materia di sicurezza. Se ci sono stati errori, se quell’accordo non è stato rispettato, occorre intervenire con fermezza. Le attività effettuate dai ragazzi devono svolgersi sempre in condizioni di massima sicurezza».

Le reazioni sindacali
L’episodio ha subito scatenato le reazioni sindacali. L’Unione sindacale di base parla di «attività che si traducono troppo spesso in lavoro non tutelato». Anche per la Flc Cgil, «è necessario prendere atto che l’alternanza così come è stata riordinata dalla legge 107/15
non funziona e adottare le decisioni conseguenti».

I sindaci: un’ora di educazione alla cittadinanza nei piani di studio

da Il Sole 24 Ore

I sindaci: un’ora di educazione alla cittadinanza nei piani di studio

Un’ora alla settimana di educazione alla cittadinanza nei piani di studio delle scuole di ogni
ordine e grado, come materia autonoma e sottoposta a verifica: questo prevede la legge di iniziativa popolare depositata in Cassazione da una delegazione guidata dal sindaco di Firenze, Dario Nardella, che ne è stato il promotore e l’ha condivisa con l’Anci. Da ieri si è avviata così la procedura di raccolta delle 50mila firme necessarie per consegnare la proposta al Parlamento.

La bozza prevede l’introduzione di un insegnamento autonomo, come ora aggiuntiva curriculare o, qualora non fosse possibile optare per un’ora in più, si prevede la rimodulazione degli orari delle discipline storico-filosofico e giuridiche. Sarà una
commissione ministeriale ad hoc, che la legge chiede di instituire, a studiare come collocare la nuova materia nei piani di studio. Si parte dalla scuola dell’infanzia fino alle superiori, con l’educazione ambientale, la lotta allo spreco di risorse, l’educazione alla legalità, e nel corso negli anni si prevede lo studio della Costituzione, delle istituzioni dello Stato e dell’Unione Europea, degli elementi fondamentali di diritto.

A 60 anni dall’introduzione dell’educazione civica obbligatoria, voluta da Aldo Moro da ministro dell’Istruzione nel 1958, i sindaci ritengono di inserirsi in quel solco: fare della scuola un luogo dove far nascere e crescere il senso civico. «Assistiamo sempre più spesso a episodi di inciviltà, di incuria dei beni comuni e a problemi di convivenza. Una questione complessa che dipende anche dal fatto che è saltato quel patto sociale tra scuola, famiglia e istituzioni. Una legge è un punto da cui ripartire», ha detto Nardella, per il quale è anche un modo per ricordare Moro a 40 anni dalla morte.

«Quando la società arriva alla sanzione ha perso la sfida – ha aggiunto il sindaco di Firenze -. E trovo naturale che la proposta parta dai sindaci, senza bandiere di partiti, ma con la sola bandiera dell’Anci».

Toto-tema 2018: per la prima prova gli studenti scommettono sulla privacy e sul rapimento Moro

da Il Sole 24 Ore

Toto-tema 2018: per la prima prova gli studenti scommettono sulla privacy e sul rapimento Moro 

Il sogno di tutti i maturandi è conoscere in anticipo le tracce della maturità ma, nell’impossibilità che questo si realizzi, l’alternativa è fare ipotesi su anniversari ed eventi rilevanti degli ultimi 12 mesi, argomenti e date importanti che il Miur, secondo molti, non potrà ignorare. Studenti.it – il primo sito sul mondo degli studenti italiani – ha selezionato le tracce più quotate per il primo scritto dell’esame di stato 2018 e ha coinvolto in un’indagine sul sito e sulla propria pagina Facebook 6.736 maturandi, raccogliendo le loro previsioni in vista della prova del prossimo 20 giugno.

PRIVACY SU WEB E SOCIAL – Se ne è parlato molto negli ultimi mesi ed il 30% dei maturandi è pronto a scommettere che la traccia del tema di attualità o del saggio breve tecnico-scientifico potrebbe riguardare la delicata questione della privacy e della gestione dei dati personali quando si utilizzano web e social, sollevando anche temi ad essa collegati quali il cyberbullismo e il diritto alla riservatezza.

40 ANNI DAL RAPIMENTO DI ALDO MORO – E’ la traccia più quotata per il 26% dei maturandi. Più volte nel corso dell’anno scolastico gli studenti sono stati invitati a ricordare, anche grazie all’intervento del Miur, il segretario della Democrazia cristiana Aldo Moro a 40 anni dalla sua morte. Una ricorrenza che potrebbe diventare spunto per una delle tracce della tipologia B, ovvero il saggio breve o l’articolo di giornale di ambito storico-politico, o per il tema storico (tipologia C).

70 ANNI DELLA COSTITUZIONE ITALIANA – La carta fondamentale dello Stato italiano quest’anno ha compiuto 70 anni e, mai come ora, è al centro del dibattito politico. Secondo il 23% dei maturandi una traccia sulla Costituzione potrebbe trovare spazio nel saggio breve o nell’articolo di giornale di ambito storico-politico, nella tipologia C – il tema di argomento storico – o, infine, nel tema di ordine generale (tipologia D).

80 ANNI DALLA PROMULGAZIONE DELLE LEGGI RAZZIALI – Quest’anno ricorre anche l’80esimo anniversario della promulgazione delle leggi razziali fasciste, un altro evento ricordato più volte e al centro di molteplici dibattiti a scuola. Per il 21% dei maturandi anche questo potrebbe essere lo spunto per la traccia del tema storico.

ATTESO UN AUTORE “FUORI PROGRAMMA” PER L’ANALISI DEL TESTO – Secondo la consueta alternanza tra poesia e prosa, dopo i Versicoli quasi ecologici di Caproni dello scorso anno, questa dovrebbe essere la volta dell’analisi di un testo in prosa. Ma nonostante ricorrano i 110 anni dalla nascita di Cesare Pavese e Alberto Moravia, la maggior parte dei maturandi interpellati sulla pagina Facebook di Studenti.it è concorde nel sostenere che anche stavolta il Miur sceglierà un autore non studiato in classe (come già accadde nel 2013 con Claudio Magris e nel 2017 con Caproni). Secondo Andrea da Roma «è molto probabile che il Miur sceglierà temi non presenti nel programma. Ad esempio la traccia di analisi del testo uscirà o su un autore poco conosciuto o su uno conosciuto, comunque su testi che non si fanno nel programma». Anche per Maria Valeria, di Sondrio, «l’analisi del testo sarà su un autore sconosciuto. Principalmente perché l’analisi di un autore del ‘900 è complicata e in alcuni indirizzi ci si prepara meno a questa tipologia di traccia. Dunque si cerca di controbilanciare dando l’opportunità a tutti di affrontare l’analisi con testi strutturati in forma bipartita».

Anno prova e formazione, valutazione finale neoimmessi: funzioni e compiti di tutor, comitato e dirigente

da Orizzontescuola

Anno prova e formazione, valutazione finale neoimmessi: funzioni e compiti di tutor, comitato e dirigente

di redazione

L’anno di prova e formazione per i docenti neo immessi  volge ormai al termine e a breve i docenti interessati saranno oggetto della valutazione finale.

Soggetti coinvolti

I soggetti coinvolti nella valutazione finale dei docenti neo assunti o comunque in anno di prova e formazione sono:

  • Tutor;
  • Comitato per la valutazione dei docenti;
  • Dirigente scolastico.

Funzioni e compiti di Tutor, Comitato di valutazione e Dirigente scolastico

Ciascuno dei sopra riportati soggetti svolge dei compiti ben definiti, che sintetizziamo nella seguente tabella:

Neoimmessi

I docenti in anno di prova sostengono il colloquio finale innanzi al Comitato di valutazione.

Il colloquio prende avvio dalla presentazione delle attività di insegnamento  e formazione e della relativa documentazione contenuta nel portfolio professionale.

Ricordiamo che la suddetta documentazione va consegnata al dirigente scolastico che, a sua volta, la trasmette al Comitato per la valutazione dei docenti almeno cinque giorni prima della data fissata per il colloquio finale.

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ATA, sanzioni disciplinari: quali sono e quando scattano. Novità CCNL 2016/18

da Orizzontescuola

ATA, sanzioni disciplinari: quali sono e quando scattano. Novità CCNL 2016/18

di redazione

Con la circolare n.0011313 del 4 giugno 2018, l’USR Emilia Romagna ha elencato quali sono e quando scattano le sanzioni disciplinari per il personale Ata a seguito del rinnovo del CCNL Comparto Personale Istruzione e Ricerca triennio 2016/18.

Con il rinnovo del contratto collettivo avvenuto in data 19 aprile 2018 sono state introdotte novità importanti in materia disciplinare per il personale ATA.

Il Miur ha invita i dirigenti scolastici a pubblicare sui siti istituzionali il codice disciplinare del personale scolastico.

Personale Ata – Sanzioni disciplinari

Le novità più importanti per il personale Ata sono quelle descritte nel titolo III a partire dall’art. 10.

L’art. 12 indica quali sono le sanzioni applicabili al personale che viola gli obblighi indicati nell’art.11.

In ordine crescente, partendo dalla sanzione più leggera fino a quella più grave, il dipendente può essere soggetto a:

a) rimprovero verbale (in base alle disposizioni contrattuali, a cui la nuova formulazione dell’art. 55 bis co. 1 del D.lgs. 165/01 fa espresso rinvio, anche per il rimprovero verbale, diversamente da quanto accadeva prima dell’entrata in vigore del nuovo CCNL, è necessario l’avvio del procedimento disciplinare);
b) rimprovero scritto (censura);
c) multa di importo variabile fino ad un massimo di quattro ore di retribuzione;
d) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino a dieci giorni;
e) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da 11 giorni fino ad un massimo di sei mesi (che costituisce importante elemento di novità rispetto alle precedenti disposizioni contrattuali);
f) licenziamento con preavviso;
g) licenziamento senza preavviso.

Il comma 2 dello stesso articolo mantiene in vita le sanzioni previste dal D.lgs. n. 165/2001, ovvero:
a) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di quindici giorni, ai sensi dell’art. 55-bis, comma 7, del d.lgs. n. 165/2001;
b) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi, ai sensi dell’art. 55-sexies, comma 1;
c) sospensione dal servizio con privazione della retribuzione fino ad un massimo di tre mesi, ai sensi dell’art. 55-sexies, comma 3 del d.lgs. n. 165/2001”.

Personale Ata – Determinazione concordata della sanzione

Un’altra importante novità contenuta nell’ultimo contratto sempre in materia di sanzioni disciplinari è racchiusa nell’art. 17 e riguarda la facoltà di procedere alla “determinazione concordata della sanzione”, in base a cui “l’autorità disciplinare competente ed il dipendente, in via conciliativa, possono procedere alla determinazione concordata della sanzione disciplinare da applicare fuori dei casi per i quali la legge ed il contratto collettivo prevedono la sanzione del licenziamento, con o senza preavviso”.

In pratica, nei casi in cui la violazione non sia talmente grave da far scattare il  licenziamento è prevista la possibilità di una mediazione fra l’autorità competente e il dipendente concordando una sanzione conciliativa. Resta fermo il principio che la sanzione conciliativa concordata non potrà essere diversa da quella prevista per legge o dal contratto collettivo per l’infrazione commessa. Tale sanzione non potrà essere impugnata.

Nel caso in cui si proceda alla mediazione conciliativa il soggetto che propone tale procedura alternativa e non obbligatoria dovrà attivarsi entro cinque giorni dalla audizione del dipendente per il contraddittorio a sua difesa.

Ai fini di cui sopra, si suggerisce un’attenta lettura dell’impianto dispositivo di cui all’art. 17 CCNL recante dettaglio dei termini e delle modalità regolamentanti la procedura conciliativa in parola che, in ogni caso, deve concludersi entro il termine di trenta giorni dalla contestazione e comunque prima dell’irrogazione della sanzione.

Personale Ata – Sospensione cautelare in corso di procedimento disciplinare

Nel caso in cui si stia già procedendo alla sanzione disciplinare, la novità maggiore riguarda l’art.14 “Sospensione cautelare in corso di procedimento disciplinare”. Nella nuova versione, viene data la possibilità all’Amministrazione di mantenere lo stipendio al dipendente che viene sospeso fino a 30 giorni in via cautelare dal servizio, per consentire di svolgere approfondimenti sull’infrazione commessa.

Personale Ata – Sospensione cautelare in caso di procedimento penale

L’art. 15 disciplina la sospensione cautelare del dipendente a seguito di una detenzione dovuta a reato. Il dipendente in questo caso non percepirà lo stipendio. Perderà lo stipendio e sarà sospeso in via cautelare in caso di reato anche se la pena comminata allo stesso reato non prevede la privazione (detenzione) o la restrizione della libertà personale, ovvero anche in caso in cui l’amministrazione faccia coincidere i termini della sospensione cautelare dal servizio in coincidenza con la cessazione della stessa privazione della libertà. La sospensione dal servizio eventualmente disposta a causa di procedimento penale conserva efficacia, se non revocata, per un periodo non superiore a cinque anni. Decorso tale termine, essa è revocata ed il dipendente è riammesso in servizio, salvo i casi nei quali, in presenza di reati che comportano l’applicazione dell’art. 13, comma 9, punto 2 (Codice disciplinare), l’amministrazione ritenga che la permanenza in servizio del dipendente provochi un pregiudizio alla credibilità della stessa, a causa del discredito che da tale permanenza potrebbe derivarle da parte dei cittadini e/o comunque, per ragioni di opportunità ed operatività dell’amministrazione stessa.

In tal caso, può essere disposta, per i suddetti motivi, la sospensione dal servizio, che sarà sottoposta a revisione con cadenza biennale.
Ove il procedimento disciplinare sia stato eventualmente sospeso fino all’esito del procedimento penale, ai sensi dell’art. 16 (Rapporto tra procedimento disciplinare e procedimento penale), tale sospensione può essere prorogata, ferma restando in ogni caso l’applicabilità dell’art. 13, comma 9, punto 2 (Codice disciplinare).

Personale Ata – Tipologie di sospensione cautelare dal servizio

Le principali tipologie di sospensione cautelare applicabili al personale
ATA sono:

  • sospensione cautelare dal servizio, ai sensi dell’art. 55 ter co. 1 del D.lgs. 165/01 (di competenza degli Uffici di Ambito territoriale);
  • art. 14 CCNL “sospensione cautelare in corso di procedimento disciplinare” (di competenza della stessa autorità che ha avviato il procedimento disciplinare);
  • sospensione cautelare senza stipendio del dipendente per falsa attestazione della presenza in servizio, accertata in flagranza ovvero mediante strumenti di sorveglianza o di registrazione degli accessi o delle presenze, ai sensi dell’art. 55 quater co. 3 bisdel D.lgs. 165/2001 (di competenza del Dirigente scolastico o dell’UPD qualora ne venga a conoscenza per primo in quanto responsabile della struttura);
  • sospensione cautelare dal servizio ai sensi dell’art. 15 CCNL Scuola 2016/18 rubricato:

“sospensione cautelare in caso di procedimento penale” (di competenza degli UPD istituiti presso gli Uffici di Ambito territoriale);

  • sospensione cautelare ai sensi dell’art. 6 del D.P.R. n. 171/11 “Regolamento di attuazione in materia di risoluzione del rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche dello Stato e degli enti pubblici nazionali in caso di permanente inidoneità psicofisica, a norma dell’articolo 55-octies del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”, nelle more dell’accertamento medico-sanitario (di competenza del Dirigente scolastico).

PERSONALE DOCENTE – RINVIO AL D.lgs. 297/94 IN ATTESA DELLA SESSIONE NEGOZIALE

In tema di responsabilità disciplinare per il personale docente ed educativo le parti contrattuali hanno convenuto, all’art. 29 CCNL, sulla opportunità di rinviare ad una specifica sessione negoziale a livello nazionale (la sessione si dovrà concludere entro il mese di luglio 2018) la definizione, per detto personale, della tipologia delle infrazioni disciplinari e delle relative sanzioni, nonché l’individuazione di una procedura di conciliazione non obbligatoria, fermo restando che il soggetto responsabile del procedimento disciplinare “deve in ogni caso assicurare che l’esercizio del potere disciplinare sia effettivamente rivolto alla repressione di condotte antidoverose dell’insegnante e non a sindacare, neppure indirettamente, la libertà di insegnamento”.

All’art. 29 medesimo, è stato precisato al co. 3 che, nelle more della sessione
negoziale di cui sopra, “rimane fermo quanto stabilito dal Capo IV Disciplina, Sezione I Sanzioni Disciplinari del D.lgs. n. 297 del 1994”.

Sono però state introdotte integrazioni all’articolo 498 comma 1 del T.U. 297/94 con l’aggiunta delle seguenti lettere costituenti pertanto ulteriori violazioni disciplinari per le quali è possibile procedere all’irrogazione della sanzione della destituzione dal servizio:
“g) per atti e comportamenti o molestie a carattere sessuale che riguardino gli studenti affidati alla vigilanza del personale, anche ove non sussista la gravità o la reiterazione;
h) per dichiarazioni false e mendaci che abbiano l’effetto di far conseguire, al personale che le ha rese, un vantaggio nelle procedure di mobilità territoriale o professionale”.
Da ultimo, preme rilevare che nel suddetto articolo 29 CCNL Scuola è stato, altresì, stabilito che, in occasione della sessione negoziale di cui sopra, che, come detto, andrà a definire, per il personale docente, la tipologia delle infrazioni disciplinari e delle relative sanzioni, si dovrà tener conto delle sotto indicate specificazioni:
“1) deve essere prevista la sanzione del licenziamento nelle seguenti ipotesi:
a) atti, comportamenti o molestie a carattere sessuale, riguardanti studentesse o studenti affidati alla vigilanza del personale, anche ove non sussista la gravità o la reiterazione, dei comportamenti;
b) dichiarazioni false e mendaci, che abbiano l’effetto di far conseguire un vantaggio nelle procedure di mobilità territoriale o professionale;
2) occorre prevedere una specifica sanzione nel seguente caso:
a) condotte e comportamenti non coerenti, anche nell’uso dei canali sociali informatici, con le finalità della comunità educante, nei rapporti con gli studenti e le studentesse”.

ITP nelle Graduatorie ad esaurimento: Miur deve pronunciarsi entro 60 giorni. Sentenza

da Orizzontescuola

ITP nelle Graduatorie ad esaurimento: Miur deve pronunciarsi entro 60 giorni. Sentenza

di redazione

Il TAR del Lazio (Sezione Terza Bis) ha pronunciato il 12 giugno 2018 una sentenza di merito (N° 6507/2018) sul ricorso numero di registro generale 2286 del 2018

proposto da alcuni tesserati SAESE , rappresentati e difesi dagli avvocati Paolo Gagliano, Maria Carmela Infurna contro il MIUR, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato.

Il ricorso è fondato e il Tribunale Amministrativo romano condanna l’amministrazione centrale al pagamento delle spese di giudizio che vanno quantificate in complessive € 1.500,00 oltre accessori di legge.

Le richieste dei ricorrenti

  • l’annullamento del silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza, presentata in data 02.08.2017, Prot. 34013 (doc.1-2), con la quale gli odierni ricorrenti, titolari di diploma di ITP, hanno chiesto all’Amministrazione resistente di voler:

1) riconoscere, con provvedimento espresso, i diplomi di ITP degli odierni istanti, (Diploma di ragioniere e perito commerciale, Diploma di geometra, Diploma alberghiero, Diploma di perito industriale, Diploma di operatore turistico, Diploma di maturità attività sociali, Diploma di maturità scientifica, Diploma tecnico delle industrie elettroniche, Diploma tecnico delle industrie meccaniche, Diploma di perito agrario, Diploma in amministrazione, finanza e marketing) titoli idonei per la partecipazione, secondo le rispettive classi di insegnamento, ai bandi per l’accesso alle diverse classi di insegnamento ovvero per l’accesso ai posti di sostegno a tempo indeterminato ovvero ancora nelle diverse fasce previste nelle Graduatorie Ad Esaurimento (GAE) nei diversi istituti

2) adottare gli opportuni provvedimenti affinché i diversi istituti scolastici ovvero gli Uffici periferici del M.I.U.R. consentano, ai titolari dei diplomi di ITP sopra indicati, la possibilità di accedere alle GAE anche senza l’abilitazione all’insegnamento nelle classi di insegnamento di competenza;

3) in via subordinata, attivare per i titolari dei diplomi di ITP sopra indicati un percorso abilitante ordinario

La decisione del Giudice

“Il MIUR, con la nota del 31.08.2017, ha trasmesso la predetta istanza ai diversi Provveditorati agli Studi sparsi per il territorio nazionale ma non ha ancora provveduto ad adottare alcuna determinazione conclusiva del relativo procedimento. Ha resistito in giudizio il MIUR con mera memoria di stile.”

“Deve, pertanto, essere accolto il ricorso, nella misura in cui mira a ottenere la conclusione del procedimento avviato attraverso l’adozione di una pronuncia espressa. Va conseguentemente dichiarato l’obbligo del Ministero dell’Istruzione di pronunciarsi, positivamente o negativamente, in ordine alla richiesta presentata dai ricorrenti, assegnando, a tal fine, il termine di sessanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa ovvero dalla notificazione a cura di parte della presente sentenza.”

Supplenze personale ATA: quali sono i criteri per prorogare il contratto al 31 agosto

da Orizzontescuola

Supplenze personale ATA: quali sono i criteri per prorogare il contratto al 31 agosto

di redazione

Considerato ormai l’imminente chiusura dell’anno scolastico 2017/18, ecco una breve scheda sui criteri di proroga di contratto del personale Amministrativo – Tecnico – Ausiliario a tempo determinato, completa di riferimenti normativi.

La normativa di riferimento per le supplenze del personale ATA è il “Regolamento recante norme sulle modalità di conferimento delle supplenze” ai sensi del Decreto Ministeriale del 13 dicembre 2000, n. 430.

L’art. 1, comma1, del regolamento dispone che i posti del personale ATA, fatta eccezione per quelli del profilo di DSGA, che non siano stati assegnati mediante incarichi a tempo indeterminato, sono coperti con il conferimento di supplenze annuali o di supplenze temporanee sino al termine dell’attività didattica. Per la copertura dei suddetti incarichi verranno utilizzati le graduatorie permanenti di cui all’art. 554 del D.L.vo n. 297/94 e in caso di esaurimento delle stesse, gli elenchi e le graduatorie provinciali.

Tuttavia solo in caso di esaurimento delle sopra menzionate graduatorie, le eventuali residue disponibilità sono assegnate dai competenti DS, mediante lo scorrimento delle Graduatorie di III FASCIA, con la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato di durata fino al termine dell’attività didattica.

Naturalmente per la sostituzione del personale ATA temporaneamente assente, i dirigenti scolastici possono conferire supplenze TEMPORANEE nel rispetto dei criteri e principi contenuti nell’art. 6 del D.M. 13/12/2000 n. 430. Utilizzando le rispettive graduatorie di circolo e di istituto per la sostituzione del personale temporaneamente assente e per la copertura di posti resisi disponibili, per qualsiasi causa, dopo il 31 dicembre di ciascun anno. Nel caso di esaurimento della graduatoria di circolo e di istituto, il dirigente scolastico provvede al conferimento della supplenza utilizzando le graduatorie di altri istituti della provincia secondo un criterio di viciniorità e previe le opportune intese con i competenti dirigenti scolastici.

Chi ha diritto alla proroga del contratto

Il comma 7 dell’art. 1 del D.M. 13/12/2000 n. 430 afferma che, le supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche possono essere prorogate oltre tale termine, per il periodo strettamente necessario allo svolgimento delle relative attività, nelle scuole interessate ad esami di stato […],qualora non sia possibile consentire lo svolgimento di dette attività mediante l’impiego del personale a tempo indeterminato o supplente annuale in servizio presso la scuola interessata, e, comunque, nei casi in cui siano presenti situazioni che possano pregiudicare l’effettivo svolgimento dei servizi di istituto.

Quindi, qualora l’assenza del personale appartenente ai profili professionali di assistente amministrativo, assistente tecnico e collaboratore scolastico, nel periodo intercorrente tra il termine delle lezioni e la conclusione delle attività didattiche, compresi gli esami, determini nella scuola l’impossibilità di assicurare lo svolgimento delle ulteriori attività indispensabili, il dirigente scolastico può, con determinazione motivata, prorogare la data di scadenza delle supplenze per il periodo di effettiva permanenza delle esigenze di servizio e nel numero strettamente necessario per evitare l’interruzione del pubblico servizio.

Così come ribadisce la circolare del MIUR prot. n. 20117 del 19-04-2018, pertanto le proroghe devono essere richieste dai dirigenti scolastici nei casi di effettiva necessità qualora non sia possibile assicurare l’effettivo svolgimento dei servizi di istituto mediante l’impiego di personale a tempo indeterminato e di personale supplente annuale. Le richieste motivate devono pervenire agli Uffici scolastici regionali per la prescritta autorizzazione. Le comprovate motivazioni potranno fare riferimento ad attività relative allo svolgimento degli esami di stato, al recupero debiti nelle scuole secondarie di secondo grado, a situazioni eccezionali che possano pregiudicare l’effettivo svolgimento dei servizi di istituto con riflessi sull’ordinato avvio dell’anno scolastico (es. adempimenti legati all’aggiornamento delle graduatorie di istituto ATA, allo svolgimento delle procedure concorsuali in atto ,etc.).

Il personale, invece, che è stato nominato su posto vacante e disponibile ha diritto di proroga fino al 31 Agosto. È ormai chiaro e ribadito anche da diverse sentenze, che chi ricopre una supplenza su posto “vacante e disponibile” cioè privo di titolare, ha diritto di rimanere in servizio fino al 31 agosto. Mentre i contratti con decorrenza fino al 30 giugno sono su posti non vacanti che si rendono di fatto disponibili entro il 31/12.

Dunque, la natura della durata del contratto dipende unicamente dalla tipologia del posto che deve essere ricoperto.

Anche l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Taranto nel giugno 2004, ha confermato quanto sopra sostenuto, inoltre il Tribunale di Chieti ha emesso un’ordinanza in tal senso in data 11/6/2007.

Per di più la Corte di Appello di Firenze (sentenza n. 1222/09 ), ha stabilito che sui posti “vacanti e disponibili” devono essere stipulati contratti fino al 31 agosto, indipendentemente dal fatto che l’individuazione avvenga da graduatorie di istituto, anziché da graduatorie provinciali, se le suddette risultano esaurite (art. 4 ed 11 della L. 124/99).

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