Quattro medaglie d’argento e due di bronzo. In prima fila i giovani talenti italiani alla 59esima edizione delle Olimpiadi Internazionali di Matematica (IMO) che si sono appena concluse a Cluj-Napoca, in Romania.
Sei le medaglie in totale conquistate dalla squadra azzurra e un oro “sfiorato” (per un solo punto). Complessivamente i sei componenti della squadra italiana si sono classificati al 17esimo posto su 107 nazioni partecipanti (594 i concorrenti in totale, di cui 60 le ragazze).
A salire sul podio per la medaglia d’argento: Bernardo Tarini, del Liceo Scientifico “A. Gramsci” di Firenze (30 punti su 42, a un solo punto dall’oro); Federico Viola, del Liceo Scientifico “A. Righi” di Roma e Saro Passaro, del Liceo Scientifico “S. Volta” di Milano (entrambi con 29 punti); Andrea Ciprietti, del Liceo Scientifico “M. Curie” di Giulianova (26 punti).
Medaglie di bronzo per: Fabio Pruneri, del Liceo Scientifico “A. Volta” di Milano (24 punti, a un solo punto dall’argento) e Matteo Palmieri (16 punti), del Liceo Scientifico “G. Ferraris” di Torino.
La squadra italiana è stata scelta al termine di un percorso di un anno, scandito da gare e stage di formazione, organizzato dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca e dall’Unione Matematica Italiana.
Orario di lavoro docenti, rischio modifiche peggiorative dall’Europa
di Avv. Marco Barone
Come è noto, in base al DECRETO LEGISLATIVO 8 aprile 2003, n. 66 che è quello che concerne l’attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro.
(GU Serie Generale n.87 del 14-04-2003 – Suppl. Ordinario n. 61) all’articolo 1 comma 2 in materia di orario di lavoro così si scrive: Agli effetti delle disposizioni di cui al presente decreto si intende per: a) “orario di lavoro”: qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni.
Applicazione della normativa europea in materia di orario di lavoro e scuola
Però l’articolo 2 comma 3 del medesimo DLGS così si pronuncia: . Le disposizioni del presente decreto non si applicano al personale della scuola di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297. Dunque si era giustamente nella convinzione che tale quadro normativo non trovasse applicazione per il personale della scuola. Ma è realmente così?
L’articolo 1 della direttiva 2003/88 dispone quanto segue: «1. La presente direttiva stabilisce prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di organizzazione dell’orario di lavoro.
2. La presente direttiva si applica: a) ai periodi minimi di riposo giornaliero, riposo settimanale e ferie annuali nonché alla pausa ed alla durata massima settimanale del lavoro; e b) a taluni aspetti del lavoro notturno, del lavoro a turni e del ritmo di lavoro.
3. La presente direttiva si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 89/391/CEE [del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (GU 1989, L 183, pag. 1)], fermi restando gli articoli 14, 17, 18 e 19 della presente direttiva. 4. Le disposizioni della direttiva 89/391 (…) si applicano pienamente alle materie contemplate al paragrafo 2, fatte salve le disposizioni più vincolanti e/o specifiche contenute nella presente direttiva».
4 L’articolo 2 della direttiva 2003/88, intitolato «Definizioni», prevede ai suoi punti 1 e 2: «Ai fini della presente direttiva si intende per: 1. “orario di lavoro”: qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali; 2. “periodo di riposo”: qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro»
La Comunicazione interpretativa del Parlamento Europeo
Con unaComunicazione interpretativa sulla direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (2017/C 165/01) è emerso in modo chiaro che:
Secondo la Corte, benché alcuni servizi debbano affrontare eventi non prevedibili per definizione, le attività cui danno luogo in condizioni normali e che corrispondono, del resto, esattamente alla missione che è stata impartita a servizi del genere, possono comunque essere organizzate preventivamente, anche per quanto riguarda la prevenzione dei rischi per la sicurezza e/o per la salute (49). Di conseguenza l’esclusione dal campo di applicazione non dipende dall’appartenenza o meno dei lavoratori a uno dei settori di cui alla direttiva 89/391/CEE, ma piuttosto dalla natura specifica di taluni specifici incarichi esercitati dai dipendenti nell’ambito di tali settori. A causa della necessità di garantire un’efficace tutela della collettività tali incarichi giustificano una deroga alle regole previste dalla detta direttiva. La direttiva sull’orario di lavoro è pertanto applicabile alle attività delle forze armate, della polizia o dei servizi di protezione civile, nonché ad altre attività specifiche del pubblico impiego, quando vengono svolte in condizioni abituali. Nella sua giurisprudenza la Corte ha stabilito che la direttiva si applica alle attività del personale delle unità di pronto soccorso e del personale medico ed infermieristico in servizio nelle unità di pronto soccorso, nonché ad altri servizi che rispondono a emergenze come il personale medico e infermieristico in servizio nelle unità di pronto soccorso e in altri servizi che gestiscono emergenze esterne, agli operatori del pronto soccorso medico), alle unità di intervento dei vigili del fuoco pubblici, alla polizia municipale e al personale non civile delle amministrazioni nello svolgimento dei propri doveri in circostanze ordinarie .
La Corte di Giustizia Europea ha affermato con la Sentenza del 25.11.2010, causa C429/09 al punto 43 che “ Si deve ricordare che la direttiva 2003/88 intende fissare prescrizioni minime destinate a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori mediante il ravvicinamento delle normative nazionali riguardanti, in particolare, la durata dell’orario di lavoro. Tale armonizzazione a livello dell’Unione europea in materia di organizzazione dell’orario di lavoro è intesa a garantire una migliore protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, facendo godere a questi ultimi periodi minimi di riposo – in particolare giornaliero e settimanale – e periodi di pausa adeguati e prevedendo un limite massimo per la durata settimanale del lavoro (v., in particolare, sentenze citate Pfeiffer e a., punto 76, nonché Fuß, punto 32)”.
Una Direttiva importante quella che ora si commenta non pienamente attuata in Italia. Ad esempio nel 2013 la Commissione Europea, in data 30 maggio emanava un provvedimento motivato secondo quanto previsto dall’art. 258, primo comma, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, proprio in virtù del mancato recepimento nell’ordinamento giuridico nazionale degli articoli 3, 6 e 17, paragrafo 2 della direttiva 2003/88/CE, ad esempio. E l’Italia veniva invitata a rischio deferimento ad ottemperare il tutto.
No alle modifiche peggiorative in materia di orario di lavoro.
Con la Sentenza del 21 febbraio 2018 Nella causa C-518/15 la Corte di Giustizia Europea ha affermato che “ occorre comunque precisare che, se gli Stati membri non hanno il potere di modificare la definizione di «orario di lavoro» ai sensi dell’articolo 2 della direttiva 2003/88, essi, come è stato ricordato al punto 42 della presente sentenza, sono comunque liberi di adottare, nei rispettivi ordinamenti nazionali, disposizioni che prevedano periodi di orario di lavoro e periodi di riposo più favorevoli ai lavoratori, rispetto a quelli stabiliti in tale direttiva. Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla seconda questione affermando che l’articolo 15 della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che esso non consente agli Stati membri di adottare o mantenere una definizione della nozione di «orario di lavoro» meno restrittiva di quella contenuta all’articolo 2 di tale direttiva.”
36.700 i pensionamenti nel comparto scuola. Dati ufficiali
di redazione
L’Inps ha dato i numeri dei pensionamenti a partire dal prossimo 1 settembre 2018. Le domande complessive erano state 41mila.
“Da quest’anno – spiega l’Inps – l’Istituto per la prima volta ha assunto su di sé l’attività di certificazione del diritto a pensione per il personale del comparto Scuola, a differenza degli anni precedenti in cui la certificazione veniva effettuata dagli Uffici territoriali del Miur, salvo successiva verifica da parte dell’Inps in sede di liquidazione della pensione. La necessità di procedere ad una preventiva verifica del diritto a pensione deriva dalla peculiare esigenza del comparto scuola di poter garantire all’inizio di ogni anno scolastico la continuità didattica“.
“Quest’anno sono pervenute oltre 41.000 domande di cessazione, con un aumento delle richieste di collocamento a riposo di oltre il 30% rispetto all’anno precedente. L’Inps ha certificato il riconoscimento del diritto a pensione, con decorrenza dal prossimo 1° settembre, per oltre 36.700 persone, mentre per le restanti 4.600, in linea con la percentuale dello scorso anno, tale diritto non è stato al momento riconosciuto. Per queste ultime posizioni l’Istituto, in stretta collaborazione con i competenti uffici ministeriali, sta provvedendo ad ulteriori approfondimenti“, prosegue l’Inps.
“Gli esiti delle verifiche sono stati comunicati al Miur, tramite invii dei files contenenti gli elenchi, a partire dal 30 aprile scorso, con contestuale aggiornamento sulle lavorazioni via via effettuate dalle strutture territoriali dell’Istituto. Con riferimento alle notizie di stampa riguardanti le presunte diverse modalità di calcolo, si precisa che l’Istituto ha da sempre adottato il criterio dell’anno commerciale per la verifica del diritto a pensione. L’eventuale differente modalità di calcolo adottata dal Ministero in ogni caso può comportare esclusivamente limitate differenze con riferimento ai periodi pre-ruolo, riconosciuti con provvedimenti di competenza del Miur e, pertanto, il riferimento a potenziali differenze di circa ‘200 giorni’ è da ritenersi destituito di ogni fondamento“
Valutazione dirigenti scolastici: time line, interlocuzione con il NEV, legame con la retribuzione. Compilazione Portfolio sino al 31 luglio
di redazione
Il Miur ha diramato la nota n. 6844 del 19 aprile 2018, volta ad impartire istruzioni riguardanti la valutazione dei dirigenti scolastici per l’a.s. 2017-18.
Ecco la tabella con le azioni, gli attori coinvolti e la relativa tempistica:
DIRIGENTI IN QUIESCENZA DAL 1° SETTEMBRE 2018
Considerato che tutte le attività riguardanti il procedimento di valutazione e i relativi esiti sono finalizzati al miglioramento professionale, non sono coinvolti nel processo valutativo i dirigenti che saranno in pensione dal prossimo 1° settembre.
INTERLOCUZIONE DIRIGENTE E NUCLEO DI VALUTAZIONE
Tra le novità, introdotte nel corrente anno scolastico, annoveriamo l’interlocuzione tra dirigente e nucleo di valutazione.
L’interlocuzione si svolge sia in forma di visita presso la scuola sede di servizio sia in forma di interlocuzione in presenza presso l’ USR di appartenenza o presso altre sedi appositamente individuate.
L’interlocuzione si prefigge lo scopo di:
effettuare in maniera più incisiva la rilevazione delle azioni professionali, poste in essere dal dirigente scolastico, in relazione agli obiettivi assegnati con l ‘incarico dirigenziale e ai risultati ottenuti;
di approfondire il contributo specifico del dirigente “in relazione al perseguimento delle priorità e dei traguardi previsti nel RAV e nel piano di miglioramento dell ‘istituzione scolastica“
Il dirigente illustrerà le azioni professionali, di cui sopra, servendosi della documentazione ritenuta più significativa e raccolta attraverso il Portfolio.
PORTFOLIO
Tempistica
La compilazione del portfolio avverrà online, a partire dal 20 aprile, e le varie aree potranno essere aggiornate nel corso dell’anno scolastico, sino al 31 luglio 2018.
I dirigenti, che hanno compilato il Portfolio, al momento della riapertura della piattaforma per la valutazione relativa all’anno scolastico in
corso, troveranno già caricati alcuni dati e informazioni precedentemente inseriti. Dati e informazioni pre-caricati potranno essere modificati e/o integrati.
Modifiche al Portfolio
Il Portfolio, come suddetto, è stato oggetto di alcune modifiche:
introduzione, nella sezione Anagrafe professionale, del nuovo campo “Contributo alla partecipazione della scuola a progetti particolarmente significativi, a sperimentazioni, a concorsi”, in cui potranno essere descritte le attività più importanti poste in essere dal Dirigente per incentivare, sostenere e favorire la realizzazione di iniziative nella scuola di servizio, anche con riferimento a precedenti sedi diverse da quella attuale;
le dimensioni professionali, elencate nella sezione “Autovalutazione”, sono le stesse per le quali il dirigente scolastico indicherà le azioni professionali;
le “aree di processo” sono state eliminate;
i condizionamenti di contesto, che il dirigente può elencare e comunicare al nucleo, avranno un maggior peso;
il numero dei documenti, che il dirigente scolastico deve caricare a sistema, è stato ridotto.
Per la pubblicazione dei campi compilati e dei documenti eventualmente allegati sul sito del SNV, il dirigente dovrà dare il proprio assenso.
Struttura del Portfolio
Il portfolio si articola in quattro sezioni:
Anagrafe professionale
Autovalutazione
Obiettivi e azioni professionali
Documentazione della valutazione
Anagrafe professionale
L’Anagrafe professionale si propone di consentire al Dirigente scolastico una riflessione sul proprio ruolo e sui propri punti di forza e di debolezza, nell’ottica di dello sviluppo e del miglioramento professionale.
L’Anagrafe si focalizza sulle azioni che il Dirigente scolastico realizza e/o favorisce nell’istituzione scolastica rispetto alle seguenti dimensioni professionali:
1. Definizione del modello organizzativo;
2. Gestione e valorizzazione del personale;
3. Apprezzamento dell’operato;
4. Contributo all’autovalutazione, valutazione e rendicontazione;
5. Direzione unitaria.
Il dirigente si auto valuta, in relazione alle suddette dimensioni, attribuendosi una valutazione che va da 1 (livello massimo) a 4 (livello minimo). La valutazione attribuitasi potrà essere motivata nel campo “Motivazione dei livelli attribuiti”.
Al termine dell’Autovalutazione si genererà automaticamente un diagramma di Kiviat che avrà una forma “a stella” e permetterà al dirigente di visualizzate gli esiti della medesima autovalutazione.
Obiettivi e azioni professionali
Il dirigente scolastico, in questa sezione, documenta le azioni che ritiene maggiormente significative e specifiche della propria professionalità, collegandole a quelle azioni che evidenziano il valore aggiunto del proprio operato a scuola.
Le azioni professionali scelte vanno esplicitamente collegate alle dimensioni professionali e agli obiettivi elencati nella lettera di incarico.
La presente sezione del Portfolio è strutturata nelle seguenti sezioni:
• Lettera di incarico e Elementi che hanno condizionato l’azione dirigenziale
• Documenti
• Obiettivi
• Dimensioni professionali e azioni
• Integrazione del Portfolio
• Sintesi
• Repertorio
Documentazione della valutazione
La sezione “Documentazione della valutazione” è riservata al Nucleo di valutazione. In essa il dirigente potrà consultare e/o scaricare il provvedimento conclusivo di valutazione predisposto dal Direttore
dell’USR.
L’esito del procedimento di valutazione, per l’ a.s. 2017/18, sarà accompagnato da un feedback, al fine di sostenere il progressivo miglioramento del profilo professionale della dirigenza scolastica.
VALUTAZIONE E RETRIBUZIONE
Anche per il corrente anno scolastico, come riferito dai sindacati, la retribuzione di risultato dei dirigenti non sarà legata alla valutazione, secondo quanto previsto dalla legge n. 107/15 e dalla successiva direttiva Miur n. 36/2016, come già anticipato dalla nostra redazione.
Utilizzazioni e assegnazioni provvisorie 2018/19, tutti i modelli di domanda
di redazione
Da domani e sino al 23 luglio, i docenti di scuola dell’infanzia e primaria possono presentare le domande di utilizzazione e assegnazione provvisoria.
Pubblichiamo tutti i modelli di domanda, compresi quelli che i docenti si troveranno su Istanze Online e che dovranno inoltrare telematicamente, ricordando chi e quandopresenta domanda online e chi cartacea.
Tempistica e Modalità
Le domande vanno presentate tramite Istanze OnLine dai docenti:
della scuola primaria e dell’infanzia: 13 – 23 luglio
della scuola secondaria di primo e secondo grado: 16 – 25 luglio
Vanno presentate in modalità cartacea da:
il personale utilizzato nelle discipline specifiche dei licei musicali: 16 – 25 luglio
il personale educativo e docenti di religione cattolica: 16 – 25 luglio
Siglato il provvedimento di ripartizione dei fondi che consentirà, nei prossimi giorni, a valle dell’espletamento delle procedure contabili e di controllo previste, di erogare complessivamente circa 23 milioni di euro per l’ampliamento dei percorsi formativi degli Istituti Tecnici Superiori (ITS) per l’anno 2018/2019. La legge di Bilancio per il 2018 (legge 205/2017) aveva incrementato, nell’anno 2018, le precedenti risorse già destinate agli ITS di ulteriori10 milioni di euro (20 milioni di euro nel 2019 e 35 milioni di euro a decorrere dal 2020), prevedendo, tuttavia, un complesso iter per la loro erogazione che si è finalmente concluso anche con il previsto accordo in Conferenza Unificata.
“Gli ITS in questi anni hanno permesso, in sinergia con le imprese, con gli istituti di istruzione superiore, le università e le Regioni, di garantire un’offerta formativa altamente qualificata, capace di promuovere elevate competenze tecniche e sviluppare processi di innovazione e di valorizzazione delle filiere territoriali in contesti ad alto tasso di tecnologia – sottolinea il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Marco Bussetti – . In un’ottica di apprendimento permanente, gli ITS si pongono come naturale raccordo tra il mondo della scuola, delle università e del lavoro. Per questo intendiamo dare più visibilità e attenzione al settore, comunicando maggiormente all’esterno gli aspetti di questo segmento che incidono positivamente sulla formazione dei nostri studenti. Puntiamo a raggiungere i livelli di adesione e partecipazione che hanno anche in altre nazioni. L’erogazione di queste risorse sarà il punto di partenza per un complessivo piano di rilancio e potenziamento. Gli ITS generano professionalità utili al mondo produttivo e lo fanno lavorando a stretto contatto con i territori”.
Per gli ITS parte dunque, ora, un Programma di sviluppo nazionale che servirà a qualificare l’offerta formativa e a rafforzarne il ruolo nella promozione dell’innovazione. Le azioni indicate dal Programma di sviluppo sono finalizzate a far acquisire un’alta specializzazione tecnologica ad almeno 20.000 giovanientro il 2020.
Gli ITS sono percorsi post diploma altamente innovativi e rappresentano la formazione terziaria professionalizzante. Sono nati nel 2010 e vogliono essere la risposta alla domanda delle imprese, attraverso un’offerta formativa altamente qualificata, di nuove ed elevate competenze tecniche per promuovere i processi di innovazione e trasferimento tecnologico.
Attualmente sono presenti in tutta Italia 95 ITS con 429 percorsi attivi e oltre 2.000 soggetti partner coinvolti.Nell’ultimo anno, il 2017/2018, sono stati quasi 11.000 i giovani che hanno scelto di frequentare questi percorsi formativi.
Dal prossimo anno scolastico basterà la semplice autocertificazione per poter entrare a scuola. Parlo dei ragazzi sino a 16 anni.
L’autocertificazione è necessaria per quei genitori che non hanno inserito le vaccinazioni dei propri figli nell’Anagrafe regionale (oppure non abbiamo prodotto la prenotazione per la copertura dei vaccini mancanti).
Una decisione importante. Basta dare un’occhiata ai dati veneti, per farsi un’idea: risultano ancora oggi non vaccinati oltre 81.000 minori, di cui oltre 18.000 con meno di sei anni.
Degli oltre 81.000, solo 18.000 hanno prenotato una vaccinazione, per cui i casi scoperti, obbligati alla autocertificazione, sono 63.000.
La scelta della autocertificazione, a questo punto, che garanzie oggettive può offrire alle scuole?
Un bel pasticcio, che spero possa essere corretto prima dell’inizio del nuovo anno scolastico. Chi le verificherà, le controllerà, potrà intervenire in caso di dichiarazione mendace?
Le scuole? Le ASL? Basta la parola scritta?
“I vaccini restano obbligatori, però ora basta che i genitori portino un’autocertificazione”.
Non il massimo della coerenza logica.
Dunque, per la neo ministra della salute le vaccinazioni restano obbligatorie, perché si rende conto che la non obbligatorietà avrebbe conseguenze facilmente intuibili, ma ha pensato bene di non assumersi sino in fondo le sue responsabilità, dando così voce indiretta ai “No Vax”, i quali non si fidano dell’OMS e della comunità scientifica.
Del resto, come ripetono in troppi interventi sui social, è cosa nota (!?) che la scienza è una opinione. La quale opinione nemmeno sa che l’unica possibilità di convertirsi in verità è quella di dimostrare (non, quindi, il semplice mostrare o dichiarare) la contraddittorietà delle tesi contrarie.
Basta dunque una autocertificazione?
Scelta che, a rigore, è un non-senso. Perché se tu hai vaccinato tuo figlio, ovviamente sei anche in possesso dei documenti che lo certificano.
Un bel pasticcio, lo ripeto, perché da un lato mette le scuole in gravi difficoltà, e dall’altro deresponsabilizza i genitori, offrendo un escamotage, rispetto ad una delle condizioni-chiave della convivenza. Infine, parte in causa è lo stesso governo, perché scarica sulle famiglie una propria, invece, responsabilità oggettiva, quella di garantire, appunto, una equa e sicura convivenza.
A pagare, eventualmente, le conseguenze non saranno i politici al governo, ma i singoli genitori.
Chi garantirà, poi, la scuola dalle scelte ideologiche di quelle famiglie che non si fidano della scienza e delle sue organizzazioni? Tanto che, per nascondersi, faranno autocertificazioni non veritiere.
L’unica soluzione è la ricerca scientifica, comprese tutte le forme di verifica, dirette ed indirette. E la politica non può non affidarsi alla scienza, e se ha dei dubbi finanzi pure ulteriore ricerca scientifica, senza nascondersi dietro a maschere ideologiche di qualcuno che competente scientifico non è.
Lo faccio soprattutto perchè chi si occupa di scuola si occupa dei ragazzi, dei giovani, di generazioni che vivono in un mondo non semplice e che spesso sono bombardati da mille richieste e sollecitazioni.
Non è così scontato occuparsi di scuola, formazione, università e di ricerca avendo chiaro che parliamo automaticamente di giovani. Che la scuola è fatta per i ragazzi e non per altro, è un concetto ragionevole, di buonsenso, ovvio ma le scelte spesso rischiano di non essere fatte con questa logica.
Uno dei temi della legge 107 era quello della filiera: autonomia scolastica, valutazione, qualità, merito. Capisco che rappresenta una rivoluzione culturale ancor prima che pratica ma una scuola che parte dai ragazzi e dal futuro non può essere mediocre o avere come scopo quello di assumere chicchessia. In questo senso: autonomia, merito, valutazione sono strumenti volti a migliorare il lavoro dei docenti, dei dirigenti, della scuola.
La sua prima azione da Ministro è stata quella dell’abolizione della cd “chiamata diretta”.
Al netto delle procedure da migliorare che sono innegabili, quell’azione andava nella direzione appena descritta di una scuola che potesse scegliere il meglio per i ragazzi.
Mi fa piacere che in una intervista del 9 luglio abbia detto: “ora procederemo con criteri trasparenti”, che è cosa ben diversa dal dire “la aboliremo”, anche perchè come lei sa per abolire una norma di legge non è sufficiente un accordo sindacale (a proposito di scuola fatta per i ragazzi).
Altro tema della legge 107 è stato quello di aprire la scuola, luogo di conoscenze e di competenze, luogo in cui si forma la coscienza critica. In tale ottica vanno visti i filoni di investimento e cambiamenti riferiti alla scuola digitale, all’alternanza scuola lavoro, al contrasto alle dipendenze (droghe, alcool, ludopadia), al contrasto al bullismo. Non nozioni, non semplici incontri frontali docenti – discenti ma esperienze. Cambiare e migliorare è necessario, tornare alla scuola delle nozioni e delle quattro mura chiuse no.
Nella sua relazione oggi c’è un grande assente: la scuola paritaria. Ricordo anche che il sistema di istruzione, per legge e per buonsenso, è composto da scuole statali e paritarie che niente hanno a che fare con le scuole private. Una realtà che rappresenta la seconda e fondamentale gamba del sistema con 1 milione di iscritti e 13.000 scuole. Noi abbiamo dato certezza sui fondi, creato un fondo sulla disabilità, istituito le detrazioni fiscali per le famiglie, fatto un piano nazionale di ispezioni e di chiusure di chi si nascondeva dietro la parità scolastica. Spero che il Governo possa proseguire su questa strada e non voglia chiudere i finanziamenti e quindi chiudere le scuole paritarie, come uno dei due partiti della maggioranza ha più volte annunciato di voler fare.
C’è un sistema post diploma che funziona benissimo e si chiama ITS. nato poco fa ha già 9000 studenti, soprattutto 81% dei ragazzi trova lavoro subito. Funziona anche perchè il 30% delle risorse sono date su quota premiale, più i ragazzi trovano lavoro più ti finanzio. Pochi mesi fa abbiamo destinato altri 60 milioni per i prossimi 3 anni per aumentare gli iscritti, queste risorse devono arrivare agli Its. Nel mentre partiranno anche le lauree professionalizzanti: 3 anni di percorso con tirocinio formativo e accordi con ordini professionali. ITS e lauree professionalizzanti possono e devono stare insieme e questo è possibile se c’è il Miur che governa i processi, altrimenti sono due modelli che rischiano di andare in conflitto.
“Nessuna rivoluzione semmai qualche cambiamento” ha detto in una intervista recente. Io le auguro di fare tutti i cambiamenti che ritiene ma mi auguro li proponga sempre avendo chiaro che la scuola è fatta per i ragazzi.
Gabriele Toccafondi, sottosegretario all’Istruzione dal 2013 al 2018
Fondi Strutturali Europei – Programma Operativo Nazionale “Per la scuola, competenze e ambienti per l’apprendimento” 2014-2020. Avviso Prot. AOODGEFID/3340 del 23/03/2017 “Potenziamento delle competenze di cittadinanza globale”. Asse I – Istruzione – Fondo Sociale Europeo (FSE).
Obiettivo Specifico 10.2 Miglioramento delle competenze chiave degli allievi – Azione 10.2.5 Azioni volte allo sviluppo delle competenze trasversali Sottoazione10.2.5.A Competenze trasversali. Autorizzazione progetti.
Fondi Strutturali Europei – Programma Operativo Nazionale “Per la scuola, competenze e ambienti per l’apprendimento” 2014-2020. Avviso Prot. AOODGEFID/3504 del 31/03/2017 “Potenziamento della Cittadinanza europea”. Asse I – Istruzione – Fondo Sociale Europeo (FSE). Obiettivo Specifico 10.2 Qualificazione dell’offerta di istruzione e formazione Tecnica e Professionale – Sottoazione 10.2.3B “Cittadinanza europea” – “Potenziamento linguistico e CLIL”. Sottoazione 10.2.3C. Cittadinanza europea; Mobilità transnazionale – Sottoazione 10.2.2.A Competenze di base. Autorizzazione progetti.
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