Disciplinare docenti: nuovo ministro, vecchia musica

Disciplinare docenti: nuovo ministro, vecchia musica

Controllare, sorvegliare e punire. Sono queste le tre parole d’ordine che hanno guidato a tutti i livelli la linea politica dei governi in materia di istruzione. Il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale è stata solo l’ultima occasione per realizzare ancora di più tali imperativi ideologici. Abbiamo denunciato sin dal primo incontro all’Aran lo spirito antidemocratico e liberticida della sezione del nuovo contratto dedicata alla responsabilità disciplinare: di fatto si tratta di un ulteriore tassello di quel più ampio progetto di trasformazione della scuola da luogo di formazione in istituto centrato sul controllo del pensiero e la repressione del dissenso.
Benché l’incontro di oggi sia stato solamente un momento di “studio” delle reciproche posizioni, è chiaro l’intento che si realizzerà probabilmente alla fine del mese. Vigileremo affinché il potere dei Dirigenti in materia di sanzioni non veda un margine di preoccupante arbitrarietà, ma soprattutto, affinché gli obblighi non comportino un vero e proprio controllo disciplinare, repressivo della libertà di pensiero e dell’attività di insegnamento. È chiaro, infatti, che il nuovo ministro non abbia mutato atteggiamento nei riguardi dei lavoratori.
Tra i nodi più problematici che dovranno essere affrontati e su cui ci siamo già espressi, la limitazione della libertà del docente al di fuori dello svolgimento della sua attività lavorativa. La condotta e i comportamenti del personale della scuola, si legge tra le altre aberrazioni, devono essere coerenti con le finalità della comunità educante, anche nell’uso dei social networks. Il lavoratore, inoltre, non deve attendere ad attività estranee al servizio che ritardino il recupero psicofisico nel periodo di malattia o infortunio. A noi è parsa subito evidente la discrezionalità potenziale di tali enunciazioni: come si effettua la vigilanza su tali comportamenti? A fronte di una colpevole carenza di ispettori del lavoro che dovrebbero tutelare i lavoratori dagli abusi dei Dirigenti, avremo un Grande Fratello sempre in agguato?
La parte disciplinare si prospetta come una serie di obblighi che concepiscono il lavoratore come un servo del Dirigente Scolastico.
A questa politica rispondiamo con un fermo no. Continueremo a portare la voce dei lavoratori liberi e critici all’interno delle scuole e di ogni sede istituzionale.

Più tempo per il portfolio? NO GRAZIE!

Più tempo per il portfolio? NO GRAZIE!

 

Abbiamo appreso con viva sorpresa della decisione, assunta dal MIUR e comunicata con nota 12106 del 16/07/2018, di prorogare al 31 agosto 2018 la chiusura delle funzioni per la compilazione del Portfolio del Dirigente scolastico.

Non possiamo non compiacerci del fatto che in un documento ministeriale, finalmente, si prenda atto dei “numerosi adempimenti che impegnano i Dirigenti scolastici nella parte conclusiva dell’anno scolastico”. È un passo avanti che ci induce a sperare che il MIUR possa davvero comprendere  che le incombenze che ricadono sulla vita dei colleghi sono ormai umanamente sproporzionate!

Per quanto riguarda la compilazione del portfolio non ci risulta, in verità, che i dirigenti abbiano inviato richieste di dilazione. Ci risulta, al contrario, che tantissimi hanno deciso di aderire alla protesta “NO PORTFOLIO” proclamata dall’ANP. Ribadiamo, con l’occasione, la nostra ferma opposizione ad uno strumento frutto di un accordo burocratico-sindacale che ha svuotato il processo di valutazione di ogni significato.

Ciononostante, vogliamo approfittare di questo apprezzabile gesto del MIUR per chiedergli altrettanta sensibilità e attenzione rispetto alle nostre vere esigenze:

  • immediata riapertura del tavolo per il rinnovo contrattuale;
  • diminuzione sostanziale delle innumerevoli vessazioni burocratiche che rendono insostenibili i nostri ritmi di lavoro;
  • avvio urgente del concorso per DSGA per ripristinare la funzionalità delle segreterie delle scuole;
  • implementazione delle condizioni di sicurezza delle scuole.

Su quest’ultimo aspetto, purtroppo, dobbiamo constatare che l’Amministrazione non ha mai effettuato la doverosa valutazione dello stress lavoro-correlato dei colleghi (art. 28 del d.lgs. 81/2008), nonostante la palese inaccettabilità delle loro condizioni di lavoro. La totale latitanza dei diversi USR ci ha addirittura spinto a promuovere in questi giorni, in collaborazione con l’ONSBI (Osservatorio Nazionale sulla Salute e il Benessere degli Insegnanti), un’indagine conoscitiva a tutela della salute psicofisica dei dirigenti della scuola. Le relative risultanze potranno essere utilizzate nelle sedi competenti.

In conclusione, invitiamo tutti i colleghi a recuperare le loro energie psico-fisiche destinando alle meritate ferie un congruo numero di giorni.

Inoltre, ribadiamo il nostro invito ad aderire ora più che mai al nostro appello NO PORTFOLIO!

CONTRATTAZIONE INTEGRATIVA, PARTECIPA SOLO CHI HA FIRMATO IL CCNL

CONTRATTAZIONE INTEGRATIVA, PARTECIPA SOLO CHI HA FIRMATO IL CCNL.
Respinto un ricorso dello SNALS

Col Decreto n. 70407 del 2018, depositato in data odierna presso il Tribunale di Roma, il Giudice del Lavoro ha rigettato il ricorso ex art. 700 c.p.c. proposto dallo SNALS al fine di ottenere il riconoscimento del proprio diritto a partecipare alla contrattazione integrativa a livello nazionale, regionale e nelle istituzioni scolastiche.
Il Tribunale ha accolto le tesi difensive proposte, fra gli altri, dagli Uffici legali nazionali di FLC-CGIL, CISL Scuola e UIL Scuola, affermando che quanto contenuto nelle norme contrattuali è conforme alle disposizioni di legge con le quali “il legislatore ha sancito soltanto il diritto all’OS che possiede il requisito della rappresentatività a partecipare alle trattative sindacali con riferimento alla sola contrattazione collettiva nazionale, mentre ha rimesso alle parti sociali che sottoscrivono il suddetto contratto l’individuazione dei soggetti ammessi alla contrattazione integrativa.”
Rigettata anche la richiesta di rimessione alla Corte Costituzionale della normativa richiamata nel ricorso; il Giudice ha infatti ritenuto infondata la questione di costituzionalità, evidenziando fra l’altro che “nell’ambito del pubblico impiego la contrattazione decentrata deve ritenersi del tutto vincolata a quella nazionale tanto che le clausole difformi sono nulle”.
Si conferma pienamente, in sostanza, il principio per cui spetta alla contrattazione collettiva definire al suo interno norme volte a tutelare e difendere il merito delle scelte contrattuali, in quanto le parti delegate alla contrattazione integrativa sono inevitabilmente funzionali alle scelte compiute con la sottoscrizione del CCNL.
Flc CGIL, CISL Scuola e UIL Scuola RUA esprimono soddisfazione per un pronunciamento che conferma ancora una volta criteri e modalità di svolgimento delle relazioni sindacali da tempo consolidati e che il nuovo Contratto ha peraltro proposto mutuandole da quelli precedenti, sottoscritti anche dallo SNALS.

FLC CGIL
Francesco Sinopoli
CISL SCUOLA
Maddalena Gissi
UIL SCUOLA
Giuseppe Turi

Codice delle disabilità

FISH sul Codice delle disabilità

 

In questi giorni il Presidente del Consiglio Conte ha annunciato l’intento, per ora senza declinarlo negli aspetti operativi, di promuovere un “codice delle disabilità” in cui concentrare tutte le norme in materia. Su tale ipotesi il Sottosegretario per la famiglia e le disabilità, Vincenzo Zoccano conferma che vi è stata una preliminare condivisione fornendo anche i primi dettagli.

Sembra di intendere che non si tratterà solo e tanto di un testo unico, quanto di uno strumento normativo che investa anche nuovi ambiti (caregiver, revisione dell’ISEE ecc.), introducendo nuovi benefici e razionalizzandone altri.

A questa prospettiva, pur non ancora delineata operativamente, fa eco la FISH, per voce del suo Presidente: “Pur apprezzando le prospettive che rilancino i diritti umani delle persone con disabilità, ci permettiamo di ricordare che la relativa Convezione ONU è già stata ratificata nel 2009 dal nostro Paese e rappresenta già il caposaldo e il riferimento per qualsiasi politica e produzione normativa che con quella devono essere congruenti. La stessa Convenzione prevede anche il coinvolgimento diretto delle organizzazioni delle persone con disabilità – “Nulla su di noi, senza di noi” – nelle decisioni e nelle politiche che le riguardano.”

Ma i timori di FISH riguardano anche i tempi per l’elaborazione di un atto verosimilmente ponderoso e complesso, lasso temporale che potrebbe incidere sulle contestuali necessità ed urgenze che sono improcrastinabili. Prosegue Falabella: “Mentre attendiamo e collaboriamo alla stesura di questo codice dopo averne compreso senso e perimetro, il Programma biennale d’azione (Decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 2017), ampio e condiviso documento che dovrebbe orientare le politiche e i servizi per le persone con disabilità, dovrebbe essere reso operativo e questa è una competenza innanzitutto del Governo cui spetta di assumerne una regia propulsiva. Su questo attendiamo un segnale formale e concreto che al momento non abbiamo ancora raccolto. Ci sarebbero, a ben vedere, anche le prospettive avanzate dal Contratto di Governo che attendono di essere messe in cantiere, ad iniziare dall’aumento delle pensioni agli invalidi civili. Anche per questo beneficio ci auguriamo non si debba attendere il licenziamento finale del codice.”

Lo scenario politico e istituzionale, fluido e incerto, richiede un quotidiano e costante monitoraggio sulle iniziative di Governo, nel suo complesso e a livello dei singoli ministeri, e sull’attività parlamentare. È per fronteggiare questa necessità politica che la Giunta FISH venerdì scorso ha costituito una specifica task force per strutturare, ottimizzare e rendere ancora più tempestive le proprie iniziative e proposte.

Dal Miur le indicazioni per aderire al sistema delle scuole associate all’Unesco

da Il Sole 24 Ore

Dal Miur le indicazioni per aderire al sistema delle scuole associate all’Unesco

di Amedeo Di Filippo

Pubblicata sul sito del Miur la lettera-circolare numero 11476 del 9 luglio con la quale Viale Trastevere fornisce alle scuole le indicazioni per aderire alla Rete nazionale Unesco – Italia per il 2018-2019.

La Rete Unesco
Indirizzata ai direttori degli Usr e ai sovrintendenti e intendenti delle Regioni e Province autonome, la lettera-circolare del Miur ricorda l’istituzione, a partire dal lontano 1953, del sistema delle scuole associate all’Unesco (United nations educational, scientific and cultural organization), il cui compito è stimolare le scuole primarie e secondarie di tutto il mondo ad integrare gli insegnamenti curriculari con piani di studio e attività orientati ai principi fondamentali dell’organizzazione, ossia «contribuire al mantenimento della pace e della sicurezza favorendo, mediante l’educazione, la scienza e la cultura, la collaborazione tra le nazioni, al fine di assicurare il rispetto universale della giustizia, della legge, dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali che la Carta delle nazioni unite riconosce a tutti i popoli, senza distinzione di razza, di sesso, di lingua o di religione».
Attualmente sono circa 10.000 le scuole associate in oltre 180 Paesi, che lavorano a sostegno della comprensione internazionale, della pace, del dialogo interculturale, dello sviluppo sostenibile e dell’educazione di qualità.

L’associazione
Tutte le scuole di ogni ordine e grado, statali e paritarie, hanno ora la possibilità di presentare la propria richiesta di associazione alla Rete nazionale Unesco – Italia, con l’obbligo, qualora ammesse, di integrare le proprie attività curricolari con programmi e progetti educativi a vocazione internazionale, orientati sulle principali tematiche presidiate dalla organizzazione internazionale. Tra queste la realizzazione di “Agenda 2030” per lo sviluppo sostenibile, la tutela dei diritti umani e della diversità culturale, la tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e linguistico, l’educazione al turismo culturale e quella interculturale, lo sviluppo e la promozione dell’educazione alla pace e alla cittadinanza.

La domanda
Per associarsi alla Rete, le istituzioni scolastiche dovranno compilare il modulo di richiesta e trasmetterlo entro il 30 dicembre 2018 alla Commissione nazionale italiana per l’Unesco (Cniu) e al Miur, che esaminerà i progetti e attribuirà la qualifica di “Scuola associata all’Unesco, membro della Rete nazionale Asp Netunesco – Italia”.
Nella scheda progetto le scuole dovranno fornire una breve descrizione della scuola e del contesto territoriale e dare informazioni sul contesto socio-economico e culturale in cui il progetto è inserito. Segue una breve descrizione dell’idea progettuale, l’articolazione e la descrizione delle attività con le relative modalità di realizzazione, i soggetti esterni alla scuola coinvolti e relative caratteristiche, i materiali, la connessione con altri progetti e istituti scolastici, i contenuti del progetto, le caratteristiche innovative o qualificanti, gli strumenti di autovalutazione, i prodotti realizzati, le attività di diffusione e sviluppi previsti.
È obbligo delle scuole rinnovare l’adesione ogni anno scolastico e trasmettere entro il 31 luglio 2019 una relazione finale delle attività svolte, corredata dai relativi materiali e prodotti e con l’indicazione del link della pubblicazione dei lavori sul proprio sito web istituzionale.

Nuove assunzioni, ecco i numeri

da ItaliaOggi

Nuove assunzioni, ecco i numeri

Chieste 57.322 immissioni di docenti e 9.838 di Ata

Alessandra Ricciardi

Si passa alla fase operativa. Il ministro dell’istruzione, Marco Bussetti, ha iniziato la partita più delicata per il suo dicastero e più attesa dalla scuola, quella delle assunzioni. Secondo quanto risulta a ItaliaOggi, Bussetti ha inviato al collega dell’economia, Giovanni Tria, la richiesta di autorizzazione ad assumere per settembre 57.322 docenti a tempo indeterminato. Richiesta di assunzione in partenza anche per un contingente di 9.836 ausiliari tecnici e amministrativi. Numeri che dovrebbero servire a coprire non solo i pensionamenti del 2018/2019 ma anche un pezzo di posti vacanti e disponibili negli organici.

Bussetti, sempre secondo quanto risulta a ItaliaOggi, ha formalizzato con la Funzione pubblica anche la richiesta per sbloccare il concorso per 2.004 Dsga, i direttori dei servizi generali amministrativi. Un contingente che dovrebbe coprire quasi tutti i posti vuoti in organico, se ne contano 2.160 da settembre, dando una boccata di ossigeno alle segreterie da anni in sofferenza. Al concorso potranno partecipare non solo i laureati ma anche quanti negli ultimi otto anni di servizio ne hanno svolti almeno tre nelle funzioni previste.

Le nomine chieste, se confermate, supererebbero di quasi 6 mila unità quelle realizzate lo scorso anno per gli insegnanti e di 2500 quelle per gli Ata.

Uno spiraglio anche per i dirigenti scolastici, circa 200 i nuovi ingressi da realizzare dalle precedenti graduatorie, intanto che va avanti il concorso.

Per quanto riguarda i tempi, le immissioni dei docenti devono essere chiusure entro il 31 agosto e seguiranno la nuova procedura prevista dall’intesa Istruzione-sindacati che ha superato il sistema della chiamata diretta prevista dalla riforma della Buona scuola. I tempi dunque sono stretti, il relativo decreto interministeriale deve essere pronto per fine luglio, al massimo i primi giorni di agosto.

Obiettivo di Bussetti, come del resto dei suoi predecessori, è garantire un avvio di anno scolastico sereno, senza intoppi, con tutti i docenti al loro posto sin dal primo settembre, salvo le vacanze fisiologiche che dovranno essere coperte da supplenze. Le immissioni in ruolo, ancora da definire la ripartizione tra ordini di scuola e territori, saranno realizzate attingendo per il 50% dalle graduatorie di merito del 2016 e per la restante metà dalle Gae, le graduatorie a esaurimento.

Anche per gli Ata la scaletta parla di un ingresso in ruolo ad avvio di anno scolastico. Mentre per i direttori dei servizi, ci saranno tempi più lunghi: una volta autorizzato il concorso, le prove potrebbero tenersi in autunno.

Ora si attendono le risposte degli altri ministeri.

Alternanza nel mirino a partire dal nome e dall’obbligo Verso una riforma con più peso all’orientamento per il lavoro

da ItaliaOggi

Alternanza nel mirino a partire dal nome e dall’obbligo Verso una riforma con più peso all’orientamento per il lavoro

Intanto l’anpal assume 250 tutor per seguire i percorsi degli studenti di 1200 scuole

Angela Iuliano

«È un’alternanza che sarà più mirata all’orientamento e alla possibilità di avere un effetto sociale importante nei confronti dei nostri studenti». Il ministro dell’istruzione Marco Bussetti pensa a percorsi di alternanza scuola-lavoro che puntino sempre di più all’orientamento e ad avvicinare i giovani al lavoro. Una strada su cui incontrerà il cammino intrapreso dall’Anpal, l’agenzia nazionale politiche attive del lavoro, che non solo ha già lanciato da mesi un programma per l’assunzione di 250 tutor con competenze specifiche di formazione e orientamento da destinare a circa 1.200 scuole superiori per facilitare e consolidare i percorsi di alternanza e favorire il contatto tra scuola e impresa.

Ma negli ultimi giorni ha anche siglato una serie di convenzione e protocolli proprio per rendere l’alternanza e i percorsi di transizione scuola-lavoro sempre più connessi ai cambiamenti in atto nel mercato del lavoro. Dai Consulenti del lavoro alla Confprofessisoni, passando per Federturismo, partnership che rappresentano «un importante passo avanti per la realizzazione della rete indispensabile per il lancio e la riuscita nel nostro paese delle politiche attive», spiega il presidente dell’Anpal Maurizio Del Conte.

Nate nell’ambito dell’azione di rafforzamento della Rete degli attori del sistema della domanda prevista dal Piano operativo Anpal-Anpal Servizi 2017-2020 per potenziare le politiche di transizione e fronteggiare lo skill mismatch tra domanda e offerta di lavoro, queste tre nuove intese prevedono azioni per la diffusione della cultura dell’alternanza e di altri strumenti della transizione, tra cui tirocini ed apprendistato.

Adottando e diffondendo modelli e buone pratiche, organizzando eventi di sensibilizzazione, coinvolgendo testimoni privilegiati e costruendo, grazie al supporto dei tutor e facilitatori di Anpal Servizi, un raccordo strutturato tra gli studi professionali e le istituzioni scolastiche, le università, gli Its (istituti tecnici superiori post diploma), i Cfp (centri di formazione professionale) e attivando percorsi diversificati di transizione. «Attraverso l’alternanza scuola-lavoro, gli studenti avranno la possibilità di respirare l’aria del lavoro e cogliere quelle sensazioni che permetteranno di maturare una scelta consapevole nel loro percorso di formazione universitaria», commenta il presidente di Confprofessioni Gaetano Stella.

Obiettivo comune, quindi, migliorare l’alternanza scuola-lavoro che «ha sicuramente dei lati positivi, come anche altri da rivedere», sottolinea Bussetti. Tra questi, M5S e Lega hanno indicato l’obbligatorietà, che in alcuni casi «ha fatto venire meno la qualità», nota il ministro. Al contrario l’alternanza deve essere «un’opportunità per le scuole» e non essere «percepita come un dovere». Appunto, «percorsi che servono per orientare e avvicinare al lavoro». Obiettivi che il nome stesso, alternanza, «non rende chiari», osserva Bussetti lasciando intendere un possibile intervento lessicale.

«Dobbiamo considerare che per i ragazzi è un importante primo contatto con il mondo del lavoro, hanno la possibilità di conoscere da dentro le imprese e le realtà professionali nelle quali, domani, si potranno collocare. È una forma di orientamento che fa bene ai giovani e al Paese».

La famiglia pesa sul rendimento

da ItaliaOggi

La famiglia pesa sul rendimento

L’Invalsi fotografa il persistere di cronici divari. Il Nord-Est va come il meglio d’Europa

Emanuela Micucci

Sul rendimento degli studenti, pesano il contesto territoriale e la condizione familiare. È quanto emerge da una lettura attenta del rapporto Invalsi 2018. «Strutturare un piano d’intervento mirato al miglioramento delle performance del sistema, soprattutto con un’attenzione alle aree più critiche del Paese», sono le conclusioni del ministro dell’istruzione Marco Bussetti. Al di là delle innovazioni delle prove Invalsi, che questo anno hanno coinvolto 1 milione e 100 mila studenti di II e V primaria, circa 570mila ragazzi di III media e circa 550mila di II superiore, ad emergere con rinnovata forza sono gli squilibri nei risultati conseguiti nella diverse regioni italiane, spesso tra scuole dello stesso territori e tra classi dentro lo stesso istituto, e dagli alunni di diversa appartenenza socio-economica e culturale.

Divari e differenze che emergono già in II primaria, sebbene ancora limitati, e che si aggravano alle medie e alle superiori. Con il Sud in forte ritardo e con risultati non all’altezza dei Paesi industrializzati. Tanto che in alcune regioni de Mezzogiorno il 75% degli studenti ha risultati al di sotto della media italiana e nell’Italia meridionale l’origine della famiglia condiziona pesantemente i livelli di apprendimento degli alunni.

Mentre le regioni del Nord-Est hanno livelli di conoscenza, competenza ed equità comparabili con quelli dei migliori sistemi scolastici del mondo. Una scuola italiana, dunque, né equa né efficace. Nulla di nuovo, si dirà. E in effetti, è una situazione ben nota da anni agli esperti e che si ripete puntuale nelle rivelazioni nazionali e internazionali. Un malato grave, di cui si conoscono i sintomi, si ipotizzano diagnosi, ma che adesso richiede cure urgenti, risolutive, a breve e a lunga scadenza.

È la linea di intervento politica proposta dall’Invalsi, neppure troppo velatamente, presentando il rapporto. Passare, dunque, dalla conoscenza a scelte politiche di miglioramento del sistema nazionale e locale e della singola scuola. Perché, dopo anni ancora non si è stati capaci di intervenire in modo efficace. Incominciando a superare pregiudizi infondati.

«L’affermazione, speso ripetuta, che le medie risulterebbero l’anello debole del sistema scolastico italiano non trova riscontro nei dati né delle prove Invalsi né delle indagini internazionali», osserva Roberto Ricci, responsabile area prove dell’Invalsi. «Quello che emerge, invece, è che nella secondaria di primo grado diventa manifesta la differenza di risultati tra le diverse aree d’Italia, e in particolare tra Nord e Sud situazione che viene mascherata se si guarda solo al punteggio medio dell’intero Paese».

Vale per i risultati in italiano, in matematica e in inglese. Già in II primaria in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna si osserva una maggiore frequenza di alunni con risultati molto bassi e differenze tra le scuole e tra le classi nel Sud molto più accentuata che al Centro-Nord. In matematica già in II primaria, il Mezzogiorno è la sola area del paese che presenta un differenza in negativo di alcuni punti rispetto alla media nazionale e che cresce e diviene statisticamente significativa in V, con il risultato più alto, il Nord-Est, e quello più basso, il Sud e Isole, che raggiunge 25 punti.

Divario che aumenta ulteriormente alle superiori, arrivando ai 31 punti tra Nord-Est e Sud e Isole, le due aree con il migliore e il peggiore punteggio. Non solo. In Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna gli allievi più in difficoltà non riescono a raggiungere i risultati più bassi degli studenti delle altre regioni. In italiano alcune differenze cominciano in V primaria per affermarsi con forza in III media: le due macro-aree settentrionali e il Centro hanno risultati significativamente sopra la media italiana, mentre il meridione significativamente al di sotto, con una differenza di 18 punti tra l’area con il risultato più alto, il Nord-Ovest, e quella con il risultato più basso, il Sud e Isole.

Addirittura in Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna oltre il 50% degli studenti, con punte del 60-65%, non raggiunge i traguardi stabiliti dalle Indicazioni Nazionali. In una situazione italiana che non rassicura, poiché alla fine del primo ciclo in italiano solo il 65,6% degli alunni ottiene risultati adeguati o più elevati, in matematica appena il 59,9%.

Elevata al Sud e nelle isole anche la variabilità di risultati tra scuole e tra classi, segno di un sistema per nulla equo. In II primaria la somma di queste due variabili già raggiunge in italiano il 30% e supera in matematica il 37%. Ma è in inglese esplodono con percentuali altissime, raggiungendo in V primaria in ascolto il 47% nel Sud, il 45% nel Sud e Isole e toccando in III media rispettivamente i 39% e il 50%.

In generale questa variabilità in inglese è in tutte le aree maggiore rispetto a quella che si riscontra in italiano e matematica. Le spiegazioni possono essere diverse, spiega l’Invalsi: ad esempio, una diversa qualità dell’insegnamento da una scuola all’altra o anche un accesso differenziato a opportunità d’apprendimento della lingue inglese al di fuori de sistema formale d’istruzione». «Bisognerebbe intervenire scuola per scuola dove ci sono problemi», spiega Anna Maria Ajello, presidente dell’Invalsi , «magari con professori specializzati in situazione difficili. Ci vorrebbe un piano che incentivasse anche economicamente i professori migliori ad accettare le sfide in posti difficili».

Del resto, negli ultimi anni l’Invalsi aveva insistito molto sul valore aggiunto, cioè sull’effetto scuola sugli apprendimenti degli studenti una volta eliminato il peso di tutte le altre variabili (genere, origine, condizioni socio-economico e culturali, territorio). Un aspetto che il rapporto questo anno non indagava, ma s cui il 30 ottobre presenterà un apposito studio. «Dobbiamo intervenire con estrema sincerità e realismo», promette Bussetti. «Per ora è stata fatta una ricognizione, ci rifletteremo».

Mentre per il futuro delle prove Invalsi, che questo anno grazie al debutto della somministrazione al computer, hanno visto azzerato il cheating, il ministro ribadisce che non intende abolirle o modificarle «almeno per ora». Confermando, quindi, il loro debutto il prossimo anno in V superiore come requisito per l’ammissione alla maturità. Anzi, vorrebbe estendere le prove ad altre materie, ad esempio «geografia». Disciplina che però, dopo le medie, è scomparsa da molti indirizzi delle scuole superiori.

Musica fuori dai professionali

da ItaliaOggi

Musica fuori dai professionali

Disciplina cancellata dal nuovo regolamento

Angela Iuliano

Altro che «Fare musica tutti». Le linee guida del Miur del 2009 sono un lontano miraggio. Cancellato dal nuovo regolamento sui professionali, ridotti gli insegnati a tappabuchi, generici e con scarse risorse i richiami nel Piano delle arti. Lo studio della musica alle superiori rischia di sopravvivere solo nella riserva indiana dello liceo musicale. Un primo colpo arrivò già nel 2010 con i regolamenti di riordino della secondaria di II grado dell’allora ministra dell’istruzione Maria Stella Gelmini, che hanno previsto l’insegnamento della musica unicamente nell’istruzione professionale: due ore settimanali al secondo anno dell’indirizzo servizi socio-sanitari del settore Servizi, di cui un’ora in compresenza con un docente tecnico pratico. Unica eccezione il liceo musicale e coreutico.

Dal prossimo anno scolastico 2018/19 sparirà anche questa ultima resistenza della musica dai nuovi piani orari dell’istruzione professionale. Di fatto, con il regolamento di riordino in applicazione della Buona Scuola, il decreto legislativo n.61/2017, lo studio della musica finirà per essere relegato solo nello specifico liceo musicale. Con la conseguenza che la specifica classe di concorso A-29 Musica negli istituti di istruzione secondaria di II grado diventerà un fantasma. E «gran parte dei docenti di musica immessi in ruolo in seguito al piano straordinario» previsto dalla stessa legge 107, denuncia al Fcl-Cgil, «sarà utilizzato come tappabuchi».

Pensionamenti, nella scuola sono il 30% in più. 4.580 ancora in sospeso, Miur: nessun allarme

da Orizzontescuola

Pensionamenti, nella scuola sono il 30% in più. 4.580 ancora in sospeso, Miur: nessun allarme

di redazione

Miur – Nessuna emergenza e nessun allarme in materia di pensionamento degli insegnanti e del personale della scuola. La rassicurazione è arrivata dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale durante l’incontro che si è tenuto questa mattina, a Viale Trastevere, con le Organizzazioni Sindacali.

MIUR e INPS hanno illustrato un quadro aggiornato di dati che segna un miglioramento rispetto al 2017. I dipendenti della scuola con diritto a pensione già certificato con esito positivo sono, infatti, alla data di oggi, oltre 36.700. Di questi, sono oltre 17.000 coloro che, alla data odierna, hanno la pensione già liquidata con pagamento all’1 settembre 2018, a fronte delle circa 8.000 pensioni liquidate nello stesso periodo del 2017.

MIUR e INPS hanno confermato di essere al lavoro per affrontare le singole situazioni in cui, ad oggi, si registra un diniego della richiesta di pensionamento. Casi che saranno affrontati uno ad uno, ma che, comunque, risultano percentualmente in diminuzione rispetto al 2017, nonostante le richieste di pensionamento siano cresciute del 30% (fra docenti e non docenti sono oltre 41.000). Il numero di dinieghi per carenza di requisiti ammonta, ad oggi, al 10% circa delle richieste totali, contro il 15% circa registrato un anno fa. Si tratta di 4.580 casi su cui INPS e MIUR stanno portando avanti puntuali verifiche dei diritti acquisiti o meno.

“Va avanti – hanno ribadito i vertici di MIUR e INPS nella riunione di oggi – il lavoro congiunto del tavolo voluto, subito dopo il suo insediamento, dal Ministro Marco Bussetti per accompagnare un passaggio di competenze sulle pratiche di pensionamento dagli Uffici territoriali del MIUR a quelli dell’INPS, avvenuto in un anno di grande incremento delle domande. Il confronto è costante, il quadro dei dati non è allarmante ed è in continuo aggiornamento. In prospettiva MIUR e INPS porteranno avanti, anche con le Organizzazioni Sindacali, le attività per programmare da subito il lavoro dei prossimi anni nei quali si prevede che il numero di richieste di pensionamento continuerà a crescere”. Lavoro che potrà essere svolto anche attraverso appositi tavoli provinciali, chiesti dalle Organizzazioni Sindacali.

Intanto è già stato avviato un progetto specifico, annunciato durante l’incontro di oggi, per rendere più rapido il passaggio di dati e informazioni fra MIUR e INPS che consentirà di lavorare con anticipo e maggiore velocità sulle pratiche del 2019.

Pensioni, docenti con Ape volontaria lasciano servizio dal 1 settembre. Al via domande

da Orizzontescuola

Pensioni, docenti con Ape volontaria lasciano servizio dal 1 settembre. Al via domande

di redazione

I docenti interessati a ottenere l’Ape volontaria possono presentare domanda per cessazione dal servizio con decorrenza 1 settembre 2018.

Lo ha comunicato il Miur con la nota n.32478 del 17 luglio 2018 rivolta ai docenti che sono in possesso dei requisiti previsti e hanno già ottenuto la certificazione da parte dell’Inps e per i quali risultino perfezionati i requisiti previsti prima dell’inizio del nuovo anno scolastico 2018/19.

La domanda dovrà essere inoltrata in formato cartaceo all’istituzione scolastica o all’USR di riferimento. Sarà possibile inserire e convalidare le dimissioni nel sistema informativo SIDI senza inserire la data della domanda di cessazione utilizzando il codice CS10.

Sanzioni disciplinari ai docenti, quali poteri ai dirigenti scolastici

da Orizzontescuola

Sanzioni disciplinari ai docenti, quali poteri ai dirigenti scolastici

di redazione

Il limite fra il rispetto della libertà di insegnamento e il potere sanzionatorio da parte del dirigente scolastico sul docente sarà l’argomento principe dell’incontro fra Aran e rappresentanze sindacali previsto per domani.

Questione delicata

Il tema è fra i più caldi e destinato a far parlare molto. Non a caso negli incontri di inizio febbraio per la stipula del rinnovo contrattuale 2016/2018 è stato inserito l‘articolo 29 che rinviava la discussione sulle infrazioni disciplinari e relative sanzioni proprio a un tavolo separato da concludersi entro la fine di luglio.

Sempre nell’articolo 29 si mette bene in chiaro anche “che l’esercizio del potere disciplinare sia effettivamente rivolto alla repressione di condotte antidoverose dell’insegnante e non a sindacare, neppure indirettamente, la libertà di insegnamento.

Le preoccupazioni dei sindacati

La questione che in teoria appare ai limiti dell’ovvio, potrebbe non essere così semplice nell’applicazione pratica. La preoccupazione dei sindacati è quella di trovare un equilibrio tra il potere del Dirigente scolastico e la libertà dell’insegnante

Oltretutto i sindacati sono preoccupati dal continuo mutamento di legislazione all’interno del contesto scolastico e della complessità delle disposizioni. Il tavolo di confronto che si apre domani, dovrà necessariamente fare chiarezza.

Incontro Miur-Inps con sindacati: “Nessuna emergenza per le pensioni”

da La Tecnica della Scuola

Incontro Miur-Inps con sindacati: “Nessuna emergenza per le pensioni”

In arrivo Concorso Dsga. Più di 2000 i posti a disposizione

da La Tecnica della Scuola

In arrivo Concorso Dsga. Più di 2000 i posti a disposizione

Diplomati magistrali: 120 giorni per decidere cosa? E i cancellati?

da Tuttoscuola

Diplomati magistrali: 120 giorni per decidere cosa? E i cancellati?

Con un ritardo di quasi due settimane rispetto all’annuncio, il provvedimento urgente denominato ‘dignità’ è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 161 del 13 luglio.

È il decreto legge 12 luglio 2018, n. 87 “Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese”, entrato in vigore il 14 luglio, da convertire in legge entro metà settembre.

I suoi effetti, come si sa, sono immediati, cosicché l’articolo 4 che, prevede “il differimento del   termine di esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali in tema di diplomati magistrali” sospende da subito e per almeno quattro mesi l’applicazione della sentenza del Consiglio di Stato che nel dicembre scorso aveva disposto la cancellazione dei vecchi diplomati magistrali dalle GAE.

In attesa di capire come il Miur predisporrà, in dettaglio, il dispositivo ‘salva-diplomati’, atteso sia dai diplomati magistrali ex-GAE sia dai precari contro interessati (i laureati in scienze della formazione primaria), un primo effetto sgradito potrebbe riguardare un numero imprecisato di ex-GAE (non molti) che nel frattempo hanno subito l’applicazione della sentenza per effetto di pronunce dei giudici del lavoro.

L’applicazione della sentenza decretata dai tribunali comporta la cancellazione definitiva dalle GAE a cui quei diplomati magistrali erano stati iscritti con riserva, e, conseguentemente, determina l’annullamento del contratto a tempo indeterminato o determinato in corso.

Mentre si cerca una impegnativa soluzione per il problema dei 50 mila diplomati che sa molto di quadratura del cerchio, si potrebbe aprire, dunque, un nuovo fronte di possibile rivendicazione di questi (forse pochi) esclusi, il cui destino sembra proprio essere dipeso dalla tempestività delle procedure giudiziarie.

Se il nuovo dispositivo non sarà esteso anche a loro, sarà il caso di dire: beati gli ultimi…