La Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro nel XXI secolo

La Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro nel XXI secolo

di Margherita Marzario

Abstract: Educare i bambini all’esercizio dei diritti al gioco e al lavoro nel mondo odierno

Quando si era piuttosto lontani dalla riforma del diritto di famiglia in Italia, con la legge 19 maggio 1975 n. 151, e dall’adozione della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, a New York nel 1989, e non imperava la nuova cultura dell’infanzia, nel giugno 1967 a Roma il Comitato italiano per il gioco Infantile (sciolto nel 1996), tenendo conto dei principi di diritto internazionale sino ad allora elaborati e dei risultati dei convegni internazionali svoltisi negli anni precedenti, ha redatto la “Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro”, denominata “Carta italiana”.

Nonostante siano passati più di 50 anni e pur essendo una Carta a livello locale, e non internazionale, e una Carta di “orientamenti”, e non di obblighi o impegni, essa costituisce tuttora una sorta di “libro bianco” in materia dei diritti dei bambini nella realtà del nostro Paese.

“Tre cose ci sono rimaste del paradiso: le stelle, i fiori e i bambini” (Dante Alighieri). “Finché sai essere bambino con i bambini, è ancora tua la chiave del paradiso” (proverbio del Tibet). “Ogni bambino che nasce ci ricorda che Dio non è ancora stanco degli uomini” (lo scrittore bengalese Rabindranath Tagore). “Ogni bambino che nasce è un ponte verso il cielo” (papa Giovanni XXIII).

Il bambino racchiude qualcosa di misterioso e prezioso per ogni cultura.

E così l’art. 1 della Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro si esprime: “La personalità del fanciullo è sacra”. Sacralità non significa porre il bambino su un piedistallo, in una nicchia o sotto una campana di vetro, né adorarlo o idolatrarlo o osannarlo, ma riconoscere, salvaguardare e promuovere l’unicità e la specialità di ogni bambino.

Fra Danilo Salezze, esperto di problematiche sociali, spiega: “Ogni bambino è il «padre» dell’uomo che egli diventerà. Nel suo sguardo ci sono già le sfide, le promesse e le speranze che la vita e il mondo hanno in serbo per lui”.

Etimologicamente “sacro” deriva da una radice della lingua indoeuropea col significato di “separazione, recinto”. Il sacro, perciò, “è un concetto fondante, puro, non contaminato, luogo dell’assoluto e del divino, separato dal resto, schierato come unico al di qua del recinto”. Ogni bambino è fonte di vita, fondamento della sua vita.

Il filosofo e antropologo francese René Girard scrive: “Due desideri che convergono sullo stesso oggetto si fanno scambievolmente ostacolo. Qualsiasi mimesis [rapporto di imitazione] che verta sul desiderio va automaticamente a sfociare nel conflitto”. I figli non possono e non devono essere un diritto né oggetto di desiderio perché non sono mai oggetto e, quindi, nemmeno oggetto di contesa.

Mariateresa Zattoni e Gilberto Gillini, consulenti e formatori, precisano: “Oggi abbiamo tutti la presunzione-certezza che un figlio è un bene privato: è un’esclusiva, appartiene alla mamma e al papà (e quando va bene un po’ anche i nonni). “Mio” figlio, magari “fabbricato” con tecniche di fecondazione eterologa, con tre eredità genetiche, con utero provvisorio e pagato: ma qui “mio” è quanto di più violento ci sia, è una privatizzazione che genera muri”. Ancor prima del concepimento i potenziali genitori si dovrebbero interrogare su quale valore e orientamento danno alla vita, alla loro vita e alla nuova vita “in nuce”.

Il saggista Goffredo Fofi ricorda: “Diceva Korczak [grande pedagogista polacco] in un altro agile libretto, Il diritto del bambino al rispetto […], che per gli adulti e gli educatori non si tratta, come spesso essi dicono, di «abbassarsi» al livello del bambino per trattare con lui al livello della sua piccolezza, bensì di «innalzarsi» al livello della sua altezza e grandezza, della libertà del suo sguardo nell’accostarsi alla vita e nell’affrontarla, della sua novità.

«Il bambino, mio signore», scrisse una volta la Montessori…”.
“Di fronte alle richieste dell’adulto su cosa pensa o che cosa vuole, l’adolescente guarda dentro di sé e non vede niente – spiega Fabrizio Fantoni, psicologo e psicoterapeuta -. Spesso non è neppure abituato ad ascoltarsi, ad agire in base a progetti che non siano quelli quotidiani del tirar notte, o della risposta istintiva e momentanea. Occorre un lavoro paziente e lento da parte dell’adulto. Di ricupero della rappresentazione che il ragazzo ha di sé stesso. Dei suoi elementi di forza e di sicurezza: sul piano fisico, relazionale o delle capacità acquisite. Bisogna ripristinare piano piano i ricordi di com’era da bambino, dei rapporti più o meno significativi con i genitori nell’infanzia e di come si possa mantenere quel patrimonio anche oggi che si è grandi. Talvolta la sensazione di deserto interiore trova le sue origini in relazioni familiari basate sul silenzio, sulla reciproca distrazione o sull’imposizione di regole, e non sullo scambio di pensieri, parole, emozioni. Occorre un allenamento di lungo periodo in cui ricostruire il senso del valore di sé e del rispetto che il ragazzo deve a sé stesso. Solo così ci si può sentire capaci e degni di desiderare qualcosa per sé e di provare a realizzarlo”.

Affinché il bambino possa vivere l’adolescenza come una fase fisiologica e non patologica della vita, è necessario che viva pienamente l’infanzia, che eserciti il diritto all’infanzia, che sia allenato alla vita.

Si realizza in questo modo il contenuto dell’intero art. 1 della Carta: “La personalità del fanciullo è sacra; per garantirne il libero, totale ed armonico sviluppo la società è tenuta ad offrire ad ogni fanciullo un ambiente familiare, scolastico e comunitario dotato dei necessari mezzi e di personale appositamente preparato”.

Didascaliche le parole dello scrittore tedesco Eckhart Tolle: “Quando riconoscete la sacralità, la bellezza, l’incredibile quiete e dignità in cui esiste un fiore o un albero, aggiungete qualcosa al fiore o all’albero. Attraverso il vostro riconoscimento, la vostra consapevolezza, anche la natura giunge a conoscere sé stessa. Giunge a conoscere la sua propria bellezza e sacralità attraverso di voi! Un grande spazio di silenzio sostiene tutta la natura nel suo abbraccio. Sostiene anche voi”.

Ciò si avvera quando si riconosce la sacralità della nuova vita, la sacralità dell’infanzia: necessaria non solo all’infanzia ma per ridare a tutti speranza, sperma di vita.

L’art. 2 della Carta italiana prescrive: “Perché possa svolgere le sue attività di gioco e di lavoro, il fanciullo ha bisogno di convenienti rapporti umani; nonché di spazi, di tempi, di mezzi, di materiali e strumenti idonei alla sua età ed adatti alle sue condizioni fisiche e psichiche”. Condizioni che mancano sempre più spesso ai bambini di oggi.

Il bioeticista Paolo Marino Cattorini avvisa: “Proprio alcuni psichiatri statunitensi hanno denunciato il rischio di diagnosticare troppo facilmente il cosiddetto «deficit di attenzione e iperattività». Ne può conseguire che la gestione delle classi scolastiche viene medicalizzata: ai ragazzi difficili è proposto un farmaco, con relativi effetti collaterali; un marketing astuto intercetta la stanchezza di insegnanti sovraccarichi di lavoro e di famiglie nucleari dall’agenda congesta. Il mito della produttività rinforza l’idea che sia fisiologico per tutti gli studenti passare cinque ore seduti dietro un banco ogni mattina. L’immaturità e l’irrequietezza non sono una malattia e andrebbero affrontate gradualmente con tattiche educative, modificazioni ambientali, sostegno psicologico”.

Anche Alberto Pellai, psicoterapeuta dell’età evolutiva, afferma: “[…] i bambini più “agitati”, quelli più “indomabili” spesso fanno così perché vogliono che qualcuno si accorga di loro, perché preferiscono avere una mamma arrabbiata piuttosto che una mamma triste”.

Lo psicologo Simone Feder aggiunge: “I bambini hanno bisogno, e ce lo dicono chiaramente, di passare tempo libero a fare cose con i loro genitori, dove “fare cose” è fare cose con le mani: costruire, preparare la torta, andare in bicicletta. Il problema è che troppi genitori non sono più capaci di passare tempo realmente condiviso con i loro bambini”.

Come è scritto nell’art. 2 della Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro, “[…] il fanciullo ha bisogno di convenienti rapporti umani”: affermazione ancor più attuale in un mondo diventato disumano e disumanizzante. È una frase davvero unica ed è coronamento dell’altra “la personalità del fanciullo è sacra”: è un bisogno incorporato e imprescindibile e non un mero diritto; è fondamentale per lo sviluppo e il rispetto della personalità, ovvero la sacralità; si evidenzia l’aggettivo “umani”, contrapposto a quello che succede attualmente in quanto si privilegiano mezzi digitali, animali domestici, contatti virtuali.

Bisogno che non si esaurisce nella previsione dell’art. 315 bis comma 2 cod. civ. : “Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti”.

L’enunciazione dell’art. 2, tra cui la sottolineatura dell’aggettivo “sua/e” per tre volte, risulta essere più incisiva e definita dell’art. 31 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia.

“«Mio padre si ubriaca sempre perché è disoccupato, la mia mamma non ha soldi e mi hanno messo dentro un istituto. L’unica creatura che mi vuole bene è un pesce rosso che tengo dentro un vasetto sempre vicino a me, anche quando dormo la notte. La direttrice mi ha detto che il pesce non lo posso più tenere e allora di notte dormo con il vasetto del pesce legato alla mano, perché ho paura di svegliarmi e non trovarlo più. Se mi portano via il pesce, non ho più nessuno che mi vuole bene», ha scritto un bambino di otto anni” (da “L’amicizia” dello scrittore Bruno Ferrero).

Le esigenze dei bambini sono diverse da quelle degli adulti. I bambini hanno bisogno di qualcuno che voglia loro veramente bene e che voglia veramente il loro bene. Hanno bisogno di vita animata e palpitante (biofilia) e non di cose (necrofilia), di valori e non di oggetti di valore, di relazioni esclusive ma non escludenti. Perché “[…] il fanciullo ha bisogno di convenienti rapporti umani” e […] di non essere subordinato alle esigenze di vita dei genitori” (dalla lettura congiunta degli artt. 2 e 3 della Carta).

L’incipit dell’art. 3 della Carta: “Nella casa, per realizzare i migliori rapporti umani, occorre: preparare i genitori ad una responsabile azione educativa”.

“Quando le urla provengono dal papà e dalla mamma, i figli avvertono inevitabilmente una sensazione di pericolo – sostiene il pedagogista Daniel Novara -. Sentono che l’adulto sta perdendo il controllo della situazione. E non solo: ne avvertono la debolezza, la fatica a mantenere la tranquillità, pur nella pienezza delle funzioni psicologiche adulte. Queste sensazioni inducono facilmente nei bambini un senso di mortificazione che spegne la possibilità di cogliere gli altri punti di vista nella situazione, di capire qualcosa in più di quanto sta accadendo, di vivere meglio le esperienze della vita, in particolare quelle di difficoltà e disagio relazionale”.

Il bambino deve svilupparsi e non avvilupparsi in paure, ansie, aggressività o altre forme di disagio.

Continuando la lettura dell’art. 3 della Carta: “Nella casa, per realizzare i migliori rapporti umani, occorre: preparare i genitori ad una responsabile azione educativa; offrire appositi ed attrezzati locali, balconi, terrazzi, giardini, cortili al fine di dare al fanciullo la possibilità di esplicare le sue fondamentali esigenze di movimento, di gioco, di lavoro, di studio, in forma individuale e di gruppo”.

Il bambino deve essere educato a vivere in maniera piena ed armoniosa ogni dimensione spaziale, anche psichica e intrapsichica, come avverte lo psicoterapeuta Alberto Pellai: “A volte i nostri figli tendono a chiudersi in amicizie troppo esclusive, in cui, invece che trovarsi, si perdono.

Lo racconta molto bene il romanzo Ellissi (Bompiani): due amiche adolescenti sono così fuse tra loro da intraprendere insieme una guerra contro il proprio corpo. Salvarsi, per loro, significherà slegarsi da un rapporto di dipendenza reciproca.

Educare i nostri figli a stare in relazione con gli altri senza esserne manipolati è un insegnamento fondamentale da cominciare già in età precoce”.

L’art. 3 della Carta continua: “[…] in sostanza occorre che la famiglia si renda conto della autonomia del fanciullo e carattere decisivo che ha per il suo sviluppo e fin dai primi mesi di vita, il fatto di non essere subordinato alle esigenze di vita dei genitori”.

Ada Fonzi, esperta di psicologia dello sviluppo, analizza: “I piccoli da 3 a 5 anni sono uno straordinario concentrato di scoperte, curiosità e intuizioni.

Ma tanta saggezza non è sempre farina del loro sacco.

Per avere figli straordinari bisogna essere genitori straordinari”. Straordinario significa “fuori dall’ordinario”. I genitori devono uscire dal loro ordinario, dall’ordinarietà degli altri, da quella imposta da mode, pubblicità, manuali o altro, devono far uscire i figli dall’ordine della monotonia, della pigrizia, dell’isolamento davanti a tablet o altri congegni.

Il bioeticista Cattorini soggiunge: “Questa è, infatti, l’etica della generazione: diciamo di sì a una promessa fascinosa e disorientante. Diventiamo poco alla volta padri e madri, anche quando il figlio reale tarda a venire, se apriamo dentro di noi uno spazio concavo, accogliente, in cui possa dimorare qualcuno cui giuriamo sin d’ora una prossimità senza riserve, chiunque egli sia, dovunque ci porterà”.

Non sono i figli che devono seguire i genitori, ma il contrario (come quando si insegna loro a camminare), come si evince dall’art. 3 della Carta nella cui seconda parte si legge che “[…] in sostanza occorre che la famiglia si renda conto della autonomia del fanciullo e carattere decisivo che ha per il suo sviluppo e fin dai primi mesi di vita, il fatto di non essere subordinato alle esigenze di vita dei genitori” e dalla nuova formulazione dell’art. 147 cod. civ., come novellato dal decreto legislativo 154/2013: “Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’articolo 315-bis”.

Lo psicologo e psicoterapeuta Fulvio Scaparro puntualizza: “Il processo di maturazione si svolge per tappe nel corso delle quali acquisiamo maturità differenti. E il percorso ha tempi diversi. Non tutti, infatti, siamo uguali in questo cammino. […] Dobbiamo saper rispettare le tappe di maturazione dei nostri figli: questo li renderà più forti e capaci di accettare eventuali fallimenti”.

I figli hanno diritto al tempo, il loro tempo, per cui i genitori devono prestare molta attenzione a tutte le scelte che fanno presumendo il bene dei figli, come l’anticipo scolastico sin dalla scuola dell’infanzia o iscrizioni a intense attività pomeridiane.

Tra i diritti naturali del bambino (decalogo elaborato da Gianfranco Zavalloni) al primo posto c’è il diritto all’ozio.

Scaparro prosegue dicendo: “Brutta cosa la fretta quando non è giustificata dalle circostanze o da qualche grande o piccola situazione di emergenza. Dovremmo ricordarcelo quando facciamo la nostra parte nel dare una mano nella crescita di figli, nipoti e allievi. «Dare una mano» non significa, dopo i primi tre anni di vita, sostituirci in tutto e per tutto a loro, non dare loro spazi crescenti di autonomia e, soprattutto, non rispettare i loro tempi di maturazione. Tempi che sono diversi da bambino e bambino. Capita che i genitori, talvolta in buona fede ma non di rado per soddisfare le proprie aspettative e per il timore che i figli, considerati più maturi dei coetanei, partano in ritardo dai blocchi di partenza, accelerino indebitamente la loro crescita”.

I genitori non devono soddisfare, attraverso i figli, le proprie aspettative ed esigenze, i desideri e progetti o seguire le mode o le tendenze pediatriche e psicologiche, anche perché i figli non sono la continuazione della vita dei genitori, ma la continuazione della genìa e della vita in generale.

Il pedagogista Novara conferma: “Meglio non fare muro contro i figli, non è una lotta di chi è più forte o di chi vince, i bambini fanno i bambini. A volte basta distrarli spostando la loro attenzione su altri giochi o su qualcosa che possa interessarli. I bambini sono pieni di pensiero magico e, sfruttando questa caratteristica, possiamo gestirli senza dover per forza urlare e perdere il controllo”. I bambini sono bambini e devono fare i bambini e gli adulti devono essere consapevoli di ciò e saper gestire le situazioni in maniera adeguata e responsabile da adulti.

Ancora D. Novara: “I bei tempi andati – un ceffone e via – non furono in realtà così belli e non è proprio il caso di averne nostalgia. Si tratta di entrare in un altro capitolo della millenaria storia del rapporto genitori-figli. Chiamo questo nuovo inizio «gestione dei conflitti» e riguarda la capacità di educare la naturale immaturità dei bambini e dei ragazzi senza farsi travolgere dalle emozioni. Tutti i bambini danno versioni personali dei fatti e tutti gli adolescenti vogliono schiodarsi dal controllo dei genitori. Sembra che lo facciano apposta per farci tribolare, in realtà vogliono solo crescere. Sta a noi aiutarli a farlo il meglio possibile”. È nella condizione naturale dei figli proiettarsi verso l’autonomia dai genitori, sin dai primi calci nel grembo materno.

Importante l’art. 6 della Carta che, in parte, recita: “I fanciulli, […] ammalati, devono poter godere di ogni assistenza”.

Lo psicoterapeuta Pellai, essendo anche medico, osserva acutamente: “[…] il bambino ha un corpo, un cuore e una mente e tutte e tre queste sue dimensioni sono in gioco, spesso in modo drammatico, nel corso di una malattia, specie se grave. Il corpo sperimenta il dolore, la fatica di trovarsi imprigionato in un letto, spesso ancorato ad aghi e fili che lo tengono in vita o che ne determinano l’immobilità. A volte su quel corpo si effettuano esami invasivi e dolorosi. E allora, nella malattia del bambino, è giusto dare valore prima di tutto alla verità del corpo. I clinici più competenti sanno che spiegare al bambino ciò che gli succederà, in ogni momento e in ogni fase, è il miglior modo per ottenerne la collaborazione terapeutica. Sanno che il dolore, quando ci sarà, non va negato né sottovalutato. Dire la verità al bambino, tutta, con le parole giuste, con uno sguardo che spera, seppur consapevole della tempesta da attraversare, permette al bambino di sentirsi soggetto e non oggetto delle cure”. Ogni bambino può trovarsi nella condizione di “ammalato”, in un cattivo stato (da un fallimento scolastico alla crisi di coppia dei genitori), e ha bisogno di sentirsi dire la verità, tutta, con le parole giuste, con uno sguardo che spera, seppur consapevole della tempesta da attraversare, che permetta al bambino di sentirsi soggetto e non oggetto delle cure.

Ogni bambino ha bisogno di assistenza, nel senso di qualcuno che gli stia accanto, che sia presente, che si trattenga con lui (tutti significati che si ricavano dall’etimologia di “assistere”), che gli infonda sicurezza, che gli trasmetta fiducia, che contribuisca alla costruzione di una giusta stima di sé (e non disistima o, come accade sempre più spesso, iperstima), che sia punto di riferimento cui poter tornare, che non si sostituisca a lui, che non gli stia addosso, che non lo accontenti in tutto perché è più facile così, che non si giustifichi con “importante è la qualità del tempo trascorso insieme”. I bambini non devono essere resi “infermi”, letteralmente “non fermi, non stabili”. Per questo il legislatore ha previsto, negli artt. 147 e 315 bis cod. civ., che devono essere assistiti “moralmente”.

La Carta offre pietre miliari per la legislazione scolastica e minorile dei tempi recenti e prossimi con la sua terminologia accurata, l’aggettivazione dettagliata ed espressioni come “effettiva efficienza formativa” (art. 4), “difesi dai pericoli del traffico e della vita intensa” (art. 5), “sviluppo, in senso moderno, della società italiana” (art. 8), locuzioni che non compaiono in tale formulazione in altri testi normativi.

La Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro rimane attuale nel suo seppur breve articolato, otto articoli, e soprattutto per il binomio gioco e lavoro, perché è urgente che i bambini sappiano giocare (sporcando e sporcandosi, cadendo e rialzandosi, toccando e sperimentando, procurandosi taglietti, graffi e lividi, fermandosi e annoiandosi, perché la vita concreta è questo e di più), possano giocare tra di loro e con gli adulti referenti, imparino a giocare per essere in grado, poi, di mettersi in gioco, di giocare nella vita, di vivere giocosamente e non di giocarsi la vita (sino al 2017 il suicidio giovanile è risultato la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali) o di provare “a giocare con il fuoco” cadendo in forme di dipendenza, tra cui la ludopatia, o diventando personalità borderline.

Dall’infanzia all’età adulta facendo del gioco e del lavoro quotidiane “ludoterapia” e “ergoterapia” e non solo nei casi patologici: da una vita di gioco al lavoro della vita.

Protocollo d’Intesa Miur – Fincantieri

Nell’ambito di una visita odierna presso il cantiere di Genova Sestri Ponente e del Cetena – Centro per gli studi di Tecnica Navale, controllata di Fincantieri per la ricerca e consulenza in campo navale e marittimo – il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) Marco Bussetti e l’Amministratore Delegato di Fincantieri Giuseppe Bono hanno firmato un protocollo di intesa volto a rafforzare il rapporto tra il sistema di istruzione e formazione tecnica superiore e il mondo del lavoro nel settore navalmeccanico.

L’accordo intende offrire agli allievi degli Istituti Tecnici Superiori (ITS) nuove opportunità formative di alto e qualificato profilo per l’acquisizione di competenze spendibili e nasce dal riconoscimento, da parte del MIUR e Fincantieri, della necessità di nuovi profili professionali a indirizzo tecnico, indispensabili per sostenere la crescita del settore in cui opera il gruppo cantieristico. L’intesa assume particolare importanza in considerazione del fatto che Fincantieri, con i suoi insediamenti, ha una presenza sull’intero territorio nazionale.
Le parti si sono impegnate quindi a realizzare sempre maggiori e più forti sinergie per contribuire con proprie risorse, esperienze e conoscenze al miglioramento della formazione degli ITS. Favoriranno lo sviluppo di percorsi volti a formare figure tecnico-specialistiche in linea con i profili ricercati nell’ambito del settore navalmeccanico, valorizzando attraverso corsi di specializzazione e innovazione le eccellenze formative già presenti sui territori, anche attraverso la definizione, in collaborazione con gli ITS, di azioni comuni per orientare i giovani a scegliere i percorsi di formazione post diploma.

In particolare, il MIUR promuoverà iniziative e progetti finalizzati al raggiungimento delle finalità del protocollo, con particolare attenzione all’aggiornamento tecnico-professionale dei docenti e del personale scolastico, a cui parteciperà anche Fincantieri. L’azienda promuoverà a livello territoriale gli ITS nei confronti della filiera produttiva, per favorire il confronto con il mondo della scuola e l’inserimento delle risorse, anche avvalendosi di enti o istituzioni territoriali di settore già esistenti (distretti, poli o cluster). Fincantieri, inoltre, sosterrà l’attività didattica offrendo testimonianze aziendali e visite guidate ai propri siti produttivi.

Al fine di assicurare l’attuazione del protocollo d’intesa e consentire la pianificazione strategica degli interventi necessari, il MIUR e Fincantieri hanno concordato di istituire un apposito Comitato tecnico, composto da rappresentanti di entrambe le parti, che predisporrà una relazione annuale sulle iniziative assunte.

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Marco Bussetti ha commentato: “È molto positivo che una grande azienda come Fincantieri dimostri sensibilità e attenzione sul tema della formazione dei giovani. In questo senso, gli Istituti Tecnici Superiori si confermano un ottimo strumento per offrire ai nostri ragazzi le conoscenze necessarie per garantirsi un veloce ingresso sul mercato del lavoro. Per questo, il Governo intende potenziare e sostenere gli ITS favorendo una piena collaborazione con i territori e le imprese. Da questo punto di vista, faccio i miei complimenti al Presidente Toti, all’assessore Cavo e all’Ad Bono per come stanno facendo sistema nell’interesse dei nostri ragazzi”.

A margine della visita, l’Amministratore delegato di Fincantieri Giuseppe Bono ha dichiarato: “Crediamo molto nel fatto che oggi, e soprattutto domani, la domanda di lavoro delle aziende venga soddisfatta dai giovani. L’accordo si inserisce in questa strategia, che conferisce grande importanza agli Istituti Tecnici Superiori che, negli anni passati, hanno avuto un ruolo determinante nella formazione dei quadri intermedi, vera ossatura dell’industria e senza i quali questa non può svilupparsi e progredire”. Bono ha poi concluso: “Fincantieri è uno dei maggiori gruppi industriali in espansione, e per questo ricerca personale specializzato. Apprezziamo quindi che la nostra esigenza sia stata compresa e accolta dal ministro Bussetti. In futuro lavoreremo anche sulle scuole professionali e sulle università per non rischiare che venga a mancare l’incontro tra domanda e offerta. In questo modo, con la formazione di adeguate risorse umane, potremo preservare e sviluppare il primato della nostra manifattura, la seconda in Europa”.

“Il protocollo rappresenta un segnale importante per il rafforzamento degli ITS e il riconoscimento della validità di questo percorso di specializzazione tecnica per diplomati, che deve essere incentivato e sempre più promosso, in modo che le famiglie lo possano conoscere e i ragazzi lo possano scegliere” ha affermato Ilaria Cavo, Assessore all’istruzione e alla formazione Regione Liguria, che ha presenziato alla visita. Ha poi concluso: “È importante e non casuale che questo segnale nazionale parta proprio dalla Liguria, e il fatto che il MIUR e un’azienda come Fincantieri avvertano la necessità di potenziarli dimostra come questi percorsi supertecnici siano legati alle aziende e capaci di rispondere alle esigenze del mercato del lavoro. Regione Liguria ha sempre sostenuto questi percorsi ed è disponibile ad attivare e sostenere i corsi ITS necessari per rispondere alle esigenze di Fincantieri e della cantieristica, in virtù anche di un protocollo a sua volta firmato con l’azienda che ha già portato all’attivazione di corsi di formazione di diverso livello”.

Recita di Natale negata a Terni: una fake news

Recita di Natale negata a Terni: una fake news di matrice leghista
Roma, 20 novembre – Non accennano a placarsi le polemiche su quanto annunciato nel proprio profilo Facebook dall’assessore all’istruzione del Comune di Terni, Valeria Alessandrini, secondo la quale una dirigente scolastica avrebbe “vietato lo svolgimento di un’iniziativa natalizia” poichè avrebbe disturbato “le diverse culture religiose presenti nell’istituto”.
Il fatto, ormai è acclarato, non ha mai avuto luogo. Non è infatti mai stata vietata nessuna recita natalizia, né dalla dirigente scolastica in questione, né da nessun altro.

Si tratta dunque di una fake news, nata proprio dal profilo dell’assessore leghista, che tuttavia ha avuto una grande eco mediatica, tant’è che sulla vicenda è intervenuto anche il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, con un tweet in cui si richiama alla difesa delle ‘nostre tradizioni’.

La campagna delle bufale leghiste su identità e tradizione tuttavia era nell’aria, ed è proprio Maria Elisabetta Mascio, la dirigente scolastica al centro della vicenda a raccontarlo: “In un recente incontro tra l’assessore all’Istruzione del Comune di Terni e i dirigenti scolastici del primo ciclo, convocato proprio per definire il rapporto tra ente comunale e autonomie delle scuole, date alcune preoccupanti prese di posizione istituzionali sui progetti scolastici, l’assessore Alessandrini ha espressamente sottolineato di essere una politica che fa riferimento al proprio partito, annunciando l’imminente avvio di una battaglia sui temi del crocifisso e delle recite natalizie. A chi le ha ricordato di essere l’assessore di tutti i cittadini – prosegue la dirigente – l’assessora ha ulteriormente ribadito di rispondere alla Lega».

Dichiarazioni che non hanno lasciato indifferente la FLC CGIL il cui segretario generale, Francesco Sinopoli, dichiara: “Quello che è accaduto in questa vicenda è di una gravità inaudita. L’assessore all’istruzione del Comune di Terni esprime una concezione padronale e proprietaria delle istituzioni e della scuola, che pensa di poter utilizzare al servizio della campagna elettorale del proprio partito. Un’idea incompatibile con il dettato costituzionale e con la democrazia in genere”.

Sulla vicenda è intervenuto anche il segretario generale della FLC Terni, Marco Vulcano, che in una nota afferma: “Il sindaco di Terni, Leonardo Latini, dovrebbe revocare immediatamente il mandato dell’assessore Alessandrini e dire ai ternani se anche gli altri assessori rispondono prima al proprio partito (la Lega) e poi ai cittadini. Sarebbe utile saperlo”. Sulla bufala della recita vietata, sempre Vulcano afferma: “L’istituto scolastico al centro della polemica è un autentico fiore all’occhiello dell’istruzione pubblica di qualità. Una scuola esemplare da ogni punto di vista, con tanti iscritti e una importante presenza di migranti perfettamente integrati. Attaccare questo esempio virtuoso, per chi pensa di costruire il proprio consenso sull’odio e su fantomatiche contrapposizioni identitarie, è evidentemente strategico, e per farlo non si sono risparmiati nemmeno i bambini, catapultati al centro di una vicenda tutta ideologica che di certo non rende la didattica più serena”.

Nota 20 novembre 2018, AOODGOSV 19534

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione
Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione
E
Direzione Generale per lo studente, l’integrazione e la partecipazione

Alle istituzioni scolastiche statali per il tramite degli USR

Nota 20 novembre 2018, AOODGOSV 19534

Oggetto: Piano triennale dell’offerta formativa

I giovani raccontano il patrimonio

Istituzioni, casa editrice e scuole insieme per proporre agli studenti un’esperienza immersiva nel lavoro editoriale con l’obiettivo di realizzare progetti di comunicazione culturale

Preparare gli studenti al mondo del lavoro attraverso un’esperienza sul campo nelle più importanti istituzioni culturali italiane, attivare soft skills cruciali e know-how necessari per le professioni del futuro ad alto tasso di creatività e favorire l’incontro con le professionalità più rilevanti del mondo culturale. Con questi obiettivi Pearson Italia, casa editrice leader in ambito scolastico e universitario, lancia in anteprima nazionale domani 20 novembre presso il Pearson Place di Ancona il progetto “I giovani raccontano il patrimonio”, il primo progetto interamente dedicato alla formazione degli studenti delle medie superiori in collaborazione con le più prestigiose istituzioni culturali italiane.

Il progetto è rivolto alle scuole e alle istituzioni culturali e scientifiche, e ha l’obiettivo di permettere ai ragazzi di acquisire le competenze specifiche richieste nell’ambito della comunicazione culturale attraverso la realizzazione di materiali cartacei, digitali e video di promozione dell’ente partner verso gli stessi coetanei: una comunicazione peer-to-peer che può comprendere percorsi di visita tematici, presentazione, valorizzazione di contenuti e/o di opere particolarmente significative, progetti multimediali sugli spazi e sulle collezioni, video-presentazioni, brochure pubblicitarie.

“Il mondo del lavoro”, dichiara Mila Valsecchi, Responsabile progetti innovativi di Pearson “richiede in misura sempre maggiore nuove competenze e soft skills: dall’attitudine al lavoro di squadra, al pensiero critico, alla creatività, alla capacità di risoluzione dei problemi, per professioni che vedranno la creatività e la capacità di collaborazione come requisiti fondamentali. Acquisire le conoscenze di base della cultura d’azienda e dell’impresa 4.0, attivando processi sul campo che permettano di conoscere a fondo tutti i passaggi di elaborazione di un prodotto di comunicazione culturale, è uno degli obiettivi del progetto Alternanza Scuola-lavoro di Pearson. Accanto a quello, altrettanto importante, di contribuire alla valorizzazione del nostro straordinario patrimonio culturale”.

Dato il grande successo dell’iniziativa, l’obiettivo per il prossimo anno è quello di raddoppiare i numeri, arrivando a coinvolgere 800 studenti e proseguendo nel rafforzamento dei rapporti con le istituzioni partner già avviati e nella ricerca di nuove collaborazioni con altre realtà di spessore su tutto il territorio nazionale.

Oltre 400 studenti hanno aderito nel biennio 2016/2017 e 2017/2018, in 8 regioni italiane, con 16 istituzioni coinvolte con particolare successo in Lombardia, Piemonte, Veneto e Marche e una collaborazione con il Planetario di Amburgo. Tra le istituzioni, la Venaria Reale e Residenze Reali del Piemonte, il Museo Egizio di Torino, il Museo dell’Astronomia e dello Spazio e Planetario di Pino torinese, il Museo del Novecento, il Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, le Gallerie d’Italia, l’Oratorio di San Giovanni Battista di Urbino e la Fondazione Osvaldo Licini nelle Marche.

Tanti i progetti già elaborati dagli studenti nel biennio scorso durante i periodi formativi con le istituzioni culturali: da percorsi di orientamento a prodotti di divulgazione scientifica e artistica a veri e propri materiali promozionali, realizzati utilizzando tutti i supporti, sia cartacei che multimediali, con un occhio di riguardo alle nuove tecnologie e senza dimenticare i mezzi più tradizionali.

La realizzazione del progetto coinvolge il gruppo classe, si struttura in diverse fasi, che comprendono una parte di ore di lavoro in Casa Editrice e una parte di preparazione/formazione e post-produzione, e si conclude con la validazione del tutor aziendale e il feedback da parte dell’istituzione.
Il modulo più sperimentato prevede circa 90 ore annue di ASL.

In particolare si parte con l’incontro del gruppo di classe con le figure professionali rilevanti dell’Istituzione che poi espliciteranno una specifica committenza; si prosegue con la visita didattica e la proposta di lavoro per gruppo di classe e l’accoglienza nel Pearson Place di riferimento, a cui seguiranno alcune giornate di lavoro in aule operative dedicate, alla presenza del tutor aziendale e di professionisti coach (editor, photo editor/graphic designer, digital editor, marketing e social media publisher). Il cuore del percorso prevede la progettazione e la realizzazione di un prototipo coerente che verrà presentato poi al tutor aziendale e all’istituzione. L’ultima fase vede la compilazione di un Diario di Bordo, un’autovalutazione individuale e di gruppo fino alla valutazione del tutor aziendale e del tutor scolastico e ad un eventuale feedback dalla Istituzione partner.

Diverse Istituzioni hanno acquisito i materiali realizzati dai ragazzi come riferimento per sviluppare una comunicazione specificamente rivolta agli adolescenti, che rappresentano per loro il target più difficile da raggiungere e coinvolgere.