Il governo e la frammentazione degli interventi in ambito sociale

Redattore Sociale del 12-01-2019

Il governo e la frammentazione degli interventi in ambito sociale

Con l’approvazione della legge di Bilancio l’esecutivo scopre alcune delle sue carte: fra le misure approvate prevalgono gli interventi frammentati. L’analisi realizzata in collaborazione con Welforum.it, dal reddito di cittadinanza alle politiche familiari, passando per il servizio civile.

ROMA. Con l’approvazione della legge di Bilancio, sul filo di lana degli ultimi giorni di dicembre, si sono finalmente scoperte le carte “sociali” dell’attuale governo, le misure e gli stanziamenti, spesso positivamente incrementati rispetto al passato, ma ancora molto frammentati. La frammentazione è un rischio che si presenta in ambiti diversi, ed è questo il filo conduttore dell’analisi svolta da Sergio Pasquinelli per “Mese sociale”, la rubrica realizzata in collaborazione con Redattore Sociale pubblicata su Welforum.it.

SERVIZIO CIVILE. Un incremento dei fondi ha riguardato il Servizio civile. “Con il maxi-emendamento del Governo, sale a quasi 200 milioni la dotazione complessiva del fondo nazionale Servizio Civile a disposizione per l’anno 2019, con un aumento di 50 milioni rispetto alla previsione precedente l’emendamento. Una buona notizia”. E’ quanto si legge in una nota congiunta di Forum nazionale per il servizio civile, Rappresentanza nazionale dei volontari in servizio civile e Conferenza nazionale enti servizio civile, che esprimono però alcune perplessità. Da un lato il raddoppio dell’Ires previsto per gli enti di assistenza sociale e sanitaria e per le associazioni e fondazioni culturali previsto nella Legge di bilancio 2019. Un aumento che, prosegue la nota, “colpisce le fasce più deboli della popolazione, dalle case di riposo alle scuole”. Dall’altro lato meno di 200 milioni saranno sufficienti per appena 35.000 volontari in Italia e 1.000 all’estero nel contingente 2019, al di sotto dei 53.000 volontari avviati nel 2018 e ben lontano dalle oltre 110.000 domande presentate. Diverse le incognite relative ad un Dipartimento che sarà chiamato a svolgere un ruolo centrale nell’attuazione della riforma e nella gestione di 53.000 volontari nel 2018 a fronte di un numero esiguo di funzionari pubblici dedicati, inclusi quelli delle Regioni e Province Autonome, nonché chiamato ad adottare provvedimenti importanti e urgenti: nuovi contratti per gli operatori volontari, aggiornamento delle disposizioni che regolano i rapporti fra enti e operatori volontari. Si tratta di operazioni che senza una regia adeguata rischiano di non coordinarsi e di caratterizzare un servizio civile molto “prestazionale” e poco “educante”.

REDDITO DI CITTADINANZA. La misura più attesa è oggetto di un decreto attuativo in fase di approvazione definitiva. Rimangono forti le perplessità ben sintetizzate da Daniela Mesini nel “Punto” di Welforum che esce oggi su questo sito, su un primo bilancio del governo giallo-verde. Perplessità circa i tempi brevissimi previsti per la ristrutturazione ed il rafforzamento dei Centri per l’Impiego. Servizi oggi assolutamente non in grado di gestire l’onda d’urto di milioni di nuovi utenti, sia in termini quantitativi – esame e processo delle istanze – sia e soprattutto qualitativi – definizione di progetti individuali di inserimento lavorativo e sociale, collegamento con la domanda (fino a che punto esistente?) di posti di lavoro, e di percorsi di inclusione sociale.
Per questo sono forti i dubbi sulla loro presunta adeguatezza rispetto alle funzioni di gestione della misura: accesso, valutazione dei bisogni del nucleo, presa in carico, coordinamento della rete dei servizi territoriali coinvolti. Senza tutte queste funzioni, il rischio di una misura che diventa elargizione pura diventa concretissimo.

Leggere la povertà unicamente come assenza di lavoro e solamente risolvibile sul mercato del lavoro significa non conoscerla: come ampiamente mostra l’evidenza empirica, la condizione di povertà è caratterizzata da molteplici vulnerabilità e bisogni complessi. L’approccio adottato rischia oltremodo di incentivare il lavoro nero, come già molti osservatori hanno argomentato, oltre a generare una pioggia di lavori socialmente utile di stampo assistenzialistico, di cui conosciamo gli effetti passivizzanti sulle persone e le comunità.

Misure per le famiglie. Ma la frammentazione maggiore la troviamo nelle misure per le famiglie: Bonus mamma domani, Bonus bebè, Bonus nido, Carta famiglia, Congedi di maternità, Bonus assunzione laureati. Misure diverse, in parte leggermente riviste rispetto all’anno passato come descrive Stefania Sabatinelli nel “Punto” di Welforum” in pubblicazione oggi, ma sostanzialmente confermate nei limiti di consistenza e del numero di beneficiari che potranno usufruirne:
• il Bonus mamma domani, offerto a tutte le mamme a prescindere dal reddito, è una una tantum di 800 euro;
• il Bonus bebè riconosce 80 auro al mese per un anno a chi ha un Isee inferiore a 25.000 euro;
• il Bonus nido (una tantum fino a 1.500 euro) copre con lo stanziamento adottato meno della metà della platea potenzialmente interessata;
• la Carta famiglia, con uno stanziamento totale di un milione di euro, offre vantaggi limitati alle famiglie (acquisto nei negozi) per entità e diffusione;
• i Congedi di maternità riguardano solo il personale dipendente;
• il Bonus assunzione laureati magistrali eccellenti è un incentivo fiscale che dura un anno e che riguarda un target ristretto e già di per sé avvantaggiato di giovani, certo lodevole assieme all’incremento di 20 milioni del Fondo per le politiche giovanili, di cui si dovranno valutare gli impatti reali nei mesi a venire.

Tutte queste misure si intersecano, e si sovrappongono in parte, creando una giungla di piccoli/grandi benefici sempre limitati nel tempo e spesso poco congrui rispetto ai costi reali che una famiglia deve sostenere.

In un paese con un tasso di fecondità in caduta libera risulta evidente l’inefficacia di queste misure, nel loro insieme, a sostenere le scelte procreative delle famiglie. Sostegni che dovrebbero diventare una priorità nelle politiche di welfare, assieme a una semplificazione riformatrice che superi la frammentazione e che deve toccare diversi fronti: il lavoro, la casa, la conciliazione dei tempi, oltre che la cura in senso stretto.

Rimane da affrontare il tema del lavoro di cura delle famiglie (caregiver) nei confronti di propri congiunti non autosufficienti, su cui giacciono in Senato ben sette disegni di legge. Anche questo, un aspetto cruciale che investe un numero crescente di famiglie. E che tuttavia rischia di produrre un altro “frammento” alle misure per la non autosufficienza, anziché diventare oggetto di una più organica riforma delle prestazioni del settore, basata su riferimenti certi e livelli essenziali omogenei. Logica che ispira un annunciato disegno di legge di iniziativa popolare da parte di Fnp Cisl.

Pensioni quota 100, il Governo non s’è dimenticato dei docenti: potranno fare domanda sino al 28 febbraio

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

Sull’anticipo pensionistico quota 100, le denunce sindacali, l’ultima della Flc-Cgil, sembrano avere avuto effetto: l’ulteriore rinvio, di una settimana, dell’approvazione del decreto unico (reddito di cittadinanza – pensioni anticipate) non dovrebbe infatti influire sulla possibilità concreta che docenti e Ata della scuola, assieme ai professori universitari, possano accedere alla deroga alla riforma Fornero, potendo lasciare con almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi riconosciuti.

Subito le domande

Le ultime indiscrezioni, confermate da fonti autorevoli che hanno letto l’ultima bozza disponibile, indicano infatti che proprio per il settore della scuola, nelle ultime ore sarebbe stata trovata la soluzione per consentire le uscite anche in corrispondenza del prossimo inizio d’anno scolastico, quindi a settembre 2019: tra le ultime modifiche al testo, infatti, è stata inserita una integrazione che dà facoltà ai docenti della scuola e dell’Università (probabilmente anche per il personale Ata, poiché rientra nello stesso ambito) di presentare la domanda “in sede di prima applicazione” sino al prossimo 28 febbraio.

Una corsa contro il tempo

Secondo il programma di Governo, successivamente, subito dopo una prima veloce verifica delle istanze presentate, ad inizio marzo i vari Uffici scolastici regionali potranno incrociare i dati dei pensionamenti richiesti (che in primavera-estate verranno poi vagliati in modo singolo dall’Inps), con quelli dei posti vacanti.

E, a quel punto, si potrà stabilire il punto di partenza sugli organici, di diritto e di fatto. Per poi far partire la macchina organizzativa che porterà prima alla mobilità, poi alle immissioni in ruolo ed infine all’assegnazione di un numero di supplenze annuali che, anche in base alle uscite maggiorate che consentirà quota 100, potrebbe sfiorare per la prima volta quota 200 mila.


Concorso Dsga 2019, i posti disponibili distribuiti per regione

da La Tecnica della Scuola

Di Fabrizio De Angelis

Come scritto in precedenza, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il bando del concorso per Dsga nel rispetto di quanto stabilito dal decreto ministeriale 863 del 18 dicembre 2018, recante le indicazioni concernenti il concorso per titoli ed esami per l’accesso al profilo professionale del Direttore dei servizi generali e amministrativi. In palio 2004 posti

Fino al 28 gennaio 2019 sarà possibile presentare domanda di partecipazione.

La distribuzione dei posti nel territorio nazionale

Come scritto in precedenza, in palio ci sono 2004 posti per diventare direttore dei servizio generali amministrativi e come riporta il bando di concorso all’articolo 2, comma 8, le procedure concorsuali sono espletate a livello regionale per il numero di posti di seguito indicato e il candidato, a pena di esclusione,
può presentare domanda per una sola regione:

 

 

Sede Numero posti concorso Posti riserva 30%
Abruzzo 13 4
Basilicata 11 3
Calabria 33 10
Campania 160 48
Emilia-Romagna 209 63
Friuli-Venezia Giulia lingua italiana 64 19
Friuli-Venezia Giulia lingua slovena 10 3
Lazio 162 49
Liguria 53 16
Lombardia 451 135
Marche 49 15
Molise 3 1
Piemonte 221 66
Puglia 29 9
Sardegna 45 13
Sicilia 75 23
Toscana 171 51
Umbria 45 13
Veneto 200 60

 

La regione che presenta il maggior numero di posti è la Lombardia, mentre quella con meno posti a disposizione il Molise.

L’indizione del concorso, ricordiamolo, non riguarda i posti vacanti e disponibili nelle Province di Trento e Bolzano e della Regione Valle d’Aosta, per i quali sono previste, ai sensi della vigente normativa, autonome procedure di reclutamento del personale.

Inoltre, sono, destinati dieci posti alle scuole con lingua di insegnamento slovena e con insegnamento bilingue sloveno italiano della Regione autonoma del Friuli-Venezia Giulia, per i quali il competente dirigente dell’USR, anche mediante delega al dirigente preposto all’ufficio di cui all’art. 13, comma 1, della legge 23 febbraio 2001, n. 38, provvede ad indire apposito bando in base all’art. 23.

Chi può partecipare?

Al concorso potranno partecipare i candidati in possesso di uno dei seguenti titoli:

– Laurea in Giurisprudenza,

– Laurea in Scienze politiche, sociali o amministrative;

– Laurea in Economia e commercio;

– Diploma di Laurea specialistica (LS 22, 64, 71, 84, 90 e 91) o Laurea Magistrale (LM) corrispondente a quelle specialistiche (ai sensi della tabella allegata al DI 9 luglio 2009).

ATA facenti funzione con tre anni di servizio

Sono ammessi al concorso gli assistenti amministrativi facenti funzione di DSGA con almeno tre incarichi annuali, anche non consecutivi, maturati al 1° gennaio 2018, data di entrata in vigore della legge di bilancio 2018. In quest’ultimo caso si prescinde dal possesso del diploma di laurea.

Nello specifico, tre anni interi di servizio devono essere calcolati, anche non consecutivi, nel caso in cui si sia svolto il servizio in via continuativa, fino al 31 agosto.

Per l’ammissione al concorso, riporta il bando, è richiesto il possesso, entro il termine di scadenza per la presentazione della domanda di cui al successivo art. 6, dei seguenti requisiti:

a) cittadinanza italiana o di uno degli Stati membri dell’Unione europea, oppure cittadinanza di uno Stato diverso da quelli appartenenti all’Unione europea, qualora ricorrano le condizioni di cui all’art. 38 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come modificato dall’art. 7 della legge 6 agosto 2013, n. 97;

b) godimento dei diritti civili e politici negli Stati di appartenenza o di provenienza;

c) diploma di laurea (DL), laurea specialistica (LS) e laurea magistrale (LM) di cui all’Allegato A del decreto ministeriale, ovvero analoghi titoli conseguiti all’estero considerati equipollenti o equivalenti ai sensi della normativa vigente. I titoli accademici rilasciati dalle università straniere saranno considerati utili purché riconosciuti equiparati alle lauree suddette ai sensi dell’art. 38, comma 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. A tal fine, nella domanda di concorso devono essere indicati, a pena di esclusione, gli estremi del provvedimento di riconoscimento dell’equiparazione al corrispondente titolo di studio rilasciato dalle università italiane in base alla normativa vigente o
della richiesta di riconoscimento entro la data del termine per la presentazione dell’istanza di partecipazione. È fatta comunque salva la possibilità per gli assistenti amministrativi che, alla data di entrata in vigore della legge 27 dicembre 2017, n. 205, abbiano maturato, sulla base di incarichi annuali, almeno tre interi anni di servizio, anche non continuativi, negli ultimi otto nelle mansioni di direttore dei servizi generali ed amministrativi, di partecipare alla procedura concorsuale di cui al presente bando anche in mancanza dei predetti titoli di studio;

d) idoneità fisica allo svolgimento delle mansioni relative al posto da ricoprire. Ai fini del possesso della predetta idoneità, l’amministrazione si riserva la facoltà di sottoporre a visita medica di controllo gli aventi titolo all’assunzione in base alla vigente normativa;

e) posizione regolare nei confronti del servizio di leva per i cittadini soggetti a tale obbligo.

2. Non possono essere ammessi al concorso coloro che siano stati esclusi dall’elettorato politico attivo, nonché coloro che siano stati destituiti o dispensati dall’impiego presso una pubblica amministrazione per persistente insufficiente rendimento o dichiarati decaduti per aver conseguito la nomina o l’assunzione mediante la produzione di documenti falsi o viziati da nullità insanabile, ovvero licenziati ai sensi della vigente normativa di legge e/o contrattuale, nonché coloro che abbiano riportato condanne penali con sentenza passata in giudicato per reati che costituiscono un impedimento all’assunzione presso una pubblica amministrazione.

3. Per i candidati di cittadinanza diversa da quella italiana, ai fini dell’accesso ai posti nella pubblica amministrazione, è richiesto, oltre ad un’adeguata conoscenza della lingua italiana, il possesso di tutti gli altri requisiti previsti per i cittadini della Repubblica italiana, fatta eccezione per la titolarità della cittadinanza.

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