No alla Secessione scolastica

Da Nord a Sud stessi diritti, stessa istruzione. No alla Secessione scolastica

“Da Nord a Sud stesso diritto stessa istruzione. La scuola dice no alla regionalizzazione”. Con questo slogan USB Scuola scenderà in piazza il 15 Febbraio per un presidio a Montecitorio, per dire con chiarezza il proprio No alla regionalizzazione del sistema pubblico di istruzione statale. 
USB Scuola denuncia un progetto di separazione, il cui vero scopo è mantenere il gettito fiscale all’interno delle regioni del Nord in assoluta violazione del principio di redistribuzione, ma la cui fonte è in buona parte costituita dai docenti “poco impegnati del Sud”, come direbbe il Ministro Bussetti, pronti a trasferirsi al Nord per consentire alla scuola di funzionare. 
La regionalizzazione della scuola potrebbe determinare il passaggio del personale neoassunto in capo alla Regione, creando un sistema a due velocità, con un pezzo di Italia che proverà a legare la scuola alle logiche europee del mercato e dell’impresa, in cambio di aumenti stipendiali (da quantificare) per pochi.
Riteniamo inoltre che la regionalizzazione aprirà la strada ad una maggiore presenza dei privati nella scuola, come è accaduto con la sanità, da tempo in grossa parte in capo alle regioni, con tutti gli scandali e la corruzione che ne sono conseguiti.
Per questo il 15 febbraio saremo in piazza a Roma contro la regionalizzazione e lo smantellamento del sistema scolastico nazionale e continueremo anche successivamente le mobilitazioni.

G. Celati, Verso la foce

Celati e l’Italia dei problemi

di Antonio Stanca

   Il padre, Antonio, veniva dalla provincia di Ferrara, la madre, Exenia Dolores, da un paesino intorno al delta del Po e questi luoghi d’origine dei genitori, che erano stati anche quelli della sua infanzia e adolescenza, nel 1989 con il libro-diario Verso la foce e nel 2003 con l’interpretazione del film-documentario Mondonuovo di Davide Ferrario, aveva mostrato di aver percorso partendo dall’entroterra romagnolo e giungendo alla foce del Po.

  Di Giovanni Celati, detto Gianni, si sta parlando. A ottantadue anni vive a Brighton, in Inghilterra, e recentemente dalla Feltrinelli di Milano è stato ristampato Verso la foce. Lo scrisse quando aveva cinquantadue anni e voleva dire della prima delle due grandi traversate della pianura padana da lui compiute alla ricerca di quanto aveva fatto parte della vita, della storia dei suoi genitori e della sua.

   Celati era nato nel 1937 a Sondrio, dove la famiglia si era trasferita durante uno dei tanti traslochi compiuti a causa del lavoro del padre, usciere di banca. Dopo il liceo si era laureato in Letteratura Inglese presso l’Università di Bologna e come traduttore di importanti opere della letteratura europea, come autore di articoli per giornali, come saggista prima che come scrittore di romanzi e racconti aveva iniziato la sua attività letteraria. Molto comprenderà questa. Celati sarà pure docente universitario in Italia e all’estero, compirà molti viaggi, sarà regista di alcuni documentari, sarà onorato di molti riconoscimenti. La sua sarà una personalità poliedrica, tante saranno le esperienze da lui vissute e i risultati, le opere che ne deriveranno. Per intero l’immensa complessità del mondo, dei tempi moderni sembrerà trovare riflesso nella sua mente, nella sua opera. Una risposta, un’interpretazione di tutti i problemi della moderna umanità sembrerà poter rappresentare Celati tramite quanto ha pensato, ha fatto, ha detto, ha scritto, ha mostrato. Non ha mai rinunciato alla sua posizione di intellettuale impegnato, di scrittore, di opinionista.

   Anche in Verso la foce, dove dovrebbe solo dire di un lungo viaggio compiuto insieme ad amici o compagni, dove dovrebbe scrivere come in un diario non rinuncerà egli alla posizione dello scrittore, all’impegno del pensatore, alle riflessioni, alle osservazioni che sono loro proprie. Il libro è un diario ma anche un romanzo, è una cronaca ma anche una narrazione.

   Il viaggio sarà accanto, intorno al corso del Po, seguirà il fiume non da dove nasce ma da quando acquista la consistenza, la forma, la forza del grande fiume. Dall’interno, cioè, della pianura padana per tutta quell’Italia che attraversa prima di finire in quell’Adriatico che sempre lo aspetta e sempre lo accoglie.

   Vicino al Po Celati procederà con altri, da solo, a piedi, in macchina, con l’autobus, col treno, con mezzi di fortuna, alloggerà, mangerà adattandosi a diverse situazioni, scriverà anche. Saranno tanti i luoghi che incontrerà, città, strade, paesi, villaggi, case, campagne, foreste, boschi, fiumi, laghi, paludi, tante le persone, uomini, donne, vecchi, giovani, bambini che vedrà, tante le circostanze, buone e cattive, favorevoli e pericolose, che lo riguarderanno, tanta la vita alla quale assisterà, moderna e partecipata nei centri, arretrata e isolata nelle periferie, tanti gli abusi, le violazioni che vedrà compiuti dall’industrializzazione, tante le rovine da questa comportate ad immense distese di terra che sono state abbandonate o sono abitate da poche persone. Una triste realtà fatta di solitudine, di isolamento è quella che per molta parte del viaggio si presenta al Celati, una realtà di case crollate, di paesi deserti, di animali vaganti, di povertà, di ignoranza, di miseria, di malattia, di morte. Grave è, scrive, che di quest’Italia si sappia così poco o niente, che esista da tanto tempo e che mai si sia provveduto al suo risanamento. All’epoca fascista risalgono provvedimenti a suo favore.

   Incolmabile è la distanza, la differenza che si è creata tra il centro e la periferia, tra la città e la campagna e solo percorrendo questa, come ha fatto Celati, ci si può accorgere. Nemmeno i ricordi della sua infanzia, della sua adolescenza riescono a sollevarlo dalla triste scoperta ché niente è rimasto dei tempi di allora e una diffusa condizione di rovina, di fine è quella che ormai esiste. Solo i colori delle acque del fiume, del cielo, del paesaggio riescono a sollevare il suo stato d’animo invaso da tanta angoscia.

   Se poi si pensa che anche all’interno di tante altre parti d’Italia esistono simili condizioni ci si rende conto di quanto diversa dalla realtà sia diventata l’apparenza.

Classi pollaio, ma quante sono

da ItaliaOggi 

Emanuela Micucci

Le classi pollaio potrebbero essere 19.096, il 5,17% del totale, ma non è sicuro che sia così. Mentre la quasi la metà delle sezioni, 154.730, è sotto la soglia di legge per costituire una classe. Le tabelle sul numero di alunni e di classi fornite dal sottosegretario all’istruzione Lorenzo Fioramonti alla Commissione Cultura della Camera come contributo alla discussione della proposta di legge M5S sulla formazione delle classi nelle scuole di ogni ordine e grado, non fanno definitivamente chiarezza sulle classi con alunni sovranumerali rispetto ai limiti di legge.

Per contarle, infatti, bisogna prima stabilire a quale norma vigente si fa riferimento per fissare il limite massimo di studenti per classe. Una difficoltà ben evidenziata proprio dai tecnici della Camera nel Dossier che illustra la proposta di legge.

Per individuare la patologia del «pollaio» si prende il limite di 25 alunni (più 1 docente) posto per le norme antincendio (Dm 26 agosto 1996 del ministero dell’interno) per il deflusso dalle aule, oppure il termine fissato per la costituzione delle classi dal Dpr 81/2009, limite che in organico di fatto è consentito possa aumentare del 10%.

Considerando questa norma, per le scuole dell’infanzia il limite massimo di bambini per sezione è di 26, elevabile a 29. Per la primaria è di 26 alunni, elevabili a 27. Per le prime classi delle medie 27 ragazzi, elevabili a 28. Per le prime classi delle superiori di 30 studenti. Il numero di classi della scuola dell’infanzia con più di 26 alunni sono 3.021, quelle tra 26 e 30 bambini sono 4.899, quelle tra 31 e 34 sono 84 e quelle con oltre 34 allievi son 212. Per un potenziale numero complessivo di 5.195 classi sovranumerali, il 12,22% delle complessive 42.523 classi della materna. Meno delle classi al di sotto della soglia minima di 18 alunni che sono 8.099, il 19,05% Alla primaria, invece, superano i 26 alunni 1.793 sezioni, altre 4.945 ne hanno tra 26 e 30, ci sono 29 classi tra i 31 e i 34 ragazzi e 19 sono frequentate da oltre 34 alunni.

In totale, le classi che superano il limite di 26 alunni sono 4.993, il 3,87% delle 129.167 sezioni totali di primaria. A superare, al contrario, il limite minimo di 15 alunni sono ben 25.029 classi, il 19,38%. Ad essere regolari alle medie sono solo 62.860 classi, quelle, cioè che hanno tra i 18 e i 17 studenti. Hanno meno dei 18 studenti minimi per sezione 14.830 classi, il 19,18%. Mentre superano i 26 alunni 1.491 sezioni, in 7.251 ne hanno tra 26 e 30, altre 15 hanno tra 31 3 34 ragazzi e 15 superano i 34 alunni. Le classi pollaio sarebbe quindi 7.331, il 9,48% delle totali 77.304 sezioni. Infine, alle superiori sono 1.577 le classi che superano i 30 alunni, 1.310 quelle con un numero di studenti compreso tra 31 e 34 e 267 quelle con oltre 267 ragazzi. In totale 1.577 classi sovranumerali, l’1,31% delle complessive 120.447. Di contro il limite di norma di 25 alunni per formare le prime classi delle superiori non è rispettato in 106.776 sezioni dove gli alunni sono meno di 25: una quota pari all’88,65% del totale.

Solo 28.075 classi alle superiori, infatti, rispetterebbero i limiti di legge della composizione delle classi, che in questo caso coincide con quello dettato anche dalla normativa antincendio, cioè appena il 23,31%. Sulle 369.441 classi dalla materna alle superiori, dunque, sarebbero sovranumerali 19.096. Mentre sotto la soglia minima di alunni per formare una classe si troverebbero ben 154.730, il 41,88% del totale, quasi la metà. Boom di classi sovraffollate in Lombardia, prima regione con 3.054 sezioni, di cui 1.042 solo alle medie. Seguita dalla Puglia con 1.995 classi pollaio e dall’Emilia Romagna con 1.147 sezioni, che alle superiori si riducono drasticamente a 92 rispetto agli altri gradi di istruzione.

A complicare il calcolo delle classi sovranumerali le precisazioni del Miur che ad ItaliaOggi sottolinea che «i dati sono stati presi dall’Anagrafe Nazionale e sono provvisori» poiché «è una elaborazione fatta a dicembre», il 18. «Saranno consolidati solo alla fine dell’anno scolastico». Inoltre, «il numero degli alunni assegnati alle singole classi potrebbe essere frutto di inesattezze nella definizione delle classi in Anagrafe da parte delle scuole


Nord-Sud, la miccia è accesa

da ItaliaOggi 

Alessandra Ricciardi

Sos dei sindacati al presidente del consiglio, Giuseppe Conte, e ai presidenti di camera e senato, rispettivamente Roberto Fico e Maria Elisabetta Casellati, perché blocchino il progetto di autonomia differenziata a cui sta lavorando il governo su richiesta di alcune regioni, Lombardia e Veneto in testa. Un’autonomia che per la scuola significherebbe, dicono Cgil, Cisl e Uil, spaccare il paese. Il no a un’Italia a due velocità campeggiava anche alla manifestazione unitaria di sabato scorso a Roma, insieme alla richiesta di rinnovare il contratto di tutti i comparti del pubblico impiego. «Noi siamo il cambiamento, il governo ci ascolti, su stato sociale, lavoro, scuola», così i leader di Cgil, Cisl e Uil, rispettivamente Maurizio Landini, Anna Maria Furlan e Carmelo Barbagallo.

«Sentiamo il dovere di rivolgerci al Presidente del Consiglio, nella sua veste di massimo rappresentante della politica governativa e ai Presidenti delle Commissioni Istruzione di Camera e Senato per manifestare la fortissima preoccupazione per le gravi conseguenze che comporterebbe il processo di autonomia differenziata, richiesto da alcune Regioni in base al comma 3 dell’art 116 della Costituzione, se fosse esteso al sistema scolastico e di istruzione», avevano scritto poche ore prima i segretari di Flc-Cgil, Cisl e Uil scuola, rispettivamente Francesco Sinopoli, Lena Gissi e Pino Turi.

Le tre sigle hanno chiesto di essere ricevute per rappresentare le ragioni della netta contrarietà a un progetto che porterebbe, è il messaggio, «allo sfascio della scuola pubblica italiana». Nessuna interlocuzione, invece, è richiesta al ministro competente per la materia scolastica, Marco Bussetti. A Conte, Fico e Casellati chiedono che intanto «si adoperino affinché nessun passo venga fatto ulteriormente in nessuna sede, né governativa né regionale, senza aver preliminarmente investito il Parlamento, a partire dalle Commissioni competenti, e senza aver avviato nel Paese un grande confronto che coinvolga i soggetti di rappresentanza politica e sociale come si richiede per una materia di tale importanza per la vita delle persone e dell’intera comunità nazionale».

Si chiede dunque un dibattito in parlamento sulla riforma prima ancora che la stessa venga formalizzata nel disegno di legge che il governo dovrà varare per l’avvio dell’iter di approvazione.

«Quello che si ipotizza con la proposta in campo», scrivono Sinopoli, Gissi e Turi, «non è un semplice decentramento amministrativo, volto alla ricerca di maggiori convenienze fiscali (argomento anch’esso meritevole di approfondita discussione): siamo in realtà in presenza di un progetto di vera e propria devoluzione, che investirebbe in pieno il sistema scolastico del Paese». La preoccupazione è che la prospettata «deriva regionalistica del sistema di istruzione possa accentuare gli squilibri già oggi esistenti fra le diverse aree territoriali del Paese, con esiti ancor più penalizzanti per quelle economicamente e socialmente più in sofferenza».

Accuse a cui indirettamente risponde il ministro Bussetti dalla Campania, nel corso della visita ad alcune scuole di frontiera. «Come ministero vogliamo far sentire la nostra presenza, essere vicini ai territori, in tutta Italia, al Nord come al Sud. Senza distinzioni. Ma al Sud dico: non vi servono solo più fondi, che non mancheranno, dovete anche credere di più in voi stessi. Nelle vostre eccellenze». Ed è benzina sul fuoco.

Le dichiarazioni di Bussetti hanno provocato una lunga scia di reazioni e critiche: «Basta attaccare le scuole del Sud», replicano i sindacati, «Bussetti non sa di corsa parla», dicono dall’Anief. Contro dichiarazioni che sembrano negare anche l’emarginazione educativa di alcune realtà si scagliano molti pedagogisti. E dal Movimento5stelle, che la Sud ha la sua roccaforte, partono siluri all’indirizzo del ministro leghista: «La diversa sensibilità di Lega e M5 S rispetto alla geografia italiana è nota, ma liquidare il grave problema del divario tra scuole del Nord e scuole del Sud con un presunto atteggiamento da lavativi dei docenti meridionali è scorretto oltre che grave», commenta la capogruppo grillina in commissione istruzione al senato, Bianca Laura Granato.

Si dissociano Lorenzo Fioramonti e Salvatore Giuliano, rispettivamente viceministro e sottosegretario al Miur del Movimento 5 Stelle, «studenti e insegnanti meridionali esempio di eccellenza e coraggio». A poco varranno le rettifiche del ministro Bussetti, la miccia dello scontro Nord-Sud è ormai accesa.

Soro boccia i controlli biometrici

da ItaliaOggi 

Il garante della privacy bacchetta il governo per il ddl concretezza: viola le norme Ue

 Marco Nobilio
Antonello Soro

Il decreto concretezza andrebbe riformulato evitandone «non solo l’intrinseca contraddittorietà ma anche e soprattutto l’incompatibilità con la disciplina europea». È una bocciatura senza appello quella formulata dal presidente dell’autorità garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro. Che l’ha pronunciata nel corso dell’audizione che si è tenuta il 6 febbraio scorso presso le commissioni riunite I (affari costituzionali) e XI (lavoro) della camera dei deputati nell’ambito dell’esame del disegno di legge C. 1433. Citando la normativa e la giurisprudenza europea, il garante ha detto che il decreto concretezza (si veda ItaliaOggi di martedì scorso), nell’attuale stesura, viola il principio di proporzionalità. Perché impone l’utilizzo cumulativo dei rilievi biometrici e delle telecamere per accertare il rispetto dell’orario di lavoro in tutte le amministrazioni, senza prevedere misure alternative meno invasive.

Secondo il garante, l’introduzione sistematica, generalizzata e indifferenziata per tutte le pubbliche amministrazioni di sistemi di rilevazione biometrica delle presenze non può ritenersi in alcun modo conforme al canone di proporzionalità in ragione dei vincoli posti dall’ordinamento europeo per l’invasività di tali forme di verifica e le implicazioni proprie della particolare natura del dato.

Soro ha spiegato che il requisito del rispetto dei principi di proporzionalità e minimizzazione, previsto dal disegno di legge, avrebbe una portata normativa effettiva solo laddove si intendesse la norma come volta a prevedere due situazioni. La prima è l’alternatività del ricorso alla biometria o alla videosorveglianza. Ma il disegno di legge è chiaro nel configurare invece tali sistemi come cumulativi, il che di per sé contrasta con il canone di necessità e proporzionalità. La seconda è l’introduzione di tali nuovi sistemi di rilevazione non come obbligatoria, ma ammessa al ricorrere di particolari esigenze e laddove altri sistemi di rilevazione delle presenze non risultino idonei rispetto agli scopi perseguiti.

A fronte di questi rilievi il garante ha spiegato che sarebbe opportuno modificare il testo del disegno di legge prevedendo espressamente l’alternatività del ricorso alla rilevazione biometrica e alle videoriprese. E in più bisognerebbe prevedere l’ammissibilità della rilevazione biometrica solo in presenza di fattori di rischio specifici oppure di particolari presupposti quali, per esempio, le dimensioni dell’ente, il numero dei dipendenti coinvolti, la ricorrenza di situazioni di criticità che potrebbero essere anche influenzate dal contesto ambientale.

Si fa presente, inoltre, che i licenziamenti disciplinari seguiti all’accertamento in flagranza di falsa attestazione della presenza in servizio nell’ultimo anno e in tutta la pubblica amministrazione (nella quale lavorano 3 milioni e 200 mila dipendenti pubblici) sono stati solo 89, metà dei quali sono stati definiti con un altro tipo di provvedimento e in alcuni casi anche per mutata contestazione. Pertanto, dalle statistiche non emerge che la diffusione del fenomeno che si intende contrastare sia sistematica e generalizzata.

Alle considerazioni del garante va anche aggiunto che l’ordinamento prevede in questi casi, oltre che il licenziamento disciplinare, anche una grave responsabilità penale. La falsa attestazione della presenza in servizio, infatti, è punita con la reclusione da uno a 5 anni: una pena più grave di quella prevista dall’omicidio colposo (da 6 mesi a 5 anni). Si tratta, dunque, di sanzioni particolarmente afflittive che, di per sé, dovrebbero essere sufficienti a costituire un forte deterrente tale da scoraggiare comportamenti illeciti di questa portata.

È ragionevole ritenere, inoltre, che anche l’impegno finanziario previsto dal governo ai fini della copertura delle spese derivanti dall’attuazione del disegno di legge (35 milioni di euro) possa risultare eccessivo rispetto all’entità del fenomeno. Fatto questo che è stato fatto rilevare a suo tempo da alcune organizzazioni sindacali nel corso delle audizioni che si sono tenute precedentemente, sempre durante l’esame del provvedimento.

Resta il fatto, però che l’adozione di controlli rigorosi per verificare la presenza in servizio, nella scuola, potrebbe essere utile per far cessare il fenomeno del lavoro sommerso non retribuito. L’assenza di controlli, infatti, ha fatto sì che si radicasse la prassi deteriore, secondo la quale, a fronte di un numero di ore di insegnamento tassativo inderogabile, il monte ore delle attività funzionali all’insegnamento di natura collegiale (anch’esso tassativo secondo il contratto) potesse essere superato omettendo, pacificamente, di corrispondere la retribuzione aggiuntiva maturata dai docenti. Che anche a causa della difficoltà di dimostrare lo sforamento dell’orario ordinario, si rassegnano a lavorare di più rinunciando alla retribuzione. Fatto, questo, che viola il principio costituzionale della giusta retribuzione e che è sanzionato con l’invalidità dall’articolo 2113 del codice civile.

Edilizia e Sicurezza, Bussetti: 114 mln per piano antincendio e 2mila certificazioni

da Orizzontescuola

di redazione

Il Ministro Bussetti, tramite un post su FB, ha ricordato quanto fatto dal Governo e dal suo Ministero in materia di edilizia scolastica.

Edilizia e sicurezza: cosa ha fatto il Governo

Il titolare del Miur ha evidenziato che l’Esecutivo ha fatto in modo di sbloccare immediatamente gli otre 7 miliardi non ancora spesi.

A ciò si aggiunga la richiesta di ulteriori risorse, la semplificazione della normativa in materia di spesa, il lavoro svolto per migliorare l’anagrafe dell’edilizia e le risorse messe a disposizione degli Enti locali.

Edilizia e sicurezza: cosa farà l’Esecutivo

Tra le misure in cantiere anche lo stanziamento di 114 milioni con i quali sarà avviato un piano antincendio che si attendeva da anni.  

Saranno finanziati, ha concluso Bussetti, più di 2000 interventi per la certificazione antincendio.

Edilizia e sicurezza: collaborazione con gli enti locali

Il Ministro ha evidenziato anche che è necessaria la collaborazione con gli Enti locali al fine di procedere con rapidità negli stanziamenti e negli interventi.

Mobilità ATA 2019: chi può partecipare, il blocco per gli exLSU e CO.CO.CO.

da Orizzontescuola

di redazione

Il 31.12.2018 è stata sottoscritta la nuova ipotesi di contratto integrativo concernente la mobilità del personale docente, educativo ed A.T.A. per gli anni scolastici relativi al triennio 2019/20, 2020/21, 2021/22.

Le disposizioni relative al nuovo contratto si applicano a tutto il personale a tempo indeterminato alla data di presentazione della domanda. Pertanto tutto il personale ATA di ruolo può partecipare alle operazioni di mobilità, ivi compresi:

  • il personale della Croce rossa italiana e degli Enti di area vasta che transita nel comparto scuola nei ruoli ATA ai sensi della legge 190/2014 (art.1 comma 425) nel corso dell’anno scolastico 2017/18;
  • il personale docente inidoneo ed appartenente alle classi di concorso C555 e C999, transitato nei ruoli ATA in attuazione dell’art. 15, comma 4 e seguenti e 7 del D.L. n. 104 del 12.9.2013 convertito con modificazioni nella L. n. 128/2013 e dell’art. 14, comma 14 del D.L. n. 95/2012, convertito con modificazioni nella L. n.135/2012. AI fine di acquisire la sede definitiva di titolarità, tale personale, a domanda, ha diritto ad avvalersi della precedenza di cui all’ art. 40 comma 1 punti II e V rispetto all’ultima scuola di servizio nell’a. s. in cui ha acquisito la titolarità nei ruoli ATA. Tale diritto di precedenza può essere esercitato in subordine rispetto al personale beneficiario del diritto al rientro previsto all’art.40 comma 1 punti II e V;
  • il personale che ha perso la sede di titolarità ai sensi dell’articolo 59 del CCNL29 novembre 2007;
  • il personale che ha ottenuto la mobilità professionale in profilo superiore, ai sensi del CCNI 3 dicembre 2009.

ATTENZIONE tutto il personale exLSU e CO.CO.CO. assunto quest’anno scolastico (2018/2019) non potrà presentare domanda di mobilità per l’A.S. 2019/2020, cosi come ribadisce il contratto:

AI fine di assicurare la regolare prosecuzione del servizio scolastico al personale immesso in ruolo con decorrenza 10 settembre 2018 nel profilo professionale di assistente amministrativo e tecnico sulla base della procedura selettiva di cui all’articolo 1, comma 619, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 e di collaboratore scolastico sulla base della procedura selettiva di cui all’articolo 1, commi 622-626, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 è assegnata la titolarità presso l’istituzione scolastica su cui è stata effettuata l’assegnazione all’atto dell’assunzione in servizio sul posto accantonato nell’istituzione scolastica.

Il predetto personale per l’anno scolastico 2019/20 non partecipa alle procedure di mobilità.

LE FASI DEI TRASFERIMENTI E DEI PASSAGGI:

Il movimento dei trasferimenti e dei passaggi si attua in tre distinte fasi:

  • I fase comunale: trasferimenti del personale richiedente l’assegnazione nell’ambito del comune di titolarità;
  • II fase provinciale: trasferimenti del personale richiedente l’assegnazione a comuni diversi da quello di titolarità ed appartenenti alla propria provincia;
  • III fase della mobilità territoriale interprovinciale e mobilità professionale: trasferimenti a province diverse da quella di titolarità e passaggi di profilo.

Erasmus plus: FAQ sulle conseguenze della Brexit su studenti e personale in mobilità

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Lo scorso 30 gennaio 2019 la Commissione europea ha proposto alcune misure mirate ad evitare l’interruzione delle attività di mobilità degli studenti del programma Erasmus+ che coinvolgono il Regno Unito nel caso in cui il paese lasci l’UE senza un accordo.

In proposito, sul sito dedicato al Erasmus plus sono state pubblicate alcune domande e risposte riferite alla Brexit.

Le riportiamo di seguito:

A chi è rivolta la proposta della Commissione?
La proposta del regolamento di emergenza Erasmus+ interessa la “mobilità per l’apprendimento” definita nel regolamento Erasmus+, vale a dire:

  • la mobilità degli studenti a tutti i livelli dell’istruzione superiore e degli studenti, apprendisti e alunni nell’istruzione e formazione professionale
  • la mobilità dei giovani che svolgono attività di apprendimento non convenzionale e informale, nonché attività di volontariato
  • la mobilità del personale nel settore dell’istruzione e della formazione
  • la mobilità delle persone attive nell’animazione socioeducativa o nelle organizzazioni giovanili e degli educatori.

Cosa garantisce il regolamento di emergenza?
Il regolamento garantisce che le persone che si trovano all’estero per una mobilità finanziata da Erasmus+ il giorno in cui il Regno Unito lascia l’Unione europea non vedranno interrotto il loro periodo di mobilità. Ciò vale, ad esempio, per uno studente universitario francese che si trova a Londra per una mobilità Erasmus+, ma anche per uno studente britannico che partecipa a un tirocinio Erasmus+ di formazione professionale a Budapest.

Per quanto tempo varranno queste misure?
Queste misure si applicheranno fino al completamento di tutte le attività di mobilità Erasmus+ iniziate prima del 30 marzo 2019, tenendo conto che tali attività possono avere una durata massima di 12 mesi.

Valgono solo per gli Stati membri?
Le misure si applicano a tutti i paesi che partecipano al programma Erasmus+, vale a dire gli Stati membri dell’UE, più il Liechtenstein, la Norvegia, l’Islanda, la Turchia, l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia, la Serbia e il Regno Unito.

Che cosa succede agli studenti del Regno Unito che stanno facendo uno scambio Erasmus+ al di fuori dei paesi partecipanti al programma?
Tutte le attività di mobilità Erasmus+ in corso, comprese le attività internazionali iniziate prima del 30 marzo 2019, rientreranno nelle misure di emergenza.

Cosa succede ai partecipanti a Erasmus+ di altri paesi che il 29 marzo si trovano nel Regno Unito per uno scambio?
Tutti gli scambi iniziati prima del 30 marzo 2019 rientreranno nelle misure di emergenza.

In che modo i cittadini interessati saranno informati su quanto accadrà dopo il 29 marzo?
Attraverso i rispettivi sportelli nazionali Erasmus+: le agenzie nazionali Erasmus+ che si trovano in ogni paese partecipante al programma Erasmus+.

Cosa succede a coloro che inizieranno la loro mobilità dopo il 30 marzo 2019? Sono tutelati?
La proposta di regolamento specifico per Erasmus+ intende evitare l’impatto negativo che l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea senza un accordo avrebbe sui cittadini che si trovano all’estero. Si tratta di una soluzione immediata a un problema contingente. Il regolamento non si applica pertanto alle attività di mobilità che iniziano dopo la data dell’uscita del Regno Unito dall’UE.
Allo stesso tempo la Commissione ha proposto un regolamento di emergenza trasversale (regolamento sulle misure riguardanti l’esecuzione e il finanziamento del bilancio generale dell’Unione nel 2019 in relazione al recesso del Regno Unito dall’Unione). Tale proposta riguarderà gli scambi che avranno inizio dopo il 30 marzo, a determinate condizioni specifiche e in modo più restrittivo.

Chi pagherà per questa misura? Quanto costerà?
Il contributo dell’Unione alle attività di mobilità in corso contemplate dalla proposta era già previsto nel bilancio generale dell’UE.

Cosa succede all’agenzia nazionale del Regno Unito il 30 marzo?
In base alla proposta, l’agenzia nazionale del Regno Unito si occuperà delle iniziative di mobilità iniziate prima del 30 marzo.
Non siamo in grado di fare ulteriori ipotesi sul destino dell’agenzia nazionale del Regno Unito.

Il 30 marzo le università del Regno Unito perderanno la titolarità della carta Erasmus per l’istruzione superiore?
Secondo la proposta, la carta Erasmus per l’istruzione superiore si applicherà alle università del Regno Unito fino alla conclusione delle attività di mobilità iniziate prima del 30 marzo.

Il periodo di apprendimento trascorso nel Regno Unito dopo il 29 marzo 2019 sarà ancora riconosciuto nei paesi dell’UE?
Nessun riconoscimento formale è automaticamente collegato a un periodo di apprendimento all’estero. Spetta agli Stati membri e alle istituzioni accademiche decidere in merito.

Cosa ne sarà degli studenti dei paesi partecipanti al programma che il 29 marzo si trovano nel Regno Unito per uno scambio o un corso di studio non finanziato da Erasmus+?
Ciò va al di là delle competenze dell’UE.

La proposta riguarda anche le attività del Corpo europeo di solidarietà?
Le misure di emergenza proposte comprendono attività finanziate dal programma Erasmus+ e pertanto anche le attività di volontariato previste dal programma iniziate prima del 30 marzo 2019.

La proposta riguarda anche le attività DiscoverEU?
L’iniziativa DiscoverEU non è finanziata da Erasmus+ e pertanto non rientra nella proposta.

Cosa ne sarà dei progetti di collaborazione del programma Erasmus+ firmati prima del 29 marzo?
Numerosi progetti di collaborazione a livello europeo prevedono la partecipazione di un partner del Regno Unito o hanno un coordinatore britannico. Il destino dei progetti appaltati prima del 29 marzo 2019 dipenderà dal fatto che il Regno Unito continui o meno a onorare i suoi impegni finanziari nel quadro del bilancio dell’UE. Se lo farà, i finanziamenti possono continuare fino alla fine del 2019.

Assistenti di lingua italiana all’estero, candidature entro il 18 febbraio 2019

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Con apposito bando, il Miur procede alla selezione di Assistenti di lingua italiana all’estero per l’anno scolastico 2019-2020.

Il bando è rivolto  a neolaureati under 30 interessati a lavorare per un periodo di circa 8 mesi in una scuola in una delle seguenti destinazioni: Austria, Belgio, Francia, Irlanda, Regno Unito e Spagna.

Gli assistenti affiancheranno i docenti di lingua italiana in servizio in varie istituzioni scolastiche dei Paesi di destinazione per contribuire alla promozione e alla conoscenza della lingua e della cultura italiana.

L’attività, per una durata di circa otto mesi presso uno o più istituti di vario ordine e grado, comporta un impegno di 12 ore settimanali, a fronte del quale viene corrisposto un compenso variabile a seconda del Paese di destinazione.

La scadenza per presentare la candidatura è il 18 febbraio 2019.

TUTTE LE INFORMAZIONI

Graduatorie di istituto docenti, le scadenze di febbraio 2019

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Scadono a febbraio i termini previsti dal Decreto Dipartimentale n. 73 del 28 gennaio 2019 per la presentazione delle domande per l’integrazione delle graduatorie di istituto del personale docente ed educativo, in attuazione del D.M. 3 giugno 2015 n. 326.

In particolare, le scadenze riguardano:

  • l’inserimento in II fascia delle graduatorie di istituto dei docenti che hanno conseguito il titolo di abilitazione oltre il previsto termine di aggiornamento triennale delle graduatorie ed entro il 1 febbraio 2019, i quali verranno collocati in un elenco aggiuntivo alle graduatorie di II fascia;
  • l’inserimento negli elenchi aggiuntivi di sostegno dei docenti che conseguono il titolo di specializzazione per il sostegno agli alunni con disabilità oltre il previsto termine di aggiornamento triennale delle graduatorie ed entro il 1 febbraio 2019, i quali verranno collocati in coda agli elenchi di sostegno della fascia di appartenenza;
  • il consueto riconoscimento della precedenza nell’attribuzione delle supplenze di III fascia di istituto, per i docenti che vi siano inseriti e che conseguono il titolo di abilitazione nelle more dell’inserimento nelle finestre semestrali di pertinenza.

Scadenze

Queste le scadenze previste:

Inserimento negli elenchi aggiuntivi alle graduatorie di istituto di II fascia

Trasmissione dell’allegato A3 entro il 16 febbraio 2019, tramite raccomandata A/R, PEC o consegna a mano con rilascio di ricevuta ad una istituzione scolastica della provincia prescelta.

Inserimento negli elenchi aggiuntivi del sostegno

Trasmissione dell’allegato A5 tramite istanza POLIS disponibile fino alle ore 14 del 22 febbraio 2019.

Scelta delle Sedi

Trasmissione del modello B tramite istanza POLIS nel periodo compreso tra il 25 febbraio ed il 15 marzo 2019 (entro le ore 14,00).

Priorità nel conferimento delle supplenze da III fascia

Nei periodi che intercorrono tra un aggiornamento semestrale e l’altro della II fascia, chi consegue l’abilitazione avrà la priorità nel conferimento delle supplenze da III fascia. In attesa della pubblicazione delle nuove graduatorie di II fascia è comunque opportuno dichiarare la priorità in III fascia. Su istanze online è disponibile una specifica funzione, attiva per l’intero triennio.

Nota, decreto e modelli

Sostegno, i docenti specializzati sono meno di due terzi del totale. I dati

da La Tecnica della Scuola

Di Fabrizio De Angelis

L’associazione “Con i bambini” e la fondazione “OpenPolis” hanno realizzato il report sul tema dell’inclusione degli alunni con disabilità nelle scuole.

Come riportato in precedenza, circa il 3% degli alunni che frequentano le scuole italiane, da quelle per l’infanzia alle superiori, è portatore di una disabilità.

Sono 272.167 gli alunni con diritto al sostegno che frequentano la scuola, da quella d’infanzia alle superiori.

Quanti docenti di sostegno

Il report si concentra anche sugli insegnanti di sostegno (e gli assistenti all’autonomia) per gli alunni disabili.

Quello che emerge dal report è che il rapporto di 2 alunni per insegnante, previsto dalla normativa, viene rispettato in quasi tutte le regioni italiane.

I dati rilasciati dall’Istat, però, indicano come gli insegnanti effettivamente specializzati per il sostegno siano poco meno di 2/3 del totale.

Questo dato pone certamente in evidenza il problema della formazione, di cui questa testata si è occupata più volte.

E’ bene però sottolineare che le carenze di docenti specializzati è diverso su tutto il territorio nazionale: come sappiamo, le carenze maggiori di insegnanti specializzati si rilevano nelle regioni del nord, mentre il fenomeno è più contenuto nel mezzogiorno.

Altro aspetto da rilevare è che, nonostante le due figure professionali abbiano
ruoli distinti, si nota una certa complementarità tra la presenza di insegnanti
di sostegno e gli assistenti all’autonomia.

Insegnanti di sostegno e assistenti

Il report evidenzia infatti come la presenza di insegnanti di sostegno sia relativamente più diffusa nelle regioni del sud (ad esempio in Molise, 1 ogni 1,1 alunni), a sostegno della tesi secondo la quale “dove persiste una carenza di figure a supporto degli alunni offerte dagli enti locali, come nel caso del Mezzogiorno, le scuole sopperiscono con un maggior numero di insegnanti per il sostegno”.

A proposito di formazione di insegnanti di sostegno: ricordiamo che è stato pubblicato il decreto Miur sui corsi di specializzazione sul sostegno. (QUI TUTTE LE INFO)

IL REPORT (in formato PDF)

Alunni disabili, l’inclusione è solo sulla carta. I dati

da La Tecnica della Scuola

Di Andrea Carlino

L’associazione “Con i bambini” e la fondazione “OpenPolis” hanno realizzato il report sul tema dell’inclusione degli alunni con disabilità nelle scuole.

Circa il 3% degli alunni che frequentano le scuole italiane, da quelle per l’infanzia alle superiori, è portatore di una disabilità.

Sono 272.167 gli alunni con diritto al sostegno che frequentano la scuola, da quella d’infanzia alle superiori.

Il tipo di problema di salute più frequente è la disabilità intellettiva, che riguarda il 46% degli alunni con diritto al sostegno. La metà degli studenti con sostegno (48%) presenta più di una disabilità o disturbo.

In particolare gli alunni con disabilità intellettiva nel 61% dei casi hanno anche altri problemi di salute.

Negli ultimi trent’anni è cresciuta la quota di alunni la cui disabilità è stata certificata.

Questi dati chiamano quindi in causa la capacità del sistema educativo di saper includere.

IL REPORT (in formato PDF)

Barriere architettoniche a scuola

I dati più recenti rilasciati da Istat mostrano come solo un terzo delle scuole risulti completamente accessibile dal punto di vista fisico-strutturale.

La quota di scuole accessibili dal punto di vista sensoriale è più bassa (17,5%). Questi dati si distribuiscono in modo disomogeneo tra i diversi territori italiani.

La  Valle d’Aosta è la regione con meno barriere fisiche, in fondo alla classifica Campania e Molise, che si attestano sul 22% di edifici scolastici accessibili.

Rispetto alle barriere sensoriali, a fronte di una media del 17,5%, il territorio con le scuole più accessibili è la provincia autonoma di Bolzano (38,4%), mentre meno di una scuola calabrese su 10 (8,5%) possiede almeno un facilitatore sensoriale.

Negli ultimi anni, la presenza delle barriere percettive non è mutata in modo sensibile, mentre ci sono stati dei miglioramenti sulle barriere fisiche.

Nell’anno scolastico 2013/14 le scuole elementari e medie accessibili dal punto di vista fisico erano meno del 14% del totale. Da allora c’è stato un incremento di quasi 20 punti percentuali.

Gli aumenti più consistenti si sono registrati in Valle d’Aosta (+43,2 punti), nella provincia autonoma di Trento (+25,3) e in Emilia Romagna (+24,3).

Torna il 1° marzo 2019 M’illumino di meno

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

II 1° marzo 2019 si festeggia la XV Giornata Nazionale del Risparmio Energetico e degli Stili di Vita Sostenibili, al cui interno si inserisce la campagna “M’illumino di meno” di sensibilizzazione sulla razionalizzazione dei consumi energetici, ideata dalla trasmissione radiofonica “Caterpillar” di RAI Radio2.

Le scuole di ogni ordine e grado sono invitate anche quest’anno ad aderire con le seguenti azioni:

1. la promozione di azioni che ciascuno può mettere in atto nella propria vita quotidiana per ridurre l’impatto sull’ambiente; sul sito RAI è consultabile il Decalogo con 10 semplici accorgimenti e comportamenti corretti per rendere più sostenibile la nostra vita;
2. l’adesione alla campagna “M’illumino di meno” 2019, che quest’anno si focalizza sull’economia circolare; l’imperativo è riutilizzare i materiali, ridurre gli sprechi, allontanare “il fine vita” delle cose, attraverso un processo di “rigenerazione” dei materiali;
3. l’approfondimento in classe su come si possa generare energia dagli scarti.

Per registrarsi all’iniziativa: www.milluminodimeno.rai.it

Sindacati confederali: varate le linee guida per il rinnovo contrattuale

da Tuttoscuola

Alla vigilia della manifestazione nazionale promossa a Roma dalle tre Confederazioni Cgil Cisl e Uil per il giorno 9 febbraio (“Futuro al Lavoro”), conclusasi con il tradizionale appuntamento in piazza San Giovanni, i rispettivi sindacati dei settori scuola, università e ricerca hanno riunito presso il Teatro Eliseo i loro organismi dirigenti per definire unitariamente le linee guida della piattaforma per il rinnovo contrattuale, che saranno sottoposte al dibattito nei luoghi di lavoro.

Nel documento approvato i provvedimenti contenuti nella legge di bilancio per il 2019 riguardanti il sistema Istruzione e Ricerca vengono definiti “largamente insufficienti, non prevedendo investimenti adeguati per potenziare e qualificare il sistema pubblico d’istruzione”. Con il nuovo contratto si punta perciò, in primo luogo, “a una significativa rivalutazione salariale e alla valorizzazione delle diverse professionalità, in direzione di un riallineamento con le retribuzioni dell’area euro”.

Una rivendicazione, come si vede, certamente non nuova, come non lo è la “richiesta di un piano di assunzioni che, a partire dalla garanzia di un’adeguata consistenza degli organici, contrasti efficacemente la precarietà, stabilizzando il lavoro in tutti i settori del comparto”. Dietro il linguaggio diplomatico si intravede il vero obiettivo, che è quello di ottenere almeno la stabilizzazione degli attuali occupati non di ruolo per “evitare che il prossimo anno scolastico veda un’ulteriore crescita dei rapporti di lavoro precari”.

Con l’occasione il documento approvato prende posizione sul tema dell’unitarietà del sistema scolastico su tutto il territorio nazionale, “in nome dell’universalità del diritto all’istruzione, contro ogni ipotesi di diversificazione e separazione del sistema scolastico (programmi, personale, risorse) su base regionale, che potrebbe indebolire l’unità nazionale accentuando gli squilibri già oggi riscontrabili tra le diverse aree territoriali”.

I sindacati confederali annunciano al riguardo una iniziativa pubblica, che servirà anche per ribadire la valenza del contratto nazionale come “fonte unitaria” per la disciplina del rapporto di lavoro del personale che opera a livello nazionale nel sistema dell’istruzione, dell’università e AFAM, e della Ricerca. Il timore dei sindacati è che l’attribuzione ad alcune Regioni di competenze autonome in materia di organizzazione dei servizi educativi indebolirebbe la loro rappresentatività e forza contrattuale a livello centrale. Su questa importante tematica torniamo nella notizia successiva.

Sciopero 27 febbraio 2019

Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca
Ufficio di Gabinetto

Ai Titolari degli Uffici Scolastici Regionali
Loro Sedi 
E, p.c. Alla  Commissione di Garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali
segreteria@cgsse.it

Nota 13 febbraio 2019, AOOUFGAB 4722

Oggetto: Comparto Istruzione e Ricerca. Proclamazione sciopero 27 febbraio 2019. 

Si comunica che il sindacato Unicobas Scuola e Università ha proclamato “lo sciopero dell’intera giornata per la scuola e per l’università per tutto il personale docente ed ata, di ruolo e non, per mercoledì 27 febbraio 2019”, “esentando dallo stesso sciopero i lavoratori DSGA facenti funzione”. Alla suddetta azione di sciopero e con le stesse modalità,  ha aderito l’Associazione Anief.

Poiché l’azione di sciopero in questione interessa il servizio pubblico essenziale “istruzione”, di cui all’art. 1 della legge 12 giugno 1990, n. 146 e successive modifiche ed integrazioni  e alle norme pattizie definite  ai sensi dell’art. 2 della legge medesima, il diritto di sciopero va esercitato in osservanza delle regole e delle procedure  fissate dalla citata normativa.

Affinché siano assicurate le prestazioni  relative alla garanzia dei servizi pubblici essenziali così come individuati dalla normativa citata, le SS.LL., ai sensi dell’art. 2, comma 6, della legge suindicata sono invitate ad attivare, con la massima urgenza, la procedura relativa alla comunicazione dello sciopero alle istituzioni scolastiche e, per loro mezzo, alle famiglie e agli alunni.

Si ricorda inoltre, ai sensi dell’art. 5, che le amministrazioni “sono tenute a rendere pubblico tempestivamente il numero dei lavoratori che hanno partecipato allo sciopero, la durata dello stesso e la misura delle trattenute effettuate per la relativa partecipazione”.

Dette informazioni dovranno essere acquisite attraverso il portale SIDI, sotto il menù “I tuoi servizi”,  nell’area “Rilevazioni”, accedendo all’apposito link “Rilevazione scioperi” e compilando tutti i campi della sezione con i seguenti dati:

  • il numero dei lavoratori dipendenti in servizio;
  • il numero dei dipendenti aderenti allo sciopero anche se pari a zero;
  • il numero dei dipendenti assenti per altri motivi;
  • l’ammontare delle retribuzioni trattenute.

Al termine della rilevazione, come di consueto,  sarà cura di questo Ufficio rendere noti i dati complessivi di adesione trasferendoli sull’applicativo  Gepas del Dipartimento Funzione Pubblica e pubblicandoli nella sezione “Applicazione Legge 146/90 e s.m.i.” del sito Web del Ministero raggiungibile all’indirizzo http://www.miur.gov.it/web/guest/applicazione-legge-146/90-e-s.m.i. Nella stessa sezione verrà pubblicata la presente nota ed ogni altra eventuale notizia riguardante il presente sciopero, compresi i dati di adesione.

Analogamente, al fine di garantire la più ampia applicazione dell’indicazione di cui all’art.5 citato, i Dirigenti scolastici valuteranno l’opportunità di rendere noti i dati di adesione allo sciopero relativi all’istituzione scolastica di competenza.

Nel confidare nel consueto tempestivo adempimento di tutti i soggetti ai vari livelli coinvolti , si ringrazia per la collaborazione

IL DIRIGENTE
Rocco Pinneri