Celati e l’Italia dei problemi
di Antonio Stanca
Il padre, Antonio, veniva dalla provincia di Ferrara, la madre, Exenia
Dolores, da un paesino intorno al delta del Po e questi luoghi d’origine dei
genitori, che erano stati anche quelli della sua infanzia e adolescenza, nel
1989 con il libro-diario Verso la foce
e nel 2003 con l’interpretazione del film-documentario Mondonuovo di Davide Ferrario, aveva mostrato di aver percorso
partendo dall’entroterra romagnolo e giungendo alla foce del Po.
Di
Giovanni Celati, detto Gianni, si sta parlando. A ottantadue anni vive a
Brighton, in Inghilterra, e recentemente dalla Feltrinelli di Milano è stato
ristampato Verso la foce. Lo scrisse
quando aveva cinquantadue anni e voleva dire della prima delle due grandi
traversate della pianura padana da lui compiute alla ricerca di quanto aveva
fatto parte della vita, della storia dei suoi genitori e della sua.
Celati era nato nel 1937 a Sondrio, dove la famiglia si era trasferita
durante uno dei tanti traslochi compiuti a causa del lavoro del padre, usciere
di banca. Dopo il liceo si era laureato in Letteratura Inglese presso
l’Università di Bologna e come traduttore di importanti opere della letteratura
europea, come autore di articoli per giornali, come saggista prima che come
scrittore di romanzi e racconti aveva iniziato la sua attività letteraria.
Molto comprenderà questa. Celati sarà pure docente universitario in Italia e
all’estero, compirà molti viaggi, sarà regista di alcuni documentari, sarà
onorato di molti riconoscimenti. La sua sarà una personalità poliedrica, tante
saranno le esperienze da lui vissute e i risultati, le opere che ne deriveranno.
Per intero l’immensa complessità del mondo, dei tempi moderni sembrerà trovare
riflesso nella sua mente, nella sua opera. Una risposta, un’interpretazione di
tutti i problemi della moderna umanità sembrerà poter rappresentare Celati
tramite quanto ha pensato, ha fatto, ha detto, ha scritto, ha mostrato. Non ha
mai rinunciato alla sua posizione di intellettuale impegnato, di scrittore, di
opinionista.
Anche in Verso la foce, dove
dovrebbe solo dire di un lungo viaggio compiuto insieme ad amici o compagni,
dove dovrebbe scrivere come in un diario non rinuncerà egli alla posizione
dello scrittore, all’impegno del pensatore, alle riflessioni, alle osservazioni
che sono loro proprie. Il libro è un diario ma anche un romanzo, è una cronaca
ma anche una narrazione.
Il viaggio sarà accanto, intorno al corso del Po, seguirà il fiume non
da dove nasce ma da quando acquista la consistenza, la forma, la forza del
grande fiume. Dall’interno, cioè, della pianura padana per tutta quell’Italia
che attraversa prima di finire in quell’Adriatico che sempre lo aspetta e sempre
lo accoglie.
Vicino al Po Celati procederà con altri, da solo, a piedi, in macchina,
con l’autobus, col treno, con mezzi di fortuna, alloggerà, mangerà adattandosi
a diverse situazioni, scriverà anche. Saranno tanti i luoghi che incontrerà,
città, strade, paesi, villaggi, case, campagne, foreste, boschi, fiumi, laghi,
paludi, tante le persone, uomini, donne, vecchi, giovani, bambini che vedrà,
tante le circostanze, buone e cattive, favorevoli e pericolose, che lo
riguarderanno, tanta la vita alla quale assisterà, moderna e partecipata nei
centri, arretrata e isolata nelle periferie, tanti gli abusi, le violazioni che
vedrà compiuti dall’industrializzazione, tante le rovine da questa comportate ad
immense distese di terra che sono state abbandonate o sono abitate da poche
persone. Una triste realtà fatta di solitudine, di isolamento è quella che per
molta parte del viaggio si presenta al Celati, una realtà di case crollate, di
paesi deserti, di animali vaganti, di povertà, di ignoranza, di miseria, di
malattia, di morte. Grave è, scrive, che di quest’Italia si sappia così poco o
niente, che esista da tanto tempo e che mai si sia provveduto al suo risanamento.
All’epoca fascista risalgono provvedimenti a suo favore.
Incolmabile è la distanza, la differenza che si è creata tra il centro e
la periferia, tra la città e la campagna e solo percorrendo questa, come ha
fatto Celati, ci si può accorgere. Nemmeno i ricordi della sua infanzia, della
sua adolescenza riescono a sollevarlo dalla triste scoperta ché niente è
rimasto dei tempi di allora e una diffusa condizione di rovina, di fine è
quella che ormai esiste. Solo i colori delle acque del fiume, del cielo, del
paesaggio riescono a sollevare il suo stato d’animo invaso da tanta angoscia.
Se poi si pensa che anche all’interno di tante altre parti d’Italia
esistono simili condizioni ci si rende conto di quanto diversa dalla realtà sia
diventata l’apparenza.
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