Il Cambiamento ed il Movimento dei Giovani

Il Cambiamento ed il Movimento dei  Giovani

di Paolo Manzelli

Gli studi sulla timore del futuro dei giovani  sottolineano, che esso si associa a una mancanza  di sentimenti positivi, che determinano piu elevati  livelli di smarrimento di depressione, e di ansia, che inducono comportamenti disadattivi che sempre piu spesso si risolvono in un aumento dell’ abuso di sostanze che permettano lo sballo per dissociarsi da una situazione inconscia di frustrazione per incapacita di vedere soluzioni di felicita e soddisfazione nel futuro della propria vita sociale.

Per tale motivo Egocreanet-Cluster ritiene  fondamentale, dar origine ad una strategia di rinnovamento culturale e scientifico della vita biologica e relazionale capace di ottenere un impatto positivo nel rimodellarsi dell’arco evolutivo dell’adolescenza, educando  i giovani alle prospettive di cambiamento, fondate su una nuova visione delle potenzialita’ umane di intelligenza atte a rimodellare lo sviluppo sociale ed economico con  responsabilità  mediante una ricerca  innovativa di sviluppo cosciente orientata a  dare un rinnovato senso alla vita.

Recenti ricerche  sulla percezione dei giovani rispetto al futuro e alla progettualità,(1) mostrano come nuovi costrutti di autoefficacia, resilienza e ottimismo in eta’ evolutiva possano fornire delle risposte adattivo/creative a questa fase complessa di cambiamento .

L’attenzione su questi temi  è indirizzata a tutti coloro che, a vario titolo, si occupano di promuovere un rinnovamento della  cultura educativa in quanto vogliono interagire in maniera propositiva con i giovani per approfondire e a far conoscere e valorizzare le risorse dei giovani nell’attuale contesto socio-culturale.

-(1)- Giovani tra speranza, fiducia e progettualità Risultati di una ricerca http://isfoloa.isfol.it/xmlui/bitstream/handle/123456789/709/Aprile_Di%20Giuseppe_Paoletti_Pavoncello_Giovani_speranza_fiducia.pdf?sequence=1

L’ articolo «Giovani tra speranza, fiducia e progettualità» trova il suo fondamento in un momento di grande trasformazione sociale e politica ed economica che richiede una profonda riflessione sulle pratiche educative e pedagogiche necessarie per sostenere le nuove generazioni ad affrontare con determinatezza il proprio futuro per sentirsi realmente cittadini attivi fin da giovani e giovanissimi .

Egocreanet . Cluster condivide a pieno la necessita di proporre ai giovani di valorizzare  e credere nelle proprie capacità con ottimismo potenziando il  valore della intelligenza e della flessibilita  come costrutti da cui partire per rilanciare il sistema economico, sociale e politico  nella sfida del reinventarsi.  (2)

(2)- https://www.facebook.com/groups/758332701226366/

Resta infine il compito di indicare ai giovani la strategia di rinnovamento della visione culturale che permetta di sopravanzare la condizione d’insicurezza e indeterminatezza nei confronti del futuro che  oggi caratterizza le nuove generazioni .

Per le ricerche del Cluster Egocreanet la nuova visione strategica culturale ed economica  si fonda sul superamento delle obsolete concezioni meccaniche della scienza  che sono ancora  la radice cognitiva acquisita nel quado storico della societa’ industriale (3

(3)- https://www.scienzaeconoscenza.it/blog/scienza_e_fisica_quantistica/il-crollo-del-vecchio-paradigma-meccanico-della-scienza

Purtroppo la visione meccanica della realta’ permane ancora durante questa epoca di cambiamento e tale modalita di pensiero paradigmatico è capace di inibire sistematicamente  le potenziali risorse creative dei giovani cosi inibire la fiducia dei giovani nelle proprie risorse con le quali  potranno  rendere effettivo e sostenibile un punto di svolta creativo del cambiamento dell’ attuale momento storico.

Pertanto come metteremo in esplicita evidenza al Seminario di Studi e Ricerca  su: “Anticipazione di un  Futuro Migliore” ( Firenze 30.03/2019) diviene estremamente  necessario comprendere profondamente la sfida scientifica e culturale capace di proporre un  diverso mondo di conoscere la vita biologica e relazionale bioquantica  (3)  associata  a  differenti criteri e modalita’  di organizzazione e di management economico e politico tali da permettere  la espressione di rinnovata  forza generativa  dei giovani strategicamente volta al fine di promuovere la trasformazione globale in senso costruttivo, sostenuta da atteggiamento propositivo di speranza ed ottimismo nel futuro correlata all’ obiettivo di  dare sviluppo coscientemente ad elevate abilità progettuali di risoluzione innovativa dei problemi fondate su maggiori livelli di creatività,

(2) Bioquanica:

http://gsjournal.net/Science-Journals/Communications-Mind%20and%20Consciousness/Download/7217

“Ridateci la Storia”, la rivolta delle scuole

da la Repubblica

 “Avere meno storia nei programmi scolastici e all’esame fa comodo a chi comanda. Ma il destro glielo abbiamo offerto noi”. L’analisi di Alessandro Parola, preside al liceo scientifico e classico Peano-Pellico a Cuneo, fotografa il dibattito aperto tra i banchi sulla scelta di eliminare il tema specifico di storia alla Maturità. Contrari, favorevoli, attendisti: nelle sale insegnanti si discute. Ma su un punto il giudizio di dirigenti e professori è unanime: la storia a scuola è stata ridotta al ruolo di Cenerentola quando sarebbe ancora più necessaria a una generazione (e una società) schiacciata sull’eterno presente.

Riecheggiano le parole di Liliana Segre – “senza la storia non si diventa uomini” – schierata contro la cancellazione della traccia di ambito storico. E Alessandro Parola, laureato in lettere classiche, un dottorato in Storia, è netto: “Condivido la posizione di chi dice che è sempre meglio avere un’occasione per parlare di storia e quindi giudico una perdita l’aver tolto questa traccia. Erano pochi gli studenti a sceglierla? Vero. Ma è colpa nostra perché in passato non abbiamo lavorato abbastanza per capirne le ragioni, per aggiustare il tiro”. A monte, aggiunge, in realtà c’è l’impoverimento del sapere storico a partire dalle università: “Meno ricercatori, meno investimenti. Questa politica universitaria miope ha avuto conseguenze di riflesso alle superiori”. Comunque sia, conclude, “sono felice che si sia aperta la questione politica sulla storia: è un sapere che sviluppa il senso critico e come tale, in questo momento, disturba”.

Invita alla cautela Daniela Lazzati, preside del tecnico Maggiolini di Parabiago e del liceo di Rho: “Vediamo come va prima di gridare allo scandalo. Un tema non gettonato, non giustifica la sua eliminazione. Ma la storia rientra nella tipologia di attualità, magari con un taglio che potrebbe attirare di più i ragazzi”. Per Sandra Scicolone, preside della medie Ettore Romagnoli di Gela, “Serianni ha voluto porre il problema della comprensione dei testi. La sua non è stata una semplificazione, ha raccolto l’allarme più serio. Ma capisco anche le ragioni della polemica, sulla carta sembra un taglio drammaticoIn realtà il vero problema sta nella riduzione sempre più mortificante delle ore di storia nell’ambito delle attività curriculari. La storia si studia poco”. Un taglio delle ore iniziato negli anni ’90, proseguito con la riforma Gelmini (la vera sforbiciata), ora drammatico negli istituti professionali.

“Non imposterei il problema dalla conclusione, ovvero dall’esame – avverte Girolamo De Michele, docente di storia e filosofia al liceo Ariosto di Ferrara – il vero problema è che la storia è stata decurtata nelle ore, mentre c’è bisogno del contrario per trasmettere contenuti e strumenti. Parlo della Shoa, ma se esce un libro negazionista devo aver attrezzato i miei ragazzi a saperlo riconoscere. Qui sta il punto”. Le simulazioni appena svolte della nuova prova di Maturità hanno tranquilizzato i docenti. “Mi ero allarmato, vedendo le tracce mi sono reso conto che quello che è stato fatto uscire dalla porta rientra dalla finestra: è richiesta una preparazione storica per affrontare le diverse tipologie” commenta Raffaele Riccio, professore di liceo, in cattedra da 31 anni, esperto di cultura del Seicento, autore di saggi storici e filosofici. Il suo richiamo è a un insegnamento della storia come narrazione, anche attraverso strumenti multimediali, senza perdere i riferimenti concettuali: “Non è che dobbiamo fare gli Alberto Angela in classe, ma va attirata l’attenzione dei ragazzi e da lì si costruiscono le basi del sapere storico”.

I professori rivedicano l’importanza della disciplina. “A differenza della fisica quantistica tutti si sentono in grado di parlare della storia senza riconoscerne lo statuto di una scienza” osserva Marcello Malpensa, docente di storia e filosofia al liceo Giordano Bruno di Budrio, alle porte di Bologna. “È vero che il tema storico lo svolgevano in pochi, ma se togliamo anche l’unico stimolo che c’era andiamo alla banalizzazione, è un ulteriore segnale di svilimento dell’importanza della disciplina storica: questo mi preoccupa – aggiunge – e più togliamo importanza alla storia e sempre meno avremo chi sarà capace di tenere a bada i furiosi cavalli dell’ideologia”.


Revisione organi collegiali, cambiano scelta del vicario e consiglio d’Istituto: il Governo spinge per la legge delega

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

Gli organi collegiali scolastici sono veramente datati, essendo stati approvati con i decreti delegati del lontano 1974 e ridefiniti con il Testo Unico del 1994. Il Governo gialloverde ha detto di volere attualizzarli, adeguandoli ad una formazione che è fortemente cambiata. Ed era sembra essere giunto il momento.

Il Governo M5S-Lega all’opera

La sera del 2 marzo, infatti, le agenzie di stampa hanno riferito che nella delega al governo che sarà esaminata prossimamente c’è anche la revisione della disciplina degli organi collegiali territoriali della scuola, fermo restando il principio dell’autonomia scolastica.

Nel testo si parla di “definirne competenze e responsabilità, eliminando duplicazioni e sovrapposizione di funzioni, e ridefinendone la relazione rispetto al ruolo, competenze e responsabilità dei dirigenti scolastici, come attualmente disciplinati”.

Di cosa si tratta?

Per sapere più di preciso di cosa si tratta, basta andare indietro di qualche settimana, ad un intervento critico della Flc-Cgil, nel quale sono stati riassunti gli ambiti ai quali si estenderebbe la delega:

  • razionalizzare anche attraverso fusioni o soppressioni gli enti preposti alla valutazione di scuola e università (quindi Invalsi, Anvur, ecc);
  • ridurre il numero dei componenti degli organi collegiali e razionalizzazione dei poteri di vigilanza ministeriale;
  • rivedere la disciplina degli organi collegiali di scuola anche in rapporto alla ridefinizione di ruolo e responsabilità dei DS;
  • riallocare i compiti amministrativi in tema di cessazioni, ricostruzioni di carriera ecc. non strettamente connessi alla gestione delle singole scuole;
  • razionalizzare gli ordinamenti didattici scolastici;
  • riordinare l’attività sportiva studentesca in ogni ciclo di istruzione.

Flc-Cgil: li vogliono approvare senza confronto

Secondo il sindacato di Francesco Sinopoli la procedura delle legge delega non garantirebbe quel dibattito culturale e politico che sarebbe invece utile e necessario su una materia così articolato.
La legge di delega, infatti, consentirebbe al Governo di emanare i decreti delegati conseguenti limitandosi ad acquisire i pareri delle commissioni parlamentari, esattamente come è avvenuto con i decreti previsti dal comma 181 della legge 107/2015.
La Flc-Cgil ritiene che “il Governo e il Parlamento debbano avviare un grande confronto con le scuole, le Organizzazioni sindacali, le Associazioni professionali e tutti i soggetti interessati affinché si giunga quanto prima al riordino complessivo degli Organi Collegiali scolastici che risalgono al 1974 e sono ormai inadeguati alle esigenze della scuola dell’Autonomia. Stesso principio vale per la razionalizzazione degli ordinamenti didattici e scolastici e per qualsiasi intervento si metta in programma per la scuola del nostro Paese”.

Si vuole arrivare ad un nuovo Consiglio d’Istituto

Ma è soprattutto sul fronte degli organi collegiali, come già scritto dalla Tecnica della Scuola, che dovrebbero arrivare le novità più importanti e dirette su personale e studenti.
Sembra che si voglia ridimensionare la presenza dei genitori all’interno del Consiglio d’Istituto, nel quale potrebbe trovare spazio un esperto del mondo del lavoro.

Un’altra novità potrebbe arrivare sul fronte dei vicari e dei collaboratori dei dirigenti scolastici: l’idea è che non potranno più essere scelti in modo unilaterale del preside, ma la nomina dovrà essere condivisa con il collegio dei docenti.

Casa cambierebbe per i docenti

Ma la vera new entry potrebbe riguardare il personale docente: andando a toccare l’autonomia scolastica, ha denunciato qualche settimana fa Pino Turi, leader della Uil Scuola, c’è il pericolo che venga meno il profilo di assoluta atipicità professionale degli insegnanti, che non ha nulla a che vedere con la figura impiegatizia.

Per vedere approvata questa riforma “ci vorranno anni – ci ha detto il leader della Uil Scuola – ma bisogna tenere gli occhi aperti e le ‘antenne’ dritte: per questo, mi rivolgo a tutti coloro che tengono all’autonomia della scuola e di chi vi opera, quindi ai docenti, chi a chi ci lavora, alle famiglie, agli studenti”.

L’intreccio con la regionalizzazione

“E sempre per questi motivi – ha continuato Turi – ho parlato di convocazione permanente dei collegi dei docenti: l’obiettivo è monitorare, seguire e verificare eventuali modifiche legislative del decreto legislativo 297 del 1994”.

Il progetto del Governo si intreccerebbe, infine, con quello della regionalizzazione della scuola, come di altre istituzioni pubbliche, promossa dalla Lega, ma sul quale il M5S ha alzato più di un paletto.


Concorso scuola 2019, quando arriverà il bando?

da La Tecnica della Scuola

Di Fabrizio De Angelis

E’ molto atteso il prossimo concorso scuola 2019 riservato ai docenti che vogliono lavorare nella scuola secondaria di primo e secondo grado. Infatti, come previsto dalla legge di Bilancio 2019, che è intervenuto sul reclutamento dei docenti, al prossimo concorso scuola 2019 potranno partecipare tutti, o comunque quasi tutti.

I requisiti per partecipare al concorso scuola 2019

Prima di tutto bisogna ricordare che dal prossimo concorso a cattedra, potranno partecipare tutti i laureati, ovvero i candidati in possesso della laurea magistrale ma privi di abilitazione. A questo requisito, tuttavia, deve essere aggiunto il possesso dei 24 CFU, ovvero crediti formativi universitari nelle “discipline antropo-psico-pedagogiche e metodologie e tecnologie didattiche”, che restano requisito d’accesso come previsto dal Decreto Legislativo n. 59/2017.

Per quanto riguarda i posti banditi per il sostegno, oltre ad i requisiti dei posti comuni, sarà necessario avere la specializzazione sul sostegno.

Al concorso scuola 2019 potranno partecipare anche i precari che hanno maturato tre anni di servizio negli ultimi otto. Questi candidati, avranno una quota riservata del 10% ed in seguito all’emendamento approvato recentemente, dovrebbero avere un “superpunteggio” per la valutazione dei titoli.

Infine, potranno partecipare alle procedure concorsuali anche i candidati in possesso del diploma per ITP, senza l’obbligo dei 24 CFU.

La riforma del reclutamento prevede la possibilità di concorrere in un’unica regione e per una sola classe di concorso “distintamente” per il primo e secondo grado e per i posti di sostegno, a cui si accede, ricordiamo, se in possesso del titolo e della specializzazione.

Si formerà una graduatoria di vincitori che avrà valenza biennale, così come sarà biennale l’indizione delle procedure concorsuali.

La graduatoria sarà composta da un numero di candidati pari, al massimo, ai posti messi a concorso. Pertanto non sono previsti idonei.

I posti verranno banditi in base al fabbisogno regionale, quindi è possibile che in alcune regioni non si attivino le procedure concorsuali, in base a quanto riferito dallo stesso ministro Bussetti.

Concorso scuola 2019: quando arriverà il bando?

La domanda più ricorrente fra gli aspiranti candidati è quella relativa alla pubblicazione del bando.
Al momento non è possibile fornire indicazioni, ma l’intenzione del Governo sarebbe quella di emanare il primo concorso già nel 2019.

In base a quanto anticipato da fonti parlamentari non è escluso che il bando di concorso del 2019 possa arrivare entro l’estate, anche se ovviamente, il processo potrebbe andare a rilento per i vari passaggi previsti. Diciamo che entro la fine dell’anno potremo avere il bando del primo concorso di scuola secondari dopo le modifiche della legge di bilancio 2019.

Tempo pieno al sud: per ora è tutto fermo

da La Tecnica della Scuola

Di Reginaldo Palermo

Sui 2mila posti di tempo pieno per la scuola primaria previsti dalla legge di bilancio e rivendicati dal M5S come la prova provata che sulla scuola c’è una indiscutibile inversione di tendenza sembra essere sceso il silenzio.

Manca il Decreto ministeriale atteso entro fine febbraio

La legge prevedeva che entro 60 giorni il Ministero avrebbe dovuto predisporre il decreto applicativo, dopo aver acquisito anche il parere della Conferenza Stato-Regioni.
I 60 giorni sono ormai trascorsi ma del decreto non c’è ancora nessuna traccia, anzi va detto che l’argomento non è neppure all’ordine del giorno della prossima seduta della Conferenza, già convocata per il 7 marzo prossimo.
Ciò significa che nella migliore delle ipotesi la Conferenza se ne occuperà dopo la metà di marzo. Poi ci vorrà un po’ di tempo per il decreto del Ministro.
Questo non significa che tutto filerà liscio perchè i problemi da risolvere sono più di uno.
Intanto non è affatto scontato che tutte le regioni siano d’accordo a destinare prevalentemente all sud i 2mila posti previsti dalla legge che, peraltro, non pone nessun vincolo territoriale per la distribuzione dei posti.
E gli stessi enti locali del sud potrebbero non essere pronti a gestire la novità perchè per incrementare il tempo pieno sono indispensabili anche servizi collaterali di loro competenza, mense scolastiche innanzitutto.

Il rischio è che, alla fine, i posti vengano comunque istituiti senza però essere utilizzati per ampliare davvero l’orario scolastico, esattamente come era avvenuto negli anni ’90 quando la legge sui “moduli organizzativi” nella scuola elementare, che pure prevedeva il rientro pomeridiano degli alunni, rimase inapplicata in molte regioni dove invece ci si limitò a dilatare l’orario antimeridiano anche fino alle ore 14.