Sciopero per il clima

Sciopero per il clima: FLC CGIL sostiene le manifestazioni del 15 marzo. Il ministro Bussetti ci ripensi e ascolti il grido d’allarme degli studenti

La FLC CGIL sostiene le manifestazioni che avranno luogo in tutta Italia venerdì 15 marzo e sarà accanto a studentesse e studenti che daranno vita allo sciopero previsto nell’ambito della campagna
internazionale Fridays for future.

“La sfida delle studentesse e degli studenti del mondo” afferma Francesco Sinopoli, segretario generale della FLC CGIL “non può lasciarci indifferenti, poiché ci richiama alla responsabilità di fronte alla Terra e di fronte al destino dell’umanità. La Cgil ha dedicato alla necessità di un nuovo modello di sviluppo ampie riflessioni in questi anni, e parte del suo ultimo Congresso. E come FLC CGIL abbiamo avanzato elaborazioni e proposte, di natura educativa e culturale, su come il sistema dell’istruzione deve farsi carico della divulgazione di una mentalità ecologica collettiva. Per questo apprezziamo la decisione di tanti Stati di aderire allo sciopero delle scuole di venerdì e di sostenere la legittima battaglia di studentesse e studenti, così come apprezziamo l’intervento del Presidente Mattarella, che chiama in causa i poteri pubblici”.

“Al contrario – aggiunge Sinopoli – assistiamo con amarezza a quanto è accaduto in Italia, dove il ministro dell’Istruzione Bussetti ad una precisa domanda sullo sciopero delle scuole di venerdì ha liquidato la faccenda in modo del tutto burocratico: ‘le lezioni si svolgeranno regolarmente’. E invece no, signor ministro. Mai come questa volta lo sciopero e le rivendicazioni di studentesse e studenti hanno una straordinaria valenza educativa, contengono un significativo messaggio per l’intera società e soprattutto per gli adulti, lanciano un grido d’allarme ai potenti, e ai ministri come Lei, per assumere consapevolezza sui danni provocati dal cambiamento climatico. Al mondo della scuola, ai e alle docenti, al personale, signor ministro, va data la possibilità di partecipare ad uno sciopero condiviso dalle scuole di ogni ordine e grado di decine di Paesi del mondo e della civile Europa. Altrimenti, signor ministro, si corre il rischio di tramettere una sensazione di sordità, cecità e indifferenza da parte del suo dicastero, finendo per deludere ancora di più le aspettative dei nostri studenti. Ci ripensi, e dia l’opportunità a chiunque lo voglia di partecipare allo sciopero sul clima senza subire penose conseguenze”.

Infine, Sinopoli e la FLC auspicano che la campagna di mobilitazione abbia un suo seguito nel tempo. Per questo, la disponibilità dell’organizzazione dei lavoratori della conoscenza della Cgil resta massima. “Sapere e conoscenza, che sono a fondamento dell’istruzione, hanno di fronte una missione precisa, questa volta: creare le condizioni per un futuro amico del pianeta e dell’umanità. E tutte le istituzioni del sapere e della conoscenza ne sono ormai consapevoli. Ora è il
momento di agire”, conclude Sinopoli.

15 MARZO STUDENTI IN PIAZZA PER IL PIANETA

Il 15 marzo, come Rete degli Studenti Medi e Unione degli Universitari saremo nelle piazze con centinaia di migliaia di giovani in tutta Italia e in tutto il mondo, in adesione al movimento Fridays For Future: saremo a Roma alle 10:30, in Via dei Fori Imperiali, per un flash mob di avvio alla mobilitazione, e in tutta Italia scenderemo in piazza. 
Abbiamo bisogno di un impegno concreto e immediato da parte di tutti gli attori internazionali, a partire dal rispetto degli accordi di Parigi di riduzione delle emissioni di CO2. Ma questo non basterà: da Jair Bolsonaro a Donald Trump, l’avvento della destra estrema al potere sta ponendo come priorità il profitto rispetto alla tutela dei cittadini e dell’ambiente in cui vivono. 
“Anche qui in Italia, purtroppo, il Ministro dell’Istruzione ha invitato gli studenti ad “andare a scuola”, domani, il giorno della marcia globale per il clima. Una vergogna.” dichiara Giammarco Manfreda, Coordinatore Nazionale della Rete degli Studenti Medi.
Abbiamo bisogno di un cambiamento totale, paradigmatico, e quindi politico, economico e sociale: “chiediamo un modello di sviluppo diverso, ecologico, che non viva del ricatto tra salute, lavoro e ambiente, che abbia il coraggio di mettere al centro, insieme all’ ecosostenibilità, la democrazia, i diritti, la qualità della vita e del lavoro, la conoscenza a partire dalle giovani generazioni.” dichiara Enrico Gulluni, Coordinatore Nazionale dell’Unione degli Universitari.
“Vogliamo essere educati al cambiamento. Le scuole e le università devono essere epicentro della spinta alla tutela del nostro pianeta, educando le nuove generazioni ad un nuovo modo di abitare il pianeta. L’unico possibile.” dichiarano Gulluni e Manfreda.
Caro Bussetti, per stavolta decidiamo di non ascoltarti: non c’è un pianeta B.

Educazione Cittadinanza Maturità

Educazione Cittadinanza Maturità

di Maurizio Tiriticco

Uno spettro si aggira… non per l’Europa, ma per la scuola italiana: lo spettro di un esame di maturità in cui, in sede di colloquio, le commissioni potranno proporre agli studenti anche quesiti inerenti a “Cittadinanza e Costituzione”. In effetti, nell’OM dell’11 marzo 2019 concernente “istruzioni e modalità organizzative per lo svolgimento dell’esame di Stato”, all’articolo 19 leggiamo testualmente, tra l’altro: “Parte del colloquio è inoltre dedicata alle attività, ai percorsi e ai progetti svolti nell’ambito di ‘Cittadinanza e Costituzione’, inseriti nel percorso scolastico secondo quanto previsto all’art. 1 del d.l. n. 137 del 2008, convertito con modificazioni dalla Legge. n.169 del 2008, illustrati nel documento del consiglio di classe e realizzati in coerenza con gli obiettivi del PTOF”.E meno male che, grazie al Decreto Milleproroghe, l’obbligatorietà di discutere anche delle attività di alternanza scuola/lavoro è slittata alla maturità del prossimo anno.
Pertanto, durante il colloquio, i candidati dovranno presentare una breve relazione su loro eventuali esperienze relative ai “percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento”. In altri termini, discutere in un esame di Stato di “Cittadinanza e Costituzione” comporta una conoscenza attiva e responsabile – se si possono usare aggettivi di questo tipo – di che cosa significa essere cittadini a pieno titolo in un Paese democratico in cui il parere e la volontà di ogni singolo cittadino sono dei beni preziosi. La mia adolescenza si è consumata nei primi anni quaranta, quando la dittatura fascista mi consentiva soltanto di inneggiare al Duce, ai suoi Pensieri, alle Sue parole e niente più! Le ho imparate così bene e le ho ripetute più volte che le ricordo ancora: “credere obbedire combattere”; “se avanzo seguitemi, se indietreggio uccidetemi, se mi uccidono vendicatemi”. Per non dire del giuramento che avrò ripetuto chissà quante volte! All’inizio di ogni anno scolastico; ad ogni manifestazione del Regìme (la maiuscola è d’obbligo): “Nel nome di Dio e dell’Italia, giuro di eseguire senza discutere gli ordini del Duce e di servire con tutte le mie forze e, se è necessario, col mio sangue la causa della Rivoluzione Fascista”.
Ma torniamo a noi! Alla nostra era democratica e repubblicana! L’incipit della nostra Costituzione così recita,tra l’altro (passim): “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Era il lontano 1947. Per l’esattezza, la Costituzione fu varata il 27 dicembre dal Presidente della Repubblica Enrico De Nicola, da Umberto Terracini, Presidente dell’Assemblea Costituente e da Alcide De Gasperi, Presidente del Consiglio dei Ministri. E da quel giorno tutti gli Italiani divennero cittadini a pieno titolo! In realtà durante il Regno sabaudo, anche prima della dittatura fascista, erano semplicemente dei regnicoli! Sic!
E va sottolineato che al sostantivo “cittadinanza” occorre sempre aggiungere l’aggettivo “attiva”. Di fatto con l’espressione “cittadinanza attiva” si intende sottolineare che un cittadino, in quanto tale, è tenuto a partecipare attivamente alla vita del Paese. Quindi non deve limitarsi solo a godere di certi diritti, ma anche ad adempiere a certi doveri. Ed il voto manifestato nelle diverse elezioni sta a significare il pieno inserimento di ciascuno di noi nella complessa rete di diritti e doveri che sono costitutivi di un Paese democratico. E’ doveroso aggiungere che, in seguito all’istituzione della Comunità Economica Europea, in forza dei Trattati di Roma del 1957, e successivamente, in seguito al Trattato di Maastricht del 1992, ormai dobbiamo sentirci tutti non solo cittadini italiani, ma anche e soprattutto cittadini europei. E di ben 28 Paesi! E, se poi vogliamo considerare il Consiglio d’Europa, altra istituzione internazionale, il cui scopo è quello di promuovere la democrazia, i diritti umani, l’identità culturale europea, i Paesi membri salgono a ben 47!
Le ricadute che tali avvenimenti hanno avuto e tuttora hanno sui diversi sistemi di istruzione e sulle scuole europee sono importanti, soprattutto per quanto riguarda l’educazione ad una cittadinanza solidale ed attiva. Il che, ovviamente, riguarda tutti i Paesi dell’Unione. La Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 22 maggio 2018 ha varato una seconda edizione (la prima risaliva al 2006) delle cosiddette competenze chiave necessarie per un apprendimento permanente, valide, ovviamente per tutti i cittadini dell’Unione. Sono otto; eccone il dettaglio; 1) competenza alfabetica funzionale; 2) competenza multi linguistica; 3) competenza matematica e competenza in scienze, tecnologie e ingegneria; 4) competenza digitale; 5) competenza personale, sociale e capacità di imparare a imparare; 6) competenza in materia di cittadinanza; 7) competenza imprenditoriale; 8) competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali. E si tratta di competenze, che afferiscono al saper fare, non di semplici conoscenze! Competenze che sostanziano una cittadinanza oggi transnazionale! E si tratta di finalità che anche in ostro sistema di istruzione è tenuto a perseguire.
In un contesto/scenario di questo tipo, quindi sovranazionale ed aperto all’Europa ed al mondo, anche la nostra scuola – o meglio il nostro “Sistema Educativo Nazionale di Istruzione e Formazione” – non può sottrarsi ad una vocazione europea. E non solo! Ma deve anche costituire uno dei più importanti motori di quella vocazione europea a cui tutti noi oggi siamo chiamati. E proprio oggi! A fronte di tanti brutti venti, che mirano a mettere in crisi questa Unione Europea che abbiamo così faticosamente costruito dopo quella sciagurata seconda guerra mondiale, occorre mirare a rinsaldare sempre più la nostra Unione! Penso che oggi sia un imperativo categorico.
L’Educazione alla Cittadinanza Attiva dovrebbe costituire quindi la finalità più importante e determinante di tutte le istituzioni scolastiche europee, ed in primo luogo della nostra! Perché proprio in Italia, in un Paese che aveva perduto la guerra, a Roma, come abbiamo ricordato, vennero firmati nei lontani anni Cinquanta quei primi trattati che hanno trasformato un continente, che per secoli è stato uno dei campi di battaglia più sanguinosi, in una terra di Pace e di Progresso! Teniamo cara questa realtà! Anche se strani venti, cosiddetti sovranisti, tentano di metterla i discussione.
Si tratta, infatti, di una realtà che non può non costituire oggetto di discussione e di confronto per un giovane che oggi si accinge a lasciare la scuola per accedere come cittadino libero e consapevole in un contesto sociale ampio, certamente, ma anche abbastanza problematico. Ed è proprio la scuola che ha il compito difficile di offrire chiavi di lettura che vanno oltre le competenze disciplinari. Che costituiscono il sostrato necessario per la costruzione di una competenza civile collettiva, garanzia di un avvenire solidale per tutti!


NO ALLA DIDATTICA PER COMPETENZE

NO ALLA DIDATTICA PER COMPETENZE, ANNIENTA LA QUALITÀ DELLA SCUOLA
“La didattica per competenze, imposta dal Miur anche attraverso l’Esame di Stato, sta annientando la qualità della scuola italiana e sta sfornando giovani diplomati che non conoscono le discipline”. Ad affermarlo è Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, intervenendo in apertura del convegno nazionale “Fatica sprecata!”, organizzato dalla Gilda degli Insegnanti di Padova – Rovigo e dall’associazione Docenti Articolo 33, che si è svolto questa mattina nell’auditorium dell’ITIS “Francesco Severi” di Padova.  
Frank Furedi, professore emerito di Sociologia all’Università del Kent, riferendosi alla sua esperienza vissuta nelle scuole inglesi e statunitensi, ha constatato che lo scopo dell’istruzione è ormai diventato quello di impartire metodologie, concentrandosi sul saper fare e trascurando il sapere. “È assodato, invece, – ha sottolineato – che le conoscenze disciplinari sono fondamentali e che sempre lo saranno, nonostante gli apologeti del know-how sostengano che l’insegnamento del futuro sarà basato soltanto sulle competenze”.Furedi ha chiuso il suo intervento consigliando ai docenti presenti in platea di resistere a questa deriva coltivando sempre di più la passione per le proprie materie e approfondendone le conoscenze, così da trasmettere agli studenti un interesse vivo e sincero. 
Giovanni Carosotti, docente di Storia e Filosofia, ha evidenziato come il passaggio dalla scuola delle conoscenze a quella delle competenze sia un processo iniziato 20 anni fa con la riforma Berlinguer e proseguito, senza distinzione di colore politico, da tutti i governi che si sono succeduti. “Un processo il cui apice è rappresentato dall’abolizione della traccia di Storia dall’esame di Maturità che con un colpo di spugna cancella il rapporto tra passato e presente. Ad una programmazione orientata agli argomenti e non alle discipline, – ha esortato Carosotti – noi insegnanti abbiamo il diritto e il dovere di replicare ricordando e ricordandoci che il collegio dei docenti è sovrano. Non può esistere un metodo assoluto, bisogna lasciare al singolo insegnante la libertà di scegliere quello che la sua professionalità ritiene più adatto alle esigenze della classe”.
Secondo Roberta De Monticelli, professoressa di Filosofia della Persona all’Università Vita Salute-San Raffaele e direttrice del centro di ricerca Persona, “è sbagliato sostituire i valori dello sviluppo della personalità umana a quello dell’impiegabilità. Oggi la scuola ha ancora più bisogno di ieri dei principi fondanti dell’Umanesimo che non è eredità del lontano passato, ma è strettamente legato al presente. Nella scuola delle competenze c’è una drammatica assenza di un principio guida”.

Bussetti sui vaccini: le scuole devono far rispettare l’obbligo

da Il Sole 24 Ore

«Il regime giuridico attuale prevede l’obbligo e le scuole «non potranno che farlo rispettare, fermo restando che il minore non in regola resta iscritto e andrà riammesso al momento della presentazione della documentazione richiesta dalla legge», così il ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca Marco Bussetti, in risposta a una interrogazione (Anna Ascani, Pd) alla Camera sull’ipotesi di rivedere l’obbligo vaccinale quale requisito per l’ammissione a scuola. Il ministro ha però ricordato che è all’esame della XII commissione Igiene e Sanità il Ddl 770 a firma M5S-Lega, che «ha l’obiettivo di introdurre il cosiddetto obbligo flessibile e che punta a una più complessiva salvaguardia della salute pubblica, senza limitarsi alla vaccinazione obbligatoria. Tale Ddl, ove approvato, innoverà profondamente la normativa in materia».

Prevenzione del bullismo, arriva il «bollino blu» per le scuole virtuose

da Il Sole 24 Ore

di Filippo Trifiletti*

Contrastare in maniera efficace il bullismo, o prevenirlo il più possibile, dando maggiori garanzie anzitutto ai ragazzi, alle famiglie e alle stesse scuole. È con questo obiettivo che abbiamo lanciato la prassi di riferimento Uni/PdR 42:2018 “Prevenzione e contrasto del bullismo”, vale a dire una serie di regole che possono aiutare le scuole e le associazioni, frequentate dai minori, a prevenire questo fenomeno.

La prassi è nata dal tavolo di lavoro promosso da Accredia (ente unico nazionale di accreditamento), con il coinvolgimento di Uni (ente di normazione), Fidae (Federazione rappresentativa delle scuole cattoliche italiane), Isre (Istituto internazionale salesiano di ricerca educativa) e Moige (Movimento italiano genitori).

Il fenomeno in Italia
La gravità del fenomeno del bullismo la si può comprendere analizzando i dati forniti dall’Istat, secondo i quali nel nostro Paese ormai un ragazzino su due è vittima di questi episodi. La fascia di età più a rischio è quella tra gli 11 e i 17 anni. Nel 9% dei casi, dice sempre l’Istat, si tratta di episodi che hanno una frequenza settimanale e ad essere più colpite sono le ragazze (21%) rispetto ai ragazzi (19%).

La prassi
Il tavolo di lavoro ha così individuato una serie di criteri e linee guida, raccolti in un “decalogo”. Le strutture che vorranno aderire alla prassi dovranno adottare e rendere pubblico un documento nel quale saranno definite le misure contro il bullismo, illustrando obiettivi, politiche e strategie da seguire. Dovranno, ad esempio, nominare una “Commissione antibullismo” rappresentativa di tutte le parti interessate (docenti, alunni e famiglie) e svolgere periodicamente “audit antibullismo”, sia programmati che a sorpresa.
Questo significherà più tutele per i ragazzi, più garanzie per le famiglie, che per esempio avranno un elemento in più per decidere in quali scuole iscrivere i propri figli, e vantaggi per le stesse strutture, che potranno non solo anche comunicare all’esterno il loro impegno nel contrasto di bullismo e cyberbullismo, ma anche avere una tutela in più in sede legale.

La certificazione accreditata antibullismo
Ma l’aspetto più innovativo è rappresentato dal fatto che una scuola o associazione, laddove dimostri il rispetto dei requisiti della prassi, potrà chiedere e ottenere una “certificazione”, da un organismo accreditato da Accredia, che ne verifica competenza, imparzialità e indipendenza. Si tratta di una novità assoluta e l’Italia è il primo Paese al mondo ad aver avviato un processo di certificazione accreditata per il fenomeno del bullismo.
Anche per questo motivo, Accredia ha provveduto a far tradurre la Prassi anche in inglese, in modo da poterla diffondere anche all’estero.

Già 50 scuole in Italia e anche all’estero
Ad oggi sono oltre 50 le scuole italiane che hanno già aderito alla prassi e molte altre nel mondo stanno manifestando il loro interesse. Cito, ad esempio, l’Albania, dove 60 scuole hanno adottato la prassi, che nei prossimi mesi sarà presentata in America Latina e negli Stati Uniti, in occasione del Congresso internazionale delle scuole cattoliche.

  • Direttore generale di Accredia

Nuova Maturità Ecco cosa cambia

da Corriere della sera

a cura di Gianna Fregonara

Quest’anno l’esame di Maturità sarà diverso, non si sa ancora se più facile o più difficile, più moderno o meno adatto a valutare gli studenti. Intanto, a meno di cento giorni dall’inizio, cominciano a diradarsi i dubbi sui dettagli delle nuove prove. Quelle scritte sono due, quella di italiano lievemente modificata nelle modalità e nei contenuti con l’abolizione del tema storico; la seconda invece sarà mista, cioè su due materie. I ragazzi del classico hanno saputo da poco che comunque la versione sarà di latino, mentre il greco sarà oggetto delle domande di cultura. «È la maturità della riforma della Buona Scuola», ripete il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, che si trova a doverla tenere a battesimo. Vero in parte, perché proprio lui è riuscito in pochi mesi a cambiare in corsa i connotati dell’esame che risponde ora molto di più alla sua visione della Scuola: diventa residuale l’alternanza Scuola-lavoro che doveva essere al centro dell’orale. La sostituisce il sorteggio dell’argomento da cui cominciare il colloquio: ogni studente avrà tre buste da cui estrarre il temuto «spunto». Bussetti ha anche cancellato l’obbligatorietà della prova Invalsi come requisito di accesso all’esame. Per quest’anno la prova si fa, gli esiti verranno consegnati ai ragazzi — compresa la certificazione parziale per l’inglese — e potranno anche essere richiesti nei colloqui di lavoro, ma non faranno in nessun caso parte dell’esame.

In una busta c’è lo «spunto» del colloquio

L’esame di Maturità, che comincia il 19 giugno alle 8.30, con la prova di italiano, prevede quest’anno le simulazioni delle prove per allenare gli studenti a svolgerle e gli insegnanti a correggerle: saranno il 26 marzo (italiano) e il 2 aprile (seconda prova). L’orale presenta la novità più inattesa. Scomparsa la tesina, bocciata dal ministro Bussetti la prova sull’alternanza scuola-lavoro, sarà un’estrazione a sorte a dare inizio alla prova: la commissione d’esame dovrà infatti preparare tante buste quanti sono gli studenti più due, il presidente ne sceglierà tre e il candidato estrarrà di volta in volta la sua: contiene l’argomento da cui cominciare.

Il ritorno dell’educazione civica

Scomparsa o quasi l’alternanza scuola-lavoro (dell’esperienza fatta sul campo si potrà parlare durante l’orale, ma non è un obbligo), entra nel colloquio una nuova disciplina che si chiama «Cittadinanza e Costituzione», insomma l’educazione civica. Poiché non fa parte del curriculum della scuola secondaria con ore dedicate, ma viene svolta di solito nell’ambito di altre discipline, starà al consiglio di classe nel documento che preparerà entro il 15 maggio, e poi alla commissione, prima dell’inizio delle prove, fissare le modalità e i temi da trattare durante l’esame a seconda del programma svolto dalle singole classi.

Cresce il peso dei risultati nel triennio

Il nuovo voto di Maturità — sempre su base 100 — è composto da un massimo di 40 punti accumulati in base ai voti dell’ultimo triennio (erano 25 fino all’anno scorso) e di 60 punti assegnati per le prove d’esame: fino a 20 per ciascuno dei due scritti e per l’orale. Si ottiene la promozione a quota 60. Il voto può essere motivatamente integrato fino a 5 punti, se lo studente ha un credito scolastico di almeno 30 punti e un risultato nell’esame di almeno 50 punti. Per essere ammessi bisogna avere il 6 in tutte le materie, compreso il comportamento. In caso di un’insufficienza, il Consiglio di classe può ammettere lo studente motivando la scelta.

Con il diploma un «patentino europeo»

Le scuole, insieme al diploma di Maturità, rilasciano agli studenti il «Supplemento Europass». Si tratta di un documento standard, riconosciuto in tutti i Paesi dell’Unione europea, riferito a ciascun indirizzo di studio: contiene informazioni sul percorso scolastico dello studente, l’indicazione del livello EQF («European Qualifications Framework») a cui corrisponde il diploma, le competenze generali e d’indirizzo e le attività professionali cui il diplomato potrebbe accedere, nel caso voglia lavorare in un altro Paese. Il Supplemento Europass sostituisce per quest’anno il curriculum dello studente.

Friday for future, sciopero per il clima. Ma Bussetti: andate a scuola

da Corriere della sera

di Antonella De Gregorio

Non il solito sciopero: venerdì 15 marzo la mobilitazione sarà planetaria e vedrà scendere in piazza giovani attivisti di tutto il mondo. A dare il «la» è stata lei, Greta Thunberg, la studentessa svedese sedicenne diventata il simbolo della lotta contro il cambiamento climatico. Greta ogni venerdì salta la scuola per manifestare davanti al parlamento di Stoccolma con in mano un cartello: «Skolstrejk för klimatet» («Sciopero della scuola per il clima»), e chiedere ai potenti della Terra di decidersi a lottare per sconfiggere il «global warming», il riscaldamento globale di cui si parla dagli anni Ottanta. Il 21 febbraio l’intrepida teenager ha parlato dal palco dela Commissione Ue, bacchettando i leader del mondo: «Ci state rubando il futuro», ha detto, chiedendo ai potenti di «raddoppiare gli sforzi» per il clima. Repertorio già sfoggiato al vertice delle Nazioni Unite di Katowice, e al Forum di Davos.

Sciopero senza precedenti

Centinaia di migliaia di studenti delle scuole superiori di tutto il mondo l’hanno presa a modello e le organizzazioni giovanili chiamano ora a uno «sciopero senza precedenti». Venerdì 15 marzo la data stabilita: la protesta diventerà globale, con oltre 957 manifestazioni in 82 nazioni del globo, dalle Hawaii alla nuova Zelanda, dagli Stati Uniti all’Africa e naturalmente in Europa. Solo in Italia sono previsti 109 appuntamenti – marce per lo più, ma anche comizi e raduni di giovani e studenti – in decine di città. E poi 76 in Francia, 141 in Germania, 81 nel Regno Unito: a tenere la contabilità è il sito fridaysforfuture.org. I «venerdì verdi per il futuro» vedranno manifestazioni in Belgio, Australia, Francia, Germania, Irlanda, Uganda, Thailandia, Colombia, Polonia, Regno Unito. In molti Paesi gli studenti hanno già saltato almeno un venerdì di scuola per chiedere ai governi un’azione più incisiva contro il «global warming»: 10mila studenti nel Regno Unito, per dire, in febbraio; 12mila in Belgio: tutti uniti alle proteste di Greta, che in Svezia è stata eletta «donna dell’anno».

Il movimento

«Smetterò quando la Svezia avrà attuato gli accordi di Parigi», ha sempre dichiarato la coraggiosa adolescente. Che già dal 2015 ha deciso di non prendere aerei, ed è diventata vegana, spingendo i suoi a fare lo stesso. Si parla di Greta sui giornali e sul web e la ragazzina viene invitata a partecipare a importanti eventi internazionali, come la Conferenza mondiale sul clima a Katowice, in Polonia e al World Economics Forum, a Davos. Thunberg ha quasi 250mila follower su Twitter e su Facebook i suoi post raccolgono decine di migliaia di «like». Le iniziative del movimento, seguendo gli hashtag #FridaysForFuture e # SchoolStrike4Climate, mostrano volti sorridenti e determinati. Protagonisti. Gli abitanti del Pianeta di domani.

«A scuola regolarmente»

Ma sull’accoglienza dell’iniziativa restano differenze tra i Paesi: in Scozia migliaia di studenti sono stati autorizzati a saltare la scuola, venerdì, per prendere parte allo sciopero ambientalista; dall’Italia invece arriva un alt: «Si andrà a scuola regolarmente», ha spiegato il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti.

Coding sarà obbligatorio nelle scuole d’Infanzia e Primaria, accolta mozione Aprea

da Orizzontescuola

di redazione

Entro il 2022 nella scuola dell’infanzia e nel primo ciclo di istruzione dovrà diventare obbligatorio lo studio del pensiero computazionale e del Coding, in coerenza con le indicazioni nazionali per il curricolo

“Esprimo grande soddisfazione per l’approvazione, avvenuta all’unanimità  nella seduta di ieri martedi 12 marzo u.s, da parte del Governo e della Camera  dei Deputati della Mozione n. 1-00117, a mia prima firma, che impegna il Governo ad adottare iniziative per introdurre progressivamente e gradualmente, entro il 2022, nella scuola dell’infanzia e nel primo ciclo di istruzione lo studio del pensiero computazionale e del Coding nell’ambito del curricolo digitale obbligatorio, in coerenza con le indicazioni nazionali per il curricolo”.

Dichiara così l’On. Aprea (capogruppo F.I.) della Commissione Cultura) e continua “Governare con scelte pubbliche le trasformazioni della quarta rivoluzione industriale con tempestività e lungimiranza richiede, prima di tutto, l’introduzione dell’insegnamento del Coding sin dalla scuola dell’infanzia e primaria per favorire la formazione del pensiero computazionale, la creatività digitale, e più generalmente, la cittadinanza digitale. Intelligenza artificiale, robotica e biotecnologia, costituiscono i nuovi campi da sviluppare per favorire una nuova era del lavoro, migliorare anziché sostituire le condizioni e le opportunità del lavoro. Per questo, il Coding, la programmazione informatica, deve essere considerata come la quarta abilità di base per le nuove generazioni di studenti, insieme al leggere, allo scrivere e al far di conto”. Sempre, l’On. Aprea, aggiunge:

“L’Italia presenta un elevato indice di rischio di cambiamento pari al 35,5 per cento dei lavori attuali, al di sopra della media internazionale. Se ignoriamo queste trasformazioni e non interveniamo per alfabetizzare le nuove generazioni ai linguaggi delle nuove tecnologie si allargheranno le lacune di competenze, si creeranno nuovi e maggiori diseguaglianze e polarizzazioni.

A noi decisori politici, a noi più che ad altri, spetta avere visione, assumere scelte, avere atteggiamenti non ispirati da quelle reazioni istintive di fronte alle tecnologie che sottovalutano il fatto che stiamo nel mezzo di una rivoluzione tecnologica, in cui l’innovazione e la scienza offrono opportunità mai viste prima. Abbiamo poco tempo davanti a noi, da qualche anno abbiamo solo centennials nelle classi (alunni che non hanno conosciuto il mondo senza internet), che sono nativi digitali e che hanno diritto ad avere anche una didattica digitale,  fin dalla scuola dell’infanzia. Per raggiungere entro il 2022 questo obiettivo abbiamo chiesto al Governo di rispettare i seguenti impegni:

– a considerare lo studio del « coding» e la dotazione nelle classi degli strumenti tecnologici a tal fine necessari come nuovi aspetti degli ambienti per l’apprendimento in sostituzione degli arredi tradizionali, quali le lavagne di ardesia e la tradizionale organizzazione degli spazi con banchi e sedie non modulabili;

– a valutare, di conseguenza, la dotazione di strumenti hardware avanzati quali componente essenziale dei nuovi ambienti di apprendimento;

– ad adottare misure affinché gli edifici scolastici di nuova costruzione siano predisposti per facilitare la diffusione del coding a scuola;

– ad adottare iniziative per prevedere, a partire già dall’anno scolastico in corso, percorsi di formazione per il personale docente delle scuole dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, al fine di sensibilizzarlo alle nuove metodologie didattiche digitali attraverso cui veicolare gli apprendimenti e raggiungere gli obiettivi delle indicazioni nazionali;

–  a promuovere e favorire iniziative volte all’alfabetizzazione e allo sviluppo dell’apprendimento del « coding» nelle scuole secondarie di primo e secondo grado”.

Testo della mozione

Mobilità 2019/20: 40% posti ai trasferimenti, 10% ai passaggi

da Orizzontescuola

di redazione

Il personale docente, com’è noto, è attualmente impegnato nella presentazione delle domande di mobilità, dopo la pubblicazione dell’annuale ordinanza ministeriale.

Mobilità 2019, Miur pubblica Ordinanza. Date domande, abolita chiamata diretta, quando i risultati

Su sollecitazione dei nostri lettori vediamo le percentuali destinate alla mobilità territoriale e professionale, ricordando dapprima le date di presentazione delle domande e quelle di pubblicazione dei movimenti del personale docente, educativo, ATA, dei Licei Musicali e degli insegnanti di religione cattolica.

Mobilità 2019/20: date presentazione domande e pubblicazione movimenti

Queste le date di presentazione delle domande:

  • personale docente: 11 marzo-5 aprile 2019
  • personale educativo: 3-28 maggio 2019
  • personale ATA:  1-26 aprile 2019
  • personale Licei Musicali: 12 marzo-5 aprile 2019
  • insegnanti di religione cattolica: 12 aprile-15 maggio 2019

Queste le date di pubblicazione dei movimenti:

  • docenti: 20 giugno 2019 (per tutti i gradi di istruzione)
  • personale Licei Musicali:

 – 13 maggio 2019 movimenti ai sensi dei commi 3 e 5 dell’art. 5 del CCNI
– 16 maggio 2019  movimenti ai sensi del comma 7 dell’art. 5 del CCNI
– 20maggio 2019 movimenti ai sensi del comma 8 e 9  dell’art. 5 del CCNI
– 23 maggio 2019 movimenti ai sensi del comma 10 dell’art. 5 del CCNI

  • personale educativo:  10 luglio 2019
  • personale ATA: 1° luglio 2019

Mobilità: percentuali trasferimenti e passaggi di ruolo/cattedra

Premettiamo che i posti vacanti e disponibili sono utili per la mobilità e le immissioni in ruolo:

  • 50% alle immissioni in ruolo;
  • 50% alla mobilità.

Il 50% destinato alla mobilità va, a sua volta, suddiviso tra mobilità territoriale (trasferimenti) e professionale (passaggi di cattedra/ruolo).

Per il 2019/22, come stabilito dal CCNI, le percentuali saranno le seguenti:

  • 2019-20: 40 % ai trasferimenti interprovinciali e 10% ai passaggi
  • 2020-21: 30% ai trasferimenti interprovinciali e 20% ai passaggi;
  • 2021/22: 25% ai trasferimenti interprovinciali e 25% ai passaggi.

TFS, Inps: simulazione online importo liquidazione spettante

da Orizzontescuola

di redazione

L’Inps ha pubblicato il messaggio n. 1038 del 13 marzo 2019, avento per oggetto “Istanze telematiche per la “Quantificazione” e la “Simulazione” del TFS: rilascio nuova versione”.

TFS: servizio online

L’istituto di previdenza comunica che è disponibile online l’applicativo per la “Quantificazione” e la “Simulazione” del Trattamento di Fine Servizio (TFS) dei dipendenti pubblici.

TFS: Quantificazione e Simulazione

L’Inps illustra la differenza tra la funzione  “Quantificazione” e quella “Simulazione”:

  • “Quantificazione”: tale funzione certifica il calcolo del TFS maturato alla data di cessazione dal servizio allo scopo di consentire la cessione, in parte o in tutto, dell’importo del TFS ad un cessionario.
  • “Simulazione”: tale funzione fornisce un calcolo puramente indicativo, non ha alcun valore di certificazione  e non costituisce per l’Istituto alcun impegno ai fini dell’erogazione di una eventuale prestazione.

TFS Quantificazione e Simulazione: come accedere al servizio

Al servizio, disponibile nel sito dell’Istituto, si può accedere solo se si è in possesso del PIN dispositivo, della Carta Nazionale dei Servizi (CNS) o del Sistema Pubblico Identità Digitale (SPID), oppure tramite l’intermediazione dei Patronati.

Il Messaggio

Vaccini, Bussetti: bambini non in regola esclusi, riammessi con documentazione

da Orizzontescuola

di redazione

Il Ministro Bussetti, nel corso del question time alla Camera, è intervenuto sull’obbligo vaccinale.

Vaccini: obbligo va rispettato

Bussetti ha affermato che i bambini della scuola dell’infanzia e degli asili nido, qualora non in regola con l’obbligo vaccinale, non possono frequentare. Le scuole – ha proseguito  il Ministro – non possono che far rispettare la legge.

Vaccini, da oggi sanzioni per mancata presentazione della prevista documentazione

Vaccini: bambini riammessi a scuola

I bambini resteranno comunque iscritti e saranno riammessi nel momento in cui i genitori avranno presentato la prevista documentazione.

Vaccini: DDL sull’obbligo flessibile

Bussetti, infine, ha informato del DDL sull’obbligo flessibile già depositato e al vaglio della competente commissione.

Abbiamo parlato del disegno di legge in Vaccini, cosa potrebbe cambiare: obbligo flessibile e abolizione divieto frequenza

Esami secondaria II grado, nomina docenti esterni a partire dal comune di servizio o residenza

da Orizzontescuola

di redazione

Quasi tutto pronto per gli Esami di Stato della secondaria di II grado. Pubblicato il decreto per la formazione delle commissioni e la nomina dei presidenti e dei commissari esterni, mancano ancora le indicazioni per la presentazione della domanda.

Il decreto

Già nel mese di gennaio il Miur ha pubblicato il decreto in cui indica le discipline affidate ai commissari esterni delle commissioni d’esame di Stato secondaria II grado a.s. 2018/19.

I Consigli di classe hanno già scelto o comunque stanno scegliendo i commissari interni, per cui ogni docente sa se è obbligato o meno la domanda per la partecipazione agli Esami di Stato per l’a.s. 2019/20. Materie commissari esterni

Retribuzione commissari e Presidente

Di tutto si è parlato a proposito dei nuovi Esami di Stato, ma a livello di informazione generalista non viene mai messo in rilievo il fatto che il compenso è fermo ad un decreto del 2007, ormai non adeguato al lavoro che si richiede alla Commissione durante l’espletamento dell’Esame.

Quali docenti sono obbligati a presentare la domanda

I commissari esterni sono assegnati, in ordine di priorità discendente:
a) nell’ambito del comune di servizio o residenza, secondo la preferenza espressa;
b) nel comune di servizio o residenza, d’ufficio;
c) nell’ ambito della provincia di servizio o residenza, secondo la preferenza espressa;
d) nella provincia di servizio o residenza, d’ufficio;
e) eccezionalmente in ambito regionale, d’ufficio, nel rispetto dell’ ordine di priorità di cui all’articolo 6, ove residuino nomine da disporre.
2. Per eventuali sedi residue si effettuano le nomine nell’ambito delle categorie del personale di cui all’articolo 6, comma 2, secondo la procedura di cui al comma 1.
3. In caso eccezionale, il dirigente preposto all’Ufficio scolastico regionale competente può disporre nomine anche in ambito interregionale, previo accordo con il dirigente preposto all’Ufficio scolastico regionale di provenienza.
4. Relativamente alle fasi di nomina d’ufficio, nell’ambito della provincia, l’ordine di assegnazione è quello di cui alla tabella di viciniorietà utilizzata per i trasferimenti del personale della scuola tra comuni della provincia, a partire dal· Comune di servizio o di residenza. Ove si renda necessario procedere alla nomina fuori dalla provincia, l’assegnazione alle sedi della regione è disposta secondo l’ordine di vicinanza tra le province della regione, a partire dalla provincia limitrofa a quella cui appartiene il comune di servizio o di residenza.

Regionalizzazione scuola: secondo il Manifesto dei 500 va rivista la riforma costituzionale del 2001

da La Tecnica della Scuola

Di Reginaldo Palermo

Sulla questione della regionalizzazione, in attesa che i sindacati del comparto scuola fissino la data del sempre più probabile sciopero nazionale,  si stanno moltiplicando le prese di posizioni di organizzazioni e associazioni professionali.
Di particolare interesse appare il documento “Divide et impera. 20 domande e 20 risposte su Autonomia/Regionalizzazione” del “Manifesto dei 500”.
Il documento è articolato appunto in domande e risposte che, nel loro insieme, tracciano un quadro esaustivo dell’operazione prevista dalle regioni Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna.
In controtendenza con la posizione assunta da molti altri soggetti, il Manifesto dei 500 propone una lettura diversa del progetto che è stato finora definito per lo più come “incostituzionale”

Il nodo della Riforma del Titolo V

“Ma la Costituzione – si legge infatti nella domanda n. 16 – permette tutto questo?”

La risposta del Manifesto dei 500 è chiara: “La ‘riforma’ del Titolo V introduce la ‘sussidiarietà orizzontale e verticale’ (art. 118). Il principio di sussidiarietà ‘verticale’ afferma che un determinato servizio o compito deve essere svolto prioritariamente da un ente ‘inferiore’ (Comune o Regione) rispetto a quello  ‘superiore’ (Stato). Il principio di sussidiarietà ‘orizzontale’ aggiunge che  quel servizio deve essere svolto prioritariamente da un privato rispetto al pubblico. Di fatto, questa ‘riforma’ apre la strada alla privatizzazione  completa dei servizi pubblici e/o al loro ‘decentramento’. Come si può vedere, la ‘riforma’ della Costituzione non solo ‘permette’, ma incita  questo processo distruttivo”.

A questo punto la domanda finale (la n. 20) è pressoché obbligatoria: “Quindi anche la ‘riforma’ del Titolo V va rimessa in causa?”

“Nell’immediato – rispondono i docenti del Manifesto – è certamente necessario unirsi per il NO a qualunque ipotesi di autonomia/regionalizzazione attualmente presentata. Ma se l’autonomia, le privatizzazioni, la concorrenza sono spinte o anche solo permesse da questa ‘riforma’ – e di fatto è così – non è forse la ‘riforma’ stessa del 2001 che va abrogata? Altrimenti il problema, prima o poi, si riproporrà. E per aprire la porta all’abrogazione è necessario una mobilitazione unita dal nord al sud del Paese!”

Edilizia scolastica, 50 milioni agli Enti Locali per gli interventi

da La Tecnica della Scuola

Di Redazione

È disponibile sul sito del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, l’Avviso pubblico che mette a disposizione di Comuni e Province da 50 milioni di euro per finanziare la progettazione di interventi di messa in sicurezza e di adeguamento sismico delle scuole.

“Si tratta di risorse attese e da tempo richieste dagli Enti territoriali – sottolinea il Ministro Marco Bussetti – che spesso non hanno i fondi necessari per la fase di progettazione che è essenziale per l’avvio poi effettivo delle opere. L’avviso che pubblichiamo è la dimostrazione che sull’edilizia stiamo agendo con tempestività e con la giusta determinazione per garantire la sicurezza dei nostri studenti e a chi lavora nella scuola. Mettiamo a disposizione degli Enti Locali 50 milioni per progettare in fretta gli interventi che si rendono necessari. Dimostriamo ancora una volta la forte attenzione del Governo rispetto all’edilizia scolastica. Un impegno concreto che avevamo assunto già in sede di Conferenza Unificata lo scorso 6 settembre”.

Per gli Enti Locali beneficiari c’è tempo fino al 18 aprile 2019 per candidarsi e chiedere contributi per la progettazione e possono richiedere subito, all’atto del finanziamento, l’anticipazione del 20%.

I criteri di valutazione delle candidature sono, in particolare, la vetustà degli edifici adibiti a uso scolastico, la sismicità della zona in cui sono situati gli edifici, la mancanza dell’agibilità, eventuali provvedimenti o ordinanze di chiusura degli edifici ed eventuali quote di cofinanziamento.