Festival Educazione alla Sostenibilità

Riparte il Festival Educazione alla Sostenibilità, nato nel 2017, con l’obiettivo di aumentare tra i giovani la conoscenza e l’impatto positivo dell’Agenda 2030 nelle nostre vite.
Anche quest’anno più di 2000 studenti saranno coinvolti in progetti didattici sul tema dello sviluppo sostenibile e daranno vita un documento che verrà poi presentato alle istituzioni del nuovo Parlamento Europeo.

Il Festival è organizzato da Earth Day Italia in occasione delle celebrazioni della Giornata Mondiale della Terra del 22 aprile e farà parte degli eventi principali del Villaggio per la Terra 2019, manifestazione che si svolgerà a Villa Borghese dal 25 al 29 aprile”.

Questo appuntamento nasce dalla collaborazione tra Earth Day e Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca in base al protocollo “Realizzazione di iniziative volte a promuovere le celebrazioni italiane dell’Earth Day” e prevede tre eventi nel corso del mese di aprile. Il primo è riservato agli educatori e si svolgerà alla Link Campus University di Roma. Successivamente, il 26 e il 29 aprile, scolari, istitutori, educatori e studenti converranno al Villaggio per la Terra per condividere progetti orientati alla sostenibilità e ai 17 Obiettivi dell’Agenda 2030, organizzando eventi ad hoc, confrontandosi con testimoni autorevoli e coetanei.

Il Festival rappresenta l’occasione per educatori e studenti delle scuole di ogni ordine e grado di dialogare e confrontarsi, e rendersi protagonisti portando alla luce le proprie esperienze formative. Ragazzi e bambini rifletteranno sui temi dell’Agenda, dai principali problemi del nostro tempo (inquinamento, fame, disuguaglianze, guerre, diritti civili negati, crisi economiche, cambiamenti climatici) e delle soluzioni da adottare, promuovendo l’educazione alla sostenibilità ambientale e sociale.

In concreto, le scuole di ogni ordine e grado avranno l’occasione di essere coinvolti attivamente in iniziative dedicate, presentando i loro progetti didattici e partecipando ad approfondimenti, laboratori, mostre, performance artistiche ecc. Gli studenti delle secondarie di secondo grado sono inoltre invitati a partecipare agli Stati Generali dell’Ambiente Giovani: l’assemblea propositiva lavorerà durante le tre date del Festival a un documento che verrà poi presentato alle istituzioni del nuovo Parlamento Europeo dopo le elezioni continentali del maggio 2019.
Agli scolari delle scuole dell’infanzia, della primaria e della secondaria di primo grado è riservata la la quinta edizione del Contest #IoCiTengo, la cui premiazione avverrà al Villaggio per la Terra, per progetti realizzati e legati all’Agenda 2030.

Gli eventi del Festival
12 aprile 2019 – Incontro per educatori e formatori
“Educhiamoci alla Sostenibilità – Metodi e storie”
Convegno alla Link Campus University
Dettagli e programma: https://goo.gl/QxNfVn

26 aprile 2019 – Incontro per universitari e ricercatori
“Educhiamoci alla Sostenibilità – Community engagement e service learning”
Workshop interuniversitario al Villaggio per la Terra, Galoppatoio di Villa Borghese, Roma

29 aprile 2019 – Incontri per studenti dalla materna alla secondaria di 2 grado
Eventi organizzati dai ragazzi e Stati Generali dell’Ambiente dei giovani
Villaggio per la Terra, Galoppatoio di Villa Borghese, Roma

Tutte le attività del Festival Educazione alla Sostenibilità e del Villaggio per la Terra sono gratuite ed aperte alla partecipazione di tutti.

Il Festival Educazione alla Sostenibilità è promosso da Earth Day Italia, in collaborazione con: MIUR, MATTM, Movimento dei Focolari, Scholas Occurrentes, Alta Scuola per l’Ambiente, Link Campus University, FIDAE Federazione Istituti Attività Educative, WEEC World Enviromentale Education Congress Italia, IASS Italian Association for Sustainability Science, Legambiente Scuola e Formazione, Giornalisti nell’Erba, SYDIC System Dynamics Italian Chapter, UN Network, Next Nuova Economia per Tutti, Urban Experience, Fondazione L’Albero della vita.

Venerdì 12 aprile 2019 – Link Campus University, Roma

“Educhiamoci alla Sostenibilità – Metodi e storie”

Venerdì 12 aprile 2019, l’Università degli studi Link Campus University ed Earth Day Italia organizzano il convegno “Educhiamoci alla sostenibilità- metodi e storie” che vedrà la partecipazione di docenti, ricercatori ed operatori della formazione e che avrà luogo presso la sede dell’Università in Via del Casale di San Pio V, 44, Roma.

Tra i temi al centro della giornata, lo sviluppo di competenze adatte a raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030, i nuovi modi per coniugare pedagogia ed attivismo e determinare cambiamento.
Il convegno, inoltre, approfondirà forme innovative di educazione alla sostenibilità, portando ad esempio casi italiani ed internazionali alla presenza di una rete attiva di educatori sul territorio: Scholas Occurrentes, Alta Scuola per l’Ambiente, CNESA2030 Comitato Nazionale Unesco per l’Educazione Alla Sostenibilità – Agenda2030, SNPA Sistema Nazionale di Protezione Ambientale, FIDAE Federazione Istituti Attività Educative, Giornalisti nell’Erba, Rete WEEC World Enviromental Education Congress Italia, IASS Italian Association for Sustainability Science, Legambiente Scuola e Formazione.

Questa sarà la prima tappa del Festival dell’Educazione alla Sostenibilità – organizzato da Earth Day Italia in collaborazione con MIUR e MATTM – che approderà poi al Villaggio per la Terra il 26 e 29 aprile, coinvolgendo attivamente studenti, universitari, ricercatori (vedi: www.villaggioperlaterra.it/scuole).

La Link Campus University (https://www.unilink.it/) è co-organizzatrice dell’evento e – con i centri di ricerca Innovation4Earth e DASIC Digital Administration and Social Innovation Center – contribuirà con due esperienze di ricerca, di innovazione sociale e tecnologica e con l’innovativo laboratorio di systems thinking, realizzato con la SYdic System Dynamics Italian Chapter. Il Convegno ospiterà l’incontro nazionale coordinato dalla Rete WEEC Italia: “Alimentare la rete – gli educatori ambientali come comunità di pratica”, in vista del Congresso Mondiale di Educazione Ambientale (Bangkok 3 – 7 novembre 2019) ed il primo incontro degli Stati Generali dell’Ambiente dei Giovani, una iniziativa di ragazzi che elaboreranno un appello al Parlamento Europeo per contrastare i cambiamenti climatici: i risultati del confronto saranno presentati al Villaggio per la Terra il 29 aprile 2019 e gli educatori avranno l’opportunità di partecipare, osservando i lavori.

Per informazioni sul Festival al Villaggio per la Terra: www.villaggioperlaterra.ir/scuole
Earth Day Italia – tel. 06.70307240, scuole@earthdayitalia.org

Earth Day Italia è la sede italiana ed europea dell’Earth Day Network di Washington, l’ONG internazionale che promuove la Giornata Mondiale della Terra delle Nazioni Unite. Nato nel 1970 l’Earth Day coinvolge ogni anno oltre un miliardo di persone grazie all’opera degli oltre 22 mila partner in oltre 190 paesi del mondo configurandosi così come l’evento di sensibilizzazione alla tutela del Pianeta più impattante al mondo.

Il Villaggio per la Terra è il format ideato da Earth Day Italia per la promozione di una sensibilità civile ed ambientale nel contesto delle celebrazioni nazionali dell’Earth Day. L’edizione 2019 celebrerà la data del 22 aprile (Giornata Mondiale della Terra) con il Concerto per la Terra sulla Terrazza del Pincio, e poi dal 25 al 29 aprile nella doppia location della Terrazza del Pincio e del Galoppatoio di Villa Borghese. Il Villaggio per la Terra è l’evento principale dell’impegno italiano per le celebrazioni dell’Earth Day. Giornate indimenticabili tra ambiente, sport, spettacolo e cultura con un programma fitto di eventi e celebrazioni, incontri istituzionali, forum a tema, corsi, spettacoli con big della musica, federazioni sportive, un parco della biodiversità e un villaggio dedicato ai più piccoli con laboratori ludici e didattici.

Abilitati in Romania: Avviso n.5636/2019

Abilitati in Romania: l’avviso n.5636/2019 di rigetto del MIUR è illegittimo nella parte in cui non riconosce alcun valore al titolo conseguito all’estero in violazione di principi comunitari e giurisprudenziali espressi dalla Corte di Giustizia Europea.

Avv. Maurizio Danza
Prof. Diritto del Lavoro “Università Mercatorum” Roma.

Desta notevoli perplessità l’avviso n.5636 del 2 aprile 2019 emanato dal Direttore Generaleper gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione del MIURDott.ssa Palermo, in riferimento alla validità delle abilitazioni all’insegnamento conseguite in Romania da numerosissimi laureati italiani, secondo cui“ le istanze di riconoscimento presentate sulla base dei certificati di conseguimento della formazione psicopedagogica sono da considerarsi rigettate”.

E’ di tutta evidenza come il MIUR fondi le sue conclusioni in primo luogo su una nota a firma del Segretario di stato rumeno per l’educazione nazionale e la ricerca scientifica non meglio precisata intervenuta a conclusione della interlocuzione istituzionale tra i due dicasteri ; secondo il MIUR ” tale nota chiarisce in maniera definitiva che il possesso del certificato di conseguimento della formazione psicopedagogica costituisce condizione necessaria ma non sufficiente al fine di ottenere la qualifica professionale di docente in Romania..”, concludendo che ”E’ pertanto evidente che la formazione svolta dai cittadini italiani non è riconosciuta dalla competente autorità rumena…e di conseguenza non può essere riconosciuta dal MIUR”.

Inoltre tale rigetto secondo il MIUR è avvalorato da una prima nota del  CIMEA  che  ”a seguito di esplicita richiesta del MIUR del 11 maggio 2018, ha chiarito che la qualifica attestata dal Ministero rumeno agli italiani all’esito di apposito corso di formazione psicopedagogica advenita”, è condizione necessaria ma non sufficiente ai fini dell’esercizio della professione di insegnante” ; lo stesso CIMEA sulla base di  ulteriore documentazione prodotta dal Ministero Rumeno e a seguito del quesito della Direzione, in una successiva nota del 7 gennaio 2019,” ribadendo quanto già affermato in precedenza, ha confermato che per il rilascio dell’attestato di conformità le autorità rumene tengono altresì conto del luogo dello svolgimento degli studi e della formazione, ossia se gli studi e la formazione siano compiuti in Romania.

Orbene, in primo luogo non si può non rilevare la palese contraddittorietà ed illegittimità dell’ avviso a cui in premessa viene attribuito la esclusiva finalità di “ fornire chiarimenti e di informazioni “ – ai cittadini italiani che hanno concluso i percorsi in Romania-, mentre nelle conclusioni, reca illegittimamente la classica formula stereotipa di “ un rigetto delle istanze di riconoscimento presentate” : tutto ciò, in assenza di specifiche motivazioni  riferite alle “singole istanze” mai esaminate dal MIUR in palese violazione delle norme sul procedimento, della Dir. europea n.36/2005,nonchè dei principi giurisprudenziali espressi dalla Corte di Giustizia Europea.

Ed infatti, a ben vedere, quanto alle norme di diritto interno il MIUR nell’avviso , non ha tenuto in alcuna considerazione del principio dell’accesso parziale disciplinato dal combinato disposto dell’art. 1 bis del D.lgs.n.206/2007 di attuazione della Direttiva 2005/36/CE secondo cui Il presente decreto disciplina, altresi’, il riconoscimento delle qualifiche professionali gia’ acquisite in uno o piu’ Stati membri dell’Unione europea e che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitare nello Stato membro di origine la professione corrispondente, ai fini dell’accesso parziale ad una professione regolamentata sul territorio nazionale, nonche’ i criteri relativi al riconoscimento dei tirocini professionali effettuati da cittadini italiani in un altro Stato membro”, e dal successivo art. 5 septies co.1 del medesimo  D.lgs.n.206/2007 .

A tal proposito ed in riferimento alle vicende che riguardano gli abilitati in Romania, non si può non sottolineare la violazione e omessa applicazione di tale principio da parte del MIURche illegittimamente, in riferimento alle istanze presentate, come si legge dall’avviso n.5636 del 2 aprile 2019 non ha mai disposto un accertamento finalizzato alla verifica di quei “requisiti minimi” tali da garantire così l’ “espletamento minimo della funzione docente “, che nel caso di specie avrebbe potuto condurre ad esempio alla ammissione alla II° fascia aggiuntiva nelle graduatorie di istituto, salvaguardando così anche nell’ordinamento scolastico, il diritto alla libertà di circolazione previsto dall’art.45 del trattato fondativo dell’Unione Europea .  

Eppure tali principi risalgono alla pronuncia della Corte di Giustizia Europea a far data dalla nota sentenza “ Morgenbesser” del 13 novembre 2003 C-313/2001 (cfr. anche sentenza CGE 15 ottobre 1987 causa n 222/86 Heylens e a ; 7 maggio 1991 C-340/89 Vlassopoulou ; 7 maggio 1992 C -104/91 Aguirre Borrell.), secondo cui uno stato membro a cui si rivolge un cittadino di altro paese che intende svolgere una professione regolamentata, “deve disporre una valutazione del titolo “in bonam partem”, cioè finalizzata in via di principio alla “salvezza degli effetti della qualifica conseguita in un altro paese” , anche quando essa non soddisfi pienamente, ma solo parzialmente, i requisiti fissati in quella legislazione : ciò alfine di garantire il diritto alla libertà di circolazione previsto dall’art.45 del trattato fondativo dell’Unione Europea !

Sorprende dunque, che il MIUR, nel “rigettare le richieste”, si limiti a menzionare con palese difetto di istruttoria, esclusivamente i parere del CIMEA, ma non la CHAP (2018) 02090 del 22 gennaio 2019 della stessa COMMISSIONE EUROPEA, “Direzione generale mercato interno, industria, imprenditoria e PMI, Modernizzazione del mercato unico, Qualifiche e competenze professionali, a firma del Commissario Martin Frohn che, nell’esaminare una richiesta di una abilitata italiana in Romania in riferimento ad “ un caso di richiesta di infrazione dell’Italia per non aver riconosciuto la abilitazione conseguita in Romania”, ha applicato “il principio della salvezza degli effetti parziali della abilitazione all’insegnamento conseguita da laureati italiani in Romania,” richiamando proprio la giurisprudenza comunitaria qui menzionando, affermando altresì che “anche nel caso di difetto di tutti i requisiti per la professione docente in capo al soggetto il tirocinio, occorre garantire l’accesso ai percorsi FIT”.

Progetti Pon, i presidi: super lavoro per le segreterie, si scoraggia l’adesione

da Il Sole 24 Ore

di Al. Tr.

Un «numero esorbitante» di documenti da caricare nel sistema informativo per la gestione dei progetti Pon . Che costringe le segreterie scolastiche a un surplus di lavoro, «pretendendo anche in questo caso le scuole sopperiscano alla inefficienza delle piattaforme telematiche Gpu e Sif che non sono intercomunicanti». È l’allarme lanciato dall’Anp, l’Associazione nazionale presidi, dopo che nei giorni scorsi il Miur ha inviato una nota con cui invita le scuole assegnatarie di fondi Pon a verificare il corretto inserimento on line di una lunga lista di documenti, integrando le eventuali mancanze entro il termine di 10 giorni. I presidi chiedono l’intervento del ministero per migliorare una gestione che «scoraggia l’adesione» al Pon.

La nota
La comunicazione del Miur si riferisce a diversi avvisi del Pon 2014-2020: il bando per i laboratori didattici innovativi, quello per i laboratori dei licei musicali, coreutici e sportivi, per le scuole polo in ospedale, ambienti digitali per i Cpia (i centri per l’educazione degli adulti) e per ambienti digitali Lan-Wlan. La richiesta dei documenti è motivata dal Miur con la necessità di una «corretta, tempestiva ed efficace azione di controllo sui progetti » relativi agli avvisi.

Anp: gestione farraginosa, il Miur intervenga
«Assistiamo a continue e ridondanti richieste di caricamento di dati e documenti e la cosa ha assunto il carattere di una vera e propria vessazione nei confronti delle segreterie scolastiche», dichiara il presidente nazionale Anp, Antonello Giannelli. «Va sottolineato, peraltro – aggiunge Giannelli – che qui si parla di scuole fortemente impegnate nel miglioramento e nella innovazione grazie ai finanziamenti europei e i cui progetti sono già stati sottoposti a numerosi controlli amministrativo-contabili. Una gestione così farraginosa scoraggia l’adesione ai Pon e, pertanto, chiedo che il Miur intervenga per migliorare l’efficacia dell’Autorità di Gestione che di fatto, anziché supportare le scuole, rende loro impossibile l’utilizzazione di quei fondi».


Ripartite le risorse per i progetti di ricerca-azione alle reti di istituzioni scolastiche

da Il Sole 24 Ore

di Amedeo Di Filippo

Pubblicato il decreto 320 del 19 marzo con cui la Direzione generale per gli ordinamenti scolastici del Miur ripartisce le risorse destinate alla realizzazione di progetti di ricerca-azione per reti di istituzioni scolastiche statali del primo ciclo.

Il riparto
Ammontano a 400mila euro le risorse destinate alla realizzazione dei progetti di ricerca-azione previste dal decreto direttoriale 320, che attua l’articolo 13 del Dm 721/2018, che a sua volta ha disciplinato i criteri e i parametri per l’assegnazione del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche, il cui articolo 13 individua le risorse per la realizzazione di progetti di ricerca-azione da parte di reti di istituzioni scolastiche statali del primo ciclo, che comprendano sezioni di scuola dell’infanzia, per la sperimentazione di attività per la costruzione di ambienti di apprendimento e ne prevede la ripartizione tra gli Usr.
Il comma 3 dell’articolo 13 affida alla Direzione generale per gli ordinamenti scolastici l’onere di individuare il riparto delle risorse, su base regionale, in ragione del numero di bambine e bambini iscritti alle scuole dell’infanzia statali e a definire le finalità attese, i requisiti e le caratteristiche specifiche richiesti per le candidature da inserire negli avvisi regionali emanati da ciascun Usr.

Risorse e obiettivi
In attuazione del comma 3, la direzione di Viale Trastevere emana il decreto 320, con cui ripartisce su base regionale i 400mila euro. Il finanziamento di ciascuna rete di scuole non può superare il valore di 5 mila euro ed è assegnato alla scuola capofila. Questi gli obiettivi generali:
1) realizzare percorsi di ricerca-azione in merito ad una delle tematiche ivi indicate;
2) progettare azioni coerenti con le Indicazioni nazionali per il primo ciclo di istruzione;
3) attivare forme di confronto e collaborazione con gli staff regionali per le Indicazioni e col relativo Comitato scientifico nazionale;
4) promuovere azioni di monitoraggio, valutazione e documentazione degli esiti e dei materiali di ricerca prodotti nell’ambito delle azioni realizzate.

Sono ammissibili i costi relativi a spese per coordinamento e progettazione, segreteria e gestione amministrativa, spostamenti e organizzazione di seminari nazionali e regionali, attrezzature, materiali, forniture e beni di consumo, attività previste dal progetto per personale interno ed esterno.

Le procedure
Spetta ai singoli Usr emanare appositi avvisi finalizzati ad acquisire le candidature delle reti di istituzioni scolastiche e valutarle per mezzo di una apposita commissione composta da personale in servizio. Le candidature sono presentate attraverso la piattaforma www.monitor440scuola.it e la valutazione prevede un punteggio correlato al raggiungimento degli obiettivi, alla efficacia nella gestione di precedenti progetti, alla qualità e fruibilità dei materiali che verranno prodotti nel corso delle iniziative. L’elenco dei progetti approvati deve essere inviato al Miur entro il 20 giugno.

I progetti finanziati devono svilupparsi nel corso degli anni scolastici 2018/2019 e 2019/2020 sino al termine delle attività didattiche. Spetta alle istituzioni scolastiche partecipare alle azioni di monitoraggio e rendicontazione finanziaria, con l’obbligo di inserire entro il 16 marzo 2020 le informazioni nella piattaforma. Gli Usr sono invece impegnati a supportare le attività di monitoraggio e verificare, nelle modalità autonomamente stabilite, la realizzazione delle attività previste nel progetto, predisponendo una relazione conclusiva sull’andamento e sulle ricadute delle progettualità da trasmettere al Miur entro il 15 luglio dello stesso anno.

Via al bonus baby sitter, ma in pista sconti più alti per l’asilo nido

da Il Sole 24 Ore

di Andrea Gagliardi e Claudio Tucci

Le mamme lavoratrici non potranno più chiedere il beneficio per il servizio di baby sitting a fronte della rinuncia al congedo parentale: la legge di bilancio per il 2019, infatti, non ha prorogato la misura in vigore dal 2013, puntando sul rafforzamento di altre agevolazioni. La misura “cassata”dal governo giallo-verde consentiva alle mamme di “scambiare” il congedo parentale (facoltativo, quindi con riduzione al 30% dello stipendio) con un bonus fino a 600 euro mensili per un massimo di sei mesi (3.600 euro semestrali) per pagare la baby sitter attraverso il libretto famiglia o la retta dell’asilo nido. Ieri, 3 aprile, l’Inps ha chiarito che chi lo ha già chiesto entro l’anno scorso deve usarlo entro il 31 dicembre 2019.

Con l’ultima legge di Bilancio sono stati però rimodulati altri “bonus” per le neo mamme. A cominciare dal bonus asilo nido. Un’agevolazione, quindi, sui nidi che tuttora è in vigore: l’importo, anzi, è salito, quest’anno, da mille euro a 1.500, annui fino al 2021. Il bonus asilo nido viene erogato con cadenza mensile, parametrando l’importo massimo di 1.500 euro su 11 mensilità, per un importo massimo di 136,37 euro direttamente al genitore richiedente che ha sostenuto il pagamento, per ogni retta mensile pagata e documentata. Per beneficiare dell’incentivo è richiesta la semplice domanda (e non è necessario presentare il modello Isee).

Confermato, inoltre, il cosiddetto “premio alla nascita” di 800 euro (bonus mamma domani) che viene corrisposto sempre dall’Inps per la nascita o l’adozione di un minore, a partire dal 1° gennaio 2017, su domanda della futura madre al compimento del settimo mese di gravidanza (inizio dell’ottavo mese di gravidanza) o alla nascita, adozione o affidamento preadottivo. Anche in questo caso è sufficiente la sola domanda senza modello Isee.

La scorsa manovra ha poi previsto un mini-aiuto anche ai papà: il congedo parentale è salito da 4 a 5 giorni, retribuiti al 100%. Con il decreto fiscale, infine, è stato prorogato il “bonus bebè”. Il contributo, in questo caso, varrà per tutto il 2019 e rimane a 960 euro per il primo figlio mentre sale del 20% dal secondo figlio in poi. Spetta alle famiglie con Isee fino a 25mila euro e raddoppia sotto i 7mila.

È questo, pertanto, il saldo “pro-family” tra misure cassate, rimodulate, e rinforzate.

Da segnalare, tuttavia, che è in arrivo comunque un nuovo “pacchetto famiglia”da 400 milioni targato M5S. All’interno, secondo le prime indiscrezioni, sono previsti incentivi per chi necessita di una baby sitter (in sostituzione del relativo buono di 600 euro non riconfermato) e per l’acquisto di pannolini (la voce di spesa principale per i neo genitori), «con sconti del 50% sul prodotto». A questo si affianca la promessa di rafforzare ulteriormente le agevolazioni (1.500 euro) sulle rette degli asili nido.

Tornando all’incentivo sulle baby sitter non rinnovato nel 2019, l’Inps il 3 aprile ha spiegato che chi ha fatto domanda entro dicembre 2018 potrà usufuire delle prestazioni lavorative per i servizi di baby-sitting entro il 31 dicembre 2019, con possibilità di dichiararle entro febbraio 2020 nella sezione del Libretto Famiglia. Qualora residuassero mesi interi di beneficio non fruito, questi saranno considerati oggetto di rinuncia con il ripristino dei corrispondenti mesi interi di congedo parentale (il beneficio è divisibile solo per mesi). Ad esempio nel caso di lavoratrice che abbia ottenuto un contributo baby-sitting di tre mesi (per un importo di 1.800 euro) e abbia utilizzato il contributo entro il 2019 per un importo pari a 610 euro, si considera oggetto di rinuncia un solo mese, mentre gli altri due si considerano entrambi fruiti poiché è stato superato l’importo di 600 euro, che determina l’impossibilità di frazionare il secondo mese di fruizione.

Aggressioni docenti e dirigenti, parere CSPI: violenze non tollerabili. Ecco cosa fare

da Orizzontescuola

di redazione

Il CPSI ha espresso il proprio parere in merito alle aggressioni subite da docenti e dirigenti e più in generale riguardo al rapporto scuola/famiglia.

Violenza non tollerabili

Il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione afferma che aggressività e violenza, di qualunque natura e provenienza, non possono essere tollerate in alcun contesto del vivere civile e in particolare nella scuola, importante e primario luogo di educazione sociale e civile, di costruzione di una visione della persona e della società, del suo “essere” ed “essere nel mondo” come soggetto attivo, responsabile, solidale.

Normativa vigente adeguata, ma Patto corresponsabilità va modificato

La normativa vigente in materia di Diritti e Doveri degli studenti (il decreto legislativo 297/94; lo Statuto delle studentesse e degli studenti, dPR 249/98, come modificato dal dPR 235/07), afferma il CSPI, risulta essere adeguata ed efficace per una corretta gestione degli episodi di violenza.

Il “Patto educativo di corresponsabilità” tra scuola e famiglia, tuttavia, dovrebbe prevedere un ampliamento e una valorizzazione degli spazi di compartecipazione e co-decisione.

Scuola luogo ospitale e protetto

Dopo aver evidenziato la crisi dei modelli familiari, sociali ed educativi, il CSPI indica cosa deve diventare la scuola, ossia un luogo protetto, seppur non separato, dal momento che deve connotarsi come luogo accogliente dove ciascun alunno abbia l’opportunità di essere protagonista del suo percorso di apprendimento per poter far emergere e poter promuovere il suo essere persona e cittadino.Un luogo da proteggere perché possa attraverso l’istruzione educare, prendendosi cura anche della crescita emotiva dei propri studenti, perché non è possibile alcun apprendimento senza un coinvolgimento emotivo positivo.

In definitiva, la scuola dovrebbe essere un luogo in cui opera una costellazione di soggetti costituenti la comunità educante a cui tutti devono partecipare, ciascuno secondo il proprio ruolo e le proprie responsabilità.

Cosa devono le forze politiche e istituzionali

Queste le azioni da mettere in campo:

  • Ri-prendersi cura della scuola
  • Rilanciare l’autonomia didattica, organizzativa, di ricerca sperimentazione e sviluppo
  • Ridefinire i modelli partecipativi e gli organi di governo
  • Valutare il sistema in un’ottica di miglioramento
  • Connettere le scelte per un sistema unitario

Parere CSPI

Alunni “plusdotati”, Miur: hanno anch’essi bisogni educativi speciali. Eventuale PDP

da Orizzontescuola

di redazione

La nota Miur n. 562 del 3 aprile 2019, volta a fornire chiarimenti in merito agli alunni con Bisogni Educativi Speciali (BES), dedica un paragrafo agli alunni “plusdotati”, ossia con un elevato potenziale intellettivo.

Alunni con alto potenziale intellettivo: rientrano tra i BES

Il Miur ha definito corretta la prassi di quelle scuole che, in seguito alla pubblicazione della Direttiva del 27/12/2012, hanno considerato gli alunni con un alto potenziale intellettivo nell’ambito dei Bisogni Educativi Speciali.

Solo così, infatti, è possibile attuare la personalizzazione degli insegnamenti, la valorizzazione degli stili di apprendimento individuali e il principio di responsabilità educativa.

D’altra parte, aggiungiamo noi, qualora per tali alunni non si procedesse a personalizzare l’insegnamento, non si farebbe che demotivarli con tutte le conseguenze negative del caso.

Alunni con alto potenziale intellettivo: PDP

Le strategie da mettere in atto per gli allievi con alto potenziale intellettivo, ai fini della personalizzazione dell’insegnamento, sono demandate al’autonomia delle scuole o meglio alle decisioni dei Team Docenti e dei Consigli di Classe.

In caso di eventuali situazioni di criticità con conseguenti manifestazioni di disagio, Team docenti e Consigli di Classe possono adottare metodologie didattiche specifiche in un’ottica inclusiva, sia a livello individuale che di classe, valutando l’eventuale efficacia di un percorso di personalizzazione formalizzato in un Piano Didattico Personalizzato.

MIUR, alunni con BES per esami di Stato e studenti con alto potenziale. Nota chiarimento

Precari di religione, Snadir chiede alla CEI un tavolo di confronto

da La Tecnica della Scuola

Di Redazione

Il sindacato Snadir ha chiesto alla CEI un tavolo di confronto per risolvere il problema del precariato di religione. Come riportato in precedenza, lo Snadir propone un intervento da parte del Governo, che sia risolutivo entro sei mesi.
Il segretario Snadir Orazio Ruscica, vuole risolvere a tutti i costi una questione che si trascina nel tempo, affrontata anche nel corso convegno “Educare al tavolo interculturale: l’insegnamento della religione nella scuola che cambia”, organizzato proprio dal sindacato Snadir.

Di seguito la lettera indirizzata alla CEI:

Lo Snadir, sindacato nazionale rappresentativo del 35% dei docenti di religione e struttura organizzativa autonoma della Federazione Gilda-Unams, plaude all’iniziativa di S. E. Mons. Filippo Santoro, Presidente della Commissione problemi sociali e lavoro della CEI, per aver convocato e incontrato le cinque organizzazioni sindacali rappresentative della scuola (Flc Cgil, Cisl Fsur, Uil Rua, Snals e Federazione Gilda-Unams/Snadir) per “esaminare e approfondire le ipotesi di autonomia differenziata ad alcune regioni in particolare nel settore istruzione”. Riteniamo, altresì, di notevole valenza politica la firma del documento finale assieme alle predette organizzazioni sindacali indirizzata ai Presidenti del Senato e della Camera.

Riteniamo opportuno evidenziare, a tale proposito, il clima di positivo confronto e dialogo che si è stabilito tra le OO.SS. anche sul tema del precariato degli insegnanti di religione. La Fgu/SNADIR ha operato in quest’ultimo anno per un superamento delle contrapposizioni che hanno caratterizzato, nel passato, il dibattito sindacale sul tema della collocazione scolastica degli insegnanti di religione cattolica. Questa linea di apertura delle sigle sindacali sarà certamente rafforzata dalla comune sottoscrizione del documento indirizzato ai Presidenti della Camera e del Senato.

Invitiamo le SS.VV. a procedere con la stessa determinazione a convocare le predette organizzazioni sindacali per invitare i due rami del Parlamento a intraprendere immediatamente un percorso legislativo che permetta ai 15.000 docenti di religione precari di essere immessi in ruolo attraverso una procedura straordinaria di assunzione, che superi in modo definitivo e strutturale il problema del precariato dei docenti di religione.

Papa Francesco in diversi momenti e con insistenza ha definito la precarietà immorale, una ferita aperta e anche nei confronti dei lavoratori vaticani ha dichiarato: “Non voglio lavoro nero o precario. È un problema di coscienza per me, non possiamo predicare la dottrina sociale della Chiesa. Ho chiesto ai responsabili del consiglio per l’economia di sanare al più presto le situazioni di precariato ancora presenti: va bene una prova di uno o di due anni, ma non di più”.

Lei stesso, Eminenza Card. Bassetti, è intervenuto contro il precariato: “Occorre uscire da questa palude ingiusta e iniqua”.

Tollerare la condizione di precariato di oltre 15.000 docenti di religione non è più possibile: è una condizione ingiusta, una ferita che impedisce ai docenti di progettare per sé e per la propria famiglia un futuro sereno, non permette di accedere a un mutuo per l’acquisto di una casa, fa vivere nell’ansia di perdere il posto di lavoro a causa di malattie invalidanti, insomma – come afferma Papa Francesco – la precarietà “uccide la dignità, uccide la salute, uccide la famiglia”.

Pertanto, chiediamo a S. Eminenza e alle SS. VV. reverendissime di convocare urgentemente le organizzazioni sindacali rappresentative della scuola, Flc Cgil, Cisl Fsur, Uil Rua, Snals e Federazione Gilda-Unams/Snadir, per avviare esaminare e approfondire ipotesi risolutive per tutti i precari che insegnano religione e offrirle al Governo al fine di procedere con rapidità alla definizione di una procedura di assunzione, in linea con le disposizioni già adottate per i docenti precari di altre discipline, rispettosa delle legittime aspettative dei 15.000 precari che insegnano religione.

Questo gesto sarebbe un atto di riconoscenza verso questi insegnanti che, svolgendo con professionalità il loro insegnamento, offrono agli studenti l’opportunità di confrontarsi con la forma storica della religione cattolica e con il ruolo fondamentale e costruttivo che questa esercita per la convivenza civile, permettendo di cogliere importanti aspetti dell’identità culturale di appartenenza e aiutando le relazioni e i rapporti tra persone di culture e religioni differenti.

Sciopero scuola: 17 maggio, tutti insieme contro Governo e Ministro

da La Tecnica della Scuola

Di Reginaldo Palermo

Fallito il tentativo di conciliazione presso il Ministero del Lavoro fra Governo e sindacati del comparto scuola.
Appena usciti dall’incontro i sindacati hanno annunciato che, a questo punto, non c’è più motivo per attendre ulteriormente: il 17 maggio sarà sciopero, per bloccare il progetto di regionalizzazione, per ottenere l’apertura del tavolo contrattuale e per far sì che il Governo affronti seriamente i temi del precariato e del personale Ata.
Nel corso dell’incontro il Ministero dell’Istruzione ha annunciato la propria intenzione di aprire un tavolo di confronto a partire dal prossimo lunedì 8 aprile, ma questo non è bastato a Flc-Cgil, Cisl-Scuola, Uil-Scuola, Snals e Gilda che hanno già proclamato ufficialmente lo sciopero.
E si attende da un momento all’altro anche la proclamazione da parte di Cobas e Unicobas, logica conclusione di un ampio tavolo di confronto sul tema della regionalizzazione apertosi già tempo con la partecipazione dei 5 principali sindacati rappresentativi, sindacati di base e associazioni professionali sia laiche che cattoliche.
“Per noi – sottolinea Stefano d’Errico segretario nazionale Unicobas- quello del 17 maggio sarà il secondo sciopero contro la regionalizzazione, dopo il primo del 27 febbraio: siamo molto soddisfatti che su un tema di questa importanza si sia riusciti finalmente ad arrivare ad una azione unitaria come noi auspichiamo da tempo”.
“E’ del tutto chiaro  – aggiunge d’Errico – che con l’avvio della regionalizzazione il Governo ha perso ogni credito nei confronti del mondo della scuola, anche perchè un progetto del genere provocherebbe un vero e proprio terremoto nel sistema scolastico italiano che ne uscirebbe definitivamente sconvolto”.

Mobilità 2019, ecco quando scatta il vincolo triennale

da La Tecnica della Scuola

Di Fabrizio De Angelis

Ultime ore per i docenti che vogliono presentare domanda di mobilità: infatti c’è tempo fino a domani, 5 aprile 2019, per inoltrare l’istanza tramite Polis.
Tuttavia, è bene chiarire alcuni ultimi dubbi che vengono sollevati da alcuni lettori. Uno di questi è il vincolo triennale, che scatta per alcuni casi. Ecco cosa c’è da sapere.

Trasferimenti 2019: il blocco triennale

Prima di tutto, diciamo che sul CCNI c’è  anche la disposizione prevista nell’art.22, comma 4, lettera a1), del CCNL scuola 2016-2018, in cui si specifica che le procedure e i criteri generali per la mobilità professionale e territoriale fatte salve le disposizioni di legge, al fine di perseguire il principio della continuità didattica, i docenti possono presentare istanza volontaria non prima di tre anni dalla precedente, qualora abbiano ottenuto l’istituzione scolastica richiesta volontariamente. Stiamo parlando quindi del vincolo triennale. Tuttavia, è bene chiarire che ciò non vale per tutti i docenti.

Trasferimenti 2019: ecco quando scatta il vincolo triennale

Sono essenzialmente due i casi in cui scatta il vincolo triennale:

1) Se il docente ottiene a domanda volontaria, e senza fruire di alcuna precedenza, una scuola indicata con preferenza puntuale nel modulo di domanda;

2) Se il docente ottiene il trasferimento, all’interno del proprio comune di titolarità, in una scuola o espressa puntualmente come nel caso 1) o una scuola del distretto sub-comunale del comune di titolarità espresso come codice sintetico.

Trasferimenti 2019: ecco quando non vale il blocco triennale

Invece, il blocco di tre anni non è valido per gli insegnanti che richiedono soltanto codici sintetici, come quelli dei comuni e distretti (ovviamente diversi da quelli di titolarità), oppure codici sintetici delle province nel caso di mobilità interprovinciale.

Inoltre, è bene anche chiarire che i beneficiari della precedenza di cui all’art.13 del CCNI mobilità (quello che regola il sistema delle precedenze e dell’esclusione dalle graduatorie interne di istituto), se non soddisfatti in scuola del comune di residenza propria o di residenza del familiare da assistere, ma soddisfatti in scuola di altro comune, non dovranno seguire nessun vincolo triennale.

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Furti, atti vandalici e/o danneggiamenti: richiesta finanziamenti entro il 30 maggio

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

È aperta la procedura per la rilevazione delle istituzioni scolastiche ed educative statali che hanno subito eventi eccezionali di furti, atti vandalici e/o danneggiamenti di materiale didattico-laboratoriale, nonché di beni in uso all’istituzione, negli anni scolastici 2016-17, 2017-18 e 2018-19, e che hanno sporto regolare denuncia alle autorità competenti nel medesimo anno scolastico.

Per queste scuole è destinato un finanziamento complessivo di euro 3.520.000, stanziati nell’ambito delle risorse di cui alla legge 440/97.

Le istituzioni scolastiche che hanno subito, alla data del 30 aprile 2019, atti ed eventi di cui sopra possono, entro il 30 maggio 2019, presentare domanda attraverso la piattaforma www.monitor440scuola.it, all’apposita sezione “Rilevazioni”.

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Sciopero scuola 17 maggio, i sindacati: ‘Al Ministero del Lavoro nessuna risposta di merito’

da Tuttoscuola

“Dall’incontro che si è svolto oggi al Ministero del Lavoro non sono emersi elementi che consentano di ritenere concluso positivamente il tentativo di conciliazione”, fanno sapere i sindacati. “Nessuna risposta di merito è venuta alle richieste avanzate dalle organizzazioni sindacali del comparto istruzione e ricerca, non essendovi stata peraltro la possibilità di procedere ad un approfondito esame delle questioni oggetto della mobilitazione”.

Le cinque organizzazioni sindacali, Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Gilda degli Insegnanti e Snals Confsal, prendono atto dell’annunciata apertura, a partire da lunedì 8 aprile – data nella quale è previsto l’incontro con il Ministro – di un tavolo di confronto al massimo livello politico del MIUR, proposta rispetto alla quale affermano piena disponibilità perché rispondente a un’esigenza da tempo rappresentata, ma confermano, in assenza di impegni puntualmente riscontrabili, la volontà di procedere alla proclamazione di iniziative di lotta articolate in astensione dalle attività non obbligatorie e in uno sciopero generale di tutti i lavoratori del comparto istruzione e ricerca per l’intera giornata del 17 maggio 2019.

Concorso DS, pubblicata nota per la dichiarazione dei titoli

da Tuttoscuola

Altro passo avanti verso la prova orale del concorso DS. Il Miur ha infatti pubblicato la nota per la dichiarazione dei titoli culturali, di servizio e di preferenza.

A norma dell’art. 10 del Bando, i candidati che hanno superato la prova scritta del concorso DS dovranno quindi dichiarare il possesso dei titoli suscettibili di valutazione.

La dichiarazione deve essere inoltrata esclusivamente attraverso il sistema POLIS a partire dalle 9.00 dell’8 aprile 2019 e fino alle ore 14.00 del 24 aprile 2019.

La nota ricorda inoltre che i titoli valutabili sono quelli conseguiti o, laddove previsto, riconosciuti entro la data di scadenza del termine fissato per la presentazione delle domande di ammissione, ovvero il 29 dicembre 2017.

Clicca qui per leggere la nota

Abilitazione docenti in Romania: gli effetti del ‘no’ del Miur

da Tuttoscuola

La nota del 2 aprile con cui il Ministero dell’istruzione ha respinto la richiesta di riconoscimento delle abilitazioni e del sostegno ottenuti in Romania sta producendo effetti a catena.

Sono circa 4 mila i docenti italiani che a caro prezzo (per il sostegno si è arrivati a pagare 20 mila euro, oltre alle spese di cancelleria) avevano ottenuto da università rumene il titolo, contando sul suo riconoscimento in Italia. Allettati da una convincente pubblicità dei corsi, riportata anche da noti siti web che si occupano di scuola, si erano convinti a tentare questa conquista veloce di un titolo prezioso per poter lavorare nella scuola italiana.

Soldi buttati al vento per i quali ora è impossibile chiedere rimborsi. Le agenzie che organizzavano questa specie di “turismo scolastico” dei viaggi in Romania, tutto pagato, titolo compreso, probabilmente cercheranno qualche via legale per tentare di salvare l’impossibile. Ma il “no” del Miur sembra proprio senza appello.

Un “no” quello del Miur, che sta provvedendo a decretare uno ad uno il rigetto della richiesta di riconoscimento, r che comporterà l’immediata cancellazione da graduatorie in cui gli interessati erano stati iscritti con riserva.

In qualche caso potrebbe esserci anche l’esclusione dalle prove preselettive per l’ammissione ai corsi di specializzazione per il sostegno presso le università, in programma per il 15 e 16 aprile.

Abilitazione docenti: i titoli acquisiti in Romania non hanno valore in Italia. La nota del Miur

da Tuttoscuola

Con nota prot. 5636 del 2 aprile 2019 il Miur, Direzione Generale degli ordinamenti, ha messo fine ad una situazione che da tempo aveva sollevato notevoli perplessità. Ci riferiamo all’abilitazione che molti docenti italiani riuscivano ad ottenere da università rumene, frequentandone le lezioni, come riferito da molti interessati, a volte anche soltanto per pochi giorni.

Leggi il testo della nota

Il sistema lo conosciamo bene: alcuni docenti italiani, grazie all’organizzazione predisposta da apposite agenzie, partivano spesso in pullman per la Romania, dove soggiornavano per una settimana o due per frequentare corsi ad hoc, per poi ritornare in Italia con il sospirato “pezzo di carta”.

Naturalmente questo “turismo scolastico” speciale aveva dei costi non indifferenti, dell’ordine di diverse migliaia di euro, ma a quanto sperato dagli interessati sembravano soldi ben spesi, in quanto quei percorsi rumeni, denominati “Programului de studi psichopedagogice, Nivelul I e Nivelul II”, potevano avere piena efficacia in Italia, previa richiesta di riconoscimento.

Si è trattato di un business non indifferente per questi corsi pubblicizzati anche su alcuni importanti siti web che si occupano di scuola.

Da tempo, a cominciare dal 2016, il Miur però aveva avviato verifiche sulla validità dei titoli conseguiti, congelando nel frattempo circa 4 mila richieste di riconoscimento.

Vi era stata una complessa interlocuzione con il Ministero dell’istruzione rumeno conclusasi l’anno scorso con una formale precisazione dello stesso, secondo cui, in attuazione della Direttiva UE 2005/36/CE “il riconoscimento di qualifiche professionali per i cittadini che hanno studiato in Romania, al fine di svolgere attività didattiche all’estero, si rilascia al richiedente solo nel caso in cui quest’ultimo ha conseguito in Romania sia studi di istruzione secondaria superiore/post secondaria sia studi universitari”.

In poche parole, il solo titolo rilasciato a docenti italiani da università rumene poteva avere valore soltanto se preceduto e accompagnato dal diploma di istruzione secondaria conseguito in Romania; conseguentemente il ministero rumeno non lo ha riconosciuto.

Per tutto questo, dopo avere ottenuto anche il parere favorevole della Avvocatura dello Stato, il Miur ha dichiarato che “le istanze di riconoscimento presentate sulla base dei suddetti titoli sono da considerarsi rigettate”.

Per quanto riguarda i titoli di sostegno, viene sottolineato come non vi sia corrispondenza tra l’ordinamento scolastico italiano e quello rumeno, in cui i soggetti con disabilità frequentano apposite scuole speciali, a differenza di quanto avviene in Italia con l’integrazione nelle classi comuni degli alunni disabili o con bisogni educativi speciali.

Il MIUR  ha chiesto anche il parere del CIMEA (Centro di Informazione sulla Mobilità e le Equivalenze Accademiche) che ha chiarito che la qualifica acquisita nei corsi di formazione psicopedagogica “Adeverinta” non è titolo sufficiente per l’esercizio della professione di insegnante.