ABOLIZIONE CHIAMATA DIRETTA E AMBITI TERRITORIALI

SCUOLA, M5S: CON ABOLIZIONE CHIAMATA DIRETTA E AMBITI TERRITORIALI SCARDINIAMO RIFORMA RENZIANA

Roma, 4 luglio – “Oggi in commissione istruzione e beni culturali del Senato abbiamo approvato l’abolizione della chiamata diretta dei docenti e gli ambiti territoriali. Manteniamo una promessa importante fatta ai docenti di tutto il Paese, eliminando due degli aspetti più odiosi e dannosi della cosiddetta Buona Scuola renziana”, lo affermano le senatrici e i senatori del Movimento 5 Stelle in commissione Istruzione. 
“Ristabilire criteri trasparenti e imparziali per il reclutamento dei docenti”, proseguono, “è un atto giusto nei loro confronti ma anche il primo e necessario passo per garantire una didattica di qualità ai nostri studenti. 
Infine cancellare la titolarità su ambito territoriale sostituendola per tutti i docenti con quella su scuola significa dare certezza della sede di lavoro, senza rischiare di cambiare scuola ogni tre anni mettendo a rischio la continuità didattica. 
Faremo in modo che il disegno di legge approvato oggi in commissione al Senato termini in tempi brevi il suo iter legislativo, restituendo certezze a dirigenti, docenti, studenti e famiglie nei confronti dei quali la Buona Scuola aveva creato incertezze, disparità, precarietà e discontinuità”, concludono. 

Lavoro e disabilità

Redattore Sociale del 04.07.2019

Lavoro e disabilita’. Decreto, “tampone parziale a situazione drammatica” 

Fish commenta la notizia del decreto firmato dal ministro Fontana e analizza lo stato di salute dell’inserimento lavorativo in Italia: leggi, risorse, numeri. “Mancano ancora linee guida, la politica batta un colpo”. 

ROMA. 12 milioni in più destinati al “Fondo per il diritto al lavoro dei disabili” sono soltanto “l’ennesimo tampone parziale ad una situazione che è, in tutta evidenza, drammatica e che impatta sulle reali assunzioni delle persone con disabilità”. Così Fish smorza l’entusiasmo del ministro Fontana, che ieri si era detto “soddisfatto” dopo aver firmato il decreto che incrementa le risorse destinate all’assunzione delle persone con disabilità. Per Fish, ci vuole ben altro per rendere reale un diritto proclamato e riconosciuto ma tuttora solo parzialmente attuato. E per questo propone una dettagliata analisi delle normative, dei meccanismi e delle procedure per gli incentivi alle assunzioni dei lavoratori con disabilità.

Inserimento lavorativo, la storia.
All’origine, c’è la legge 68/99, che prevedeva già allora alcuni incentivi per le aziende che assumono persone con disabilità. “Ma queste agevolazioni ricorda Fish – sono state decisamente rafforzate nel 2015 (decreto legislativo 151 applicativo del Jobs Act), che prevede un incentivo che arriva al 70% della retribuzione mensile lorda nel caso di assunzione di persone con più del 79% di invalidità. Il contributo è per 36 mesi che salgono a 60 nel caso di persone con disabilità intellettiva o psichica, cioè quelle maggiormente escluse dal mondo del lavoro”. Buona la teoria, ma la realtà delude: “A fronte di questo ambizioso impegno, tuttavia, la copertura finanziaria è assai limitata – osserva Fish – Si tenga presente che il Fondo dovrebbe servire anche per progetti sperimentali di inclusione lavorativa (ad oggi lettera morta)”.

Un segnale positivo ma insufficiente arriva nel 2016, con l’attribuzione al Fondo di 20 milioni di euro. Ora poi, nell’ultima legge di stabilità, il Parlamento ha aumentato quella cifra a 30 milioni di euro. “Il Fondo dovrebbe essere integrato anche dalle somme versate dai datori di lavoro che hanno chiesto e ottenuto gli esoneri dall’obbligo di assunzione – ricorda Fish – Questo il quadro: impegno teorico significativo, impegno finanziario insufficiente. Tanto che, nel febbraio 2018, Inps informava il ministero del Lavoro che ‘le risorse non sono sufficienti per riconoscere l’incentivo alle assunzioni per l’anno 2018’. La sofferenza fu parzialmente compensata a maggio 2018 – riferisce ancora Fish – con un decreto che destinava a Inps circa un milione e mezzo di residui e 7 milioni e mezzo dei ‘proventi’ dagli esoneri”.

2019, risorse esaurite.
Arriviamo così all’anno in corso: “A gennaio Inps comunica che per il 2019 ha già esaurito le risorse: nessuna nuova assunzione potrà fruire di quelle agevolazioni – fa sapere Fish – Si ripete allora la sceneggiatura dello scorso anno: il decreto firmato in queste ore dai ministri del Lavoro e delle politiche sociali di concerto con quello per la Famiglia e le disabilità e dell’Economia e delle finanze stanzia, in modo aggiuntivo, ad Inps poco meno di 12 milioni (che arrivano dall’ultima legge di stabilità) e poco più di 7 milioni (che derivano dal pagamento per gli esoneri)”. Uno stanziamento che Fish considera, appunto, solo “un tampone parziale”.

In attesa delle Linee guida.
Ma non sono solo le risorse a scarseggiare: ciò che manca è una politica e delle prassi strutturate e condivise per l’inserimento lavorativo delle persone co n disabilità. Fish denuncia infatti “lacune in termini di percorsi di sostegno all’inclusione lavorativa, al deciso ripensamento dei servizi per l’impiego, all’accompagnamento in questi processi a supporto dei singoli e delle aziende”. Soprattutto, Fish denuncia, a questo proposito, la “morosità del ministero del Lavoro rispetto a quanto previsto già nel 2015 (decreto legislativo 151): mancano ancora, dopo 4 anni, le linee guida per l’inclusione lavorativa e manca ancora l’attivazione della banca dati sull’inclusione lavorativa. Due strumenti essenziali, il primo per servizi più efficaci, il secondo per politiche più oculate”. Di qui l’appello finale della Fish: “La politica, parlamentare e governativa, batta un colpo. In fretta”.

Cifre chiave sull’educazione e la cura della prima infanzia in Europa

Cifre chiave sull’educazione e la cura della prima infanzia in Europa


Scuola: pubblicato il rapporto Eurydice sull’educazione e cura della prima infanzia

Nello studio una panoramica della fase educativa fra 0 e 6 anni in 38 paesi europei

In che modo è organizzata in Europa la fase educativa che precede l’istruzione primaria? A questo interrogativo risponde il nuovo rapporto della rete Eurydice “Cifre chiave sull’educazione e la cura della prima infanzia in Europa”, che fornisce una panoramica comparativa di questa fase del ciclo educativo in 38 paesi europei. Il rapporto esce oggi, 4 luglio, e mostra come l’accesso universale, l’alta qualità e l’integrazione dei servizi di educazione e cura della prima infanzia siano aspetti ancora non raggiunti in molti dei paesi presi in esame.

Avere un posto a costi accessibili è ancora difficile per molte famiglie con bambini di età inferiore a 3 anni. Le cose migliorano per i bambini più grandi: metà dei paesi europei garantisce l’accesso dall’età di 3 anni. L’Italia non fa eccezione per quel che riguarda la difficoltà per le famiglie di ottenere un posto nei nidi d’infanzia. Allo stesso tempo, però, per i bambini più grandi la percentuale di partecipazione nella fascia di età 3-6 anni è vicina al 95% (benchmark europeo fissato per il 2020).

L’impiego di personale altamente qualificato – con una laurea di primo livello o superiore – garantisce la creazione di ambienti di apprendimento più stimolanti, una cura e supporto più adeguati. Anche in Italia, a partire dal prossimo anno scolastico, gli educatori dei nidi d’infanzia pubblici dovranno avere una laurea di primo livello, allineandosi così alla tendenza della maggior parte dei paesi europei.

Ciò che caratterizza i sistemi educativi con una qualità più elevata è il livello di integrazione del sistema da 0 a 6 anni di età. Per valutare questo parametro sono stati presi a riferimento: livello di formazione del personale, l’applicazione di linee guida educative per l’intera fase 0-6 anni, la gestione e l’unitarietà delle strutture. Il luogo in cui si svolge l’attività educativa è fondamentale per dare ai bambini il senso di attaccamento e stabilità.

Nella maggior parte dei paesi europei, la prima infanzia è organizzata in strutture separate per le due fasce di età, indicate come 0-3 e 3-6 anni. Meno di un terzo dei paesi presi in esame ha una struttura unica, principalmente si tratta dei paesi nordici e delle aree baltica e balcanica. In tutti questi paesi è presente anche una gestione unitaria da parte del Ministero dell’istruzione.

Nei paesi con strutture diverse in base all’età dei bambini, prevale il sistema a gestione separata: di due ministeri o autorità distinte, come nel caso dell’Italia, in cui l’organizzazione dei servizi 0-3 è decentrata, mentre quella dei bambini più grandi spetta al MIUR.

In questo quadro, l’Italia risulta fra i paesi che hanno un sistema totalmente separato. Nonostante le novità introdotte nel 2015 con la legge n. 107 per lo sviluppo di un sistema integrato 0-6, manca di fatto un livello di formazione unico per tutto il personale, non ci sono linee guida educative uniche per tutto il periodo, la gestione rimane in capo a due soggetti diversi (Miur e Regioni) e, infine, i bambini trascorrono le due fasi del percorso in strutture organizzative separate.


CONCORSO DIRIGENTI SCOLASTICI: UN PREVEDIBILE CAOS

CONCORSO DIRIGENTI SCOLASTICI: UN PREVEDIBILE CAOS – A pagare le spese migliaia di istituti senza Dirigente e candidati beffati

Martedì 2 luglio il TAR del Lazio ha annullato il concorso per Dirigenti Scolastici. La motivazione sta in precise irregolarità: la presenza di alcuni commissari, in situazione di conflitto di interesse o incompatibilità con la carica, alla sessione plenaria delle commissioni per la stesura delle griglie di valutazione dello scritto e lo scioglimento delle procedure relative all’anonimato, inficerebbe il concorso a livello nazionale. Il MIUR ha già annunciato che richiederà la sospensiva al Consiglio di Stato, mentre altre sentenze sono attese nei prossimi giorni, tra cui molto timore suscita quella relativa al fatto che, pur dovendo espletarsi una prova a livello nazionale, il concorso ha previsto una data diversa in Sardegna nel caso della prova scritta a causa del maltempo.

In queste ore si sta scatenando la solita bagarre promossa dalle forze politiche. Sul merito della sentenza e dell’iter processuale come sindacato non intendiamo esprimerci, perché non sta a noi, né ci interessa, entrare nello scontro tra i partiti al governo e quelli all’opposizione, perché nei fatti, negli ultimi trent’anni, qualsiasi governo guidasse il paese ha sostanzialmente tagliato, impoverito e indebolito la scuola pubblica e se la situazione è quella drammatica della nostra attualità, per cui questo provvedimento potrebbe portare al caos 3000 scuole all’inizio del prossimo anno, è responsabilità del centro sinistra come del centro destra ed ora anche del governo giallo-verde, perché nessuno di loro ha intrapreso politiche di potenziamento a sostegno della scuola, limitandosi a tagliare tutto il tagliabile, e oltre.

Ci preme però evidenziare alcuni elementi critici fondamentali.

I numeri dei posti messi a bando da questo concorso non risolveranno l’emergenza data dalla mancanza di Dirigenti Scolastici, cui sopperiscono i DS in carica accettando reggenze che poi non possono fisicamente portare avanti con la dovuta serietà: chi potrebbe seguire due o tre istituti, con tante sedi e complessivi 2000- 2500 alunni? Infatti il numero dei dirigenti resterà sottodimensionato rispetto al fabbisogno nazionale.

I ricorsi contro il concorso si basano sulla sostanziale malagestione del MIUR, che, anche a causa dei bassi compensi e degli oneri gravosi previsti per i commissari, ad ogni concorso si ritrova senza personale e nell’emergenza di dover costituire le commissioni senza essere in grado di effettuare i dovuti controlli.

Non possiamo poi non citare il fatto che si è ormai imposta la cultura del ricorso: invece di chiedere procedure di reclutamento sensate e trasparenti, si foraggiano gli studi di avvocati che vivono e si arricchiscono grazie a ricorsi e controricorsi.

Infine, la presenza nelle commisioni di soggetti appartenenti a quelle stesse organizzazioni e associazioni che cogestiscono con il MIUR bandi e programmi di studio è uno scandalo a cui va posto immediatamente fine. La gestione dei concorsi deve essere esclusivamente ministeriale e non coinvolgere soggetti terzi con interessi che confliggono palesemente con quelli pubblici.

In tutto questo ci sono coloro che hanno partecipato al concorso, che vengono trattati (anche questa non è una novità) senza alcuna considerazione per la fatica e l’impegno che i concorsi richiedono e ancora una volta non sanno come andrà a finire. Il fatto che per lo meno in questo caso non si tratti di essere o meno assunti, non toglie nulla alla gravità della cosa.

USB crede che la scuola sia una cosa seria, che i ruoli all’interno di essa lo siano in egual modo. Il dirigente di un istituto scolastico ha responsabilità civili, penali, ma anche pedagogiche e umane enormi, la selezione di chi ricopre questa carica non può diventare oggetto di battaglie assurde, basate sulla mancanza di rigore e trasparenza.

Non abbiamo mai nascosto il nostro rifiuto per la deriva autoritaria e manageriale che la figura del dirigente ha preso negli ultimi anni, funzionale ai tagli alla scuola, alla sua gestione aziendalistica e conseguente privatizzazione e ribadiamo oggi con forza la nostra contrarietà a questa deriva e alla forma che i concorsi per DS hanno assunto per i contenuti su cui sono chiamati a prepararsi i candidati. Ciò non toglie che se nel pubblico si assume per concorso e non per chiamata diretta (come tanto piacerebbe a certe associazioni di Dirigenti Scolastici, sebbene la chiamata diretta sia stata un fallimento anche quando applicata ai docenti, come ammesso dalle stesse associazioni) è perché i candidati siano selezionati in modo corretto, trasparente e sulla base di ciò che sanno e sono in grado di fare: questo principio protegge la Pubblica Amministrazione e la scuola da indebite ingerenze e giochi di interessi. Mettere in discussione tutto questo è pericoloso e sbagliato.

Denunciamo quindi la malagestione del MIUR e le conseguenze gravi che essa ancora una volta avrà sulla vita delle persone coinvolte.

Torniamo a chiedere scuole democratiche, gestioni trasparenti dei concorsi e della vita della scuola e che il dirigente scolastico torni ad essere un Preside, ovvero un primus inter pares che ha a cuore prima di tutto la didattica e non il management!

Le conseguenze sul concorso: nullità per scritto e orale. La prova preselettiva si salva

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

La pronuncia del Tar Lazio, con cui martedì sera è stato annullato il concorso presidi, costituisce il primo grado di giudizio. Il Miur ricorrerà immediatamente in appello al consiglio di Stato per ottenere in via cautelare la sospensiva del provvedimento del Tar Lazio, astenendosi nel frattempo dall’applicazione immediata della sentenza e procedendo con gli orali già calendarizzati. Nel caso il Consiglio di Stato non accolga la richiesta di sospensiva del Miur, la sentenza andrà applicata: la conseguenza della pronuncia, secondo la Cisl Scuola, è la nullità di tutte le procedure relative alla valutazione della prova scritta e alla successiva prova orale (non quindi della prova preselettiva). In caso di sospensiva, invece, e in attesa del pronunciamento di merito sarà possibile proseguire nelle operazioni conclusive del concorso, compresa l’approvazione della graduatoria di merito e l’assunzione dei vincitori.

Lo studio legale Bonetti & Delia ha predisposto una serie di faq per chiarire i termini della questione.

Sulla base di quale motivo il Tar Lazio ha accolto il ricorso?
Il Tar ha ritenuto fondato il motivo di ricorso con il quale è stata dedotta l’illegittima composizione del Comitato tecnico integrato con i Presidenti delle Sottocommissioni per incompatibilità di taluno tra essi. In particolare tre membri, pur incompatibili, si erano frattanto dimessi e dunque non hanno partecipato rendendo ininfluente la loro posizione di incompatibilità. Altri tre, invece, tutti tra i Presidenti di sottocommissione, facendo parte attiva della Commissione in seduta Plenaria al momento di creazione dei criteri, hanno inficiato il funzionamento dell’organo.

Cosa significa che il concorso è annullato in toto? Vanno rifatte anche le prove preselettive?
Il Tar, nella parte motiva, scrive testualmente «il ricorso va accolto a seguito della riconosciuta fondatezza della doglianza che ha contestato la legittimità dell’operato della Commissione plenaria nella seduta in cui sono stati fissati i criteri di valutazione, con conseguente annullamento in toto della procedura concorsuale in questione». In dispositivo, tuttavia, chiarisce di «annulla(re) i provvedimenti impugnati». In nessun ricorso, come è ovvio, sono impugnati i provvedimenti inerenti la prova preselettiva ragion per cui l’annullamento è limitato alla prova scritta ed alla prova orale che dovranno essere ripetute.

Quando avverrà la ripetizione della prova?
Il ministero ha annunciato appello con richiesta di sospensione immediata degli effetti della sentenza al fine di consentire il completamento delle prove orali e l’assunzione dei vincitori. Il Consiglio di Stato, dunque, verosimilmente nei prossimi giorni, dovrà valutare se sospendere o meno la decisione nell’attesa di una sentenza definitiva. È possibile che il Consiglio di Stato, in questa fase annunciata di urgenza, a Commissioni per le prove orali in corso, consenta di completare la procedura e di far sottoscrivere, seppur con riserva, ai vincitori i relativi contratti. La sentenza definitiva potrebbe giungere entro il 2019. Difficilmente, dunque, la ripetizione della prova potrà avvenire prima della decisione definitiva del Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato potrà solo accogliere o rigettare l’appello del Ministero? Limitatamente a questa prima sentenza sì. Il Tar, tuttavia, nelle prossime udienze, potrebbe valutare, accogliendoli o rigettandoli, altri profili e motivi di ricorso che non sono stati trattati nella sentenza del 2 luglio. Il Consiglio di Stato, inoltre, dovrà anche valutare la correttezza della motivazione del Tar con riguardo ai motivi di ricorso rigettati che, dunque, verosimilmente, chi ha perso riproporrà.

Regionalizzazione, Bussetti: la scuola rimarrà una sola per tutto il Paese

da Orizzontescuola

di Vincenzo Brancatisano

No, non avremo un’Italia divisa, la scuola rimarrà una sola per tutto il Paese. Parola del Ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, che ci ha rilasciato questa intervista.

Di essa abbiamo già dato un’anticipazione su questo giornale ieri, in merito alle notizie forniteci dal ministro sugli imminenti concorsi. Intanto Bussetti vuole rassicurare tutti su un tema scottante, che sta destando molte preoccupazioni tra i docenti e le loro organizzazioni sindacali. “Non esisteranno mai una scuola del Nord e una scuola del Sud”, puntualizza riferendosi alle intese sull’autonomia differenziata in materia scolastica firmate da alcune Regioni e dal governo, alla cosiddetta regionalizzazione della scuola italiana.

“Tanto più – precisa – che tra le Regioni che hanno fatto richiesta di autonomia c’è, per esempio, anche la Campania”. Bussetti stigmatizza la situazione ereditata dai governi precedenti, anche quella che vede migliaia di docenti assunti pur meritoriamente in ruolo dal governo Renzi e che però lamentano i disagi legati a un trasferimento imposto, non gradito.

“E’ stata colpa di un algoritmo gestito malissimo – commenta – Molti neoassunti sono stati catapultati a centinaia di chilometri da casa propria. Un’ingiustizia nei confronti dei docenti che ha avuto anche gravi ripercussioni sulla continuità didattica per i nostri studenti”. Studenti attualmente impegnati nella nuova versione degli esami di Stato, che tante preoccupazioni aveva destato fino alla vigilia della prima prova.

Quanto agli insegnanti, il ministro annuncia l’intenzione del Miur di costituirsi parte civile in tutti procedimenti giudiziari che riguardino aggressioni ai docenti e di “riconoscere la loro professionalità, anche economicamente”.

Ministro Marco Bussetti, come ha trovato la scuola quando si è insediato?

“La scuola, quella fatta da docenti, personale ATA, dirigenti scolastici e alunni è una comunità vitale e straordinaria, quella che ho sempre conosciuto. Che però ha bisogno di interventi costanti per funzionare al meglio. Il precariato, l’edilizia scolastica, una riforma ereditata da ridefinire, la necessità urgente di ripristinare il rispetto e il prestigio dovuti alla figura del docente: sono soltanto alcuni dei fronti sui quali ci siamo mossi nell’ultimo anno per migliorare il sistema e risolvere le criticità che si sono di volta in volta manifestate. Fin dall’inizio mi sono impegnato per garantire massima attenzione al mondo della scuola, proponendo soluzioni concrete e mettendo sempre al primo posto le esigenze degli studenti, dei lavoratori della scuola, delle famiglie”.

La scuola era stata appena riformata dal Governo Renzi. Che cosa non andava in quella riforma? 

“La legge 107 del 2015 ha prodotto purtroppo alcuni danni. In particolare, sono convinto che il peccato originale di quella normativa sia stato la mancanza di condivisione. È stato un provvedimento imposto dall’alto, che ha travolto le scuole, appesantendo i carichi burocratici, senza fornire il giusto accompagnamento. Le faccio un esempio: un atto in sé positivo, come l’assunzione di decine di migliaia di insegnanti, è diventato un dramma che ha condizionato pesantemente la vita di tantissime persone e delle relative famiglie. Per colpa di un algoritmo gestito malissimo, molti neoassunti sono stati catapultati a centinaia di chilometri da casa propria. Un’ingiustizia nei confronti dei docenti che ha avuto anche gravi ripercussioni sulla continuità didattica per i nostri studenti. E, a proposito di questi ultimi, i maturandi di quest’anno hanno rischiato di avere difficoltà con un Esame di Stato modificato in corso d’opera: abbiamo scongiurato il pericolo con il nostro intervento. Predisponendo un piano formativo e informativo straordinario, per farli preparare con consapevolezza e serenità alle prove. E organizzando per la prima volta delle simulazioni nazionali per gli scritti. Misure di accompagnamento mai sperimentate prima”.

Questo governo ha abolito la chiamata diretta, per competenze, dei docenti da parte dei dirigenti. Che cosa non andava secondo lei nel consentire al preside di scegliersi i docenti ritenuti più idonei per i Ptof del proprio istituto? 

“La questione è che non era mai stata applicata bene. Perché non poggiava su un disegno preciso e definito. Giudicandola in base ai suoi effetti, era una pratica caratterizzata da discrezionalità eccessiva e che causava troppe inefficienze. Al suo posto abbiamo introdotto regole basate su criteri oggettivi”.

Il tema che sta più a cuore a chi si occupa di scuola riguarda la qualità degli apprendimenti degli alunni. Come intende intervenire per migliorare i risultati non sempre positivi che emergono dalla valutazione dell’Invalsi e di altri enti? 

“Il nostro sistema è caratterizzato da punte di eccellenza. Dobbiamo riconoscerle e valorizzarle. Siamo all’avanguardia su tanti aspetti. Ma, come ho detto anche prima, dobbiamo intervenire per sanare le criticità e permettere a tutti gli istituti di funzionare al meglio e garantire una formazione di qualità a ogni studente. Le scuole che risultano in difficoltà sotto l’aspetto della qualità dell’apprendimento vanno sostenute e potenziate. È un altro punto qualificante della nostra azione di governo. Non a caso, a febbraio ho firmato un decreto che stanzia 50 milioni di euro per interventi specifici di contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica in aree a rischio del Paese. Continueremo in questa direzione”.

La regionalizzazione dell’istruzione italiana è un vecchio cavallo di battaglia della Lega. Non c’è il pericolo, paventato dagli insegnanti e dalle organizzazioni sindacali, che si accentui il divario tra le varie regioni del Paese? 

“La scuola rimarrà una sola per tutto il Paese, con identici parametri qualitativi assicurati dal controllo dello Stato. Non esisteranno mai una ‘scuola del nord’ e una ‘scuola del sud’. Tanto più che tra le Regioni che hanno fatto richiesta di autonomia c’è, per esempio, anche la Campania. Dobbiamo vederla come un’opportunità, un modo per assicurare servizi migliori ai cittadini. D’altronde, è già così oggi con l’autonomia scolastica che permette ai singoli istituti di calibrare al meglio la propria offerta formativa sui territori. Ricordiamo sempre che, dal 2001, è la nostra Costituzione, all’articolo 116, a prevedere la possibilità di una autonomia differenziata per le Regioni che ne facciano richiesta”.

Ci sono 150.000 cattedre scoperte, assegnate ai docenti con incarico annuale: i concorsi  indetti, ordinario e straordinario, e i nuovi Pas, riusciranno solo in parte a risolvere il problema del precariato e il conseguente turnover dei docenti. Cosa intende fare in merito?

Il nostro obiettivo è  garantire agli studenti insegnanti in cattedra già dal primo giorno di scuola. E allo stesso tempo abbattere il precariato storico, con una combinazione di misure ordinarie e straordinarie. Abbiamo avviato una nuova stagione di concorsi. Per i docenti che hanno già almeno tre anni di servizio, sia nella scuola statale che nella paritaria, saranno attivati percorsi per consentire l’abilitazione all’insegnamento. Tra le misure straordinarie, un concorso da 24 mila posti circa per chi ha già tre anni di insegnamento nella scuola statale. Bandiremo poi concorsi ordinari: 17.000 posti nella scuola dell’infanzia e nella primaria, più di 24.000 posti nella secondaria. Il concorso per 17.000 posti sarà bandito entro l’estate. I concorsi per la secondaria, ordinario e straordinario, arriveranno entro la fine del 2019. Vogliamo insegnanti stabili, rassicurati sul proprio futuro, che possano dare continuità agli alunni e alle famiglie. Faremo tutto il necessario. È chiaro che ereditiamo una situazione intricata, effetto di politiche miopi di governi che ci hanno preceduto. Ci vorrà del tempo, ma in un solo anno abbiamo già ottenuto risultati significativi.

Per la secondaria parliamo, quindi, di  uno slittamento. Quali sono i motivi?

“Nessuno slittamento. Ma un lavoro costante che stiamo facendo dialogando con le organizzazioni sindacali per tenere conto, come dicevo poco fa, anche dei docenti che hanno già insegnato nella scuola”.

Parliamo dell’accordo raggiunto giorno 24 aprile sugli aumenti stipendiali. Non c’è dubbio che ci troviamo davanti all’offerta migliore che il personale della scuola abbia avuto negli ultimi anni, ma esponenti della vostra maggioranza hanno messo in guardia i sindacati sulla firma dicendo che prima avrebbero dovuto chiedere la certezza della copertura finanziaria. Cosa risponde?

“L’intesa del 24 aprile è stata molto importante. Per nulla scontata. E dovremmo guardare al risultato complessivo, senza perderci in critiche che non aiutano a trovare soluzioni. L’accordo pone al centro due argomenti: più risorse per il prossimo rinnovo contrattuale e soluzioni mirate per il precariato. Abbiamo immediatamente attivato i tavoli tematici per dare attuazione agli impegni presi e stiamo lavorando molto bene con le organizzazioni sindacali. Tra i nostri obiettivi c’è quello di riconoscere la professionalità dei nostri insegnanti anche economicamente. Come abbiamo già fatto nell’ultima Legge di bilancio, quando abbiamo previsto risorse aggiuntive per 1,7 miliardi. Vale la pena ricordare che stiamo anche facendo fronte alle mancanze del passato esecutivo: con il rinnovo del contratto sottoscritto nei mesi scorsi abbiamo recuperato i fondi per bloccare la  riduzione degli stipendi che era stata già programmata dal governo che ci ha preceduti”.

La dignità degli stipendi è legata al riconoscimento del ruolo sociale e al prestigio dei docenti, spesso vittime di episodi di violenza da parte delle famiglie e degli alunni. Ci sarà un giro di vite per arginare questi episodi? 

“I nostri docenti non saranno più lasciati soli di fronte a questi intollerabili comportamenti. Il loro ruolo e la dignità della loro figura devono essere ricostruiti. Il Miur si costituirà parte civile in tutti procedimenti giudiziari che riguardino aggressioni agli insegnanti. A questa doverosa presa di posizione del Ministero, va affiancata un’azione educativa che riporti nella scuola l’educazione al rispetto delle regole e alla civile convivenza. Per questo ho fortemente voluto che si tornasse a studiare l’Educazione civica e già a partire dalla Scuola dell’infanzia”.

D’altra parte si assiste a episodi che vedono vittime di maltrattamenti gli alunni più piccoli. Lei pensa che le telecamere possano arginare il fenomeno? Non c’è il rischio di un’interferenza esterna nel rapporto educativo che si instaura tra l’insegnante e gli allievi?

“Il Parlamento ha dato il via libera alla installazione delle telecamere negli asili nido, nelle scuole dell’infanzia e nelle case di riposo. Un provvedimento ispirato dai fatti di cronaca, ma anche da molte richieste di sicurezza. La mia fiducia nella classe docente è totale e il rispetto nei loro confronti, come ho detto, è una priorità. Ma con la videosorveglianza stiamo rispondendo a richieste che spesso provengono dalle stesse scuole. Non c’è nessuna imposizione. Andiamo incontro a un’esigenza che ci è stata manifestata”.

Anche il personale Ata si attende segnali per la valorizzazione del proprio ruolo all’interno della scuola. E molti impiegati facenti funzione Dsga vorrebbero vedere riconosciuto il proprio lavoro. Che cosa intendete fare? 

“Il nostro obiettivo è riconoscere il prezioso lavoro che tutto il personale della scuola svolge per i nostri studenti. Per gli ATA, sempre nell’ambito dell’intesa del 24 aprile, abbiamo previsto un tavolo tematico, che si è già  riunito per trovare soluzioni per la valorizzazione del loro ruolo. Non tarderanno ad arrivare, voglio rassicurare tutti. D’altronde, in pochi mesi abbiamo avviato concorsi come mai in passato, non ultimo quello per DSGA. Vogliamo scuole funzionanti ed è per questo che intendiamo costruire condizioni lavorative adeguate”.

Molti alunni diversamente abili risultano spesso sprovvisti del sostegno da parte di personale specializzato. Peraltro, anche le ultime procedure di mobilità hanno consentito a molti docenti di sostegno di passare sulla materia comune. Cosa intendete fare per garantire a tutti gli alunni un sostegno adeguato?

“In tre anni specializzeremo 40.000 nuovi insegnanti sul sostegno per garantire un servizio migliore ai nostri alunni. La scuola deve assicurare la migliore formazione possibile a ciascuno studente. Ho firmato il decreto che consente di far partire i corsi per i primi 14 mila posti. Proseguiremo, nei prossimi due anni, con una precisa programmazione che mette al centro il bene della scuola e degli alunni con disabilità. Sin dall’inizio del mio mandato, ho preso un impegno preciso su questo. Uno dei miei primi atti da Ministro, infatti, è stato incontrare l’Osservatorio dedicato all’inclusione scolastica. E proprio nelle scorse settimane il Consiglio dei Ministri ha approvato, in via preliminare, un importante provvedimento che interviene per modificare significativamente le nuove norme in materia che sarebbero entrate in vigore il prossimo settembre e che vengono riviste mettendo sempre di più al centro lo studente e le sue necessità. Dobbiamo garantire i diritti di tutti i nostri giovani, nessuno escluso. Dobbiamo renderli protagonisti della loro crescita, costruendo per loro le condizioni per esprimere tutte le loro potenzialità. Da settembre saranno istituti i GIT, i gruppi per l’inclusione scolastica. Saranno 450 docenti distaccati in tutta Italia che affiancheranno la scuola e la famiglia nei processi di inclusione e nella scrittura del PEI, il piano educativo individualizzato. Una misura strutturale e permanente”.

Veniamo ai Tfa sostegno, sono state molte le lamentele e le segnalazioni di malfunzionamenti per la prova preselettiva. Alcuni sindacati, ad esempio lo Snals, hanno chiesto che questa prova dai prossimi bandi venga gestita direttamente a livello centrale, senza deleghe alle Università. E’ una opzione che state valutando?

“Teniamo sempre conto delle segnalazioni che riceviamo. L’obiettivo ultimo è avere insegnanti preparati. E questo passa inevitabilmente dalla formazione, ma anche da una buona ed efficace selezione”.

La gestione del concorso per i dirigenti scolastici sta suscitando polemiche per presunte irregolarità. Che cosa risponde in merito? 

“Come ho detto in altre occasioni, il concorso viene gestito dall’apparato amministrativo del Ministero, dalla commissione di esame e dalle relative sottocommissioni. Al Ministro spetta l’indirizzo politico del dicastero, non organizzare le prove di un concorso. Né tantomeno giudicare i candidati. Ciò che è certo è che nel caso in cui fossero accertate irregolarità, applicheremo la legge senza se e senza ma. Il mio auspicio è comunque vedere il prima possibile i dirigenti neoassunti in servizio: le scuole hanno bisogno di loro”.

Torniamo all’Educazione civica: un risultato unanime, nessun voto contrario alla Camera. Preoccupazioni sono state espresse da parte di esponenti parlamentari sulla spinta di docenti preoccupati per l’aumento di lavoro, chiamiamolo sommerso, che dovrà sobbarcarsi in particolare la figura del coordinatore da voi prevista. Possibile che si debba fare tutto necessariamente a costo zero?

“Le ribalto la domanda: è possibile che ogni volta che si propone un intervento migliorativo se ne debba fare una questione di risorse? Alle istituzioni scolastiche non mancheranno. Ma il punto qui è un altro: questo Governo è riuscito a ridare centralità in tutto il sistema di istruzione, già a partire dalla scuola dell’infanzia, all’Educazione civica, una disciplina fondamentale per la crescita di ogni giovane. Perché a scuola si diventa cittadini. Il fatto di avere centrato questo obiettivo e di averlo fatto con il consenso di tutti dovrebbe essere una notizia da commentare con entusiasmo. Qui nessuno vuole gravare sugli insegnanti. E non sarà così. Miriamo soltanto a educare ragazzi consapevoli, protagonisti del proprio futuro e dalla vita del Paese. Una scuola, la nostra, davvero all’avanguardia”.

Di Maio: scuola deve essere tutelata, asset strategico

da Orizzontescuola

di redazione

In un lungo post su Facebook il Ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico e Vicepremier Luigi Di Maio commenta la situazione politica italiana alla luce delle vicende europee.

A conclusione il Ministro afferma

“Ad ogni modo rispondo con l’unica cosa che interessa ai cittadini italiani in questo momento:
-il salario minimo si farà;
-le tasse le vogliamo tagliare, in Italia si è aspettato fin troppo tempo;
-gli investimenti per nuove infrastrutture, dove realmente servono, partiranno;
scuola e sanità devono essere tutelate come asset strategici;
-sui migranti non resteremo in silenzio, ora tocca agli altri.”

La scuola rimane dunque al centro dell’attenzione del Governo, dopo le polemiche degli ultimi giorni sul presunto taglio di 4 miliardi. 4 miliardi di tagli alla scuola, fonti Miur: nulla di vero

Stipendi, la Corte dei Conti ratifica l’aumento di 96 euro del vecchio contratto. Quello a tre cifre di Conte?

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

A partire dal corrente mese di luglio gli stipendi del personale scolastico si incrementeranno da un minimo di 9 euro ad un massimo di 12 euro, a completamento dell’indennità di vacanza contrattuale introdotta in modo parziale dal mese di aprile: come già specificato, si tratta di un piccolo aumento stipendiale erogato quale anticipazione dei benefici attribuibili all’atto del rinnovo contrattuale, che quindi sarà riassorbito al momento della stipula del CCNL relativo al triennio 2019-2021.

I contabili dello Stato: via libera al contratto 2016-2018

Con l’inizio del mese è giunta anche la notizia che le Sezioni riunite in sede di controllo della Corte dei Conti hanno certificato “positivamente l’ipotesi di contratto collettivo nazionale di lavoro dell’area istruzione e ricerca per il triennio 2016-2018”: la stessa Corte dei Conti ha specificato che vi sono delle osservazioni contenute nel rapporto allegato alla delibera, il quale “verrà pubblicata a breve”.

Tanto clamore per 50 euro netti

Il problema è che si tratta del vecchio aumento, attuato oltre un anno fa, pari in media ad 85 euro lordi. A quella cifra, dopo la copertura a fine anno dell’elemento perequativo che avrebbe tagliato parte di quell’aumento, da qualche mese si è appunto aggiunta l’indennità di vacanza contrattuale.

La quale si attesta in tutto, considerando anche l’imminente incremento di luglio, a circa 10-15 euro, sempre lordi: complessivamente, la somma si incrementi salariali per i lavoratori della scuola non supera quindi i 100 euro, con i collaboratori scolastici fermi a circa 80 euro e i docenti a fine carriera poco oltre il 110.

Sottraendo tasse, quote relative alla previdenza e altre imposte, si arriva a poco più di 50 euro netti l’anno. Giunti, tra l’altro, dopo quasi dieci anni di blocco contrattuale.

Per i prossimi aumenti ci sarà da penare

Gli aumenti a tre cifre, frutto dell’intesa realizzata all’alba del 24 aprile, con tanto di firma del premier Giuseppe Conte a Palazzo Chigi con i sindacati, diventano quanto mai necessari.

Per arrivare all’incremento, tuttavia, servirebbe almeno mettersi al tavolo per il rinnovo contrattuale: possibilità al momento nemmeno possibile, considerando che dal Governo,a attraverso l’ultima Legge di Bilancio, sono stati sino ad oggi stanziati solo i finanziamenti che coprono l’indennità di vacanza contrattuale.

E anche nel Def dell’ex Finanziaria del prossimo anno non c’è traccia di quei soldi necessari ad avvicinare gli stipendi dei lavoratori della scuola al resto d’Europa.

Mancano all’appello, almeno un miliardo e mezzo, anche di miliardi, di euro. Andarli a reperire proprio mentre la Commissione europea batte cassa nei confronti del Governo italiano, minacciando di far scattare la procedura d’infrazione, non sarà facile.