REGIONALIZZAZIONE

REGIONALIZZAZIONE, GILDA: LA SCUOLA ITALIANA È UNA E INDIVISIBILE     

“La fumata nera con cui si è chiuso il vertice di ieri a Palazzo Chigi è per noi un buon segno che accogliamo, quindi, con soddisfazione perché dimostra come la strada della regionalizzazione sia del tutto impraticabile per il sistema di istruzione. La scuola italiana è e deve restare una e indivisibile”. È quanto afferma la Gilda degli Insegnanti intervenendo in merito al nulla di fatto che ha costretto i ministri interessati dall’Autonomia Differenziata ad aggiornare la discussione a giovedì mattina. 

“L’intesa siglata lo scorso 24 aprile tra sindacati e Governo parla chiaro: la scuola deve essere lasciata fuori dalla partita della regionalizzazione. Non si tratta di una semplice promessa – sottolinea la Gilda – ma di un impegno formale messo nero su bianco dopo una lunga ed estenuante trattativa durata una notte intera e sottoscritto da Conte e Bussetti. In quanto ministro della Repubblica italiana, Bussetti ha il dovere istituzionale di difendere l’unità nazionale del sistema scolastico e di garantire lo stesso diritto all’istruzione  dalle Alpi alla Sicilia. A un sistema basato su scuole di serie A e serie B continueremo sempre a dire no, così come rifiutiamo il modello del Trentino Alto-Adige che per noi non rappresenta affatto un esempio da imitare. Se il ministro Bussetti ha davvero intenzione di convincere i sindacati della bontà e della validità della regionalizzazione della scuola – conclude la Gilda – sappia che noi sarà solo fiato sprecato”. 

FIRMATO IL CONTRATTO PER L’AREA DIRIGENZIALE

FIRMATO IL CONTRATTO PER L’AREA DIRIGENZIALE ISTRUZIONE E RICERCA: UNA GIORNATA IN AGRODOLCE

Nel momento in cui stiliamo questo comunicato può solo presumersi che sui siti delle varie sigle sindacali leggeremo plaudenti dichiarazioni sull’avvenuta firma, nella serata odierna, del CCNL 2016-2018 dell’area “Istruzione e Ricerca”, a ben sette mesi dalla sigla sull’ipotesi di accordo.

Una anomalia tutta Italiana. Si firma un contratto a ben 7 mesi dalla scadenza… e tutto è normale!

Di certo non possiamo dire di essere insoddisfatti, per una dirigenza scolastica che dal primo di gennaio 2019 permane sì figlia di un dio minore, ma è un po’ meno pezzente rispetto a tutte le altre consorelle di pari seconda fascia, che non hanno avuto in sorte il godimento di una lussureggiante “specificità”.

Quel che invece non vi si leggerà è che sono stati vanificati ben due anni del triennio contrattuale: tutto il 2016 e tutto il 2017, i cui risibili aumenti, siccome parametrati sul tasso d’inflazione programmato e uguali per l’intera platea dei pubblici dipendenti, hanno accentuato, anziché restringerle, le differenze retributive con le dirigenze “normali”.

Non c’è stato verso di smuovere l’assoluto disinteresse dei nostri “competitor”, ammantato – sbrigativamente – da pseudo-ragionamenti di ordine tecnico e fatti inopinatamente assurgere ad insormontabili difficoltà.

L’unica consolazione è che, grazie alla nostra cocciuta insistenza, all’ultimo momento – proprio l’ultimo, quando mancava una manciata di secondi allo scoccare della mezzanotte del giorno di Santa Lucia – si è ottenuto per il solo 2018 un aumento della retribuzione di parte fissa dai circa 3.500 euro lordi annui ai circa 6.200, che dall’1 gennaio 2019 diventano poco più di 12.500 e così realizzandosi la perequazione economica della retribuzione di posizione parte fissa; che si aggiunge al tabellare (finora l’unica voce retributiva uguale a quella delle restanti dirigenze, se si esclude l’anomala dirigenza medica).

E’ un risultato indubbiamente notevole, date le premesse e le condizioni di contesto che, praticamente, hanno visto DIRIGENTISCUOLA isolata sulla questione “di sostanza”.

Ma è una giustizia realizzata a metà. E anche meno.  Brindiamo, quindi, ma con il bicchiere mezzo pieno.

Rimane infatti da perequare la retribuzione di parte variabile. E rimane da perequare la retribuzione di risultato, a tutt’oggi semplicemente inesistente!

Per il primo aspetto, sfidiamo chiunque a dimostrare – con ancoraggio alle disposizioni normative, ma basterebbe il buon senso se non fosse obnubilato da immarcescibili pregiudizi ideologici – che la “complessità” di un’istituzione scolastica, “pubblica amministrazione” funzionalmente autonoma, sia inferiore a quella di un ufficio interno affidato a un dirigente amministrativo avvalentesi, in media, di meno di dieci persone alle sue dipendenze per l’attuazione di singoli programmi predefiniti e di compiti circoscritti, gli uni e gli altri assegnati dal titolare direttore generale; a tacere dei dirigenti tecnici e dei dirigenti cosiddetti professionali, privi di qualsivoglia “struttura organizzativa” da dirigere e dei cui risultati rispondere.

Per il secondo aspetto, la partita dovrà in primo luogo giocarsi in sede di contrattazione integrativa nazionale ai tavoli del MIUR. Propriamente, la materia è solo oggetto di confronto, in esito al quale, però, occorrerà pregiudizialmente decidere se reiterare le implausibili sperimentazioni sistematicamente abortite in corso d’opera oppure vincolarsi alle prescrizioni di legge.

Si insisterà per la valutazione di una dirigenza scolastica consistente nell’affastellamento di carte, nella sottoposizione a colloqui con “esperti” – di chiara fama o di improvvisato conio, poco importa – e magari essere bacchettati nell’incessante percorso di un “miglioramento continuo” quali creature perennemente minorenni, perciò abbisognevoli di essere accompagnate mano nella mano sino alla soglia della quiescenza? Per una valutazione “gentile”, senza punteggi e senza graduatorie? Per una valutazione il cui riconoscimento economico si traduce, in definitiva, nella benevola elargizione di una mancia?

Oppure ci si determinerà, nel rispetto della legge, per una valutazione dirigenziale appropriata, cioè “vera”? Per una valutazione volta a verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi formalizzati in modo preciso nel provvedimento d’incarico, unitamente ai comportamenti organizzativi attesi e al rispetto delle direttive dell’Amministrazione. E quindi a remunerarla in misura selettiva o “significativamente differenziata” ovvero, riconoscendola adulta, all’opposto e ricorrendone i presupposti, sanzionarla secondo le graduate conseguenze, sempre come vuole la legge?

Sciolta quest’interessata e ipocrita ambiguità, allora si potranno richiedere le occorrenti risorse finanziarie senza più alibi.

E, usciti allo scoperto, si potrà avere inoppugnabile testimonianza di chi ha fattivamente a cuore la dignità della categoria e di chi preferirà continuare a menar il can per l’aia. Come da vent’anni e più.

autonomia differenziata

Le Intese sull’autonomia differenziata sanciscono la fine del sistema d’Istruzione nazionale e tradiscono clamorosamente l’Intesa sull’Istruzione sottoscritta a Palazzo Chigi

A leggere il testo delle Bozze di Intesa fra Governo e tre Regioni del Nord sulla cosiddetta autonomia differenziata, in modo particolare quelle riguardanti Lombardia e Veneto, in materia di scuola e istruzione, vi è una sola valutazione possibile: testi irricevibili, inaccettabili e da respingere senza alcuna incertezza.

In quelle Intese, infatti, viene sancita la fine del nostro sistema educativo nazionale di istruzione e formazione che viene sostituito da un fantomatico “sistema educativo regionale di istruzione e formazione”.

Personale, contratti di lavoro, mobilità, concorsi, organizzazione, valutazione, rete scolastica, università, fabbisogni di organico, formazione, diritto allo studio universitario e non, condizioni per riconoscere la parità scolastica, organi collegiali, ricerca scientifica e tecnologica, tutto ciò che oggi è regolato dalle leggi nazionali e dai contratti, viene intestato alla Regione.

E i dirigenti scolastici, tanto perché non esistano equivoci su dove si vuole andare a parare, vengono da subito dichiarati direttamente dipendenti dall’Assessore regionale all’Istruzione.

Il testo assume poi il tono della beffa laddove non si stanca di ripetere ad ogni passo: “nel rispetto dei principi fondamentali delle leggi dello stato”, “nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche”, “nel rispetto dei contratti nazionali di lavoro del comparto scuola e della dirigenza scolastica”. Parole vuote, che cozzano con i contenuti delle Intese.

Al Presidente Conte ricordiamo che non una di quelle proposizioni contenute nelle Intese in materia di Istruzione può essere ritenuta compatibile con l’Intesa da lui sottoscritta con noi il 24 aprile 2019 a Palazzo Chigi. Le lavoratrici e i lavoratori del mondo dell’Istruzione e della Ricerca sapranno trarre le dovute conclusioni circa il tasso di affidabilità del governo.

Il diritto all’istruzione rappresenta il cardine della coesione nazionale, è un diritto sociale che la Costituzione esige sia garantito in maniera uguale ad ogni cittadino, indipendentemente dalla sua residenza nel territorio nazionale. Il mondo della scuola e dell’istruzione si opporrà con tutte le sue forze a chi questo diritto vuole manomettere e rendere inefficace.

ABILITATI IN ROMANIA

LA CHAP DELLA COMMISSIONE EUROPEA 25 GIUGNO 2019 SUGLI ABILITATI IN ROMANIA:  GARANTIRE IL DIRITTO ALLA LIBERA CIRCOLAZIONE DEL TRATTATO UE, DI ACCESSO PARZIALE E DI VALUTAZIONE DELLA EQUIVALENZA DEL TITOLO , NONCHE’ DI PARTECIPAZIONE AI F.I.T. 

Avv. Maurizio Danza
Prof. Diritto Del Lavoro -Università Mercatorum Roma

Prosegue la vicenda che riguarda il diritto all’esercizio della professione docente in Italia di numerosissimi cittadini italiani abilitati in Romania,  in attesa di una prima decisione cautelare all’ udienza del 16 luglio 2019, innanzi alla sezione III° bis del TAR Lazio-Roma, ad oggetto la impugnativa dell’avviso MIUR n.5636 del 2 aprile 2019 di rigetto delle loro istanze, e  dei decreti di rigetto individuali . Di particolare interesse la recente CHAP del 25 giugno 2019 della Commissione EuropeaDirezione Generale Mercato Interno, Industria, Imprenditoria e PMI Modernizzazione del mercato unico ,Qualifiche e competenze professionali che prevede espressamente  “..in quanto cittadini europei gli studenti italiani hanno esercitato il loro diritto alla libera circolazione, hanno conseguito titoli di studio in un altro Stato membro dell’UE (la Romania) e sono ritornati nel loro paese d’origine (l’Italia). Alla loro situazione è pertanto applicabile il trattato UE, in particolare per quanto riguarda il rispetto del principio fondamentale della libera circolazione dei lavoratori (articolo 45 TFUE)” ; a ben vedere la posizione della Commissione Europea conferma  la illegittimità dell’avviso e dei decreti di rigetto del MIUR, già ribadita nel ricorso introduttivo, per non aver mai disposto un accertamento in concreto del titolo conseguito in Romania, finalizzato alla verifica di quei “requisiti minimi” tali da garantire l’espletamento della funzione docente in Italia, proprio a salvaguardia del diritto alla libertà di circolazione previsto dall’art.45 del trattato fondativo dell’Unione Europea . Inoltre la stessa Commissione sottolinea la palese violazione dei principi giurisprudenziali comunitari in materia di riconoscimento delle professioni da parte del MIUR, ritenendo che “ In questi casi “[…] spetta all’autorità competente (nel caso di specie, il MIUR) verificare […] se, e in quale misura, si debba ritenere che le conoscenze attestate dal diploma rilasciato in un altro Stato membro e le qualifiche o l’esperienza professionale ottenute in quest’ultimo, nonché l’esperienza ottenuta nello Stato membro in cui il candidato chiede di essere iscritto, soddisfino, anche parzialmente, le condizioni richieste per accedere all’attività di cui trattasi.”, e menzionando espressamente la nota sentenza “ Morgenbesser” del 13 novembre 2003 C-313/2001 mai applicata al caso di specie e che invece avrebbe dovuto comportare da parte del MIUR , una autonoma valutazione del titolo conseguito dai ricorrenti italiani in Romania. La stessa Commissione Europea prosegue nella Chap, affermando che “Questa procedura di valutazione deve consentire alle autorità dello Stato membro ospitante di assicurarsi obiettivamente che il diploma straniero attesti il possesso, da parte del suo titolare, di conoscenze e di qualifiche, se non identiche, quanto meno equivalenti a quelle attestate dal diploma nazionale. Tale valutazione dell’equivalenza del diploma straniero deve effettuarsi esclusivamente in considerazione del livello delle conoscenze e delle qualifiche che questo diploma, tenuto conto della natura e della durata degli studi e della formazione pratica cui esso si riferisce, consente di presumere in possesso del titolare”, ribadendo dunque, l’obbligo della “valutazione dell’equivalenza” principio affermato  dalla nota pronuncia della Corte di giustizia del 15 ottobre 1987, ( Unectef/Heylens, C-222/86),  richiamata espressamente nella CHAP e di cui se ne chiede l’applicazione in sede giudiziaria a favore dei ricorrenti.   A ben vedere poi, la Commissione Europea non si limita a menzionare i detti principi espressi dalla Corte di Giustizia Europea, ma stigmatizzi altresì il comportamento delle autorità italiane  prevedendo cheAlla luce di quanto sopra, le autorità italiane che sono tenute a valutare le candidature dei cittadini italiani che hanno ricevuto una formazione come insegnanti in un altro Stato membro dell’UE ma che non sono pienamente qualificati dovrebbero comunque valutare le conoscenze e le qualifiche conseguite in modo da consentire agli studenti italiani di partecipare, se del caso, al concorso nella categoria pertinente al fine di accedere alla formazione pratica prevista per gli insegnanti (FIT). Infatti, in base a quanto previsto dalla legge , la possibilità di accedere a tale formazione non comporta l’accesso diretto alla professione”; dunque la Commissione Europea riconosce esplicitamente  il diritto di partecipazione dei ricorrenti alla formazione pratica di cui ai c.d. FIT previsti dal Decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59!

E’ di tutta evidenza dunque che il MIUR, continui a disattendere sia i principi comunitari in tema di riconoscimento delle qualifiche professionali, che dell’ accesso parziale disciplinato dall’ art.4 septies della Direttiva 2013 /55/CE  recepito dal combinato disposto dell’art. 1 bis e 5 septies del D.lgs.n.206/2007. Auspichiamo che il Collegio della terza sezione Bis del Tar-Lazio chiamato a pronunciarsi, valuti attentamente le richieste difensive che evidenziano le numerose illegittimità degli atti posti in essere dal MIUR, nonchè gli altri documenti già depositati in sede di memorie difensive ed in possesso esclusivo della difesa, in vista dell’esame della questione cautelare fissata al 16 luglio 2019.

Pa, impronte digitali: dirigenti sì, docenti no. Ecco cosa cambia

da Il Sole 24 Ore

Al dipendente pubblico non si chiederà più di estrarre il badge per entrare in ufficio, dovrà invece porgere il dito: sarà l’impronta digitale a identificarlo e marcare così l’orario di servizio. Non solo, a scanso di equivoci, la scena sarà ripresa da telecamere ad hoc.

Le nuove regole
Funzioneranno così le cose appena il regolamento attuativo, messo già a punto dalla Bongiorno, scatterà. D’altra parte la legge che introduce la novità, il provvedimento intitolato «Concretezza», è già in vigore. L’obiettivo dichiarato è mettere fuori gioco i “furbetti del cartellino” con nuovi meccanismi di identificazione. La legge parla di “verifica biometrica”, che potrebbe passare teoricamente anche attraverso il controllo dell’iride ma il ministro della P.a, madre del provvedimento, ha sempre insistito sulle impronte digitali. Per assicurare la riservatezza dei dati, tutto sarà poi criptato: trasformato in codici alfanumerici.

Tra i principi che verranno seguiti anche quello della gradualità, per cui, probabilmente, la novità sarà prima fatta digerire alle amministrazioni più grandi per poi portarla, mano a mano, sul territorio. Detto ciò lo stesso ministro più volte ha sottolineato come ci siano realtà che si sono portate avanti, ad esempio in Campania – dove il sistema è già stato
sperimentato. Restano esclusi gli insegnanti per cui fa fede il registro di classe. Invece rientrano i dirigenti. E i presidi non fanno eccezione, anche se per loro ci sarà un decreto apposito.

L’era delle impronte è quindi alle porte, ma per avere una road-map precisa bisognerà attendere i vari pareri sul regolamento, in primis quello del Garante della Privacy, che non ha mancato di far sentire le sue critiche. Servirà poi un’intesa in sede di Conferenza unificata, visto che gli apparecchi andrebbero installati anche nei Comuni più piccoli.

Presidi, a settembre aumenti e arretrati

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

Il maxi-aumento di circa 450 euro netti al mese per i presidi è giunto al traguardo. Nel tardo pomeriggio di ieri, all’Aran, è stato infatti firmato definitivamente il Ccnl 2016-2018, il primo della nuova area Istruzione e Ricerca – alla quale appartengono anche i dirigenti scolastici – dopo l’ipotesi di intesa sottoscritta quasi sette mesi fa (su cui si veda Il Sole 24 ore del 15 dicembre 2018).

Gli effetti economici del Ccnl si vedranno probabilmente con il cedolino di settembre, assieme agli arretrati, vale a dire un conguaglio, una tantum, dal 1° gennaio 2016, intorno ai 6mila euro netti, secondo i primissimi conteggi.

A essere interessati dagli adeguamenti retributivi sono 7.452 presidi; a cui si aggiungono – seppure con aumenti stipendiali più contenuti – i 353 dirigenti di università ed enti di ricerca.

All’incremento di circa 450 euro netti in più al mese per i dirigenti scolastici si arriva sommando l’aumento “standard” del 3,48%, pari a 160 euro lordi al mese, intorno agli 80 euro netti, ai 370 euro netti aggiunti sulla retribuzione di posizione parte fissa, che sale di 9mila euro, passando da poco più di 3.500 euro a oltre 12.500 (per quest’ultima operazione, nella manovra 2018, sono stati stanziati 37 milioni di euro nel 2018, 41 nel 2019, 96 nel 2020, oltre ai 35 milioni previsti dalla Buona Scuola).

Per il presidente dell’Anp, Antonello Giannelli, il Ccnl, che adesso sarà inviato agli uffici della Ragioneria generale dello Stato, dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, «realizza la piena equiparazione della parte fissa della retribuzione dei dirigenti della scuola rispetto a quella di tutti i dirigenti pubblici di pari livello. Tale voce stipendiale è particolarmente importante in quanto non può essere oggetto di decremento ed è utile al calcolo del trattamento pensionistico. Ciò tuttavia costituisce solo il raggiungimento di una tappa nel percorso verso la perequazione retributiva completa, che rimane il nostro obiettivo fondamentale».

Oggi, del resto, la busta paga di un preside oscilla tra i 2.500 e i 3mila euro netti al mese a seconda di quando (e come) ha iniziato a ricoprire l’incarico. Considerando, quindi, anche gli incrementi in arrivo con il Ccnl, in base a calcoli dell’Anp, la distanza retributiva con un analogo dirigente di seconda fascia resta ancora di almeno mille euro netti al mese in meno.

Oltre alla parte economica, il Ccnl 2016-2018 prevede anche alcune novità sulla parte normativa. In primis, arriva una sorta di “diritto alla disconnessione”, con la possibilità per chi è in ferie o malattia di farsi sostituire da un docente delegato. Viene poi consentito a un preside, entro i cinque anni di servizio, di tornare al ruolo di appartenenza (quello docente). Mentre gli obblighi relativi alla sicurezza nei luoghi di lavoro sono circoscritti alle funzioni organizzative e gestionali svolte dal dirigente. Ciò significa che delle carenze strutturali risponderà l’ente locale proprietario, come peraltro già evidenziato dalla giurisprudenza.

Spazio, infine, a misure a tutela dei dirigenti con gravi patologie e a ferie e riposi solidali per assistere figli minori bisognosi di cure.

Vaccini: addio ai certificati per l’iscrizione a scuola, ma l’obbligo resta

da Il Sole 24 Ore

di Marzio Bartoloni

Se i genitori rifiuteranno ripetutamente di far vaccinare i figli dopo colloqui e solleciti da parte delle Asl, incorreranno nelle sanzioni pecuniarie previste dalla legge.

Niente certificati né autocertificazioni. L’incubo delle scartoffie da produrre alle segreterie di scuole e asili entro scadenze determinate è archiviato. Grazie all’attivazione dell’anagrafe vaccinale saranno segnalate direttamente alle scuole le situazioni critiche. Ma questo addio alla presentazione dei certificati – vale la pena sottolinearlo – non significa anche l’addio all’obbligo di vaccinazioni che resta in piedi nonostante le promesse del Governo di allentarlo. Con multe salate per chi contravviene.

Il 10 luglio era l’ultima data cerchiata in rosso dai genitori per la presentazione dei certificati di avvenute vaccinazioni per le iscrizioni scolastiche del prossimo anno, prevista dalla normativa vigente (Legge Lorenzin). Ma, come detto, grazie all’attivazione dell’anagrafe vaccinale – hanno fatto sapere nei giorni scorsi i ministeri dell’Istruzione e della Salute – non c’è più l’obbligo di presentazione dei certificati a scuola e la scadenza è venuta meno. Essendo stata attivata l’Anagrafe nazionale vaccinale, i genitori non hanno più quindi l’obbligo di presentare la documentazione, perché il Sistema automatizzato fa dialogare Asl e istituti scolastici. Grazie all’Anagrafe vaccinale, le situazioni irregolari di genitori che non hanno sottoposto i figli alle vaccinazioni obbligatorie per la frequenza scolastica saranno comunicate dalle Aziende sanitarie alle scuole che provvederanno a richiedere i documenti eventualmente mancanti ai genitori.

In attesa che venga approvato il nuovo provvedimento voluto dalla maggioranza giallo-verde sui vaccini, all’esame in Parlamento con tempi molti rallentati, e che prevede il cosiddetto «obbligo vaccinale flessibile» (la vaccinazione resterebbe obbligatoria solo «in caso di emergenze sanitarie o di compromissione dell’immunità di gruppo»), resta dunque in vigore la legge Lorenzin del precedente Governo. Legge che prevede appunto l’obbligo della vaccinazione per le iscrizioni all’asilo nido e alla scuola materna e, con modalità diverse, riguarda anche le scuole elementari, scuole medie e i primi due anni delle superiori, fino ai 16 anni. Di conseguenza i bambini da zero a sei anni non in regola con le vaccinazioni non possono accedere agli asili nido e alle scuole dell’infanzia; bambini e ragazzi nella fascia d’età da 6 a 16 anni potranno entrare a scuola. Le vaccinazioni obbligatorie previste sono dieci. Si tratta di anti-poliomielitica, anti-difterica, anti-tetanica, anti-epatite
B, anti-pertosse, anti-Haemophilus influenzae tipo b, anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite, anti-varicella.

Ma cosa succede ai genitori che decidono di non mettersi in regola?
Le situazioni irregolari di genitori che non hanno sottoposto i figli alle vaccinazioni obbligatorie per la frequenza scolastica verranno comunicate dalle aziende sanitarie alle istituzioni scolastiche che provvederanno a richiedere i documenti eventualmente mancanti ai genitori. I genitori avranno a loro volta dieci giorni di tempo per portarli a scuola. Se i genitori rifiuteranno ripetutamente di far vaccinare i figli dopo colloqui e solleciti da parte delle Asl, incorreranno nelle sanzioni pecuniarie previste dalla legge. Eliminata la norma originaria che consentiva al Tribunale dei minori di ritirare in certi casi la patria potestà per i genitori che si rifiutano di vaccinare i figli minori di 16 anni sono rimaste le sanzioni anche se ridotte. Le multe previste vanno dai 100 ai 500 euro in base alle inadempienze.

Immissioni in ruolo 2019, Bussetti: saranno più di 58.000, ok dal MEF

da Orizzontescuola

di redazione

Immissioni in ruolo a.s. 2019/20: arrivano i numeri ufficiali. Ad annunciarli è il Ministro Bussetti, in una intervista di oggi a La Verità.

MEF ha autorizzato immissioni in ruolo 2019/20

Abbiamo avuto l’autorizzazione dal Ministero dell’Economia a immettere in ruolo questo numero

Il riferimento è alla richiesta formulata la scorsa settimana:  58.627 docenti, di cui 14.552 per il sostegno.

Nomine da fine luglio

Le nomine potranno iniziare già fine luglio per poi proseguire nelle prime settimane di agosto. L’obiettivo del Ministero è quello di avere i docenti in classe dal 1° settembre.

Pubblicazione GaE e problemi ancora da risolvere

Gli Uffici Scolastici stanno pubblicando le graduatorie ad esaurimento (ancora provvisorie); esaminati i reclami gli elenchi saranno ripubblicati in forma definitiva.

Venerdì 12 luglio i sindacati saranno nuovamente ricevuti al Ministero per gli ultimi ritocchi alle istruzioni operative (allegato A), che costituiranno il testo base al quale dovranno attenersi gli Uffici Scolastici.

Numerose le problematiche ancora da definire Assunzioni docenti: sede provvisoria, cambio provincia FIT, vincolo 5 anni. Risposte il 12 luglio

Pochi insegnanti nelle graduatorie: alcuni posti potrebbero rimanere vacanti

Il rischio c’è: domanda e offerta potrebbero non coincidere, come accaduto lo scorso anno. A fronte di graduatorie piene in alcuni territori, i posti potrebbero essere autorizzati in province e classi di concorso senza aspiranti.

Il Ministro Bussetti spera nelle GaE. La riapertura ha infatti permesso agli aspiranti ancora inseriti di cambiare provincia e quindi potenzialmente di inserirsi in province con elenchi vuoti in modo da sperare nell’immissione in ruolo in tempi più rapidi.

Dirigenti scolastici, in Gazzetta Ufficiale legge su rilevazione presenza con sistemi biometrici

da Orizzontescuola

di redazione

Pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge 19 giugno 2019, n. 56 “Interventi per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo” .

La legge, ricordiamolo, introduce per i dirigenti scolastici il controllo biometrico per rilevare la presenza.

Sistemi di verifica biometriche nelle pubbliche amministrazione

Ai fini della verifica dell’osservanza dell’orario di lavoro – leggiamo nell’articolo 1 della legge suddetta – le amministrazioni pubbliche, con esclusione dei dipendenti di cui all’articolo 3 del decreto 165/01, introducono sistemi di verifica biometrica dell’identita’ e di video sorveglianza degli accessi.

Verifica accessi dirigenti scolastici

L’articolo 2, comma 4, della legge è dedicato alla scuole e dispone dispone:

  1. Il personale docente ed educativo degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative e’ escluso dall’ambito di applicazione del presente articolo. I dirigenti dei medesimi istituti, scuole e istituzioni sono soggetti ad accertamento esclusivamente ai fini della verifica dell’accesso, secondo modalita’ stabilite, nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e della dotazione del fondo di cui al comma 5, con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previo parere del Garante per la protezione dei dati personali, ai sensi dell’articolo 154 del citato codice di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003, nel rispetto dell’articolo 9 del citato regolamento (UE) 2016/679 e delle misure di garanzia definite dal predetto Garante, ai sensi dell’articolo 2-septies del citato codice di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003.

Per i dirigenti, dunque, il controllo biometrico e di video sorveglianza riguarda soltanto gli accessi.

Docenti

I docenti, come evidenziato nel testo sopra riportato, sono esclusi dalla misura.

La legge

Concorso dirigenti scolastici, “MIUR mi ha inserito nel comitato tecnico a mia insaputa e non mi ha mai convocato”

da Orizzontescuola

di redazione

Giunta in redazione il testo di una diffida scritta dal dirigente in quiescenza Luigi Martano ed inviata al Ministero che riguarda il concorso a dirigente scolastico che al momento si trova nella bufera a causa dell’annullamento da parte del Tar Lazio.

Il dirigente in quiescenza lamenta, secondo quanto riporta il testo della diffida, di aver scoperto “attraverso la lettura della sentenza del Tar Lazio n° 08655/2019 reg. prov. coll. N 06233/2019 reg.ric., che annulla il concorso dei Dirigenti Scolastici” di essere stato inserito “d’ufficio, quale componente dei Nuclei di valutazione dei Dirigenti scolastici della Puglia […] per la predisposizione dei quesiti a risposta aperta e chiusa della prova scritta computerizzata, nonché i quadri di riferimento per la costruzione e valutazione della prova in questione.”

La diffida continua evidenziando come l’inserimento nel Comitato Tecnico sia avvenuta all’insaputa del dirigente che “non è stato mai interpellato dagli Uffici del Ministero prima della nomina per eventuale accettazione e neanche il relativo atto di nomina è stato mai notificato per procedere alle conseguenti dimissioni per incompatibilità con il mio ruolo di formatore.”

Inoltre, il Martano, evidenzia di non essere mai stato convocato “né mai ha partecipato alle riunioni di Codesto Comitato Tecnico Scientifico come sottolineato nella stessa sentenza.”

La lettera si conclude, chiedendo al Ministero “di voler escludere dall’elenco del Comitato Tecnico Scientifico in questione il nome del sottoscritto, di voler dare allo scrivente chiarimenti sull’accaduto e si riserva di intraprendere iniziative legali a difesa della propria deontologia professionale e morale.”

Dirigenti scolastici, all’Aran firmato il contratto in via definitiva: oltre 600 euro di aumento

da La Tecnica della Scuola

Di Fabio Guarna

Dopo quasi nove anni di attesa, è stato firmato nel pomeriggio di lunedì 8 luglio il Ccnl dei dirigenti scolastici: sono previsti aumenti superiori ai 600 euro lordi. Con molta probabilità, nel mese di settembre i dirigenti scolastici potranno già trovarsi gli aumenti stipendiali sul cedolino.

La soddisfazione dell’Anp

Fra i firmatari del contratto c’è anche il sindacato Anp, che dopo avere reso noto dell’avvenuta definitiva sottoscrizione spiega che “si tratta del frutto di un lungo cammino che l’Anp ha compiuto grazie ai propri iscritti. In questi anni non abbiamo lanciato slogan o urla scomposte, ma abbiamo lavorato quotidianamente e mirando sempre alla concretezza”.

“Questo atteggiamento – si legge nel comunicato sindacale – è stato riconosciuto dai nostri soci: grazie al loro prezioso impegno abbiamo manifestato a Roma il 25 maggio 2017 e ottenuto che il Governo reperisse le risorse per il CCNL nella legge di bilancio per il 2018”.

Cisl: completata la stagione dei rinnovi

Anche la Cisl che era presente alla firma, oltre che con la segreteria della Federazione Scuola, Università, Ricerca (Maddalena Gissi, Giuseppe De Biase, Francesco De Simone Sorrentino), col segretario confederale Ignazio Ganga e con la segretaria nazionale Cisl Scuola responsabile per i dirigenti, Paola Serafin, la quale ha espresso grande soddisfazione attraverso il segretario nazionale Maddalena Gissi.

Gissi (Cisl): professione verso la valorizzazione

Questa sottoscrizione, ha detto la Gissi, “completa finalmente per tutte le professionalità del comparto la stagione dei rinnovi 2016/18, mentre già si sta lavorando per il successivo triennio”.

Con il rinnovo del contratto, affermano dalla Cisl, “si fa un significativo passo in avanti in direzione di una più adeguata valorizzazione delle funzioni svolte dalla dirigenza scolastica, conseguendo l’equiparazione della retribuzione di posizione parte fissa con la dirigenza del comparto”.

Regionalizzazione, fumata nera dopo vertice di maggioranza

da La Tecnica della Scuola

Di Andrea Carlino

Regionalizzazione ancora ferma al palo. Nulla di fatto dopo il vertice di maggioranza a Palazzo Chigi. A quanto apprende l’agenzia Dire non c’è ancora il placet alla stesura dei testi per il passaggio in Parlamento.

Il vertice a Palazzo Chigi si conclude, dopo oltre tre ore, con un nuovo rinvio-

Il nodo da sciogliere sarebbe quello delle risorse da destinare alle regioni che chiedono la competenze esclusiva su servizi precedentemente gestiti in regime concorrente tra Stato e regioni.

https://twitter.com/Agenzia_Dire/status/1148247300961177600

La riunione è stata aggiornata a un nuovo incontro (giovedì prossimo a partire dalle 9.30), quando sarà presente anche il titolare dell’Economia Giovanni Tria all’estero per impegni istituzionali.

Mercoledì scorso, lo ricordiamo, era stato raggiunto un accordo di massima sull’impianto finanziario da dare alle intese tra le Regioni che hanno chiesto maggiori competenze e lo Stato.

Poco prima di entrare a Palazzo Chigi, il vice premier Matteo Salvini, a colloquio con i giornalisti, aveva detto: “Non posso prevedere prima della riunione cosa succederà”, ma “siamo qui apposta per trovare un accordo”.

La richiesta di maggiore autonomia è stata avanzata da nove regioni (Lombardia, veneto, Emilia-Romagna, Piemonte, Liguria, Toscana, Marche, Umbria e Campania), in due si è svolto un referendum nel 2017 che ha confermato la richiesta (Lombardia e Veneto) e oltre a queste ultime anche con Emilia-Romagna e Piemonte si è giunti alla fase di intese tra regioni e governo

Personale ATA, circa 19 mila posti liberi dopo i trasferimenti

da La Tecnica della Scuola

Di Fabrizio De Angelis

Il 5 luglio sono stati pubblicati gli esiti dei trasferimenti ata 2019.

I prospetti con gli elenchi dei trasferimenti e dei passaggi sono stati inviati agli Uffici scolastici territoriali e sono in corso di pubblicazione sui relativi siti.

Inoltre, gli interessati hanno ricevuto comunicazione direttamente in posta elettronica, mentre le Scuole possono consultare il SIDI.

Per le immissioni in ruolo, ci sarebbero circa 19 mila posti liberi, come vedremo fra poco.

Immissioni in ruolo, la dotazione prevista per il personale Ata

Così come segnala la Flc Cgil, con la nota 26350 del 3 giugno 2019 e il decreto con le tabelle il Ministero dell’Istruzione ha reso note le dotazioni organiche complessive del personale ATA per il triennio 2019-2022, con le ripartizioni per ciascun profilo valide per il prossimo anno scolastico 2019/2020.

In seguito ai movimenti del personale ATA, la Flc Cgil ha calcolato, sulla base dei dati forniti dal Ministero dell’Istruzione, le disponibilità previste per le prossime immissioni in ruolo e le supplenze annuali di collaboratori scolastici, assistenti amministrativi e tecnici, DSGA.

Complessivamente, sarebbero disponibili 18.949 posti così distribuiti tra i diversi profili: 2.809 DSGA, 3.992 assistenti amministrativi, 1.611 assistenti tecnici, 10.181 collaboratori scolastici, 94 addetti alle aziende agrarie, 28 infermieri, 146 cuochi, 88 guardarobieri.

Ricordiamo, tuttavia, che i dati finali potrebbero subire qualche variazione a seguito di rettifiche o di modifiche nel contingente delle immissioni in ruolo.

Vaccini, attivata Anagrafe vaccinale, nessun obbligo di consegna dei certificati a scuola

da Tuttoscuola

Scade il prossimo 10 luglio il termine ultimo fissato dalla Legge Lorenzin del 2017, in vigore, per presentare agli istituti la documentazione comprovante l’effettuazione delle vaccinazioni obbligatorie per la frequenza scolastica o la formale richiesta di vaccinazione all’ASL competente. Tuttavia non ci sarebbe alcun obbligo di presentazione dei certificati a scuola grazie all’anagrafe vaccinale. A sottolinearlo, secondo quanto riporta Agi, è il ministero della Salute con un nota nella quale si ricorda che “in riferimento alla scadenza del 10 luglio per la presentazione dei certificati di avvenute vaccinazioni per le iscrizioni scolastiche, prevista dalla normativa vigente (cosiddetta legge Lorenzin), il ministero della Salute e il ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca precisano che, essendo stata attivata l’Anagrafe nazionale vaccinale, i genitori non hanno più l’obbligo di presentare la documentazione, perché il Sistema ormai automatizzato fa dialogare direttamente Asl e istituti scolastici.

Grazie all’Anagrafe vaccinale le situazioni irregolari sono già state comunicate dalle Aziende sanitarie alle istituzioni scolastiche che provvederanno a richiedere i documenti eventualmente mancanti ai genitori. Questi ultimi avranno a loro volta dieci giorni di tempo per portarli a scuola.

Il ministro della Salute, Giulia Grillo, ha istituito l’Anagrafe nazionale con decreto ministeriale del 18 settembre scorso. Tutte le Regioni hanno avviato da aprile la trasmissione dei dati, tranne le Province autonome di Trento e Bolzano che saranno presto a regime, conclude il comunicato.

Ricordiamo che le vaccinazioni obbligatorie previste sono dieci. Si tratta di anti-poliomielitica, anti-difterica, anti-tetanica, anti-epatite B, anti-pertosse, anti-Haemophilus influenza e tipo b, anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite, anti-varicella.

Una legge, quella sull’obbligo vaccinale per la frequenza scolastica, che dalla sua prima applicazione “ha fatto registrare risultati positivi”, sottolinea ad Ansa il direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto superiore di sanità, Gianni Rezza: “Negli ultimi anni infatti – afferma – c’è stato un aumento delle coperture vaccinali in Italia grazie alla legge. L’obiettivo resta ora quello di mantenere alte le coperture e questo a prescindere dai provvedimenti legislativi che verranno varati”. Secondo la Società italiana di pediatria, proprio per effetto della legge le coperture vaccinali, al novembre 2018, erano infatti aumentate dal 3 al 10% per i dieci vaccini previsti. Un’arma di prevenzione importante anche rispetto al morbillo, per la cui diffusione epidemica resta alta l’allerta anche in Italia. Nei primi 5 mesi dell’anno sono già 1.096 i casi segnalati in Italia, mentre sono stati 2.526 nel 2018 con 8 morti. E l’immunizzazione dei bambini è fondamentale, ricorda Rezza, “anche per tutelare i piccoli che sono immunodepressi e per motivi di salute non possono invece essere vaccinati”.

Concorso DS: la prova scritta (e la scuola) in mano al Consiglio di Stato

da Tuttoscuola

In settimana si conoscerà il futuro immediato del concorso per DS. Dopo le due sentenze del TAR Lazio che hanno annullato in toto la prova scritta concorso DS a causa della presenza nella plenaria del 25 gennaio 2019 di tre commissari ritenuti in situazione di incompatibilità, il Miur ha immediatamente interposto appello al Consiglio di Stato contro la sentenza, chiedendo contestualmente l’immediata sospensiva della sentenza, a causa del danno grave ed irreparabile che essa provocherebbe.

Il danno, di tutta evidenza, consisterebbe nell’impossibilità di nominare dal prossimo 1° settembre i vincitori concorso DS, lasciando prive di titolare oltre duemila istituzioni scolastiche che dovrebbero essere affidate in reggenza, impegnando un dirigente su tre tra quelli in servizio a quella data.

Se il danno è evidente e concreto, tanto da prospettare un immediato accoglimento dell’istanza da parte del Consiglio di Stato, non altrettanto, e con la stessa certezza, si può dire per la sentenza di merito che successivamente il Consiglio dovrà emettere.

Dato, quindi, per scontato che il Consiglio di Stato emetta un’ordinanza cautelare di sospensione della sentenza del TAR e a settembre si proceda, quindi, alla nomina dei vincitori in attesa della sentenza di merito, quale potrebbe essere la natura di quelle nomine?

Con riserva?

Se fossero nomine con riserva, la sorte dei vincitori potrebbe essere contrassegnata, quasi come una spada di Damocle, dalla incertezza della conferma, fino a quando verrà emessa la sentenza di merito da parte dello stesso Consiglio di Stato: sentenza del TAR annullata o confermata.

Cosa potrebbe succedere se venisse confermata la sentenza del TAR: nomine revocate? Governo di molte scuole decapitato ad anno iniziato? Ritorno alle reggenze? Replica della prova scritta del concorso? Richiesta di danni?

Una catastrofe scongiurabile con l’annullamento definitivo della sentenza del TAR. Come si augurano i candidati ancora in pista; proprio il contrario, ovviamente, di chi non ha superato lo scritto concorso DS.

Su questi temi intervistiamo su tuttoscuola.com il presidente della Disal, Ezio Delfino (https://www.tuttoscuola.com/concorso-ds-delfino-disal-la-situazione-e-grave-ripensare-le-forme-di-reclutamento-dei-ds-lintervista-di-tuttoscuola/) e l’avvocato Rosario Molino (https://www.tuttoscuola.com/concorso-ds-salvaguardare-i-diritti-di-tutti-anche-di-chi-e-stato-valutato-dai-commissari-incompatibili-intervista-allavv-molino/).