Il senso dell’istruzione le relazioni con gli altri

da Corriere della sera

di Don Antonio Mazzi

Un gran titolo pare dare ragione alla quasi disperazione dei nostri professori. Il titolo. «La solitudine in cattedra». E poi, una fila infinita di percentuali con la sintesi finale: tra i 35 Paesi inseriti nella classifica mondiale riguardante la reputazione sociale degli insegnanti, l’Italia è l’ultima in Europa e terzultima nel mondo, dopo il Brasile ed Israele. Perché siamo caduti in questo malessere così devastante e quasi irreparabile?    Vorrei essere una voce e una testimonianza diversa, contraria, positiva e credibile. Sono arrivato a novant’anni e ho attraversato le situazioni sociali ed educative più tragiche degli ultimi decenni. Dalla alluvione del Po, negli anni Cinquanta, alla Primavalle degli anni Sessanta, alla Legge 180 con Basaglia, al Parco Lambro degli anni Settanta-Ottanta, al terrorismo degli anni Novanta.

In tutte queste realtà, ho rischiato più volte la vita. Dimenticavo che ho ospitato anche i primi rom per dei «corsi professionali», organizzati dalla Regione Lombardia, quando l’assessore era Filippo Hazon. Non mi è mai passato per la mente il complesso del fallimento e l’idea dell’inutilità, della solitudine, della fuga (detta anche prepensionamento) dal campo. Per un motivo molto semplice: ho scelto campi che i «normali» mai avrebbero affrontato, ma che sono sempre esistiti e che hanno trovato adulti i quali, capiti i problemi, li hanno affrontati, smontando dalla cattedra, mettendo subito in chiaro a se stessi che non sarebbero diventati né simpatici, né popolari, né famosi, né sicuri.

Migliaia di docenti, psicologi, insegnanti di sostegno, assistenti sociali, presidi, sindacalisti, giovani universitari, hanno affrontato situazioni tre volte più pesanti di quelle odierne, felici di rischiare. De Bartolomeis, Don Milani, Terzian, Nicoletti, i primi obiettori di coscienza, Andreoli, il gruppo di Pedagogia speciale di Bologna con Canevaro, l’Enaip di Roma con Calmarini, hanno inventato le cooperative integrate e trasformato le «istituzioni totali» in gruppi di inserimento nella scuola, nel lavoro, nelle «case» famiglia, con l’uso dei luoghi e dei mezzi di trasporto per tutti.

Nel contempo nascevano i movimenti studenteschi, il terrorismo, Gheddafi, il Concilio Vaticano II, veniva ucciso Aldo Moro e il presidente Kennedy, si moltiplicavano le fughe dei nostri dal Sud al Nord in cerca di un lavoro, l’uso e l’abuso delle elezioni trasformavano i governi in battaglie politiche ben più pesanti e serie di quelle odierne. La Scuola è sempre sopravvissuta, come vittima e non come luogo di formazione culturale, sociale e democratica. Cosa, per me, inspiegabile! I nostri Recalcati, Bauman, Carofiglio, Ammaniti sono tornati a Socrate, Platone e Ulisse per fare qualche riflessione dignitosa. Però, anche loro, oggi, denunciano sconsolati la totale sconfitta della Scuola e sono arrivati a parlare di analfabetismo.

Pare che la causa di tale disfatta sia partita non solo in seguito agli esami di Stato di quest’anno, ma soprattutto dalle prove Invalsi. I titoli degli articoli sono drammatici, accusando il Potere per aver rubato le parole ai nostri ragazzi, la scuola per il penoso ritardo e l’invasione informatica, per completare il fallimento. Io voglio affrontare il problema, partendo da una interpretazione atipica, ma più vera e più profonda per un verso e meno drammatica per un altro. E vengo al mio pallino: le relazioni, le interazioni, la stima dei giovani verso noi adulti. Negli articoli affrontiamo sempre il secondo tempo del problema: la scrittura, la povertà del linguaggio scritto.

Ma il primo tempo, quello delle relazioni: dove l’abbiamo lasciato? Vi debbo dire che una volta instaurata una relazione autentica anche i ragazzi che con l’Invalsi davanti farebbero fatica a compilare formule o ad indovinare risposte, sono coloro che sanno trovare le parole più autobiografiche e più pregnanti. E io mi rifiuto, anzi, mi sento offeso nel leggere con quanta facilità noi releghiamo tra gli analfabeti proprio questo tipo di ragazzi. Perché gli analfabeti, in questo caso, saremmo noi!

Autonomia scolastica, no alle assunzioni dei docenti su base regionale

da Corriere della sera

Valentina Santarpia
Che fosse uno «snodo critico» lo ha ammesso anche il presidente del Consiglio. Ma alla fine l’istruzione viene «salvata» dall’autonomia, la scuola non può essere frammentata, ricorda Giuseppe Conte esultando per l’«equilibrio» trovato, e i sindacati- che già si immaginavano una scuola a due velocità, con prof del Nord strapagati rispetto a quelli del Sud- possono tirare un sospiro di sollievo. Esulta pure il M5S, che da mesi combatteva per non far passare la linea leghista del ministro Marco Bussetti: «Dopo mesi abbiamo garantito l’unità del sistema di istruzione: non abbiamo ceduto cose che avrebbero potuto compromettere l’unità del Paese»- dice il sottosegretario M5s all’Istruzione Salvatore Giuliano fuori da Palazzo Chigi- «Non ci saranno concorsi regionali, assolutamente no. Sono state prerogative che già aveva la regione».

L’articolo 12
È stato dunque soppresso l’articolo 12 del testo Stefani sull’autonomia che prevedeva l’assunzione diretta dei docenti su base regionale, come chiedeva la Lega. Era uno dei nodi sul tavolo che aveva visto la contrarietà del M5s, che aveva rilevato anche un profilo di incostituzionalità all’ultimo vertice evidenziando una Sentenza della Corte Costituzionale 76/2013 (redatta allora da Sergio Mattarella).

La bozza
Secondo la bozza dell’intesa sull’autonomia nel settore dell’istruzione, quindi, il personale della scuola «è escluso dalla regionalizzazione; il sistema di istruzione rimane unitario e nessun trasferimento di risorse dallo stato alle regioni con riferimento all’istruzione». Le Regioni potranno però aumentare il periodo minimo di permanenza degli insegnanti nella prima sede di servizio, anche in deroga alla norma nazionale, un tema che non trovava contrari i sindacati.

I sindacati
Soddisfatta la segretaria della Cisl Maddalena Gissi: «Se così fosse – spiega la sindacalista – verrebbero rispettati gli impegni assunti nell’intesa di Palazzo Chigi del 24 aprile, un’intesa che è frutto anche di una positiva interlocuzione col MIUR e col ministro Bussetti. Fatta salva l’unitarietà del sistema, delle procedure di reclutamento e della disciplina contrattuale affidata al contratto nazionale, è senz’altro possibile affrontare il tema della continuità di servizio dei docenti, su cui del resto già i contratti sulla mobilità prevedono vincoli e incentivi alla permanenza sulla stessa sede. Il confronto tra le parti si è sempre rivelato su questi temi la modalità più giusta e più efficace». Secondo Pino Turi, Uil scuola, «il buon senso ha prevalso» e si tratta di «un risultato, per nulla scontato, per il quale ci siamo impegnati dall’anno scorso, già alla vigilia dei referendum di Lombardia e Veneto , convinti che la scuola è una funzione fondamentale dello Stato, sulla quale si basa l’identità del Paese e non ammette nessuna devoluzione».

Alternanza scuola-lavoro, in un anno di tagli perso un progetto su 5

da Corriere della sera

I dati sull’esperienza introdotta dalla riforma della Buona Scuola e ridotta da Bussetti. Ora Salvini ha promesso alle aziende che la vuole «implementare» mentre Matteo salvini prometteva alle aziende di parlare con il ministro Marco Bussetti per «implementare» l’alternanza scuola-lavoro, introdotta dalla riforma detta della Buona scuola, e ridimensionata come primo atto dal governo Conte, il ministero dell’Istruzione ha fornito i dati sull’andamento dell’alternanza nell’anno scolastico appena concluso. Avrebbe dovuto essere l’anno dell’introduzione definitiva dell’alternanza nel triennio delle superiori (per la prima volta sarebbe diventata «materia» dell’esame e obbligatoria per sostenere la maturità). ma il ministro Bussetti aveva cancellato nella scorsa finanziaria sia gran parte dei fondi, quasi 60 milioni, sia l’obbligatorierà all’esame, rendendola così un progetto come altri: anche sulle ore di alternanza era calata la scure del ministro che le aveva più o meno dimezzate, mantenendone un po’ di più negli istituti professionali.

Via un progetto su cinque

Il risultato di questa politica di tagli è stato evidente da subito. Secondo i primi dati ufficiali, l’ha svolta il 53% dei ragazzi nel 69% delle scuole. Un anno prima era stata svolta dal 70% dei ragazzi e nel 89% delle scuole, le strutture (aziende o associazioni e istituzioni varie) che hanno ospitato i ragazzi e le ragazze nella loro esperienza sono diminuite del 10 per cento, da 208mila a 190mila. Da quando è stata introdotta, è la Lombardia la regione con più studenti impegnati e strutture coinvolte. «Questo è il risultato se il governo non ci crede», commenta Gabriele Toccafondi, che aveva presentato l’interrogazione al governo per sapere l’andamento dell’alternanza.

Graduatorie II fascia docenti, finestra semestrale dopo il 1° ottobre

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Il Miur ha pubblicato il D.M. 666 del 15 luglio 2019 recante  “Disposizioni inerenti le graduatorie di istituto e l’attribuzione di incarichi di supplenza al personale docente”.

Il decreto, all’rt. 1, così dispone:

I commi 1 e 2 dell’articolo 1 del D.M. n. 326 del 3 giugno 2015 sono così sostituiti:

“1. Nelle more della costituzione triennale delle graduatorie di istituto di I, II e III fascia concernenti la scuola secondaria di I e II grado, i soggetti che acquisiscono il titolo di abilitazione entro il 1° ottobre di ciascun anno possono richiedere l’inserimento in II fascia delle graduatorie di istituto e sono posizionati in un elenco aggiuntivo relativo alla rispettiva finestra di inserimento.

2. Nelle more della costituzione triennale delle graduatorie di istituto concernenti la scuola dell’infanzia e primaria, i soggetti che acquisiscono il titolo di abilitazione entro il 1° ottobre di ciascun anno possono richiedere l’inserimento in II fascia delle graduatorie di istituto e sono posizionati in un elenco aggiuntivo relativo alla rispettiva finestra di inserimento”.

In pratica, il decreto rinvia la finestra per l’inserimento negli elenchi aggiuntivi delle graduatorie di seconda fascia d’istituto, consentendo l’accesso ai docenti che acquisiscono il titolo di abilitazione entro il 1° ottobre di ogni anno.

L’anno scorso – scrive la Flc Cgil – l’apertura della finestra semestrale nel mese di agosto ha generato ricadute negative sull’avvio dell’anno scolastico, a causa dei ritardi nella trasmissione alle scuole delle graduatorie definitive: è evidente che una simile situazione non debba ripetersi“.
Quest’anno – conclude il sindacato – le istituzioni scolastiche dovranno misurarsi con un nuovo record di posti scoperti da attribuire a supplenza, è quindi fondamentale che tutte le graduatorie, a partire da quelle di prima fascia, siano pronte entro il 1° settembre, per consentire alle segreterie convocazioni definitive e contratti con data certa, secondo quanto  previsto dall’art. 41 c. 1 del CCNL vigente“.

Concorso DS: lo squilibrio valutativo delle commissioni. Maggiore severità in Sardegna

da Tuttoscuola

In attesa di conoscere tra pochi giorni, attraverso la graduatoria generale del concorso DS, le votazioni attribuite nella prova orale ai candidati, è possibile valutare i criteri di severità adottati dalle 38 commissioni giudicatrici relativamente alle bocciature operate.

Complessivamente non hanno superato l’orale concorso DS 371 candidati, poco meno di 10 per commissione.

Ma la media del 90,2% di candidati valutati positivamente (9,8% di candidati bocciati) registra notevoli e inspiegabili scostamenti da una commissione all’altra, evidenziando la mancanza di coordinamento valutativo.

La sottocommissione n. 3 in Calabria ha registrato il 100% di candidati valutati positivamente; la sottocommissione n. 14 (Lazio) ha registrato il 99%; le sottocommissioni n. 2 (Calabria), n. 21 (Lombardia) e n. 34 (Toscana) hanno registrato il 98%.

La maggior severità delle sottocommissioni si è registrata invece in Sardegna dove la n. 30 ha registrato soltanto il 62% di candidati valutati positivamente, con la conseguenza che i bocciati sono stati il 38%.

La sottocommissione n. 17 (Lazio) ha registrato il 69% di ammessi e, quindi, il 31% di bocciati.

La sottocommissione n. 6 (Campania) ha registrato il 79% di ammessi e il 21% di bocciati; la n. 24 (Piemonte) ha ammesso l’80% di candidati concorso DS e il 20% di bocciati; la n. 37 (Veneto) ne ha ammesso l’83% e bocciato il 17%.

L’assegnazione casuale dei candidati alle varie sottocommissioni è diventata, quindi, una specie di terno al lotto, vincente o perdente in base al criterio molto discrezionale di severità delle commissioni.

Molti bocciati avranno certamente di che lamentarsi, anche se la valutazione delle commissioni è insindacabile (fatta salva l’eventuale irregolarità procedurale).