Linee-guida dei PCTO

Il MIUR convoca i sindacati per l’informativa sulle Linee-guida dei PCTO

L’alternanza scuola-lavoro è stata ridenominata in Percorsi per le Competenze Trasversali per l’Orientamento (PCTO). Il primo impatto consegna un dominante ruolo dell’economia e dell’imprenditorialità negli obiettivi formativi. La FLC CGIL esprime forti perplessità.

Si è tenuto nel pomeriggio del 23 luglio 2019, presso la Direzione generale per gli ordinamenti del MIUR, un incontro di informativa sullo schema di Decreto di adozione delle Linee guida inerenti ai Percorsi per le Competenze Trasversali per l’Orientamento (PCTO). L’incontro è stato chiesto dalle organizzazioni sindacali, tenuto conto che il testo è già all’esame del CSPI.

I percorsi, così denominati dalla legge di bilancio 2019, ridefiniscono l’alternanza scuola-lavoro secondo i nuovi orientamenti europei e costituiscono, a detta dell’amministrazione, un “vero cambio di paradigma delle esperienze” come attuate fino ad oggi.

Il direttore generale ha presentato la sintesi delle Linee-guida, evidenziando in particolar modo la dimensione orientativa dei percorsi, l’alto livello di flessibilità nella progettazione delle scuole e la forte valenza educativa e innovativa che valorizza la sinergia tra attività didattica e strutture ospitanti, nonché gli esempi posti in appendice che riportano un ampio corollario di tematiche di supporto alle scuole.

La proiezione di alcune slide ci ha consentito una prima valutazione sui contenuti dei PCTO, che saranno introdotti a partire dall’anno scolastico 2019/2020 secondo il monte-ore rimodulato dall’esercizio finanziario 2019. Abbiamo riferito le nostre osservazioni al tavolo, riservandoci di inviare maggiori dettagli dopo la lettura.

Sono due gli aspetti che immediatamente svelano la loro criticità.

  • La visione dei nuovi percorsi: tutta ruota attorno all’imprenditorialità e all’economia come punto d’approdo, rendendo protagonista l’azienda oltre l’opportunità dell’accoglienza. Questo indica una precisa scelta di campo che modifica le finalità formative.  Noi intendiamo, in continuità con l’alternanza, che i PCTO debbano essere esperienze in apprendimenti plurali dove le conoscenze/competenze acquisite nella scuola trovino concreto sviluppo in altri contesti, per contribuire ad un pieno sviluppo dello studente nella prospettiva di una società complessa. E non il contrario, dove si prevede siano gli esiti delle attività del PCTO ad avere ricaduta sugli apprendimenti disciplinari.
  • Dal punto di vista strettamente contrattuale, invece, rileviamo un impianto organizzativo-didattico che incide in modo rilevante sui carichi di lavoro dei docenti, in particolare del tutor designato, destinatario di funzioni articolate e impegnative. Di pari passo constatiamo che i fondi specifici hanno visto un taglio ingente delle erogazioni, con le problematicità che questo comporta sull’individuazione di un adeguato compenso accessorio. Non è accettabile proporre l’ennesima riforma che racconti un’alternanza diventata PCTO a forte risparmio, ma con incombenze raddoppiate per tutti i lavoratori della scuola, compreso il personale di segreteria.

Come da prassi ripetuta, si rischia l’ennesimo intervento nella secondaria di 2° grado che comporterà ricadute sugli ordinamenti, sulla predisposizione PTOF, sull’organizzazione didattica, sull’esame di stato, senza alcuna gradualità, condivisione, formazione.

La prima impressione ci lascia ampi margini di dubbio, nei contenuti e nel linguaggio delle Linee guida, ma anche nel metodo di attuazione delle stesse: se tutto ciò venisse confermato dall’analisi approfondita del testo, che l’amministrazione si è impegnata ad inviare, il giudizio sarà fermamente negativo e manifesteremo la nostra netta contrarietà aprendo un ampio fronte di contrasto.

Per una didattica laboratoriale

Per una didattica laboratoriale

di Maurizio Tiriticco

E’ indubbiamente interessante l’articolo di Massimo Recalcati sul “nuovo analfabetismo (“la Repubblica” di oggi, 24 luglio, pag. 29), ma vorrei avanzare alcune considerazioni. Cito un passo della parte finale dell’articolo: “Io sono – anacronisticamente o, se si preferisce, novecentescamente – tra quelli che credono ancora nel modello tradizionale della lectio ex cathedra. E’ solo la testimonianza dell’insegnante e della sua parola che può accendere o spegnere il desiderio di sapere negli allievi. Non c’è educazione alla lettura, non c’è, dunque, educazione in senso ampio, se non c’è la parola di un maestro. Ecco un’altra semplice verità che l’iper-cognitivizzazione attuale del sapere rimuove. Bisognerebbe invece non dimenticarlo mai: Un maestro, un maestro, il mio regno per un maestro!”.
Che dire? Comunque, Recalcati conosce il rischio che ha corso concludendo il suo articolo con le considerazioni pessimistiche di cui sopra. In realtà nella prima parte del suo pezzo Recalcati osserva: “Lo statuto dell’allievo implica lo sforzo di apprendere quello che si ignora. Questo sforzo viene rigettato oggi in nome di un accesso spensierato al mondo. Tuttavia, mentre scrivo, avverto che il rischio di una morale paternalista è qui in agguato”. Ma la morale non è solo in agguato! Va espressa! In primo luogo va detto che la lezione cattedratica non è stata assolutamente cancellata. La questione è un’altra: il fatto che oggi – sottolineo oggi – considerare lo spazio/tempo scuola riempito soltanto con la lezione/ascolto di un tempo, compito per casa, successiva interrogazione e voto, ovviamente segreto, sarebbe assolutamente fuori luogo e fuori tempo. I modi con cui “stare in aula” sono oggi molteplici! E fortunatamente!
E non lo dico io! Lo dice anche la nostra amministrazione. Si vedano – anzi, si leggano con attenzione – le Indicazioni Nazionali (relative all’istruzione obbligatoria e ai licei) e le Linee guida (relative agli istituti tecnici e a quelli professionali). Emergono copiose indicazioni e suggerimenti didattici che non negano la lezione di sempre, ma che implementano la gestione del tempo/spazio dell’aula anche con altre modalità. In realtà, il fatto è che la lezione cattedratica, di cui apprezzo pur sempre la validità, non può più essere l’unico modo con cui l’insegnante costruisce il suo rapporto con gli alunni. In effetti la lezione cattedratica obbliga gli alunni ad un’attenzione mirata alla parola detta, attenzione che esige anche comprensione. Quindi non ho nulla contro tale tipologia di insegnamento, ma penso che occorre essere consapevoli che possono esservi altri modi con cui gli alunni possono accedere a conoscenze, concetti, saperi. E non tiro in ballo le competenze, altrimenti il discorso si allarga… in zone forse pericolose per chi pensa che la lezione di sempre sia il toccasana della complicatissima scuola dei nostri giorni, e non solo del nostro Paese!
Di qui la cosiddetta didattica laboratoriale! Ma di che cosa si tratta? Copio dal web la definizione che ne dà Giovanni Marconato. Si tratta di “una strategia di insegnamento e di apprendimento nella quale e in forza della quale lo studente si appropria della conoscenza nel contesto del suo utilizzo. Questo in contrasto con la didattica convenzionale in cui la conoscenza viene proposta agli studenti in isolamento da ogni suo utilizzo e per le sue caratteristiche generali. Essa tende a superare due tra le cause principali di un apprendimento superficiale, riproduttivo e che genera un transfer limitato delle conoscenze all’interno e all’esterno della scuola: la separazione dei momenti di costruzione e di utilizzo della conoscenza e la natura decontestualizzata del sapere. L’organizzazione della didattica convenzionale si fonda sul presupposto che l’acquisizione e l’utilizzo della conoscenza siano due processi che appartengono a due universi differenti: a scuola si impara la conoscenza, mentre il suo utilizzo avviene una volta terminata la scuola. In questa prospettiva, lo scopo della scuola è di fornire conoscenza corretta, bene organizzata secondo l’epistemologia della disciplina e, cosa importante, presentata in modo neutro rispetto ai possibili utilizzi, perché solo la genericità facilita il suo utilizzo in molti contesti differenti”.
Concludo invitando il lettore ad accedere al sito di Tuttoscuola, in cui troverà una serie di interessanti interventi sulla didattica laboratoriale condotti da una specialista in materia, la Prof.ssa Patricia Tozzi. Insomma, l’insegnante deve gestire la sua classe di discenti oggi, anche e soprattutto scendendo dalla cattedra, motivando e stimolando i suoi alunni, ma non solo collettivamente – come avviene dalla cattedra – ma singolarmente, perché ciascuno di loro è un mondo, da esplorare, da comprendere, da interessare, da motivare. Tutte operazioni che, se il docente occupa perennemente una cattedra come fosse una trincea da cui sferrare l’attacco fatto di nozioni nozioni nozioni, diventano oggi assolutamente impossibili!
La scuola non si rinnova pensando ad un passato non più proponibile, ma guardando all’avvenire! Gli studenti di ieri non sono quelli di oggi! E quelli di domani non saranno quelli di oggi!


L’Intesa del 24 aprile va integralmente attuata

L’Intesa del 24 aprile va integralmente attuata. Qualsiasi forma di autonomia differenziata nella scuola e nell’istruzione è incompatibile con quell’Intesa

Comunicato unitario FLC CGIL, CISL FSUR, UIL Scuola RUA, SNALS Confsal e GILDA Unams

Roma, 24 luglio – L’Intesa del 24 aprile va integralmente attuata. Qualsiasi forma di autonomia differenziata nella scuola e nell’istruzione è incompatibile con quell’Intesa.

Con l’intesa di Palazzo Chigi del 24 aprile scorso le parti firmatarie hanno escluso che nella scuola e nell’istruzione si possa praticare qualsiasi forma di regionalizzazione.

Per questo le organizzazioni sindacali hanno valutato positivamente, nei giorni scorsi, le prese di posizione da parte del Governo in direzione di una riaffermata unitarietà del sistema nazionale d’istruzione, attraverso la disciplina del personale affidata al contratto nazionale e un sistema di reclutamento uniforme. Ritengono inoltre che le competenze di cui attualmente dispongono le Regioni, unitamente ai livelli decentrati di contrattazione confermati nel nuovo CCNL, possano già oggi soddisfare ampiamente le esigenze di una programmazione e gestione dell’offerta formativa attenta alle diverse specificità territoriali.

Urgente è ora il varo definitivo delle norme in materia di reclutamento del personale docente della secondaria sulla base delle proposte esaminate e discusse al tavolo tematico, istituito a seguito dell’Intesa, sul precariato; norme che completando un percorso già avviato con i corsi straordinari per gli insegnanti di scuola primaria e dell’infanzia offrano opportunità di valorizzazione del lavoro precario nella prospettiva di una sua non più rinviabile stabilizzazione.

Vanno inoltre trovate soluzioni a situazioni ancora aperte come quelle relative ai concorsi 2016 e 2018.

E’ al pari necessario mettere a punto analoghe misure per la valorizzazione del personale Ata e per il passaggio di profilo degli assistenti amministrativi facenti funzione di Dsga.

Destano, infatti, preoccupazione le previsioni di un possibile ulteriore incremento del numero di rapporti di lavoro a tempo determinato, sia per il personale docente che per il personale ATA, con i riflessi negativi che ne derivano sulla regolarità e continuità delle attività didattiche.

L’Intesa, inoltre, deve trovare piena attuazione anche nelle parti riguardanti i settori dell’università, della ricerca e dell’Afam e nell’individuazione delle risorse necessarie a un rinnovo contrattuale che garantisca il recupero del potere di acquisto nel triennio 2019/2021 e persegua il graduale avvicinamento delle retribuzioni del personale a quelle dei colleghi europei

FLC CGIL, CISL FSUR, UIL Scuola RUA, SNALS Confsal e GILDA Unams considerano che la puntuale e coerente attuazione dell’intesa sia una delle condizioni necessarie per affermare concretamente il valore di una scuola di qualità, accogliente e inclusiva, presidio fondamentale per l’esercizio di un pieno diritto di cittadinanza.

Bussetti, nell’ultimo anno 6% dei ragazzi sono stati vittime di cyberbullismo, il 58% non li ha difesi

da Il Sole 24 Ore

di Scuola24

Sono il 6% i ragazzi dai 9 ai 17 anni che sono stati vittime di cyber-bullismo nell’ultimo anno, il 19% quelli che vi hanno assistito. Lo ha riferito il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti,
durante la sua audizione in Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza nell’ambito dell’indagine su bullismo e cyberbullismo. I dati si riferiscono alla ricerca EU Kids Online 2019, realizzata dal Centro di ricerca sui media e la comunicazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in collaborazione con il ministero.

Secondo l’indagine è aumentata la percentuale di giovani che vivono esperienze negative navigando sulla rete internet: «Siamo passati dal 6% del 2010 al 13% nel 2017». L’indagine è stata realizzata su un campione rappresentativo di circa 1000 ragazze e ragazzi dai 9 ai 17 anni. Il 31% degli intervistati tra gli 11 e i 17 anni ha dichiarato di aver visto online messaggi
d’odio o commenti offensivi contro un individuo o un gruppo. Di fronte a tali messaggi il sentimento più diffuso è la tristezza seguita da rabbia, disprezzo, vergogna.

«Nonostante questo, tuttavia, – ha fatto notare il ministro – il 58% del campione afferma di non aver fatto nulla per difendere la vittima. Dall’indagine emerge, inoltre, che è ancora alto il numero di ragazzi che sono indifferenti ai rischi della rete internet; sono, infatti, circa il 35% coloro che ignorano il problema sperando si risolva da solo». Solo il 10% modifica le proprie impostazioni di privacy in seguito a un’esperienza negativa. Più bassa ancora, solo il 2%, la percentuale di coloro che segnalano contenuti o contatti inappropriati ai gestori delle piattaforme. Ma se si decide di rivolgersi a qualcuno, ci si indirizza ad amici (47%) o genitori
(38%).

Inoltre, ha continuato il ministro «oltre ai 35 milioni nel Piano nazionale scuola digitale stanziati a dicembre 2018, abbiamo stanziato oltre 100 milioni di euro da investire per la creazione di nuovi laboratori per le discipline Stem all’avanguardia della tecnologia, ambienti didattici innovativi e nuove biblioteche».

«E poiché senza buoni maestri non esiste innovazione – ha sottolineato – abbiamo istituito le équipe formative territoriali, una task force di 120 docenti. Il bando è stato pubblicato lo scorso 11 luglio sul sito del Miur. La selezione sarà completata entro il mese di settembre, a partire dal quale i docenti scelti aiuteranno le scuole nello sviluppo e nella diffusione di soluzioni per la creazione di ambienti digitali con metodologie innovative e sostenibili. Promuoveranno l’innovazione metodologico-didattica, lo sviluppo di progetti di didattica digitale, cittadinanza digitale, economia digitale, educazione ai media. Supporteranno la progettazione e realizzazione di percorsi formativi laboratoriali per docenti sull’innovazione didattica e digitale. Documenteranno le sperimentazioni in atto nelle istituzioni scolastiche, nel campo delle metodologie didattiche innovative».

Bussetti ha ricordato che proprio sulla formazione dei docenti il ministero ha investito «20 milioni per le metodologie didattiche innovative, il pensiero computazionale, le Stem, l’educazione all’imprenditorialità e l’utilizzo delle nuove tecnologie».

Autonomia, si tratta sui docenti

da ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi

Niente ruoli regionali, probabilmente neppure la possibilità di un contratto integrativo regionale che consenta di pagare di più i propri docenti. Sì invece a un vincolo di permanenza lungo sulla stessa sede per i prossimi insegnanti di ruolo. Un colpo al cerchio e uno alla botte, il tentativo di tenere insieme le ragioni dei no del Movimento5stelle all’autonomia differenziata per l’istruzione, e i sì alla riforma dei governatori leghisti delle regioni settentrionali, Veneto e Lombardia in primis, Luca Zaia e Attilio Fontana.

L’ipotesi di rafforzare il vincolo di permanenza, l’ultima legge di bilancio prevede cinque anni sulla stessa sede per i docenti delle superiori, circola in ambienti parlamentari della Lega con insistenza. Il vincolo, che sarebbe esteso a tutti i gradi di scuola, è l’ultimo tentativo per provare a sbloccare il capitolo istruzione del pacchetto autonomia differenziata dopo lo stop alle richieste leghiste inferto dal premier Giuseppe Conte e la levata di scudi del vicepremier Matteo Salvini.

Il fenomeno della mobilità dal Nord verso il Sud a inizio di ogni anno lascia scoperte migliaia di cattedre, costringendo direttori regionali e presidi a ricorrere in massa ai supplenti, negli ultimi anni anche privi di abilitazione. Un fenomeno che sta diventando una costante per alcune province e per alcune classi di concorso.

La proposta di utilizzare gli spazi di autonomia già previsti dalla Costituzione per la gestitone del personale scolastico, con il passaggio volontario dei docenti dall’albo nazionale a quello regionale, rappresentava una soluzione. Tramontata la regionalizzazione del ruolo, ora resta in campo l’ipotesi b. E dunque un vincolo prolungato di prima assunzione: il concorso sarebbe sempre nazionale ma su posti regionali. Chi partecipa alla selezione per una determinata regione saprebbe di non poter accedere alla procedura di mobilità interregionale prima di un periodo che potrebbe andare dai 5 ai dieci anni. La norma che dovrebbe essere inserita nell’intesa tra governo centrale e governo regionale dovrebbe limitarsi a prevedere questa possibilità, rinviando la concreta applicazione della stessa a una successiva intesa tra Regione interessata e ministero dell’istruzione e università.

Dovrebbe invece sopravvive, rispetto allo schema iniziale predisposto dalla ministra per le autonomie regionali, Erika Stefani, la possibilità per le regioni di incrementare con fondi propri i finanziamenti per le università del territorio. Possibilità che era stata contrastata dal viceministro dell’università, il pentastellato Lorenzo Fioramonti.

Per capire se l’ennesimo tentativo di trovare la quadra tra le ragioni della Lega e quelle del Movimento5stelle andrà in porto occorre attendere la riunione del consiglio dei ministri di giovedì, quando i vertici del ministro dell’istruzione Marco Bussetti dovrebbero formalizzare la proposta tecnica. Sempre che politicamente la Lega decida di continuare a trattare.

Al cdm è atteso anche il via libera definitivo al decreto sull’inclusione scolastica. Dopo le osservazioni delle commissioni permanenti di camera e senato, il decreto dovrebbe essere modificato rispetto al testo iniziale con una nuova definizione di inclusione che ricomprenda anche Dsa e Bes.

Infanzia e primaria a concorso Ammessi i diplomati ante 2002

da ItaliaOggi

Carlo Forte

Via libera del governo al concorso a cattedre nella scuola dell’infanzia e nella primaria. Nella Gazzetta Ufficiale 167 del 18 luglio scorso è stata pubblicata l’autorizzazione del presidente del consiglio al ministero dell’istruzione per avviare, per il biennio scolastico 2020/2022, le procedure concorsuali per il reclutamento di 16.959 posti di personale docente della scuola dell’infanzia e primaria, di cui 10.624 per l’anno scolastico 2020/2021 e 6.335 per l’anno scolastico 2021/2022. Il regolamento del concorso è stato già pubblicato il 9 aprile scorso (si veda il decreto 327/19). E dunque, dovrebbe essere ormai imminente l’emanazione dei bandi. Potranno partecipare i candidati in possesso del titolo di abilitazione all’insegnamento conseguito presso i corsi di laurea in scienze della formazione primaria o analogo titolo conseguito all’estero e riconosciuto in Italia.

La partecipazione alla selezione concorsuale sarà consentita anche ai candidati in possesso diploma magistrale con valore di abilitazione e diploma sperimentale a indirizzo linguistico, conseguiti presso gli istituti magistrali, o analogo titolo di abilitazione conseguito all’estero e riconosciuto in Italia, conseguiti, comunque, entro l’anno scolastico 2001/2002. Resta fermo, dunque, il valore abilitante del diploma magistrale conseguito entro il 2001/2002. Che però non dà titolo ad essere inseriti nelle graduatorie a esaurimento. Per le procedure per i posti di sostegno su infanzia e primaria è richiesto inoltre il possesso del titolo di specializzazione sul sostegno o di analogo titolo di specializzazione conseguito all’estero e riconosciuto in Italia.

Saranno ammessi con riserva, invece, coloro che, avendo conseguito all’estero i titoli di accesso al concorso avranno comunque presentato la domanda di riconoscimento alla direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione entro il termine di presentazione delle domande per la partecipazione alla procedura concorsuale. Il concorso si articolerà in una prova scritta, in una prova orale nella successiva valutazione dei titoli. I programmi sono reperibili nell’allegato A del decreto 379/19. I bandi di concorso potranno prevedere lo svolgimento di un test di preselezione, che si terrà prima delle prove scritte, qualora a livello regionale e per ciascuna distinta procedura il numero dei candidati dovesse superiore a 4 volte il numero dei posti messi a concorso. Per esempio, se in una regione i posti messi a concorso saranno 400 e le domande di partecipazione dovessero risultare superiori a 1.600, la direzione regionale potrà disporre lo svolgimento della prova preselettiva. Se, invece, dovessero essere inferiori a 1.600, i candidati saranno ammessi direttamente alla prova scritta.

La prova preselettiva sarà «computer-based», unica per tutto il territorio nazionale. E sarà volta all’accertamento delle capacità logiche. di comprensione del testo e della conoscenza della normativa scolastica. L’articolazione della prova sarà disciplinata dai bandi incluse le modalità di somministrazione e di svolgimento, il numero di sessioni e il loro calendario, il numero di quesiti, la durata della prova e l’eventuale pubblicazione dei quesiti prima della medesima.

Alla prova scritta sarà ammesso un numero di candidati pari a tre volte il numero dei posti messi a concorso nella singola regione per ciascuna procedura. Saranno ammessi in ogni caso, e in deroga al numero massimo, tutti i candidati che prenderanno lo stesso voto dell’ultimo degli ammessi. Chi non supererà la preselettiva non sarà ammesso alla prova scritta. E il punteggio della prova preselettiva non concorrerà alla formazione del voto finale nella graduatoria di merito.

La prova scritta durerà 180 minuti e consisterà in tre quesiti. Per i posti comuni sono previsti due quesiti aperti riguardanti la trattazione articolata di tematiche disciplinari, culturali e professionali, volti all’accertamento delle conoscenze e competenze didattico-metodologiche in relazione alle discipline oggetto di insegnamento nella scuola primaria e ai campi di esperienza nella scuola dell’infanzia.

Per i posti di sostegno sono previsti, invece, due quesiti aperti inerenti alle metodologie didattiche da applicarsi alle diverse tipologie di disabilità. finalizzati a valutare le conoscenze dei contenuti e delle procedure volte all’inclusione scolastica degli alunni con disabilità.

Sia i candidati per i posti comuni che i candidati per i posti di sostegno dovranno, inoltre, rispondere a un quesito, articolato in otto domande a risposta chiusa, volto alla verifica della comprensione di un testo in lingua inglese almeno al livello B2 del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue. La prova orale verterà sui programmi dell’allegato A, sulla conoscenza delle tecnologie informatiche e sull’accertamento della conoscenza straniera di livello B2. I candidati potranno presentare l’istanza di partecipazione in una sola regione per una o più delle procedure concorsuali per le quali posseggano i requisiti.

Ecco concorso riservato e Pas

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

Concorsi riservati e Pas ai blocchi di partenza. È l’effetto di una bozza di decreto legge che palazzo Chigi ha in agenda per la riunione del consiglio dei ministri della prossima settimana. Il dispositivo, anticipato da ItaliaOggi martedì scorso, prevede l’istituzione di un concorso straordinario «una tantum», riservato ai docenti precari con almeno tre anni di servizio, e di percorsi formativi abilitanti straordinari (Pas) da svolgersi presso l’università, che dovrebbero essere indetto con frequenza annuale, la risposta al precariato promessa dal ministro dell’istruzione, Marco Bussetti.

Entro quest’anno il governo intende bandire un concorso riservato ai docenti precari delle secondarie di I e II grado, che abbiano prestato servizio nelle istituzioni scolastiche o educative statali almeno tre anni nel periodo compreso tra il 2011/12 e il 2018/19. Ogni anno di servizio, per essere considerato valido ai fini dell’accesso al concorso, dovrà essere stato prestato per almeno 180 giorni, anche frazionatamente. Idem se il servizio sarà stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine dello scrutinio finale. Non sarà considerato valido il servizio prestato presso le scuole private paritarie. Al concorso riservato sarà assegnato un contingente pari al 50% dei posti utili per le immissioni in ruolo del concorso ordinario. Pertanto, se i posti disponibili per le immissioni in ruolo in una classe di concorso saranno 100, 25 posti andranno ai vincitori del concorso ordinario, 25 ai vincitori del concorso riservato e 50 posti agli aventi titolo all’assunzione tratti dallo scorrimento delle graduatorie a esaurimento.

Nel caso in cui nella classe di concorso di riferimento dovesse risultare esaurita la graduatoria a esaurimento provinciale, i 100 posti disponibili per le immissioni in ruolo saranno assegnati equamente tra concorso ordinario e concorso riservato: 50 all’ordinario e 50 al riservato. La procedura concorsuale sarà bandita a livello regionale, anche per il sostegno, e avrà come esito la compilazione e pubblicazione di graduatorie di merito distinte per tipologia di posto e classi di concorso. La selezione non sarà bandita per le classi di concorso a esaurimento. Vale a dire: per quelli classi di concorso i cui posti sono attualmente occupati da docenti appartenenti a classi di concorso che sono destinate a cessare all’atto del pensionamento degli attuali occupanti. Per esempio: trattamento testi.

Ogni candidato potrà partecipare, in una sola regione, o alla selezione concorsuale riguardante il sostegno oppure al concorso di una sola classe di concorso. Sarà considerato valido, ai fini dell’accesso della selezione scelta dall’interessato (sostegno o classe di concorso), indifferentemente, il servizio sul sostegno o sulla classe di concorso di posto comune. A patto che almeno uno dei 3 anni fatti valere per accedere alla selezione consista in servizio specifico. Per esempio, se il candidato intenderà partecipare al concorso riservato per il sostegno, almeno uno dei 3 anni di servizio dovrà essere stato prestato sul sostegno. A nulla rilevando che gli altri due anni siano stati prestati sulla classe di concorso specifica oppure su altre classi di concorso. Idem per la selezione riguardante la classe di concorso su posto comune. Per esempio, se il candidato chiederà di essere ammesso al concorso riservato per la classe A030, uno dei tre anni dovrà essere stato prestato necessariamente sulla classe A030, mentre gli altri due potranno essere stati prestati o sul sostegno oppure su altre classi di concorso. All’esito della selezione saranno considerati abilitati all’insegnamento solo i vincitori del concorso. Vale a dire: i candidati che risulteranno collocati nella graduatoria di merito in numero pari a quello dei posti messi a concorso.

I vincitori saranno assunti a tempo indeterminato e saranno ammessi all’anno di formazione e di prova. Il concorso riservato si articolerà in una prova scritta e in una prova orale. Per essere ammessi alla prova orale basterà conseguire il punteggio di 6/10, in deroga alla norma generale che prevede un punteggio minimo di 7/10 a tutte le prove. I costi del concorso riservato saranno posti interamente a carico dei candidati.

Pas: il governo intende anche istituire un percorso formativo abilitante straordinario universitario per sopperire alla mancanza di docenti abilitati nelle scuole statali e paritarie. Al concorso avranno accesso tutti gli aspiranti in possesso di almeno tre anni di servizio prestato nel periodo compreso tra il 2011/12 e il 2018/19. Ogni anno di servizio, per essere considerato valido ai fini dell’accesso al concorso, dovrà essere stato prestato per almeno 180 giorni, anche frazionatamente. Idem se il servizio sarà stato prestato ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine dello scrutinio finale.

Saranno considerati validi i servizi prestati, indifferentemente, nelle scuole statali, private paritarie e nei percorsi di istruzione e formazione professionale. In quest’ultimo caso, però, i servizi dovranno essere riconducibili a una delle classi di concorso delle secondarie oppure al sostegno e dovranno essere stati prestati per garantire l’assolvimento dell’obbligo di istruzione. I tre anni di servizio non saranno richiesti agli aspiranti in possesso del titolo di dottore di ricerca. Il triennio di dottorato, dunque, sarà equiparato al requisito del triennio di servizio.

Saranno ammessi ai Pas senza la necessità di far valere il triennio di servizio anche i soggetti che siano stati ammessi precedentemente a un percorso abilitante a qualsiasi titolo (per esempio al Fit) e che non abbiano potuto frequentarlo fino alla fine per gravidanza o motivi di salute.

Il corso, secondo quanto riportato nella bozza di decreto, sarà indetto annualmente e i relativi costi saranno posti interamente a carico dei corsisti. La procedura, infatti, non sarà finanziata in alcun modo con risorse economiche erariali. Il numero dei posti da mettere e concorso per i Pas sarà fissato dal ministero dell’istruzione regione per regione. Ciascun candidato potrà partecipare al corso abilitante in una sola regione e per una sola classe di concorso. I corsisti che supereranno il Pas otterranno l’abilitazione all’insegnamento. Che potrà essere fatta valere ai fini dell’accesso alla II fascia delle graduatorie di istituto, ma non avranno titolo a essere immessi in ruolo.

Piano di salvataggio per il Sud Invalsi: ecco le 4 regioni a rischio

da ItaliaOggi

Emanuela Micucci

«Non bastano più solo i fondi Pon, che useremo». «Pensiamo di dover mettere in atto una strategia nuova in ciascuna delle 4 regioni con i risultati negli apprendimenti peggiori». Carmela Palumbo, capo dipartimento Miur, illustra la terapia d’urto che il ministero dell’istruzione metterà in campo contro l’emergenza educativa segnalata dai risultati delle prove Invalsi 2019 in Calabria, Sicilia, Campania e Sardegna, dalla primaria alla V superiore. Intervenendo alla presentazione del rapporto, alla Camera, spiega che se si riuscisse ad agire su queste 4 regioni, migliorerebbe tutto il sistema d’istruzione italiano. «Il vero spread del nostro Paese è quello scolastico, che si traduce in spread d’opportunità dei nostri cittadini futuri» e che, «a sua volta, si ripercuote sullo spread territoriale del Paese». Di qui la nuova strategia del Miur: «Nelle prossime settimane», annuncia Palumbo, «promuoveremo tavoli con queste 4 regioni». Una chiamata alle armi in cui si incontreranno Miur, regioni, enti locali, ma anche tutti gli stakholders che sul territorio interessati all’istruzione. Obiettivo: creare e realizzare insieme «un piano specifico per ciascuna regione», «sotto il coordinamento del Miur» «perché è necessaria un’economia di risorse da destinare». Quattro i criteri che i programmi regionali dovranno seguire. «Gli obiettivi devono essere scalabili e significativi per ciascuna regione», sottolinea Palumbo: se non sono possibili o sono troppo alti, si genera la sfiducia e non ci sono miglioramenti. «Focalizzarsi non solo sulle cognitive skill, ma anche sulle no cognitive skill» che sono il «prerequisito» per le prime. «Tener conto non tanto delle medie nazionale degli apprendimenti degli studenti o degli esiti delle regioni migliori, ma vedere la media regionale o i migliori risultati regionali». «Attenzione al divario interno tra le classi», perché «dove c’è un problema sui risultati complessivi molto spesso c’è uno spread tra le classi»: disuguaglianze su disuguaglianze, che generano fenomeni allarmanti e ghettizzazioni. Palumbo teme, infatti, che il fenomeno dell’emigrazione dal Sud al Nord degli studenti universitari si possa trasferire alle superiori sugli alunni della classe media.

Un paio di spunti ai temi oggetto dei piani regionali li ha indirettamente forniti anche Anna Maria Ajello, presidente dell’Invalsi. «I contesti pesano per gli apprendimenti degli studenti», ha ricordato. «Ma vale anche per i docenti? Ci sono, infatti, molti docenti meridionali che insegnano al Nord dove gli apprendimenti sono i migliori del Paese», mentre al Sud i docenti meridionali che vi insegnano ottengono risultati scarsi. «Il disinteresse per la matematica nel Sud», aggiunge Ajello, «significherà più povertà da vecchie per le attuali studentesse». «Per l’Invasi», aggiunge la presidente Ajello, «inizia ora un nuovo ciclo: andare in tutti i territori a spiegare come usare i dati delle prove» per migliorare la didattica e gli apprendimenti.

Dirigenti scolastici, MIUR vuole assumerli con chiamata diretta per curriculum

da Orizzontescuola

di Anselmo Penna

Ieri incontro al Ministero sulle assunzioni dei dirigenti scolastici. E’ stata fornita la tempistica per le assunzioni dei vincitori di concorso e sono state discusse anche le modalità di reclutamento.

Tempistica

Secondo quanto comunicato ieri dal Ministero, la piattaforma POLIS sarà utilizzata per la scelta delle regioni e sarà attivata da giorno 31 luglio al 2 agosto 2019. La pubblicazione della graduatoria è prevista dal 29 al 30 luglio, mentre le assegnazioni delle sedi avverranno dal 5 agosto.

Posti disponibili

Sono 2047, le assunzioni saranno 1987 assunzioni. I 60 rimanenti sono relative al contenzioso in Sicilia e alla graduatoria del concorso 2011 in Campania. Posti per regione

Modalità di assunzione

Durante il tavolo con i sindacati il Ministero ha avanzato l’ipotesi di assumere i dirigenti in base al curriculum. Lo scopo è di posizionare i dirigenti più qualificati nelle scuole che hanno determinate esigenze. A decidere dovrebbe essere l’Ufficio scolastico regionale.

Una proposta che arriva alla vigilia della eliminazione della chiamata diretta dei docenti e che ha trovato il diniego da parte dei sindacati che chiedono criteri oggettivi di assegnazione alle scuole.

Sindacati di base preparano gli scioperi dell’autunno

da La Tecnica della Scuola

Reginaldo Palermo

Siamo in piena estate ma i sindacati di base stanno già affilando le armi in vista del prossimo autunno.
Ad oggi sono già previste due azioni di sciopero.
Una riguarda solo il comparto scuola ed è stata proclamata dal SISA (Sindacato italiano scuola e ambiente) ed è calendarizzata per il 27 settembre.
Più consistente l’iniziativa in programma per il 25 ottobre, promossa da CUB, Sgb, Si-Cobas, e Usi-Cit, ma che riguarda tutti i comparti pubblici e privati con l’ambizione di dare voce alla protesta di quanti non sono per nulla soddisfatti delle politiche economiche e sociali del Governo gialloverde.
Per il momento i sindacati rappresentativi sono alla finestra e stanno cercando di ottenere qualche risultato attraverso il confronto continuo (anche se non sempre molto proficuo) con il Governo.
Mancano all’appello Cobas, Unicobas e Anief dei quali si attende di conoscere la posizione.

Formazione docenti neoassunti, l’ambiente Indire chiude il 1° settembre

da La Tecnica della Scuola

Lara La Gatta

L’ambiente Indire dedicato alla formazione dei docenti neoassunti nell’a.s. 2018/2019 rimarrà accessibile con tutte le funzioni abilitate, sia per i docenti che per i tutor, fino al 1° settembre 2019. Entro questa data è necessario che i docenti-tutor scarichino l’attestato di svolgimento della funzione di tutor accogliente.

Lo ha comunicato lo stesso Indire, con un proprio messaggio del 19 luglio, con il quale fa il punto sulle attività di formazione svolte in questo anno scolastico in via di conclusione.

I docenti coinvolti sono stati 22.964 docenti (DM850/2015) e 6.698 del percorso annuale FIT (DM984/17). Rispettivamente 21.662 e 6.404 tutor accoglienti hanno accompagnato i docenti nell’anno di formazione e prova e nel percorso annuale FIT.

Al 19 luglio 2019, sono in totale 28.556 i Dossier finali esportati, ovvero 22.011 dai docenti nell’anno di formazione e prova e 6.545 quelli esportati relativamente al percorso annuale FIT.

VAI AL MESSAGGIO

Educazione civica: la insegneranno i docenti già in servizio

da La Tecnica della Scuola

La legge sull’insegnamento dell’educazione civica non è ancora stata approvata ma in rete si discute già molto su chi dovrà (o potrà) occuparsene.
E c’è addirittura chi si sta già organizzando con moduli e modelli di vario genere da utilizzare per presentare domande di messa a disposizione nelle scuole.
Comportamenti che fanno pensare che per molti la “novità” debba essere valutata più per le possibili opportunità di lavoro che potrebbero crearsi che per gli eventuali benefici in termini educativi e formativi.
Per la verità la legge è piuttosto chiara e – almeno per ora – è difficile pensare che l’introduzione dell’educazione civica nelle scuole possa creare spazi per assunzioni ad hoc.
Ed è impensabile – sempre per il momento – che si possano aprire opportunità lavorative anche solo di carattere occasionale.
L’articolo 2, comma 4, del disegno di legge chiarisce che nelle scuole del primo ciclo, l’insegnamento trasversale dell’educazione civica è affidato in contitolarità ai docenti sulla base del predetto curricolo, utilizzando le risorse dell’organico dell’autonomia, senza incrementi o modifiche di organico.
Nel secondo ciclo, l’insegnamento è affidato ai docenti abilitati all’insegnamento delle discipline giuridiche ed economiche, ove disponibili, nell’ambito dell’organico dell’autonomia.
Per ciascuna classe, poi, tra i docenti a cui è affidato l’insegnamento dell’educazione civica, è individuato un docente coordinatore che ha, tra l’altro, il compito di formulare la proposta di voto, acquisendo elementi conoscitivi dagli altri docenti a cui è affidato il medesimo insegnamento.
Per lo svolgimento dei compiti di coordinamento non sono dovuti compensi, indennità o rimborsi spese, salvo che la contrattazione d’istituto non stabilisca diversamente con oneri a carico del fondo per il miglioramento dell’offerta formativa.
Per evitare equivoci di sorta c’è poi l’ultimo articolo del provvedimento che contiene la consueta formula sulla “invarianza di spesa”.
Con una eccezione: il ddl stanzia 4 milioni di euro per la formazione dei docenti che dovranno però essere ricavati dai fondi già disponibili per il Piano triennale di formazione.
Insomma la proposta di legge è chiara: per attivare i percorsi di educazione civica non si potranno spendere altri soldi. Difficile, dunque, pensare che questa possa essere l’occasione per dare un po’ di ossigeno ai migliaia di precari che affollano le diverse graduatorie.

Clicca qui per consultare il testo del ddl in discussione al Senato

Concorso dirigenti scolastici, via libera all’immissione in ruolo per 1.982 vincitori

da La Tecnica della Scuola

Novità in arrivo per i vincitori del concorso dirigenti scolastici. Dopo il via libera del Consiglio di Stato che ha dato sospeso gli effetti della sentenza del Tar Lazio del 2 luglio scorso, il Miur procede all’assunzione di 2.117 dirigenti scolastici.

I candidati idonei alla procedura concorsuale iniziata nel 2017 sono 3.420, di questi saranno dichiarati vincitori i primi 2.900.

Per l’anno scolastico 2019-2020, sono stati richiesti 2.117 autorizzazioni all’immissione in ruolo per tutti i posti vacanti e disponibili.

La ripartizione dei posti per il concorso dirigenti scolastici

A farla da padrone è la Lombardia con 359 posti, poi Piemonte con 239 e Emilia Romagna con 202.

La pubblicazione della graduatoria nazionale è prevista per il 29 o 30 luglio contestualmente all’indicazione del numero dei posti effettivamente disponibili nelle regioni. Per quanto riguarda i benefici previsti dalla L. 104/1992, l’Amministrazione ritiene che questi rilevino al momento dell’assunzione in servizio e quindi rientrino nella competenza dei Direttori degli USR.

Le eventuali rinunce all’incarico dirigenziale saranno gestite con lo scorrimento della graduatoria generale a livello nazionale.

L’Amministrazione è orientata ad acquisire le preferenze relative alla regione di assegnazione anche da parte dei riservisti ma non procederà all’attribuzione dei relativi incarichi fino allo scioglimento della riserva.

La procedura di assegnazione incarico prevede la seguente tempistica:

– dal 31 luglio al 2 agosto i vincitori indicheranno le proprie preferenze rispetto alle 17 regioni e vi saranno assegnati secondo il punteggio conseguito fino ad esaurimento dei posti disponibili;

– dal 5 agosto il MIUR provvederà all’assegnazione dei candidati alle regioni e successivamente i direttori dell’USR assegneranno l’incarico secondo le modalità previste dal D.lgs 165/2001

A. Petrella, Fragile è la notte

Petrella alla ricerca della vita

di Antonio Stanca

   Fragile è la notte è il romanzo che, comparso nel 2018 presso Marsilio Editori, segna per lo scrittore Angelo Petrella l’inizio di una nuova serie, quella che ha come protagonista l’ispettore di polizia napoletano Denis Carbone. Una figura complicata, è quasi sempre ubriaco e nel suo passato rientrano azioni poco chiare. Ora l’opera è ricomparsa presso Feltrinelli nella serie “Universale Economica”.

   Il genere è sempre noir, quello che ha contraddistinto il Petrella fin dal suo esordio nell’ambito narrativo, nuovo è il personaggio dell’ispettore che si muove tra gli impegni del lavoro e i problemi della vita privata. Un personaggio che incuriosisce, attira chi legge poiché semplice e complesso, ingenuo e sospettoso, facile e difficile.

  Petrella è nato a Napoli nel 1978, si è laureato a Roma ed ha svolto attività universitaria prima di dedicarsi completamente a quella di scrittore per la quale ha avuto numerosi riconoscimenti e molte traduzioni in lingue straniere. Anche come giornalista e sceneggiatore per la televisione e il cinema lavora Petrella nonché come traduttore per la collana “Il Giallo Mondadori”.

   Ha soltanto quarantuno anni e tanto ha già fatto. Il suo può essere considerato il caso dell’uomo di genio così ricco di risorse da non fermarsi di fronte a nessun ostacolo. Non si sarebbe detto, infatti, che dopo tanta narrativa l’anno scorso avrebbe dato inizio con questo romanzo ad una nuova serie e che sarebbe stata un’opera così abilmente costruita, così chiaramente espressa, così ampia e così sicura da riuscire bene e subito.

   E’ la sua Napoli, in particolare Posillipo, a fare da sfondo a Fragile è la notte, è tutta quanta la vita degradata che in questo quartiere avviene da tempo a costituire l’ambiente del romanzo, niente manca alla ricostruzione che lo scrittore compie, niente di quanto di torbido soggiace e non cessa d’inquinare, di guastare ogni cosa. Solo Petrella poteva riuscire in una rappresentazione così completa ché molto gli veniva dalla sua attività giornalistica. A cogliere, però, il senso, il significato di tanta vita sarebbe stato lo scrittore tramite le lunghe, infinite indagini che farà compiere al suo Denis Carbone, tramite le tante persone, i tanti luoghi con i quali lo farà venire a contatto. A Carbone Petrella avrebbe fatto vivere questa immensa realtà non solo da ispettore ma anche da uomo, non solo delle sue azioni avrebbe scritto ma anche dei suoi pensieri, dei suoi sentimenti. A confronto li avrebbe messi con quelli della vasta e varia umanità che gli avrebbe fatto conoscere, a verità superiori a quelle della semplice circostanza li avrebbe fatti giungere. Sempre sarebbe risaltato lo scrittore, non ci sarebbe stato soltanto il cronista e qui l’interesse, l’attrazione che Petrella riesce a suscitare. La sua scrittura è arte, le sue verità sono dell’anima, valgono per tutti, per sempre. Anche il cognac che Carbone beve in continuazione nonostante il mal di stomaco fa parte di quell’umanità che si muove debole, smarrita di fronte alle gravi sorprese che la vita può riservare. Carbone diventerà il simbolo di quell’umanità. Riuscirà, tuttavia, egli a vincere e il suo esempio lo scrittore cerca per incoraggiare, irrobustire, rafforzare quell’idea di bene, di amore, di giustizia che persegue, per mostrare che pur essendo un traguardo difficile non è impossibile.

   L’uomo solo, debole contro gli intrighi di un mondo divenuto sempre più ostile: questo rappresenta Petrella tramite Carbone in Fragile è la notte. Non si finisce mai di scoprire quante sono le complicazioni, quanti i collegamenti con il caso dell’omicidio di Ester Fornario, donna ricca, bellissima, disinibita, avvenuto nella sua villa a Posillipo.

   Quella di Carbone si trasforma nella lotta del bene contro il male, della vita contro la morte. Impari diventerà il confronto ma ci riuscirà, sarà capace l’ispettore di vincere sugli ostacoli che durante la sua indagine si andranno accumulando, riuscirà a riportare all’ordine quanto era stato imbrogliato. E con lui riuscirà il suo autore ad individuare la via da seguire tra tanta confusione, a trovarla dopo averla quasi smarrita.

   Il valore di un insegnamento assume quest’opera del Petrella, ha studiato Scienze Umane e da esse non si è staccato neanche quando è diventato scrittore.