Richiesta misure straordinarie per la specializzazione al sostegno didattico

Alla luce delle dichiarazioni del Ministro Bussetti di voler valutare la percorribilità di soluzioni idonee a garantire le supplenze sul sostegno con personale specializzato, della volontà espressa da questo Governo a promuovere un’effettiva inclusione scolastica di tutti, dell’interpellanza dell’Onorevole Antonio Pentangelo e delle proposte Sindacali.

Vista la sentenza Tar Lazio del 23 Aprile 2019, che ha ravvisato le incongruenze relative al numero esiguo di posti per la frequenza dell’attuale ciclo di specializzazione a fronte di ben 51.107 insegnanti senza il prescritto titolo. 

Visto che gli attuali ammessi a frequentare il corso di specializzazione del TFA Sostegno 2019 sono circa 14.000 e non riuscirebbero a sopperire alla carenza dei 51.107 insegnanti di sostegno.

Visto il diritto degli alunni e delle famiglie di alunni con disabilità ad essere affiancati da personale specializzato adeguato, scongiurando dunque le condizioni di inadeguatezza che sovente si verificano rispetto alle esigenze di tali alunni.  

Considerata l’esistenza di graduatorie di Fascia con relativi punteggi dati da titoli e anni di esperienza di insegnamento.

Considerata altresì la volontà degli idonei non beneficiari, che dopo aver superato tre dure prove, vogliono esercitare il loro diritto ad essere formati, sostenendo costi in termini di tempo, energie psico-fisiche e denaro.

TORNIAMO A CHIEDERE CON FORZA

La tempestiva messa a bando, con provvedimento straordinario, di nuovi percorsi di specializzazione, rivolti agli idonei dell’attuale ciclo (2019) non ammessi alla frequenza, al fine di sopperire alle carenze di organico specializzato, per garantire nel breve periodo, il pieno diritto allo studio dei ragazzi con disabilità, come già anticipato nella lettera inviata al Ministro Bussetti in data 25/07/2019, che si allega alla presente.

Distinti saluti 
Gli Idonei TFA Sostegno


Al Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
On. Marco Bussetti
e per c. Al Magnifico Rettore dell’Università Europea di Roma
alle Associazioni delle Famiglie di studenti con disabilità.
Oggetto: Richiesta misure straordinarie idonei TFA Sostegno 2019
Egregio Ministro,
Noi aspiranti insegnanti di sostegno, risultati idonei al concorso pubblico per l’ammissione ai corsi di specializzazione per le attività di sostegno agli alunni con disabilità, presso l’Università Europea di Roma,
Visto lo scenario attuale che attesta le esigenze di organico in merito al sostegno didattico.
Vista la sentenza Tar Lazio del 23 Aprile 2019, che ha ravvisato le incongruenze relative al
numero esiguo di posti per la frequenza dell’attuale ciclo di specializzazione a fronte di ben 51.107 insegnanti senza il prescritto titolo.
Vista l’inaccettabilità della condizione in cui le Istituzioni Scolastiche, nonostante il
fabbisogno attuale, continuino di fatto a convocare docenti non specializzati per le attività di
sostegno dalle Graduatorie di Circolo e di Istituto, mentre noi restiamo in attesa per mesi e
per anni solo per esercitare il diritto a frequentare tale corso di specializzazione.
Visto il diritto degli alunni e delle famiglie di alunni con disabilità ad essere affiancati da
personale specializzato adeguato, scongiurando dunque le condizioni di inadeguatezza che
sovente si verificano rispetto alle esigenze di tali alunni.
Visto i ritardi delle Università nell’espletamento delle tre prove per la definizione dell’idoneità dei partecipanti e i criteri non propriamente oggettivi nella valutazione della prova scritta e orale.
Si tenga in considerazione, altresì, che l’attuale data di conclusione dei percorsi in periodo “non utile” dell’anno scolastico, impedisce di fatto la pronta utilizzazione del titolo di specializzazione, sfavorendo sistematicamente la messa a disposizione del docente neo-specializzato fino all’inizio del successivo anno scolastico (circa 6 mesi).
Da tali premesse, emerge chiara l’esigenza di nuove misure organizzative che possano riassestare tale percorso tanto delicato e di fondamentale importanza per le istituzioni scolastiche.
Pertanto, Egregio Ministro, noi sottoscritti
CHIEDIAMO
La tempestiva messa a bando, con provvedimento straordinario, di nuovi percorsi di specializzazione, rivolti agli idonei dell’attuale ciclo (2019) non ammessi alla frequenza, da attivare in caso di impossibilità logistiche delle università in cui si è concorso – anche in nuove università che possano rispondere con una offerta formativa adeguata.
Percorsi, che assicurino un inizio dei corsi entro Settembre 2019, garantendo una serena frequenza ed il conseguimento della specializzazione entro la fine dell’anno scolastico 2019/20. Il tutto, per una pronta immissione nelle attività scolastiche entro l’inizio dell’a.s. 2020/2021.
Restando a disposizione per un confronto utile alla predisposizione delle suddette condizioni,
confidiamo nella Sua collaborazione e porgiamo
Distinti Saluti.
Gli Idonei “TFA Sostegno”

Ma l’Italia seleziona davvero i suoi insegnanti?

da la Repubblica

Tonino Ceravolo

Osservati dall’angolo visuale di chi presiede una scuola dell’Italia meridionale, i risultati annuali dell’Invalsi sulle competenze degli studenti hanno il sapore amaro di una disfatta. Se si assumono come esempio le classi quinte della scuola secondaria di II grado e i risultati in italiano, c’è di che essere sufficientemente sconfortati: il Piemonte e la Lombardia, così come le regioni del Nord Est (tranne la provincia di Bolzano), ottengono punteggi superiori alla media nazionale; le regioni del Centro riportano risultati in linea con la media italiana; punteggi “significativamente” inferiori a quelli medi sono ottenuti, invece, in Campania, Calabria e Sicilia. Né il quadro d’insieme varia prendendo in considerazione i risultati in matematica o in inglese: è sempre il Sud l’anello debole della catena, tanto da spingere gli estensori del “Rapporto prove Invalsi 2019” a osservare, commentando le prove di matematica, che «il regresso del posizionamento dell’Italia nelle classifiche internazionali quando si passa dalla scuola primaria alla scuola secondaria è dovuto ai bassi risultati del mezzogiorno e delle isole […]».

Insomma, per l’ennesima volta, le due Italie e la sensazione sgradevole, per chi opera nella scuola, di giocare il ruolo del curatore fallimentare. Non solo, ma se ampliamo lo sguardo e prendiamo come riferimento anche l’indagine internazionale Ocse – Pisa (l’ultima rilevazione è del 2015) ci accorgiamo che pure il Centro Italia, a eccezione che per la matematica, sconta un significativo divario, in questo caso rispetto alla media Ocse e relativamente alle abilità di lettura e alla literacy scientifica. Il quadro si definisce ancora meglio se si evidenzia come, in realtà, occorrerebbe almeno segnalare un terzo, un quarto e un quinto divario riguardo ai risultati scolastici, rispettivamente tra studenti dei licei (che ottengono risultati al di sopra della media) e studenti degli indirizzi tecnici e professionali, tra coloro che godono di uno status socio-economico- culturale medio-alto e chi ha un basso status, tra gli studenti immigrati e gli altri studenti.

In sintesi: una scuola che raggiunge pienamente i propri obiettivi solo in due specifiche aree del Paese (il Nord Est e il Nord Ovest), che contribuisce poco alla mobilità sociale, che tuttora – dopo decenni di riforme spesso sterili, che avrebbero dovuto potenziare, sulla carta, l’istruzione tecnica e professionale – circoscrive ai licei i propri risultati di “qualità”, che non costituisce, infine, reale occasione di integrazione per le giovani generazioni di immigrati. Detto lapidariamente: una gigantesca questione nazionale. A fronte di tutto questo, le risposte che provengono da più parti appaiono deboli, inadeguate a misurarsi con l’enormità del problema, che non si può certo risolvere non vedendo che si tratta di un fatto di “sistema”, che chiama in causa ogni singola tessera del puzzle, se sul serio si ha a cuore l’enunciata “centralità dello studente”. Alla quale, tuttavia, si risponde con i Pas (l’acronimo sta per Percorsi abilitanti speciali, per l’insegnamento si intende), qualcosa che, nelle intenzioni dichiarate, dovrebbe contribuire ad attenuare il problema del precariato nella scuola, ma che non affronta, se non nominalmente, la questione (tra le poche fondamentali per il futuro di questa istituzione) della formazione dei docenti.

A meno che non ci sia qualcuno davvero convinto che individuare come requisito di accesso all’abilitazione l’avere svolto “tre anni di servizio negli ultimi otto” possa essere, di per sé, un indice di qualità o che prevedere, per il successivo concorso straordinario riservato agli abilitati dei Pas, “una prova orale non selettiva” costituisca un modo per accertare le competenze disciplinari e metodologiche dei futuri docenti.

Paradosso dei paradossi: una scuola che, quotidianamente, valuta e seleziona i propri allievi rinuncia a valutare e a selezionare chi andrà in cattedra a svolgere tale delicatissimo compito. Beninteso, nulla di nuovo sotto il sole.

Fu il governo Letta a istituire, sei anni or sono, il primo ciclo di Pas e si deve a Matteo Renzi l’indiscriminato reclutamento dei docenti dalle cosiddette “graduatorie ad esaurimento”, con la conseguente immissione nei ruoli di un imprecisato numero di insegnanti i quali, per decenni, avevano dedicato ad altro la propria vita. “Scendendo per li rami” un secondo esempio: nelle estreme regioni del Sud è diventata buona abitudine (ben presto estesa anche al Nord) che i sindaci sospendano le attività didattiche a ogni stormir di fronde, poi gli studenti anticipano di uno o due giorni le vacanze di Natale, di altrettante giornate quelle di Pasqua e di almeno una settimana le vacanze estive, per non dire che partecipano quasi a ogni manifestazione che il comune di turno o la bocciofila del luogo organizzano (in mancanza di pubblico pagante). In questo modo, venti o trenta giorni di scuola vanno via e, moltiplicati per i tredici anni dell’intero ciclo, fanno, più o meno, un anno scolastico, mentre le indagini internazionali sottolineano (si veda la rilevazione Ocse -Pisa del 2012) che chi frequenta assiduamente la scuola ottiene un profitto migliore rispetto a chi non ha molta consuetudine con le aule.

Come dire che non esiste la scienza infusa e superinfusa o che chi si applica riesce meglio di un alunno pigro. Se, da ultimo e a proposito di responsabilità di “sistema”, si aggiunge che i percorsi facilitati, oltre che ai futuri insegnanti, si propongono pure agli studenti, forse per non appesantire le giovani menti in formazione, ci si può meravigliare dei risultati dell’Invalsi?

— L’autore è storico e dirigente scolastico