EDUCAZIONE CIVICA: RINVIARE INTRODUZIONE INSEGNAMENTO

EDUCAZIONE CIVICA, DI MEGLIO: RINVIARE INTRODUZIONE INSEGNAMENTO

Rinviare all’anno scolastico 2020/2021 l’introduzione dell’insegnamento di Educazione civica per dare a scuole e docenti il tempo necessario per predisporre le indispensabili attività di formazione. È la richiesta avanzata da Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della FGU – Gilda degli Insegnanti, al ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti.

“In sede di audizione presso le Commissioni parlamentari, – scrive Di Meglio nella lettera indirizzata al titolare di viale Trastevere – la nostra organizzazione sindacale ha espresso molte osservazioni critiche, segnalando, in particolare, la totale mancanza di risorse per attuare l’insegnamento dell’Educazione civica, che scarica sulle scuole e sugli insegnanti tutte le procedure e i relativi carichi di lavoro senza prevedere adeguati compensi.

L’entrata in vigore del provvedimento ad anno scolastico iniziato, inoltre, renderà molto complessa per le scuole l’attivazione della nuova disciplina, con ricadute non positive sulla qualità di tale insegnamento”.

Un Paese alla ricerca di sè

Un Paese alla ricerca di sè

di Maurizio Tiriticco

A volte mi chiedo se noi Italiani siamo veramente una Nazione. Infatti, se accedo a wikipedia per trovare una definizione di Nazione, leggo quanto segue: “Una nazione (dal latino natio, in italiano nascita) si riferisce ad una comunità di individui che condividono alcune caratteristiche comuni come la lingua, il luogo geografico, la storia, le tradizioni, la cultura, la religione, l’etnia ed eventualmente un governo”. E non so se una simile definizione possa correttamente adottarsi per quanto riguarda noi Italiani. In realtà siamo un Popolo giovane ed una Nazione altrettanto giovane! L’Unità d’Italia è stata celebrata solo nel 1861, e non certo con il consenso e l’entusiasmo popolare! Nonostante la generosità e il sacrificio di tanti patrioti! Basti pensare ai plebisciti, artatamente pilotati e truccati dal regime savoiardo, e all’esplosione del brigantaggio, cosiddetto, del Mezzogiorno, che altro non era che una forma di resistenza contro un’occupazione considerata straniera.

Comunque, siamo senza dubbio un Paese che nella sua lunga storia, a partire dagli Etruschi, dai Greci (alludo alle colonie dell’Italia meridionale e insulare), fino a quella Romana e poi Latina, e poi ancora Greco-latina (Graecia capta ferum victorem cepit), e poi ancora Longobarda, Bizantina, Germanica e non saprei cos’altro, ha espresso personaggi meravigliosi ed ha costruito cose stupende, nel pensiero, nella scienza e nell’arte in primo luogo. Che tutti gli stranieri ci invidiano!

Su tutti i libri di storia e di letteratura che riguardano il nostro Paese è riportato come e quando ha avuto origine la nostra lingua e, con essa, le prime esperienze letterarie. Si tratta della famosa carta Capuana, del 960 d.C. Avvenne quando, in un giorno di quell’anno così lontano dal nostro, alcuni contadini testimoniarono dinanzi a un giudice quanto segue: “Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti”. Chi di noi non ha studiato a scuola questa prima espressione italiana? Il latino era la lingua dei dotti, allora, com’è noto, ma il volgo parlava un linguaggio, anzi una pluralità di linguaggi totalmente diversi, una pluralità di volgari, molto diversi dal nord al sud della penisola. Poi, dopo secoli, venne un certo Manzoni a sciacquare in Arno i suoi panni! E di lì nacque il primo modello definitivo – se così si può dire – della nostra bella lingua. E non fu un caso che in tutte le scuole del Regno e della Repubblica – almeno della prima – i Promessi Sposi fossero una lettura obbligatoria.

Sembra che i primi e più significativi contributi relativi alla prima costruzione della nostra lingua e della nostra stessa cultura sono stati dati nel nostro Sud, anche se dobbiamo ringraziare Dario Fo per la preziosa ricerca da lui condotta sui dialetti dell’Italia settentrionale. Ed in particolare va segnalato ciò che accadeva alla corte di Federico di Svevia. La Svevia non è in Italia, ma è bene ricordare che il grande Federico II di Hohenstaufen – il casato è originario, appunto, della Svevia – è nato a Jesi nel 1194 ed è morto a Fiorentino di Puglia nel 1250: quindi un regnante italiano a tutto tondo! Un sovrano illuminato, che ha sempre primeggiato nel favorire e sostenere una produzione letteraria, artistica e scientifica, per quei tempi avanzatissima. Con tutto quel mix di magia! Basti pensare al mistero che circonda da sempre Castel del Monte, la cui effigie figura sul nostro centesimo di euro.

In seguito, nonostante tutte le successive invasioni e occupazioni, da Nord a Sud, regni, ducati, granducati, marchesati e quant’altro, ebbene, nonostante tutto (o forse grazie a questo tutto? Non saprei!) il nostro Bel Paese, il giardino d’Europa (Dante, Goethe, Stendhal) ha sempre prodotto “cose” egregie in tutti i campi, dalla prodizione artistica e letteraria a quella scientifica!!!

Ebbene, purtroppo oggi – agosto 2019 – non ritrovo più il mio Bel Paese, là dove ‘l sì suona! Ascoltare certi politicanti da strapazzo sciorinare in TV ovvietà, luoghi comuni, ripetizioni all’infinito degli stessi scontatissimi concetti, mi fa star male! Tutti soggetti che al colloquio della maturità boccerei sonoramente! Immagino la sofferenza del nostro Presidente Sergio Mattarella, quando deve sostenere colloqui con questi soggetti, colloqui da cui, purtroppo, deve nascere proprio in questi giorni quella scelta che determina il destino della Nazione! Non vorrei essere nei suoi panni! Mi chiedo: di che cosa vuoi discutere con i tanti Di Maio e i tanti Salvini? Tutti fotocopie l’uno dell’altro! Penso che il nostro Mattarella sia in grande sofferenza e che veramente in cuor suo li manderebbe a quel paese! Ovviamente dove il sì non suona! Però, chi se li piglierebbe?

Lo so e non ditemelo! La vecchiaia produce brutti effetti! Ti getta in quel brutto pentolone dove tutti i pensieri si rimescolano nel gran brodo del pessimismo! Ma un filo di speranza ce l’ho! Che può diventare un cordone! Quando penso che il nostro Stellone Italia è rinato da tempi ben peggiori: il fasciamo, la guerra, i bombardamenti, gli eccidi nazisti, la disperazione, la morte la fame… per cui non sarà certo questo ignobile triumvirato alla disperata ricerca di una nuova chance a gettarci nell’angolo! Anche perché il mattarello del nostro Presidente si farà sentire! Senz’altro!

La scomparsa di Cesarina Checcacci


CESARINA CHECCACCI 
PRESIDENTE NAZIONALE UCIIM

Serenamente la notte di S. Alessandro la prof.ssa Cesarina Checcacci,  cofondatrice e per vent’anni presidente nazionale dell’UCIIM, all’età di 98 anni , ha raggiunto il paradiso .

Cesarina Checcacci, nata a Firenze il 26 aprile 1921, laureata in lettere classiche all’Università di Firenze, ha partecipato con Gesualdo Nosengo alla fondazione dell’UCIIM, condividendo l’impegno di ricostruzione della scuola e della sua riforma in prospettiva personalistica e comunitaria. Insegnante nella scuola media, di questa associazione è stata, con Nosengo, segretaria centrale dall’inizio degli anni ’50 al 1968; vicepresidente con Aldo Agazzi, fino al 1974 e Presidente nazionale, dal 1974 al 1997.

Sono stati gli anni d’oro della scuola italiana . Sua è la premessa ai nuovi programmi della scuola media (legge n. 1959) , come pure i programmi dell’Educazione Civica che adesso ritorna come disciplina scolastica “trasversale”, ma con il voto finale e destinata a tutti gli alunni di tutte le classi.

Ha avuto un ruolo di protagonista nella storia della scuola italiana, come interlocutrice di tutti i Ministri della PI, come relatrice e animatrice di un centinaio di convegni e di una decina di congressi nazionali dell’Unione, come punto di riferimento del laicato cattolico impegnato nel sociale e nelle istituzioni.

Suo osservatorio privilegiato è stato il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, nel quale fu sempre rieletta fin dagli anni ’60, anche quando questo si trasformò in Consiglio nazionale della PI, col dpr 416 del 1974. In questo massimo organo di rappresentanza della scuola italiana è stata per un quarto di secolo non solo membro autorevole dell’Ufficio di Presidenza (e nel 1997 vicepresidente), ma anche generosa redattrice di molte bozze dei pareri e delle pronunce poi discussi e approvati dal CNPI.

La sua autorevolezza si è accresciuta nel tempo, con titoli conquistati sul campo, attraverso una intensa attività di promozione di esperienze d’innovazione alla base (anche con la presidenza del Movimento Circoli della Didattica, con la direzione della rivista “Ricerche didattiche” e con la presidenza della cooperativa “Presenza nella Scuola”, che condusse alcune ricerche per conto del MPI) e la diretta partecipazione alle commissioni nazionali di studio, promosse dalle diverse direzioni generali che portano i nomi dei sottosegretari Biasini (1971) e Brocca (1988-1993).

La Presidente Checcacci riuscì ad assicurare all’UCIIM una guida ispirata a idealità e a realismo politico: in un periodo nel quale era facile cedere alle suggestioni dell’ideologia e dell’emotività, tenne con fermezza il timone dell’associazione e della sua politica scolastica.

“I giovani, scrisse all’indomani del ’68, in un momento difficile per la scuola italiana, rimproverano agli adulti di non credere in ciò che fanno, tacciandoli di incoerenza, di “perbenismo”, di mancanza di coraggio. L’unico modo per costruire è rappresentato, a nostro sommesso giudizio, da una risposta coraggiosa che è, in primo luogo, umana, in quanto si esprime con una coerenza estrema, che non si lascia fermare da remore varie. La scuola, ossia la possibilità di dialogo fra adulti e giovani, fra gli aspetti validi dell’esperienza culturale trascorsa e l’attesa impaziente del futuro, si salva così, compromettendosi fino in fondo, senza mezze misure e senza ripensamenti egoistici.(…) Compromettersi significa anche denunziare le responsabilità di situazioni incresciose e farsi centri di mobilitazione morale per ricostruire la comunità e la democrazia”. All’UCIIM chiedeva di “coordinare tutte queste personali testimonianze, compromettendosi essa stessa sulla frontiera della giustizia e della carità” (“La Scuola e l’Uomo”, 12, 1971, p.2),

Particolarmente rilevante il suo impegno a difesa della riforma della scuola media del 1962 e per l’attuazione della riforma della secondaria superiore, per la quale ha intensamente lavorato, anche come direttrice organizzativa del comitato di coordinamento della Commissione Brocca.

A queste posizioni di carattere pedagogico e politico corrispondevano non solo i dibattiti in seno al CNPI e vari colloqui non sempre facili con i ministri di turno, ma anche una prodigiosa attività organizzativa, che la portava a visitare  le sezioni UCIIM in tutte le regioni d’Italia, ad organizzare ogni anno viaggi di cultura all’estero, a partecipare con responsabilità direttive al SIESC (Sécrétariat international des enseignats secondaires catholiques) e all’organizzazione delle sue rencontres annuali, in diverse città d’Europa.

Ha ottenuto, come riconoscimento del suo impegno e del suo lavoro, la medaglia d’oro della Pubblica istruzione dal presidente Cossiga su proposta del ministro Misasi (1991) e la nomina a Grand’ufficiale della Repubblica, dal presidente Scalfaro, su proposta del presidente Berlusconi (1994).

 Il ministro Luigi Berlinguer, nonostante le posizioni dell’UCIIM fossero contrarie al suo disegno di accorpamento della scuola media in una scuola di base settennale, l’ha nominata consigliere ministeriale nel 1997. In questo ruolo è stata confermata dal suo successore, ministro De Mauro.

Il XX Congresso dell’UCIIM (dicembre 2000) l’ha proclamata presidente emerita.

A Lei si devono  centinaia di conferenze, di relazioni nei molti corsi di aggiornamento per docenti e dirigenti realizzati in sede nazionale e in sede locale e centinaia di articoli anche come editoriali di “La scuola e l’Uomo”, rivista ufficiale dell’UCIIM.

Giuseppe Adernò