Quella volta che Fioramonti disse: “Il nostro modello per l’istruzione è la Finlandia”

da La Tecnica della Scuola

Lorenzo Fioramonti è stato nominato ministro dell’Istruzione. Per il deputato del Movimento Cinque Stelle si tratta di “una promozione”, dato che è stato già vice ministro nel primo governo Conte.

Una delle dichiarazioni più significative nel corso del suo primo mandato da esponente dell’esecutivo ha riguardato il paragone tra sistema scolastico italiano e sistema finlandese“Qualche mese fa ero in Finlandia per studiare il loro approccio alla sperimentazione sociale, alla digitalizzazione dei trasporti e alle politiche sociali. Conto di tornarci presto per approfondire la loro filosofia educativa, che ritengo affascinante”.

Come è strutturato il sistema d’istruzione della Finlandia?

Secondo vari indicatori (tra cui Osce-Pisa), il sistema scolastico finlandese è tra i migliori del mondo, se non il migliore. Tutte le scuole sono pubbliche (non esistono le private), vasti investimenti sulla ricerca, abolite le lezioni frontali con collaborazioni tra docenti e studenti. Per le elementari maestri lasciano 15 minuti di gioco ogni 45 minuti di lezione. A casa vengono assegnati pochi compiti, fino a 13 anni niente voti, tutti alla scuola materna fino ai 7 anni. Ultimo, ma non meno importante: l’insegnante è gode di grande rispetto e viene adeguatamente pagato senza paura di controlli e giudizi di ispettori.

Lorenzo Fioramonti è il nuovo ministro dell’Istruzione. Il profilo

da La Tecnica della Scuola

Lorenzo Fioramonti è il nuovo ministro dell’Istruzione. Per l’esponente del Movimento Cinque Stelle si tratta di una “promozione”: infatti, nel primo governo Conte, era viceministro al Miur.

Adesso, invece, nel Conte bis, Fioramonti prende il posto di Marco Bussetti, esponente della Lega.

Il nuovo governo giurerà domani alle 10:00 al Quirinale.

“C’è una maggioranza parlamentare e si è formato un governo e la parola compete al Parlamento e al governo che nei prossimi giorni si presenterà alle Camere per chiedere la fiducia e presentare il programma”. Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

La lista completa dei ministri

Una squadra di 21 ministri affiancherà il presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel governo M5s-Pd.

Al Movimento 5 stelle vanno 10 ministri, al Partito democratico 9, a Liberi e uguali 1, Articolo Uno 1.

Sono sette le donne, dunque un terzo sul totale: tra le donne il solo profilo tecnico del governo, Luciana Lamorgese che va al Viminale. Al M5s va anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro.

Questa la lista dei ministri:

Interno, Luciana Lamorgese;

Economia e Finanze, Roberto Gualtieri;

Affari Esteri e Cooperazione internazionale, Luigi Di Maio;

Lavoro e Politiche Sociali, Nunzia Catalfo;

Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli;

Difesa, Lorenzo Guerini;

Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà;

Innovazione, Paola Pisano;

Pubblica Amministrazione, Fabiana Dadone;

Affari regionali, Francesco Boccia;

Sud: Giuseppe Provenzano;

Pari Opportunità e Famiglia, Elena Bonetti;

Affari europei, Enzo Amendola;

Giustizia, Alfonso Bonafede;

Ambiente, Sergio Costa;

Infrastrutture e Trasporti, Paola De Micheli;

Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Teresa Bellanova;

Istruzione, Università e Ricerca, Lorenzo Fioramonti;

Beni e Attività Culturali e Turismo, Dario Franceschini;

Salute, Roberto Speranza;

Sport e alle Politiche Giovanili, Vincenzo Spadafora.

Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro.

Il profilo di Lorenzo Fioramonti

Lorenzo Fioramonti è membro della Camera dei Deputati nel Parlamento Italiano, eletto il 4 Marzo 2018 con il Movimento 5 Stelle.

Il curriculum vitae (clicca qui)

Romano, classe 1977, è attualmente in aspettativa dal ruolo di Professore Ordinario di Economia Politica all’Università di Pretoria (Sudafrica), dove ha fondato il Centre for the Study of Governance Innovation ed è stato Vice Direttore del Progetto Future Africa.

E’ inoltre Professore Straordinario presso la Scuola di Public Leadership dell’Università di Stellenbosch, Senior Fellow presso il Centre for Social Investment dell’Università di Heidelberg e la Hertie School of Governance (Germania) e Associate Fellow presso l’Università delle Nazioni Unite.

I punti di interesse nella ricerca del professore Fioramonti spaziano dai paradigmi economici alternativi alla governance dei beni comuni, dall’innovazione della politica globale a nuove forme di regionalismo sovrannazionali.

Scuola e università, così si rilanciano

Cosa aspettarsi per la scuola e l’università? Recentemente al Corriere della Sera ha detto: “La scuola, la formazione e la ricerca devono essere al centro del programma perché ormai la conoscenza è il nuovo petrolio. Per rilanciare il settore bisogna chiudere la piaga del precariato di scuola, università e enti di ricerca”.

Come trovare i fondi per rilanciare l’istruzione? Per Fioramonti “i fondi si possono trovare con interventi fiscali mirati, quella che chiamo l’Iva strategica. Bastano delle micro tasse di scopo. Una sulle merendine, una sulle bevande zuccherate, un’altra sui biglietti aerei. Sono beni dannosi per la salute e servizi inquinanti. Ho calcolato che così si possono ricavare 2,5 miliardi”.

Bussetti ai saluti: sono stati 15 mesi intensi nella mia casa. Ma poteva fare di più

da La Tecnica della Scuola

A poche ore dal giuramento del nuovo Governo giallo-rosso, con l’investitura anche del nuovo “inquilino” del dicastero di Viale Trastevere (il favorito è il docente filosofo Nicola Morra), arriva il commiato del ministro dell’Istruzione uscente Marco Bussetti.

Poche parole: ho rappresentato la più alta carica istituzionale

Solo poche parole per salutare e ringraziare i dipendenti del Miur che hanno lavorato con lui: “Sono stati 15 mesi intensi. Ho avuto l’opportunità di rappresentare, nella più alta carica istituzionale, il mondo della scuola, da sempre la mia casa. Grazie!”.

Parole che confermano quello che avevamo detto di lui all’inizio del suo mandato: Marco Bussetti è un uomo di scuola, che conosce i problemi della scuola.

Pesa la mancata approvazione del decreto salva-precari

In poco più di un anno non poteva fare molto, probabilmente però qualcosa di più.

Su uno dei nodi più stretti del comparto, il precariato e il reclutamento transitorio, ad esempio, il rammarico è l’avere sprecato diversi mesi con la linea intransigente dei concorsi pubblici come canale unico.

Per poi ravvedersi, in primavera, quando, per come sono poi andate le vicende del Governo, era ormai troppo tardi. Con il decreto salva-precari naufragato assieme all’esecutivo M5S-Lega.


Lorenzo Fioramonti nuovo ministro dell’Istruzione

da Tuttoscuola

Vorrebbe eliminare le classi pollaio e aumentare lo stipendio dei docenti. I fondi? Dice di volerli trovare grazie a micro tasse di scopo. Sulle merendine, per esempio. Questo e solo uno dei progetti del nuovo ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti.

Viceministro dell’Istruzione del governo Conte 1, Lorenzo Fioramonti (M5S)  è laureato in Storia del pensiero politico ed economico moderno presso la facoltà di Filosofia dell’Università Tor Vergata di Roma con una tesi sul ruolo dei diritti di proprietà ed individuali in America e in Europa, ha conseguito anche un dottorato di ricerca in Scienze Politiche presso l’Università di Siena.

Professore ordinario di economia politica presso l’Università di Pretoria, è direttore del Centro per lo studio dell’innovazione Governance (GovInn) dello stesso ateneo. È inoltre membro del Center for Social Investment dell’Università di Heidelberg, della Hertie School of Governance e dell’Università delle Nazioni Unite.

Si occupa di economia e integrazione economica europea[1]. Per il Financial Times, Fioramonti sostiene che il PIL è “non solo uno specchio distorto in cui vedere le nostre economie sempre più complesse, ma anche un impedimento a costruire società migliori”.

Fra il 1997 e il 2000 ha avuto un’esperienza come assistente parlamentare, collaborando a titolo gratuito con Antonio Di Pietro a sviluppare politiche per i giovani nelle periferie.

Il 12 giugno 2018 Fioramonti è stato nominato sottosegretario presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca nel Governo Conte. A settembre 2018 ha annunciato di aver nominato a luglio 2018 il personaggio televisivo Dino Giarrusso suo segretario particolare, affidandogli l’incarico di coordinare la comunicazione del suo ufficio e curare le relazioni istituzionali. L’onorevole ha inoltre aggiunto di aver chiesto a Giarrusso di aiutarlo anche ad evadere le segnalazioni inviate al Ministero sulle presunte irregolarità che si verificano all’interno dei concorsi universitari.

Il 13 settembre 2018 il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro Marco Bussetti, lo ha nominato vice ministro all’istruzione, università e ricerca.

“La scuola, la formazione e la ricerca devono essere al centro perché la conoscenza è il nuovo petrolio. Ma per poter rilanciare il settore bisogna chiudere la piaga del precariato della scuola, dell’università e degli enti di ricerca”, ha detto pochi giorni fa al Corriere della Sera il nuovo inquilino di Viale Trastevere. Noi, per il momento, non possiamo che augurargli “buon lavoro”.

Per una informazione diffusa

Per una informazione diffusa

di Maurizio Tiriticco

Sono abbastanza vecchio per poter formulare le riflessioni che seguono! A proposito delle informazioni, della scuola, dei libri di testo e del libro in genere. Il tutto mi viene suggerito da un interessante intervento, pubblicato oggi dal Corsera, di Maria Berlinguer, dal titolo “Scuola tutta da rifare; analfabeta funzionale un adolescente su tre”. Scrive la Berlinguer: “Tra dieci anni saranno un milione e trecentomila gli studenti che diserteranno l’appello del primo giorno di scuola. Il trend demografico parla chiaro. In due lustri il turnover riguarderà il 40% degli insegnanti, che ancora incidono per il 90% sul bilancio del Miur. Un’occasione d’oro per cambiare il volto del sistema formativo a parità di spesa. È la sfida che lancia alla politica Tuttoscuola, la rivista specializzata che a poche ore del gong della campanella di inizio anno pubblica un report che è anche un appello al mondo politico perché la smetta di affrontare a suon di tweet e di like un tema dal quale dipende in buona sostanza il futuro del Paese” E riporta una riflessione di Giovanni Vinciguerra, direttore di Tuttolibri, che scrive: “L’emergenza educativa e la formazione culturale delle nuove generazioni dovrebbe essere al centro del dibattito politico. Eppure il grande assente anche in questa crisi di governo è la scuola, probabilmente perché non è spendibile nell’immediato e va affrontato nell’ottica del medio e lungo periodo e non in previsione di elezioni ravvicinate”.
I dati riportati dalla Berlinguer e da Vinciguerra parlano chiaro. L’analfabetismo funzionale è in aumento. In realtà tutti ormai sono in grado di leggere e scrivere, stante anche la diffusione massiccia dei cellulari, ma… in generale si tratta soltanto di competenze alfabetiche strumentali, e funzionali soltanto alla formulazione e comprensione di messaggi informativi e formativi di primo livello, potremmo dire, cioè: Come stai? Che fai? Quando ci vediamo? Hai sentito Giuseppe? Hai visto Antonietta? Ieri è stata una bella serata! Che piacere averti conosciuto/a! Una messaggistica che in effetti ha anche la sua importanza! Il marito al supermercato ha dimenticato che cosa deve acquistare e contatta la moglie per…. La ragazza al termine di una festa contatta il papà perché la vada a prendere! Per non dire poi di tutte le diavolerie possibili per poter smanettare con il cellulare sotto il banco di scuola per accedere a tutte le informazioni necessarie a determinati bisogni: un’interrogazione; una versione da Cicerone! Insomma, il web è la nostra enciclopedia portatile! Nonché la possibilità di risolvere mille problemi! Anche il turista oggi accede ai monumenti e ai musei sempre lasciandosi guidare dal cellulare!
Io stesso, di poca memoria, ho esultato quando il web mi ha permesso di non ricercare più, e con quale fatica, il testo x nella mia libreria al fine di una citazione, di una nota. Se poi ripenso ai miei anni di scuola… solo libri di testo… tutto il sapere era lì, e forse anche per l’insegnante… e poi quante formule di rito: per giovedì da pagina 5 a pagina 10! Venerdì compito in classe! E in tante famiglie – la grande maggioranza – spesso il libro di testo del figlio era l’unico libro che entrava in casa. E l’ignoranza – quella cosa che riguarda le conoscenze, non il costume, la cultura in senso lato – toccava livelli molto alti.
Insomma oggi l’offerta informativa erogata dal web non manca e si arricchisce sempre più. Ovviamente non mancano le informazioni non esatte, e neppure le bufale, ma un ricercatore scaltro – non disco esperto, che è altra cosa – conosce tutti i modi per incrociare le informazioni e non cadere in errore. Ed ancora! Se l’offerta non manca e diviene sempre più ricca, è la domanda che, invece, è carente. Si suole dire che l’incolto spesso non sa di esserlo; quindi non è in grado di formulare domande e, quindi, di darsi o ricercare risposte. L’incolto in una biblioteca si perde e basta! Pertanto la massiccia cascata di informazioni che oggi cade – o può cadere – su ciascuno di noi, per molti è solo acqua fresca, come una pioggia primaverile: è un po’ noiosa, ma poi passa!
Insomma, potremmo dire che l’informazione una volta era oro. Sono gli scribi che ci hanno trasmesso i saperi e i valori dell’antica Grecia e dell’antica Roma! Sono i frati amanuensi medioevali che nei loro conventi copiavano e copiavano quei testi classici che, invece, si sarebbero inesorabilmente perduti. Poi è venuto un certo Gutenberg che in una certa Magonza ha inventato i caratteri mobili! E la stampa! Così tutti avrebbero potuto leggere da soli, senza l’intermediazione del prete di Roma, la Bibbia!
Insomma, quanta fatica nel corso dei secoli per la costruzione, la diffusione, la moltiplicazione della cultura. Spesso privilegio di pochi! A questo proposito giova, però, ricordare Comenio, che in pieno Seicento, con la sua “Didactica Magna”, sostenne e dimostrò che il leggere e scrivere non può e non deve essere un privilegio di pochi e che bisogna invece, “insegnare tutto a tutti”. Ipotizzava l’istruzione obbligatoria! Una conquista recente! E ricordiamoci sempre che oggi c’è il web, questa enciclopedia universale a cui tutti possono accedere! Un’enciclopedia in cui, com’è noto, non mancano le bufale, ma dalle quali ci possiamo guardare e difendere! Purché gli strumenti fondanti del leggere e scrivere, produrre e comprendere, impariamo a conoscerli e ad usarli… per crescere e diventare migliori! E non per… imbufalirci!

Walt Whitman

Walt Whitman o la poesia di tutti

di Antonio Stanca

   Recentemente al numero cinque della serie “diVersi” promossa dal “Corriere della Sera” è comparso il breve volume dedicato a Walt Whitman, poeta, scrittore e giornalista statunitense. L’opera contiene poesie tratte dalle sue più importanti raccolte, Foglie d’erba, O capitano! Mio capitano! e Canti d’addio.

  Whitman nacque nel 1819 a Long Island, New York, da genitori anglo-olandesi. Col tempo la famiglia si trasferirà a Brooklyn. A undici anni Walt dovette abbandonare la scuola e lavorare svolgendo le più diverse attività fin quando nel 1848, a New Orleans, non si inserì negli ambienti giornalistici. Qui cominciò con interventi a proposito della condizione delle donne, dell’immigrazione e contro lo schiavismo. Cominciò pure con quelle esperienze di viaggio che muoveranno la sua ispirazione poetica. Nel 1855 uscì, a spese dell’autore, la prima edizione della raccolta Foglie d’erba. Era composta da dodici componimenti. Ce ne saranno altre nove edizioni, Whitman vi si applicherà per tutta la vita e nell’ultima i componimenti saranno trecentottantanove. Alla sua prima uscita l’opera non ebbe molto successo, fu accusata d’immoralità e sempre combattuta sarebbe stata la posizione dell’autore nell’ambito dell’opinione intellettuale americana, sempre difficile sarebbe stato per Whitman farsi accettare pienamente poiché sempre, anche se velatamente, sarebbe stato sospettato di omosessualità e accusato di farne un motivo delle sue opere. La famiglia, poi, numerosa, con problemi economici, di alcolismo per due fratelli, di malattia mentale per un altro e di ferite da guerra per un altro ancora, avrebbe tenuto occupato l’autore per molto tempo. Nonostante tutto continuerà a produrre, scriverà anche di narrativa e lo farà pure quando nel 1972, ormai malato, si ritirerà a Canden, New Jersey, in casa del fratello George. Qui morirà nel 1892 e la sua figura col tempo sarà ampiamente riabilitata, verrà indicata come precorritrice della nuova poesia americana, dei poeti della “Beat Generation”. Whitman aveva liberato la poesia americana da quei residui di romanticismo europeo che ancora recava, anche se a rischio d’incomprensioni e di accuse l’aveva fatta espressione di temi quali l’amore, il sesso, la politica, l’aveva mostrata capace d’impegnarsi nel civile, nel sociale. Come fanno vedere i componimenti di questo breve volume Whitman aveva rotto con quanto gli era giunto dalla tradizione. Aveva, innanzitutto, sostituito qualsiasi tipo di rima col verso libero, aveva fatto diventare poesia quella che può essere detta una prosa poetica e le aveva fatto esprimere quanto accadeva nell’America del momento, la guerra di Secessione, lo scontro tra unionisti e confederati, Lincoln, l’attentato, i problemi dell’emancipazione femminile, del lavoro, degli schiavi, del governo, dello Stato, della religione. E’ un’America che freme di attesa, che è rivolta verso l’avvenire, che ha tanti problemi e vuole risolverli, vuole una nuova vita, è un’America della quale Whitman solo, povero, incompreso è destinato a diventare il simbolo, l’immagine più significativa. Nella sua poesia indicherà egli il modo per uscire dalla grave situazione che si era creata, dai tanti problemi che erano venuti a scontrarsi. La indicherà nella formazione, nella diffusione di un’umanità nuova, diversa da ogni altra poiché educata, formata all’insegna di quei valori morali, spirituali quali l’amore, il bene, la comprensione, la comunicazione, la virtù, che sono sempre stati dell’uomo ma che da tempo sono stati messi da parte. Una missione egli si propone di svolgere con i suoi versi, con quella sua maniera di scriverli. Vuole arrivare ovunque, anche negli strati più umili, più emarginati della popolazione, vuole abolire ogni distanza, ogni differenza di età, di sesso, di lingua, di religione, di ceto, di stato civile, sociale, vuole diffondere l’uguaglianza, la libertà, vuole fare di Dio un aspetto, un modo dell’esistenza, non separato, non distinto da essa e così vuole fare del grande ideale politico della Democrazia, vuole che tutti tendano ad un’altra vita, si sentano partecipi di essa, che sia migliore della precedente e sia destinata a durare per sempre. Vuole che l’uomo sia la misura, la dimensione unica di questa vita.    Whitman offrì la base perché si formasse il mito del grande uomo americano, della grande America che è durato fino ad oggi.

Scuola tutta da rifare “Analfabeta funzionale un adolescente su tre”

da Corriere della sera

Maria Berlinguer

La scuola questa sconosciuta. Tra dieci anni saranno un milione e trecentomila gli studenti che diserteranno l’appello del primo giorno di scuola. Il trend demografico parla chiaro. In due lustri il turnover riguarderà il 40% degli insegnanti, che ancora incidono per il 90% sul bilancio del Miur. Un’occasione d’oro per cambiare il volto del sistema formativo a parità di spesa. È la sfida che lancia alla politica Tuttoscuola, la rivista specializzata che a poche ore del gong della campanella di inizio anno pubblica un report che è anche un appello al mondo politico perché la smetta di affrontare a suon di tweet e di like un tema dal quale dipende in buona sostanza il futuro del Paese. «L’emergenza educativa e la formazione culturale delle nuove generazioni dovrebbe essere al centro del dibattito politico. Eppure il grande assente anche in questa crisi di governo è la scuola, probabilmente perché non è spendibile nell’immediato e va affrontato nell’ottica del medio e lungo periodo e non in previsione di elezioni ravvicinate», spiega Giovanni Vinciguerra, direttore di Tuttolibri. Il dimagrimento del sistema di istruzione da problema può però trasformarsi in chance per rivoluzionare e finanziare tutte le strutture formative (scuola, università, ricerca e formazione), investendo su un modello che tenga conto degli ulteriori progressi delle nuove tecnologie, delle neuroscienze, della robotica. A patto che nessuno, come invece sembra probabile, intenda gettare i futuri risparmi che arriveranno nel calderone del bilancio dello Stato.
Qualche numero può aiutare a inquadrare il problema e lo stato dell’arte. Il 39% degli italiani nella fascia tra i 25 e i 64 anni non ha un titolo di studi superiore alla terza media. Il 30% è analfabeta funzionale, il doppio rispetto alla media europea (15%). Un analfabeta funzionale è più incline a credere a tutto ciò che legge in maniera acritica, visto che, come certifica Piaac-Ocse, non riesce a comprendere quello che legge. I dati Invalsi di quest’anno ci dicono che il 35% degli alunni non è in grado di comprendere un testo in italiano con un picco del 50% in Calabria. Dati ancora peggiori per l’inglese e la matematica dove le percentuali della non comprensione variano geograficamente dal 32% del Nord al 56% di Sud e isole. Negli ultimi vent’anni 3 milioni e mezzo di studenti su 11 hanno lasciato la scuola secondaria superiore. Un’emorragia che è costata cara anche in termini economici. In ogni caso la spesa per l’istruzione è scesa dal 5,5% del Pil del 1990 al 3,9 del 2016, la media Ue è del 4,7. Secondo le proiezioni Eurostat, rielaborate dalla fondazione Agnelli, fatto 100 il numero di studenti italiani tra i 6 e i 16 anni del 2015 nel 2030 scenderanno a 85. Una questione epocale per l’intero sistema del welfare che però può diventare un’opportunità. A parità di spesa si può immaginare di rivoluzionare il sistema scolastico che, al di là delle riforme, è ancorato a un modello del secolo scorso. A partire dall’infanzia. Tutti sono concordi nel sostenere che il cervello si sviluppa nei primi 5 anni di età. Dunque il calo dei bimbi può trasformare in tempo pieno quel 10% di classi antimeridiane. O magari portare nelle periferie i futuri insegnanti. La globalizzazione delle economie e delle tecnologie comporterà la globalizzazione dei sistemi informativi. L’Italia è pronta a questa rivoluzione? «L’ultima conferenza dedicata alla scuola risale al 1989 con Sergio Mattarella ministro dell’Istruzione, noi nel nostro piccolo promuoviamo un progetto “La scuola che sogniamo” aperto al contributo di tutti per la crescita dal basso di un ambizioso progetto culturale: ogni mese presenteremo un modello innovativo di scuola, a fine anno forniremo i risultati di questo lavoro», dice Vinciguerra. «Se si sogna da soli è solo un sogno, se si sogna insieme è la realtà che comincia». —

Sostegno, sarà boom di supplenti: oltre 60 mila non sono abilitati

da Corriere della sera

Valentina Santarpia

Un insegnante su cinque che entrerà in classe quest’anno sarà un supplente: parliamo di 170 mila docenti che, secondo le stime dei sindacati, avranno una cattedra solo fino a giugno. Torna come ogni anno la supplentite, e le stime, nonostante i concorsi facilitati degli ultimi anni, sono sempre più alte, complice la riforma di quota 100 che ha aggiunto 17 mila posti vacanti al numero di cattedre disponibili. Ma come si arriva da 17 mila «buchi» a una carenza di dieci volte tanto? Semplicemente sommando. Per cominciare, delle 53 mila assunzioni annunciate dal ministero dell’Istruzione, sono 23 mila quelle impossibili per mancanza di aspiranti. Poi vanno considerati i circa 6 mila posti vacanti ed esuberi per cui il ministero delle Finanze non ha autorizzato lo stanziamento delle risorse. Si arriva così a 29 mila posti «di diritto» scoperti: ovvero cattedre certe, che non variano sulle base della composizione delle classi.A questi vanno aggiunti i 15.232 docenti dell’organico di fatto, cioè quel personale che ogni anno varia appunto per numero di studenti e caratteristiche delle classi, e che non può rimanere fisso. Poi ci sono le cosiddette deroghe del sostegno: ovvero, una platea di circa 65mila insegnanti che sulla base di decisioni del tribunale e istanze delle famiglie vanno a rafforzare l’organico a supporto di studenti disabili e con difficoltà dell’apprendimento, sempre poco facilmente calcolabili. Bisogna anche considerare i posti lasciati vuoti dai prossimi presidi, che hanno vinto il concorso: poco meno di 2 mila. Gli altri circa 40 mila sono disseminati tra comandi, distacchi, trasferimenti, malattie. Per capirci, significa che alla fine dei conti ci sono alcune regioni dove solo metà dei prof sarà di ruolo: la situazione è critica soprattutto in Emilia Romagna, Lombardia, Sardegna, e nelle scuole secondarie di I e II grado, visto che il concorso per infanzia e primaria ha portato un po’ di linfa nuova. Mancano prof di matematica e italiano alle medie: nonostante graduatorie infinite, non esistono insegnanti in grado di occupare quei posti

Mad, assunzioni senza regole

da ItaliaOggi

Carlo Forte

I dirigenti scolastici dovranno disporre la pubblicazione degli elenchi delle Mad solo dopo l’esaurimento delle graduatorie di istituto. È una delle precisazione contenute nella circolare annuale sulle supplenze pubblicata il 28 agosto scorso (38905). La sigla Mad sta per: «messe a disposizione». Si tratta di istanze atipiche che contengono una manifestazione di volontà da parte di aspiranti docenti di accettare eventuali supplenze da parte del dirigente scolastico della scuola dove siano state depositate. E vengono presentate da aspiranti non inclusi nelle graduatorie a esaurimento della provincia di riferimento e nelle graduatorie di istituto delle scuole di presentazione. La circolare chiarisce che gli elenchi degli aspiranti che abbiano presentato le Mad non dovranno essere pubblicati a prescindere. Ma solo al bisogno. E cioè quando, in vista della necessità di assumere un supplente, il dirigente scolastico abbia riscontrato la totale assenza di aspiranti sia nella graduatoria dell’istituzione scolastica procedente che nelle graduatorie delle scuole viciniori. Una situazione che complica il regolare avvio dell’anno. Quest’anno resa ancora più gravosa dalla carenza di candidati per le supplenze.

L’amministrazione ha evidenziato, inoltre, che «gli eventuali contratti a tempo determinato stipulati, a seguito di procedura comparativa, con aspiranti non inseriti in graduatoria e tramite le cosiddette Mad», si legge nel provvedimento, «sono soggetti agli stessi vincoli e criteri previsti dal regolamento, ivi incluse le sanzioni previste dall’articolo 8». Il regolamento è il decreto 131/2007.

Le disposizioni sulle Mad, contenute nella circolare, sono state introdotte su richiesta dei sindacati firmatari del contratto di lavoro: Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda-Unams. L’esigenza è emersa nel corso di un confronto che si è tenuto a viale Trastevere martedì scorso. Il tutto per regolare un fenomeno che, ormai, ha assunto le dimensioni di una vera e propria emergenza.

Quest’anno sono stati circa 11 mila, infatti, i contratti a tempo determinato che sono stati stipulati dai dirigenti scolastici, soprattutto al Nord, con i docenti precari, per far fronte alle esigenze di servizio. Che sono intervenute dopo l’esaurimento delle graduatorie di istituto. Si tratta di assunzioni che vengono disposte nei confronti di aspiranti docenti, spesso in possesso del mero titolo di studio di accesso all’insegnamento.

Assunzioni che vengono effettuate per mancanza di aspiranti individuati tramite lo scorrimento delle graduatorie a esaurimento provinciali e delle graduatorie di istituto. La materia, peraltro, è atipica, non essendo regolata da un corpus normativo organico e specifico. La prassi, prima solo residuale, è andata intensificandosi negli ultimi anni, a causa del decremento del numero degli aspiranti collocati nelle graduatorie tipiche. E il fenomeno è presente soprattutto al Nord, specialmente nella scuola primaria. Laddove i dirigenti scolastici, per reperire i supplenti, spesso sono costretti a ricorrere a questa tipologia di assunzioni.

Ogni scuola, quindi, di solito, emana un provvedimento con il quale vengono fissati i termini per la presentazione delle messe a disposizione. Termini che variano da scuola a scuola. E rifacendosi, in via analogica, alla normativa per il reclutamento dei supplenti. Comprese le disposizioni che regolano le sanazioni in caso di rinuncia o abbandono della supplenza.

La questione, peraltro, è molto delicata. Perché la normativa sulle supplenze è normativa speciale. Che secondo il consolidato orientamento della Corte di cassazione è insuscettibile di interpretazione analogica. E quindi non potrebbe essere applicata a situazioni diverse da quelle per le quali è stata emanata: le supplenze da graduatorie a esaurimento e quelle da graduatoria di istituto.

Ciò vale a maggior ragione per le disposizioni del regolamento sulle supplenze (decreto 131/2007) che regolano le sanzioni. Il diritto punitivo, infatti, è per sua natura tassativo. Per punire qualcuno, quindi, è necessario che il comportamento ritenuto illegittimo sia previsto come tale da una specifica disposizione di legge o di contratto. E in assenza di tale disposizione la punizione non è applicabile.

Pertanto, qualora un supplente assunto tramite Mad dovesse rinunciare a una proposta di assunzione o dovesse abbandonare una supplenza, nel caso in cui venisse sanzionato per effetto dell’applicazione di una disposizione del regolamento delle supplenze, la punizione potrebbe risultare illegittima. E l’interessato potrebbe avere gioco facile a farsela annullare dal giudice. Con tutto ciò che comporta in termini di costi per l’erario e ulteriori complicazioni in sede di applicazione della sentenza. Si pensi, per esempio, al docente depennato, che ottenesse il reintegro nella graduatoria e che rivendicasse una supplenza già assegnata ad altro docente per effetto del depennamento. Insomma, una reazione a catena, che rischierebbe di complicare ulteriormente il reperimento e il reclutamento dei supplenti in una situazione già di emergenza. E che potrà essere risolta solo con un intervento legislativo o regolamentare.

Al palo la riforma del Testo unico

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

Il prossimo governo dovrà riscrivere il Testo unico dell’istruzione: una materia molto delicata. Perché comporta una complessa operazione di make up del decreto legislativo 297/94. Che va riscritto comprendendo le innovazioni legislative intervenute dal 1994 ad oggi. In particolare per quanto riguarda la legge 107/2015. Una sfida importante per il prossimo esecutivo: dall’impostazione culturale che verrà impartita alla rilettura delle disposizioni sulla scuola dipenderà il futuro dell’istituzione e i rapporti interni tra le varie componenti. Tra l’altro, un disegno di legge per procedere in tal senso esiste già. Si tratta del disegno di legge AS1349 varato dal governo il 28 febbraio scorso, denominato: «Delega al governo per la semplificazione e la codificazione in materia di istruzione, università, alta formazione artistica e musicale e coreutica e di ricerca». Che però è orientato nel senso di un’accelerazione del processo di inasprimento gerarchico verticale tra il dirigente scolastico e i docenti. Un processo già avviato nelle legislature precedenti.

Il testo è stato presentato in aula al senato il 10 luglio scorso, ha superato il vaglio della V commissione bilancio e prevede il riordino in un unico testo legislativo delle disposizioni si sono accumulate nel tempo, sull’istruzione, l’università, la ricerca, i conservatori e le accademie. Ma la trattazione in aula non è ancora iniziata. Per quanto riguarda l’istruzione, prevede la scrittura di un nuovo Testo unico, che sostituirà quello del 1994 (decreto legislativo 297/94). In particolare, è prevista la riscrittura e l’abrogazione espressa delle disposizioni precedenti all’avvento dell’autonomia scolastica e della dirigenza scolastica.

Il tutto con particolare riferimento alle norme che regolano le competenze degli organi collegiali. Fermo restando il principio di autonomia scolastica, il governo intende «revisionare la disciplina degli organi collegiali territoriali della scuola», si legge nell’articolo 1, comma 1, lettera h) del provvedimento «in modo da definirne competenze e responsabilità, eliminando duplicazioni e sovrapposizione di funzioni, e ridefinendone la relazione rispetto al ruolo, alle competenze e alle responsabilità dei dirigenti scolastici, come attualmente disciplinati».

La ratio del riordino, secondo quanto si legge nella relazione illustrativa del disegno di legge, sarebbe quella di evitare il ripetersi di non meglio precisate «criticità emerse dal contenzioso registratosi negli ultimi anni, soprattutto nella relazione tra organi collegiali e dirigente scolastico». La relazione, peraltro, non fa riferimento a pronunce né della magistratura di merito, né di quella di legittimità.

Attualmente il consiglio di istituto è competente in materia di definizione dei criteri di assegnazione dei docenti alle classi. In particolare, l’articolo 10, comma 4, del decreto legislativo 297/94, dispone che spetti al consiglio d’istituto la definizione dei criteri generali relativi alla formazione delle classi, all’assegnazione ad esse dei singoli docenti, all’adattamento dell’orario delle lezioni e delle altre attività scolastiche alle condizioni ambientali e al coordinamento organizzativo dei consigli di intersezione, di interclasse o di classe. Mentre l’articolo 7, comma 2, lettera b), del medesimo decreto, assegna al collegio dei docenti il potere di formulare proposte al dirigente scolastico per la formazione, la composizione delle classi e l’assegnazione ad esse dei docenti, per la formulazione dell’orario delle lezioni e per lo svolgimento delle altre attività scolastiche, tenuto conto dei criteri generali indicati dal consiglio di circolo o d’istituto. L’articolo 25 del decreto legislativo 165/2001 ha coordinato queste disposizioni con l’istituto della dirigenza scolastica, stabilendo che le prerogative dirigenziali debbano essere esercitate «nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici».

E l’avvocatura distrettuale dello stato di Venezia, con un parere emesso il 4 marzo 2013, su richiesta dell’Usr del Veneto, ha spiegato che «Dal combinato disposto dell’art. 25 del Testo unico del Pubblico Impiego e dall’art. 7 dlgs 297/94, si legge nel parere 985-P «si evince che ai dirigenti delle istituzioni scolastiche spettano determinati poteri, che tuttavia devono essere esercitati nel rispetto delle attribuzioni e delle competenze del collegio dei docenti e degli altri organi collegiali della scuola».

A ciò va aggiunto il fatto che il punto di raccordo tra dirigente e organi collegiali è il dirigente stesso, che è membro di diritto del consiglio d’istituto e presiede il collegio dei docenti. Infine, l’assegnazione dei docenti ai plessi e alle sezioni staccate che comportino movimenti dalla sede scolastica attuale ad altra sede ubicata in altro comune, trattandosi di veri e propri provvedimenti di mobilità, rientrano nella competenza della contrattazione integrativa di istituto, così come previsto dall’articolo 3, comma 5, del contratto nazionale integrativo del 6 marzo 2019.

Scuola-lavoro gialloverde bocciata dal Cspi

da ItaliaOggi

Emanuela Micucci

Bocciate. Le nuove Linee guida sull’alternanza scuola-lavoro, ribattezzata dall’uscente governo M5S-Lega percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (Pcto), non superano l’esame del Consiglio superiore della pubblica istruzione (Cpsi), che il 28 agosto ha espresso parere negativo allo schema di decreto della loro adozione. Il nuovo anno scolastico si apre così con la nuova alternanza versione Pcto, ma senza le Linee guida, che si sarebbero dovute adottate già entro l’inizio di marzo (Bilancio 2019).

Il Cspi, infatti, segnala diverse criticità e incoerenze con quanto previsto nell’attuale quadro normativo e l’insufficienza di risorse assegnate ora alle scuole, malgrado l’aumento delle responsabilità e dei carichi di lavoro da parte del personale scolastico (tutor interno, Dsga, segreterie). Mentre c’è «un’assenza totale di risorse per la formazione dei docenti impegnati in questa attività», che al contrario «è opportuno» formare su aspetti metodologici, didattici, procedurali e contenutistici. «Grave», osserva il Cspi, «che si continui ad ignorare il tema della disabilità, tema che mette in crisi, tra l’altro, anche il quadro europeo sul rapporto tra istruzione e lavoro, ampiamente descritto nella bozza di Linee guida, visto che l’Italia è l’unico Paese in cui i disabili hanno diritto alla piena integrazione scolastica».

Si segnala, poi, la non facile praticabilità della lettura integrata tra le nuove Linee guida e la precedente Guida operativa sull’alternanza pubblicata dal Miur nel 2015. Né si menziona la possibilità di continuare ad utilizzare la piattaforma informatica sull’alternanza, già attivata dal Miur, sulla quale molte scuole hanno operato dando conto delle attività svolte. Non funzionale la documentazione allegata in appendice alla guida, in quanto rischia di apparire prescrittiva e quindi limitante dell’autonomia scolastica. Ma le criticità sono già nell’impostazione dei nuovi percorsi. Da una parte «emerge come i Pcto siano prevalentemente finalizzati a favorire l’acquisizione di capacità di orientamento degli studenti nel mondo del lavoro o per la prosecuzione degli studi». Una visione dell’orientamento «parziale e riduttiva» che, invece, «dovrebbe essere finalizzata alla formazione integrale della persona e del sé, non limitandola alla sola dimensione lavorativa e occupazionale».

Supplenze, ITP depennati da seconda fascia in caso di sentenze negative. Difficoltà segreterie

da Orizzontescuola

di redazione

Docenti ITP: ancora inseriti in II fascia nonostante non ne abbiano diritto.

ITP ancora in II fascia

Uno nostro lettore denuncia che nella provincia di inserimento dello stesso nelle graduatorie di istituto vi sono ancora ITP in II fascia, nonostante le indicazioni fornite dal Miur nella circolare sulle supplenze diramata il 28 agosto.

Circolare Miur

La circolare richiama le sentenze del Consiglio di Stato n. 4503 e n. 4507 del 2018, che hanno dichiarato non abilitante il diploma ITP (ma anche altre analoghe successive) per cui ai docenti in possesso di tale titolo non spetta l’inserimento nella II fascia delle graduatorie di istituto.

Pertanto:

  1. i docenti inseriti in II fascia destinatari delle succitate sentenze e di altre analoghe dovranno essere esclusi dalla predetta fascia;
  2. in caso di provvedimenti di carattere cautelare o di sentenze non definitive, i docenti interessati dovranno essere inseriti in II fascia con riserva;
  3. in caso di sentenze favorevoli definitive e quindi  non più impugnabili (sentenze passate in giudicato), si dovrà confermare l’inserimento in II fascia “pleno iure”

Nel caso di attribuzione di supplenza a docenti ITP inseriti con riserva, il contratto dovrà contenere apposita clausola risolutiva espressa, che lo condiziona alla definizione del giudizio.

Si evidenzia che resta fermo il diritto all’inserimento a pieno titolo degli ITP nella III fascia delle graduatorie di istituto.

Difficoltà segreterie

Così scrive al riguardo il nostro lettore:

In questi giorni mi è capitato di ascoltare il parere di molti assistenti amministrativi e molto spesso essi hanno avuto modo di esprimere la loro grande preoccupazione nel dover gestire tali contenziosi senza essere in possesso delle giuste competenze. Dichiarano di non essere stati formati mai da nessuno e alcuni persino sono ignari dell’esistenza di due gradi di giudizio oppure della distinzione tra una ordinanza e una sentenza.

Secondo lavoro di docenti ed ATA, cosa posso fare e cosa no. Quale ruolo del dirigente scolastico, la guida

da Orizzontescuola

di redazione

Il personale docente, educativo e ATA in servizio nelle istituzioni scolastiche è soggetto a divieti relativi all’esercizio di altre attività lavorative, così come alla partecipazione e all’assunzione di cariche in alcuni tipi di società.

Esistono naturalmente eccezioni che sono evidenziate nella vigente normativa. Per tali scopi l’USR Toscana ha elaborato una interessante guida con la quale dà indicazioni precise sull’argomento

La normativa base di riferimento è, comunque, il Testo Unico sul Pubblico Impiego, ovvero il Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così come rinnovellato dal Decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75, recante “Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi degli articoli 16, commi 1, lettera a), e 2, lettere b), c), d) ed e) e 17, comma 1, lettere a), c), e), f), g), h), i), m), n), o), q), r), s) e z), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, Serie generale, n. 130 del 7 giugno 2017, entrato in vigore il 22 giugno 2017. Assume particolare interesse anche l’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001 che disciplina, in particolare, la materia delle incompatibilità, del cumulo di impieghi e di incarichi.

Attività precluse

Secondo tale dispositivo, in generale, i lavoratori dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni, con rapporto di lavoro a tempo pieno e con contratto a tempo indeterminato, non possono intrattenere altri rapporti di lavoro dipendente o autonomo o esercitare attività imprenditoriali, commerciali, industriali, professioni, impieghi alle dipendenze di privati, cariche in società costituite a fine di lucro.

Trai conflitti di interesse citati dalla guida, ricordiamo le attività che hanno come oggetto dell’incarico la possibilità di pregiudicare l’esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente.

Attività consentite

Tra le attività consentite la possibilità di collaborare a giornali, riviste, enciclopedie, creazione di pere dell’inglegno e invenzioni industriali, partecipazione a convengo, seminari, organizzazioni sindacali, formazione diretta ai dipendenti della Pubblica Amministrazione, docenza e ricerca scientifica.

Libera professione

E’ consentita la libera professione senza che ciò confligga con obblighi di servizio. Inoltre la libera professione deve essere coerente con l’insegnamento svolto dal docente. Posso svolgere attività anche gli avvocati.

Ruolo del dirigente

L’autorizzazione non costituisce procedimento automatico, infatti il dirigente deve comunque preliminarmente accertare:

  • che non sussistano le condizioni di incompatibilità previste dalla normativa sopra evidenziata;
  • che l’attività per cui viene richiesta l’autorizzazione non confligga con le preminenti attività di servizio. In sede di organizzazione dell’attività scolastica, infatti, il personale docente o ATA, qualunque sia la natura dell’attività autorizzata, non può pretendere di condizionare l’organizzazione delle attività in base alle proprie necessità.

Nell’atto autorizzativo il dirigente deve chiaramente evidenziare che l’autorizzazione è subordinata al rispetto degli obblighi di servizio evidenziando anche la natura degli stessi.

L’atto autorizzativo deve contenere le clausole rescissorie e le conseguenze dell’eventuale contravvenienza a carico del dipendente autorizzato.

L’autorizzazione del dirigente concessa nei confronti di un dipendente che si venisse a trovare in una qualunque delle condizioni di incompatibilità determina:

  1. la nullità dell’atto emanato;
  2. l’obbligo per il dipendente di versare il compenso nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente stesso.
  3. la responsabilità disciplinare.

Scarica la guida integrale con i particolari e i riferimenti normativi

Recupero contributi personale scuola, come produrre richiesta all’INPS

da Orizzontescuola

di Nunzio Oliva

Molti docenti, vicini alla cessazione volontaria del rapporto di lavoro o al possibile collocamento a riposo d’ufficio, all’atto del controllo del proprio estratto conto assicurativo notano specifici periodi di lavoro mancanti rispetto al personale stato di servizio.

In vista dell’annuale circolare ministeriale sui requisiti e sulla tempistica di invio delle istanze di quiescenza, preoccupati si rivolgono agli uffici amministrativi delle scuole di titolarità o al patronato di riferimento o direttamente allo sportello INPS territoriale.

Anomalie nella contribuzione

Nella circostanza in cui si verifichi questo tipo di anomalia nella contribuzione versata nelle gestioni previdenziali inerenti gli anni di servizio, è necessario attivare la Richiesta variazione posizione assicurativa (RVPA), uno strumento telematico mediante l’accesso al sito https://www.inps.it/NuovoportaleINPS/default.aspx?itemdir=50113&lang=IT che consente al lavoratore dipendente del comparto scuola di far rilevare le inesattezze e gli errori contenuti nell’estratto conto gestione dipendenti pubblici (ex INPDAP).

Pertanto, se presenti inesattezze o buchi contributivi o note specifiche a margine di un periodo prestato, relativi a periodi di servizio o a retribuzioni imponibili, attraverso la RVPA il richiedente pone un approfondimento istruttorio da parte dell’INPS che, successivamente, è tenuto a effettuarne le opportune verifiche.

L’ente previdenziale suindicato avverte gli iscritti sull’attento esame del proprio estratto conto, considerando che i valori riportati sono di tipo informativo e non certificativo dei dati contenuti. Con l’apposita funzionalità è possibile chiedere l’inserimento, la modifica o la cancellazione di un periodo di servizio riconosciuto o figurativo.

La RVPA può essere inviata online all’INPS con le seguenti modalità:
• direttamente dal dipendente pubblico mediante il servizio dedicato se registrato e in possesso del pin dispositivo;
•  contact center al numero 803 164 (gratuito da rete fissa) oppure 06 164 164 da rete mobile;
•  enti di patronato e intermediari dell’Istituto, attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi.

Le RVPA sono valutate dalla sede INPS di competenza con il contributo dell’amministrazione o ente datore di lavoro al fine dell’accertamento dei dati richiesti.

Documenti utili

Per quanto riguarda i documenti utili al fine del superamento di eventuali problematiche citate, si suggeriscono i seguenti:
• stato di servizio (chiedere copia aggiornata alla scuola di appartenenza);
• cedolini inerenti le rate stipendiali dei periodi prestati mancanti e/o inesatti;
• certificazione unica (CU) degli anni considerati;
• estratto conto contributivo.

L’art. 19 del D.L. n. 4/2019 (convertito nella L. n. 26/2019) stabilisce che i termini di prescrizione riferiti agli obblighi relativi alle contribuzioni di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria non si applicano fino al 31 dicembre 2021.

Educazione civica, modifiche al curricolo di istituto e al PTOF. Dalle tematiche agli obiettivi

da Orizzontescuola

di Nino Sabella

Educazione civica coma materia trasversale obbligatoria con voto autonomo: modifiche al curricolo di istituto e al Piano Triennale dell’Offerta Formativa.

Sintesi punti principali

Nella scuola primaria e secondaria l’insegnamento trasversale dell’educazione civica:

  • non può essere inferiore a 33 ore annuali (un’ora a settimana) da ricavare nell’ambito dell’attuale monte ore obbligatorio previsto dagli ordinamenti vigenti. Per raggiungere il predetto monte ore è possibile avvalersi della quota di autonomia utile per modificare il curricolo; quota non prevista, a livello nazionale, per la primaria e l’infanzia;
  • è impartito, nella scuola primaria e secondaria di primo grado, in contitolarità, da docenti della classe; nella scuola secondaria di secondo grado da docenti abilitati nell’insegnamento delle discipline giuridiche ed economiche, se disponibili nell’organico dell’autonomia;
  • è valutato in decimi, in seguito alla proposta della nuova figura del coordinatore, che la formulerà acquisendo elementi conoscitivi dagli altri docenti interessati dall’insegnamento.

Nella scuola dell’infanzia saranno avviate iniziative di sensibilizzazione al tema della cittadinanza responsabile.

L’articolo 4 del testo di legge, inoltre, prevede che gli studenti devono avvicinarsi ai contenuti della Carta costituzionale già a partire dalla scuola dell’infanzia.

Modifiche al curricolo

Le novità introdotte potranno determinare una modifica del curricolo di istituto, come leggiamo anche nella bozza delle linee guida inviate al CSPI:

Nel corso dell’anno scolastico 2019/2020 le istituzioni scolastiche potranno rileggere e ricalibrare, se necessario, il curricolo già adottato nel modo più appropriato a perseguire le finalità del presente decreto.

La revisione del curricolo permetterà di ricomprendervi le tematiche che dovranno essere affrontate, tenendo a riferimento le diverse età degli alunni e i diversi gradi di istruzione:

  1. Costituzione, istituzioni dello Stato italiano, dell’Unione europea e degli organismi internazionali; storia della bandiera e dell’inno nazionale;
  2. Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015;
  3. educazione alla cittadinanza digitale;
  4. elementi fondamentali di diritto, con particolare riguardo al diritto del lavoro;
  5. educazione ambientale, sviluppo ecosostenibile e tutela del patrimonio ambientale, delle identità, delle produzioni e delle eccellenze territoriali e agroalimentari;
  6. educazione alla legalità e al contrasto delle mafie;
  7. educazione al rispetto e alla valorizzazione del patrimonio culturale e dei beni pubblici comuni;
  8. formazione di base in materia di protezione civile.

Sulla base delle succitate tematiche, dovranno essere definiti gli obiettivi specifici di apprendimento.

Modifiche al PTOF

Alla luce di quanto detto, è chiaro che il PTOF va modificato, sebbene le linee guida presentano tale modifica come possibile.

Queste le eventuali principali modifiche da apportare all’interno del PTOF:

  • illustrare l’afferenza degli obiettivi specifici di apprendimento alle tematiche sopra riportate, ferma restando per il secondo ciclo di istruzione, la necessità di mantenere la specificità di ciascun percorso dell’istruzione liceale, tecnica e professionale, anche ai fini dello svolgimento dell’esame di Stato;
  • declinare,  nello specifico, il monte ore annuale previsto per l’educazione civica, pari a 33 ore, anche avvalendosi delle quote di autonomia (quindi indicare tematiche e relative discipline in cui le stesse rientrano);
  • definire le relative attività di potenziamento dell’offerta formativa e le attività progettuali;
  • descrivere il legame tra l’educazione civica e le educazioni non del tutto riconducibili a specifiche discipline (educazione stradale, alla salute e al benessere, al volontariato e alla cittadinanza attiva), ponendo particolare attenzione al tema dell’educazione alla cittadinanza digitale, riguardo alla quale le Linee guida recitano: Le abilità e conoscenze previste si distinguono tra generali (il confronto delle informazioni, le regole per una corretta comunicazione e interlocuzione, il rispetto dell’altro, …) e specifiche (l’identità digitale, il grande tema dei dati, …): si tratta di un terreno nuovo, che pure non poche istituzioni scolastiche hanno iniziato ad esplorare, pur nella consapevolezza delle differenze generazionali e della necessità di approcci differenziati nell’utilizzo, qualitativo e quantitativo, delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nella quotidianità scolastica.

Tempistica modifiche PTOF

Il PTOF, come’è noto, può essere rivisto annualmente entro il mese di ottobre, come detta l’articolo 1, comma 12, della legge 107/2015:

Le istituzioni scolastiche predispongono, entro il mese di ottobre dell’anno scolastico precedente al triennio di riferimento, il piano triennale dell’offerta formativa. Il predetto piano contiene anche la programmazione delle attività formative rivolte al personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario, nonché la definizione delle risorse occorrenti in base alla quantificazione disposta per le istituzioni scolastiche. Il piano può essere rivisto annualmente entro il mese di ottobre.

Si tratterebbe, per il 2019/20, di una corsa contro il tempo, posto che si riesca ancora a far applicare la riforma già da quest’anno. Il Ministro (ormai uscente) il 24 agosto aveva affermato di voler firmare un decreto ad hoc il martedì successivo, ma non si hanno notizie in merito.