Disabilità e Governo

Disabilità e Governo

Un appello

Fatti, promesse e aspettative

La cronaca politica delle ultime settimane ha ingenerato forti aspettative di cambiamento fra le persone con disabilità, le loro famiglie, le associazioni e in chiunque si interessi con senso civico di disabilità.

Il primo segnale interpretato positivamente è stato la convocazione da parte del Presidente incaricato, in sede di consultazioni per la formazione del Governo e della stesura del programma, delle organizzazioni delle persone con disabilità, atto unico nella storia repubblicana.

Il Presidente nella sua relazione alle Camere ha sottolineato il tema della disabilità considerando prioritario un intervento organico e annunciando la previsione di uno specifico sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con le relative deleghe e quindi responsabilità e poteri.

Le aspettative conseguentemente non erano compresse in parziali, e pur giuste rivendicazioni, ma soprattutto rivolte ad un radicale cambiamento di rotta nell’affrontare e disporre trasversali e strutturali politiche per la disabilità in questo Paese.

Tuttavia al momento della formazione del nuovo Governo non è stata previsto alcun sottosegretario né circoscritte le deleghe.

Nel corso di una conferenza stampa poco dopo la nomina dei sottosegretari Conte sul punto ha dichiarato: “Ho avuto consultazioni anche con il mondo delle disabilità. Mi hanno chiesto espressamente di tenere le deleghe presso la presidenza del consiglio. Ho accolto questa richiesta. (…) Voglio creare un forum permanente per confrontarci”.

In realtà durante la consultazione le organizzazioni avevano espresso una indicazione più precisa: “A Lei, Professor Conte, valutare se debba essere un dipartimento specifico o un’altra struttura   ad   occuparsi,  in modo non ancillare,   di   disabilità.   Di   certo   riteniamo   che questo attore, oltre ad essere  incardinato nelle più elevate competenze istituzionali, debba disporre di deleghe ampie, forti, chiare e disporre di adeguate risorse; contare su una struttura solida e tecnicamente autorevole e preparata (…).”

In questo scenario non si sono raccolte da parte delle forze politiche che sostengono il Governo richieste di chiarimenti, indicazioni, precisazioni sul perché dell’assenza di quella figura e, ancor più, di come operativamente la Presidenza del Consiglio intenda organizzare la sua azione.

Emergenze indifferibili

Cambiare rotta sulla gestione complessiva e trasversale sulla disabilità comporta un forte impegno organizzativo, una struttura adeguata e tempestiva, una attribuzione di responsabilità a persone autorevoli e preparate, condizioni che, pur nel rispetto del Presidente del Consiglio dei Ministri, difficilmente possono essere garantite rimanendo nell’incertezza o compensate ricorrendo a luoghi di interlocuzione.

Vi sono poi delle emergenze indifferibili che non possono essere più rimandate sine die o lasciate al frammentario intervento di questo o quel soggetto pubblico: c’è necessità di una regia stabile, autorevole, strutturata. Solo per citare alcune priorità ed emergenze:

  • la revisione dei criteri di riconoscimento della disabilità congruenti allaConvenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità e funzionali ad elaborare progetti personali;
  • le norme per aumentare l’inclusione lavorativa (stiamo ancora attendendo lelinee guida previste dal 2015) e garantire la conservazione del posto del lavoro a iniziare dalle persone con disabilità intellettiva e dalle donne, cioè da chi subisce una discriminazione plurima;
  • le norme e le risorse per consentire ai progetti per la vita indipendente,autonoma, adulta di uscire da un sperimentalismo che genera incertezza e impedisce di realizzare progetti di vita oltre ad una marcata disomogeneità territoriale;
  • le norme per sostenere, affrontare, sostenere il ruolo dei caregiver familiarigarantendo oltre ai necessari supporti anche diritti soggettivi previdenziali e assicurativi;
  • la verifica e il monitoraggio sulla reale applicazione dei LEA (livelli essenzialidell’assistenza), inclusa la fornitura di ausili, largamente inapplicati nel Paese; – la garanzia di accesso in condizioni di pari opportunità ai servizi di diagnosi, terapia, riabilitazione, strutture e servizi ambulatoriali e ospedalieri a prescindere dalla disabilità;
  • il contrasto alla segregazione e all’isolamento, intervenendo in modo decisoper impedire il riprodursi di luoghi e modelli segreganti e supportando servizi diversificati per l’abitare;
  • la promozione e la garanzia dell’accessibilità (nel senso più ampio delconcetto) e della mobilità quale requisito per l’inclusione e le pari opportunità, anche usando la leva (ad oggi ignorata) del Codice Appalti;
  • la prevenzione delle violenze e dei trattamenti disumani e degradanti;- il contrasto alla povertà e all’impoverimento, per le persone e per le famiglie, derivante dalla disabilità, tema su cui hanno latitato sia il ReI che il Reddito di

Cittadinanza;

  • la reale garanzia dell’inclusione scolastica e della formazione permanente, vistianche i segnali negativi di questi giorni (alunne e alunni con disabilità che non possono iniziare la frequenza per assenza di supporti e sostegni);
  • la governance reale dei programmi e dei piani per la disabilità affinché,nonostante gli sforzi di elaborazione e di condivisione non rimangano lettera morta come gli ultimi due Programmi d’azione biennale;
  • una reale definizione di un piano per la non autosufficienza che garantiscaoltre alle risorse anche modelli di riferimento, livelli essenziali di prestazioni, omogeneità di trattamento su tutto il territorio nazionale.

Potremmo continuare ma già questi elementi fanno comprendere assai bene quali siano le pendenze e quale impegno politico ne debba derivare. Impegno su cui chiediamo conto, civilmente ma in modo determinato.

Chiediamo conto

  • al Presidente del Consiglio: quali siano nel dettaglio e operativamente gli obiettivi che intende perseguire e quali siano le modalità, gli strumenti, le strutture, le risorse che si intende destinarvi. Come siano garantite a questi intenti l’autorevolezza, le deleghe, le attribuzioni, le risorse anche di personale. Ed con quale previsione temporale poiché riteniamo ci sia necessità di una struttura solida e stabile affinché quelle deleghe non rimangano lettera morta.
  • alle Forze politiche che sostengono questo Governo: quale siano state le valutazioni che, dopo la relazione programmatica del Presidente del Consiglio, hanno spinto a non richiedere con forza previsione di uno specifico sottosegretariato alla disabilità e ad accettarne l’assenza. Se abbiano elaborato ipotesi di soluzione dell’evidente lacuna nella compagine governativa e delle conseguenti azioni ora impraticabili e che pure avevano dichiarato come centrali.
  • alle Federazioni delle persone con disabilità e delle loro famiglie: quali siano le azioni che intendano attuare in considerazione del fatto che non è stata accolta l’essenza delle loro richieste in sede delle consultazione e in considerazione delle emergenze elencate sopra ben note da decenni.

Attendiamo, assieme a migliaia di cittadini con disabilità e loro familiari, risposte e ci auguriamo azioni

Se vuoi sottoscrivere l’appello invia una mail a appellodisabilita@hotmail.com indicando il  nominativo e l’eventuale gruppo, associazione, organizzazione di riferimento

Scuola, la ricetta di Fioramonti: no severità e nozionismo, sì innovazione e inclusione

da Orizzontescuola

di redazione

“Puntare sulla severità e sul nozionismo non aiuta i nostri ragazzi.” Così il Ministro Fioramonti commenta i dati della sesta edizione della classifica “Eduscopio” della Fondazione Agnelli.

La ricetta di Fioramonti per la scuola

Ecco invece quali dovrebbero essere i criteri di una buona scuola

L’innovazione e l’inclusione invece producono eccellenza, occupazione e futuro per i giovani. Siamo sulla buona strada ma c’è ancora tanto lavoro da fare per migliorare le nostre scuole.”

Pochi giorni fa il Ministro ha concluso l’illustrazione delle linee programmatiche del Ministero. I vari punti

Sostegno

Mobilità docenti 

Mobilità docenti: il Ministro Fioramonti rispetterà le percentuali concordate tra Miur e sindacati per il contratto 2019/22.

Sicurezza

“E’ chiave e fondamenta da cui partire. Non c’è innovazione e sostenibilità senza scuole sicure. In senso ampio e trasversale.”

Superamento precariato

“E’ mia intenzione avviare un sistema reclutamento moderno. Passando a concorsi fluidi, ravvicinati nel tempo e con gestione più agevole per amministrazione e candidati.

La strada scelta per superare l’emergenza precariato è stata concordata con i sindacati: concorso ordinario e concorso straordinario per chi ha 3 anni di servizio. Impatteremo il precariato. Per i non abilitati, parteciperanno al concorso e avranno possibilità di ottenere l’abilitazione. Il servizio utile per partecipare sarà anche quello delle scuole paritarie”

Diplomati magistrali

“La vicenda ha trovato soluzione concorso straordinario ormai espletato. Nel percorso di trasformazione in legge del decreto scuola sarà possibile inserire il mantenimento in servizio del personale con sentenza di merito.”

DSGA

“Problema copertura posti, ma è in corso il concorso ordinario per 2004 posti. Saranno assunti dal prossimo anno scolastico. Inoltre, ci sarà un concorso straordinario per i facenti funzione, con titoli di studio idonei.”

Educazione civica

“Entrerà in vigore dal prossimo anno”

Ex LSU

“Con il Decreto abbiamo dato risposta certa con processo di internalizzazione, avvieremo un concorso per soli titoli.

Edilizia scolastica

“Attivato una Taskforce, monitoreremo l’utilizzo delle risorse. Nuovo portale anagrafe edilizia scolastica. ”

Nella prima parte dell’audizione aveva parlato di

Valorizzare professione docenti

Docenti più formati, ma anche più pagati, questo secondo il Ministro la ricetta per risollevare le sorti della professione docente. Il suo riferimento è alla media europea degli stipendi della categoria che vede l’Italia fanalino di coda. Fioramonti evidenzia come possa anche essere comprensibile che i docenti danesi o svedesi possano guadagnare di più degli italiani, perché la vita in queste aree del paese è più cara. Ma evidenzia anche come aree dell’Europa che sono paragonabili all’Italia non sono da meno, come ad esempio la Spagna.

Più soldi agli amministrativi

Il Ministro durante il suo intervento ha fatto una sorta di “mea culpa”, ammettendo di non aver subito colto come il lavoro degli amministrativi sia diventato sempre più complesso e difficile. E di come necessiti di un continuo aggiornamento.

Anche in questo caso, quindi: formazione e stipendi adeguati alle responsabilità.


Cibo da casa nelle mense scolastiche, sì se c’è la giusta vigilanza. sentenza

da Orizzontescuola

di Avv. Marco Barone

Lo si potrebbe chiamare l’ennesimo dilemma amletico che si scaglia nella nostra scuola. Si può o non si può consumare il cibo portato da casa, nella mensa scolastica? Dipende. Questa potrebbe essere la risposta.

La Cassazione a Sezioni Unite è stata superata dalla giustizia amministrativa

Sembrava che la Cassazione Sezioni Unite con sentenza n. 20504/2019 avesse messo fine alla questione del consumo del cibo portato da casa nella mensa scolastica. Così si pronunciava nella sua massima di diritto: “il principio secondo cui un diritto soggettivo perfetto e incondizionato all’autorefezione individuale, nell’orario della mensa e nei locali scolastici, non è configurabile e, quindi, non può costituire oggetto di accertamento da parte del giudice ordinario, in favore degli alunni della scuola primaria e secondaria di primo grado”. Ma le cose non stanno proprio così. Per ultimo, una sentenza del TAR Lazio del 25 ottobre 2019 N. 06918/2019 REG.PROV.CAU. N. 11834/2019 REG.RIC ha così affermato: “Ritenuto che il ricorso appare assistito da elementi di fumus boni iuris avuto riguardo ai precedenti giurisprudenziali (Cons. Stato sent. n. 5156/2018, Tar Lazio Sez III Bis ord. 5305/2019) che hanno riconosciuto il diritto degli alunni di consumare presso il locale refettorio della scuola il cibo portato da casa nelle scuole nelle quali è istituto il servizio di refezione scolastica”.

Dunque, si continua a fare riferimento alla sentenza del Consiglio di Stato n. 5156 del 3 settembre 2018. Sentenza che trattava il caso del Comune di Benevento che ha previsto l’obbligatorietà, per tutti gli alunni delle scuole materne ed elementari, del servizio di ristorazione scolastica, stabilendo altresì che nei locali in cui si svolge la refezione scolastica non è consentito consumare cibi diversi da quelli forniti dall’impresa appaltatrice del servizio. Ciò sul presupposto che “il consumo di parti confezionati a domicilio o comunque acquistati autonomamente potrebbe rappresentare un comportamento non corretto dal punto di vista nutrizionale, oltre che una possibile fonte di rischio igienico sanitario”. Il divieto di consumare pasti diversi da quelli forniti dall’impresa appaltatrice del servizio di refezione scolastica, introdotto con tale regolamento, era immediatamente operativo: ed incideva di per sé, in senso manifestamente limitativo nella sfera giuridica dei ricorrenti, come si legge nella sentenza ed era, come tale, idoneo ad arrecare agli stessi una lesione attuale e diretta: vuoi nella qualità di legali rappresentanti (art. 320 Cod. civ.) dei minori immediatamente toccati, quali alunni, dalla disposizione; vuoi nella qualità propria di genitori, come tali titolari della primaria funzione educativa ed alimentare nei confronti dei figli e non solo dell’inerente formale obbligazione (art. 433, n. 3), Cod. civ.) Per i giudici, Da un altro lato, per ciò che concerne la proporzionalità e la necessità della misura, occorre rilevare che la sicurezza igienica degli alimenti portati da casa non può essere esclusa a priori attraverso una regolamento comunale: ma va rimessa al prudente apprezzamento e al controllo in concreto dei singoli direttori scolastici, mediante l’eventuale adozione di misure specifiche, da valutare caso per caso, necessarie ad assicurare, mediante accurato vaglio, la sicurezza generale degli alimenti.

Con l’adeguata vigilanza si può evitare la contaminazione del cibo

Nella sentenza del 21 ottobre 2019 del Consiglio di Stato numero 5305 2019 Reg. Prov.Caut – e 77994 2019 Rec.Ric che è stata segnalata a questo sito si affronta in via cautelare il caso di una scuola dove su 1200 alunni, solo due studenti consumavano il pasto domestico e solo due alunni erano portatori di allergie segnalate con “codice rosso” ed emerge che il divieto assoluto di consumare il pasto domestico assieme ai compagni di scuola, i quali abbiano optato per il servizio mensa, nei locali a ciò destinati, può essere illegittimo. Nel caso concreto, “l’amministrazione non ha dimostrato che tale obiettivo non fosse conseguibile attraverso un mezzo non limitativo della naturale facoltà dei minori ricorrenti alla scelta alimentare e del relativo esercizio nel consueto contesto socio-educativo, in particolare attraverso l’attività di vigilanza da svolgere dall’istituzione scolastica, mediante il proprio personale, nel momento di consumazione del pasto nell’ambito dello stesso refettorio, al fine di evitare rischi di contaminazione di cibi dei due alunni in “codice rosso” e al contempo assicurare la necessaria integrazione de due alunni consumatori di pasti domestici in un momento di particolare rilevanza socio pedagogica.”

Da ricordare che le Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica prevedono che il corpo docente o chi assiste al pasto deve essere maggiormente coinvolto negli interventi per lo sviluppo di corrette abitudini alimentari del bambino e delle famiglie e che “È opportuno prevedere interventi di formazione e aggiornamento per tutti i soggetti coinvolti nella ristorazione scolastica, mirati sia agli aspetti di educazione alla salute che a quelli più strettamente legati alla qualità nutrizionale ed alla sicurezza degli alimenti.”


8 mila euro di premio ai docenti eccellenti, candidati

da Orizzontescuola

di redazione

La Commissione europea ha ha lanciato il concorso “Premio Jan Amos Comenius per l’eccellenza nell’insegnamento dell’Unione europea” destinato alle scuole secondarie dell’UE.

L’iniziativa intende dare visibilità e riconoscimento alle scuole di ciascuno Stato membro che insegnano il funzionamento dell’Unione europea con metodi coinvolgenti e innovativi, sottolineare l’importanza dell’insegnamento e dell’apprendimento dell’UE fin dalla più tenera età e contribuire alla diffusione delle migliori pratiche.

Il concorso “Premio Jan Amos Comenius per l’eccellenza nell’insegnamento dell’Unione europea” è aperto alle scuole secondarie dell’UE. Sono previsti premi per un ammontare di 8000 euro per ciascuno dei 28 Stati membri.

Candidati

Educazione civica: legge prevede anche quella digitale. Ecco le competenze

da Orizzontescuola

di redazione

Anna Ascani, Viceministra al Miur è intervenuta oggi alla Camera sull’educazione civica e ha ricordato che la legge prevede anche quella digitale. Quali sono le competenze richieste.

Per agevolare l’introduzione dell’educazione civica nei percorsi scolastici di ogni ordine e grado e, nello specifico l’educazione civica digitale, verrà costituito a breve un Comitato tecnico scientifico che redigerà apposite Linee guida individuando nuclei tematici fondamentali, traguardi di competenza e obiettivi di apprendimento in rapporto alle diverse fasce della scolarità. Verranno, anche, avviate le opportune attività di  accompagnamento per le scuole” ha spiegato la Viceministra.

Ritengo che il Ministero abbia dimostrato il suo impegno per un’educazione civica digitale e per lo sviluppo del pensiero critico nei giovani. Impegno che proseguirà, immutato se non intensificato, anche nel futuro, sia in sede di attuazione della legge sull’educazione civica sia nelle altre occasioni che si presenteranno” ha proseguito Ascani.

Educazione cittadinanza digitale

La Viceministra ha poi ricordato che la legge sull’educazione civica prevede l’educazione alla cittadinanza digitale. Le competenze digitali richieste sono:

  • analizzare, confrontare e valutare criticamente la credibilità e l’affidabilità delle fonti di dati, informazioni e contenuti digitali;
  • interagire attraverso varie tecnologie digitali e individuare i mezzi e le forme di comunicazione digitali appropriati per un determinato contesto;
  • conoscere le norme comportamentali da osservare nell’ambito dell’utilizzo delle tecnologie digitali e dell’interazione in ambienti digitali, adattare le strategie di comunicazione al pubblico specifico ed essere consapevoli della diversità culturale e generazionale negli ambienti digitali;
  • essere in grado di evitare, usando tecnologie digitali, rischi per la salute e minacce al proprio benessere fisico e psicologico;
  • essere in grado di proteggere sé stessi e gli altri da eventuali pericoli in ambienti digitali;
  • essere consapevoli di come le tecnologie digitali possono influire sul benessere psicofisico e sull’inclusione sociale, con particolare attenzione ai comportamenti riconducibili al bullismo e al cyberbullismo.

Legge sul bullismo: docenti saranno formati su educazione all’intelligenza emotiva

da Orizzontescuola

di redazione

Luigi Gallo (M5S), presidente della VII Commissione Cultura alla Camera: soddisfatti per emendamento legge bullismo che introduce educazione all’intelligenza emotiva.

Siamo molto soddisfatti dell’approvazione, ieri in commissione Giustizia, di un emendamento del MoVimento 5 Stelle a mia prima firma alla proposta di legge sul bullismo volto a introdurre moduli formativi specifici relativi all’educazione in materia di intelligenza emotiva“.

La possibilità di formare gli insegnanti e quindi educare i nostri ragazzi riconoscere i sentimenti propri e quelli altrui e gestire positivamente azioni e relazioni rappresenta un importante segnale di reazione al crescente clima d’odio e di quello che potremmo definire ‘analfabetismo emozionale’ -prosegue il presidente -. Prevedere dei fondi – 200.000 euro l’anno dal 2020 al 2022 – per promuovere l’educazione emotiva, lo sviluppo di relazioni positive tra pari e della comunicazione non violenta, è un segnale importante della sensibilità della maggioranza e del governo rispetto alla necessità di creare i presupposti sociali e culturali non solo per prevenire e contrastare fenomeni di bullismo e cyberbullismo, ma anche di creare i presupposti per sottrarre i nostri giovani alle maglie del linguaggio d’odio e di certa propaganda, che come abbiamo visto anche in queste settimane, tende a estremizzare e radicalizzare linguaggio e prese di posizione, aprendo la strada a forme di razzismo e violenza che solo un’incessante lavoro di prevenzione attraverso la scuola e la cultura può contrastare”.

Insegnanti scienze motorie, domanda tutor “Sport di classe” entro 12 novembre

da Orizzontescuola

di redazione

Ritorna “Sport di classe”, con l’obiettivo di valorizzare l’educazione fisica e sportiva nella scuola primaria per le sue valenze trasversali e per la promozione di stili di vita corretti e salutari, al fine di favorire lo star bene con se stessi e con gli altri nell’ottica dell’inclusione sociale.

Il progetto “Sport di Classe” per l’anno scolastico 2019/2020 è rivolto a tutte le classi 4^ e 5^ delle scuole primarie d’Italia, statali e paritarie, e prevede lo svolgimento da parte del Tutor Sportivo Scolastico  di un massimo di 23 ore di attività per ciascuna classe assegnata, ripartite in 22 ore di copresenza con il docente titolare della classe (1 ora a settimana), e 1
ora per attività trasversali.

I Tutor selezionati sottoscriveranno un contratto di prestazione sportiva dilettantistica con il Presidente della Federazione Sportiva Nazionale coinvolta nella Regione di riferimento.

L’incarico decorrerà dalla firma del contratto e avrà termine il 30 giugno 2020.

Al Tutor potranno essere assegnate da un minimo di 10 classi fino ad un massimo di 20 classi, con priorità all’interno dello stesso plesso e della stessa Istituzione scolastica.

Il compenso per le prestazioni elencate all’articolo 1, lettere a) – j), è determinato in € 15,00 (quindici/00) per ora, omnicomprensivi, a fronte di un impegno di un massimo di 23 ore per   ciascuna classe assegnata, ripartite in un massimo di 22 ore di copresenza con il docente
titolare della classe (da dicembre 2019 a maggio 2020), e 1 ora per attività trasversali.

Il Tutor dovrà svolgere 1 ora a settimana di copresenza con il docente titolare della classe per un totale di 22 ore, ad esclusione del periodo natalizio e pasquale, e come da calendario della piattaforma.

Nella regione Marche, considerata la possibile disponibilità di risorse economiche regionali aggiuntive, il progetto Sport di Classe potrebbe essere esteso anche alle classi 1^, 2^ e 3^ con 1 ora a settimana di attività; conseguentemente i Tutor che inoltreranno domanda di
candidatura per la regione Marche, potrebbero avere un incremento del monte orario utile a coprire anche le classi 1^, 2^ e 3^ che aderiranno al progetto.

Il compenso verrà erogato in due tranches dalla Federazione Sportiva Nazionale competente per territorio, previa validazione della scheda attività (relativa alle attività ed alle ore effettivamente svolte) da parte del Dirigente scolastico e successiva verifica del Comitato Regionale.

La prima tranche, per coloro che firmeranno il contratto nel 2019, verrà
erogata entro il 15 aprile 2020. La seconda tranche verrà erogata entro il 30 settembre 2020.

Per coloro che firmeranno il contratto nel 2020, il compenso verrà erogato in un’unica tranche entro il 30 settembre 2020.

Requisiti di accesso

  • diploma di Educazione Fisica rilasciato dagli ISEF;
  • laurea in Scienze motorie dell’ordinamento previgente (CL33);
  • laurea in Scienze motorie dell’ordinamento vigente (L22);
  • laurea quadriennale in Scienze Motorie e Sportive dell’ordinamento previgente.

La domanda di partecipazione al presente bando dovrà essere compilata esclusivamente on-line utilizzando il format disponibile sul sito web dedicato: www.progettosportdiclasse.it dal 30 ottobre alle ore 16.00 del 12 novembre 2019.

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Nota Miur del 31 ottobre 2019

Inizia l’autunno caldo della scuola: quasi il 50% pronto ad autogestioni e occupazioni

da La Tecnica della Scuola

Oggi 8 novembre gli alunni delle scuole di tutta Italia hanno partecipato alla manifestazione organizzata dai sindacati studenteschi in diverse città, dando il via all’autunno caldo della scuola.

Potrebbe essere il fischio di inizio dell’ondata di scioperi che, come ogni anno, vede gli istituti al centro delle mobilitazioni con l’organizzazione di autogestioni, occupazioni e cogestioni.

Skuola.net ha intervistato online circa 4.500mila studenti delle scuole superiori, per capire il loro atteggiamento rispetto alle proteste studentesche.

Tra il 10% dei ragazzi che, alla vigilia dei cortei di oggi, ha dato per sicura la sua partecipazione alla manifestazione (2 su 5 circa, invece, gli indecisi), le motivazioni principali riguardano il tema dell’ambiente (risponde così il 32%) e del futuro dei giovani (13%). E se c’è qualcuno che manifesta per il diritto allo studio (10%) e per chiedere più fondi all’istruzione (10%), non manca chi dichiara candidamente di usare il pretesto per non andare a scuola (11%).

Circa 1 su 3 dell’intero campione, poi, ha affermato che da questo momento inizieranno proteste anche nel proprio istituto, e il numero potrebbe aumentare nelle prossime settimane. Infatti il 27% non ne è ancora al corrente, pur non escludendone la possibilità.

Tra chi sa già quale direzione prenderanno i rappresentanti e gli studenti del proprio istituto, 2 su 5 affermano che si tratterà di un’autogestione, mentre in 1 caso su 5 sarà un’occupazione. Un altro 20% annuncia la possibilità di una cogestione e una quota simile, il 19%, parla invece di altre forme di protesta che vanno dalle assemblee agli scioperi, dai sit-in alle assenze di massa per partecipare a manifestazioni come quella di oggi.

Questo autunno di proteste si preannuncia così particolarmente caldo, forse anche per l’influsso delle grandi mobilitazioni giovanili in atto in tutto il mondo.

Infatti, il 70% circa del campione si dice generalmente favorevole a questo tipo di iniziative studentesche; se potesse scegliere la forma di protesta ideale da attuare nella propria scuola, opterebbe in particolare per un’autogestione (41%), anche se addirittura il 31% – quota non certo irrisoria – preferirebbe l’occupazione. E per il 22% degli intervistati non sarebbe la prima volta: ha infatti già partecipato alle occupazioni gli scorsi anni.

Mense scolastiche, poco green e con tanti sprechi. Rapporto Cittadinanzattiva

da La Tecnica della Scuola

83 euro, a tanto ammonta la tariffa per la mensa scolastica nell’anno in corso 2019/2020 per una famiglia media italiana, con reddito ISEE di 19.900 euro e un bimbo alla scuola primaria. 82 euro invece il costo della mensa nella scuola dell’infanzia.

Il Nord si conferma l’area geografica con le tariffe più elevate, in media 842 euro per nove mesi di mensa nella scuola primaria, e 841 in quella dell’infanzia; segue il Centro, 724 euro nella primaria  e 704 euro nell’infanzia; più contenuti i costi al Sud con 644 euro nella primaria e 632 nell’infanzia.

L’Emilia Romagna è la regione più costosa, con una spesa media mensile di 106€ nella primaria e 105 euro nell’infanzia; la Puglia quella più economica con 65€ sia nella primaria che nell’infanzia. Rispetto all’anno precedente, la variazione è stata del +0,81% a livello nazionale, con l’incremento record del +9,79% in Calabria e una riduzione invece del 6,41% in Sardegna. Tariffa invariata in Basilicata, Umbria e Valle d’Aosta.

Il capoluogo più economico è Barletta (32 euro mensili per la mensa nella scuola dell’infanzia e la primaria), i più costosi Torino per la scuola dell’infanzia (132 euro mensili) e Livorno per la primaria (128 euro).

Questi i dati che emergono dalla IV Indagine di Cittadinanzattiva su tariffe e qualità delle mense scolastiche, che ha preso in esame le tariffe di tutti i 110 capoluoghi di provincia sia per la scuola dell’infanzia che per la primaria. Oltre a ciò, attraverso l’intervista a 342 tra alunni di scuola primaria, docenti accompagnatori, genitori, rappresentanti di Commissioni mensa, addetti al servizio di ristorazione, è stato preso in esame un campione di mense scolastiche di 9 regioni (Piemonte, Liguria, Lombardia, Lazio, Marche, Campania, Molise, Basilicata e Puglia) per evidenziare aspetti relativi alla qualità, sicurezza, igiene, costi, sprechi e rifiuti, per un totale di 230 indicatori. L’indagine è scaricabile sul sito www.cittadinanzattiva.it.

Il costo crescente del servizio ed i timori per una gestione poco sicura e non di qualità delle mense scolastiche ha favorito l’insorgere di soluzioni “fai da te”, come il pasto da casa, che mostrano indubbie criticità ad oggi irrisolte, nonostante la recente sentenza della Cassazione, e parallelamente la diffusione di esperienze innovative e positive di autogestione del servizio in realtà medio-piccole”, dichiara Adriana Bizzarri, coordinatrice nazionale Scuola di Cittadinanzattiva. “Per questo chiediamo al Ministero della salute di varare al più presto le nuove linee guida sulla ristorazione scolastica, ferme al 2010, e al Governo di far ripartire un percorso legislativo che ripensi il servizio di ristorazione scolastico, alla luce del Decalogo che abbiamo sottoscritto lo scorso 16 ottobre, in occasione della Giornata mondiale dell’alimentazione, insieme a Foodinsider, Save the Children, Slow Food ed esperti nazionali ed internazionali. In tale percorso andrebbero coinvolte tutte le organizzazioni civiche che da anni si occupano del tema e gli attori di riferimento del servizioEsprimiamo apprezzamento per quanto dichiarato dal Ministro Fioramonti circa la volontà di sostenere i Comuni con ulteriori risorse per garantire l’uguaglianza nell’offerta e nell’accesso al servizio mensa in tutto il Paese”.

Ben quattordici i casi di problemi igienici-sanitari che hanno riguardato mense scolastiche tra novembre 2018 e novembre 2019, censiti attraverso la rassegna stampa: dai vermi e le larve nel piatto nella mensa di due scuole di Orentano e Villa Campanile, in provincia di Pisa (novembre 2018), ai cibi scaduti ritrovati nella mensa di Giugliano (Napoli, Gennaio 2019), alla sfera di metallo ritrovato nella pasta al sugo a Melegnano (MI) ad ottobre scorso.

Mense sicure ma poco confortevoli

Un quarto delle scuole prese in esame non dispone di un locale mensa; una su tre è priva di porte antipanico; una su dieci presenta distacchi di intonaco e fili elettrici scoperti.

Quattro bambini su cinque affermano che la loro mensa sia pulita e luminosa, ma anche molto rumorosa. Oltre il 90% la considera sicura, circa il 70% ritiene sia allegra e accogliente; ma due su cinque dichiarano che gli arredi non siano né adatti né confortevoli.

Ai bimbi piace mangiare a scuola, ma solo uno su dieci mangia tutto

Circa tre bambini su cinque affermano di aver sufficiente tempo per mangiare, ma solo in un caso lamentano poca disponibilità da parte del personale addetto a servire i pasti.

cibi più graditi sono gelati e dolci, pizza e pane, segue a distanza carne, frutta e pasta al pomodoro. I meno graditi invece le verdure cotte o a minestra, il pesce e le verdure crude, la pasta in bianco.

Solo un bimbo su dieci mangia tutti i cibi serviti a mensa, ma ben tre su cinque mangiano con piacere a scuola, soprattutto perché possono farlo con i loro compagni.

Oltre la metà dei genitori e dei docenti afferma che vengono serviti prodotti stagionali, meno di uno su tre prodotti biologici. Circa due su tre afferma che le porzioni sono equilibrate e il menù sufficientemente varioDue famiglie su cinque giudicano inadeguato il costo delle mensa.

Mense poco green e con tanti sprechi

Secondo l’86% dei rappresentanti delle Commissioni Mensa, per apparecchiare si usano tovaglie di carta e vengono utilizzati piatti, posate, bicchieri usa e getta e si beve acqua minerale nella gran parte dei casi (71%).

Il cibo sprecato giornalmente varia dal 10% al 30%. Di questi solo una piccolissima parte, circa l’11%, verrebbe riciclata. Secondo l’86% dei docenti e dei rappresentanti genitori in Commissione mensa i cibi avanzati vengono buttati.