Piano non autosufficienza

Piano non autosufficienza: “Non condiviso con la FISH!”

Siamo costretti a smentire ufficialmente e formalmente che il Piano per la non autosufficienza 2019-2021, approvato dalla Conferenza Unificata come allegato del decreto di riparto del Fondo per la non autosufficienza, abbia mai ottenuto l’approvazione e l’avallo della nostra Federazione.”

Così replica pubblicamente Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, alle diffuse critiche e richieste di chiarimenti che provengono dai territori proprio in questi giorni dopo la pubblicazione del decreto cui si accenna sopra.

E Falabella ricostruisce anche l’iter: “Nell’ottobre scorso (il giorno 9) la FISH, con molte altre organizzazioni, è stata convocata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali alla riunione della Rete della protezione e dell’inclusione sociale. Sul tavolo vi era il tema del Fondo per la non autosufficienza e del relativo Piano, strumento operativo e di indirizzo di cui da anni si chiede una attenta elaborazione e una conseguente adozione.”

In quell’incontro la segreteria tecnica ha presentato i dati e le elaborazioni relative che hanno consentito finalmente di avere un quadro un po’ più preciso e trasparente di come negli ultimi anni siano stati spesi dalle regioni gli stanziamenti relativi a quel Fondo.

Nel corso di quello stesso incontro sono stati sinteticamente presentati gli assi su cui elaborare il Piano per la non autosufficienza, strumento utile a costruire comuni livelli essenziali di prestazioni nelle regioni italiane.

Elaborare quel Piano comporta approfondimenti, attenzioni, confronti, concertazioni fra tutti gli attori, istituzionali e non. E con la condivisione, considerata la Convenzione ONU, con le organizzazioni delle persone con disabilità.”

Al contrario, il testo del Piano non è mai stato presentato o discusso dalla Rete, ma diviene un allegato del decreto di riparto del Fondo non autosufficienza, discusso e sancito dalla Conferenza Unificata il 7 novembre 2019, pronto per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Il testo era stato “anticipato” dalla segreteria tecnica della Rete solo il pomeriggio precedente.

Nel Piano approvato ci sono elementi condivisibili, altri molto approssimativi, altri decisamente non condivisibili. – prosegue Vincenzo Falabella – Ma non è nel merito che vogliamo entrare, anche perché ormai il danno è fatto. È il metodo che è assolutamente inaccettabile: un Piano strategico come questo è stato elaborato ed approvato senza la condivisione dei diretti interessati, perdendo l’occasione di affinare al meglio lo strumento, oltre che di renderlo un patrimonio partecipato e comune.”

Scuola, libri di testo gratis e obbligo fino ai 18 anni

da Il Messaggero

Investimenti, fisco, welfare, scuola e università. Sono ad ampio raggio le proposte del Pd per rilanciare l’agenda di governo: i dettagli saranno messi a punto nel seminario che parte oggi nell’Abbazia di San Pastore a Contigliano (Rieti). Non proprio un programma, ma materiali ben articolati che poi arriveranno al premier Conte come base per la verifica. «Abbiamo costruito la legge di Bilancio in condizioni di emergenza, ma ora bisogna passare ad una fase 2 centrata su sviluppo sostenibile, lavoro e giustizia sociale» ragiona il viceministro dell’Economia Antonio Misiani.

LA PROGRESSIVITÀ

Intanto ci sono da attuare le misure della manovra, a partire dal cuneo fiscale. Sul piatto ci sono 3 miliardi quest’anno e almeno 5 dal 2021. «Ci concentreremo sui lavoratori dipendenti che non ha usufruito del bonus 80 euro, contribuenti che sono soggetti ad una maggiore progressività Irpef per lo scatto dell’aliquota del 38% – spiega Misiani – l’idea è arrivare ai redditi fino a 35 mila euro o qualcosa di più. Per chi ha già il bonus, che verrebbe trasformato in detrazione d’imposta, ci potrebbe comunque essere un certo vantaggio». Restano fuori gli incapienti, coloro che non arrivando a guadagnare 8.150 euro l’anno non hanno benefici. Per questa fascia il Pd pensa in prospettiva a correggere il meccanismo del reddito di cittadinanza. «Così come è concepito oggi, rischia di scoraggiare il lavoro. Bisogna studiare come passare per i lavoratori poveri ad un’erogazione sul modello dell’Earned income tax credit americano». Sono tutte misure che riguardano il lavoro dipendente: il passo successivo è la riforma dell’Irpef per la generalità dei contribuenti. Misiani precisa che «l’obiettivo è alleggerire il carico fiscale in particolare su ceti medi e famiglie». Dopo il fisco gli investimenti. La relativa spesa è crollata negli anni dell’emergenza finanziaria. Ma non è solo un problema di somme in bilancio: anche quando i soldi ci sono, usarli è tutt’altro che facile. «È vero – riconosce il viceministro dell’Economia – per questo andrebbe creata in tempi rapidi una nuova task force al ministero dell’Economia, con la partecipazione dei dicasteri interessati e degli enti locali». Cosa dovrà fare? «Dei 58 miliardi stanziati, 36 riguardano proprio gli enti locali e sono quelli che possono dare la spinta più immediata a economia e occupazione. Allora serve un coordinamento per distribuire al più presto gli stanziamenti, monitorare l’iter dei progetti e togliere i soldi a chi non li spende per darli a chi è in grado di farlo». Dal punto di vista del Pd, il rilancio dell’azione di governo dovrà passare per temi qualificanti come welfare e scuola. Sul primo ambito, va intanto delineata un’uscita da Quota 100. Per Misiani, la soluzione passa per un meccanismo flessibile ancorato al calcolo contributivo. «Non dobbiamo tornare alla legge Fornero ma dare alle persone la possibilità di lasciare il lavoro anche prima dei 67 anni, facendo i propri conti su convenienza e scelte di vita». Ma welfare non vuol dire solo pensioni. «C’è un tema gigantesco: la non autosufficienza, che investe tre milioni di persone, in gran parte anziane, e le loro famiglie, che non possono essere lasciate da sole. Bisogna aumentare l’indennità di accompagnamento, rafforzare e coordinare la rete di servizi sul territorio e qualificare l’offerta di lavoro delle badanti». Sulla scuola, dopo la gratuità degli asili nido, l’idea è «azzerare il costo dei libri di testo fino alle superiori». E sull’università l’attuale soglia di 13.000 euro (in termini di Isee), entro la quale la retta è gratis, dovrebbe gradualmente crescere. «In prospettiva fino a 30 mila euro» argomenta il viceministro, che rilancia poi un altro progetto ambizioso, estendere a 18 anni l’obbligo scolastico.

LE COPERTURE

Molti di questi interventi naturalmente costano, e non poco. Per finanziarli il Pd guarda ai proventi della lotta all’evasione («le stime sono molto prudenti, il potenziale di recupero è enorme» per Misiani), ad una revisione mirata della tassazione indiretta, dei sussidi dannosi per l’ambiente e di alcune agevolazioni fiscali e, soprattutto, al rilancio della spending review. «Quando siamo arrivati a Via Venti Settembre – ricorda il viceministro – ci siamo accorti che tutti i progetti erano stati abbandonati. Ora nascerà una nuova commissione che dovrà già dare qualche indicazione con il Def di aprile e poi proposte concrete per la prossima legge di Bilancio».
Luca Cifoni


Carta docente, usata solo per corsi di formazione. Addio tablet e computer?

da Orizzontescuola

di Anselmo Penna

Si tratta ancora di una ipotesi al vaglio che il neo Ministro Azzolina dovrà a breve affrontare. La  necessità di un cambiamento nasce da alcune considerazioni sui numeri della piattaforma Sofia

Appena 400 mila iscritti alla piattaforma

Su un totale di 700 mila percettori della carta docente. Questi i numeri della piattaforma Sofia che serve per incrociare domanda ed offerta sulla formazione dei docenti. In pratica un docente su due. A ciò si aggiunge che dai dati statistici risalenti a due anni fa, il 77% ha acquistato tablet e pc, mentre appena il 7% ha riguardato l’acquisto di corsi di formazione.

Il futuro della carta docente. Cosa fare?

La prima ipotesi al vaglio vorrebbe vincolare i 500 euro alla formazione, magari anche decurtandone l’importo. Ciò significherebbe addio all’acquisto di tablet e pc, con conseguente eliminazione della possibilità di aggirare l’uso dei voucher acquistando arricciacapelli o smartphone.

La seconda ipotesi vorrebbe la confluenza della cifra direttamente nello stipendio dei docenti per raggiungere la famosa cifra di 100 euro di aumento. Cifra che, con molta probabilità, rimarrebbe una chimera, dato che l’uso della Carta docente nello stipendio significherebbe una tassazione che ne farebbe perdere fino al 43% del valore, per un totale netto percepito di 18 euro al mese.

Di certo è che, così com’è, il sistema di utilizzo del bonus non funziona. Sarà il neo Ministro, magari con l’aiuto dei sindacati, a decidere quale delle due opzioni.


Mattarella: la cultura si nutre di confronto, cresce nel dialogo e nelle relazioni

da Orizzontescuola

di redazione

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla cerimonia istituzionale di apertura di Parma Capitale della Cultura 2020.

La cultura definisce il segno distintivo di ogni comunità ed è tutt’altro che una condizione statica, immobile, inerte. Perché si nutre di confronto, si sviluppa nel dialogo e nelle relazioni. La cultura è davvero una sorta di metronomo della storia. È una chiave che ci consente di comprendere il passato, interpretare il presente e progettare il futuro, per sentire la storia come nostra e renderci protagonisti dei suoi cambiamenti” ha detto il Capo dello Stato.

“La cultura è più ricca quando si apre alla conoscenza e al rispetto delle differenze, è capace di generare un patrimonio che rende tutti più ricchi, di umanità innanzitutto. La storia ci dimostra proprio che grandi avanzamenti delle scienze, delle arti e del pensiero sono scaturiti da incontri” ha aggiunto il Presidente.

Azzolina: docenti, Dirigenti e Ata dovranno essere valorizzati. Parte la formazione

da Orizzontescuola

di redazione

La valorizzazione del personale docente, ATA e dei Dirigenti Scolastici sarù uno dei punti forza del Ministero guidato dall’On. Lucia Azzolina.

Si tratta infatti di un punto compreso nel programma pubblicato subito dopo la nomina a Ministro, nella serata del 10 gennaio 2020

Tutto il personale dovrà essere valorizzato. Prioritario sarà il tema della formazione. Dei dirigenti, dei docenti, ma anche del personale ATA (amministrativo, tecnico e ausiliario) sempre troppo poco considerato.

Al momento sono note le disposizioni già assunti durante il mandato dell’ex Ministro Fioramonti, per quanto riguarda il personale docente.

Suddivisione risorse per la formazione del personale

Il 19 novembre 2019 infatti è stata sottoscritta l’Ipotesi di Contratto Collettivo Nazionale Integrativo (CCNI) con i criteri generali di ripartizione delle risorse per gli anni scolastici 2019/20, 2020/21, 2021/22.

Il 40% delle risorse sarà utilizzata per iniziative di formazione su tematiche individuate a livello nazionale come strategiche per quest’anno scolastico.

Il 60% delle risorse finanziarie disponibili sarà assegnata invece dalle scuole polo direttamente ad ogni istituto scolastico, per le esigenze di formazione autonomamente deliberate dalle scuole.

Le priorità

a) educazione civica con particolare riguardo alla conoscenza della Costituzione e alla cultura della sostenibilità (Legge 92/2019);
b) discipline scientifico-tecnologiche (STEM);
c) nuova organizzazione didattica dell’istruzione professionale (D.I. 92/2018);
d) modalità e procedure della valutazione formativa e sistema degli Esami di Stato (D.lgs. 62/2017);
e) realizzazione del sistema educativo integrato dalla nascita fino ai 6 anni (D.lgs. 65/2017);
f) linee guida per i percorsi per le competenze trasversali e di orientamento (D.M.774/2019)
g) contrasto alla dispersione e all’insuccesso formativo;
h) obblighi in materia di sicurezza e adempimenti della Pubblica Amministrazione (privacy, trasparenza, ecc.).

Sono importanti anche

i) l’inclusione degli alunni con Bes, DSA e disabilità (D.Lgs. 66/2017 e 96/2019);
j) il Piano nazionale Scuola Digitale, con particolare riferimento alla cittadinanza digitale.

Piano di formazione di istituto

Le singole istituzioni scolastiche, sulla base dei fondi assegnati direttamente dalle scuole polo, dovranno adottare un Piano di formazione d’istituto in coerenza con gli obiettivi del PTOF e con i processi di ricerca
didattica, educativa e di sviluppo.

Formazione docenti di sostegno

Con nota del 26 novembre 2019 il Miur ha fornito indicazioni per la formazione dei docenti sui temi dell’inclusione da realizzarsi nell’a.s. 2019/2020.

Sono previsti due momenti:

a)“attività formative di base, di primo livello”per i docenti di sostegno, in particolare per quelli sprovvisti di titolo di specializzazione, da realizzare con “fondi ordinari”.Tali attività sono di pertinenza in generale di tutte le scuole, vanno ricomprese nel Piano di formazione di istituto e saranno realizzate con risorse autonome d’istituto (risorse perla formazione, risorse PON, finanziamenti esterni,etc.).

b)“attività formative di secondo livello” per i docenti di sostegno referenti o coordinatori dell’inclusione, almeno uno per scuola.Tali attività sono realizzate, utilizzando le risorse a tal fine assegnate, dalle scuole polo per l’inclusione.

Sburocratizzare la scuola e togliere passweb, lo chiede la FLC CGIL

da La Tecnica della Scuola

Sull’annoso tema della semplificazione e sburocratizzazione del lavoro delle segreterie scolastiche è intervenuta ancora una volta la FLC CGIL per chiedere al nuovo Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina di intervenire a tutela di tutto il personale Ata. A tal proposito abbiamo avuto la possibilità di confrontarci con Anna Maria Santoro della FLC CGIL Nazionale per fare qualche domanda.

Le segreterie scolastiche si occupano anche di pratiche pensionistiche del personale docente e ata?

Da un po’ di tempo alle scuole viene chiesto da parte dell’INPS, con l’acquiescenza o, peggio, con comportamenti attivamente impositivi da parte degli Uffici Scolastici Territoriali (Uffici Scolastici Regionali  o Ambiti Territoriali), di lavorare le pratiche del personale della scuola che va in pensione.

Questa è una delle tante “invenzioni” escogitate da uffici terzi (sia l’INPS o gli uffici periferici del MIUR o il MIUR stesso) per fare fronte alla loro mancanza di personale (enti che non assumono i lavoratori che occorrono) scaricando sulle scuole compiti non di loro competenza.

Quali sono le finalità lavorative del personale Ata?

Molti lavori svolti dalle segreterie scolastiche, come quello delle pratiche pensionistiche, non competono sia perché si tratta di lavori specialistici che le segreterie non sono in grado di assolvere, sia perché l’attività amministrativa delle scuole ha una sola finalità, cioè la “produttività” pedagogico-didattica, sia infine perché anche le segreterie scolastiche hanno subito pesanti tagli di personale mai reintegrati (gli ultimi 2000 tagli risalgono al Governo Renzi dopo la falcidie del nefasto  periodo Gelmini Tremonti).

Non può continuare così: alla scuola non si può chiedere di occuparsi di tutto quel che altri non riescono o non vogliono fare, considerata la responsabilità seria che ciò implica in termini amministrativi e patrimoniali; e considerato  anche il fatto che ad assumere e a mettere in quiescenza non sono le scuole ma, rispettivamente, gli Ambiti territoriali del MIUR e l’INPS.

Il Ministero ha fatto delle aperture sulla sburocratizzazione del lavoro del personale Ata?

Da tempo il Ministero, su nostre continue sollecitazioni, ha dichiarato di volersene far carico. In realtà, passi avanti seri, concreti e definitivi non se ne sono fatti, lasciando le segreterie nell’incertezza e in situazioni differenti da  territorio a territorio: si va da uffici scolastici territoriali che impongono l’utilizzo di passweb a uffici che invece appoggiano il rifiuto delle scuole ad occuparsene.

A questo proposito, viste le intenzioni programmatiche della nuova Ministra che parla di sburocratizzazione, di cura, di semplificazione, di valorizzazione del personale compreso quello Ata, che, dice la Ministra, è “sempre poco considerato”, pensiamo che una prima occasione per “considerarlo” e per agire in coerenza con le sue parole stia proprio qui: si allontani passweb dalle scuole.

Notte nazionale del liceo classico 2020, il 17 gennaio la sesta edizione

da La Tecnica della Scuola

Il 17 gennaio si svolgerà la notte nazionale del liceo classico 2020, manifestazione giunta alla sesta edizione che coinvolge circa 500 licei di tutta Italia.

Notte del liceo classico 2020: cosa aspettarsi

Si tratta di un’iniziativa nata da un’idea del professor Rocco Schembra, docente di Latino e Greco presso il Liceo Classico Gulli e Pennisi di Acireale (CT), che ha avuto, fin dalla sua prima edizione, un gran numero di adesioni da parte dei licei classici italiani e l’attenzione dei media

Il 17 gennaio, in contemporanea dalle 18:00 alle 24:00, circa 500 Licei Classici d’Italia apriranno le loro porte alla cittadinanza che potrà seguire gli studenti mentre si esibiscono in performances di vario tipo: dalle maratone di letture di poeti antichi e moderni alle drammatizzazioni in italiano e in lingua straniera; dalle esposizioni di arti plastiche e visive ai concerti e alle attività musicali e coreutiche; dalle presentazioni di libri e incontri con gli autori alla proezione di cortometraggi e cineforum; dagli esperimenti scientifici alle degustazioni a tema ispirate al mondo antico. Piena libertà all’inventiva e alla creatività dei giovani guidati dai loro docenti.

Notte del liceo classico 2020: media partnership con Rai Scuola e Rai Cultura

Anche quest’anno, ci sarà la media partnership con Rai Scuola e Rai Cultura per seguire l’evento, ricordiamo approvato ufficialmente dal Ministero dell’Istruzione.
Infatti, tramite una lettera dell’ex ministro Valeria Fedeli, il Miur ha espresso l’apprezzamento e l’entusiasmo per questa iniziativa che “rallegra le aule e gli spazi di un numero sempre crescente di Licei classici in tutta Italia”.

Per tutte le informazioni sulla “Notte nazionale del liceo classico 2020” e per tutte le informazioni sulle scuole che aderiscono al progetto, si può consultare il sito Notte Nazionale del Liceo Classico.

Quota 100, indicazioni per l’invio della dichiarazione reddituale

da La Tecnica della Scuola

Coloro che richiedono l’accesso alla pensione Quota 100 devono dichiarare nella domanda, in via preventiva, l’assenza o meno di redditi incumulabili, percepiti successivamente alla decorrenza della pensione, in relazione all’anno di decorrenza della stessa.

Analogamente, è necessario dichiarare in via preventiva anche:

a) l’importo di eventuali redditi derivanti dalle fattispecie descritte nell’elenco riportato nella circolare n. 117/2019 al paragrafo 1.3 “Redditi che non rilevano ai fini dell’incumulabilità della pensione”, tra cui:

  • indennità percepite dagli amministratori locali e, più in generale, tutte le indennità comunque connesse a cariche pubbliche elettive
  • redditi di impresa non connessi ad attività di lavoro, nonché le partecipazioni agli utili derivanti da contratti di associazione in partecipazione nei casi in cui l’apporto non è costituito dalla prestazione di lavoro. Ove non sia svolta attività lavorativa, gli interessati potranno rendere la dichiarazione di responsabilità in ordine alla qualità di socio che partecipa con capitale senza espletare attività lavorativa. In tali casi le Strutture territoriali considereranno il reddito conseguito come reddito da capitale e, quindi, cumulabile con la prestazione pensionistica;
  • indennità percepite per l’esercizio della funzione di giudice di pace;
  • indennità sostitutiva del preavviso in quanto ha natura risarcitoria e non retributiva;
  • indennità percepite per le trasferte e missioni fuori del territorio comunale, i rimborsi per spese di viaggio e di trasporto, spese di alloggio, spese di vitto che non concorrono a formare il reddito imponibile ai sensi del TUIR;
  • indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale;

b) l’importo di eventuali redditi da percepire successivamente alla decorrenza della pensione derivanti da attività svolta precedentemente alla decorrenza stessa (paragrafo 1.4 “Sospensione del pagamento della pensione”); in tali casi è necessario indicare anche il periodo temporale in cui l’attività è stata realizzata.  

L’Istituto, in ogni caso, verifica l’eventuale percezione di redditi da lavoro dipendente e/o autonomo cumulabili e incumulabili con la pensione Quota 100 attraverso il confronto con i dati presenti negli archivi dell’Agenzia delle Entrate e nelle altre banche dati disponibili.

La dichiarazione reddituale

Il modulo AP140 per la dichiarazione reddituale in fase di domanda di pensione Quota 100 deve essere presentato a corredo della domanda di pensione.

Il modulo si compone di una copertina e delle seguenti sezioni.

  1. Dichiarazione di assenza di redditi da lavoro. Tale opzione deve essere compilata qualora il soggetto non percepisca redditi da lavoro rilevanti in base al divieto di cumulo disposto dalla normativa vigente.
  2. Dichiarazione dei redditi da lavoro incumulabili, in quanto percepiti dopo la decorrenza della pensione nell’anno di decorrenza della stessa e riferiti ad attività lavorativa svolta nel suddetto periodo. Con riferimento al lavoro autonomo occasionale, ai fini della verifica del superamento del limite dei 5.000 euro lordi annui, rileva il reddito annuo derivante dallo svolgimento di tale attività, compreso, pertanto, quello riconducibile all’attività svolta nei mesi dell’anno precedenti la decorrenza della pensione Quota 100.
  3. Dichiarazione riguardante la percezione di redditi da lavoro cumulabili in quanto derivanti da attività svolta precedentemente alla decorrenza della pensione Quota 100. In tali casi è necessario dichiararne la percezione indicando il periodo di svolgimento della suddetta attività per consentire all’Istituto la corretta gestione dei dati reddituali.
  4. Dichiarazione riguardante la percezione di redditi da lavoro cumulabili, in quanto riferiti a fattispecie tassativamente elencate nel citato paragrafo 1.3 della circolare n. 117/2019, aventi natura di redditi da lavoro, ma non rilevanti ai fini di cui trattasi per espresse deroghe normative.

Chi percepisce già la pensione Quota 100

Anche i soggetti già titolari di pensione Quota 100 devono presentare la dichiarazione reddituale, utilizzando un altro modulo, l’AP139.

In particolare, devono dichiarare l’assenza di redditi solo nel caso in cui nell’anno precedente sono stati percepiti redditi incumulabili che hanno dato luogo alla sospensione della pensione; la dichiarazione di assenza di redditi consentirà di richiedere la riattivazione dei pagamenti. Negli altri casi, i pensionati che, durante il periodo compreso tra la decorrenza della pensione e il compimento dell’età prevista per accedere alla pensione di vecchiaia, non prevedono di percepire/non hanno percepito redditi da lavoro non devono presentare alcuna dichiarazione reddituale all’Istituto.

PER ULTERIORI INFO: messaggio Inps n. 54 del 9 gennaio 2020

Intercultura, ancora 134 borse di studio sponsorizzate: scadenza 20 gennaio 2020

da La Tecnica della Scuola

Ogni anno Intercultura mette a disposizione centinaia di borse di studio “sponsorizzate”, grazia alla collaborazione con aziende, enti, fondazioni o banche italiane.

Tali borse sono generalmente riservate a studenti meritevoli, residenti in un determinato territorio oppure figli di dipendenti di aziende che propongono l’iniziativa nell’ambito della loro offerta di welfare aziendale.

In particolare, il 20 gennaio chiudono le iscrizioni per vincere una delle ultime 134 borse di studio che consentono di partecipare ai programmi di Intercultura gratuitamente o con una copertura significativa delle spese: 18 borse per poter trascorrere da un anno a tre mesi di scuola all’estero e 116 per alcune settimane estive.

Tutti gli studenti che risulteranno vincitori saranno coinvolti anche nel percorso di formazione che Intercultura predispone per preparare i ragazzi a convivere con valori e popoli diversi ed aiutarli ad aprirsi al mondo e a sviluppare maggiore predisposizione all’internazionalità e all’interculturalità.

Per verificare i requisiti di età, di pertinenza territoriale ed eventualmente di reddito basta scaricare i bandi di concorso dal sito https://www.intercultura.it/borse-di-studio-offerte-da-sponsor e iscriversi alle selezioni.

Supplenze, cosa cambia con le graduatorie provinciali

da La Tecnica della Scuola

Abbiamo già riferito che il decreto scuola, convertito in legge, prevede che vengano costituite graduatorie provinciali distinte per posto e classe di concorso da utilizzare, in subordine alle GAE, per il conferimento delle supplenze annuali e delle supplenze temporanee sino al termine delle attività didattiche (30 giugno). Ci sarà inoltre una graduatoria specifica per gli incarichi di supplenza relativi ai posti di sostegno destinata ai docenti specializzati.

In attesa di chiarimenti specifici dal Miur, proviamo a rispondere ad una delle domande principali che riguardano le supplenze con graduatorie provinciali: “Con le graduatorie provinciali bisogna sempre scegliere la scuola capofila? Il controllo dei titoli verrà sempre curato dalla capofila?”

Graduatorie provinciali: fino a 20 scuole da scegliere

Gli insegnanti potranno presentare domanda di inserimento in tali graduatorie provinciali, e potranno presentare domanda di inserimento nelle graduatorie di circolo e d’istituto in 20 scuole della stessa provincia, per le supplenze brevi e saltuarie (maternità, malattia, assenze brevi).

Graduatorie provinciali: addio scuole capofila

Ed ecco la risposta alla domanda posta in precedenza: con le graduatorie provinciali non ci saranno più le scuole capofila che gestiranno le domande. Infatti, le convocazioni per tutte le supplenze di durata annuale al 30 giugno (su posto disponibile su organico di fatto) e al 31 agosto (su posto vacante su organico di diritto) saranno gestite dal prossimo anno scolastico dagli Ambiti territoriali provinciali (Atp) con la pubblicazione di un calendario almeno 20 giorni prima dalle convocazioni unificate

Il calendario seguirà il seguente ordine:

1) docenti in graduatoria di prima fascia (docenti presenti in Gae che hanno aggiornato quest’anno scolastico)

2) docenti in seconda fascia (docenti abilitati)

3) docenti in terza fascia (docenti non abilitati).

Graduatorie provinciali, ci sarà una specifica sul sostegno

Come accennato in precedenza, per il sostegno per la prima volta ci sarà una specifica graduatoria provinciale di sostegno in cui saranno inseriti tutti i docenti in possesso del titolo di specializzazione, secondo l’ordine della fascia in cui sono inseriti in graduatoria provinciale: prima i docenti di prima fascia, poi quelli di seconda e infine quelli di terza fascia.

Uno degli aspetti da sottolineare è che per le supplenze annuali non esisteranno più le email di convocazione.
Invece le email saranno utilizzate solo per le supplenze brevi e temporanee.
In tali circostanze, i docenti destinatari delle supplenze saranno convocati dagli uffici di segreteria delle 20 scuole scelte con il ”Modello B” nella stessa provincia in cui sono stati inseriti nelle graduatorie provinciali per le supplenze.

Supplenze, in primavera l’aggiornamento seconda e terza fascia

Il decreto scuola ha previsto contemporaneamente che in occasione dell’aggiornamento della seconda e terza fascia, l’inserimento di nuovi iscritti: « In occasione dell’aggiornamento previsto nell’anno scolastico 2019/2020, l’inserimento nella terza fascia delle graduatorie per posto comune nella scuola secondaria è riservato ai soggetti precedentemente inseriti nella medesima terza fascia nonché ai soggetti in possesso dei titoli di cui all’articolo 5, commi 1, lettera b), e 2, lettera b), del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59 ».

Per quanto riguarda il rinnovo graduatorie terza fascia, potranno partecipare anche i nuovi laureati e diplomati che, oltre al titolo di studio valido per l’insegnamento, siano anche in possesso di 24 CFU nelle discipline antropo-psico- pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche;

Bisogna sottolineare che anche i diplomati Itp potranno iscriversi alle graduatorie terza fascia 2020 ma, a differenza di altre procedure che riguardano l’inserimento nei ruoli di docente, come i concorsi, dovranno possedere anche loro i 24 Cfu.

Infatti, si potranno inserire in terza fascia docenti tutti gli aspiranti docenti (laureati e/o diplomati), sprovvisti di abilitazione all’insegnamento e che sono in possesso, alla data di scadenza della domanda di inserimento, del titolo di studio valido per insegnare tra quelli previsti dall’ art.5 comma 1, lett. b) e comma 2 lett. b) del D.lvo 59/ 2017.

Studio e internet, chi fa un uso eccessivo è più ansioso

da La Tecnica della Scuola

Navigare in maniera eccessiva su Internet rischia di demotivare gli studenti universitari.

A rilevarlo è una ricerca condotta dall’Università degli Studi di Milano in collaborazione con quella di Swansea in Gran Bretagna che ha indagato sul rapporto annoso tra capacità di apprendimento ed internet.

Da anni il mondo scientifico si interroga, infatti, sul rapporto tra abuso delle tecnologie digitali ed uso positivo legato allo studio.

La ricerca; i cui risultati sono stati pubblicati dal Journal of Computer Assisted Learning, ha coinvolto 285 studenti di corsi di laurea di ambito sanitario, valutati sotto diversi aspetti: uso delle tecnologie digitali, capacità di apprendimento, motivazione, ansia e solitudine.

Lo studio è arrivato alla conclusione che gli studenti che abusano del web sono meno motivati e più ansiosi. Le conseguenze sono rese più gravi anche dal senso di solitudine che può colpire chi naviga troppo spesso in Rete. L’uso della Rete da parte degli studenti universitari, benché metta a loro disposizione una quantità del tutto inesauribile di informazioni (di fatto trovi tutto quello che vuoi), sembra rallenti anche i loro riflessi, ne riduca inoltre la curiosità e la velocità di apprendimento.

Emerge, in particolare, una relazione negativa tra dipendenza da internet e motivazione: i soggetti fortemente dipendenti dal web hanno ammesso di avere maggiori difficoltà a organizzare lo studio in modo produttivo e di essere più preoccupati per gli esami.

Secondo Roberto Truzoli dell’università di Milano: La dipendenza da Internet compromette una serie di capacità come il controllo degli impulsi, la pianificazione e la sensibilità alla ricompensa”.

Tali lacune possono rendere quindi molto più difficile lo studio.

D’altronde i dati sono inequivocabili: il 25% del campione intervistato, ha dichiarato di trascorrere più di quattro ore al giorno online, il resto degli studenti da una a tre ore al giorno. Gli studenti vanno su Internet soprattutto per i social network (40%) mentre solo il 30% del tempo per la ricerca di informazioni.

Oltre alla scarsa motivazione e capacità di studiare, secondo la ricerca, la dipendenza da Internet è associabile anche ad una maggiore solitudine che, a sua volta, rende ancora più difficile lo studio in quanto incide sulla percezione della vita universitaria: la minore interazione sociale aumenta il senso di solitudine del ragazzo e di conseguenza riduce la motivazione a impegnarsi in un ambiente caratterizzato da un forte coinvolgimento sociale come può essere quello accademico.

Il processo di digitalizzazione in atto nelle scuole italiane e negli Atenei non può prescindere, quindi, da una valutazione dei possibili esiti dell’uso stesso di questi strumenti digitali e di Internet. Un opportunità che va colta sicuramente per poterne sfruttare tutti i fattori positivi senza dimenticarne i rischi annessi ad un uso non corretto degli stessi.

Corsi e ricorsi: torna il MPI

da Tuttoscuola

Il Ministero della Pubblica Istruzione (MPI, o MI) e il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) sono ministeri ad andamento carsico. Dai primi anni sessanta dello scorso secolo, quando per la prima volta si decise (governo Fanfani IV) di scorporare la ricerca scientifica e tecnologica dal MPI (fu creato un ministero senza portafoglio), l’unità dello storico MPI risorgimentale cominciò ad essere incrinata, fino a quando, nel 1989, il governo De Mita sancì la divisione formale del ministero con la creazione del Ministero dell’Università e della Ricerca, affidato al ministro Antonio Ruberti.

Ma il Decreto legislativo n. 300 del 1999, in attuazione della riforma Bassanini del 1997, riunificò i due ministeri dando luogo transitoriamente al MURST (Ministero della Pubblica Istruzione, Università, Ricerca Scientifica e Tecnologica), poi diventato MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) nel 2001. Pochi anni dopo, con il secondo governo Prodi (2006), il MIUR fu nuovamente diviso (o “spacchettato”, come si disse), e rinacque il MPI, affiancato dal MUR (Ministero dell’Università e della Ricerca). Il divorzio durò poco, perché la legge finanziaria per il 2008 (governo Berlusconi IV) decise di ripristinare l’accorpamento dei due ministeri nel MIUR.

L’unità del MIUR, sottoposto nel suo insieme a durissimi tagli della spesa dal 2009 in avanti (solo in parte attenuati dal governo Renzi sul versante della scuola), è durata fino all’improvvisa decisione del governo giallo-rosso (Conte due) di “spacchettare” nuovamente il ministero, (ri)dando vita al MPI (o MI?) e al MUR.

Quale è stata la ragione di tante oscillazioni tra il formato unitario e quello binario del settore ministeriale che si occupa di istruzione? Probabilmente si sono sommate due esigenze in parte contraddittorie: quella di assicurare una guida unitaria e coerente, ‘sistemica’, a tutta la politica scolastica da una parte, e quella di salvaguardare la specificità dei sotto-settori (scuola e università-ricerca) dall’altra. A volte è prevalsa la prima esigenza, in altri casi la seconda. Va poi aggiunta una terza ragione, quella legata agli equilibri interni delle maggioranze di governo, che tende a favorire la soluzione binaria. Nel caso del Conte 2 ha certamente pesato sulla decisione anche la protesta del mondo universitario e della Conferenza dei Rettori (CRUI) per il forte sottofinanziamento del comparto Università e Ricerca, evidenziato dalle comparazioni internazionali. Non è senza significato che all’incarico di ministro dell’Università e Ricerca sia stato chiamato Gaetano Manfredi, presidente della CRUI. Sull’argomento è intervenuta nei giorni scorsi in modo argomentato anche la senatrice a vita Elena Cattaneo.