Imparare la storia!

Imparare la storia!

di Maurizio Tiriticco

Ciò che è accaduto in questi giorni, in coincidenza con le “giornate della memoria”, è assolutamente riprovevole! Sono apparse su muri e porte delle nostre città scritte contro gli ebrei e svastiche naziste! A volte disegnate anche in modo scorretto, rispetto alla svastica adottata da Hitler, che è quella negativa: una croce rotante da destra a sinistra. La svastica positiva, invece, di certe popolazioni indoeuropee, ruota da sinistra a destra: in senso orario, diremmo. Così i nostri nazistelli ignorantelli spesso disegnano la svastica positiva! Studiassero meglio la storia! Anche perché in effetti “imparare la storia è un diritto”: così si intitola un bell’articolo di Nicoletta Fiori su “la Repubblica” di oggi, 28 gennaio. Ma penso che per i nostri nazistelli studiare la storia sarebbe anche un dovere!

Un anno fa, esattamente il 25 aprile 1919, lo storico Andrea Giardina, la senatrice Liliana Segre e lo scrittore Andrea Camilleri lanciarono un manifesto al fine di restituire alla storia la dignità di materia di studio autonoma nelle nostre scuole. Il manifesto raccolse migliaia di adesioni. Questo è il testo: “La storia è un bene comune. La sua conoscenza è un principio di democrazia e di uguaglianza tra i cittadini. È un sapere critico non uniforme, non omogeneo, che rifiuta il conformismo e vive nel dialogo. Lo storico ha le proprie idee politiche ma deve sottoporle alle prove dei documenti e del dibattito, confrontandole con le idee altrui e impegnandosi nella loro diffusione. Ci appelliamo a tutti i cittadini e alle loro rappresentanze politiche e istituzionali per la difesa e il progresso della ricerca storica in un momento di grave pericolo per la sopravvivenza stessa della conoscenza critica del passato e delle esperienze che la storia fornisce al presente e al futuro del nostro Paese”.

In effetti, lo studio sistematico della storia – come del resto lo studio della lingua italiana – fu una delle prime preoccupazioni dei governi dell’Italia postunitaria! “Fatta l’Italia, bisogna fare gli Italiani”! E’ un’esclamazione attribuita a Massimo D’Azeglio, e stava a significare quante culture, tradizioni, lingue e dialetti fossero presenti in un Paese che fin dall’ormai lontana caduta dell’Impero Romano – eravamo al 476 d. C.  – aveva perduto la sua unità. E che era necessario ricostriore.

Va ricordato che dopo l’Unità quei primi maestri, e maestre, di scuola, se da un lato cercavano di estirpare la mal’erba dialettale, dall’altro facevano leggere i nostri poeti ed anche Dante, quel tale che di una lingua volgare aveva fatto una lingua che tutti potevano leggere perché trasversale – potremmo dire – a tutti i dialetti di un giovane Paese alla ricerca di una sua identità. E facevano leggere anche il Foscolo, che non solo aveva tratto Dante dal dimenticatoio di secoli, in quanto considerato “oscuro e barbaro” dai vari saccenti di turno, ma aveva anche parlato tra i primi di patria… però non ditelo ai leghisti! E aveva scritto: “Il sacrificio della Patria nostra è consumato: tutto è perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci resterà che per piangere le nostre sciagure e la nostra infamia”. Chi non ricorda l’incipit dello Jacopo Ortis?

Ugo Foscolo, ottenuta la cattedra di eloquenza all’Università di Pavia (precedentemente era stata di Vincenzo Monti), il 22 gennaio 1809 pronunciava l’orazione inaugurale “Dell’origine e dell’ufficio della letteratura”. Ecco l’inizio: “O Italiani, io vi esorto alle storie, perché niun popolo più di voi può mostrare né più calamità da compiangere, né più errori da evitare, né più virtù che vi facciano rispettare, né più grandi anime degne di essere liberate dalla obblivione da chiunque di noi sa che si deve amare e difendere ed onorare la terra che fu nutrice ai nostri padri ed a noi, e che darà pace e memoria alle nostre ceneri. Io vi esorto alle storie, perché angusta è l’arena degli oratori…”. Ma va anche ricordato che l’esperienza accademica del Nostro durò solo per poche lezioni perché Napoleone, ormai sospettoso di ogni libero pensiero, gli soppresse la cattedra.

Mi piace ricordare un altro nobile discorso! Quello che Concetto Marchesi tenne all’inaugurazione dell’Anno Accademico dell’Università di Padova il 9 novembre 1943, in uno dei periodi più oscuri della nostra storia. Occorre ricordare che il 25 luglio era caduto il regime fascista; e che poi, il 23 settembre, era stata istituita nell’Italia occupata dai tedeschi la cosiddetta “Repubblica Sociale Italiana”, meglio nota come Repubblica di Salò, perché a Salò ebbe sede il governo repubblichino.

MI piace riportare l’excipit di quel discorso: “Signori, in queste ore di angoscia, tra le rovine di una guerra implacata, si riapre l’anno accademico della nostra Università. In nessuno di noi manchi, o giovani, lo spirito della salvazione; quando questo ci sia, tutto risorgerà, quello che fu malamente distrutto, tutto si compirà, quello che fu giustamente sperato. Giovani, confidate nell’Italia. Confidate nella sua fortuna se sarà sorretta dalla vostra disciplina e dal vostro coraggio: confidate nell’Italia che deve vivere per la gioia e il decoro del mondo, nell’Italia che non può cadere in servitù senza che si oscuri la civiltà delle genti. In questo giorno 9 novembre dell’anno 1943 in nome di questa Italia dei lavoratori, degli artisti, degli scienziati, io dichiaro aperto l’anno 722° dell’Università padovana.”

La conoscenza, la lingua, la cultura, la storia! Sono gli assi portanti di un Paese che abbia consapevolezza e coscienza della sua identità. Andrea Giardina afferma tra l’altro, nella citata intervista: “Bisogna avvicinare la storia ai ragazzi. E lo si può fare solo rispondendo alle domande di una società multiculturale. Mi piace che questo elemento del pluralismo sia sottolineato dalla Ministra Azzolina. Sostiene il sociologo tedesco Ulrich Beck che il problema è nel divorzio tra la dimensione cosmopolitica in cui viviamo e la nostra  reale consapevolezza di questo respiro internazionale”.

Incontro con la ministra

Incontro del 29 gennaio con la ministra Azzolina: le richieste della FLC CGIL

“L’incontro di domani, 29 gennaio, sarà il banco di prova per verificare la coerenza dei comportamenti politici della ministra Azzolina rispetto agli impegni sottoscritti con l’Intesa del 1° ottobre e il verbale di conciliazione del dicembre scorso. Ci aspettiamo un cronoprogramma che metta nero su bianco le date per avviare il confronto su: abilitazioni, rinnovo del CCNL, mobilità e concorso riservato per Facenti Funzione Dsga”.  A dichiararlo in una nota, alla vigilia della convocazione al MIUR, è la Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL.

“All’incontro, spiega la FLC, porteremo le richieste che migliaia di lavoratori precari ci hanno consegnato nelle tante assemblee fatte sin dal mese di ottobre in giro per l’Italia, a partire dalla necessità di assumere un impegno chiaro e puntuale sui percorsi abilitanti a regime, che secondo l’Intesa avrebbero già dovuto essere inseriti in un disegno di legge collegato alla Legge di Bilancio”. 

“Rispetto ai contenuti dei bandi di concorso ci aspettiamo l’opportunità di un confronto di merito, nel quale si tenga conto delle nostre richieste, come quella di un’adeguata valorizzazione dell’esperienza. Riteniamo giusto pubblicare la banca dati dei quesiti, cosa che avviene in tantissimi concorsi pubblici e che, in questo caso, è tanto più cogente visto che il personale coinvolto nella procedura è costituito in larga parte da insegnanti con molti anni di servizio, che si trovano quindi in una fase della propria vita carica di responsabilità familiari e lavorative.  I percorsi formativi di abilitazione e la stabilizzazione – conclude il sindacato – non possono essere una corsa ad ostacoli”.

Situazioni delle scienze e missione della scuola 3

Situazioni delle scienze e missione della scuola 3
Olim ipse dixit, ora impact factor

di Gabriele Boselli

Riassunto puntate n.1 e 2 (settembre- novembre 2019) Dopo i primi trent’anni del secolo scorso non sembrano essersi avuti sviluppi davvero cardinali delle scienze di base paragonabili a quelli di altre stagioni della storia. Nelle prime puntate ho esaminato le cause di ordine politico e linguistico, ora quelle inerenti alle strutture di ricerca e di accademia.

Geni capaci di rivoluzionare le scienze, che pure in quest’epoca con probabilità vicina alla certezza esisteranno, vengono spesso ignorati o soffocati nella loro produzione più fortemente innovativa dai meccanismi del sistema economico e politico e/o dai sintagmi della monolingua inglese. Pure in alcuni ambienti come le università sinora relativamente protetti dalle meccaniche del mercato e dai programmi di studio MIUR le scienze sono spesso volte al servizio di sistemi non direttamente interessati al puro sviluppo delle scienze: trovano fattori di ritardo in sistemi di valutazione (Boselli 2009) e interessi burocratico/accademici, si attuano come produzioni di macchine organizzative principalmente finalizzate alla sopravvivenza, alla fama mediatica dell’università, al successo del gruppo e alla carriera dei suoi membri. Gli applausi sono ora più che mai destinati a chi conferma il pensiero di massa o alle parziali disconfermecompatibili con il notum. Le cose stesse non interessano. I dotti, come venivano chiamati al tempo di Fichte, mi sembrano avere oggi degli obiettivi, non una missione. Nelle università e in molte scuole secondarie non si procede versus unum, punto di genesi di ogni novum ma -salvo casi di eroismo- ci si aggira negli orticelli fortificati delle proprie frammentazioni disciplinari.

Forse anche per questo sono tanti anni (giusto un secolo dagli anni 20 del Novecento) che non s’accende qualche grande luce, che nessun studioso –dopo un confronto disinteressato- riesce a far accreditare teorie davvero originali destinate a riconfigurare l’immagine che l’umanità si é fatta del mondo. Si tende ad approvare piccole varianti di forme preesistenti di pensiero.

Ricordo che quaranta-cinquant’anni fa, quando ero giovane, era un po’ diverso, qualche stellina si accendeva; molti studiosicitavano sì, ma spesso per contrasto. C’era una certa dialettica e come insegnano Hegel e Gentile è dalle asprezze della dialettica non troppo curvata da interessi estrinseci che nascono le nuove idee. Nella miglior dialettica evolvono le strutture generativo-trasformazionali, agiscono quelle mutazioni di paradigma che portano oltre ogni scienza. Le dialettiche che ora osservo più frequentemente anche in ambiti illustri mi appaiono più personali che scientifiche.

Ma la dialettica serve alla pura scienza se è non finalizzata prevalentemente al successo personale o di accademia, alla conquista di un posto o alla sopravvivenza di un’ università nelle zone alte delle classifiche. Oggi domina assolutamente la competitività, con tutti i suoi effetti, sia positivi che perversi e la pietra di paragone è il numero parametrico; di conseguenza si consolida una scienza impura, conservatrice, portata a privilegiare il notum o il veterum. S’incrementa la paura che idee nuove –giuste o sbagliate- possano pregiudicare la posizione faticosamente acquisita o si accende il desiderio di un più vasto consenso. Accade così che la quasi totalità delle citazioni che si ascoltano ai congressi o si leggono nelle riviste scientifiche non sia di critica radicale ma quasi sempre di conferma e omaggio ed è rivolta soprattutto ai viventi (o agli scomparsi con allievi divenuti potenti) che potrebbero essere d’aiuto.

Anche i meccanismi di valutazione delle università (es. il celebrato QS World Ranking o classifiche Arwu) mi sembra siano stilati valutando aspetti a posteriori a breve/medio termine come premi e riconoscimenti accademici ottenuti da altre accademie (di solito gentilmente ricambiati), quantità e criteri di qualità confermativa della ricerca prodotta, risultati rispetto al numero di iscritti, il giudizio di datori di lavoro o di professionisti come i “cacciatori di teste” (pardon, head hunter) e il famigerato numero di citazioni per docente. Assenti o sottovalutati come indicatori di potenzialità innovative il rapporto numerico docenti/studenti o quello docenti e studenti indigeni/stranieri (importante per le divergenze linguistiche di fondo, v. paragrafo precedente). Assente soprattutto la presa in considerazione di reali elementi di creatività della produzione scientifica, di divergenza fondata dal sapere costituito per proporre qualcosa che prima non fosse preannunciato, prima non avesse vita.

In particolare quel meccanismo ad alta perversità dell’impact factor (forma contemporanea dell’ ipse dixit riferita a soggetti che proprio non hanno la statura di Aristotele) restringerà probabilmente l’area di diffusione di molte sciocchezze e il successo di ricercatori strampalati e di più debole ingegno ma -effetto perverso- induce anche a bloccare l’ideazione innovativa, essendo ben più facile ottenere consenso nella comunità accademica e professionale con triangolazioni citazionali confermando o limando marginalmente piuttosto che sottoponendo le teorie più accreditate a una vera critica e ai processi innovativi che ne potrebbero derivare.

Il pensiero costituito ufficiale –scolastico nel senso peggiore del termine- l’ha vinta più che mai, almeno provvisoriamente, su quello critico e creativo inibendo il raffronto tra elementi risultanti dalla decostruzione teorica e principi di ricerca effettivamente nuovi, imbellettando poi quel che risulta sotto enormi, scenografici e gratuiti ammassi di dati. Come se il loro semplice accumulo potesse determinare un senso, una indicazione per la fuoriuscita dal notum e l’ingresso nel novum. Le grandi masse di dati possono, al contrario, eccedendo le attuali capacità di elaborazione, più chiudere che aprire. Forse per avere una critica disinteressata e una produzione autenticamente creativa occorrerà attendere gli sviluppi quantistici dell’intelligenza artificiale autoriprogrammante, nella speranza che i programmatori originali non avranno immesso meccanismi di blocco.

Dalle origini delle scienze europee a oggi, le argomentazioni a conferma delle teorie egemoni sono sempre più numerose e sostenute dal potere politico e accademico di quelle a disconferma: si pensi alle reazioni del governo pontificio all’eliocentrismo o alle dichiarazioni dei docenti dell’università di Salamanca, successive ai viaggi di Colombo e Magellano, contro la concezione sferica della Terra; o alle reazioni delle accademie al primo apparire delle equazioni einsteniane. Per non pensare alla paurosa inadeguatezza epistemologica dei programmi MIUR per le scuole secondarie.

I più per conformismo, alcuni degli studiosi più originali e dei docenti più innovativi per paura delle conseguenze personali, ossequiano il sapere costituito. Ma la resistenza alla cosa stessa non può mai essere infinita.


J.A.Fichte (1794), La missione del dotto, ora Bompiani 2016

A.Kojève (1932), L’idea di determinismo nella fisica classica e nella fisica moderna, ora Adelphi 2018

E. Husserl (1939), La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale, riletto NET 2010

P. K. Feyerabend (1979), Contro il metodo.Abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza, Milano, Feltrinelli

G. Boselli (2009), Sulla pedagogia fenomenologica come scienza valutabile, n. 26, Encyclopaideia, CLUEB, Bologna

A. Melucci (2016), Ri-pensare l’educazione negli scenari del post-umano, Encyclopaideia, n.46

N. Bostrom (2018), Superintelligenza. Tendenze, pericoli, strategie, Bollati Boringhieri

In G.U. il decreto di nomina dei sottosegretari Ascani e De Cristofaro per l’Istruzione

da Orizzontescuola

di redazione

Pubblicato in G.U. il decreto per la nomina dell’on. dott.ssa Anna ASCANI e del dott. Giuseppe DE CRISTOFARO a Sottosegretari di Stato per l’Istruzione.

L’on. dott.ssa Anna ASCANI e il dott. Giuseppe DE CRISTOFARO sono nominati Sottosegretari di Stato per l’Istruzione.
Il presente decreto sara’ comunicato alla Corte dei conti per la registrazione.

decreto

Ricordiamo – come già anticipato da OrizzonteScuola – che così come avvenuto durante il mandato di Fioramonti, alla nomina a sottosegretario seguirà quella a Viceministro, annunciata ufficialmente nei mesi scorsi come per tutti gli altri Vice Ministri del governo. La formalizzazione arriverà con una delibera del Consiglio dei Ministri ad hoc.

Azzolina: al Miur una Commissione sullo studio della Storia guidata da Andrea Giardina

da Orizzontescuola

di redazione

Miur – Al Ministero dell’Istruzione sarà istituita una Commissione per la didattica della Storia. Lo ha annunciato questa mattina la Ministra Lucia Azzolina nel corso della celebrazione per il Giorno della Memoria che si è tenuta al Quirinale alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella.

“Oggi ripercorriamo eventi che hanno dolorosamente segnato la nostra storia. Ma solo ricordando ciò che è stato possiamo, tutti insieme, evitare che l’orrore si ripeta. Alla scuola spetta il compito di aiutare i ragazzi, che sono le nuove generazioni, il nostro futuro, a coltivare la memoria. Per questo ho dato mandato di istituire una Commissione al Ministero dell’Istruzione sullo studio e sulla didattica della storia, in onore di Liliana Segre e in dono ai nostri studenti. Sarà guidata dallo storico Andrea Giardina. Dobbiamo far sì che i nostri giovani, studiando il passato, possano costruire un futuro migliore. La scuola è l’arma più potente da opporre a ogni possibile rigurgito di odio, a ogni forma di negazionismo”. Così la Ministra Lucia Azzolina che, insieme al Presidente Sergio Mattarella, ha anche premiato le nove scuole che si sono distinte nel concorso I giovani ricordano la Shoah. Alla premiazione è intervenuta la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI), Noemi Di Segni.

Il premio per il miglior lavoro è stato assegnato all’Istituto di Istruzione Superiore “Giovanni Paolo II” di Maratea (Potenza) con l’opera Il suono di Terezin: un asse centrale, costituito da una sagoma metallica, raffigurante un violoncello suonato da una figura dal viso ignoto. Con il violoncello a simboleggiare la possibilità che l’arte possa aiutare a ritrovare la propria identità. Menzione speciale è stata attribuita alle Scuole Polacche presso l’Ambasciata della Repubblica di Polonia di Roma, con gli studenti che hanno realizzato due film dedicati all’arte nei campi di concentramento e di sterminio nazisti (Essere nel non essere. L’arte nei campi di concentramento e Fuori le mura). Tra i lavori dei 9 vincitori si è distinto l’Istituto Comprensivo “Zanotto-Pascoli” di Polcenigo (Pordenone) con il progetto Scacco Matto: gli alunni hanno progettato una scacchiera con le foto di persone discriminate negli anni ’30, ’40, fino ai giorni nostri. Hanno puntato sulle biografie dei campioni della memoria, dagli atleti italiani ai calciatori, passando da Arpad Weisz a Gino Bartali, gli alunni dell’Istituto Comprensivo “Gianni Rodari” di Palagiano (Taranto). Il riconoscimento è andato al progetto Vite in Gioco. Dallo sport hanno preso spunto anche gli alunni dell’Istituto Comprensivo “San Vendemiano” (Treviso). Sono stati premiati con il lavoro dal titolo Il razzismo nello sport dagli anni ’30 del XX secolo ai nostri giorni: un album materico da cui emergono le figure di atleti e sportivi che hanno attraversato gli ultimi cento anni di storia. Goethe a Dachau è il progetto dell’Istituto di Istruzione Superiore “Leonardo Da Vinci” di Civitanova Marche (Macerata): un’opera a più voci, in cui sono state tradotte dal tedesco, dal francese e dal polacco le liriche ritrovate in vari campi di concentramento. Liriche ancora inedite in italiano.

Gli studenti dell’Istituto Magistrale Statale “Regina Margherita” di Palermo hanno invece ricreato, in modo performativo, la tragicità di un campo di concentramento, basandosi su una coreografia del compositore Luigi Nono col progetto tratto dall’omonima opera Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz. E ancora, l’Istituto “Gramsci-Pascoli” di Noicottaro (Bari) ha riprodotto 55 pietre d’inciampo, sulla base del lavoro dell’artista Gunter Demnig (progetto Pietre d’inciampo: per le strade del mondo). Così come l’Istituto Comprensivo “Avigliano Centro”, di Avigliano (Potenza) che ha modellato 100 pietre d’inciampo, ognuna grande quanto una Stolperstein, per raccontare la storia di Sara Simon Gesses (progetto La pietra di Sara) memoria ad una bambina rimasta per sempre bambina.

Immissioni in ruolo straordinarie sui posti quota 100, tecnici del Ministero sono al lavoro. Novità

da Orizzontescuola

di redazione

32mila mancate assunzioni lo scorso anno hanno causato una vera e propria esplosione di supplenze che ha fatto allarmare il mondo della scuola e facendo suonare il campanello d’allarme dell’Unione Europea che potrebbe mettere sotto infrazione l’Italia a causa dello sfruttamento del precariato.

Posti vuoti

Una delle cause dell’aumento della supplentite, come fu battezzata dal Governo Renzi, la mancata assunzione sui posti lasciati liberi dai pensionamenti straordinari di Quota 100.

Il recupero di questi posti, è uno dei punti del Decreto Scuola, entrato in vigore il 29 dicembre 2019 che prevede una tornata di assunzioni straordinarie.

Ecco i punti cardine dell’operazione Quota 100:

ci sono circa 9.000 posti non assegnati alle immissioni in ruolo dell’estate 2019 perché le certificazioni non sono arrivate in tempo
le immissioni in ruolo avranno decorrenza giuridica dal 1° settembre 2019 e decorrenza economica dalla presa di servizio, che avviene nell’anno scolastico 2020/2021
I docenti coinvolti nella procedura straordinaria di immissioni in ruolo sceglieranno provincia e sede prima delle operazioni di mobilità e assunzioni dell’anno scolastico 2020/21.

Al Ministero si lavora

I tecnici del Ministero dovranno verificare la distribuzione territoriale dei posti e sulle modalità di assegnazione delle cattedre. Infatti le assunzioni non dovranno far perdere il posto al supplente nominato. Per questo motivo, si utilizzerà la decorrenza giuridica di settembre 2019, ma con decorrenza economica dal 2020.

Riscatto agevolato laurea per anni pre 1996: i doverosi chiarimenti

da Orizzontescuola

di Patrizia Del Pidio

Riscatto laurea agevolato esteso anche agli anni di studio precedenti al 1996: i doverosi chiarimenti dell’INPS al riguardo.

La circolare INPS numero 6 del 22-01-2020 porta importanti chiarimenti sull’interpretazione del ricatto laurea agevolato introdotto dal DL 4/2019 estendendo la possibilità di fruizione anche a coloro che hanno intrapreso la propria carriera universitaria prima del 1996. Ma pone anche dei paletti che è bene chiarire.

La cosa principale da tenere presente è che i periodi di studio che si riscattano si collocano temporalmente nel periodo in cui si sono effettivamente svolti gli studi andando a collocarsi nel sistema contributivo se successivi al 31 dicembre 1995 e nel misto/retributivo se anteriori a tale data.

Il riscatto agevolato, interpretato fino ad ora guardando al periodo temporale in cui si collocavano il periodo di studi, viene ora posto dall’INPS come un collocamente dei contributi da riscatto: rientrano nell’agevolazione i contributi da riscatto che si collocano nel sistema contributivo.

In automatico vi ci si collocano quelli posteriori al 1996. Gli altri per poter essere collocati nel sistema contributivo richiedono la scelta dell’opzione contributiva per il calcolo della pensione (in questo modo tutti i contributi, anche precedenti al 1996, possono essere calcolati con il sistema contributivo) che può esercitare soltanto chi:

  • possiede meno di 18 anni di contributi versati prima del 1996
  • possiede almeno 15 anni di contributi totali versati
  • almeno 5 anni di contributi devono essere stati versati dopo il 1 gennaio 1996.

Come ben sappiamo, però con il riscatto degli anni di studio si può anticipare la pensione anche di 5 anni. In questo caso bisogna fare attenzione se, grazie al riscatto si possa acquisire la decorrenza della pensione che vada a ricadere prima della domanda di riscatto stessa (questo ovviamente è valido soltanto per chi è molto visino ai requisiti di pensionamento): in questo caso i ratei pensionistici compresi tra la data di decorrenza della pensione e quella di domanda di riscatto dovranno essere calcolati per l’ammontare dell’assegno senza tenere conto dei periodi riscattati (poichè la domanda di riscatto risulterà successiva a quella di decorrenza della pensione). I ratei pensionistici, invece, successivi alla data della domanda di riscatto saranno calcolati anche con i contributi da riscatto. Il riscatto, così come sottolinea l’INPS, non può essere retroattivo.

Pensioni, ecco il piano Governo-Sindacati per lasciare a 62-64 anni e dire addio alla legge Fornero

da La Tecnica della Scuola

Lunedì 10 febbraio 2020: memorizzi questa data chi è interessato a lasciare il lavoro prima dei 67 anni imposti dalla legge Fornero o dei 42 anni e 10 mesi (un anno in meno per le donne) fatti solo di contributi.

Una data importante

Quel giorno, infatti, al ministero del Lavoro saliranno i sindacati per parlare specificatamente di flessibilità in uscita e quindi di come evitare il ritorno allo scalone (a 67 anni) una volta esaurita ‘Quota 100’ introdotta dal Governo M5S-Lega e destinata a finire con il 2021 (perché oltre che ad essere onerosa, ha favorito gli uomini e i lavoratori pubblici che hanno avuto carriere continue).

Buone premesse

Le premesse che scaturisca una norma condivisa ci sono: nell’incontro preliminare del 27 gennaio, si è giunti infatti alla conclusione che entrambe le parti – sindacati e Governo – vogliono superare la legge Monti-Fornero (e anche quella Sacconi, visto che i parametri peggiorativi derivavano da lì).

I sindacati continuano a chiedere un pensionamento flessibile a partire dai 62 anni: aprire alla possibilità di uscire a quell’età, proprio come accade oggi con ‘Quota 100’, per poi fare scegliere ad ogni lavoratore se accontentarsi di un assegno più “magro” oppure stringere i denti per ancora qualche anno.

Età minima: si sale a 64 anni?

Chi guida il Paese, però, deve far quadrare i conti. E siccome intende spendere molto meno di quanto hanno deciso grillini e leghisti con ‘Quota 100’, l’esecutivo spinge per aumentare l’età minima: ecco perché insiste a spostarla a 64 anni.

Una variazione (che comunque anticiperebbe di tre anni la soglia d’accesso della Fornero) che dimezzerebbe la spesa: secondo l’esperto di previdenza Alberto Brambilla, il costo si aggirerebbe sui 2,5 miliardi l’anno, mentre secondo il bilancio preventivo dell’Inps per il 2020 il rimborso a carico della fiscalità generale per le erogazioni di Quota 100 viene fissato a 5.274 milioni di euro.

Ma, a quel punto, dovrebbe scendere con gli anni di contributi, perché se rimarrebbero 38 la quota si sposterebbe a ‘102’ e difficilmente i lavoratori l’accetterebbero come un miglioramento.

Il piano B del Governo

Si però i sindacati non dovessero mollare, nell’insistere per lasciare la porta aperta prima dei 64 anni d’età, allora il Governo avrebbe pronto il piano B: quello di far calcolare l’assegno della pensione interamente col contributivo.

In questo modo, “lo Stato – spiega l’Ansa – avrebbe costi più alti in prima battuta ma poi risparmierebbe nel tempo perché le pensioni ottenute sono legate ai contributi versati e più basse di quelle calcolate con una parte di retributivo”.

Si tratterebbe, in pratica, di una ‘Opzione donna’ aperta a tutti, con un taglio secco medio del 30% dell’assegno.

La ministra: finanziamenti dalla Legge di Bilancio 2021

Sino a marzo si tratterà. Poi si farà la verifica politica. Intanto, la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, si compiace per l’esito dell’incontro di fine gennaio: “abbiamo stabilito un calendario. Dobbiamo dare stabilità”.

Parlando di ‘Quota 100’, ha quindi spiegato che “la sperimentazione si chiude”, mentre su cosa dobbiamo aspettarci dal 2022 ha detto che “dipenderà dalle risorse”.

La ministra ha quindi detto che il fine è quello di “arrivare a settembre con le idee chiare sulle proposte in campo in tempo per la nota di aggiornamento del Def e per poi proseguire con la legge di Bilancio”.

Oltre alla “flessibilità maggiore in uscita”, bisogna “ragionare sul lavoro discontinuo, affrontare il tema della pensione di garanzia per i giovani”, ha sottolineato.

Per capire fino a dove ci si potrà spingere, sono tre le commissioni che si è deciso di allestire: una sulla separazione tra previdenza e assistenza, una seconda sui lavori gravosi e l’ultima sull’impatto delle misure per garantire la flessibilità in uscita. “.

I sindacati: è una trattativa vera

Anche secondo Maurizio Landini, leader della Cgil, “si è avviato un confronto, una trattativa vera: l’obiettivo non è un aggiustamento della legge Fornero ma la revisione”.

Il segretario generale aggiunto della Cisl, Luigi Sbarra, ha detto che serve un “patto tra le generazioni” introducendo regole che siano stabili per 10/15 anni.

Il segretario della Uil, Carmelo Barbagallo, ha ribadito che per fare la riforma ci vogliono risorse economiche e che il sindacato si batterà perché ci siano.

Poi Barbagallo ha aggiunto: “È importante capire come sono composte e qual è il mandato delle Commissioni, in particolare quella per l’individuazione dei lavori usuranti e gravosi”. Molti docenti italianii più vecchi d’Europa e tante prossime maestre-nonne, sperano che la loro professione venga annoverata in quella lista, così da permettere di lasciare anche con quattro anni di anticipo e con pochi euro di tagli sull’assegno di pensione. Tutto dipende dalle risorse…

Docenti precari, sciopero nazionale in programma per il 14 febbraio

da La Tecnica della Scuola

Sono 4 i sindacati di base (ADL Cobas, Usi Educazione, SGB e CUB) che hanno deciso di raccogliere la protesta della Rete Nazionale dei Coordinamenti Precari autoconvocati della scuola e di proclamare uno sciopero nazionale del personale docente per il prossimo 14 febbraio.

Semplice e chiara la richiesta che accompagna la proclamazione della protesta: assunzione di tutti i docenti precari che abbiano maturato 36 mesi di servizio.
La Rete nazionale contesta il decreto scuola considerandolo del tutto insufficiente dal momento che garantisce un numero di assunzioni ampiamente inferiore alle esigenze dei precari e della scuola stessa. I 24mila posti del concorso straordinario per i docenti della scuola secondaria daranno infatti una risposta del tutto parziale senza risolvere alla radice il tema del precariato.
La Rete nazionale ha anche inviato una lettera aperta ad altri sindacati di base (Anief, Cobas, Unicobas e USB) per ottenere la loro adesione allo sciopero.

La posizione dell’USB

In queste ore è arrivata la risposta dell’Usb che afferma: “L’USB P.I. ha da sempre lottato contro tutti i processi di precarizzazione del lavoro e, in particolare, contro quella malattia insopportabile di cui è affetta la scuola italiana: la proliferazione di contratti a tempo determinato e la mancata stabilizzazione del personale della scuola”.
“La nostra posizione sulla vostra specifica vertenza – aggiunge l’USB – è chiara e semplice e parla di stabilizzazione e riconoscimento degli anni di servizio. Tuttavia pensiamo sia controproducente organizzare lotte legate ai bisogni del qui e dell’ora, senza articolare una strategia politica e vertenziale più ampia e complessa. In altri termini, riteniamo sia giunto il momento di mettere in campo un’azione duplice: da un lato, sanare tutte le criticità dello stato di cose attuale e, dall’altro, avviare un ragionamento serio che proponga anche una nuova forma di reclutamento del personale scolastico”.
Per affrontare il problema alla radice, secondo l’USB, è del tutto indispensabile trasformare l’organico di fatto in organico di diritto, avviare un PAS abilitante per tutti quei docenti che hanno maturato tre anni di servizio e, contemporaneamente, bandire un concorso su tutti i posti reali e di tutt’altra natura rispetto a quello di prossima pubblicazione.

Classi di concorso e titoli di accesso: ecco l’applicazione per le corrispondenze tra vecchie e nuove classi

da La Tecnica della Scuola

La Flc Cgil ha realizzato un’applicazione che ha lo scopo di aiutare l’aspirante docente nella visualizzazione delle classi di concorso a cui può accedere con il titolo di studio posseduto e dell’associazione tra vecchie e nuove classi di concorso e di abilitazione.

Il riferimento formale è comunque il nuovo regolamento delle classi di concorso e relative tabelle (e le correzioni e integrazioni introdotte dal DM 259/17).

Provala ora

Le possibilità di ricerca sono due:

  • per titoli di studio, l’utente potrà verificare le nuove classi di concorso e di abilitazione cui il proprio titolo di studio consente l’accesso.
  • per classi di concorso e di abilitazione, l’utente potrà verificare la corrispondenza tra le vecchie e le nuove classi di concorso e di abilitazione e i titoli di ammissione che danno diritto ad accedere alle stesse.

Concorso ordinario scuola secondaria, quali sono i requisiti d’accesso

– abilitazione all’insegnamento, anche se riferita a un ordine di scuola diverso o altra classe di concorso. Non è necessario il requisito dei 24 CFU

– titolo di studio (ed eventuali esami/crediti) previsto dal nuovo regolamento delle classi di concorso + 24 crediti (CFU/CFA) nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche

per i posti di ITP basta il diploma che costituisce titolo di accesso sulla base della normativa vigente, fino al 2024/25 non è richiesto il possesso dei 24 CFU.

Concorso straordinario scuola secondaria, quali sono i requisiti d’accesso

Potranno partecipare al concorso scuola straordinario abilitante per la scuola secondaria di primo e secondo grado, i docenti in possesso dei seguenti requisiti:

  • almeno tre anni di servizio nella scuola secondaria statale (anche su sostegno) dal 2008/2009 al 2018/2019. Chi conclude la terza annualità nel 2019/2020 partecipa con riserva
  • uno dei predetti tre anni deve essere specifico, ossia svolto nella classe di concorso per cui si partecipa.
  • Potranno partecipare, anche se solo ai fini dell’abilitazione, i docenti che hanno maturato il servizio di tre anni nella scuola paritaria.

Erasmus+, mobilità individuale: scadenza 5 febbraio

da La Tecnica della Scuola

Il 5 febbraio 2020, ore 12, è la scadenza per presentare domanda per la mobilità individuale Erasmus+ nei settori dell’IFP, dell’istruzione scolastica e dell’istruzione per adulti

Per partecipare alle azioni previste, la candidatura deve essere trasmessa attraverso webform, moduli elettronici da compilare esclusivamente online.

In particolare, per quanto riguarda le scuole il modulo da compilare è:

KA101 – MOBILITA’ DELLO STAFF DEGLI ISTITUTI SCOLASTICI

WebForm valido per la candidatura 2020

I moduli di candidatura sono in inglese ma possono essere compilati in una delle lingue ufficiali dei Paesi partecipanti al Programma Erasmus+, quindi anche in italiano.

Per accedere al modulo di candidatura è necessario avere un account EU-LOGIN 

Per tutte le azioni gestite dalle Agenzie nazionali è necessario inserire nel modulo di candidatura il codice OID (organisation Identity), il codice unico valido per tutte le candidature Erasmusplus, che si ottiene registrando l’organizzazione nella PIATTAFORMA ORS.

Le altre scadenze

L’altra data da tener presente per presentare le candidature è:

  • 24 marzo 2020, ore 12: Partenariati strategici nel settore dell’istruzione e della formazione.

I moduli sono:

KA201 – PARTENARIATI STRATEGICI ISTRUZIONE SCOLASTICA
WebForm valido per la candidatura 2020
Documenti da allegare alla candidatura: mandato e dichiarazione d’onore

KA229 – PARTENARIATI PER LO SCAMBIO TRA SCUOLE 
WebForm valido per la candidatura 2020
Documenti da allegare alla candidatura: solo la Dichiarazione d’onore

Documenti da scaricare

I nostri corsi e-learning sul tema

Giorno della Memoria, Azzolina: “La scuola è l’arma più potente da opporre a ogni possibile rigurgito di odio”

da La Tecnica della Scuola

Cerimonia al Quirinale, in occasione del Giorno della Memoria, per premiare i ragazzi del Concorso “I giovani ricordano la Shoah”.

Alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e della ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, sono state premiate le opere che gli studenti hanno realizzato per ricordare uno dei periodi più nere della storia recente.

Lucia Azzolina@AzzolinaLucia

Oggi premiamo le opere che gli studenti hanno realizzato per ricordare la Shoah. Ringrazio il Presidente della Repubblica per averci ospitato e aver lanciato un messaggio importante: la scuola è l’arma più potente da opporre a ogni possibile rigurgito di odio https://twitter.com/Quirinale/status/1221731684326027264 

Quirinale

@Quirinale

#27gennaio, il Presidente #Mattarella premia le scuole vincitrici del concorso “i giovani ricordano la #Shoah#GiornodellaMemoria

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“La Shoah, per il suo carattere unico e terribile, trascende la dimensione storica del suo tempo e diventa monito perenne e lezione universale”, ha affermato Mattarella, che poi ha aggiunto: “La memoria delle vittime innocenti di quelle atrocità è patrimonio dell’intera nazione, che va onorato, preservato e trasmesso alle nuove generazioni perché non avvengano mai più quegli orrori. Per fare davvero i conti con la Shoah, allora, non dobbiamo più rivolgere lo sguardo soltanto al passato. Perché il virus della discriminazione, dell’odio, della sopraffazione, del razzismo non è confinato in una isolata dimensione storica, ma attiene strettamente ai comportamenti dell’uomo”.

Liliana Segre, intervista da Radio Vaticana Italia, si dice preoccupata per il riaffacciarsi di quei sentimenti odiosi che avevano alimentato i fatti nefasti di più di 70 anni fa: “Con grande preoccupazione seguo, da anni, questo riaffacciarsi di sentimenti odiosi che sono il contrario dell’accoglienza, che sono il contrario della fraternità. Devo dire che – aggiunge la senatrice – sono molto preoccupata di questa onda, che non è anomala ma è il risultato della crisi economica, ma anche il risultato di insegnamenti molto sbagliati, di sovranismi e populismi che hanno fatto in modo che l’uomo e la donna comuni abbiano paura del loro vicino”.

Anche il Papa è intervenuto sull’argomento: “Davanti a questa immane tragedia non è ammissibile l’indifferenza ed è doverosa la memoria. Domani siamo tutti invitati a fare un momento di preghiera e di raccoglimento, dicendo ciascuno nel proprio cuore: mai più”.

Formazione docenti di ruolo, quante ore l’anno? Lo decide il Collegio

da La Tecnica della Scuola

La formazione del personale, ad iniziare da quella dagli insegnanti, non solo dei neo-assunti, è uno dei punti salienti del programma predisposto pochi giorni fa dal nuovo ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina. Ma la formazione in servizio di tutti i docenti di ruolo è anche prevista dal comma 124 della Legge 107 del 2015, che l’ha resa “obbligatoria, permanente e strutturale”. Quindi, diventa uno dei punti che rientrano nella funzione docente.

Ogni istituto decide per sé

Ogni scuola, nell’ambito della sua autonomia e del proprio Ptof, decide poi quali tipi di attività di formazione dei docenti adottare. E anche la tempistica e la quantità di ore da svolgere.

“Le attività di formazione – recita sempre il comma 124 – sono definite dalle singole istituzioni scolastiche in coerenza con il piano triennale dell’offerta formativa e con i risultati emersi dai piani di miglioramento delle istituzioni scolastiche previsti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 marzo 2013, n. 80, sulla base delle priorità nazionali indicate nel Piano nazionale di formazione, adottato ogni tre anni con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentite le organizzazioni sindacali rappresentative di categoria”.

Il riferimento ai sindacati non è casuale, perché la formazione deve essere svolta “in servizio”, quindi nell’ambito delle ore retribuite previste dal Ccnl.

Il Piano nazionale di formazione

Per quel che riguarda il Piano nazionale di formazione, va detto che il documento è adottato ogni tre anni con decreto Miur, anche in questo caso sentite le organizzazioni sindacali rappresentative di categoria.

In attesa che la norma trovi attuazione nel Ccnl, il 19 novembre scorso è stata sottoscritta, a questo proposito, l‘ipotesi di contratto di piano di formazione d’istituto, che ha definito i criteri per ripartire direttamente alle scuole le risorse per la formazione del personale docente, educativo e ATA per il triennio 2019/2022.

Il piano di formazione d’istituto va realizzato in coerenza con gli obiettivi del Ptof, con le priorità nazionali e con i processi di ricerca didattica, educativa e di sviluppo, considerate anche le esigenze ed opzioni individuali. Esso comprende le attività deliberate dal Collegio dei docenti e le azioni formative proposte dal Direttore per i Servizi Generali ed Amministrativi per il personale Ata.

Le iniziative sono progettate dalla scuola singolarmente o in reti di scopo, favorendo anche la collaborazione con le Università, gli Istituti di ricerca, e con le Associazioni professionali qualificate e gli Enti accreditati.

Ed è nel Piano di formazione d’istituto che sono previste iniziative di autoformazione, di formazione tra pari, di ricerca ed innovazione didattica, di ricerca-azione, di attività laboratoriali, di gruppi di approfondimento e miglioramento, precisando le caratteristiche delle attività e le modalità di attestazione.

Nessun monte orario minimo

È bene quindi ribadire che non esiste alcun monte orario obbligatorio annuale da svolgere: premesso che i docenti non dovranno svolgere le attività oltre le ore previste dal contratto di lavoro, è di esclusiva competenza del Collegio dei docenti stabilire quali sono le attività formative obbligatorie ed un eventuale “tetto” minimo di ore annuali: diversi istituti hanno deliberato attorno alle 20 ore l’anno. Ma, ripetiamo, si tratta di indicazioni tutt’altro che vincolanti.

Come non esistono vincoli sui contenuti. Non ci risulta, ad esempio, che tutti i Collegi dei docenti degli oltre 8 mila istituti scolastici abbiano deliberato la decisione di aderire ai obbligatoriamente alla piattaforma ‘Sofia’ messa a disposizione dal Miur: viene da chiedersi il motivo per il quale ci si scandalizzi del fatto che solo un docente su due lo abbia fatto, iscrivendosi al sito internet formativo con all’interno una vasta offerta di corsi selezionati e autorizzati dal ministero dell’Istruzione.

Chi controlla?

C’è poi da fare un cenno sulle sanzioni. Chi controlla se nel corso dell’anno il docente ha svolto la formazione? Il dirigente, ovviamente.

Spetta al capo d’istituto, infatti, verificare se un docente non partecipa alla formazione obbligatoria deliberata dal Collegio, perchè si tratta di un obbligo di servizio.

Su questo punto, però, di fatto negli ultimi anni abbiamo saputo di dirigenti scolastici che non hanno mai rivendicato alcun resoconto ai docenti.

Ma non solo. Ci è stato detto di capi d’istituto che, dopo avere fatto richiesta al corpo docente di una sintesi dell’attività formativa svolta, e aver ricevuto resoconti insufficienti oppure addirittura non hanno ricevuto risposta, poi di fatto non hanno chiesto spiegazioni. Né hanno concesso ulteriori periodi per “mettersi in regola”.

La necessità di rivedere le norme sulla formazione obbligatoria, stavolta anche con norme chiare e da condividere nel contratto di categoria, diventa sempre più impellente.

Aggiornamento graduatorie istituto 2020, quanto vale il servizio nella scuola paritaria

da La Tecnica della Scuola

Entro la primavera si attende il decreto in merito all’aggiornamento graduatorie istituto 2020, dove ci sarà la possibilità, oltre ad aggiornare i titoli per i docenti già iscritti, di nuove iscrizioni in graduatoria di istituto. Una delle domande più frequenti riguarda il punteggio del servizio nella scuola paritaria. Quanto vale? E’ uguale a quello nella scuola statale?

Graduatorie istituto docenti: il servizio nella scuola paritaria

In occasione dell’aggiornamento graduatorie istituto docenti 2020, il servizio di insegnamento prestato presso le scuole paritarie viene valutato come il servizio prestato nelle scuole statali. Lo prevede la circolare ministeriale annuale sulle supplenze.

Per quanto riguarda le graduatorie di terza fascia bisogna distinguere però tra servizio specifico e non specifico.

Nel caso di servizio specifico, si valutano 2 punti per ogni mese o frazione superiore a 15 giorni fino a un massimo di 12 punti.

Invece, nel caso di servizio non specifico, si valuta 1 punto per ogni mese o frazione superiore a 15 giorni per arrivare ad un massimo di 6 punti.

Per chiarire, si intende servizio specifico quello che si riferisce alla graduatoria per cui si chiede la valutazione, mentre si intende servizio non specifico quello fatto valutare per un’altra graduatoria di istituto in cui si è inseriti.

Come abbiamo evidenziato in un precedente articolo, tuttavia sono necessari 166 giorni non consecutivi per totalizzare 12 punti, il servizio si valuta 12 punti anche se prestato dal primo febbraio fino al termine degli scrutini finali.

Aggiornamento graduatorie istituto 2020 terza fascia: anche chi è già iscritto può inserirsi per altra classe di concorso

Bisogna ricordare per il rinnovo graduatorie terza fascia che potranno inserirsi anche quei docenti già iscritti in precedenza e che oggi vorrebbero far valere nuovi titoli per altri insegnamenti.

Infatti, il  decreto scuola recita: «In occasione dell’aggiornamento previsto nell’anno scolastico 2019/2020, l’inserimento nella terza fascia delle graduatorie per posto comune nella scuola secondaria è riservato ai soggetti precedentemente inseriti nella medesima terza fascia nonché ai soggetti in possesso dei titoli di cui all’articolo 5, commi 1, lettera b), e 2, lettera b), del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59 ».

Bisogna ancora capire se, per questi docenti già inseriti in graduatoria di istituto, siano necessari i 24 Cfu oppure no. Al momento, il testo non è chiaro su questo punto. Sarà sicuramente il decreto ministeriale sull’aggiornamento terza fascia graduatorie di istituto a chiarire ogni dubbio.

Aggiornamento graduatorie istituto 2020 terza fascia docenti: ci sono le graduatorie provinciali

Ricordiamo infine, che i docenti di terza fascia, sia coloro che sono già inseriti e che aggiorneranno il punteggio sia quelli che si inseriranno per la prima volta, oltre a inserirsi in 20 scuole di una provincia per le supplenze brevi e temporanee in sostituzione dei docenti momentaneamente assenti, saranno anche inseriti in una graduatoria provinciale della stessa provincia delle 20 scuole scelte per il conferimento delle supplenze annuali al 30 giugno o al 31 agosto e se in possesso del titolo di sostegno anche nella graduatoria provinciale di sostegno.

Educazione finanziaria e benessere del personale della scuola

da Tuttoscuola

Attraverso una metodologia di lavoro che prevede un mix di azioni di capacity building e di processi di riorganizzazione in rete degli sportelli e delle modalità di offerta dei servizi esistenti, il progetto intende migliorare la capacità, in termini di efficacia, efficienza ed economicità, degli attori pubblici che operano a livello locale, di garantire servizi informativi e di orientamento ai cittadini di Paesi terzi, di potenziare e coordinare i servizi in rete, di potenziare il personale dei CPIA rispetto ai servizi sensibili per l’integrazione e la sicurezza, nonché di garantire organicità e continuità alle azioni di sportello anche dopo la conclusione del progetto riconducendo tali servizi all’interno delle attività ordinarie svolte da ciascun CPIA.

La complessità della dimensione multiculturale richiede una riflessione seria cercando di individuare gli ambiti sui quali è più probabile riuscire ad incidere con efficacia, di coinvolgere   strutture non solo di accoglienza, ma di vita sociale perché è nel contesto di una società che apprende che si realizza la crescita individuale.

Questo progetto si colloca nello scenario più ampio dell’educazione finanziaria che ormai da tre anni è entrata a far parte dell’offerta formativa ordinaria e delle azioni messe in campo a favore della popolazione adulta italiana e straniera.

Appare significativa la coincidenza dell’avvio del progetto “Rete Sportelli Amici” con il progetto EDUFIN DOCENTI che coinvolge oltre 60 CPIA del territorio nazionale che, in collaborazione con Tuttoscuola,  prenderà avvio con il webinar in programma  il 28 gennaio 2020 alle ore 17:00 al quale dirigenti scolastici, docenti, dsga, personale amministrativo del sistema formativo.

Possono iscriversi collegandosi da qui: https://www.tuttoscuola.com/edufin-cpia-scopri-i-percorsi-di-educazione-finanziaria-per-docenti/

È un messaggio estremamente importante quello che, attraverso il grosso impegno organizzativo che tali progetti richiedono per la loro messa a regime, i CPIA trasmettono ai decisori politici, un messaggio che sollecita un’attenzione particolare e la necessità di dedicare risorse più consistenti per rendere sostenibili nel tempo questi percorsi e che comunica quella forte volontà “istituzionale” che mira a colmare il gap di financial literacy che le numerose ricerche hanno messo in evidenza e che collocano il nostro paese agli ultimi posti nelle classifiche nazionali e internazionali.