Un bambino, un libro e una penna possono cambiare il mondo

Pubblicazione graduatoria concorso Miur- Agia “Un bambino, un libro e una penna possono cambiare il mondo”

Concorso su Convenzione di New York, ecco le scuole vincitrici
Sono stati selezionati i vincitori del concorso nazionale per studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado indetto dal Miur e dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza “Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo.
La Convenzione ONU sui diritti del fanciullo compie 30 anni”. L’iniziativa – organizzata in occasione del trentennale della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza – ha avuto l’obiettivo di coinvolgere attivamente i ragazzi nell’analisi e nella rielaborazione di alcuni articoli della Convenzione, a partire dall’osservazione della propria quotidianità. Numerosi i lavori inviati da istituti scolastici di tutta Italia, tra racconti, poesie, disegni, canzoni, fumetti e sceneggiature.
Ispirandosi al titolo del concorso, gli studenti si sono soffermati in particolare sul tema della garanzia dei diritti soprattutto in riferimento ai minorenni migranti. La graduatoria degli istituti vincitori.

I vincitori del Concorso Miur – AGIA 

“Un bambino, un libro e una penna possono cambiare il mondo”

SCUOLE SECONDARIE DI I GRADO

ISTITUTO 

AUTORE

1

scuola secondaria di I grado Gino Cassinis – Istituto comprensivo Vittorio Locchi di Milano

classe III E (V. B., G. T., S. S., M.L.)

2

Istituto Comprensivo Claudio Casteller 2 di Paese (Treviso)

classe II D

3

Istituto Comprensivo Via delle Azzorre di Roma

classe II A

4

Istituto Comprensivo Giuseppe Castelli di Novara

C. G., L.R., I.C., E.B., N.B.

5

Istituto Comprensivo Gaetano Caporale di Acerra (Napoli)

classe III E

5

Istituto Comprensivo Leonardo Da Vinci di Latina

classe I F (F.P.)

SCUOLE SECONDARIE DI II GRADO

ISTITUTO

AUTORE

1

Istituto di istruzione superiore Jacopo Linussio di Codroipo (Udine)

classe IV professionale (indirizzo meccanico)

2

Istituto Magistrale Regina di Palermo

classe II D

3

Liceo Classico Carmine Sylos di Bitonto (Bari)

classe II LES (A.G.)

4

Istituto di Istruzione superiore Elena di Savoia – Pietro Calamandrei di Bari 

classe III C enogastronomia, indirizzo pasticceria (C.G., A. D. V. F.)

5

Istituto di Istruzione Secondaria Enrico De Nicola di Piove di Sacco (Padova)

classe III servizi per la sanità e l’assistenza sociale

Le scuole vincitrici saranno contattate per comunicazioni inerenti il giorno e le modalità relative alla premiazione.

Liceo sempre in testa: è scelto dal 56,3% degli studenti

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

I primi dati del ministero dell’Istruzione sulle iscrizioni 2020/2021 confermano la sostanziale tenuta degli istituti tecnici, scelti da un alunno su tre. I professionali invece proseguono il crollo, passando dal 13,6% al 12,9 per cento

I licei si confermano la scelta principale di studenti e famiglie. Anche il prossimo anno scolastico infatti oltre un ragazzo su due, il 56,3% per l’esattezza, si siederà in una prima classe di un indirizzo liceale. Un dato, addirittura, in crescita rispetto al 55,4% dell’anno scorso. Gli istituti tecnici sostanzialmente tengono, passando al 30,8% dal 31% del 2019/2020. Prosegue invece il crollo degli istituti professionali, riformati un paio di anni fa: le iscrizioni scendono dal 13,6% al 12,9%.

I primi dati del ministero dell’Istruzione
I dati arrivano dal ministero dell’Istruzione, e rappresentano la prima fotogragia sulle iscrizioni 2020/2021. Le iscrizioni on line si sono aperte lo scorso 7 gennaio e si sono chiuse il 31 gennaio alle ore 20.

Licei sempre in crescita
Continua il trend in crescita degli indirizzi liceali che, dal 2014/2015, vengono scelti da oltre uno studente su due. Sostanzialmente stabile il dato del classico, al 6,7% (6,8% un anno fa). Cresce invece l’interesse per gli indirizzi del liceo scientifico, che complessivamente salgono al 26,2% dal 25,5% del 2019/2020. Nel dettaglio, il 15,5% ha scelto lo scientifico tradizionale (0,1% in più rispetto a un anno fa); l’opzione Scienze applicate sale dall’8,4% all’8,9%; la sezione a indirizzo sportivo è all’1,8% (1,7% lo scorso anno). diminuiscono le iscrizioni al liceo linguistico, 8,8% rispetto al 9,3% del 2019/2020. In crescita l’artistico, dal 4% al 4,4% e il liceo delle scienze umane, dall’8,3% all’8,7%. Stabili il liceo europeo/internazionale (0,5%) e i Licei musicali e coreutici (1%).

Tecnici scelti da un terzo dei ragazzi
Anche per il 2020/2021, uno studente su tre ha scelto un istituto tecnico (il 30,8% rispetto al 31% dello scorso anno). Il settore economico è all’11,2% (l’anno scorso 11,4%); il settore tecnologico è stabile al 19,6%. I professionali scendono al 12,9% rispetto al 13,6% del 2019/2020.

Licei al primo posto nel Lazio, Tecnici in Veneto, Professionali in Emilia-Romagna
Il Lazio si conferma ancora la regione con il maggior numero di iscritti agli indirizzi liceali (68,9%). Seguono Abruzzo (62%), Campania (61%), Umbria (60,4%), Molise e Sardegna (entrambe al 60%). La minore percentuale di iscritti ai licei è in Veneto ed Emilia-Romagna (entrambe al 47,4%). Il Veneto è la regione con il più alto interesse per gli istituti tecnici (38,7%). Seguono Emilia-Romagna (37,2%) e Friuli Venezia-Giulia (37%). La più alta percentuale di iscritti ai professionali è in Emilia-Romagna (15,5%), seguita da Basilicata (15%) e, a pari merito, Toscana e Campania (14,5%).

Tempo pieno
Il 45,8% delle famiglie che hanno effettuato l’iscrizione per la scuola primaria ha optato per il tempo pieno. Un dato in crescita rispetto al 44,4% di un anno fa. La regione con la più alta percentuale di scelta del tempo pieno è il Lazio (64,3%). Seguono Piemonte (62,3%), Toscana (60,3%) e Liguria (60,1%). La percentuale più bassa si registra in Molise (13,6%), Sicilia (15,6%), Puglia (21,1%), Campania (27,7%).


Chimici, informatici, esperti Ict: introvabile un lavoratore su tre

da Il Sole 24 Ore

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

Da qui a marzo, da Milano a Palermo, le imprese offriranno oltre 1,1 milioni opportunità lavorative. Di queste, però, il 30,6%, vale a dire circa 355mila posizioni, rischiano, seriamente, di rimanere “vuote” per mancanza di candidati. Tra i giovani il “mismatch” è ancora più alto e raggiunge picchi del 65% (specialisti in scienze informatiche, fisica e chimica) e sono praticamente “introvabili” tecnici, diplomati e Its; laureati nelle discipline «Stem»; mentre tra le nuove professioni, legate soprattutto all’innovazione e al 4.0, sono richiestissimi (e difficili da reperire) data scientist e data analyst, ingegneri con preparazione digitale, operai specializzati, chimici, esperti in marketing, modellisti di capi di abbigliamento, addetti alle lavorazioni dei prodotti alimentari, solo per citarne alcuni.

I numeri pubblicati qui accanto, anticipati da Unioncamere-Excelsior, fotografano molto da vicino l’allarme “mismatch”, rilanciato qualche giorno fa anche dalle aziende lombarde. La scorsa estate ha suscitato stupore la notizia che a Milano sono divenuti introvabili persino i “ragionieri” (oggi l’istituto tecnico di riferimento ha cambiato nome, «Amministrazione, finanza e marketing», ndr); e altri numeri stanno facendo altrettanto scalpore: nell’area di Milano «per 100 disoccupati siamo arrivati ad avere 83 vacancies che rimangono scoperte perché non si riescono a trovare profili, essenzialmente tecnici, con le competenze richieste dalle imprese», racconta il professor Maurizio Del Conte, presidente di Afol, l’Agenzia per la formazione, l’orientamento ed il lavoro partecipata dalla città metropolitana di Milano e da 67 comuni dell’hinterland.

Il grido d’allarme, in realtà, arriva da tutto il Centro-Nord, e soprattutto da tutti i settori core della manifattura italiana (quella, per intenderci, che spinge il Pil nazionale). In regioni come il Friuli Venezia Giulia, l’Umbria, il Piemonte, il Veneto, l’Emilia Romagna, ormai il “mismatch” oscilla tra il 35 e il 38,6 per cento. Al recente Orientagiovani di Confindustria, che si è svolto alla Luiss di Roma, il vice presidente degli industriali con delega al Capitale umano, Gianni Brugnoli, ha evidenziato come nei prossimi tre anni le aziende “più avanzate” hanno necessità di 205mila lavoratori; ma anche qui, circa una professione su tre sarà “introvabile”. Per i giovani under29 il mismatch è arrivato a livelli record, raggiungendo un ragazzo su due. A testimonianza di uno scollamento sempre più profondo tra scuola e mondo del lavoro (il precedente governo ha, addirittura, dimezzato ore e fondi all’alternanza).

Nella meccanica la figura più richiesta è il tecnico in campo ingegneristico; nell’alimentare si cercano gli addetti alla lavorazione del prodotto alimentare; nel legno-arredo gli attrezzisti e tecnici del trattamento del legno; nella chimica l’analista chimico e il tecnico di laboratorio; nella moda i modellisti e i prototipisti; nell’Ict gli analisti programmatore e gli sviluppatori di software e app.

«Le aziende italiane sono alle prese con grandi trasformazioni (digitale, Impresa 4.0, green economy, competizione internazionale) e hanno sempre più necessità di acquisire personale qualificato – evidenzia il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli -. Bisogna intervenire sull’orientamento, che deve essere efficace e cominciare già dalle scuole medie inferiori». «Le aree produttive più in sofferenza – aggiunge Chiara Manfredda, direttore dell’Area sistema formativo e capitale umano di Assolombarda – sono principalmente quelle relative ai processi di automazione industriale in ambito manifatturiero, da un lato; e quelle del comparto Ict, con particolare riferimento alla produzione e alla gestione dei big data, dall’altro. Accanto all’orientamento, quindi, occorre sensibilizzare i giovani verso questi ambiti di studio e , più in generale, verso le discipline Stem di cui il sistema paese ha grande bisogno».

I laureati in materie Stem (dall’inglese «Science, Technology, Engineering and Mathematics») infatti sono pochissimi in Italia: da noi ogni anno si laureano in queste discipline solo l’1,4% dei ragazzi tra i 20 e i 29 anni, con una preponderanza schiacciante dei maschi sulle femmine (rispettivamente 1,2% uomini contro lo 0,2% donne). In Germania si sale al 3,6%, nel Regno Unito al 3,8% (e il Regno Unito, come noto, non è un paese propriamente manifatturiero).


Responsabilità per danni all’alunno, quando docenti, dirigenti o ATA devono risarcire

da Orizzontescuola

di Laura Biarella

La responsabilità “patrimoniale” della scuola e del docente nei confronti di eventuali danneggiati è regolata dall’art. 61 della Legge 11 luglio 1980, n. 312 (sostituito, in identico testo, dall’art. 574 del D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297): il danneggiato può fare causa allo Stato per un fatto che riguarda astrattamente la responsabilità dell’insegnante, ossia per un fatto che si verifichi “in connessione a comportamenti degli alunni” e “nell’esercizio della vigilanza sugli alunni stessi”.

Come opera la “responsabilità patrimoniale” per danni. La Legge n. 312 del 1980, attraverso l’articolo 611 (in seguito inglobato nell’art. 574 del T.U. del 1994. Art. 61 sulla “Disciplina della responsabilità patrimoniale del personale direttivo, docente, educativo e non docente”, sostituito, in identica formulazione, dall’art. 574 “Responsabilità patrimoniale” del Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297 recante “Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado”) ha statuito che:

  • La responsabilità patrimoniale del personale direttivo, docente, educativo e non docente della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica dello Stato e delle istituzioni educative statali per danni arrecati direttamente all’Amministrazione in connessione a comportamenti degli alunni è limitata ai soli casi di dolo o colpa grave nell’esercizio della vigilanza sugli alunni stessi.
  • La limitazione di cui al comma precedente si applica anche alla responsabilità del predetto personale verso l’Amministrazione che risarcisca il terzo dei danni subiti per comportamenti degli alunni sottoposti alla vigilanza.
  • Salvo rivalsa nei casi di dolo o colpa grave, l’Amministrazione si surroga al personale medesimo nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi.

Nel giudizio civile dove si chiedono i danni va citato sempre il MIUR. I principi estrapolabili sono i seguenti:

    • in ogni caso di danno commesso dall’alunno, l’insegnante non dovrà essere considerato il legittimato passivo nel giudizio promosso dal danneggiato, ma lo sarà sempre il MIUR. In altre parole, il danneggiato può convenire in giudizio il Ministero, non il docente, al fine di richiedere il risarcimento del danno subito;
    • la responsabilità dell’insegnante è limitata, poiché il MIUR si surroga all’insegnante, conservando il diritto di rivalsa, peraltro arginata ai casi di dolo e colpa grave;
    • la responsabilità patrimoniale del personale della scuola per danni arrecati direttamente alla Amministrazione in connessione a comportamenti degli alunni, è limitata ai soli casi di “dolo” o “colpa grave” nell’esercizio della vigilanza sugli alunni stessi;
    • la rivalsa del MIUR, nei confronti del proprio personale, è limitata ai casi di dolo o colpa grave.

La responsabilità patrimoniale riguarda i danni dell’alunno verso terzi e verso se stesso. Le sopra elencate previsioni operano nella seguente duplice ipotesi (Art. 61 sulla “Disciplina della responsabilità patrimoniale del personale direttivo, docente, educativo e non docente”, sostituito, in identica formulazione, dall’art. 574 “Responsabilità patrimoniale” del Decreto Legislativo 16 aprile 1994, n. 297 recante “Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado”.):

  • l’alunno abbia causato danni a terzi,
  • l’alunno si è procurato un’autolesione.

Il docente non può essere citato in giudizio dal danneggiato. Il Tribunale di Lecce (Sentenza del 5 novembre 2015) ha ribadito che, in tema di responsabilità civile degli insegnanti di scuole statali, la disciplina (l’art. 61, II comma, legge 11 luglio 1980 n. 312, inglobato nel T.U. del 1994) esclude la possibilità che gli insegnanti statali siano direttamente convenuti da terzi nelle azioni civili di risarcimento dei danni per culpa in vigilando, quale che sia il titolo (contrattuale o extracontrattuale, quindi sia per danni dell’alunno verso terzi che per autolesioni) dell’azione proposta. Ne deriva che, essendo l’insegnante privo di legittimazione passiva (cioè non può essere citato direttamente in giudizio), la causa civile vertente sulla responsabilità si svolge esclusivamente nel contraddittorio tra il danneggiato e il MIUR, in assenza dell’insegnante (anche se sia responsabile del fatto).

La “rivalsa” della scuola verso il docente opera solo in caso di “dolo” e “colpa grave”. In tema di responsabilità degli insegnanti di scuole statali per il fatto illecito commesso dagli alunni ad essi affidati, dalla normativa vigente è possibile estrapolare i seguenti principi:

  • danni commessi dall’alunno e resi possibili da dolo o colpa grave in vigilando da parte dell’insegnante: di essi risponde solamente il MIUR, il quale può a sua volta agire in regresso (quindi, nella rivalsa) nei confronti dell’insegnante. In tal caso il danneggiato ha l’onere di provare la colpa o il dolo dell’insegnante, e non può invocare la presunzione di colpa dell’art. 2048, II comma, c.c.;
  • danni commessi dall’alunno e resi possibili da colpa lieve in vigilando da parte dell’insegnante: di essi risponde solo il MIUR, la quale non ha azione di regresso nei confronti dell’insegnante. Il danneggiato, anche in questo caso, deve dimostrare in concreto la colpa o il dolo dell’insegnante;
  • anni commessi in modo diretto dall’insegnante con dolo o colpa grave, al di fuori delle ipotesi di culpa in vigilando: di essi rispondono “solidalmente” l’insegnante e il MIUR, che ha azione di regresso nei confronti dell’insegnante;
  • danni commessi in modo diretto dall’insegnante con colpa lieve al di fuori delle ipotesi di culpa in vigilando: di essi risponde solamente la P.A., la quale non ha azione di regresso nei confronti dell’insegnante.

Aspettativa per superare un periodo di prova: la durata è limitata ad un anno scolastico e non è ripetibile

da Orizzontescuola

di Paolo Pizzo

Il personale della scuola ha la possibilità di accettare un altro lavoro durante la propria carriera scolastica. Vediamo per quanto tempo e con quali limiti.

Nicoletta scrive

Buongiorno, sono un’insegnante di ruolo. ho chiesto sei mesi di aspetti a dalla scuola per superamento di periodo di prova a seguito di superamento di concorso presso altra pubblica amministrazione. Il periodo sta per scadere ma non riesco a decidere fra un lavoro a T.I. presso la scuola e altro lavoro a T.I. presso altra amministrazione . Vorrei sapere se superato il periodo di prova, posso continuare a lavorare presso l’altro ente chiedendo alla scuola gli altri sei mesi di aspettativa rimanenti, congelando così il ruolo per altri sei mesi. Forse, allora, sarò in grado di prendere la decisione giusta….grazie.

Aspettativa per altro lavoro o per superare un periodo di prova

L’articolo 18, comma 3 del CCNL 2007, confermato dal CCNL 2016/18 per quanto in esso non previsto, prevede che il dipendente è collocato, a domanda, in aspettativa, per un anno scolastico, al fine di svolgere  l’esperienza di una diversa attività lavorativa o per superare un periodo di prova. 

L’aspettativa è senza retribuzione, per cui interrompe l’anzianità di servizio e la progressione di carriera.

Durata

L’aspettativa ha la durata di un anno scolastico anche nel caso in cui la richiesta del lavoratore sia di durata inferiore, per cui esaurisce i suoi effetti alla fine dell’anno scolastico.

Conclusioni

La tipologia di aspettativa prevista per il personale della scuola dà la possiblità a chi è già in ruolo di accettare un altro lavoro o per dare il tempo di superare il periodo di prova laddove previsto, sempre con riferimento alla nuova attività che può essere sia pubblica che privata.

La portata della norma è però limitata, e non può essere altrimenti, infatti, così come confermato anche dall’ARAN, la dizione letterale della norma “per un anno scolastico” si riferisce alla natura dell’aspettativa, la quale, pur essendo richiesta per un più breve periodo, come nel caso de quo, comunque esaurirà i suoi effetti alla fine dell’anno scolastico.

Pertanto l’aspettativa,  una volta fruita anche per un periodo inferiore all’anno scolastico, non potrà essere prorogata.

Nel caso quindi posto dalla collega la scuola non potrà concedere gli ulteriori mesi, in quanto il diritto decade al momento del termine del periodo di aspettativa già richiesto. La collega dovrà quindi decidere se tornare a scuola definitivamente o accettare l’altro impiego.

Il paradosso italiano: le politiche scolastiche coincidono con le politiche del personale

da La Tecnica della Scuola

Il “Quaderno n. 2” curato dalla Fondazione PER (Progresso Europa Riforme) è dedicato interamente ad un’ampia e documentata analisi dei dati del rapporto Ocse-Pisa 2018 ed è finalizzato a formulare alcune proposte di riforma.
“I dati dell’ultimo rapporto Ocse-Pisa – sostengono gli autori del dossier – sono l’ennesima occasione per riflettere sui problemi della scuola italiana. In particolare, sulle diseguaglianze territoriali e sociali e sugli strumenti per superarle. Il sistema dell’istruzione ha bisogno di profonde riforme che non possono esaurirsi soltanto nella tradizionale richiesta di più risorse (specie senza obiettivi misurabili) e nemmeno soltanto nelle giuste rivendicazione da parte del corpo docente”.
I dati, riassume Mauro Piras, autore dell’articolo “Diagnosi e proposte la scuola italiana”, dipingono questo quadro della scuola italiana, dal 2000 a oggi: non migliorano le competenze in lettura, che mediamente restano stabili; c’è un miglioramento iniziale nelle competenze in matematica, stabili però negli ultimi anni; peggiorano quelle in scienze, su tutto il periodo.
Aggiunge Piras: “La percentuale degli studenti italiani che raggiungono il livello adeguato di competenze in lettura è uguale alla media Ocse, ma inferiore alle economie avanzate con cui dovremmo confrontarci; l’Italia è più debole nella percentuale di studenti che raggiungono i livelli più alti di competenze; ha anche una percentuale elevata di studenti che restano al di sotto della soglia di adeguatezza”.
Anna Ascani, per parte sua, sottolinea che il sistema scolastico italiano non può più permettersi di perdere studenti a causa di abbandoni e divari, mentre Mila Spicola, nel suo intervento, mette in evidenza che in realtà nel nostro sistema rimane indietro chi è povero.
Scrive Spicola: “Al Sud ci sono più poveri. I bimbi poveri non sono scemi o svogliati, sono semplicemente discriminati, dallo Stato, dalle amministrazioni, dalla politica. Specie al Sud. Questo dato è più o meno uguale da circa cento anni. Anche se le indagini Pisa ci sono da una ventina d’anni, posso segnalarvi studi e scritti sempre simili che mettono in relazione i rendimenti con il condizionamento sociale, su tutti il testo del grande pedagogista Aldo Visalberghi, del 1964”.
Secondo Giovanni Cominelli “l’emergenza educativa si è ormai trasformata in patologia cronica del sistema nazionale di istruzione, formazione ed educazione”.
Per uscire dall’emergenza, secondo Cominelli, occorre un’ampia riforma del sistema che tocchi almeno “4 tessere fondamentali del puzzle educativo-formativo e cioè il sapere, sotto forma di competenze-chiave, che si vuole trasmettere alle giovani generazioni; l’ordinamento; l’assetto istituzionale ed amministrativo; la formazione-reclutamento-carriera del personale docente e dirigente”.
Marco Campione, nel suo articolo “Disuguaglianza: la vera emergenza educativa che investe il paese”, parte “da una curiosa, ma anche molto istruttiva, coincidenza”: “Mentre la Camera approvava, il 3 dicembre scorso, la legge di conversione del cosiddetto decreto scuola (il 126/2019), nelle stesse ore veniva presentato il rapporto Ocse-Pisa sugli apprendimenti dei quindicenni nei paesi dell’area Ocse”.
Scrive in proposito Campione: “Considero la coincidenza temporale istruttiva perché ha messo ancor più in evidenza come il dibattito pubblico sulla scuola sia abbastanza scollato dai veri problemi di sistema, quelli per le cui conseguenze a pagare sono prima di tutto gli studenti e quindi – a cascata – il paese. Il dibattito non a caso si scalda solo quando si parla di personale”. “La politica – aggiunge ancora Campione – sembra essere tornata ad occuparsi di scuola facendo coincidere le politiche scolastiche con le politiche per il personale, in particolare quello precario”.

Nota 3 febbraio 2020, AOODGSIP 440

Ministero dell’Istruzione
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione
Direzione Generale per lo Studente, l’Inclusione e l’Orientamento scolastico

Ai Dirigenti Scolastici degli Istituti secondari di I e II grado statali e paritari
LORO SEDI

Oggetto: Premio “Musica d’Ambiente – canzone d’autore a tema ambientale” – aggiornamento e richiamo al concorso.


Nota 3 febbraio 2020, AOODGOSV 1640

Ministero dell’Istruzione
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione Ufficio IV

Alle Direzioni generali degli Uffici Scolastici Regionali LORO SEDI
Alla Sovrintendenza Scolastica per la Scuola in lingua italiana della Provincia Autonoma di BOLZANO
All’Intendenza Scolastica per la Scuola in lingua tedesca della Provincia Autonoma di BOLZANO
All’Intendenza Scolastica per la Scuola delle località ladine della Provincia Autonoma di BOLZANO
Alla Direzione Generale del Dipartimento della Conoscenza della Provincia Autonoma di TRENTO
per il successivo inoltro
Alla Sovrintendenza Scolastica per la Regione Autonoma VALLE D’AOSTA
A tutte le Istituzioni scolastiche di istruzione secondaria di secondo grado del territorio
LORO SEDI

Oggetto: Premio delle Camere di Commercio “Storie di alternanza” – 3^ Edizione a.s. 2019/2020