Tolto curriculum studenti dai risultati Invalsi

Scuola =On. Nicola Fratoianni (Leu): Approvato mio emendamento che toglie dal curriculum studenti risultati Invalsi. È una buona notizia per la scuola***

“Oggi è stato approvato un mio emendamento che toglie definitivamente dal curriculum degli studenti la certificazione delle prove Invalsi. Purtroppo resta l’obbligatorietà a svolgere la prova, ma essa non avrà alcun impatto sulla valutazione degli studenti né per il presente, né tanto meno per il futuro. “Lo annuncia Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana-Leu.“Abbiamo ristabilito due principi fondamentali – prosegue l’esponente di Leu in commissione  cultura di Montecitorio – che erano stati messi in discussione dal DL 62/2017: – la valutazione delle conoscenze sono prerogativa del corpo docente e in particolare del consiglio di classe, in quanto frutto di un lavoro che tiene conto del profilo e della storia personale di ogni singolo studente. – gli studenti non sono numeri.”
“C’è ancora molto lavoro da fare, ma intanto, oggi – conclude Fratoianni – abbiamo  compiuto un primo passo, a tutela degli studenti e del ruolo del corpo docente.”

I. McEwan, Chesil Beach

McEwan o dell’amore incompiuto

di Antonio Stanca

   Ian McEwan è uno scrittore inglese, nato ad Aldershot, Rushmoor, nel 1948. Vive a Londra. Ha settantadue anni e da quando ne aveva ventisette ha cominciato a scrivere. Il suo esordio è avvenuto nel 1975 con la raccolta di racconti, Primo amore, ultimi riti, del 1978 è il primo romanzo Il giardino di cemento. Altri racconti, altri romanzi e pure saggi avrebbe scritto McEwan, si sarebbe esposto a polemiche, sarebbe stato accusato di plagio ma avrebbe anche avuto numerosi riconoscimenti, in film sarebbero state trasposte molte sue opere e lui spesso ne avrebbe curato la sceneggiatura.

   Scrittore difficile è McEwan non tanto riguardo alla lingua ché molto sicura, molto capace di riuscire chiara, appropriata si dimostra. Sono i contenuti a comportare difficoltà dal momento che consistono in complicati casi della vita, in oscuri problemi psicologici, in misteriose storie dell’anima, in strani rapporti d’amicizia o d’amore.

  In Chesil Beach, romanzo che di recente è stato ristampato dalla Einaudi nella serie “Super ET” con la traduzione di Susanna Basso, a venire analizzato da McEwan è il caso di due giovani, Edward e Florence, che per i tanti problemi, dubbi, sospetti, per le tante incertezze, paure, reticenze dell’uno e dell’altra, non riescono a consumare il loro matrimonio, ad unirsi durante la prima notte di nozze. Anzi lei è così disgustata del rapporto sessuale, della loro nudità da fuggire dalla stanza d’albergo dove si erano ritirati dopo la cerimonia nuziale e lasciare lui solo, meravigliato, agitato, confuso. La raggiungerà lungo l’ampia distesa di ciottoli che forma la spiaggia di Chesil Beach, a Dorset, dove si trovava l’albergo. Parleranno a lungo, riconosceranno, stabiliranno che il problema, la colpa della situazione che si è creata è di entrambi poiché completamente nuovi ai rapporti d’amore, del tutto inesperti a quanto richiede il sesso, a come lo si pratica. Di lei, tuttavia, è la colpa maggiore dal momento che l’inesperienza la porta ad aver paura, a temere il rapporto sessuale, a considerarlo un pericolo, un oltraggio, una violazione, una profanazione che l’uomo procura alla donna. Non potrà, quindi, esserci un seguito per il loro matrimonio, si lasceranno, lui si adatterà a compiere mestieri e lavori diversi, lei continuerà la sua carriera nella musica classica. Invecchieranno senza mai più vedersi.

   Si conclude così il romanzo del McEwan dopo che l’autore si è soffermato a dire degli infiniti, minimi risvolti di una vicenda così intricata, dell’immenso amore che aveva unito i due, delle tante dolcezze che si erano scambiati, di quanto affetto c’era stato tra loro, di quanti progetti avevano nutrito durante gli anni dei loro studi. Anche le famiglie avevano partecipato della loro relazione, l’avevano rafforzata, consolidata, resa sicura. Lontani erano, però, rimasti, Edward e Florence, dal contatto fisico, non rientrava nella loro educazione, nella loro formazione, specie in quella di lei e questa era stata la causa del loro fallimento. Non sapevano ancora, non avevano ancora capito che amore è anche contatto, aderenza tra i volti, le mani, le gambe, i corpi degli innamorati, non avevano mai pensato che anche quello del corpo è amore, che anche quello è un piacere dell’amore.   Sembra inverosimile ma così è successo in quell’Inghilterra degli anni ’60 che fa da sfondo alla vicenda dei due giovani. Un’epoca intera, quella seguita alla seconda guerra mondiale, sarà il tempo del romanzo. Tutto quanto era allora avvenuto sarà colto dallo scrittore tramite inserimenti così regolari, così ben collegati con i vari momenti e aspetti della storia d’amore rappresentata da non far distinguere tra l’una e gli altri, tra il privato e il pubblico, le persone e i tempi. Tutto vero, tutto naturale sembrerà quel che si dice compresa la sorprendente situazione finale. Come è suo solito McEwan la farà rientrare tra i casi della vita, un altro tra i tanti rappresentati dallo scrittore.

Maturità 2020, niente curriculum allegato al diploma finale

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno

Il curriculum dello studente slitta ancora. Un emendamento al decreto milleproroghe rinvia di un anno l’arrivo del documento allegato al diploma che doveva contenere l’elenco delle competenze formali e informali acquisite dagli studenti. Se ne parlerà infatti nel 2020. Fermo restando che non potrà comunque rivelare i risultati dei test Invalsi svolti dall’alunno. Test Invalsi che – per effetto di un’altra proposta di modifica – non saranno requisito di ammissione alla maturità nelle scuole di lingua tedesca e ladina del Trentino Alto Adige.

Il curriculum dello studente da 5 anni sulla carta
A parlare per la prima volta di curriculum dello studente allegato al diploma è stata la Buona Scuola. L’articolo 1, comma 28, della legge 107/2015 lo definiva come il documento in cui raccogliere «tutti i dati utili anche ai fini dell’orientamento e dell’accesso al mondo del lavoro, relativi al percorso degli studi, alle competenze acquisite, alle eventuali scelte degli insegnamenti opzionali, alle esperienze formative anche in alternanza scuola-lavoro e alle attività culturali, artistiche, di pratiche musicali, sportive e di volontariato, svolte in ambito extrascolastico».
Due anni dopo, con il decreto attuativo sulla maturità firmato dall’allora ministra Valeria Fedeli, veniva precisato che il curriculum sarebbe stato allegato al diploma finale e che avrebbe dovuto indicare i risultati dei test Invalsi e le eventuali certificazioni sulla conoscenza dell’inglese. Tant’è che all’inizio del 2019 i tempi per la sua introduzione quanto meno in una forma precompilata sembravano essere maturi. Ma prima il cambio di governo e poi il ripetuto avvicendamento di ministri dell’Istruzione ne hanno fatto sempre slittare l’arrivo.

Rinvio al prossimo anno scolastico
L’ultimo slittamento è notizia recente. Un emendamento di LeU al decreto milleproroghe approvato in commissione alla Camera stabilisce che la sua introduzione è rinviata al 1° settembre 2020. Prima di allora le scuole che vorranno sperimentarlo potranno farlo solo su base volontaria. Anche quando verrà introdotto il curriculum dello studente nascerà depotenziato visto che lo stesso emendamento cancella quella parte del decreto attuativo sulla maturità che faceva riferimento ai test Invalsi e alle certificazioni di inglese. Lasciando invece in piedi, anche se in una sezione separata del documento, i dati sulle esperienze di volontariato e sulle attività di alternanza scuola-lavoro.

Deroga sui test Invalsi per il Trentino Alto Adige
A proposito di Invalsi un altro emendamento al milleproroghe depotenzia almeno per il Trentino Alto Adige un’altra delle principali novità del 2020, vale a dire lo svolgimento delle prove standardizzate come requisito di ammissione all’esame di Stato insieme all’alternanza scuola-lavoro. Ebbene, per le scuole di lingua tedesca e ladina se ne parlerà solo a partire dall’anno scolastico 2022/23. Sempreché non si registrino nel frattempo altri slittamenti.


L’emergenza non ferma le gite scolastiche

da Il Sole 24 Ore

Il coronavirus, almeno per ora, non ha messo in ginocchio il mercato delle gite scolastiche che prenderanno il via dalle prossime settimane.

Le parole di Assoviaggi
«Non ci risultano cancellazioni di gite scolastiche già prenotate», assicura Cinzia Renzi, presidente Assoviaggi-Confesercenti Roma e Lazio e nel direttivo nazionale di Assoviaggi, che aggiunge: «Secondo gli standard degli scorsi anni registriamo, in Italia ed in particolare a Roma, uno standby a macchia di leopardo. Ovvero: chi non ha prenotato sta aspettando per fare le prenotazioni, ma comunque siamo fiduciosi che i viaggi ci saranno. Anche perché non c’è motivo di allerta sulle destinazioni che sono Italia o in Ue».

Soddisfatti per la mancanza di cancellazioni è l’Associazione presidi di Roma e Lazio, guidata da Mario Rusconi. «È positivo – dice il dirigente scolastico – che non risultino cancellazioni nei viaggi di istruzione. È il segno che l’allarme Coronavirus non si è trasformato in allarmismo. Rinunciare ad un viaggio di istruzione, oltre ad un danno economico, comporta anche un danno conoscitivo e didattico. La scuola, poi, è abbastanza allenata su questo tipo di emergenze».

Italia al 10° posto su 25 per l’esposizione ai rischi online, primo il Regno Unito, ultimo il Sudafrica

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

In occasione del Safer Internet Day – appuntamento annuale organizzato a livello internazionale per promuovere un uso più sicuro e responsabile del web e delle nuove tecnologie – Microsoft ha diffuso i risultati dell’edizione 2020 Digital Civility Index, ricerca che analizza le attitudini e le percezioni degli adolescenti (13-17) e degli adulti (18-74) rispetto all’educazione civica digitale e alla sicurezza online in 25 Paesi, Italia inclusa.

Secondo lo studio, in tutto il mondo il web è percepito come un luogo meno civile e sicuro rispetto a un anno fa. Trend che Microsoft ha riscontrato anche in Italia, che si posiziona al 10° posto in classifica, perdendo una posizione rispetto al 2019. Stabile al primo posto il Regno Unito, ultimo nella classifica dei 25 Paesi il Sudafrica.

Ecco i principali insights:
• Contatti indesiderati, fake news e sexting indesiderato sono i rischi più comuni riscontrati, rispettivamente dal 41%, 29% 23% degli intervistati italiani.
• Il Cyberbullismo, in calo sia livello globale sia nel mondo, continua a riscuotere vittime: il 22% degli intervistati è stato vittima dei bulli online.
• I comportamenti scorretti online riguardano principalmente l’aspetto fisico (28%), l’orientamento sessuale (21%) e la politica (21%).
• Il 67% degli intervistati dichiara di essere stato vittima diretta di almeno uno dei principali rischi online ripetutamente, 2 o più volte.
• Dal rischio virtuale a quello reale il passo è breve: il 33% ha infatti incontrato di persona l’autore della minaccia. A livello mondiale, invece, nel 30% dei casi si tratta addirittura di amici e familiari.
• Danni alla propria reputazione (89%), molestie (87%), maltrattamenti (82%), micro-aggressioni (76%) e misoginia (73%) sono i rischi per cui le vittime provano più dolore e disagio.

Dal Digital Civility Index inoltre emerge che il 51% dei teenager si rivolge ai propri genitori per chiedere aiuto (+7% rispetto allo scorso anno) a dimostrazione dell’efficacia delle campagne di sensibilizzazione da parte delle istituzioni e delle aziende sul tema.

La ricerca annuale ha inoltre indagato a livello globale quali sono le aspettative degli intervistati rispetto ai rischi online in futuro. Gli intervistati sembrano incoraggiati dall’arrivo del nuovo decennio e da ciò che può riservare:
– Rispetto, sicurezza e libertà sono le prime tre parole che secondo gli intervistati caratterizzeranno le esperienze online nei prossimi dieci anni.
– Il 50% si augura che le aziende tech e i social media introducano nuove policy e creino strumenti per promuovere comportamenti online più civili e rispettosi e punire condotte scorrette.
– Il 50% si aspetta un miglioramento significativo della capacità di proteggere la propria privacy e i propri dati personali.
– Il 34% prevede una diminuzione delle molestie online nei confronti delle donne, il 33% stima una diminuzione del cyberbullismo e il 33% si augura un dialogo politico online più costruttivo.

«Anche quest’anno il Microsoft Digital Civility Index offre uno spaccato sui comportamenti che gli italiani hanno in relazione alle principali minacce online. È preoccupante constatare come in generale la situazione si sia aggravata sia in Italia sia a livello globale e come la diversità sia al giorno d’oggi ancora fonte di discriminazione e causa di comportamenti scorretti sul web. Tuttavia, ci rincuora riscontrare soprattutto tra i più giovani una maggiore consapevolezza di questo tipo di problematiche e vedere crescere la loro propensione a rivolgersi a persone esperte per chiedere loro aiuto. Giornate come il Safer Internet Day devono contribuire a sensibilizzare tutti sui comportamenti corretti da tenere online. Combattere l’odio online ed educare al rispetto dell’altro deve essere una priorità di tutti» ha dichiarato Barbara Cominelli, direttore Marketing & Operations Microsoft Italia.

Per aiutare le persone ad assumere comportamenti responsabili online ed educarli a un uso consapevole e sicuro degli strumenti digitali Microsoft si fa promotrice della Digital Civility Challenge, invitando tutti a seguire quattro principi di buon senso per interazioni online più sicure, sane e rispettose con l’obiettivo di promuovere l’adozione di abitudini e pratiche online positive.

Ecco i quattro principi per un buon utilizzo di Internet, per poterne cogliere tutte le opportunità.
1. La Regola d’Oro: agire con empatia e gentilezza in ogni interazione e trattare tutti online e offline con dignità e rispetto.
2. Rispettare le differenze, dando valore alle diverse prospettive e, quando emergono disaccordi, evitare accuse e attacchi personali.
3. Pensare prima di rispondere: se non si è d’accordo su una determinata questione, non postare o inviare nulla che possa ferire l’altra persona, danneggiare la sua reputazione o compromettere la sua sicurezza
4. Difendere se stessi e gli altri, aiutando chi è vittima di abusi online o atti di crudeltà attraverso la segnalazione di comportamenti inappropriati o poco sicuri.

Nuovo anno, allarme precariato,Saranno 100 mila le cattedre in organico da coprire

da ItaliaOggi

Marco Nobilio e Alessandra Ricciardi

Saranno 100 mila le cattedre vuote il prossimo 1° settembre. È una vera emergenza quella che dovranno fronteggiare le scuole dal prossimo anno a causa del turnover. Ed è un dato di fatto che i concorsi ordinari non potranno giungere a conclusione in tempo. Nella migliore delle ipotesi, l’amministrazione scolastica farà in tempo a concludere le procedure solo per il concorso riservato. I bandi, del concorso ordinario e riservato, sono all’esame del Cspi. I sindacati contestano prove e valutazioni e sul reclutamento, come anticipato da ItaliaOggi martedì scorso, sono andati alla rottura con il ministro Lucia Azzolina. Domani saranno comunicati alla stampa le ragioni dello sciopero dei precari indetto per il 17 marzo da Flc-Cgil, Cil scuola, Uil scuola, Snals e Gilda. Non piace la mancata pubblicazione delle batterie di domande della prova scritta del riservato, così come la valutazione: 80 punti per le prove, solo 20 per i titoli. Le sigle lamentano la violazione degli accordi sottoscritti prima con il ministro Marco Bussetti (Lega) poi con Lorenzo Fioramonti (M5s). La ministra rivendica il diritto alla discontinuità nell’azione governativa in nome della selettività e della meritocrazia delle assunzioni.

Intanto che si consuma lo scontro politico, restano le criticità della nuova selezione. Il nodo, come sempre, è rappresentato dalla difficoltà di reperire i commissari e dalla lentezza delle procedure di selezione. Le commissioni, infatti sono composte da un presidente (docente universitario o dirigente scolastico o tecnico) e da due commissari individuati tra i docenti di ruolo della stessa disciplina d’esame. E al problema dello scarso appeal rappresentato dai compensi risibili, si aggiunge la mancata previsione dell’esonero dal servizio e i rischi di incorrere in procedimenti penali.

In pratica i docenti che dovessero far parte delle commissioni dovrebbero svolgere il loro compito continuando ad andare a scuola, con tutti gli oneri che ciò comporta. E se dovessero incorrere in eventuali denunce da parte di candidati, verrebbero lasciti soli dall’amministrazione che, nel processo penale, non fornisce al dipendente l’assistenza legale. E solo in caso di assoluzione questi può chiedere il rimborso delle spese. Rimborso che, peraltro, nella maggior parte dei casi, non copre l’intera spesa.

Allo stato attuale i bandi hanno superato solo la fase dell’informazione alle organizzazioni sindacali e devono passare al vaglio del consiglio superiore della pubblica istruzione. Dunque, non potranno essere emanati prima della metà di marzo. Dopo di che decorreranno i 30 giorni previsti dalla legge per presentare le domande. È da escludere, quindi, che i concorsi ordinari possano terminare in tempo per avere in cattedra i vincitori dal 1° settembre prossimo. Mentre è possibile che l’amministrazione riesca a terminare le procedure selettive del concorso straordinario. Che prevede la sola prova scritta e poi l’assunzione in prova con esame orale al termine dell’anno scolastico. Ma anche così mancheranno all’appello 76mila docenti di ruolo. Il concorso riservato, infatti, prevede l’assunzione di soli 24mila docenti. E poi c’è l’incognita dei ricorsi. La ministra Azzolina, infatti, non ha accolto la proposta corale dei sindacati di valorizzare il servizio svolto ai fini del punteggio.

Trattandosi di un concorso riservato e non essendovi altre indicazioni specifiche nella legge di riferimento (il decreto legge 126/2019) è ragionevole ritenere che ciò potrebbe dare il «la» ai ricorsifici e agli studi legali specializzati per megaricorsi collettivi. Che potrebbero rallentare ulteriormente le procedure in caso di accoglimento. Criticità che potrebbero essere evidenziate dal Cspi nel parere obbligatorio che sarà emesso prima dell’emanazione del bando. I ricorrenti potrebbero avere gioco facile ad argomentare i ricorsi, proprio facendo riferimento al parere. Come già successo in passato in situazioni collegate al reclutamento. Per esempio, in riferimento a decreti di rinnovo delle graduatorie permanenti. Laddove il Tar assunse come base per la motivazione di una sentenza di annullamento proprio il parere dell’allora Cnpi. E il ministero dell’istruzione fu costretto a ripetere le operazioni conformandosi al comando contenuto nella sentenza. Va detto, però, che non tutte le richieste dei sindacati sono rimaste inevase. L’amministrazione, infatti, ha accolto la proposta dei sindacati di dare lo stesso tempo (80 minuti) in tutte le tipologie di selezione in riferimento alle prove scritte dei concorsi. Ma il ministero è rimasto fermo sulle proprie posizioni rispetto alla durata del test (80 minuti e non oltre, come invece richiesto dai sindacati) e ad altre richieste.

Chiamata sotto fuoco amico

da ItaliaOggi

Carlo Forte

Fuoco amico sul disegno di legge sulla cancellazione della chiamata diretta e degli ambiti territoriali (C. 2005). Il provvedimento, già approvato dal senato, è stato posto all’esame della VII commissione istruzione della camera dei deputati il 4 febbraio scorso. Ed ha incontrato l’aperta contrarietà di Italia Via, la formazione che fa capo all’ex segretario del Pd, Matteo Renzi. In particolare, Gabriele Toccafondi (IV) nel corso dei lavori della commissione ha evidenziato il suo orientamento contrario alla proposta di legge per diversi ordini di motivi. Secondo il deputato renziano la proposta è volta ad abrogare specifiche disposizioni della legge n.107 del 2015, approvata con il governo Renzi, alla quale egli stesso, come sottosegretario del ministero dell’istruzione, aveva al tempo lavorato. Toccafondi ha fatto presente, inoltre, che il parlamento non può procedere nell’esame dei provvedimenti senza conoscere la posizione del ministro di riferimento. Nel caso specifico, di Lucia Azzolina, ministra dell’istruzione in quota Movimento 5 stelle. E che lo stesso ufficio di presidenza della VII commissione aveva concordato di bloccare temporaneamente la calendarizzazione di proposte di legge fino alle dichiarazioni programmatiche della neoministra.

La pregiudiziale della previa audizione della ministra è stata posta anche dagli esponenti degli altri partiti, con la sola eccezione del movimento 5 stelle, i cui rappresentanti si sono astenuti dall’intervenire. In ogni caso, si sono detti contrari alla proposta non solo Italia Viva, per bocca di Toccafondi, che fa parte dell’attuale maggioranza di governo, ma anche Forza Italia, tramite un intervento di Valentina Aprea. Gli unici interventi a favore della cancellazione della chiamata diretta e degli ambiti territoriali sono stati espressi da dalla Lega, tramite il deputato Rossano Sasso. L’impasse in commissione pone dubbi circa la reale possibilità di giungere ad una rapida approvazione del provvedimento, il cui iter era giunto alle battute finali qualche giorno prima che la Lega si sfilasse dal precedente governo. Resta da vedere se si sia trattato di un mero incidente procedurale oppure vi sia un problema di numeri alla camera, superabile solo ponendo sul provvedimento l’ennesima fiducia al governo.

La palla passa ora alla ministra Azzolina: l’unica che in questa fase potrà chiarire quale sarà la posizione del governo Conte 2 sulla cancellazione della chiamata diretta e degli ambiti territoriali. Quanto ai contenuti, la proposta di legge prevede l’abrogazione espressa dei commi 18, 80, 81 e 82 dell’articolo 1 della legge 107/2015. Vale a dire, delle norme che istituiscono gli ambiti territoriali e la cosiddetta chiamata per competenze. Gli ambiti territoriali sono estensioni geografiche pari all’ampiezza di circa due distretti scolastici nei quali è stato suddiviso il territorio nazionale.

Ad ogni ambito è assegnata una dotazione organica di docenti. E i docenti non titolari, perché senza sede o in esubero, e i docenti neoassunti vengono assoggettati ad un sistema di assegnazione della sede che avviene per chiamata diretta da parte dei dirigenti scolastici. I docenti interessati stipulano con il dirigente scolastico un contratto di durata triennale e, secondo la legge 107/2015, non assumono mai la titolarità della sede. Fin qui le disposizioni vigenti.

Dall’anno scorso, però, grazie a una norma contenuta nella legge di Bilancio, che vieta l’assegnazione dei docenti agli ambiti territoriali, il contratto sulla mobilità (si veda l’articolo 8, comma 6) ha disposto l’assunzione della titolarità della sede per i docenti titolari di incarico triennale e della titolarità sulla provincia dei docenti senza sede. Ma questa clausola negoziale, attualmente, sembrerebbe priva di copertura legale. Il comma 796, dell’articolo 1, della legge di Bilancio, infatti, si limita a disporre che «a decorrere dall’anno scolastico 2019/2020, le procedure di reclutamento del personale docente e quelle di mobilità territoriale e professionale del medesimo personale non possono comportare che ai docenti sia attribuita la titolarità su ambito territoriale».

Ma non prevede l’abrogazione delle norme della legge 107/2015, che istituiscono e regolano gli ambiti territoriali e la chiamata diretta. Di qui la necessità di un provvedimento legislativo che lo preveda espressamente, mettendo in sicurezza le pattuizioni contenute nel contratto sulla mobilità.

E a questo provvede la proposta di legge Granato (M5s). Che abroga le norme specifiche della legge 107/2015 e introduce anche delle modifiche che legittimano il contenuto delle norme contrattuali.

In particolare, il disegno di legge, oltre a prevedere l’abrogazione delle norme istitutive di ambiti e chiamata diretta, dispone che il personale docente titolare su ambito territoriale dal 1° settembre 2018 assuma la titolarità presso l’istituzione scolastica che gli abbia conferito l’incarico triennale.

Concorsi nel guado, e il governo proroga le vecchie graduatorie

da ItaliaOggi

Il governo ha preso atto che il ministero dell’istruzione non riesce a portare a termine i concorsi nei tempi previsti dalla legge ed è corso ai ripari. Il 5 febbraio scorso, durante l’esame del disegno di legge AC 2325 di conversione del decreto legge milleproroghe (162/2019), l’esecutivo ha presentato un emendamento (1.125) per prolungare la validità delle graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale della scuola, dei conservatori, delle accademie e degli istituti per le industrie artistiche (Isia), alle quali non si applicherà alcun termine di decadenza. La misura recepisce il cosiddetto principio di scorrimento della graduatoria, ormai consolidato in giurisprudenza, in forza del quale è sempre possibile attingere ad una graduatoria concorsuale fino al suo esaurimento. E rende strutturali le norme eccezionali che hanno caratterizzato il settore del reclutamento scolastico negli ultimi anni.

A fronte dell’apposizione di un termine alle graduatorie dei concorsi, infatti, il legislatore è intervenuto nel corso degli anni con continue proroghe di tali termini. E in alcuni casi è intervenuto anche in via preventiva, per evitare che il decorso del termine di una graduatoria specifica precludesse all’amministrazione di provvedere alle immissioni in ruolo. In ciò rendendo necessario il massiccio ricorso a contratti a tempo determinato. Ciò è avvenuto con la legge di bilancio, che al comma 366 dell’articolo 1 prevede espressamente la non applicazione del termine di decadenza alle graduatorie per le assunzioni del personale scolastico, inclusi i dirigenti, e del personale delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica. Ed è avvenuto anche con l’articolo 1, comma 3, del recente decreto-legge 126 del 2019, il quale dispone che le immissioni in ruolo dei vincitori del relativo concorso possono essere disposte anche successivamente all’anno scolastico 2022/2023, sino all’esaurimento della graduatoria dei 24mila vincitori. Analoghe disposizioni sono presenti all’articolo 4 del decreto-legge n. 87 del 2018 con riferimento ai concorsi per la scuola dell’infanzia e primaria. L’eccezione adottata dal legislatore in riferimento a situazioni specifiche e, adesso, in via generale, secondo quanto si legge nella relazione illustrativa, è legittimata dal fatto che il reclutamento nella scuola e nell’Afam è regolato da norme speciali (dlgs 287/94) diverse da quelle prevista per il resto del pubblico impiego (dlgs 165/2001).

Secondo quanto risulta a Italia Oggi, le cattedre che potrebbero risultare vacanti dal prossimo anno potrebbero raggiungere la cifra record di 100 mila unità. Ciò deriverebbe dal fatto che alle cessazioni dal servizio ordinarie, che si verificano ogni anno per effetti dei pensionamenti ex legge Fornero, bisognerà aggiungere le vacanze che deriveranno dai pensionamenti quota 100 non utilizzati quest’anno e quelle che insorgeranno dal 1° settembre prossimo. Per comprendere il disegno le disposizioni contenute nell’emendamento del governo vanno lette in collegamento con quelle previste nei commi 17 e seguenti dell’articolo 1 del decreto legge 129/2019. In queste ultime, infatti, è contenuta la nuova disciplina degli inserimenti in coda alle graduatorie dei concorsi. Beneficio previsto dalla legge in favore dei vincitori di concorsi. Che adesso possono chiedere di essere inclusi anche nelle graduatorie di merito delle province di altra regione. Ciò per aumentare le probabilità di essere immessi in ruolo. Il beneficio è pensato soprattutto per i docenti del Sud dove, di solito, ci sono molte meno disponibilità di posti rispetto al Nord.

Non sono rari, infatti, i casi in cui i vincitori di concorso debbano attendere anni il proprio turno, proprio per effetto della scarsità di cattedre e della contrazione dei posti che si verifica annualmente a causa del calo demografico, sensibile soprattutto al Sud. Questi docenti, quindi, probabilmente accetteranno di giocare la carta dell’inserimento in altre province. E siccome al Nord risultano maggiori disponibilità di posti che, spesso, non si riesce a coprire a causa dell’esaurimento delle graduatorie dei concorsi, è probabile che ottengano l’immissione al Nord, sebbene tratti dagli elenchi di coda, che non al Sud. Ciò, però, potrebbe determinare un controesodo dal Nord al Sud dei docenti neoimmessi in ruolo. E per precludere ai neoimmessi in ruolo di ritornare a casa in tempi brevi, il legislatore ha previsto una misura ad hoc contenuta sempre nell’articolo 1, comma 17-octies. Che prevede la preclusione per 5 anni, per i neoassunti, del diritto a chiedere il trasferimento, l’utilizzazione l’assegnazione provvisoria fuori provincia.

La ministra assicura: bandi in arrivo. Tutto regolare Purché il Cspi si pronunci con i pareri celermente

da ItaliaOggi

Emanuela Micucci

È ormai imminente l’avvio dei concorsi» straordinari e ordinari per i docenti delle medie e delle superiori e per gli insegnanti della scuola dell’infanzia e della primaria. Purché il Cspi (consiglio superiore della pubblica istruzione) si pronunci su tre decreti velocemente. La ministra dell’istruzione Lucia Azzolina, rispondendo, mercoledì scorso, durante il question time alla Camera a un’interrogazione della deputata Lucia Ciampi (Pd) sui tempi certi di emanazione delle procedure concorsuali, garantisce che i concorsi saranno banditi «entro poche settimane» e che «i relativi vincitori» di quello straordinario, 24 mila docenti, «andranno in cattedra entro il 1° settembre» mentre i vincitori di quello ordinario per la secondaria, 25 mila insegnati, «nel successivo anno scolastico». Tuttavia, la ministra mette anche le mani avanti in caso di eventuali ritardi o slittamenti di questa tempistica chiamando in causa direttamente il Cspi a cui, annuncia, «ho trasmesso» «per acquisirne il parere, i provvedimenti propedeutici all’indizione delle procedure concorsuali, ordinarie e straordinarie, per il reclutamento del personale docente». «Dopo aver avviato, lo scorso gennaio», precisa, «un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali». Il Cspi, infatti, è chiamato per legge ad esprimersi sugli indirizzi in materia di definizione delle politiche del personale della scuola. All’esame del Parlamentino di viale Trastevere ci sono tre decreti, spiega Azzolina. Lo schema di decreto che disciplina l’intera procedura concorsuale straordinaria. Lo schema di decreto che individua i requisiti di ammissione alle procedure concorsuali ordinarie, disciplina l’articolazione dei contenuti delle prove e riporta, tra l’altro, i programmi d’esame, nonché la tabella dei titoli valutabili. E il decreto che riordina i titoli valutabili e riconsidera i punteggi ad essi attribuiti, nell’intenzione di procedere rapidamente anche alla pubblicazione del bando di concorso per la scuola dell’infanzia e primaria. «Il Cspi dispone di un tempo congruo, previsto dalla legislazione vigente, per pronunciarsi», sentenzia Azzolina. «Pur rispettandone doverosamente le prerogative», conclude, «mi adopererò perché tale organo voglia esprimersi nel minor tempo possibile, per allinearci alle previsioni che ho dianzi riferito». Come a dire che ministra e Miur hanno fatto il possibile per garantire tempi certi, se non saranno rispettati andrà tirato in causa il Cspi. Che si riunirà oggi e, da alcuni rumors, pare avere intenzione di esaminare a fondo i testi.

Maturità 2020, niente curriculum allegato al diploma e in ogni caso senza risultati Invalsi

da Orizzontescuola

di redazione

Maturità 2020: anche quest’anno, con molta probabilità, niente curriculum allegato al diploma. Rimandato al 1° settembre 2020. Qualora le scuole volessero adottarlo, in ogni caso non potranno inserire i risultati delle prove Invalsi.

Maturità 2020: la partecipazione alla prova Invalsi è diventata per gli studenti delle classi V delle scuole secondarie di II grado requisito di ammissione agli Esami di Stato.

Attenzione: conta la partecipazione, non il risultato del test.

Le prove si svolgeranno a marzo 2020. Calendario 

Il curriculum dello studente

Secondo quanto stabilito dalla legge 107/2015 i risultati della prova Invalsi – i cui esiti saranno comunque restituiti in data successiva all’esame di Stato – dovrebbero confluire nel cosiddetto Curriculum dello studente (lo scorso anno non fu adottato) in cui si certificheranno le competenze di Italiano, Matematica e Inglese.

Il curriculum, allegato al diploma, dovrebbe riportare

  • le discipline studiate con l’indicazione del monte ore complessivo di ciascuna di esse;
  • i livelli di apprendimento conseguiti nelle prove Invalsi, distintamente per ciascuna delle discipline oggetto di rilevazione (italiano, matematica e inglese);
  • la certificazione sulle abilità di comprensione e uso della lingua inglese.
  • le competenze, le conoscenze e le abilità anche professionali acquisite;
  • le attività culturali, artistiche, di pratiche musicali, sportive e di volontariato, svolte in ambito extra scolastico;
  • le attività di alternanza scuola-lavoro;
  • altre eventuali certificazioni conseguite, ai sensi di quanto previsto dall’articolo 1, comma 28, della legge n. 107/2015 (il comma si riferisce alla possibilità, per le scuole, di attivare insegnamenti opzionali nel secondo biennio e nel terzo anno sfruttando la quota di autonomia e gli spazi di flessibilità), anche ai fini dell’orientamento e dell’accesso al mondo del lavoro.

Curriculum slitta ancora: emendamento di LeU al Milleproroghe

Con un emendamento di LeU al Milleproroghe, già approvato in Commissione alla Camera, si vuol far slittare l’ingresso del curriculum allegato al diploma al 1° settembre 2020.

E in ogni caso non potrà comunque contenere i risultati delle prove Invalsi.

Prima del settembre 2020 le scuole potranno introdurre una sperimentazione, ma in ogni caso il curriculum non potrà contenere i risultati delle prove Invalsi né le eventuali certificazioni sulle competenze di lingua inglese.

Eliminare chiamata diretta e ambiti territoriali, richiesto il parere della Ministra Azzolina

da Orizzontescuola

di redazione

Disegno di legge sull’abolizione della chiamata diretta e degli ambiti territoriali: provvedimento approvato al Senato, pareri contrari all’esame in Commissione cultura della Camera.

Ricordiamo che in attesa dell’iter legislativo l’effetto di chiamata diretta e ambiti territoriali è sospeso tramite un accordo sindacale con l’ex Ministro Bussetti.

Naturalmente i docenti che hanno acquisito la titolarità su scuola (questa modifica è già avvenuta al SIDI a partire da marzo 2019) non la perderanno, i trasferimenti continueranno ad essere organizzati sulla base del contratto e nessun Dirigente Scolastico potrà utilizzare la chiamata diretta ma dal punto di vista normativo chiamata diretta e ambiti territoriali esisteranno sino a quando non saranno aboliti per legge.

La contrarietà arriva in particolare da Gabriele Toccafondi, Italia Viva, il quale ha sottolineato che significherebbe abrogare specifiche disposizioni della legge n.107 del 2015, approvata con il governo Renzi, ovvero una legge a cui egli stesso, da sottosegretario all’istruzione, aveva lavorato. Secondo Toccafondi, inoltre, è necessario richiedere il parere della ministra Lucia Azzolina.

Contraria alla proposta anche Forza Italia con Valentina Aprea. Favorevole invece l’onorevole Rossano Sasso (Lega).

Ricordiamo che con la chiamata diretta, introdotta dalla legge 107/2015, i docenti venivano assunti e trasferiti su ambito territoriale e poi presentavano il CV alle scuole, in attesa del colloquio con il dirigente scolastico che avrebbe scelto il docente più adatto all’offerta formativa della scuola e avrebbe offerto un contratto triennale.

La senatrice Granato (M5S), promotrice della proposta, aveva ricordato alla ministra Azzolina, non appena designata nuovo Ministro dell’istruzione dal Premier Conte: “Ci sono docenti assunti o divenuti soprannumerari tra il 1º settembre 2015 e il 31 agosto 2019, sospesi negli ambiti territoriali che aspettano di diventare titolari su scuola”.

Concorso DSGA, prove orali da dopo Pasqua fino a max 15 luglio. Assunzioni dal 1° settembre 2020

da Orizzontescuola

di redazione

Concorso DSGA: nota tecnico informativa dell’Usr per il Veneto in riferimento all’avviso pubblico finalizzato all’individuazione dei membri della commissione giudicatrice. Tempistica prova orale e assunzioni.

Tutti coloro che risultino in possesso dei requisiti stabiliti dagli articoli 11, 12 e 13 indicati nel D.M. 863/2018 possono produrre istanza per far parte, quale membri aggregati, della Commissione giudicatrice del concorso entro il 20 febbraio 2020.

La nota sopra detta fornisce informazioni sulla tempistica della prova orale e sulle assunzioni: “I lavori della Commissione, riguardanti la prova orale – presumibilmente – subito dopo l’interruzione delle attività didattiche dovuta alle vacanze pasquali e si concluderanno non oltre il 15 luglio 2020 per consentire l’approvazione della graduatoria finale e la nomina del personale vincitore di concorso in tempo utile per le assunzioni con decorrenza 1° settembre 2020“.

I candidati che hanno superato le prove scritte saranno ammessi alla prova orale, di durata massima di 30 minuti, sosterranno un colloquio sulle materie d’esame, nonché una verifica della conoscenza di strumenti e tecnologie informatici e della lingua inglese. Qui la griglia di valutazione

Avviso Usr Veneto

Bullismo e cyberbullismo: cosa deve fare la scuola per contrastare il fenomeno. Basi normative

da Orizzontescuola

di Laura Biarella

Il fenomeno del bullismo, col passare degli anni, ha assunto una dimensione tale da indurre il Legislatore italiano ad adottare provvedimenti mirati, soprattutto in considerazione delle nuove forme di comunicazione telematiche (come i social network) che hanno consentito l’ulteriore espandersi di questa forma di violenza giovanile.

L’evolversi del mondo virtuale e della tecnologia ha determinato, peraltro, la dematerializzazione dei rapporti interpersonali, così realizzando comunicazioni e distanza tra gli individui ed identità indefinite, come quelle dei “falsi profili”. La possibilità di agire in anonimato e l’assenza di concreti limiti spaziali, consentita dai dispositivi tecnologici, ha generato una nuova e pericolosa modalità di espressione del bullismo: il bullismo cibernetico o cyberbullismo, che si esplica attraverso i comportamenti aggressivi o violenti, tipici del bullismo, ma realizzandoli per il tramite di strumentazione informatica e telematica.

Il bullismo scolastico

 Lo psicologo svedese Dan Owleus, nel libro pubblicato nel 1993, titolato “Bullismo a scuola”, ha delineato una definizione di bullismo, individuandone tre requisiti sostanziali:

  • l’intenzionalità del comportamento offensivo e aggressivo,
  • la continuità temporale dello stesso,
  • il rapporto “asimmetrico” tra il bullo e la vittima.

Tra le forme di manifestazione del bullismo, sono emerse:

  • quella diretta, cioè la violenza fisica;
  • quella indiretta, che si esplica nella violenza verbale e nella violenza psicologica, spesso preordinata ad isolare la vittima.

Lo stesso autore, nel 2015, ha pubblicato “Il bullismo tra compagni a scuola. Atti e intervento”, nel quale ha esaminato il fenomeno nei suoi aspetti epidemiologici e psicologici, e i principi fondamentali di un programma di intervento, nel contesto di una campagna nazionale condotta nelle scuole norvegesi.

Le due leggi cardine

 Per inquadrare normativamente la disciplina che tutela i giovani dai fenomeni del bullismo e cyberbullismo, occorre far riferimento a due provvedimenti considerati come pietre miliari:

  • la Legge 13 luglio 2015 n. 107, nota come legge sulla buona scuola,
  • la Legge 29 maggio 2017 n. 71, che contiene una disciplina specifica sulla tutela dei giovani per la prevenzione ed il contrasto al cyberbullismo.

L’autonomia della scuola

 La Legge 107/2015 ha riconosciuto, in capo alle amministrazioni scolastiche, una vasta autonomia nelle scelte che concernono gli insegnamenti, le attività curricolari ed extracurricolari, le finalità educative ed organizzative, predisponendo un’analitica definizione del “Piano Triennale dell’Offerta Formativa”.

Il Piano offerta formativa

 Tale documento, che deve essere approvato dal Consiglio d’istituto, è disciplinato dall’articolo 3 del D.P.R. 8 marzo 1999 n. 275, modificato dalla legge sulla Buona Scuola del 2017, e sancisce l’obbligo dell’istituto scolastico di predisporre il “documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale (…) ed esplicita la progettazione curricolare, extracurricolare, educativa e organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito della loro autonomia”, in linea con gli obiettivi, individuati a livello nazionale, dei vari indirizzi di studi. Il documento di offerta formativa deve essere elaborato:

  • col coinvolgimento degli enti locali e le diverse istituzioni culturali, sociali ed economiche presenti sul territorio,
  • prendendo in considerazione pareri e proposte delle associazioni dei genitori e degli studenti.

Tra le finalità primarie che si propone di realizzare, emerge quello di assicurare la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione.

La definizione di cyberbullismo

 E’ contenuta nel comma I dell’art. 1 della Legge 71/2017: “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”.

Il contrasto al fenomeno

Tra gli obiettivi principali della normativa, emerge quello del contrasto al fenomeno del cyberbullismo “in tutte le sue manifestazioni, con azioni a carattere preventivo e con una strategia di attenzione, tutela ed educazione nei confronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittime sia in quella di responsabili di illeciti, assicurando l’attuazione degli interventi senza distinzione di età nell’ambito delle istituzioni scolastiche”.

I soggetti coinvolti

 La normativa si propone di tutelare la dignità dei minori coinvolgendo varie soggettività:

  • titolari dei trattamenti dei dati personali,
  • gestori di piattaforme internet e social network,
  • vari Ministeri (il Ministero dell’Interno, il MIUR, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il Ministero della Giustizia e il Ministero dello Sviluppo Economico),
  • Garante per l’infanzia e l’adolescenza,
  • Garante per la protezione dei dati personali.

Il referente scolastico per le iniziative contro il bullismo e il cyberbullismo

 Uno degli strumenti principali previsti dalla normativa del 2017 (legge n. 71, art. 4, comma III), indirizzati all’impegno contro il fenomeno in questione, in ambito scolastico, è quello di inserire presso ogni istituto una figura di sostegno, con compiti di coordinamento delle più disparate iniziative di prevenzione e contrasto. Il referente deve essere individuato fra i docenti di ogni Istituto Scolastico, e agisce nell’ambito dell’autonomia assegnatagli dalla normativa. Tale figura può avvalersi della collaborazione di forze esterne, quali polizia e carabinieri, psicologi o esperti del settore.

Il cyberbullismo sulla chat di classe

 Il Tar Campania – Napoli (Sez. IV, Sentenza 8 novembre 2018, n. 6508) ha esaminato una vicenda in cui erano stati inviati messaggi offensivi sulla chat della classe, fuori dal contesto della scuola e, pertanto, in orario extrascolastico: ciononostante, il collegio di giudici ha considerato legittimo il provvedimento adottato dal Consiglio di classe (di una scuola secondaria di primo grado), col quale era stato attribuito ad un’alunna, al termine dell’anno scolastico conclusivo del ciclo di studio, il voto di comportamento (ex voto di condotta) di 7/10, in quanto autrice di frasi offensive nei confronti di una compagna, pubblicate sulla chat whatsapp della classe. In definitiva, irrilevante è stata la circostanza che la condotta non si fosse svolta a scuola e in orario scolastico: l’articolo 7 del DPR n. 122/2009, nel definire i parametri a cui il Consiglio di classe deve attenersi nel formulare il voto di comportamento, prende in considerazione l’atteggiamento complessivo dello studente ed il suo porsi nei rapporti interpersonali, con insegnanti e compagni.

Cyberbullismo, Azzolina contro la cattiveria dei social: pure io vittima di minacce pesanti, la scuola può fare molto

da La Tecnica della Scuola

Nella rete internet c’è tanta aggressività verbale e “cattiveria”. A produrla sono anche gli adulti e l’unico modo per combattere questa cultura dell’odio, che corre soprattutto sui social media, è quello di “intervenire grazie alla scuola e con l’educazione sui nostri studenti”: solo così si potranno “costruire generazioni migliori”. A dirlo è stata la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, nel corso del Safer Internet Day 2020 “Together for a better internet”, svolto l’11 febbraio al Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa a Napoli.

Azzolina: sono esposta pubblicamente…

“Ho visto anche sulla mia pelle, per certi versi, quanto forte possa essere l’aggressività verbale ed è proprio per questo motivo che voglio intervenire perché il problema non è solo degli studenti ma anche degli adulti”, ha detto Azzolina.

La titolare del Miur ha detto che nei suoi confronti “ci sono state minacce e insulti pesanti: però, è chiaro, sono esposta pubblicamente perché sono un politico”, ha sottolineato Azzolina.

“A volte vorrei guardare negli occhi chi scrive certe cose e capire se avesse poi il coraggio di ripeterle de visu“, ha poi tenuto a dire la ministra.

Uno studente su cinque salta scuola per il cyberbullismo

Nella stessa giornata, l’Unicef ha comunicato i risultati di un sondaggio, svolto tramite la piattaforma U-Report, al quale hanno risposto ben 170 mila giovani di 30 paesi: i risultati dicono che uno studente su cinque salta scuola a causa del cyberbullismo, uno su tre ne è vittima e il 71% subisce sui social.

Alle vittime di offese e aggressività in rete, la nostra ministra dell’Istruzione consiglia di “essere molto forti, perché dietro a chi fa più rumore spesso c’è una massa silenziosa di persone che ti scrivono in privato e ti dicono ‘vai avanti perché stai facendo bene’”.

“Il cyberbullismo può raggiungere la vittima dovunque”

Francesco Samengo, presidente dell’Unicef Italia, ha detto che “in un mondo digitale, la violenza che i bambini affrontano nelle loro case, scuole e comunità è spesso amplificata da sms, foto, video, email, chat e social media. A differenza del bullismo esercitato di persona, il cyberbullismo può raggiungere la vittima dovunque, in qualsiasi momento, spesso lasciando il bambino bullizzato in uno stato di ansia costante”.

L’aumento del cyberbullismo riflette la rapida espansione dell’accesso dei bambini e dei giovani a internet. In sette Paesi europei, la percentuale di bambini e adolescenti tra gli 11 e i 16 anni esposti a cyberbullismo è aumentata dal 7 al 12% tra il 2010 e il 2014.

Fanno effetto le campagne sull’uso consapevole della Rete

Intanto, però, tra gli adolescenti cominciano a fare effetto le campagne sull’uso consapevole della Rete. La percezione dei rischi sale: ad esempio, 9 su 10 si dicono infastiditi quando, navigando, s’imbattono in episodi di cyberbullismo.

Tuttavia, sebbene possa confortare che quasi 4 su 5 li segnalino o ne parlino con gli adulti, non si può trascurare che circa 1 su 5 non intervenga o, in casi peggiori, aiuti il contenuto ad essere più virale tramite like o condivisioni.

I dati sono quelli di una ricerca condotta da Generazioni Connesse – il Safer Internet Center Italiano, coordinato dal MI – e curata da Skuola.net, Università ‘Sapienza’ di Roma e Università di Firenze, alla quale hanno partecipato 5.185 studenti di scuole medie e superiori

Quasi la totalità dei partecipanti alla ricerca (91%) discute o ha discusso con i propri professori di nuove tecnologie: il 34% “spesso”, il 38% “qualche volta”, il 19% “raramente”.

Diploma Itp valido per accedere ai concorsi. Ma non per la seconda fascia

da La Tecnica della Scuola

diplomati Itp, che possono diventare insegnanti tecnico pratici negli istituti tecnici e professionali, sono un po’ confusi dagli attuali sviluppi legati al loro titolo per lavorare a scuola. Ci sono infatti, al momento, delle situazioni chiare e altre un po’ meno, passando da quelle legate alle sentenze che cambiano le carte in tavola. Facciamo un po’ di chiarezza.

Concorso scuola, diplomati Itp possono accedere fino al 2024/2025 senza 24 CFU

Partiamo dal concorso scuola secondaria: potranno accedere i diplomati Itp con il solo titolo del diploma: “gli insegnanti tecnico-pratici sino al 2024/2025 potranno partecipare alle procedure concorsuali con il solo titolo di studio del diploma e senza l’obbligo del conseguimento dei 24 CFU.

Tale norma, però, è valida fino all’anno scolastico 2024/2025. In seguito, se non dovesse intervenire alcuna modifica, per gli ITP che vogliono partecipare al concorso sarà richiesta la laurea oppure un diploma dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica di primo livello, o in alternativa, un titolo equipollente o equiparato, in coerenza con le classi di concorso vigenti al momento dell’indizione del concorso, oltre ad i 24 CFU nelle “discipline antropo-psico-pedagogiche e metodologie e tecnologie didattiche”.

Graduatorie di seconda fascia: i diplomati Itp non hanno titolo a permanere

Invece, proprio qualche giorno fa, abbiamo pubblicato il contributo di un lettore che segnalava la sentenza del Consiglio Di stato pubblicata il 28 gennaio 2020, in cui si stabilisce che chi è in possesso del diploma Itp non può essere inserito nelle graduatorie di seconda fascia di istituto. Infatti, secondo il Consiglio di Stato, il titolo non è abilitante all’insegnamento e la mancanza di percorsi abilitanti ordinari non giustifica l’iscrizione nella seconda fascia delle graduatorie d’istituto.

Secondo i giudici di Palazzo Spada, è possibile “giustificare la partecipazione degli ITP a concorsi pubblici a cattedre che richiedono l’abilitazione per parteciparvi, in quanto in questo caso la verifica dell’idoneità all’insegnamento stesso si realizza attraverso il filtro della procedura concorsuale.

Per contro, continua la sentenza, la mancanza dell’abilitazione (ovvero del titolo attestante il conseguimento di quel complesso di qualità e abilità che rende un diplomato o un laureato un vero e proprio docente) non può consentire l’iscrizione nella seconda fascia, la quale consente direttamente l’insegnamento. Si deve quindi escludere, anche in questo caso, il valore abilitante del titolo posseduto dagli ITP“.

LA SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO

Graduatorie terza fascia: 24 Cfu per gli Itp?

A proposito di graduatorie di istituto e di diplomati Itp, al momento aleggia un forte dubbio: gli Itp devono avere i 24 Cfu in occasione dell’aggiornamento delle graduatorie istituto terza fascia? Il decreto scuola prevede per quanto riguarda la riapertura e aggiornamento graduatorie della terza fascia docenti della graduatoria di istituto: « in occasione dell’aggiornamento previsto nell’anno scolastico 2019/2020, l’inserimento nella terza fascia delle graduatorie per posto comune nella scuola secondaria è riservato ai soggetti precedentemente inseriti nella medesima terza fascia nonché ai soggetti in possesso dei titoli di cui all’articolo 5, commi 1, lettera b), e 2, lettera b), del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59 ».

Ciò vuol dire che in occasione dell’aggiornamento graduatorie terza fascia docenti,  per quanto riguarda i nuovi inserimenti terza fascia 2020, potranno partecipare anche i nuovi laureati e diplomati che, oltre al titolo di studio valido per l’insegnamento, siano anche in possesso di 24 CFU nelle discipline antropo-psico- pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche.

Ne consegue che, stando al testo del decreto scuola, per iscriversi in terza fascia di istituto, anche i diplomati Itp devono possedere i 24 Cfu.

Non possiamo confermare il tutto perchè a stabilire i criteri precisi dell’aggiornamento sarà il decreto ministeriale, ma se dovesse essere confermato, si creerebbe un’altra questione: i diplomati Itp potranno partecipare al concorso ordinario scuola 2020 con il solo diploma, ma se un diplomato Itp volesse iscriversi in terza fascia dovrà possedere anche i 24 Cfu.

Abbiamo visto che il Consiglio di Stato, a proposito della seconda fascia, ha posto una chiara distinzione fra concorso e graduatorie. Tuttavia, resta di fondo una scelta poco chiara e soprattutto incoerente quella di escludere il titolo di del diploma Itp da una procedura e non per un’altra, pur comprendendo le naturali differenze.

Diplomati Itp, come essere assunti a scuola

Per ricapitolare e fornire risposte ai tantissimi lettori che scrivono, per accedere ai posti Itp della scuola si può fare in due modi:

  • Concorso scuola secondaria – con il solo diploma (QUI tutte le informazioni)
  • Graduatorie di istituto terza fascia – oltre al diploma (forse) servono i 24 CFU 

Quindi, per insegnare nella scuola secondaria i diplomati Itp hanno questi due canali a disposizione