Come ti sistemo il concorso ispettivo

Come ti sistemo il concorso ispettivo

di Mario Maviglia

Attenzione: questo è un intervento volutamente polemico e politicamente scorretto.

Com’è noto il Decreto-Scuola (DL 126/2019 convertito dalla legge 159/2019) ha previsto lo svolgimento di due distinti concorsi per l’assunzione di complessivi 146 nuovi dirigenti tecnici: un concorso per esami e titoli per il reclutamento, dal gennaio 2021, di 59 dirigenti tecnici, e un altro concorso per l’assunzione di ulteriori 87 DT, a decorrere dal 2023. Tanti docenti e dirigenti scolastici, sulla base di tale norma, hanno già cominciato a prepararsi per il concorso, sperando di poter utilizzare al meglio le loro competenze in fase concorsuale (come peraltro vuole la nostra carta costituzionale).

E invece ecco che saltano fuori tre emendamenti al decreto legge “milleproroghe” in discussione in Parlamento (numeri 1.34, 1.35, 1.36), proposti da rappresentanti del PD, di Forza Italia e del Gruppo Misto, uguali nella sostanza, che se dovessero essere approvati manderebbero all’aria il concorso richiamato sopra. O meglio lo trasformerebbero in una furbesca immissione in ruolo ope legis per quei docenti e dirigenti che presentano particolari requisiti. Infatti, secondo questi emendamenti, i dirigenti scolastici che attualmente ricoprono un incarico dirigenziale ex art. 19 comma 5bis del D.Lvo 165/2001 (in qualità di dirigente amministravo o tecnico presso il MIUR o gli USR) potrebbero transitare definitivamente nei ruoli dei dirigenti tecnici. Stessa sorte toccherebbe ad altro personale che ricopre un incarico dirigenziale ex art. 19 comma 6 del medesimo D.Lvo 165/2001 (docenti, dirigenti, esperti esterni all’Amministrazione) e che presenta un servizio continuativo superiore a 36 mesi. Gli emendamenti non fissano un tetto numerico a queste assunzioni e dunque tutti coloro che si trovano nelle condizioni previste da tali proposte rientrerebbero a pieno titolo in questa sorta di “sanatoria” erodendo di fatto i 146 posti del concorso ordinario contemplato dal Decreto-Scuola.

Per salvare le forma, gli emendamenti prevedono una forma di selezione che non si sa se definire farsa o offesa al comune senso del pudore. Infatti gli interessati “accedono ad una selezione attraverso una sessione speciale di esame consistente nell’espletamento di una prova orale sull’esperienza maturata, anche in ordine alla valutazione sostenuta, nel corso del servizio prestato. A seguito del superamento di tale prova con esito positivo, sono confermati i rapporti di lavoro instaurati con i predetti dirigenti”. Difficile pensare che una “prova” di questo tipo non venga superata dai candidati, in fondo si tratta di fare una chiacchierata sull’attività svolta. D’altro canto sembra che questo tipo di concorso-farsa oggi vada per la maggiore: è successo così anche per il concorso riservato di scuola primaria e dell’infanzia conclusosi nel 2018 e che prevedeva comunque l’inclusione nella graduatoria generale di merito anche ottenendo il punteggio zero nell’unica “prova” prevista, in forma orale.

Ma torniamo a noi. Il personale cui si rivolgono i tre emendamentiè stato nominato dirigente di seconda fascia (amministrativo o tecnico) in seguito a procedura comparativa dei curricula, secondo quanto previsto dall’art. 19, commi 5 bis e 6 del D.Lvo 165/2001(dunque non in seguito allo svolgimento di un regolare concorso per titoli ed esami). A pensar male, è facile immaginare che, nella maggior parte dei casi, trattasi di personale che è stato “cooptato” per affiliazione politica, conoscenza personale, e altri motivi estrinseci alle competenze professionali. Questo stesso personale oggi avrebbe la possibilità di transitare definitivamente nel ruolo dirigenziale saltando la fastidiosa (e imprevedibile) trafila concorsuale. Ovviamente i firmatari di questi emendamenti sono pronti a sottoscrivere documenti inneggianti il valore della meritocrazia, della valorizzazione del merito e via cantando. Del resto, siamo in Italia. Eppure sarebbe così semplice inneggiare al merito: basterebbe indicare date certe per l’indizione dei concorsi ordinari. Ma evidentemente ci sono amici degli amici che vanno tutelati.

Si badi bene, tutto ciò è perfettamente legittimo, ancorché disdicevole, essendo previsto dal D.Lvo 165. E infatti andrebbero immediatamente abrogati i commi 5bis e 6 dell’art. 19 di tale decreto. Ma un emendamento di questo tipo non sembra sia stato presentato dagli illustri onorevoli. Dare la possibilità a tutti di partecipare ad un regolare concorso sarebbe un’operazione troppo democratica e trasparente per un Paese come l’Italia che nella classifica internazionale 2019 stilata da TransparencyInternational sull’Indice di percezione della corruzione occupa il 51° posto, a pari merito con Paesi come Rwanda e Arabia Saudita, mentre risulta essere il 6° Paese più corrotto in Europa, sopra solo a Slovacchia, Grecia, Ungheria, Romania, Bulgaria. Gli emendamenti presentati e illustrati sopra sono perfettamente in sintonia con tale propensione corruttiva dell’Italia.

Giornata nazionale braille

SIR – Servizio Informazione Religiosa del 14.02.2020

Giornata nazionale braille: UICI, tour in 17 citta’ italiane con laboratori, mostre e screening gratuiti della vista 

CATANIA sarà la città che darà il via alle celebrazioni del centenario dell’Unione italiana Ciechi e ipovedenti, venerdì 21 febbraio, Giornata nazionale del Braille. Una serie di iniziative di conoscenza e sensibilizzazione dei temi legati alla minorazione visiva. Diciassette i capoluoghi, di provincia o regione, a essere toccati da questo evento. Nel capoluogo etneo, in piazza dell’Università, è previsto un concerto serale inaugurale al Teatro SanGiorgi. Durante il viaggio nei diversi luoghi italiani, saranno sei le aree tematiche che faranno da filo conduttore al viaggio dell’Uici: cultura, sport, tempo libero, inclusione lavorativa, arte e musica, prevenzione e ricerca. Coinvolgeranno cittadini e istituzioni in un viaggio che racconterà un’Italia inedita di storia, coraggio, talenti e solidarietà. Al centro, la mostra fotografica sulla storia dell’Unione; in parallelo si terranno sessioni di reading al buio e l’iniziativa itinerante “Dona la tua voce”, a cura del Centro nazionale Libro parlato in cui voci di persone non vedenti inviteranno i visitatori a una lettura speciale. Tra le iniziative, i laboratori tematici sui vecchi mestieri; l’esposizione di tavole tattili a cura della Federazione nazionale Istituzioni pro ciechi per la creazione di un museo a misura dell’educazione dei bambini; il laboratorio “modellare per il Centenario” per partecipare alla grande opera collettiva che, tappa per tappa, si arricchirà di nuovi contributi; l’esposizione di “plastici architettonici” e traduzioni tridimensionali e in Braille di capolavori artistici che il non vedente può “toccare con mano”; le aree dedicate all’addestramento del cane guida per i non vedenti. Durante tutte le tappe saranno presenti delle unità oftalmiche, che garantiranno screening gratuiti della vista, e laboratori didattici dedicati ai bambini. Non mancheranno dimostrazioni di discipline sportive, da parte di campioni o semplici atleti non vedenti, e di spettacoli di vario genere.

Risarcisce il disabile il Comune che non elimina le barriere architettoniche

Il Sole 24 Ore del 14.02.2020

Risarcisce il disabile il Comune che non elimina le barriere architettoniche

La consigliera che non poteva accedere autonomamente agli uffici né alla sala consiliare ha subìto una “discriminazione indiretta”.

Risarcisce i danni al disabile il Comune che indirettamente lo discrimina perché non elimina le barriere architettoniche che impediscono l’accesso agli uffici e alla sala del consiglio. La Cassazione (sentenza 3691) respinge il ricorso del Comune che aveva vinto in primo grado, ma perso in appello.

Il “trattorino”. 
A citarlo in giudizio era stata una ex consigliera che, a causa del suo handicap, non poteva da sola entrare negli uffici né nella sala consiliare. Un disagio che aveva indotto il comune a spostare, in alcune occasioni, le riunioni in palestra. L’altro “rimedio” messo in atto era stato, quello che la consigliera considerava un “trattorino” e che per il comune era un montascale. Definizione quest’ultima non calzante per la Corte territoriale. In ogni caso, al là dei nomi, il risultato era che il marchingegno approntato non serviva allo scopo di far entrare in sala e negli uffici la consigliera autonomamente: doveva comunque farsi guidare dal personale.

La discriminazione indiretta. 
La Cassazione conferma la discriminazione indiretta, cessata solo dopo l’installazione dell’ascensore per disabili, e la condanna a 15 mila euro di risarcimento. Non passano le giustificazioni del ricorrente, secondo il quale la discriminazione indiretta deve essere comunque intenzionale, mentre nello specifico il comune si era attrezzato per quanto poteva, visto che la location era in uno stabile degli anni ’50 del secolo scorso. Condizione questa che, ad avviso del ricorrente, lo avrebbe esonerato dal rispetto della legge (13/1999) dettata per il superamento delle barriere architettoniche. Una norma che si applicherebbe, secondo la difesa, solo ai nuovi edifici o a quelli sottoposti a ristrutturazione.

Il dovere collettivo di rimuovere gli ostacoli 
Mentre in quelli esistenti e non ristrutturati è necessario adottare tutti gli accorgimenti per migliorare l’uso degli spazi. Cosa che il comune riteneva di avere fatto. Ma non è così. La Cassazione sottolinea che la normativa va interpretata in linea con la Costituzione. E proprio la giurisprudenza della Consulta chiarisce che l’accessibilità è ormai «una qualitas essenziale perfino degli edifici privati di nuova costruzione ad uso di civile abitazione». Nella coscienza sociale è ormai chiaro il dovere collettivo di rimuovere, preventivamente, ogni possibile ostacolo all’esercizio dei diritti fondamentali delle persone disabili, facilitando anche la loro vita di relazione. Obiettivo che va raggiunto appunto «con tutti gli accorgimenti possibili». E certo non basta il “trattorino”.

di Patrizia Maciocchi

Sciopero 6 marzo 2020

Roma, 15 febbraio 2020 Prot. N. 10/UNIT/2020

Alla Presidenza del Consiglio dei Ministri- Dipartimento della Funzione Pubblica
Al Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali
Al Ministero dell’Istruzione
Alla Commissione di Garanzia sul diritto di sciopero nei servizi pubblici

Oggetto: proclamazione sciopero del Comparto Istruzione e Ricerca – Settore Scuola.

Le scriventi OO.SS., nel rivendicare il rispetto di quanto contenuto nel verbale di conciliazione del 19 dicembre 2019, proclamano lo sciopero del Comparto Istruzione e Ricerca – Settore Scuola per l’intera giornata del 6 marzo 2020, con particolare riguardo al personale in condizione di precarietà lavorativa. Tale indizione rappresenta una prima espressione di dissenso per le scelte politiche in materia di gestione del personale della scuola. A questa le scriventi OO.SS. si riservano di far seguire ulteriori iniziative.

In particolare denunciano che:

  • non è stato portato a positiva conclusione l’unico tavolo attivato relativo all’attuazione del D.L.126/19, convertito come L.159/2019. Il confronto, tenutosi ai sensi del punto 3 del citato verbale del 19 dicembre 2019, doveva condurre alla definizione di procedure di reclutamento tali da riconoscere “la professionalità acquisita, grazie alla quale è stato possibile assicurare la funzionalità del sistema dell’istruzione”, come previsto dall’Intesa del 24 aprile 2019 sottoscritta dallo Organizzazioni Sindacali del comparto e dal Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. In particolare si evidenzia che è stato disatteso quanto previsto nell’Intesa del 24 aprile 20109, nella quale si condivideva l’esigenza di individuare “le più adeguate e semplificate modalità per agevolare l’immissione in ruolo del personale docente che abbia una pregressa esperienza di servizio pari ad almeno 36 mesi di servizio”; risponde a tale esigenza la necessità di garantire ai candidati ogni opportunità di preparazione e di preventiva esercitazione.
  • non sono state attivate le procedure contrattuali o legislative per portare a soluzione il problema degli assistenti amministrativi, privi di titolo di studio specifico, che hanno svolto per almeno tre anni le funzioni dei Dsga;
  • non è stato avviato il confronto politico in merito ai percorsi di abilitazione strutturali, rispetto ai quali deve trovare riconoscimento l’esperienza professionale acquisita. Tali percorsi devono riguardare anche i docenti di ruolo della scuola statale, i docenti non abilitati delle scuole paritarie e dei centri di formazione professionali;
  • non è stato convocato il tavolo di contrattazione nazionale integrativa sulla mobilità, territoriale e professionale, del personale docente, educativo ed ATA.

Roma, 14 febbraio 2020

Condizioni di lavoro e disabilità: al via l’indagine

Condizioni di lavoro e disabilità: al via l’indagine

JobLab è il nome breve di un progetto della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap (FISH). Quello completo e significativo è JobLab – Laboratori, percorsi e comunità di pratica per l’occupabilità e l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità.

Il progetto è stato riconosciuto meritevole di finanziamento dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali attraverso lo specifico Fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale nel terzo settore. Avviato a fine 2018, terminerà nel giugno 2020 con un evento finale a Roma.

L’obiettivo di JobLab è di affrontare il tema del diritto al lavoro delle persone con disabilità, nella consapevolezza che quello lavorativo è un ambito in cui si configura una delle forme più evidenti di discriminazione basata sulla disabilità e di preclusione alle pari opportunità. JobLab mette in campo azioni di formazione e animazione, di promozione di reti, di ricerca ed indagine, di diffusione e di comunicazione.

Molte sono le azioni in programma: dagli eventi di formazione e animazione territoriale – già realizzati a Torino, Milano, Roma, Terni, cui seguiranno altri 10 appuntamenti – alla comunità di pratica per la condivisione di conoscenze ed esperienze, alla ricerca sul disability manager, a strumenti di comunicazione e sensibilizzazione (podcast e docufilm).

Ma in queste ore si lancia una delle azioni centrali: un’indagine campionaria per conoscere le reali condizioni di lavoro e delle pari opportunità delle persone con disabilità.

Come lavora una persona con disabilità? Quali sono le sue condizioni di vita? Che difficoltà incontra sul posto di lavoro? Quali opportunità e quali ostacoli per il suo avanzamento in carriera? JobLab tenta di indagare il fenomeno in modo approfondito e con tutti i crismi della ricerca sociale. La ricerca interesserà tutto il territorio nazionale e sarà tra le prime ad approfondire questo argomento. L’indagine è curata, su incarico di FISH, da IREF – Istituto di Ricerche Educative e Formative.

I lavoratori con disabilità possono collaborare a questa ricerca compilando un semplice questionario online (https://it.surveymonkey.com/r/Joblab-QualitadelLavoro) e magari aiutando nella diffusione dello stesso.

Altre informazioni su JobLab all’indirizzo https://www.fishonlus.it/progetti/joblab/

FORMAZIONE OBBLIGATORIA

FORMAZIONE OBBLIGATORIA, GILDA: IL LAVORO GRATUITO NON ESISTE

“In nessun ordinamento giuridico è previsto che i lavoratori prestino servizio a titolo gratuito: il lavoro va retribuito sempre e in misura proporzionale all’impegno, sia chiaro alla ministra Azzolina quando scrive nell’atto di indirizzo politico-istituzionale che il prossimo contratto nazionale dovrà definire il monte ore annuale obbligatorio per la formazione”. A dichiararlo è Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti.
“Inserire nel contratto le ore spese dai docenti per la formazione comporterebbe un aumento dell’orario di lavoro che in alcun modo è accettabile sia svolto gratis. Considerato che le risorse attualmente disponibili per il rinnovo del contratto sono ben lontane dal soddisfare la legittima rivendicazione di un dignitoso aumento di stipendio, – incalza Di Meglio – saremmo curiosi di sapere come la ministra intenderebbe retribuire le ore di formazione che rappresentano lavoro aggiuntivo per gli insegnanti. Sarebbe preferibile, invece, inserire nel contratto periodi sabbatici per consentire l’aggiornamento degli insegnanti, analogamente a quanto avviene per i professori universitari”.      
“Per quanto riguarda l’aspetto tecnologico, poi, apprendiamo con piacere l’intenzione di implementare un sistema informatico per incrociare i titoli di studio e formativi acquisiti dagli insegnanti con i loro dati anagrafici relativi al servizio prestato. Peccato, però, che l’Amministrazione non sia mai stata in grado finora di mettere a frutto la banca dati, costringendo i docenti a riempire pagine su pagine con i loro servizi ogni volta che devono compilare una domanda di mobilità”.     

Media Education e Cittadinanza attiva

Media Education e Cittadinanza attiva

di Maria Grazia Carnazzola

Il 3 febbraio scorso si è svolto a Roma, presso la nuova aula dei gruppi della Camera dei Deputati, il Convegno “Media Education: più consapevolezza, più opportunità, più futuro”. Tema molto in voga, iniziativa in sé lodevole, effetto “vetrina” compreso.  Cosa ne deriverà, dipenderà dalle azioni conseguenti che il Ministero concretamente porrà in essere perché dal dichiarato si passi all’agito.  Probabilmente seguiranno indicazioni alle scuole in modo che le affermazioni di principio non rimangano, come troppo spesso è accaduto negli ultimi anni, appunto affermazioni di principi validi e condivisibili, ma senza seguito pratico. La domanda di formazione, quale formazione, viene dalla società e alla società deve tornare la risposta, nella forma di un progetto politico che si raccorda con un sistema giuridico e si esplicita in un impianto didattico-metodologico-organizzativo per l’attuazione. Ma il cambiamento lo attuano le scuole.

Per Media Education, generalmente, si intendono tutte quelle attività educative e didattiche consapevolmente finalizzate alla comprensione critica e alla gestione personale dell’informazione e della comunicazione attraverso i media, nella prospettiva della cittadinanza attiva e responsabile. E’ perciò cosa ben diversa dall’uso didattico delle tecnologie: il focus si sposta dall’uso dei mezzi alla consapevolezza dei modi, dei linguaggi, degli scopi della comunicazione- non sempre prevedibili e controllabili- di tali mezzi e alla loro funzione di medium. L’attenzione è posta sull’obiettivo delle informazioni veicolate , sulla grammatica, sulla sintassi , sul lessico  che vengono utilizzati e che connotano la comunicazione ; tutto questo per contribuire a contrastare   la  “mezza cultura” di massa, come sosteneva  U. Cerroni già nel 1991 “È  la modernizzazione delle diseguaglianze tipica della società postindustriale: le masse, istruite dalla scolarità dell’obbligo, partecipi del consumo economico, culturale, tecnologico, sono ormai messe in condizione di avvertire bisogni, consumare beni, recepire convinzioni e posizioni cui adeguarsi: è la tendenza a dividere verticalmente il corpo sociale in una oligarchia tecnocratica che possiede grammaticalmente i nuovi linguaggi e le nuove tecnologie, e in una massa che utilizza tali linguaggi sotto forma di consumo… E’ la barbarie della mezza cultura”.

 Diventare cittadini attivi.

Pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà”?  Riprendendo il motto reso celebre da Antonio Gramsci, che in un editoriale pubblicato su Ordine Nuovo nel 1920 lo attribuisce a Romain Rolland, bisogna dirsi forte e chiaro che questo nostro tempo ha un estremo bisogno dell’una e dell’altra cosa. Se la scuola deve aiutare a comprendere il presente e a immaginare il futuro come potrebbe essere, servono nel contempo spirito realistico e critico, fondato sulla rappresentazione del mondo così come ci appare nel qui ed ora – sapendo che è una delle rappresentazioni possibili- e la fiducia nel domani che fonda sul dovere sì, ma anche sulla passione e sul desiderio.  Le tecnologie, i social mediano la nostra rappresentazione del mondo e della realtà, ne sono parte integrante; chiediamoci, come adulti e come insegnanti, e aiutiamo i ragazzi a chiederselo, in che modo agiamo e agiscono l’uso dei media, quali sono gli svantaggi e i vantaggi che apporta il loro utilizzo, pervasivo, massiccio e acritico.  Insegniamo loro a scegliere, dopo aver valutato secondo criteri che rimandano a valori come il pluralismo e il pensiero critico. I valori, lo sappiamo bene, si pongono tra l’affettivo/emotivo e il cognitivo: i nostri modelli interni della realtà guidano le nostre azioni, influenzando il sorgere degli stati emotivi che guidano altre risposte. Non sono le situazioni ambientali che creano le emozioni, ma le interpretazioni che se ne danno, come la teoria dell’attribuzione ha ampiamente dimostrato.   La scuola deve rendere conoscibile la contemporaneità, oggetto centrale di studio e di prova di quanto appreso, indagandola con razionalità e con competenza scientifica, utilizzando il pensiero critico-argomentativo che si fonda sull’elaborazione dei dati raccolti, sulla riflessione, sulla sequenzialità del pensiero, sul confronto delle ambiguità insite nelle diverse risposte possibili. Il diritto ad esprimere il proprio pensiero deve essere garantito sempre, nel rispetto dei modi e con le regole del linguaggio e della comunicazione.  Questo si intende quando si parla di educazione civica. Educazione civica e cittadinanza non sono propriamente sinonimi, ma entrambe fanno riferimento alla competenza sociale e ad abilità e atteggiamenti non sempre facilmente riferibili a regole da rispettare. La cittadinanza attiva presuppone senso di appartenenza ed esercizio di democrazia e se democrazia è contrapposizione, prima, e mediazione poi , il linguaggio, l’uso delle parole, la correttezza del dire sono fondamentali e irrinunciabili. Comportamenti corretti quali parlare uno per volta, parlare a voce bassa, esprimere dissenso senza disprezzare, essere gentili, criticare le idee e non chi le esprime, riconoscere il valore degli altri, controllare l’impulsività e la rabbia, comunicare gli stati d’animo e i sentimenti quando necessario, andrebbero promossi e sostenuti. Di cosa si parla altrimenti quando si parla di valutazione del comportamento? E il comportamento non è quell’insieme di tratti che ci permette di partecipare coscientemente e responsabilmente alla vita sociale? Gli adulti dovrebbero riflettere su questi aspetti, a cominciare dai politici e da tutti quelli che offrono spettacoli pietosi in televisione o sui social.

Se non si passa di qui, da questi comportamenti che manifestano il livello di sensibilità alla dimensione interpersonale -che si rilevano ma difficilmente si sanzionano, come fossero dettagli – è giocoforza passare direttamente a manifestazioni eclatanti come il bullismo, che un tempo si chiamava in altro modo, e alla sua amplificazione attraverso i social. I bulli possono essere tali anche perché si confonde il diritto con la rivendicazione, la trasparenza con l’ingerenza. La manomissione dei concetti e delle parole sono passaggi obbligati nella distorsione dell’informazione. Sempre, anche a scuola. E quando mancano le parole giuste per dire, si agisce, anche aggredendo.

Media Education: questione di insegnanti, di allievi, di valori, di etica.

Da sempre gli adulti insegnano quello che i giovani non sanno: le conoscenze, i metodi, le tecniche; oggi le nuove generazioni hanno accesso a una quantità di informazioni come mai nella storia: possono cercarle con estrema rapidità o riceverle senza cercarle. Ma le informazioni vanno collegate, selezionate, sistematizzate, contestualizzate: bisogna dare loro una forma perché diventino conoscenza.  Questo i giovani non lo sanno fare, perché gli strumenti che usano non hanno questo scopo; tocca agli adulti insegnare come si costruisce la conoscenza, come si collegano e si contestualizzano le informazioni, come si verificano e si valutano.

La generazione digitale è diversa dalla generazione Gutenberg, nei modi e nei tempi di apprendimento. Basta partire da lì.  Sostiene Carlo Sini “(Heidegger)…non si è mai chiesto il senso delle operazioni concrete che veniva esercitando, nel far lezione…Queste pratiche le esercitava come “ovvie” e ovviamente importanti, anzi epocali. Ma noi siamo le pratiche che esercitiamo”. (L’alfabeto e l’occidente, pag.132).

La scuola può continuare ad essere strumento per lo sviluppo sociale e per la crescita del Paese solo se saprà intercettare le trasformazioni in atto e gestirne le complessità, compito di difficoltà elevata che si scontra con il progressivo impoverimento degli strumenti professionali degli insegnanti sotto il profilo culturale e psicopedagogico. La qualità dell’istruzione delle giovani generazioni dipende ancora in buona misura dal sapere degli insegnanti, dalla loro cultura psicopedagogica e dalla loro professionalità che sono altro e molto di più del sapere disciplinare, indispensabile ma non sufficiente. Professionalità dedicate e competenti che tengano insieme le innovazioni con le radici storico-culturali.

Dopo aver parlato tanto di apprendimento significativo, della necessità che ogni nuovo apprendimento si innesti sulla rete degli apprendimenti precedenti, forse è tempo di parlare di insegnamento significativo, che ridisegni, in una visione integrata e non lineare-sommativa, le varie Educazioni, Discipline, Progetti. Tutte le innovazioni, tutti i dibattiti, hanno senso solo se al centro ci stanno la professionalità del docente, che passa anche attraverso le modalità di reclutamento, la formazione in ingresso e i percorsi “di manutenzione” della formazione in servizio che dovrebbe essere obbligatoria e strutturale. Solo così, ritengo, sarà possibile la costruzione e il mantenimento di una solida professionalità docente, valutata e riconosciuta dal contesto sulla base di chiari indicatori di professionalità e di dichiarati sistemi valoriali di riferimento. Senza questo passaggio, nessun cambiamento, nessuna innovazione porterà risultati significativi, sia che si tratti di includere le diversità sia che si tratti di contrastare il degrado culturale anche attraverso l’uso consapevole dei media. Non basta enunciare principi: bisogna delineare il cambiamento, monitorarlo e valutarlo. A volte chi dentro la scuola ci lavora ha la sensazione di essere in un permanente cantiere aperto, dove si susseguono le richieste e i progetti più disparati, a volte richieste e progetti vecchi presentati con parole nuove ripetute come slogan che, svuotandosi di significato, generano disorientamento o convinzione di essere già allineati con l’innovazione. Ben venga la Media Education, con un percorso che attraversi tutte le discipline, un principio ispiratore che orienti e finalizzi l’insegnamento di tutti i saperi e chieda alle scuole una seria riflessione su quello che già si fa e su ciò che di nuovo va messo in campo. Riflettere è il primo passaggio della ricerca per il miglioramento continuo, indispensabile per contrastare la caduta del ruolo e per il riconoscimento dello status di docente. La scuola è un servizio: ha bisogno di professionisti che sappiano agire nella complessità tra vincoli e rischi, che sappiano occuparsi delle trasversalità e non solo degli aspetti specialistici della propria disciplina, perchè in questo caso sarebbero semplicemente dei prestatori d’opera.

Docenti padroni del sapere e del saper fare, esempi di comportamenti deontologici eticamente orientati, perché la correttezza, il rispetto e la responsabilità non si insegnano solo con le parole.

BIBLIOGRAFIA

N. Postman, Ecologia dei media, Armando Editore, Roma 1981;

U. Cerroni, La cultura della democrazia, Mètis, Bari 1991;

P. Cesare Rivoltella, Relazione, Convegno “Media Education”, Roma 3 febbraio 2020;

P.H. Lindsay, D.A. Norman, L’uomo elaboratore di informazioni, Giunti Barbera, 1983;

C.Sini, Pratica del foglio mondo, Jaca Book, Milano 2004;

        Id; L’alfabeto e l’occidente, Jaca Book, Milano 2012.

Più docenti per ridurre i disagi nelle «classi pollaio»

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno

Il primo segnale di attenzione della maggioranza giallorossa alle classi pollaio è arrivato. In commissione alla Camera è stato approvato un emendamento al decreto milleproroghe che stanzia 6,3 milioni di euro nel 2020, 25,4 nel 2021 e 23,9 annui dal 2022 per dotare le scuole secondarie di secondo grado di nuovi insegnanti. Da destinare alle classi con più di 22 alunni.

L’emendamento del M5S
Il tema delle classi pollaio sta particolarmente a cuore a Lucia Azzolina che da deputata del M5S aveva presentato una proposta di legge in tal senso. Un’attenzione ribadita anche nelle sue vesti successive di sottosegretaria e ministra poi. Il primo intervento concreto è arrivato ieri con un emendamento a firma del Movimento 5 Stelle che punta a «incrementare il numero di docenti al fine di garantire una didattica adeguata, soprattutto nelle classi che hanno studenti con disabilità», ha sottolineato la deputata pentastellata Vittoria Casa.

I fondi a disposizione
La norma stanzia 6,3 milioni di euro nel 2020, 25,4 milioni nel 2021 e 23,9 milioni annui dal 2022 per dotare le scuole secondarie di secondo grado di nuovi docenti destinati all’organico dell’autonomia. Le risorse saranno ripartite su base regionale, tenendo conto del numero di classi con un numero di iscritti superiore a 22 alunni, ridotti a 20 in presenza di studenti con grave disabilità certificata. A spiegare gli effetti è la stessa Casa: «Avere più docenti a disposizione consentirà dunque agli istituti interessati di portare entro questi limiti numerici il numero di alunni e a giovarne sarà l’intera comunità scolastica».

Le coperture
I fondi arrivano in gran parte (6,3 milioni nel 2020; 20 milioni nel 2021 e 12,1 milioni nel 2022) dal fondo istituito dalla Buona Scuola per il miglioramento dell’offerta formativa. Al resto (5,4 milioni nel 2021 e 11,7 milioni nel 2021) ci pensa una riduzione corrispondente della dote destinata ai Centri per l’educazione degli adulti.

Studente al centro e formazione obbligatoria per i docenti: le priorità della ministra Azzolina

da Il Sole 24 Ore

di Eu. B.

Lucia Azzolina mette nero su bianco quella che sarà la priorità del suo mandato: collocare «lo studente al centro». La conferma arriva dall’atto di indirizzo della ministra dell’Istruzione che inserisce la formazione obbligatoria dei docenti (con un numero di ore minime previste nel contratto) tra gli altri suoi impegni di legislatura. Vediamo i principali.

Lo studente al centro
Per la ministra farlo realmente significa «necessariamente saper adeguare –ove occorre –il linguaggio con cui ad esso ci si rivolge». E, se possibile, coinvolgerlo maggiormente «attraverso un ripensamento della metodologia didattica tradizionale, a vantaggio di un modello meno trasmissivo e più appassionante».

Più inclusione
Altro tema cardine per lei è l’inclusione scolastica. Da rafforzare e migliorare. E qui Azzolina prende due impegni: dare completa attuazione al decreto legislativo 66/2017 e dunque realizzare il sistema inclusivo nazionale; aumentare il personale specializzato e il livello di competenza dei docenti attraverso una specifica formazione, anche in ambito inclusivo, ricompresa tra gli obblighi contrattuali.

La formazione del personale scolastico
Il tema dell’aggiornamento professionale ritorna più avanti. Nel sottolineare che «la formazione del personale docente -obbligatoria, permanente e strutturale-secondo la normativa vigente e le linee guida definite dal Piano nazionale per la formazione dei docenti, costituisce una condizione indispensabile per garantire l’efficacia dei percorsi di istruzione» l’esponente pentastellata estende questo concetto a tutti i lavoratori della scuola: «Sarà necessario – spiega – per il personale docente ed educativo, definire all’interno del nuovo Contratto di lavoro il monte ore annuale obbligatorio per la formazionee assicurare, attraverso opportuni monitoraggi, la qualità dell’offerta».

Educazione civica obbligatoria
Tornando agli studenti l’atto di indirizzo si sofferma poi sull’«educazione di ogni studente alla cittadinanza attiva, alla legalità e al rispetto delle regole».Nel ricordare che da settembre 2020 sarà obbligatorio, nelle scuole di ogni grado, l’insegnamento trasversale dell’educazione civica la ministra conferma che è al lavoro sulle linee guida e promette di ascoltare tutti gli stakeholders. Oltre che di accompagnarli all’applicazione nelle classi di quei stessi principi.

Docente vittima di cyberbullismo: cosa fare, conseguenze penali per i minori

da Orizzontescuola

di Laura Biarella

La legge 71/2017 ha individuato la scuola come entità cardine per la prevenzione del cyberbullismo, anche attraverso lo strumento dell’educazione digitale. La legge non ha introdotto un nuovo reato di cyberbullismo, bensì si è limitata a rafforzare le forme di tutela, prescrivendo l’obbligo, per ogni scuola, di nominare un referente e prevedendo una serie di strumenti nuovi (ad esempio, l’ammonimento del questore), per arginare gli effetti delle condotte già in essere.

Ciò nonostante, i numeri dei reati associati al cyberbullismo è altissimo, mentre gli ammonimenti richiesti al questore sono pochi: soltanto 30 in tutta Italia nei primi due anni di vigenza della legge. Ma in tutto questo emerge un ulteriore ed allarmante manifestazione del fenomeno, ai limiti del paradossale: il cyberbullismo contro i docenti!

I dati sul cyberberbullismo. Dai dati diffusi nel 2019, e relativi al 2018, i reati più frequenti, consumati attraverso le modalità del cyberbullismo, sono stati:

  • diffamazione aggravata (109),
  • minacce e dalle molestie (122),
  • sostituzioni di persona (60),
  • estorsioni sessuali (43),
  • diffusione di materiale pedopornografico legate al fenomeno del sexting (28 casi denunciati nei primi cinque mesi del 2019, 40 in tutto il 2018).

Come si manifesta. Nella maggioranza dei casi il cyberbullismo (anche quando gli atti assurgono a reato) si consuma attraverso la condivisione, sui social media, di video o fotografie offensivi. Nei casi di sexting, che spesso si tramutano in estorsioni sessuali, a condividere video o fotografie intime in chat è proprio la vittima, che in seguito finisce per essere minacciata proprio dall’ex. Ma le manifestazioni non si limitano ad avere di mira i minori, in quanto emerge, crescente ed allarmante, il cyberbullismo che prende a bersaglio il personale scolastico (docenti, collaboratori scolastici e via di seguito).

Il ruolo della scuola. La scuola è stata indicata, dalla legge n. 71, come l’entità preposta a formare i ragazzi anche in tema di educazione digitale e, in linea con le finalità preventive, espresse dalla legge, l’intervento dovrebbero avvenire prima che i fatti si evolvano in reati veri e propri, seppur gli eventi di cronaca (che spesso sfociano in casi giudiziari) dimostra che non sempre è possibile. Nonostante gli strumenti messi a disposizione dell’ordinamento, deputati a facilitare l’emergere degli episodi, si registra ancora un certo grado di omertà, e talvolta anche una certa vergogna. Va al contempo precisato che, pur se gli episodi si sono verificati al di fuori dalla scuola, tuttavia maturati all’interno della classe, possono sfociare in una responsabilità dell’istituto stesso (come sentenziato dal Tribunale di Roma, n. 6919 del 4 aprile 2018).

La regolamentazione sull’impiego degli smartphone. Anche nell’ambito della propria autonomia, ogni istituto può regolamentare l’impiego degli smartphone durante l’orario scolastico, quindi comminare le sanzioni ritenute opportune, che ovviamente devono essere previamente contemplate dal regolamento di istituto.

Il cyberbullismo verso i docenti. La cronaca degli ultimi mesi ha riportato sempre più spesso vicende di cyberbullismo che hanno visto come vittime le persone istituzionalmente preposte sul fronte preventivo e difensivo, quindi a contrastare e combattere il fenomeno, come i docenti. I bulli, privi di timore alcuno per le conseguenze a cui potrebbero andare incontro, prescelgono come bersaglio il personale scolastico, rendendolo oggetto di derisione sulle chat e sui social.

Gli strumenti di tutela dei docenti. La Legge n. 71, nella sua genericità. non contempla tutela alcuna in favore degli stessi, i quali, armati degli strumenti “tradizionali”, dovranno far presente gli accadimenti, unitamente alle relative prove, sia al responsabile gerarchico (Dirigente Scolastico) che al referente. Quest’ultimo, infatti, pure avvalendosi della collaborazione delle Forze di polizia nonché delle associazioni e dei centri di aggregazione giovanile presenti sul Territorio, risulta deputato, ai sensi dell’art. 4, comma III, della Legge n. 71, a coordinare le iniziative di prevenzione e di contrasto del cyberbullismo. Per l’effetto saranno attivate le iniziative del caso, comprese quelle di natura disciplinare.

La denuncia penale. Ma quando i fatti rientrano nell’alveo della penalità (cioè fatti che costituiscono veri e propri reati penali, quali lo stalking, la minaccia, la violenza privata, e via di seguito), il docente, oltre a informare gli organi della scuola, dovrà sporgere la denuncia alle autorità competenti.

Conseguenze penali per i minori. Qualora le indagini sfocino con un rinvio a giudizio, le conseguenze per i giovani ritenuti responsabili penalmente sono diverse a seconda dell’età:

  • se il minore non ha ancora compiuto i anni 14, non risulta imputabile penalmente, ma può essere riconosciuto socialmente pericoloso ad opera del giudice minorile. Solo in tal caso possono essere comminate delle misure di sicurezza (libertà vigilata o collocamento in comunità);
  • se il minore abbia già compiuto i 14 anni (ma non ancora i 18 anni) risulta imputabile se viene dimostrata la sua capacità di intendere e di volere, pertanto sarà processabile e condannabile.

ATA, Azzolina: necessaria formazione, soprattutto per assistenti amministrativi che provengono da altri profili

da Orizzontescuola

di redazione

Nell’atto di indirizzo politico istituzionale firmato ieri dalla Ministra Azzolina, il personale ATA è citato due volte. Entrambe a proposito della formazione.

Innovazione digitale

Anche il personale ATA sarà coinvolto nel processo di innovazione digitale degli ambienti di apprendimento nella scuola.

Formazione sui profili di competenza, soprattutto per assistenti amministrativi che provengono da altri profili

“Vi è la necessità – leggiamo nell’atto di indirizzo – di procedere alla valorizzazione anche del personale ATA, garantendo a ciascuno dei profili
una formazione concreta e puntuale sulle aree di rispettiva competenza, ma anche, e soprattutto, sui temi aperti che rappresentano le nuove sfide professionali dei lavoratori.

In particolare, si dovrà procedere a una nuova politica formativa per gli assistenti amministrativi che provengono da altri profili, per i quali
maggiormente vi è la necessità di formazione in servizio sui temi fondamentali dell’amministrazione scolastica.

L’atto di indirizzo

MOF: firmato definitivamente il CCNI, assegnate economie a.s. 15/16

da Orizzontescuola

di redazione

Oggi, 13 febbraio, al Ministero dell’istruzione è stato definitivamente firmato il CCNI sul Fondo per il Miglioramento dell’Offerta Formativa (FMOF) 2019/2020.

E’ stato fornito un resoconto sullo stato delle assegnazioni dei fondi agli uffici scolastici titolari della contrattazione integrativa regionale riguardo all’art.86 CCNL (personale comandato e tutor del tirocinio).

Secondo il rapporto per l’anno 2012/13 il Ministero ha già provveduto ad assegnare le risorse a tutte le regioni, tranne la Basilicata, che non ha ancora fatto pervenire il proprio CIR.

Per gli anni successivi, il Ministero ha fornito una tabella dove sono evidenziati gli importi che a breve verranno assegnati alle singole regioni, che hanno registrato il CIR.

Riguardo alle economie MOF, per l’a.s.2015/16 sono state erogate tutte le somme nel mese di dicembre: per l’a.s.2016/17 gli importi sono state comunicati alle scuole, ma non ancora assegnati; per l’a.s 2017/18 il CCNI non è stato ancora perfezionato.

Ancora nessuna informazione sul decreto per l pagamento delle indennità Dsga con incarico su scuola sottodimensionata degli aa.ss. 2014/15 – 2015/16 – 2016/17 – 2017/18 e 2018/19.

Concorso Dirigenti Scolastici, approvato emendamento per assunzione idonei

da Orizzontescuola

di redazione

In sede di discussione al Milleproroghe 2020 è stato approvato in commissione l’emendamento sugli idonei al concorso per Dirigenti Scolastici 2017.

La graduatoria del concorso 2017 Dirigenti Scolastici ha compreso coloro che sono stati dichiarati vincitori, con esclusione degli ammessi con riserva ossia candidati utilmente collocati entro il 2900° posto e gli idonei (fino al n. 3420).

Le assunzioni dell’anno scolastico 2019/20 hanno riguardato in prima battuta 1.984 vincitori.

I posti lasciati liberi a causa delle rinunce sono stati coperti tramite lo scorrimento della graduatoria nazionale, a partire dalla posizione dell’ultimo incarico conferito e sono stati assegnati ulteriori 61 ruoli.

80 depennati da graduatoria

80 i vincitori depennati da graduatoria per

  • aver rinunciato all’assunzione;
  • non aver preso servizio senza giustificato motivo nel termine indicato dall’USR;
  • non aver perfezionato l’assunzione, entro trenta giorni, con la presentazione dei documenti richiesti dall’articolo 16 del bando.

Ricordiamo che la sentenza sul contenzioso relativo al Concorso è stata rinviata al 12 marzo 2020.

Assunzione idonei

Nell’ambito del Decreto Milleproroghe è stato approvato un emendamento per l’assunzione anche degli idonei fino a completo scorrimento della graduatoria

Vito De Filippo, deputato di Italia Viva, ha così commentato dopo l’approvazione dell’emendamento.

Con l’emendamento che proroga la graduatoria del concorso per dirigenti scolastici, si dà un’importante risposta non solo ai dirigenti coinvolti ma anche al sistema scolastico nel suo complesso.

La nostra modifica rende infatti possibile lo scorrimento delle graduatorie di merito dei concorsi, permettendo l’assunzione di circa 500 dirigenti scolastici altrimenti non assunti pur essendo risultati idonei. La norma –ha aggiunto– recepisce un nostro ordine del giorno al decreto scuola approvato a dicembre e colma così una lacuna di quel provvedimento. Nelle more del nuovo concorso, che auspichiamo venga bandito per tempo, dopo l’esaurimento delle assunzioni previste originariamente non si rischierà più dover ricorrere alle cosiddette reggenze, onerose per i dirigenti coinvolti e dannose per il funzionamento delle nostre scuole, che necessitano ciascuna di un dirigente a tempo pieno. Con questo emendamento Italia Viva conferma la sua attenzione al mondo della scuola e al futuro del nostro Paese” conclude.

Concorso straordinario secondaria, Ministero dice di no ad alternativa a religione cattolica

da Orizzontescuola

di redazione

Concorso straordinario secondaria: il bando è atteso nelle prossime settimane, ma ci sono ancora numerosi dubbi sui requisiti di accesso.

Da un lato infatti c’è la bozza del bando – già illustrata ai sindacati – dall’altro le risposte fornite per iscritto dal ministero su alcune delle richieste che gli stessi sindacati avanzano.

Adesso le bozze dei bandi e dei decreti sono stati trasmessi al CSPI per il prescritto parere.

Il parere del CSPI non è vincolante per il Ministero, ma in quet’occasione è particolarmente atteso perché le parti in causa hanno  punti di vista diametralmente opposti su alcuni aspetti della procedura.

Nella riunione del 29 e 30 gennaio Ministero e sindacato hanno affrontato anche la questione dell’eventuale valutazione del servizio svolto per alternativa alla religione cattolica.

La risposta del Ministero prende spunto da quella fornita ai sindacati per la valutazione del servizio svolto esclusivamente su sostegno, per il quale si è pronunciato negativamente.

Il Ministero afferma infatti  “Dagli atti parlamentari risulta peraltro in maniera inequivocabile la volontà del legislatore di mantenere
fermo il requisito del servizio specifico svolto sulla classe di concorso richiesta. Lo stesso principio vale rispetto al riconoscimento della validità del servizio svolto su materia alternativa a religione cattolica, quale servizio specifico sulla classe di concorso dalla quale è stata effettuata la nomina (punto 4).”

Ne deriva che solo se si sbroglierà la matassa relativa alla valutazione del servizio su sostegno come servizio per la classe di concorso dalla quale è derivata la nomina, potrà esserci la speranza di poter valutare anche il servizio svolto su posto di alternativa alla religione cattolica.

Azzolina, formazione docenti: nel nuovo Contratto un monte ore annuale obbligatorio

da Orizzontescuola

di redazione

La valorizzazione e lo sviluppo professionale del personale scolastico è uno dei punti dell’Atto di indirizzo politico per il 2020 che il Ministero dell’istruzione, guidato dall’On. Lucia Azzolina, vuole perseguire.

Azione prioritaria del Ministero – scrive la Azzolina – è costituita dalla promozione della formazione di tutto il personale scolastico, sia in ingresso che in tutto l’arco della vita professionale.

Particolare attenzione viene dedicata al personale ATA, garantendo a ciascuno dei profili una formazione concreta e puntuale sulle aree di rispettiva competenza, ma anche, e soprattutto, sui temi aperti che rappresentano le nuove sfide professionali dei lavoratori. In particolare, si dovrà procedere a una nuova politica formativa per gli assistenti amministrativi che provengono da altri profili, per i quali
maggiormente vi è la necessità di formazione in servizio sui temi fondamentali dell’amministrazione scolastica.

Inoltre – poiché la formazione dei docenti costituisce una condizione indispensabile per garantire l’efficacia dei percorsi di istruzione,  sarà necessario, “per il personale docente ed educativo, definire all’interno del nuovo Contratto di lavoro il monte ore annuale obbligatorio per la formazione e assicurare, attraverso opportuni monitoraggi, la qualità
dell’offerta, ferma restando anche la necessità di implementare, a livello tecnologico, un sistema informatico in grado di contenere la storia formativa di ciascun docente e di farla “colloquiare” con i dati anagrafici
relativi al servizio prestato. Ciò al fine di una migliore e sempre più adeguata valorizzazione del personale insegnante”