Sul merito e altri miti italici

Sul merito e altri miti italici

di Mario Maviglia

Il precedente nostro articolo (Come ti sistemo il concorso ispettivo), pubblicato su Edscuola il 14/02/2020, ha suscitato parecchie reazioni non solo tra docenti e dirigenti scolastici, ma anche tra persone non operanti nel mondo della scuola. In quell’articolo davamo conto di alcuni emendamenti al decreto legge “milleproproghe” in discussione in Parlamento, proposti da rappresentanti di diverse forze politiche e tesi a stabilizzare in maniera definitiva la posizione di quei dirigenti di seconda fascia nominati in base all’art. 19, commi 5 bis e 6, del D.Lvo 165/2001. Dal nostro punto di vista queste proposte di modifica – se approvate – non sarebbero altro che una “sanatoria” nei confronti di chi è stato beneficiario di incarico dirigenziale in seguito a una procedura comparativa dei curricula, e dunque senza aver superato un vero e proprio concorso. Peraltro queste forme di reclutamento sovente sono un espediente – formalmente corretto – per collocare in posti di un certo rilievo persone vicine all’establishment, senza alcuna seria valutazione sul piano del merito professionale. Oltre tutto, in questo modo verrebbe vanificato il previsto concorso per il reclutamento di 146 dirigenti tecnici, pur previsto dal Decreto-Scuola (DL 126/2019 convertito dalla legge 159/2019).

Alcuni lettori hanno sottolineato che in realtà anche il concorso tradizionalmente inteso (con la ritualità delle prove scritte, orali ecc.) non garantisce la selezione di persone professionalmente adeguate al ruolo da svolgere; e d’altro canto in altri sistemi scolastici il reclutamento di figure di questo tipo non avviene tramite concorso ma attraverso altre forme di reclutamento come colloqui, analisi dei curricula ecc. In fondo una procedura così concepita avvicinerebbe maggiormente l’Italia ai Paesi più avanzati. Anzi, secondo questo ragionamento, questa forma di reclutamento dovrebbe essere utilizzata anche per l’individuazione e la scelta dei dirigenti scolastici.  Il ragionamento non sembra fare una piega, almeno sulla carta. Tralasciamo gli aspetti organizzativi della questione; ci interessa puntare l’attenzione sulla sostanza del problema. Non dobbiamo trascurare che l’Italia è, tra i Paesi più avanzati, quello con il più alto tasso di corruzione: nella classifica internazionale 2019 stilata da Transparency International sull’Indice di percezione della corruzione l’Italia occupa il 51° posto, mentre risulta essere il 6° Paese più corrotto in Europa. Pensare che una procedura così fortemente discrezionale come quella prevista dall’art. 19 commi 5bis e 6 del D.Lvo 165/2001 non sia fortemente condizionata da criteri che nulla hanno a che fare con il merito, è segno di grande ingenuità, se non di malafede. 

Si eccepisce però che nel settore privato il reclutamento delle figure apicali avviene secondo questa procedura; si ci dimentica però di aggiungere che i manager del settore privato quando operano scelte sbagliate, anche nella selezione del personale, ne pagano direttamente le conseguenze, cosa che avviene rarissimamente nel settore pubblico. Peraltro la procedura comparativa dei curricula per la scelta dei dirigenti tecnici e amministrativi secondo quanto previsto dai citati commi 5bis e 6 dell’art. 19 D.Lvo 165/2001 è una delle forme più ipocrite di comportamento della PA, almeno per quanto riguarda il sistema scolastico (settore dove abbiamo operato per 46 anni). Negli ultimi anni è invalso l’uso di istituire commissioni ad hoc, nel MIUR e negli USR, per l’analisi e la valutazione dei curricula presentati dai candidati, per dare in questo modo una parvenza di correttezza e legalità alle varie operazioni. In questo modo i responsabili delle nomine (di solito i direttori generali) hanno facile gioco a dimostrare davanti agli organismi di controllo che le operazioni si sono svolte rispettando i crismi della legalità. In realtà tutti all’interno della struttura (e sottolineo tutti) sanno già chi saranno i prescelti prima dell’avvio della procedura comparativa. (Ovviamente questi pronostici vengono sistematicamente confermati). D’altro canto, in un Paese in cui la raccomandazione, la conoscenza personale, l’affiliazione politica e altre amenità del genere, esercitano un ruolo fondamentale nella possibilità di ricoprire determinati posti anche meno prestigiosi di quelli di cui ci stiamo occupando, perché ciò non dovrebbe avvenire nelle procedure inerenti i commi 5bis e 6?

Molti affermano che nemmeno un concorso classicamente inteso è immune da questi vizi, con l’aggravante che i continui contenziosi allungano oltremodo i tempi di svolgimento e creano situazioni fortemente stressanti negli interessati, come è avvenuto in questi anni con le vicende dei concorsi per il reclutamento dei dirigenti scolastici. In fondo – si obietta – un concorso non garantisce che vengano scelti i migliori tra coloro che vi partecipano e quindi in ogni caso non viene salvaguardato il merito. A queste obiezioni si può rispondere parafrasando Winston Churchill: “E’ stato detto che il concorso è la peggior forma di selezione, eccezion fatta per tutte quelle forme che si sono sperimentate fino ad ora”. Al di là delle battute, il concorso consente a tutti di cum-currere per un particolare obiettivo, anche se non si è stati amici d’infanzia del potente politico di turno, anche se non si è amico dell’amico del manager pubblico, anche se non si appartiene allo stesso partito del presidente di commissione. Il concorso consente a ogni uomo e donna di provare a misurarsi per raggiungere un obiettivo professionale ritenuto più gratificante o interessante. La preparazione al concorso richiede tempo, studio, fatica, risorse economiche, ma permette a tanti “signor nessuno” di far valere la propria preparazione. La vera democrazia si nutre di queste forme di “raccomandazioni”.

Sviluppo sostenibile

Un’esperienza scolastica di costruzione sociale “dello sviluppo sostenibile”[2]

di Carlo De Nitti[1]


Oggi non è che un giorno qualunque di tutti i giorni che verranno, ma ciò che farai in tutti i giorni che verranno dipende da quello che farai oggi.

            ERNST HEMINGWAY[3]

Il Mediterraneo realizza il proprio equilibrio vitale a partire dalla triade ulivo – vite – grano.

FERNAND BRAUDEL[4]

Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la sopravvivenza di un’autentica vita umana sulla terra.

HANS JONAS[5]

Siamo in un’epoca […] che non è l’epoca della soluzione […] è l’epoca di san Giovanni Battista, cioè di colui che cerca di annunciare e di preparare il messaggio.
Noi non abbiamo il messaggio. Quel che possiamo fare è porre i problemi e formulare le contraddizioni, è proporre la morale provvisoria.

EDGAR MORIN[6]

Rivolgo un invito urgente a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta […]    Il movimento ecologico mondiale ha già percorso un lungo e ricco cammino […] molti sforzi per cercare soluzioni concrete alla crisi ambientale sono spesso frustrati non solo dal rifiuto dei potenti, ma anche dal disinteresse degli altri […]
Abbiamo bisogno di nuova solidarietà universale.

PAPA FRANCESCO[7]


  • RINGRAZIAMENTI

Non mi è possibile iniziare questo intervento senza ringraziare gli organizzatori di questo Convegno, che hanno voluto che intervenissi, in qualità di dirigente scolastico di un I.I.S.S. che ha fatto dello sviluppo sostenibile uno dei punti forti della sua mission nella comunità territoriale al cui servizio si pone.

L’I.I.S.S. “Elena di Savoia – Piero Calamandrei” di Bari – che chi scrive ha l’onore di dirigere da cinque anni scolastici – non si sarebbe avviato lungo la via della sostenibilità senza il convinto e fattivo contributo dei docenti che, in modi, forme, sensibilità e tempi diversi hanno pensato, progettato, cooperato, monitorato e valutato in questa direzione. Senza il loro diuturno impegno l’I.I.S.S. non sarebbe qui a testimoniare la propria storia attraverso queste righe: a loro tutti il più vivo e sentito ringraziamento della comunità scolastica tutta e mio personale.

Altresì l’offerta formativa dell’I.I.S.S., invero descritta in altro testo recente[8] cui si rimanda per chi voglia approfondirla, non può essere pensata e realizzata se non nella prospettiva dello sviluppo sostenibile.

  1. LA SCIENZA E LA TECNOLOGIA PER L’UOMO

La frase di Hans Jonas in esergo – un imperativo categorico di palese discendenza kantiana[9] ripensato radicalmente nel nostro tempo – tratta dall’opera più importante del noto filosofo ebreo appare verosimilmente un’ottima definizione di sostenibilità.

Chi scrive ritiene che essa abbia il suo antecedente nel concetto di scienza inteso come problema filosofico dell’uomo che intende finalizzarla al bene–essere dell’umanità (tutta) medesima. Non è questa la sede per discorrere di intenzionalità filosofica della scienza né di critica di tutti i positivismi con qualsiasi semantica si presentino e di tutti i loro esiti[10], ma il tema dell’intenzionalità della scienza e della tecnica è, a parere di chi scrive, l’antecedente logico e filosofico dello sviluppo sostenibile in tutte le sue forme[11].

  • COSA  SI INTENDE PER “SCUOLA SOSTENIBILE”?

A normativa vigente, nel XXI secolo, in un curriculum scolastico la sostenibilità non può non avere una posizione centrale; una scuola “sostenibile” è quella che mira al principio delle tre cure: cura del proprio sé, dell’altro da sé, dell’ambiente naturale.

Essa si deve preoccupare per l’energia e l’acqua che consuma, i rifiuti che produce, il cibo che si consuma al suo interno, il traffico che genera verso la scuola nonchè per tutte le opportunità che possono interessare la comunità territoriale.

Un’istituzione scolastica che voglia porsi nel cammino dello sviluppo sostenibile deve, adempiendo in modo pregnante ai sensi della vigente normativa sulla materia, declinare il proprio curriculum di istituto e la propria progettualità consegnata al P.T.O.F. verso le tematiche del campo ambientale, per esempio, con attenzione continua alla riduzioni delle emissioni di biossido di carbonio.

Parimenti, non può non perseguire, nelle quotidiane pratiche didattiche, una politica di riduzione, riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti, con la responsabilità per tutti – adulti e bambin*/adolescenti/ giovani – di ridurre i consumi energetici e di acqua ed un’educazione alimentare nelle classi e nelle mense scolastiche (laddove presenti), promovendo i prodotti locali e una nutrizione rispettosa delle regole della corretta alimentazione, anche nel rispetto delle differenze individuali e delle diversità etniche e religiose.

E’ certamente, nelle possibilità delle iniziative delle istituzioni scolastiche autonome: promuovere iniziative – come “piedibus”, “ciclobus” et similia – per risparmiare energia, ridurre il traffico, l’inquinamento e promuovere la salute; curare parchi, giardini e cortili scolastici, per stimolare l’osservazione e la cura dei medesimi, anche quale fonte di benessere fisico e mentale delle ragazze e dei ragazzi.

Tutto questo non può che essere sostenuto da un costante processo di autoformazione ed apprendimento – anche organizzativo – permanente anche sulle tematiche ambientali anche in collaborazione reticolare con altre scuole a livello locale, nazionale ed internazionale: esso deve avere come vision l’attenzione vigile alle questioni globali, come la povertà, il cambiamento climatico e la nostra interdipendenza con le altre società e le altre economie in un’epoca come la presente caratterizzata dalla globalizzazione.

La sostenibilità si sviluppa più efficacemente nel mondo degli adulti se si inizia con le istituzioni scolastiche, e deve essere parte integrante di un curriculum scolastico con l’obiettivo di migliorare la qualità della scuola tutta e della società.

Lavorare nella scuola su temi della sostenibilità consente di pianificare giornalmente strategie di azioni, fornendo ai bambini, ragazzi e giovani le competenze ed i supporti, teoretici e metodologici, di cui hanno bisogno per meglio conoscere e controllare l’ambiente scolastico, il territorio e il mondo stesso. Quando un’istituzione scolastica inserisce nel suo P.T.O.F. la sostenibilità, non solo incomincia a interessarsi ed a curare l’ambiente, ma subentra anche l’entusiasmo per un nuovo apprendimento che è più reale, più vicino anche con la comunità del territorio che quel P.T.O.F. ha contribuito a redigere e condiviso con gli operatori della scuola.

  • L’ECONOMIA CIVILE

Questo I.I.S.S. si è avviato sul sentiero dello sviluppo sostenibile già nell’a.s. 2015/16, collaborando fattivamente con il Centro Studi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore “Giuseppe Lazzati” di Taranto[12], e con l’Unione Cattolica Imprenditori e Dirigenti (U.C.I.D.) dopo aver sottoscritto un protocollo d’intesa.

Intensi sono stati i rapporti – anche personali – intessuti e molto proficue le iniziative realizzate, nel quadro di un pensiero economico tutt’affatto che usuale e scontato quale quello incentrato sull’economia civile, che si configura come “un paradigma, cioè un particolare sguardo sulla realtà”[13], una weltanschauung.

In questa prospettiva, è stato organizzato presso la sede Calamandrei un Seminario per i docenti nel novembre 2015 ed un gruppo di essi – unitamente a chi scrive – si è recato in quel di Taranto nel dicembre per un incontro con il prof. Stefano Zamagni[14], presso la locale Camera di Commercio all’interno del Seminario di aggiornamento formativo per docenti e dirigenti scolastici su: “L’insegnamento dell’Economia Civile nelle scuole superiori” in collaborazione tra il Centro di Cultura ‘Giuseppe Lazzati’ dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Taranto e con l’Accademia Mediterranea di Economia Civile (A.M.E.C.).

La collaborazione è proseguita presso la sede “Calamandrei” dell’I.I.S.S. il 22 aprile 2016 con una sessione del gioco didattico “CIVILOPOLI: Scuola e impresa in gioco per un’economia civile”, al fine di “dare competenza ai sensibili e sensibilità ai competenti”.

4. DIPARTIMENTO DI ECONOMIA CIVILE E SOSTENIBILITA’[15]

Il Dipartimento di Sostenibilità ed economia civile – nato nel 2017 come Dipartimento di economia civile e  nel 2019 integrato con il termine ‘sostenibilità’  per rimarcare il nuovo orizzonte verso cui tendere per una scuola “green” – è costituito, a titolo volontario ed oblativo, da docenti di diverse discipline che avvertono la necessità di fare della scuola un luogo sperimentale in cui formare studenti preparati e cittadini consapevoli, per affrontare le grandi sfide di una società in repentina evoluzione. La scuola deve essere un punto di riferimento per la comunità territoriale di riferimento, promotrice della cultura in tutte le sue declinazioni: questo è possibile solo se si pone l’ambizione di essere “di qualità”, aperta ad esperienze e collaborazioni con la società civile.

Le linee guida che il Dipartimento si è dato si possono sintetizzare in tre punti: 1) legalità (con approfondimento su tematiche alimentari nel biennio e percorsi sui diritti nel triennio); 2) cittadinanza attiva; 3) sostenibilità.

Il Dipartimento di Sostenibilità ed economia civile ha trovato nel concetto di “sviluppo sostenibile” la chiave innovativa ed il cuore di una nuovo “fare scuola” in linea con l’Agenda 2030.

Numerose sono le attività promosse dal Dipartimento negli anni antecedenti: già nell’a. s. 2017-2018 l’I.I.S.S. ha aderito alla manifestazione “Giornata del Dono – Insieme per Donare”, promossa dal Centro di servizio al volontariato San Nicola, che ha coinvolto tutte le scuole del Polivalente per sensibilizzare gli studenti sulle attività del mondo del volontariato e del terzo settore.

La scuola inoltre partecipa tuttora alle attività promosse da Sapere Coop, proposte educative e laboratoriali sul tema dell’educazione al consumo consapevole con metodologie cooperative e di apprendimento tra pari.

Per l’approfondimento delle tematiche relative alla legalità è stato organizzato un ciclo di incontri con la dott.ssa e scrittrice Valeria Patruno con il progetto “I MIEI DIRITTI (umani) SONO I TUOI”, un incontro con la Guardia di Finanza di Bari sulla legalità economica e la partecipazione alla manifestazione promossa da Libera, la Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle Mafie, il 21 marzo 2018, a Foggia.

L’I.I.S.S. ha aderito alla giornata “Nontiscordardimè  – operazioni scuole pulite”, la storica campagna di volontariato di Legambiente dedicata alla cura degli ambienti scolastici per migliorare gli ambienti di apprendimento e di vita, dedicata alla pulizia dei giardini che circondano entrambe le scuole; l’attività è stata documentata dai ragazzi che hanno realizzato un video per partecipare al concorso “La scuola in un click” di Legambiente, attestandosi tra i primi tre vincitori a livello nazionale. Tale adesione si integra in un progetto dipartimentale “Per una scuola Polivalente” che mira a riqualificare il parco della sede di Japigia. La sede Calamandrei ha proposto il progetto “ALUNNI IN (PARTECIP)AZIONE” per il recupero e la valorizzazione di un bene comune individuato dagli alunni nel contesto urbano di riferimento.

La collaborazione con Legambiente si è ripetuta anche nell’a.s. 2018-2019 con l’adesione alla visita del Trenino Verde per approfondire le buone pratiche di una mobilità sostenibile e di un’economia circolare, con relativa partecipazione ad un flash mob sulla lotta allo smog per una migliore qualità della vita in città, e l’adesione al progetto “Volontari per Natura”, che, ancora una volta, si è incentrato sul monitoraggio dei rifiuti e della biodiversità della flora presente nel giardino del Polivalente e che si è conclusa con l’esperienza “Spiagge e fondali puliti” presso Cala San Giorgio per un’attività di monitoraggio e pulizia.

Il progetto “Per un parco Polivalente” ha spronato il dipartimento a partecipare al bando del Comune di Bari sulla formazione di Reti Civiche Urbane per arricchire l’offerta culturale dei diversi quartieri: la proposta della scuola è stata la creazione di un orto didattico nel giardino di entrambe le scuole. Tale partecipazione ha consentito inoltre al nostro istituto di entrare in contatto con i diversi soggetti presenti sul territorio e di avviare collaborazioni e progetti. In tal senso lavora anche il progetto ‘Dai “bisogni” alla realizzazione dei “sogni”’, un percorso di educazione alla partecipazione civilein  collaborazione con il Comitato spontaneo “Progetto Loseto”.

Per i temi relativi alla legalità e alla salute sono stati organizzati incontri per il progetto “No alcol no crash”, gestito dalla cooperativa sociale C.A.P.S., sulla stretta correlazione tra uso di sostanze psicoattive e incidentalità stradale nonché sulla sensibilizzazione e prevenzione primaria delle dipendenze patologiche, ed infine un incontro con  la Polizia di Stato,  “Io e Te alla Pari”,  intorno l’uso consapevole dei social network e contro la violenza di genere,  il bullismo ed il cyberbullismo.

Il Dipartimento si è arricchito di nuovi stimoli grazie alla relazione con l’Istituto “Tommaseo” di Milano per attuare insieme il progetto Sustainable Development School. Tale incontro ha messo capo ad una felice sintesi con l’organizzazione di un evento presso l’I.I.S.S. “La scuola dello sviluppo sostenibile” nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile. In tale occasione, l’Università degli studi di Bari Aldo Moro, l’Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia, la Sustainable Development School della cooperativa sociale Camelot di Milano, l’A.N.E.C. e l’I.I.S.S. hanno condiviso origini e sviluppi di una scelta didattica sperimentale da attuarsi nei prossimi anni con gli studenti.

Anche quest’anno scolastico si è aperto all’insegna di un lavoro condiviso, teso alla realizzazione di un modello si scuola orientata allo Sviluppo sostenibile, come nuovo paradigma che contribuisce a rafforzare l’identità dell’I.I.S.S. in tutti i suoi indirizzi: si lavora soprattutto per incentivare percorsi di formazione dei docenti e per reperire nuovi fondi e nuove risorse attraverso la partecipazione a bandi pubblici che aprano la scuola ad una dimensione di più ampio respiro.

La partecipazione alle Reti Civiche Urbane ha prodotto i suoi primi frutti attivando presso uno Sportello motivazionale e un Laboratorio informatico di riqualificazione urbana a disposizione dei ragazzi del nostro Istituto grazie all’A.P.S. Thesaurus, nell’attesa dei fondi che consentiranno la realizzazione dell’orto didattico.

La partecipazione al bando del M.I.U.R. sul “potenziamento delle competenze digitali e di cittadinanza attraverso metodologie didattiche e innovative” incentrate su percorsi sullo sviluppo sostenibile, da attuarsi in ciascun indirizzo della scuola, e al bando regionale per “Contributi straordinari per il pieno utilizzo degli spazi scolastici” per la riqualificazione del giardino aprono nuove e stimolanti prospettive al futuro lavoro della scuola.

Il Dipartimento si è posto inoltre l’ambizioso obiettivo di organizzare l’evento “We Bari”, in collaborazione con Camelot, Sustainable Development School, F.E.E.M. e il Comune di Bari, che prevede un ciclo di incontri di formazione per i docenti sull’educazione al bene comune attraverso la condivisione dei valori dello sviluppo sostenibile.

La scelta dell’educazione alla sostenibilità è un processo di formazione e ricerca che coinvolgerà più istituzioni locali e nazionali, ma è anche un progetto culturale che pone gli studenti e il territorio al centro di una rivoluzione formativa ed educativa che intende incidere sugli stili di vita e la mentalità di tutti i soggetti coinvolti a partire dal mondo della scuola. Pensare ad un futuro improntato allo sviluppo sostenibile significa cominciare a credere che il mondo si può cambiare facendo azioni concrete a partire dal proprio piccolo: il Dipartimento, dunque si impegnerà attivamente per costruire un modello formativo innovativo per attuare una trasformazione sociale, economica e ambientale orientata alla sostenibilità in tutte le sue declinazioni.

  • L’AGENDA 2030 PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

L’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, com’è ampiamente noto, è un programma d’azione, sottoscritto il 25 settembre 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU, che mira alla prosperità del pianeta e dei suoi abitanti. Essa indica i diciassette 17 obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile, da raggiungere da parte della comunità internazionale in un quindicennio, entro l’anno 2030:

Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs)

Goal 1: Porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo;

Goal 2: Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile;

Goal 3: Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età;

Goal 4: Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti;

Goal 5: Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze;

Goal 6: Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico sanitarie;

Goal 7: Assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni;

Goal 8: Incentivare una crescita economica, duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva ed un lavoro dignitoso per tutti;

Goal 9: Costruire una infrastruttura resiliente e promuovere l’innovazione ed una industrializzazione equa, responsabile e sostenibile;

Goal 10: Ridurre le disuguaglianze all’interno e fra le Nazioni;

Goal 11: Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili;

Goal 12: Garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo;

Goal 13: Adottare misure urgenti per combattere i cambiamenti climatici e le sue conseguenze;

Goal 14: Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile;

Goal 15: Proteggere, ripristinare e favorire un uso sostenibile dell’ecosistema terrestre, gestire sostenibilmente le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e far retrocedere il degrado del terreno, e fermare la perdita di diversità biologica;

Goal 16: Promuovere società pacifiche e più inclusive per uno sviluppo sostenibile; offrire l’accesso alla giustizia per tutti e creare organismi efficaci, responsabili e inclusivi a tutti i livelli;

Goal 17: Rafforzare i mezzi di attuazione e rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile.

Si tratta di traguardi fondamentali, “Obiettivi comuni” che riguardano tutti i Paesi ed i loro cittadini, ogni persona: nessuno ne è escluso, né deve essere lasciato indietro lungo il cammino, necessario per portare il pianeta tutto verso la strada della sostenibilità. In primis, ma non avulso dal contesto degli altri sedici “goals” il quattro, concernente “un’educazione di qualità equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti”.

Non vi è chi non veda in quei diciassette goals una rivoluzione del pensiero dominante, l’idea di un nuovo modello di sviluppo umano, una rivoluzione a 360 gradi: tutto questo non può non coinvolgere fin dalle fondamenta le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado: la vision, la mission, la progettualità e la gestione organizzativa. E’ una vera e propria “chiamata alle armi” … “la campana”[16] suona per tutti noi, operatori della conoscenza, l’esercizio dei “coscritti” di questa rivoluzione.

La rivoluzione oltre che educativa non può non essere didattica e, quindi, investire la didattica quotidiana militante[17]. La scuola delle competenze non può che essere anche scuola dello sviluppo sostenibile: rectius o è dello sviluppo sostenibile o non è delle competenze, in particolare, di cittadinanza attiva e responsabile.

  • COLLABORAZIONI: SLOW FOOD

La collaborazione con Slow Food prende abbrivo nell’anno scolastico 2017/18 mediante l’elaborazione e l’attuazione dell’Unità Didattica di Apprendimento “La festa di Pasqua tra Tradizione e Sostenibilità. Mangiare meglio, mangiare meno, mangiare tutti. Cibo buono, pulito e giusto”. Un lavoro che ha voluto accendere i riflettori sul tema dello Sviluppo Sostenibile e sulla

necessità improcrastinabile della presa di coscienza della situazione critica in cui versa il pianeta Terra e dell’assunzione di responsabilità per contrastarla attraverso il cambiamento degli stili di vita consumistici, tipici dell’occidente opulento e delle abitudini alimentari, additando ai discenti nei menù della tradizione pasquale – dove i principi della dieta mediterranea e del cibo buono pulito e giusto si coniugano naturalmente – un valido esempio[18].

La collaborazione si è intensificata durante l’anno scolastico 2019/20 attraverso la realizzazione dei Master of Food a cui hanno partecipato gli studenti ed i docenti dell’I.I.S.S.: il primo nell’ottobre del 2019 sul mondo dei formaggi ed un secondo che si terrà nel marzo 2020 sulle carni.

Slow food ha avuto, quindi, un ruolo decisivo nella presa di coscienza di tutti – studenti e docenti – nella direzione dello sviluppo sostenibile dell’azione didattica: tale consapevolezza è stata esemplificata da chi scrive, negli eserghi mediante la citazione dello storico francese Fernand Braudel.

  • COLLABORAZIONI: ASSOCIAZIONE BIOLOGI NUTRIZIONISTI ITALIANI

Un discorso peculiare, nell’ambito della costruzione di una scuola dello sviluppo sostenibile, merita la relazione non casuale e, si spera, neppure effimera con l’Associazione Nazionale di Biologi Nutrizionisti Italiani (A.B.N.I.) che l’I.I.S.S. che ho l’onore di dirigere ha iniziato ad intrattenere da quest’anno scolastico 2019/20.

Un’alimentazione sana si basa su principi ben noti, ma è sempre più chiaro come uno dei punti più critici da trasmettere è l’importanza della scelta e della preparazione del cibo. Queste operazioni routinarie e apparentemente banali costituiscono il momento cruciale in cui una persona dovrebbe mettere in pratica i principi per un’alimentazione sana e sostenibile, ma l’esperienza insegna che non sempre è così.

Per questo, con lo scopo di fornire una formazione professionale sempre più efficace e completa ai nostri discenti questo I.I.S.S. ha deciso di aprirsi a lezioni di CUCINA NUTRIZIONALE che non si limita a descrivere gli alimenti in base al loro apporto calorico e/o al loro contenuto in macro e micronutrienti, ma si propone di approfondire specificatamente la loro azione fisiologica e profilattica.

All’interno di queste lezioni, anche i discenti dell’I.P.S.S.E.O.A. potranno apprendere in nuce competenze professionali utilissime per il prosieguo dei loro studi e della loro futura attività lavorativa:
• applicare la teoria e le innovazioni della ricerca scientifica, alla pratica professionale giornaliera;
• applicare nella propria pratica professionale la conoscenza della tradizione alimentare mediterraneae delle proprietà degli alimenti;

• suggerire e realizzare le migliori combinazioni di alimenti, le modalità di cottura più salutari, l’uso delle spezie adeguate, ecc. in un contesto professionale;

• apprendere delle ricette, frutto di passione e ricerca, ideate al fine di poter fungere da veri e propri coadiuvanti nella cura con il cibo;

• vedere all’opera chef esperti e poter interagire con loro durante la preparazione delle ricette[19].

Tutto ciò – sia consentito a chi scrive di dirlo con una punta di orgoglio – è peculiarità specifica di questo, quasi neonato[20], istituto alberghiero che non vuole essere nella sua mission la copia più o meno riuscita degli altri I.P.S.S.E.O.A. già presenti storicamente sul territorio cittadino o, più recentemente, in quello suburbano.

  • VERSO IL DOMANI: PROSPETTIVE

La reticolarità che unisce l’istituzione scolastica con la comunità territoriale al cui servizio essa si pone è la via regia per la costruzione dello sviluppo sostenibile attraverso i/le bambini/e ed i/le ragazzi/e che la frequentano. E’ la scuola che non può non interfacciarsi[21] sempre meglio con i soggetti qualificati che lo sviluppo sostenibile promuovono e sostengono nei più diversi campi.

Lunga è ancora, a parere di chi scrive, la strada da percorrere nel segno dello sviluppo sostenibile e di una vita sociale diffusa nel segno della sostenibilità: sicuramente non si ferma qui l’impegno educativo della comunità scolastica che ho l’onore di dirigere, in cui operano docenti intimamente convinti che quella dello sviluppo sostenibile è l’unica via per assicurare un futuro ai nostri figli, ai nostri discenti, alle generazioni future.

  • FONTI NORMATIVE
  • D.P.R. 275/1999;
  • L. 107/2015;
  • D. M. 61/2018;
  • Risoluzione adottata dall’Assemblea Generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015: 70/1. Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.
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  12. DE NITTI CARLO, La sfida della bioetica in una società complessa, “Chaos”, I, 1993, 1, pp. 53 – 58;
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  14. JONAS HANS, Il principio responsabilità. Per un’etica della civiltà tecnologica, Torino 1979, Einaudi;
  15. LOGOZZO MONICA – PREVITALI DAMIANO – STANCARONE MARIA TERESA, La rendicontazione sociale, Napoli 2019, Tecnodid;
  16. MONTEFUSCO TOMMASO, Le competenze. Progettare, valutare, certificare, Bari 2013, Edizioni dal Sud;
  17. MONTEFUSCO TOMMASO, Competenze chiave europee RAV. Quali sono, come si valutano, con quali rubriche. Con espansione online, Milano 2018, Pearson Academy;
  18. MONTEFUSCO TOMMASO, Competenze di cittadinanza e didattica inclusiva. L’Agenda 2030 e UDA sulla cittadinanza, Bari 2019, Edizioni dal Sud;
  19. MORIN EDGAR, Tesi sulla scienza e l’etica, in BELLINO FRANCESCO, Op. cit., pp. 13 – 18;
  20. PACI ENZO, Funzione delle scienze e significato dell’uomo, Milano 1963, Il Saggiatore;
  21. SANTOMAURO GAETANO, Per una pedagogia in situazione, Brescia 1967, La Scuola;
  22. SEMERARI GIUSEPPE, Responsabilità e comunità umana. Ricerche etiche, Manduria 1960, Lacaita;
  23. SEMERARI GIUSEPPE, Civiltà dei mezzi civiltà dei fini. Per un razionalismo filosofico – politico, Verona 1979, Bertani;
  24. SEMERARI GIUSEPPE (a cura di), La scienza come problema, Bari 1981, De Donato;
  25. SEMERARI GIUSEPPE, Insecuritas. Tecniche e paradigmi della salvezza, Milano 1982, Spirali;
  26. STANCARONE MARIA TERESA, Una guida per il PTOF. Dal piano triennale alla rendicontazione sociale: come orientarsi tra i documenti della scuola, Napoli 2019, Tecnodid.
  1. SITIGRAFIA

www.asvis.it

www.creadapugliaonlus.it

www.disavoiacalamandrei.edu.it

www.prospettivapersona.it

www.scuolesceltaverda.com


[1] CARLO DE NITTI (Bari, 1960), laureato in Filosofia (1983) e perfezionato in Bioetica (1988), opera nella scuola pugliese da circa trentacinque anni: da tredici è dirigente scolastico, da cinque lavora per l’I.I.S.S. “Elena di Savoia – Piero Calamandrei” di Bari.

[2] Questo testo è la rielaborazione dell’intervento tenuto da chi scrive il 10 dicembre 2019 nell’ambito del Convegno “La costruzione della sostenibilità”, organizzato presso l’Aula Magna del Centre International Hautes Etudes Agronomiques Méditerranés – Istituto Agronomico Mediterraneo dalla Condotta di Bari dell’Associazione Slow food per festeggiare i trenta anni del Manifesto di Slow Food, firmato il 10 dicembre 1989 a Parigi.

[3] ERNST HEMINGWAY, Per chi suona la campana, Milano 1996, Mondadori.

[4] FERNAND BRAUDEL, Memorie del Mediterraneo. Preistoria e antichità, Milano 1998, Bompiani.

[5] HANS JONAS, Il principio responsabilità. Per un’etica della civiltà tecnologica, Torino 1979, Einaudi.

[6] EDGAR MORIN. Tesi sulla scienza e l’etica, in AA.VV., Trattato di bioetica, Bari 1992, Levante.

[7] PAPA FRANCESCO, Laudato sì, § 11 (il neretto è mio. N.d.A.).

[8] Cfr. CARLO DE NITTI, Educare la persona attraverso i linguaggi artistici: la progettualità “senza confini” di un I.I.S.S. in AA. VV., Educare “senza confini” la persona. I linguaggi artistici nella scuola, a cura di MARIA LUISA DE NATALE e CARLO DE NITTI, Bari, “Quaderni del C.R.E.AD.A. n° 6”, pp. 13 – 24.

[9] Si veda, a tal proposito, IMMANUEL KANT, Critica della Ragion Pratica, Bari 19  , Laterza, p.

[10] Si veda, a tal riguardo, FERRUCCIO DE NATALE, La fenomenologia e i due irrazionalismi, Bari 1981, Dedalo.

[11] Si può, a tal proposito, vedere l’allegata bibliografia su questo tema che, a parere di chi scrive, è sempre cruciale.

[12] Il Centro Studi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore “Giuseppe Lazzati” di Taranto – presieduto dal prof. Domenico Amalfitano, che, in questa circostanza, mi è gradito cogliere l’occasione per ringraziare a nome della comunità scolastica tutta e mio personale –  ha accompagnato ab ovo passi questo I.I.S.S. sulla via dello sviluppo sostenibile, allorché ha mosso i suoi primi passi anche organizzativi verso la tematizzazione nel suo curricolo dell’economia civile.

[13] LUIGINO BRUNI – STEFANO ZAMAGNI, L’economia civile, Bologna 2015, Il Mulino, p. 130. “A noi piace vivere e pensare l’economia civile come un processo o movimento culturale, inclusivo ed eterogeneo, i cui protagonisti non sono adepti di una ‘chiesa’ ma persone appartenenti a periodi storici diversi, tradizioni e scuole di pensiero differenti, accademici, imprenditori e giovani, accomunati tutti dall’intendere l’economia come un impegno civile pluralista, attenta alla vita e non dogmatica, interdisciplinare e storica” (Ibidem).

[14] Alla lettura di un volume dei proff. Bruni e Zamagni  – cfr. bibliografia infra – chi scrive queste righe, “sesto fra cotanto senno” nella scuola che dirige, deve quel poco che sa di economia civile.

[15] Esso – coordinato da una valente docente di discipline letterarie – è trasversale a tutte le classi di concorso ed i docenti vi partecipano su base assolutamente volontaria ed a titolo oblativo, in aggiunta al Dipartimento disciplinare cui afferiscono in ragione delle loro discipline di insegnamento.

[16] Pressoché pleonastico citare il notissimo romanzo del 1940 di Ernst Hemingway, di cui in esergo si trova un passaggio saliente.

[17] Si veda, nella bibliografia allegata, i volumi di uno studioso attento e documentato come Tommaso Montefusco.

[18] E’ in chi scrive indelebile memoria, a proposito di questa attività, di un incontro con S. E. Rev.mo Mons. Francesco Cacucci, Arcivescovo Metropolita di Bari-Bitonto. In questa sede, all’autore di queste righe è gradito rivolgere a S. E. un deferente pensiero di sentito ringraziamento. Egli, con grande e paterna disponibilità, ha ritagliato uno spazio di tempo tra i numerosi ed onerosi impegni della sua agenda, per rispondere alle domande preparate e postegli dai discenti dell’I.I.S.S. che chi scrive ha l’onore di dirigere.

[19] Corre l’obbligo, in questa sede, a chi scrive di rivolgere un sentito ringraziamento agli appassionati docenti che hanno permesso questa collaborazione tanto efficace per gli studenti dell’istituto.

[20] Questo I.P.S.S.E.O.A. è nato il 01.09.2014 – terzo ed ultimo in ordine cronologico dopo lo storico “Armando Perotti” ed il più recente ”Ettore Majorana” – e nell’a.s. 2018/19 si sono diplomati i suoi primi ‘eroici’ iscritti.

[21] Già nel D.P.R. 275/99, nell’art. 3, allorquando nasce il Piano dell’Offerta Formativa, il Legislatore attribuisce al Dirigente scolastico di attivare “i necessari rapporti con gli Enti locali e con le diverse realtà istituzionali, culturali, sociali ed economiche operanti sul territorio” (c. 3).

[22] Lungi dall’essere esaustiva della tematica affrontata, questa bibliografia evoca più che altro, ictu oculi, la biografia intellettuale di chi scrive… che chiede venia.

Passaggio di ruolo: può essere chiesto anche solo per una specifica scuola

da Orizzontescuola

di Giovanna Onnis

Il docente interessato a ottenere il passaggio di ruolo solo in una scuola può esprimere nella domanda questa sola preferenza analitica. Nessun obbligo per indicare più preferenze

Una lettrice ci scrive:

Vorrei sapere se è possibile fare un passaggio di ruolo condizionato ad un solo istituto di mio interesse. Nel caso non andasse a buon fine vorrei restare nel mio attuale ruolo.

Il passaggio di ruolo è un movimento che rientra nella mobilità professionale, con il quale si chiede un ordine o grado di istruzione diverso da quello di titolarità.

Come chiarito nel nostro articolo per chiedere passaggio di ruolo è indispensabile aver superato l’anno di prova nel ruolo di appartenenza e possedere i  titoli necessari per il passaggio richiesto

Quante preferenze

Le preferenze che possono essere inserite nella domanda di passaggio di ruolo sono in totale 15, tra scuole, distretti, comuni e province

Il docente interessato, però, potrà esprimere anche solo una preferenza

La normativa stabilisce, infatti, un numero massimo di preferenze esprimibili, ma non un numero minimo.

La domanda sarà, quindi, valida anche se viene chiesta nel passaggio di ruolo solo una scuola, come sembra essere l’interesse della nostra lettrice.

Se non otterrà il passaggio dell’unica scuola richiesta rimarrà nell’attuale scuola di titolarità senza alcuna conseguenza


Anticipo Tfs fino a 45 mila euro, il lavoratore dovrà pagare alle banche un tasso d’interesse: sarà agevolato

da La Tecnica della Scuola

Continua a trascinarsi nel tempo l’applicazione della norma che apre ai dipendenti pubblici la possibilità di percepire fino a 45.000 euro di anticipo del Trattamento di fine servizio, da corrispondere immediatamente dopo la fine della carriera lavorativa, attraverso il supporto del sistema bancario, quindi senza attendere, come avviene ora, anche due-tre anni per vederselo accreditato e pure a rate.

Come funziona il prestito

Solo che l’anticipo del Tfs, fornito dalle banche, non è a costo zero, ma prevede un tasso d’interesse annuo – seppure esente da imposta di bollo e da qualsiasi imposta di registro, diritto o tributo – a carico del dipendente beneficiario, comprensivo di eventuali oneri. Sempre il lavoratore che ha ottenuto l’anticipo del Tfs, dovrà pagare gli interessi annui agevolati alla banca, che sono fissati mensilmente dall’ultimo Rendistato pubblicato dalla Banca Italia, gravato dallo 0,30%.

Su questo punto, sulla percentuale del tasso d’interesse da restituire, si è espressa il 15 febbraio la ministra della P.A, Fabiana Dadone: “Stiamo lavorando – ha detto all’Ansa – per riuscire a ottenere un tasso il più possibile basso, per me deve essere un terzo di quello proposto dal mercato, altrimenti i dipendenti pubblici che vanno in pensione non avrebbero la convenienza” a chiedere l’anticipo della liquidazione, fino a 45 mila euro, attraverso il canale previsto dal cosiddetto Decretone.

Il decreto attuativo entro 100 giorni

La ministra ha anche detto che l’atteso provvedimento attuativo, con tanto di proteste sindacali, arriverà entro la prossima primavera: “abbiamo già mandato le nostre risposte al Consiglio di Stato che aveva espresso delle osservazioni e abbiamo avuto un primo incontro con l’Abi. A breve ce ne sarà un altro”.

Dadone ha quindi detto che “non è facile, perché inizialmente la platea doveva essere ristretta a chi usciva con Quota 100, poi il Parlamento ha deciso di estendere l’anticipo del Tfs-Tfr a tutti”.

Ora se “abbiamo una platea così ampia c’è il rischio di sbilanciare la concorrenza: dobbiamo trovare un equilibrio, posto che gli interessi sono detraibili”, ha concluso Dadone.

Cosa dice la legge

Il via libera all’operazione di anticipo del TFS era giunto con il decreto legge n. 4/2019, convertito nella legge n. 26 del 28 marzo 2019, il quale ha previsto che per fronte ai tempi lunghi di erogazione del trattamento di fine servizio dopo la cessazione del rapporto di lavoro (da un minimo di 105 giorni a un massimo di 24 mesi), è possibile “presentare richiesta di finanziamento di una somma pari all’importo, nella misura massima di cui al comma 5 del presente articolo, dell’indennità di fine servizio maturata, alle banche o agli intermediari finanziari che aderiscono a un apposito accordo quadro da stipulare, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dell’economia e delle finanze, il Ministro per la pubblica amministrazione e l’Associazione bancaria italiana, sentito l’INPS”.

Sempre la Legge 26/2019 ha previsto che “ai fini del rimborso del finanziamento e dei relativi interessi, l’ente che corrisponde l’indennità di fine servizio, comunque denominata, trattiene il relativo importo da tale indennità, fino a concorrenza dello stesso”.

L’importo è finanziabile con un tasso agevolato: quello, appunto, che la PA sta cercando di fare applicare il più conveniente possibile per i lavoratori che aderiscono all’anticipo del Tfs.

Cosa avviene oggi: tempi lunghi

Nel frattempo, ricordiamo, il trattamento di fine rapporto ai dipendenti pubblici continua ad essere erogato con tempi sempre più lunghi e pure a rate.

Dal 2014, la liquidazione del Tfs si realizza infatti non prima dei 12 mesi nel caso la cessazione del rapporto di lavoro si sia realizzata per raggiunti limiti di età, quindi a 67 anni; addirittura, dopo 24 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro in tutti gli altri casi, quindi se raggiunta con Quota 100, Ape oppure Opzione donna.

Alcuni mesi fa, la Corte Costituzionale, con la sentenza 159/2019, ha stabilito che non c’è alcuna discriminazione – rispetto ai dipendenti privati – nell’assegnare il trattamento di fine rapporto agli statali dopo 24 mesi dall’uscita dal lavoro, se si è optato per la pensione anticipata, e anche a rate, in tutti quei casi, frequenti, in cui l’importo superasse i 50 mila euro.

Dal 2023 la scuola dell’infanzia obbligatoria. L’Italia emula Macron: tutti in classe già a 3 anni?

da La Tecnica della Scuola

 

Di riforma dei cicli scolastici si parla da diversi anni. Di proposte ne sono state presentate tante: su tutte, quella di Luigi Berlinguer, che due decenni fa, da ministro dell’Istruzione, tentò di accorpare scuole medie ed elementari in un ciclo unico di sette anni, lasciando intatte le superiori, introducendo però il diritto-dovere della formazione professionale fino ai 18 anni di età. Quella riforma, di fatto mai approvata, lasciava però immutata la possibilità di frequentare i tre anni di scuola dell’infanzia, dai 3 ai 6 anni di età. Ora, è su quella fascia d’età che il Governo sembra volere agire, rendendola obbligatoria.

Oggi la scuola dell’infanzia non è garantita a tutti

Secondo un’anticipazione de ‘Il Messaggero’, il progetto andrebbe a stravolgere la visione della scuola dell’obbligo: non un dovere, ma un diritto visto che oggi, in Italia, la scuola dell’infanzia non è garantita a tutti, eppure resta ancora fuori un buon 5% di bambini: sono quelli che non la frequentano per scelta dei genitori o perché non rientrano nei posti disponibili.

Non solo: “a questi vanno sommati anche tutti quei piccoli alunni che si rivolgono alle scuole private, paritarie. E non sono pochi, anzi: nella scuola materna statale sono iscritti oltre 900mila bambini, in quella paritarie sono 524mila”. Quindi, un bambino su tre fino a sei anni frequenta un’istituzione scolastica non statale.

Ascani (Pd): aiutiamo le famiglie più disagiate

La novità del progetto è insita nel fatto che rendendo l’asilo obbligatorio, si assicurerebbe invece un posto nella scuola pubblica a tutti i bambini.

“Più che di obbligo – ha spiegato Anna Ascani, vice-ministra dem all’Istruzione e tra i promotori del progetto – parlerei di un diritto da garantire: il diritto dei bambini ad andare a scuola a 3 anni, a poter accedere a questo primo step della formazione e dell’educazione. E’ noto che i bambini che partono dalla scuola dell’infanzia hanno meno difficoltà negli studi ed escono meglio dal percorso formativo”.

“È un dovere garantire questa condizione a tutti i bambini, anche a quelli che, vivendo in condizione di disagio non solo economico ma anche sociale, non frequentano la scuola dell’infanzia. Spesso infatti sono le famiglie più disagiate a non iscrivere i bambini all’asilo”.

Servono molti soldi

Diventa rilevante, commenta ancora ‘Il Messaggero’ quindi l’aspetto economico: frequentare un asilo pubblico non prevede il pagamento di una retta se non per i costi della mensa per il tempo pieno, quindi si aggira sui 50-100 euro circa al mese a bambino. Iscriversi ad un asilo privato, invece, comporta ben altra spesa: dai 200 ai 350 euro circa di media con picchi anche ben più alti.

Per rimanere in tema di soldi, per avviare la sperimentazione ne servono davvero tanti. Sia per la formazione di chi c’è oggi, sia per assumere nuovi maestri.

“L’intenzione della maggioranza è quella di far partire l’obbligo entro la fine della legislatura, per il 2023. Ma le scuole paritarie, che oggi garantiscono una buona parte del servizio senza le quali mezzo milione di bambini resterebbe a casa, non resteranno escluse: hanno un’attività molto presente e ben radicata sul territorio e si trovano soprattutto in quelle aree dove mancano le strutture pubbliche, quindi la loro presenza è strategica. L’idea è quella di attivare convenzioni come già accade per gli asili nido nei singoli comuni”.

L’esempio transalpino

Vale a dire che la scuola dell’infanzia privata mette a disposizione dello Stato una quota dei suoi posti, se non tutti, ai quali i bambini possono accedere con tariffe statali.

Sarà poi compito della scuola pubblica compensare la differenza della retta richiesta dal privato. L’esempio da studiare, oggi, è quello francese: il governo di Macron ha infatti avviato in via sperimentale l’obbligo a 3 anni con la scuola dell’infanzia per tutti.

E l’Italia vive una condizione simile a quella transalpina: con il 95% di copertura, si trova in una condizione simile a quella francese che arriva al 97%, a fronte di una media europea di bambini all’asilo che si ferma al 70%.

Bisogna investire nei laboratori contro il declino degli istituti professionali

da La Tecnica della Scuola

I dati delle iscrizioni per l’anno scolastico 2020-21 indicano ancora un trend negativo per gli istituti professionali. Hanno perso 10 punti in 10 anni. Da oltre 22 punti percentuali stabili siamo scesi all’attuale 12,9%.

Il declino parte da lontano e le ragioni sono complesse, come abbiamo spiegato in un precedente articolo. All’epoca del governo Renzi, si è cercato di porre rimedio con la revisione dei percorsi. Il D.lvo 61/2017, collegato alla Buona Scuola, è entrato in vigore a partire dalle classi prime funzionanti nell’anno scolastico 2018/2019.

Visti gli errori precedenti e la poca attrattiva per l’utenza, il Decreto punta all’obiettivo di “un saper fare di qualità” in stretta relazione col territorio, evitando sovrapposizioni sia con gli istituti tecnici, sia col sistema di IeFP di competenza delle Regioni. I cardini della revisione sono: la ridefinizione degli indirizzi, l’incremento delle ore di laboratorio e un innovativo assetto didattico (aggregazione delle discipline all’interno degli assi culturali nel biennio, e, nel triennio, delle discipline di istruzione generale; progettazione interdisciplinare dei percorsi didattici per unità di apprendimento).

Si può contrastare il declino dei professionali? Lo abbiamo chiesto a Doriano Zordan, segretario dello Snals di Vicenza, che ha anche “le mani in pasta” in quanto docente a part time proprio in un istituto professionale.
  • Perché la “revisione” del 2017 finora non ha portato all’inversione di tendenza rispetto al calo continuo?

Tutto si è tradotto in un aumento del lavoro burocratico per il personale della scuola. Il D.lvo 61/2017, pur raddoppiando le ore di laboratorio, non ha ridotto il numero complessivo ed eccessivo delle materie, e le valutazioni per assi culturali non hanno risolto il problema.

  • Quali sono i problemi relativi al nuovo assetto didattico?

Il D.lvo 61/2017 prevede un Progetto formativo individuale, redatto dal consiglio di classe e coordinato da un docente tutor, allo scopo di aggregare le discipline e lavorare secondo una progettazione interdisciplinare, con l’organizzazione di unità di apprendimento, che rappresentano il riferimento per la valutazione e per il riconoscimento dei crediti. Insomma tutto un nuovo modo di operare, al quale i docenti non sono abituati, e un sovraccarico di lavoro.

  • Almeno è stata fatta la formazione per abituare i docenti a lavorare al “Progetto formativo individuale” e in modo interdisciplinare?

No, questo è un punto debole. Sono state fatte varie conferenze di servizio per gestire gli organici e risolvere alcune anomalie che si sono verificate con la riduzione oraria di alcune materie, per esempio inglese, ridotto di un’ora dal terzo anno in poi.

  • Che cosa pesa di più nella scarsa attrattività degli istituti professionali?

Gli investimenti nei laboratori sono insufficienti. Dagli anni Ottanta non sono stati fatti investimenti per rimodernare i laboratori degli istituti professionali adeguandoli alle tecnologie aziendali dell’industria 4.0. Nei laboratori di meccanica, ci sono macchine risalenti addirittura agli anni Sessanta. Pertanto, anche quando ci troviamo in presenza di alunni di scuola media interessati al professionale, la visita dei laboratori in fase di preiscrizioni non aiuta certo ad invogliare la scelta definitiva.

  • C’è un modo per incrementare i necessari investimenti nei laboratori?

Solo recentemente si sta muovendo qualcosa. Le aziende, allarmate da una carenza generalizzata di figure specializzate da inserire nei cicli produttivi, cominciano a sollecitare la politica e le associazioni di categoria a trovare investimenti per laboratori e strumentazioni al passo con i tempi. Inoltre, investire negli ambienti di apprendimento e nei laboratori è necessario per questioni di sicurezza. Come sindacato Snals-Confsal, abbiamo già fatto delle proposte concrete al Miur per mettere in sicurezza i laboratori delle scuole e per dotarli di attrezzature adeguate agli standard.

  • Che cosa non funziona nella fase di orientamento in entrata?

Come insegnante di meccanica, che si occupa di orientamento in entrata, ho costatato che i fattori che maggiormente incidono nella scelta del percorso scolastico dopo la scuola media, sono l’immagine dell’istituto, la condizione della struttura e il livello tecnologico delle macchine e della strumentazione contenuta nei laboratori.

È difficile combattere il pregiudizio delle famiglie che iscrivono i propri figli ai licei o ai tecnici, credendo che il professionale prepari a un lavoro poco gratificante e basato sulla sola manualità. Oggi nelle aziende si usano macchine e strumentazioni di alto contenuto tecnologico. Ma come si può essere convincenti se le scuole non sono adeguatamente attrezzate?

Notiamo poi una certa diffidenza da parte delle famiglie a iscrivere i propri figli nei nuovi percorsi e indirizzi previsti dalla riforma.

  • I Cfp (Centri di formazione professionale gestiti dalle Regioni) hanno un continuo aumento di iscritti, mentre gli Istituti professionali di stato sembrano meno competitivi, perché?

È troppo alto il numero di alunni per classe nei professionali di stato rispetto ai Cfp. Anche il rapporto alunni-classe incide fortemente nella scelta al momento dell’iscrizione. Imparare una professione in una classe di 25 alunni (con casi problematici in aumento e un gran numero di ripetenti provenienti da tecnici e licei) è ben diverso che impararla in una classe di 15. Negli anni Ottanta e Novanta i numeri degli studenti per classe non superavano mai i 20. Gli stessi Cfp oggi funzionano con numeri medi di 15 alunni e non superano mai i 20.

Dirigenti tecnici: non servirà concorso, saranno assunti con una “sanatoria”

da La Tecnica della Scuola

Tre emendamenti al decreto milleproroghe all’esame della Camera in questi giorni potrebbero mettere una pietra tombale sulle procedure concorsuali per il reclutamento di 146 dirigenti tecnici: lo sottolinea Mario Maviglia in un suo accurato intervento pubblicato poche ore fa sulla testata edscuola.it

Maviglia, già dirigente tecnico e provveditore di Brescia, segnala che gli emendamenti, praticamente identici, sono assolutamente trasversali, perché sono firmati da PD, Forza Italia e Gruppo Misto e potrebbero avere buone possibilità di essere approvati.

Per capire il senso della proposta bisogna innanzitutto ricordare che il cosiddetto “decreto scuola” prevede l’assunzione di 146 dirigenti tecnici mediante due differenti procedure concorsuali: una per immettere in ruolo 59 dirigenti a partire dal 2021 e una seconda per assumerne altri 87 con decorrenza 1° gennaio 2023.
Ma , spiega Maviglia, secondo gli emendamenti presentati alla Camera, “i dirigenti scolastici che attualmente ricoprono un incarico dirigenziale ex art. 19 comma 5bis del D.Lvo 165/2001 (in qualità di dirigente amministravo o tecnico presso il MIUR o gli USR) potrebbero transitare definitivamente nei ruoli dei dirigenti tecnici”.
“Stessa sorte – aggiunge – toccherebbe ad altro personale che ricopre un incarico dirigenziale ex art. 19 comma 6 del medesimo D.Lvo 165/2001 (docenti, dirigenti, esperti esterni all’Amministrazione) e che presenta un servizio continuativo superiore a 36 mesi”.
La logica che sostiene la proposta appare molto simile a quella dei concorsi straordinari: hanno diritto a diventare dirigenti tecnici tutti coloro che, in qualche modo, stanno svolgendo un incarico con pari caratteristiche anche senza superare una specifica procedura concorsuale.
Ovviamente tali assunzioni non potrebbero in alcun modo essere in numero superiore ai posti fissati dalla legge, 146 appunto, ma di fatto diminuirebbero di gran lunga il numero dei posti disponibili.
Non ci sono dati precisi, ma è molto probabile che, a conti fatti, i posti attribuibili mediante concorso ordinario si ridurrebbero a poche decine.
Per il momento – è bene ribadirlo – si tratta solo di una proposta di modifica al decreto milleproroghe e quindi bisognerà attendere che il provvedimento venga approvato definitivamente per poter tirare le conclusioni.

Sciopero scuola: Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda confermano il 6 marzo. Per Unicobas resta il 17

da La Tecnica della Scuola

Come da noi già anticipato lo sciopero di Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda si farà il prossimo 6 marzo, in ampio anticipo rispetto alla data del 17 marzo: in queste ore i sindacati hanno inviato alla Commissione di Garanzia la lettera ufficiale di proclamazione.
Lo sciopero, scrivono i sindacati nel loro comunicato, è proclamato “con particolare riguardo al personale in condizione di precarietà lavorativa”.
“Tale indizione – spiegano – rappresenta una prima espressione di dissenso per le scelte politiche in materia di gestione del personale della scuola”.

I sindacati protestano in particolare in quanto sarebbero stati disattesi gli impegni sottoscritti con il presidente del Consiglio Conte con l’intesa del 24 aprile 2019.
In quell’intesa – sostengono – “si condivideva l’esigenza di individuare le più adeguate e semplificate modalità per agevolare l’immissione in ruolo del personale docente che abbia una pregressa esperienza di servizio pari ad almeno 36 mesi di servizio”.
Sempre secondo le organizzazioni sindacali “risponde a tale esigenza la necessità di garantire ai candidati ogni opportunità di preparazione e di preventiva esercitazione”.
Inoltre – si legge ancora nel comunicato “non sono state attivate le procedure contrattuali o legislative per portare a soluzione il problema degli assistenti amministrativi, privi di titolo di studio specifico, che hanno svolto per almeno tre anni le funzioni dei Dsga;  non è stato avviato il confronto politico in merito ai percorsi di abilitazione strutturali, rispetto ai quali deve trovare riconoscimento l’esperienza professionale acquisita; nè è stato convocato il tavolo di contrattazione nazionale integrativa sulla mobilità, territoriale e professionale, del personale docente, educativo ed ATA”.

Nulla dice il comunicato né sulla questione contrattuale né su quella della regionalizzazione, temi sui quali, invece, resta fermo l’Unicobas che, per il momento, conferma lo sciopero del 17 marzo.