Se “multidisciplinare” diventa un concetto giuridico…
di Maria Grazia Carnazzola
1. I fatti.
“Cuneo, studentessa non supera
l’esame di maturità per due volte: i giudici bocciano i professori …Di
fronte a lei, aveva trovato gli stessi membri della Commissione che l’avevano
valutata in estate. Secondo i giudici, la colpa è proprio dei prof.: non hanno
rispettato le direttive ministeriali, affidandosi dunque alle vecchie regole,
una vera e propria interrogazione materia per materia invece di una discussione
multidisciplinare”. (Biagio
Chiariello 21/02/2020).
“Studentessa rimandata due
volte alla maturità: ora i giudici bocciano i prof”. (Pina Francone- 21/02/2020).
Queste due notizie riguardano uno
stesso fatto, il non superamento dell’Esame di Stato da parte di una
studentessa: una prima volta nella sessione ordinaria, una seconda nella
sessione stabilita dal Tribunale a seguito di ricorso. Ci sarà un terzo capitolo. A seguito di nuovo
ricorso, respinto dal TAR ma accolto dal Consiglio di Stato, la studentessa
potrà ripetere per la terza volta l’esame, davanti a una nuova Commissione. Quella del ricorso è una pratica diffusa, non
solo da parte dei ragazzi e delle loro famiglie: basta guardare agli ultimi
concorsi per docenti, dirigenti, magistrati…
Professori bocciati dunque? Presenteranno ricorso? Se la questione non fosse serissima, e la situazione tragica, ci sarebbe da ridere. Stiamo parlando di professionisti. Che la Commissione non conoscesse le disposizioni? Difficile a credersi, anche perché il colloquio da condurre con modalità multi-pluri o interdisciplinare (i termini sono generalmente utilizzati come sinonimo anche se non lo sono) non era una novità del Nuovo Esame di Stato, semmai la novità era nella proposta della Commissione, contenuta in una delle tre buste da sorteggiare, e nella fase d’avvio del colloquio. Già la legge 425/97, infatti, e il successivo regolamento applicativo DPR 323/98, avevano inteso conferire al colloquio una caratteristica multi o pluridisciplinare. Obiettivo poi ripreso nella L.62/2017 e nell’OM n. 205/11.3.2019 che all’art. 19-Colloquio- recita tra l’altro: “…La Commissione cura l’equilibrata articolazione e durata…e il coinvolgimento delle diverse discipline. Affinchè il coinvolgimento sia quanto più possibile ampio, i commissari…conducono l’esame in tutte le discipline per le quali hanno titolo…”. Forse è il momento di riflettere seriamente, tutti, su ciò che funziona e su cosa non funziona, senza tentazioni di scusanti riferite a Commissioni troppo severe o alla “causalità” ad ogni costo, lavorando sui dati e non sulle opinioni o sui pregiudizi.
2. Le considerazioni
Le valutazioni al termine dell’Esame di Stato
sono espresse, all’unanimità o a maggioranza, dall’intera Commissione, composta
da membri interni e da membri esterni, Presidente compreso. Il superamento di un esame non può essere legato
unicamente alla progressione scolastica, ma deve riferirsi al bagaglio
culturale posseduto. Senza una diffusa e condivisa cultura sistemica della
verifica misurabile dei risultati attesi, il disorientamento e la dispersione
diventano un fatto fisiologico, non un fatto patologico. “…se va male la
scuola…va male l’intera società…Ed è lì che vedi come una Scuola alla deriva
sia lo specchio di un Paese alla deriva” scriveva nel 2008 G.A. Stella. La scuola, per sua stessa natura, riceve il
contraccolpo di qualsiasi evento/cambiamento sociale, in positivo e in
negativo. E gli insegnanti filtrano, rielaborano, ridefiniscono contenuti
cercando di strutturare situazioni difficilmente strutturabili, adattando
metodi, sperimentando modalità didattiche diverse per ricondurre a forme
praticabili ciò che di informe abita altri settori. Non è ampliando o cambiando
gli oggetti dell’apprendimento che si sviluppano competenze, ma lo si fa
pensando in modo diverso al soggetto che apprende, agli strumenti di cui ha
bisogno per rapportarsi autonomamente con lo studio e alla realtà in cui vive.
Se, cioè, cambiano le modalità di lavoro, le prestazioni richieste e le
situazioni in cui le si chiede, nonché il compito che si propone. Non solo
apprendimento e restituzione, ma utilizzo autonomo, intenzionale e consapevole
di quanto appreso.
Il colloquio dell’Esame di Stato va in questa direzione e mette nuovamente in luce la necessità dell’integrazione dei saperi per una visione pluri-multi-interdisciplinari, visione che si ottiene solo integrando i diversi sguardi disciplinari per risolvere problemi reali o verosimili. Il punto di partenza, però, rimane sempre la competenza disciplinare, da intendere come padronanza di sintassi e di semantica, di contenuto e di metodo disciplinare da utilizzare in modo integrato quando le domande sono complesse e richiedono pensiero critico e chiavi interpretative. Multi-pluri- interdisciplinarità (tralascio la transdisciplinarità perché è qualcosa di diverso) sono “categorie di pratica”, non sono discipline, non hanno uno statuto epistemologico: sono modalità didattiche che mettono in evidenza la necessaria collaborazione delle discipline di fronte a problemi complessi; e non coincide neppure con la didattica per le competenze che si fonda sulle trasversalità. Rigorose didattiche disciplinari, quindi, per fondare solidi contenuti (conoscenze dichiarative e procedurali) e, parallelamente, l’utilizzo integrato e autonomo di tali conoscenze per comprendere il mondo. Nelle norme, il raggiungimento del successo formativo viene indicato come un valore fondamentale, diritto di tutti e di ciascuno. Competenza e merito sono i due obiettivi che la scuola dovrebbe perseguire e che la società dovrebbe pretendere; c’è bisogno di una scuola che delinei il cambiamento, ispirata ai nuovi paradigmi culturali, sociali, psicopedagogici, organizzativi e di nuovi strumenti operativi per sfidare e contrastare la tendenza all’iperspecializzazione da un lato e il rischio di una formazione generica e astratta dall’altra, da verificare in sede di Esame di Stato. Restituire con chiarezza agli studenti gli esiti delle prestazioni fa della valutazione un momento chiave per l’autovalutazione e per l’orientamento. Il mondo del lavoro, le imprese, le Università lamentano una divaricazione tra le certificazioni in uscita dai percorsi e le effettive competenze degli studenti; le indagini internazionali segnalano vistose debolezze negli esiti formativi della nostra scuola; gli studenti e le loro famiglie pretendono valutazioni positive confondendole con il diritto allo studio. La Scuola, travolta dalla discontinuità delle norme e dalla continua richiesta di nuovi adempimenti, si focalizza sugli adempimenti trascurando le domande sostanziali, affidando alla valutazione positiva della quasi totalità degli studenti una presunta inclusione sociale e la speranza di qualche ricorso in meno.
3. La conclusione
La Magistratura fa il suo lavoro,
giustamente, e la Scuola fa il suo, lo difende e ne risponde. La frattura che
si è da tempo creata tra gli insegnanti e i genitori, tra la scuola e la
società, è frutto- come ho già avuto modo di scrivere- della confusione che si
è ingenerata tra diritto alla trasparenza e pratica dell’ingerenza: la
collaborazione non è pretendere di interferire sulle scelte dei contenuti e
delle pratiche didattiche di cui la sola scuola è poi chiamata a rispondere, ma
è la disponibilità a costruire insieme percorsi per orientare al futuro con
fiducia. E la fiducia è il bene immateriale di cui i giovani hanno maggior
bisogno.
BIBLIOGRAFIA
- G.A Stella S. Rizzo, La deriva, Edizioni Rizzoli, Milano 2008, p. 183.
- L. 425/1997.
- DPR 323/1998.
- D.L. vo 62/2017.
- O.M.205/2019.
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.