Prove di smantellamento

Francesco G. Nuzzaci

Tra le pieghe dell’emergenza del Coronavirus si sono registrati due concomitanti eventi.

1. Il primo riguarda un disegno di legge sull’abolizione della chiamata diretta o chiamata per competenze dei docenti, la cui titolarità la legge 107/15 l’ha incardinata negli ambiti territoriali: a giudizio della sua proponente pentastellata, nell’intervista concessa a Orizzontescuola il 19 luglio 2019, “un dispositivo che conferisce ai dirigenti scolastici di fatto la possibilità di ingerirsi nella libertà di insegnamento di ciascun docente, tutelata dalla costituzione”.

Acquisita l’approvazione del Senato, con le “reazioni dei sindacati confederali e dei sindacati di base più che positive”, e passato all’esame della Commissione cultura della Camera dei deputati, pare però essere destinato all’archiviazione. Ciò nonostante, non vi sarebbe motivo per dolersene più di tanto, neanche per i Partigiani della scuola pubblica, di cui la docente e ora senatrice della Repubblica è stata membro attivo; che – delusi – pretendono le dimissioni della ministra Azzolina e del presidente della Commissione Luigi Gallo, anch’essi appartenenti al medesimo Movimento politico.

Non vi sarebbe motivo, poiché  tale istituto – insieme ad altri che intendevano qualificare l’aborrita tecnocratica legge renziana – è già stato fatto indirettamente defungere dal comma 796, articolo unico, della legge 145/18 (legge di bilancio per il 2019). Recita infatti il predetto comma che “a decorrere dall’anno scolastico 2019/2020 le procedure di reclutamento del personale docente e quelle di mobilità territoriale e professionale del medesimo personale non possono comportare che ai docenti sia attribuita la titolarità su ambito territoriale”: con una copertura legale ex post dell’abusiva disapplicazione lucrata dal CCNI sulla mobilità, susseguente all’accordo tra l’allora ministro Bussetti e i sindacati della scuola, e dovendosi comunque prendere atto che esso – meramente opzionale per i dirigenti scolastici – risulta essere stato  messo in pratica in misura marginale per le oggettive difficoltà derivanti dai vincoli di sistema.

2. Analoga sorte aveva investito il c.d. bonus premiale: suo depotenziamento e confluenza nell’indistinto fondo  per il miglioramento dell’offerta formativa – che raccoglie tutte le risorse rimesse alla contrattazione decentrata d’istituto –  ad opera del CCNL di comparto del 19 aprile 2018, con successiva sanatoria della legge di bilancio per il 2020 (comma 249, articolo unico, legge 160/19), che in più ne consente testualmente l’accessibilità all’intero personale della scuola, docente e ATA, a tempo indeterminato e a tempo determinato.

E lo stesso è a dirsi per quel che sarebbe ancora “da rivedere”, ovvero “la parte relativa alle prerogative degli organi collegiali che sicuramente devono recuperare spazio nelle scelte inerenti alla didattica e all’offerta formativa rispetto al dirigente scolastico che ancora determina le linee di indirizzo della scuola”.

Abbiamo non infrequentemente avuto modo, in questa rivista e altrove, di evidenziare la non necessaria enfasi posta dalla legge 107/15 sulla figura del dirigente scolastico e apprezzato, nella versione finale, gli opportuni correttivi di primigenie disposizioni inutilmente muscolari. Resta, indubbiamente, l’anomalia che sottrae per tabulas al Consiglio d’istituto, attribuendolo al dirigente scolastico, il potere di indirizzo politico, relativo alle scelte generali e/o alle priorità dell’istituzione scolastica, pur nel rispetto dei vincoli nazionali e nei limiti di bilancio. Senonché, a una più attenta lettura del testo, l’anomalia si rivela più apparente che reale; e – prendendosi spunto da un passaggio del Piccolo principe – l’essenziale si rende visibile agli occhi.

Difatti, spetta al Consiglio d’istituto l’approvazione del Piano triennale dell’offerta formativa, così come la sua possibile revisione annuale. Il che significa che la determinazione volitiva finale, intestata al Consiglio d’istituto, non può tradursi in una semplice presa d’atto di una decisione autocratica del dirigente. Sicché, per evitare di impantanarsi in un conflitto defatigante, se non paralizzante, con il Consiglio d’istituto – sino a quando lo stesso non debba essere sciolto dall’Ufficio scolastico regionale, con contestuale nomina di un commissario ad acta (oppure fino a quando non debba piuttosto il dirigente scolastico essere trasferito altrove per conclamata incompatibilità ambientale) –, il lemma approvato deve intendersi, ragionevolmente, inclusivo di un preliminare accordo su quello che è “il documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare, educativa e organizzativa che le singole scuole adottano nell’ambito della loro autonomia”.

La pari necessità di previe interlocuzioni  e di un’adeguata istruttoria, prima dell’emanazione dell’atto di indirizzo, vale nei confronti del Collegio dei docenti; che altrimenti – e a prescindere da tutt’altro che ipotetiche sue resistenze – potrebbe trovarsi nella situazione di dover elaborare il – complesso, articolato, plurale – piano triennale dell’offerta formativa sulla base di non condivise decisioni unilaterali e autoritative.

Così come vale per i mancati contatti, incontri, negoziazioni – sempre sulla bozza, scritta a matita, dell’atto d’indirizzo – con “gli enti locali e con le diverse realtà istituzionali, culturali, sociali ed economiche operanti sul territorio”, che il dirigente scolastico deve necessariamente “promuovere”; così come deve tenere “altresì conto delle proposte e dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni dei genitori e, per le scuole secondarie di secondo grado, degli studenti”.

A parte l’esplicito e inequivoco dettato normativo, dovrà egli poi ricordare che tra gli elementi-criteri-parametri della sua valutazione sono inclusi la “direzione unitaria della scuola, promozione della partecipazione e della collaborazione tra le diverse componenti della comunità scolastica, dei rapporti con il contesto sociale e nella rete di scuole” e, non meno, “l’apprezzamento del proprio operato all’interno della comunità professionale e sociale” (comma 93).

Dunque, lo spazio degli organi collegialiè già tutto a loro – più che libera – doverosa disposizione.

Rimarrebbe ancora in piedi la facoltà del dirigente di assegnare i docenti a posto comune o di potenziamento. E qui l’intervistata aggiunge di aver presentato un – risolutivo – “altro disegno di legge, fondamentale per prevenire fenomeni di mobbing all’interno delle scuole e casi di burnout nei docenti sui reclami stragiudiziali avverso i provvedimenti dei dirigenti scolastici”.

3. Elaborato al tempo della maggioranza giallo-verde del Conte 1, pensavamo che si fosse volatilizzato come le labili foglie al vento d’autunno, e di non doverne più parlare. E invece no, avendo appreso ieri l’altro che ha avuto avvio, nella Commissione Istruzione al Senato, la sua discussione.

Reca l’anodino titolo di “Modifica all’articolo 25 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di reclamo al dirigente preposto all’ufficio scolastico regionale”,ma  la sua traduzione è  Ricorso rapido contro il preside-sceriffo.

Se, in luogo di essere mandato al macero, dovesse tradursi in legge, l’attuale assetto (non più) autonomistico delle istituzioni scolastiche risulterebbe stravolto dalle fondamenta e, a fortiori, verrebbe meno la giustificazione della qualifica dirigenziale di chi non avrebbe più ragione di fregiarsene. E non è neanche questo il punto.

Sotto l’ipocrita foglia di fico della “tutela deflattiva del contenzioso” – come si legge nella relazione di accompagnamento – sono sì “fatti salvi” i commi da 1 a 4 del predetto articolo (qui ininfluenti i successivi 5-11), riguardanti i poteri attribuiti alla dirigenza scolastica. Ma sono poi in fatto neutralizzati dall’aggiunta dei commi 11-bis, ter, quater, quinquies e sexies: al di cui tenore, “avversotutti gli atti di gestione del rapporto di lavoro e i provvedimenti emanati dal dirigente scolastico”, compresi quelli disciplinari, di formazione delle classi, loro assegnazione ai docenti (e ovviamente su posto comune o sul potenziamento) … e  via delirando, entro cinque giorni dalla pubblicazione all’albo o dalla notifica agli interessati, “è ammesso un reclamo motivato al dirigente preposto all’ufficio scolastico regionale”.

Questi, entro il successivo termine perentorio di quindici giorni, in caso di accoglimento annulla o sostituisce l’atto o il provvedimento impugnato e lo comunica altresì all’Ufficio per i procedimenti disciplinari perché si attivi in caso d’inerzia del dirigente scolastico nell’eseguire la decisione. Decisione resa “su parere conforme” di una costituenda commissione di tre – oggi, e presumibilmente per almeno un lustro, introvabili – dirigenti tecnici. Che, si suppone in via esclusiva e dilatando oltre ogni ragionevole misura il proprio orario di lavoro, dovrebbero passare in filigrana tutti gli eterogenei atti di gestione dei de-dirigenzializzati ex-colleghi di pari seconda fascia e posti sotto loro tutela: dalla sanzione disciplinare inflitta, al contestato provvedimento che sposti un collaboratore scolastico in un diverso padiglione dell’edificio, o che abbia sottratto a una inviperita docente l’aula in cui si sia annidata da tempo immemore.

Subito è giunto il plauso di una sigla sindacale rappresentativa nel comparto ad augurarsi  che il provvedimento sia approvato senza stravolgimenti, per frenare  gli abusi “in numerose occasioni commessi da alcuni presidi nei confronti dei docenti”, così giustificando la “necessità di modificare il sistema”. E, nella circostanza, si ricorda la circolare con cui l’USR della Toscana, in seguito a due ordinanze della Corte di cassazione, ha ammonito i dirigenti scolastici dal sospendere dal servizio i docenti, sottolineando che la competenza per questo tipo di sanzione disciplinare spetta ai preposti uffici di ciascun Ambito territoriale.

Verrebbe di affermare: non provate a capire, il tutto è irrimediabilmente senza senso.

Dal primo settembre 2020 avremmo in servizio permanente effettivo diciotto, al momento chimeriche, triadi a sbrogliare, in media, un contenzioso di circa quattrocentocinquanta istituzioni scolastiche; e che, nella sostanza, saranno preposte a dirigerle in remoto, quindi anche dopo che riuscirà debellato il morbo venuto dalla Cina.

E passi pure, perché può esserci una lucida follia, di intrinseca coerenza, nella perdurante ossessione nei confronti dei satrapi dirigenti scolastici.

Ma è solo il frutto di una spaventosa superficialità non realizzare che il contenzioso, in luogo di deflazionarsi, lieviterebbe in misura esponenziale, potendosi contare su uno strumento veloce, a costo zero, direttamente azionabile senza doversi rivolgere a un legale e sempre impregiudicato il ricorso al giudice del lavoro. Con quale funzionalità delle istituzioni scolastiche lasciamo al giudizio di chi voglia mettere in moto quei meccanismi di riflessione, e anche d’inibizione, che gli umani denominano pensiero.

4. Potrebbe però funzionare, e la conflittualità nella scuola risolversi come d’incanto, qualora “il preside” dismetta le vesti di dirigente pubblico preposto in posizione apicale a una “pubblica amministrazione” (art. 1, comma 2, D. Lgs. 165/01), a un tempo ente dotato di una propria soggettività giuridica, ma entro i limiti dell’autonomia funzionale, e organo dello Stato, cioè di un più vasto apparato amministrativo deputato alla produzione di un pubblico servizio su tutto il territorio nazionale; suo rappresentante legale e responsabile esclusivo, in termini di giuridica esigibilità, della efficiente-efficace-economica progettazione ed erogazione di un’offerta formativa di qualità e inclusiva, perciò soggiacente all’esplicito “obbligo di adottare procedure e strumenti di verifica e valutazione della produttività scolastica e del raggiungimento degli obiettivi”,costituenti parametri – e limiti – alla stessa “libertà d’insegnamento” (art. 21, comma 9, legge 59/97): ben prima che si affacciasse sulla scena l’aborrita performance brunettiana, col sequitur della non meno repellente legge 107.

Le dismetta, per indossare quelle di membro di una fantasiosa autoconsistente “comunità educante”, esercitandovi “in forma differenziata l’unicità della funzione docente”:formula, tanto suggestiva quanto oscura, coniata mezzo secolo fa e inopinatamente oggi assurta a valore pseudo-normativo.

Vi agirebbe come primus inter pares, aquesto punto meglio legittimato da un’elezione diretta e ad tempus, concorrendo alla celebrazione dei riti di una democrazia scolastica quale fine in sé, ovvero libera di scegliersi i fini in assoluta autoreferenzialità, sciolta da qualsivoglia vincolo che non sia quello che, sovranamente, si determini di autoimporsi.

E, a ben riflettere, neanche qui difetterebbe la logica: nella misura in cui impone la coerente, e stringente, conseguenza della formale abolizione di una dirigenza segnata alla nascita dall’indelebile stigma di figlia di un dio minore ad opera del preistorico CCNL di comparto del 03.04.1995, il cui articolo 32 istituì la “distinta area della specifica dirigenza scolastica nell’ambito del comparto scuola, non assimilabile alla dirigenza regolata dal decreto legislativo 29/93”.

E’ il ceppo virulento su cui impetu legis (articolo 21, comma 16 del D. Lgs. 165/01) si è poi innestata la sublime “specificità” della quinta area contrattuale, dopo vent’anni riprodotta sotto le mentite spoglie di un’apposita sezione del – fintamente – comune CCNL Istruzione e Ricerca: sempre una sorta di retrobottega per farvi stazionare un sottoprodotto  altrimenti a rischio di infettare le altre dirigenze vere, quelle che a tutt’oggi godono di una retribuzione doppia rispetto ai colleghi – si fa per dire – aggettivati, e senza condividerne la congerie delle innumerevoli responsabilità.

Coronavirus, ma la scuola non si ferma

da la Repubblica

Non è una decisione che si può prendere facilmente quella di chiudere le scuole. Anche solo un giorno. Quando i giornali pubblicano titoli del tipo: “Sciopero dei docenti. Scuole chiuse”, non è mai vero. I presidi sono tenuti a mettere in atto tutte le misure organizzative possibili per assicurare la sorveglianza degli studenti senza chiudere le scuole. Solo quando l’adesione di docenti o collaboratori è così massiccia che in nessun modo si può assicurare l’incolumità dei ragazzi dentro le aule, è possibile chiudere, ma solo i plessi scoperti. Il preside deve fare una determina motivata, in cui indica come e perché è costretto a sospendere le lezioni. Le scuole chiuse rappresentano quindi nella realtà e nel simbolo l’eccezionalità del momento, anche perché in questi giorni non solo sono sospese le lezioni, ma sono chiuse anche le segreterie. A memoria di chi sta nella scuola, non è mai capitato, nemmeno con le nevicate eccezionali del 1985.

Finora si è trattato di due (primo ciclo) o tre giorni (superiori e università). Praticamente un ponte con le vacanze di Carnevale. Ora per Veneto, Emilia-Romagna e Lombardia si tratta di una settimana intera. È un periodo significativo che ha un impatto importante sul piano della riorganizzazione familiare e, per la novità, anche sull’organizzazione della didattica e della scuola stessa. Una settimana o due non rappresentano una tragedia per i programmi purché la scuola riesca a mantenere il legame con il processo di apprendimento.

“Lasciar cadere” questi giorni vuol dire perdere l’opportunità di verificare quanto le scuole si sanno attrezzare per una didattica che possa dare continuità all’apprendimento, anche a distanza, con modalità e strumenti che ci sono già e che sono conosciuti e apprezzati dagli studenti. Si può fare. Per situazioni particolari come la malattia prolungata di uno studente, più o meno tutte le scuole sono in grado di farlo, anche perché si ingaggiano i docenti su base volontaria e di solito si prestano i tecnologicamente più attrezzati. Un tempo non era così, adesso invece sì.

Ora però si tratta di organizzare una didattica a distanza strutturata, coinvolgendo in modo sistematico e ordinario tutti i docenti e gli studenti. Le scuole che hanno già messo a regime modalità di didattica a distanza stanno lavorando senza difficoltà. Sembrano meglio attrezzate le università. Gli altri livelli di scuola si muovono a spot. Il Miur ha organizzato un gruppo di supporto per le scuole che vogliono sperimentarla, in corsa, vista l’emergenza, invitando a collaborare “i produttori di hardware e software che desiderano rendere disponibili a titolo gratuito i propri prodotti”. In realtà è qualcosa che non si può improvvisare e che non potrà essere senza costi, come chiede il ministero, ma la strada sarà questa e i giorni particolari che stiamo vivendo ci dicono che si deve percorrerla con saggezza.


Coronavirus, Invalsi al via nelle quinte superiori. Nuovo calendario per le scuole chiuse

da Corriere della sera

Si comincia lunedì 2 marzo: fino al 31 marzo le classi quinte di tutte le scuole superiori d’Italia saranno impegnate a turno con le prove Invalsi. Da quest’anno sono obbligatorie per accedere alla Maturità. Ma il loro risultato non fa media. Con una decisione a sorpresa contenuta nella legge Milleproroghe la maggioranza ha deciso che quelle dell’ultimo anno di scuola superiore non verranno però inserite nel curriculum dello studente. Dunque al momento, solo i risultati delle prove di terza media sono consegnate agli studenti alla fine dell’anno e devono essere portate nelle scuole superiori al momento dell’iscrizione. Per quanto riguarda la quinta superiore si tratta di prove al computer di italiano, matematica e inglese.

Rinvio per l’emergenza

Per le classi che non sono a scuola nel giorno previsto dal calendario Invalsi a causa dell’emergenza coronavirus, l’Invalsi provvederà a riprogrammare i test appena possibile: «Siamo in grado di modificare il calendario scuola per scuola, dunque non c’è nessun problema per gli studenti», spiega il direttore Roberto Ricci.


Così funzionano le lezioni a distanza

da Corriere della sera

Valentina Santarpia

In quattro giorni di chiusura, gli studenti dell’istituto superiore Savoia Benincasa di Ancona, una delle scuole fondatrici delle Avanguardie educative, non si sono persi (quasi) nessuna lezione: l’89% dei docenti è riuscito a completare le ore come da programma. Lavagne in condivisione, documenti scaricabili sulla piattaforma gratuita, esercizi collaborativi: l’istituto, che raccoglie studenti di liceo scientifico, linguistico e tecnico economico, è l’esempio ideale di come dovrebbe funzionare la didattica a distanza, che in questi giorni sta diventando fondamentale per le chiusure da coronavirus. «Abbiamo avuto una risposta altissima di cui sono molto felice — ammette Alessandra Rucci, 55 anni, preside di questa scuola da 13 —. Ma non si improvvisa, è frutto di 10 anni di lavoro e pazienza».

Anche il presidente dell’Associazione dei presidi italiani, Antonello Giannelli, sottolinea: «Non abbiamo un sistema, ma tanti esempi virtuosi: dobbiamo far sì che questa situazione diventi un pungolo». E allora, da dove si parte? Il ministero dell’Istruzione si è attivato nei giorni scorsi, con una task force. «Conto di avere per lunedì sul nostro sito una piattaforma dedicata», ha assicurato la ministra Lucia Azzolina, lanciando subito due call per tutte le realtà pubbliche o private che vogliano mettere a disposizione gratis soluzioni tecnologiche, di software e di hardware.

E chi non sa come muoversi potrà fare gemellaggi con scuole che hanno già un’esperienza solida, partendo da un presupposto: in base alle fasce d’età, gli studenti possono essere coinvolti in modi diversi. «Per i bambini della primaria bisogna pensare a modalità semplici, che non richiedano molto impegno e non abbiano bisogno di un account personale», spiega Marina Lodigiani, educatrice di ImparaDigitale. «L’ideale è creare una bacheca virtuale condivisa, in cui i bimbi possano entrare senza una registrazione e da cui scaricare audio, video o schede. Dalla scuola secondaria di I grado in poi i ragazzi sono più autonomi, e allora si può creare una classe, con Google suite for education o Microsoft. È come ci fosse una stanza virtuale dove il docente può far entrare solo gli studenti che hanno l’account protetto. I ragazzi, dotati di webcam e microfono, possono partecipare alle lezioni. Chi parla è messo in primo piano in automatico, e il docente può silenziare gli altri per non creare baccano, o invece farli partecipare alla discussione, o anche condividere il suo schermo per mostrare qualcosa alla lavagna. La registrazione poi può essere salvata e rivista. In parallelo, il registro elettronico può essere usato dai docenti per lasciare materiali ai ragazzi, che possono scaricarli, completarli e restituirli online».

Tutto perfetto? Non proprio. Ci sono elementi problematici che vanno considerati. Il primo è l’autonomia degli studenti, che devono essere in grado di gestire la tecnologia. Il secondo, è la durata e la cadenza delle lezioni. Ad esempio, all’Ungaretti di Melzo, che è una Apple distinguished school, da lunedì hanno suddiviso le lezioni: «Facciamo meeting di tre ore per la primaria, 4 per la secondaria, tutte attraverso la piattaforma Zoom, a cui i ragazzi accedono con l’Id dell’insegnante», spiega la preside Stefania Strignano. Ma un altro nodo è la possibilità per tutti di partecipare: «C’è un 10 per cento di studenti che non raggiungiamo — conferma Lodigiani —. Per motivi di connessione, di competenze, di strumenti. Serve un’assistenza dedicata». Potremmo completare l’anno scolastico in versione virtuale? «Credo di no — chiude Lodigiani —. Siamo preparati per affiancare la didattica tradizionale a quella virtuale, ma non siamo pronti per sostituirla».

Coronavirus, nuovo decreto: stop certificati da 15 marzo, gite sospese con rimborso

da Orizzontescuola

di redazione

La bozza del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in merito alle nuove disposizioni sull’emergenza Covid-19 prevede alcune novità.

Tra queste la possibilità alternativa di lavoro telematico, gite sospese con rimborso dei pacchetti viaggio e fine – dal 15 marzo – dell’obbligatorietà del certificato medico per la riammissione nelle scuole dopo assenze dovute a malattie infettive.

Coronavirus, nuove misure scuola: deroga 200 giorni validità anno, salvo periodo di prova neoassunti, ATA appalti pulizia, rimborso viaggi istruzione. TESTO BOZZA

Ministra Azzolina mercoledì 4 marzo in audizione

da Orizzontescuola

Dovrebbe svolgersi mercoledì 4 marzo l’audizione della Ministra Azzolina  sulle linee programmatiche del Ministero da lei guidato.

Dopo l’atto di indirizzo politico 2020, come già annunciato, la Ministra esporrà in Parlamento le linee programmatiche.

L’esposizione, già rimandata due volte per emergenze contingenti, dovrebbe avvenire mercoledì 4 marzo.

Il Sen. Pittoni responsabile scuola della Lega e Presidente della VII commissione Cultura pone nuovamente l’accento sulla situazione del precariato docente “Mercoledì prossimo abbiamo Azzolina in audizione. Per l’ennesima volta proveremo a spiegarle la situazione…”

Pensioni, chi lascia a 62 anni con ‘Quota 100’ aspetta sette anni per la liquidazione

da La Tecnica della Scuola

“Oggi chi nel pubblico impiego esce con ‘Quota 100’ deve aspettare per ottenere la liquidazione sette anni”: cinque anni per arrivare a 67 di età, più il biennio ulteriore che devono attendere tutti. A ricordarlo è Massimo Battaglia, segretario generale della Confsal Unsa, parlando ai microfoni di Rai Radio Uno.

L’anticipo del Tfs-Tfr fino a 45 mila euro non piace

Per ovviare il problema, il Governo conta di introdurre a breve l’anticipo del Tfs-Tfr fino a 45 mila euro, attraverso la formula del prestito bancario agevolato.

Ma secondo il sindacalista, questa non è però la soluzione utile a ridurre la lunga attesa: “I lavoratori del pubblico che vanno in pensione hanno diritto alla liquidazione. non a un prestito bancario sui cui bisogna comunque pagare interessi. Alcune banche già lo fanno all’1% e scendere è difficile”, ha detto Battaglia, replicando così alla ministra della Pubblica amministrazione Fabiana Dadone, invece positiva sulla formula del prestito bancario.

Battaglia ricorda che si parla da tempo dell’esigenza di equiparare il pubblico impiego al lavoro privato, che garantisce “la liquidazione immediata”.

Quindi rivendica: “il diritto non può essere barattato con un prestito bancario”. E poi, evidenzia, “c’è una sentenza della Consulta che ha invitato il Governo a risolvere la questione con una legge, non basta un prestito bancario”.

Oltre la Fornero

Dal canto suo, il Governo si dice pronto – attraverso il viceministro all’Economia, Antonio Misiani – a “costruire un sistema pensionistico che vada al di là della Fornero con un meccanismo più equo e anche più sostenibile dal punto di vista finanziario di quanto non sia stata Quota 100”.

“Quota 100 – ha aggiunto – finirà nel 2021, stiamo dialogando con le forze sociali per mettere in campo un meccanismo di flessibilizzazione dell’età di pensionamento che sia strutturale. Quota 100 ê stata venduta da Salvini come una riforma della Fornero ma in realtà era una misura assolutamente transitoria”, ha concluso Misiani.

‘Quota 100’ anche nel 2021

Per il Governo, tuttavia, gli effetti di ‘Quota 100’ sono da considerare importantissimi.

“Le precedenti leggi, in particolare quella Fornero, sono state troppo pesanti a livello di sostenibilità per il Paese e – ha detto la ministra della Pubblica Amministrazione, Fabiana Dadone – hanno bloccato l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, in particolare nella pubblica amministrazione”.

“Sulla Quota 100 deve rimanere fermo il triennio di sperimentazione, che è utilissimo (che si conclude a fine 2021 n.d.r.). Poi, se ci saranno ulteriori valutazioni da fare, si faranno. Per il momento però trovo giustissimo mandare le persone in pensione a un’età equa”.

Ancora sul Concorso ispettivo

ANCORA SUL CONCORSO ISPETTIVO: QUANDO L’AFFARISMO NON PERDE NE’ IL PELO NE’ IL VIZIO

di Mario Maviglia

In due precedenti articoli pubblicati su queste pagine (Come ti sistemo il concorso ispettivo, del 14/02/2020, e Sul merito e altri miti italici, del 16/02/2020) abbiamo stigmatizzato la proposta di rappresentanti di diverse forze politiche di inserire alcuni emendamenti al decreto legge “milleproroghe” allora in discussione in Parlamento, finalizzati a stabilizzare in maniera definitiva la posizione di quei dirigenti tecnici di seconda fascia nominati in base all’art. 19, commi 5 bis e 6, del D.Lvo 165/2001. Quegli emendamenti sono stati cassati in quanto non godevano dell’appoggio della maggioranza governativa. Ma ciò che è uscito dalla porta si tenta adesso di farlo rientrare dalla finestra, in forma un po’ più subdola, ma non per questo meno grave. Infatti all’interno del disegno di legge di conversione in legge del D.L. 1/2020 (riguardante il cosiddetto “spacchettamento” del MIUR), approvato dal Senato e trasmesso alla Camera, è stato inserito un emendamento (art. 3bis comma 1 lett f) che prevede “la previsione di una quota riservata fino al 10% dei posti per i soggetti che, avendo i requisiti per partecipare al concorso [per dirigente tecnico], abbiano ottenuto l’incarico e le svolto le funzioni di dirigente tecnico, ai sensi dell’articolo 19, commi 5-bis e 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per almeno tre anni, entro il termine di presentazione della domanda di partecipazione al concorso, presso gli uffici dell’amministrazione centrale e periferica del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, nonché del Ministero dell’istruzione”.

Insomma, per certi “onorevoli” signori è assolutamente inconcepibile che per accedere a determinati posti apicali si debba superare un regolare concorso, senza alcuna forma di “riserva”, così come sono costretti a fare tutti i comuni mortali, che non hanno amicizie politiche, o frequentazioni altolocate o santi in paradiso. Infatti, i “soggetti che presentano i requisiti” previsti da questo comma, sono gli stessi che hanno avuto la possibilità di ricoprire l’incarico di dirigente tecnico attraverso una procedura comparativa dei curricula ben lontana da una regolare procedura concorsuale. Beninteso, tutto ciò è previsto dalla norma (all’art. 19, commi 5-bis e 6, del D.Lvo 165/2001), ma in questo caso si vuole surrettiziamente violentare la norma stessa introducendo un elemento di stabilizzazione dell’incarico che non trova riscontro nello spirito e nella lettera del citato art. 19 (che parla di incarico triennale, ancorché rinnovabile). 

Ovviamente questi stessi “onorevoli” signori saranno i primi ad osannare il valore del merito e a sottolineare la necessità di valorizzare le eccellenze e le competenze, ma temiamo si riferiscano alle competenze dei propri accoliti. Quella “quota riservata fino al 10% dei posti” va contro le legittime aspirazioni di quanti hanno iniziato un percorso di studio, di approfondimento e di preparazione in vista del concorso, non potendo fare affidamento su null’altro se non sulle proprie capacità e sul proprio impegno. Il concorso dà a tutti la possibilità di misurarsi alla pari con gli altri concorrenti, senza creare distinzioni tra figli e figliastri. Certo, si può obiettare che anche un concorso non è esente da possibili forme di corruzione e irregolarità che si traducono in vantaggi per alcuni concorrenti e in svantaggi per altri. Questo è realisticamente possibile; proprio per questo motivo siamo convinti che la gestione di un concorso (soprattutto se finalizzata a selezionare figure apicali) dovrebbe essere affidata ad una agenzia autonoma, senza alcun legame con il ministero committente (nel nostro caso il MIUR). Il ministero dovrebbe fornire solo l’identikit delle competenze professionali attese per ricoprire quel determinato ruolo e poi lasciar lavorare l’agenzia autonoma, attendendo gli esiti finali. 

In ogni caso, gli incarichi ex art. 19 commi 5-bis e 6 non devono interferire con le procedure concorsuali sotto alcun profilo, men che meno prevedendo “quote riservate”. Agli “onorevoli” signori diciamo di continuare ad interessarsi del sottobosco delle nomine ex art. 19 commi 5-bis e 6 (come hanno sempre fatto), ma di lasciar stare i concorsi ordinari.

Dove va la scuola italiana?

Dove va la scuola italiana?

Ernesto Galli della Loggia a  Catania

         Se ne discuterà venerdì 6 marzo all’Istituto “Francesco Ventorino” di Catania con il prof. Ernesto Galli della Loggia, autore de “L’aula vuota”.

         L’incontro, organizzato dalla Fondazione Francesco Ventorino  e dal Centro Culturale di Catania, sarà introdotto dai dirigenti Michela D’Oro   e Alfio Pennisi, e intende mettere in luce le criticità e le prospettive della scuola in Italia, nel confronto con la ricca, argomentata, ma anche appassionata e sofferta, ricostruzione delle sue vicende.

         Le innovazioni, i cambiamenti, le leggi della “Buona scuola” vengono rilette alla luce della tradizione del passato,  di una scuola con la “C”  della cultura, della comunità educativa , convergenza, cooperazione, collegialità, contenuti e competenze.

         Oggi questi valori  hanno perso smalto e significato attuativo per cui omettendo la lettera “C” si scrive  “suola” , facile da calpestare e trascurare..

         Il volume  del prof. Galli della Loggia, nonostante le numerose critiche,  definito “un formidabile pamphlet di denuncia dei motivi di decadenza della scuola italiana, è una dolcissima e talvolta perfino commossa dichiarazione d’amore per il sapere”

         L’invito a partecipare all’evento  (ore 19,00) presso l’Auditorium dell’Istituto Ventorino  (Piazza San Domenico Savio) è rivolto a tutti gli operatori della scuola,  dirigenti, docenti, genitori. Positiva occasione di riflessione e di rilancio del progetto scuola.

Giuseppe Adernò

Sfide – La scuola di tutti

6-8 marzo – Milano, fieramilanocity

SFIDE – LA SCUOLA DI TUTTI

Scuola, Formazione, Inclusione, Didattica, Educazione

La scuola si racconta: tre giorni di incontri, laboratori e seminari per insegnanti, dirigenti, studenti e famiglie

Dal 6 all’8 marzo torna la terza edizione del salone Sfide – La scuola di tutti, dedicato a insegnanti, dirigenti, studenti e famiglie, con un fitto programma di incontri, laboratori e seminari che spazia dall’innovazione alle pratiche inclusive, dalla didattica alla formazione. Non mancherà un’area espositiva dove aziende e associazioni presenteranno materiali e supporti utili in campo didattico o educativo e uno spazio di apprendimento interattivo per sperimentare nuove tecnologie a sostegno dell’insegnamento. Il Salone si terrà a fieramilanocity, all’interno di Fa’ la cosa giusta! 2020.

L’edizione 2019 di Sfide ha visto 4150 iscritti tra docenti, dirigenti scolastici, studenti e famiglie, che hanno preso parte ad oltre 110 appuntamenti.

Saranno 4 i filoni principali intorno a cui ruoterà il programma di attività della tre giorni: l’insegnamento e l’apprendimento “con gli altri”, con appuntamenti dedicati all’importanza della condivisione, della comunicazione e dell’inclusione; il legame tra scuola, territorio e cittadinanza; lo stretto legame tra libri e libertà, con focus sulle esperienze di collaborazione con le biblioteche comunali e di quartiere. Il Salone offrirà anche 2 giorni di formazione specifica per i dirigenti scolastici con uno spazio di confronto e progettazione dedicato, dove verranno affrontati temi legati alla leadership educativa e alle sfide dell’innovazione.

Il convegno principale di Sfide sarà dedicato alla valorizzazione degli elementi di eccellenza della scuola italiana, ad esempio nel campo dell’inclusione delle differenti abilità e culture. 

Tra le novità di questa edizione:

Cosa offre oggi  la formazione professionale? E con quali prospettive per il mondo del lavoro? Se ne parlerà con Maria Grazia Demaria, responsabile istruzione tecnico professionale dell’Ufficio Scolastico Regionale Lombardia; Angela Izzuti, dirigente scolastica Istituto ISIS Giovanni Giorgi di Milano; Luca Azzollini, dirigente Scolastico I.I.S. Paolo Frisi di Milano; Sabina Minuto, insegnante; Annamaria Zerboni, Unioncamere Lombardia. L’incontro si propone anche di scardinare l’idea che le scuole tecniche siano di serie B, verranno presentati alcuni casi di eccellenza e suggeriti alcuni spunti di miglioramento. 

Inclusione e interdisciplinarietà sono parole chiave di Sfide – La scuola di tutti, e molti saranno gli incontri dedicati a questi temi. Lucia Landi, docente dell’Università di Verona, proporrà il workshop “Imparare insieme a 360° per includere” che illustra le potenzialità didattiche del learning together nella narrazione con la realtà virtuale. “TAC-Teatro Attiva Cultura” è, invece, un progetto sperimentale attivato all’interno dell’I.C. Rinnovata Pizzigoni di Milano che si propone di trasformare la scuola e i suoi spazi in un luogo di sperimentazione teatrale e performativa a disposizione del quartiere e della città con l’obiettivo di creare, attraverso l’arte, occasioni di incontro e inclusione. Se ne parlerà con Noemi Morrone, docente all’I.C. Rinnovata Pizzigoni, all’interno dell’incontro dedicato.

L’esperienza musicale nella didattica può essere un eccellente veicolo per la stimolazione sensoriale e per favorire il miglioramento delle prestazioni cognitive dei bambini. Ad esempio nell’incontro “Le elaborazioni multisensoriali musicali” si spiegherà in che modo la musica può avvicinare alla lettoscrittura, al calcolo logico-matematico, aiutare la psicomotricità fine e l’autoregolazione insieme a Carmelo Farinella, pianista e docente, e Maurizio Anselmo Gavazzoni, formatore e consulente specializzato in didattica musico-interdisciplinare.

Cosa può insegnare lo sport alla scuola? Quali contributi può offrire una disciplina apparentemente centrata sulla performance fisica? Con Cristiano Pravadelli, psicologo e formatore, e Paolo Loner, Life Sport Trainer, si parlerà di formazione, sviluppo, crescita e miglioramento del capitale umano a partire dall’analisi delle 4 aree di sviluppo tipiche delle discipline sportive: tecnica, tattico/strategica, fisica e mentale.

Durante i tre giorni verranno proposti anche percorsi pratici e immersivi che integrano esperienze educative di robotica, tinkering, coding e realtà aumentata.

Nella tavola rotonda “Videogiochi: istruzioni per l’uso” si parlerà dei pro e contro dei videogiochi per uso ludico e educativo, con Anna Maria Caruso, Garante dei diritti per l’Infanzia e l’Adolescenza del Comune di Milano; Raffaella Schirò, pediatra; Michela Balconi, docente di Psicofisiologia e Neuroscienze Cognitive all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Brescia; Massimiliano Andreoletti, docente e videogiocatore; un rappresentante dell’associazione AESVI-Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani. 

Maria Rita Manzoni, docente e membro dell’équipe territoriale formativa del Miur per la Lombardia, presenterà una crosslesson, un modello di lezione costruito come fosse una escape room o una caccia al tesoro, che mira a migliorare l’apprendimento, la capacità di ricerca e di problem solving: a partire da un video che contiene un enigma si cercherà di ricostruire la vicenda di un personaggio misterioso utilizzando alcuni strumenti digitali tra cui Google Earth e la realtà virtuale. Nel laboratorio “Steam bot: a bottega con Leonardo” gli studenti, prendendo spunto da un testo che espone idee e macchine di Da Vinci, saranno stimolati e guidati a osservare attentamente la realtà che li circonda, alla scoperta della geometria della natura e delle sue proporzioni, in modo da poterla rappresentare e riportare in forma digitale

La robotica educativa sarà al centro del workshop per studenti “Robottiamo – I robot per imparare a progettare, creare e pensare”, mentre nel laboratorio “Non solo tinkering: il mio primo libro interattivo” si entrerà nel mondo della conduttività, del suono e dell’elettricità: i docenti potranno ideare un e-book che sarà reso interattivo dall’uso della scheda Makey Makey, capace di far dialogare il computer con qualsiasi materiale e oggetto conduttivo.

Conoscere il ciclo di vita degli alimenti e saper recuperare gli scarti per creare nuovo valore fa bene a noi e all’ambiente: il 29,5% del cibo servito nelle mense scolastiche viene buttato e la stessa proporzione si registra a livello globale. Nell’incontro “Mangiare a scuola, le strategie anti-spreco” si racconteranno due esperienze pratiche realizzate per insegnare ai bambini il valore del cibo e i concetti di sicurezza alimentare, con Claudia Paltrinieri, fondatrice della piattaforma editoriale Foodinsider.it e ideatrice del rating dei menù scolastici; Sandra Cocco, insegnante di scuola primaria; Giampiero Monaca, maestro e ideatore della metodologia didattica “Bimbisvegli”. 

Il cibo, per i più piccoli, è il più interdisciplinare dei materiali: accende l’interesse per la scienza, la storia, il linguaggio e l’ambiente. Ad esempio, uova, frutta e legumi, da semplici alimenti possono diventare strumenti per esplorare il mondo e per stabilire un legame tra la salute della persona e quella del pianeta; lo racconteranno Federica Buglioni, autrice di libri di cucina, Monica Tamburrini, insegnante e formatrice in materie STEAM, Patrizia Buonora e Caterina Guffanti, insegnanti di scuola primaria, nell’incontro “Mangiare a scuola, il cibo in classe”. 

Sfide – la scuola di tutti è un progetto realizzato in collaborazione con Officine Scuola, un gruppo di lavoro composto da chi la scuola la vive ogni giorno, in veste di genitore, preside o insegnante. Il Salone è organizzato con il patrocinio dell’Ufficio Scolastico per la Lombardia, del Comune di Milano e della Città Metropolitana di Milano e dell’Università degli studi di Milano Bicocca.

L’ingresso a Sfide sarà gratuito e gli incontri e i laboratori sono tutti su prenotazione sul sito www.sfide-lascuoladitutti.it

Decreto del Presidente del Consigio dei Ministri 1 marzo 2020

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19. (20A01381)


Comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri  

Comunicato relativo al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 2020, concernente: «Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19». (20A01412)

(GU Serie Generale n.53 del 02-03-2020)

All’articolo 1, comma 2, del decreto specificato in epigrafe, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale – Serie generale – Edizione straordinaria, n. 52 del 1° marzo 2020, anzichè: «Le misure di cui alle lettere a), b) e o)», leggasi: «Le misure di cui alle lettere a), b) e m)».