Innova per l’Italia

Un invito a imprese e mondo della ricerca per l’utilizzo di tecnologie e dispositivi utili al monitoraggio e al contenimento del virus.

La tecnologia, la ricerca e l’innovazione in campo contro l’emergenza Covid. Si chiama “Innova per l’Italia”l’iniziativa lanciata oggi per aziende, università, enti e centri di ricerca pubblici e privati, associazioni, cooperative, consorzi, fondazioni e istituti che, attraverso le proprie tecnologie, possano fornire un contributo nell’ambito dei dispositivi per la prevenzione, la diagnostica e il monitoraggio per il contenimento e il contrasto del diffondersi del Coronavirus (SARS-CoV-2) sull’intero territorio nazionale.

Il progetto è un’iniziativa congiunta del Ministro per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione Paola Pisano, del Ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli e del Ministro dell’Università e della RicercaGaetano Manfredi, insieme a Invitalia e a sostegno della struttura del Commissario straordinario per l’emergenza Coronavirus Domenico Arcuri

La tecnologia e l’innovazione in tutte le sue forme, attraverso processi, prodotti e soluzioni, può contribuire significativamente a rispondere all’emergenza, come si legge nella pagina di presentazione dell’iniziativa. C’è bisogno dell’impegno di tutti, perché l’innovazione tecnologica può essere la leva per rispondere velocemente a una situazione di crisi che impatta il nostro Paese in maniera drammatica.

L’iniziativa invita aziende, università, enti e centri di ricerca pubblici e privati, associazioni, cooperative, consorzi, fondazioni e istituti a proporre il loro contributo in tre ambiti:

  • Il reperimento, l’innovazione o la riconversione industriale delle proprie tecnologie e processi, per accrescere la disponibilità di dispositivi di protezione individuale (in particolare mascherine chirurgiche) e la produzione dei sistemi complessi dei respiratori per il trattamento delle sindromi respiratorie(inclusi singoli componenti).
  • Il reperimento di kit o tecnologie innovative che facilitino la diagnosi del Covid-19, ovvero tamponi e elementi accessori o altri strumenti per la diagnosi facilitata e veloce, nel rispetto degli standard di affidabilità richiesta.
  • Tecnologie e strumenti che, nel rispetto della normativa vigente, consentano o facilitino il monitoraggio e la prevenzione del Covid-19 

I soggetti interessati possono trovare tutte le informazioni sul progetto, i requisiti richiesti e le modalità di adesione sul sito del Ministro per l’innovazione e la trasformazione digitale. Le proposte ricevute verranno vagliate e la struttura del Commissario Straordinario si attiverà in relazione alla tipologia di proposta e urgenza emergenziale

Sindacati nel tempo del Coronavirus

Sindacati nel tempo del Coronavirus

Sentiamo l’esigenza di dover ritornare sul nostro intervento di ieri, della “tutela a tutti i costi” dei docenti-lavoratori  nei confronti della didattica a distanza, di cui si sono fatti alfieri i cinque sindacati rappresentativi del comparto scuola CGIL, CISL, UIL, SNALS e GILDA, dopo aver diffidato il Ministero dell’istruzione per avere agito unilateralmente nell’ultima nota n. 358/2020 a firma del capodipartimento Marco Bruschi, che avrebbe leso le loro prerogative; e poi licenziando in contestualità un comunicato a una prima apparenza meno radicale, ma in concreto confermativo di una posizione insostenibile.

Per la verità, già giorni addietro le stesse sigle delle strutture toscane, e di qualcun’altra regione al seguito, avevano emesso un comunicato stampa, che avevamo deliberatamente scelto di non commentare.

Invitavano e diffidavano i “gentili” dirigenti scolastici dall’organizzare la didattica a distanza perché  “non sussiste un obbligo per il telelavoro dei docenti” sancito dal Contratto: ciò che rende illegittima “l’applicazione di pratiche fantasiose e non rispettose della libertà d’insegnamento”. Che nel caso in questione, citandosi a vanvera pronunce giurisprudenziali spudoratamente fuorvianti perché inerenti a differenti fattispecie ordinarie, vuol dire che ogni docente deve “essere considerato a disposizione  ma senza l’obbligo di adempiere il suo orario settimanale curriculare” né di effettuare le attività funzionali all’insegnamento, atteso che “sono sospese tutte le riunioni degli organi collegiali in presenza fino al 3 aprile 2020”. Con la canonica chiusa di un’attenta vigilanza “a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori” e altrettanto immancabile riserva di patrocinare eventuali “ricorsi legali”.

Ci eravamo astenuti da ogni commento non perché coltivassimo la vana illusione di una pronta presa di distanza da parte dei rispettivi vertici nazionali, ma perché speravamo che potessero dar mostra di un minimo etico semplicemente ignorando questo smottamento senza ritegno, presumibilmente – pensavamo – ascrivibile a minoritarie frange estreme e contrastive nel loro DNA.

Ci siamo però accorti di esserci clamorosamente sbagliati dopo la richiesta, a firma congiunta dei segretari nazionali del Sindacato unico, di “immediato ritiro” dell’incriminata nota Bruschi, con cui legittimamente e doverosamente si sono date delle indicazioni operative per l’attività didattica a distanza in una situazione emergenziale priva di specifici precedenti amministrativi e riferimenti normativi: una generalizzata situazione emergenziale e i cui picchi sono attesi verso la metà di aprile, con la plumbea ma tutt’altro che infondata prospettiva che, ben oltre la data prevista, per quest’anno scolastico le lezioni in classe siano da considerarsi terminate.

Non si minacciano i dirigenti scolastici di essere trascinati davanti al giudice,  ma se ne disconoscono i poteri-doveri, dimostrandosi che della propria controparte datoriale non si fidano.

Difatti la sostanza è sempre la stessa: “le modalità di organizzazione del lavoro sono oggetto di relazioni sindacali”;  le indicazioni del Ministero “non rispondono all’attuale configurazione normativa né – a loro giudizio – allo stato di emergenza che stiamo vivendo”; “la didattica a distanza non può limitarsi a replicare contenuti e modalità tipiche di una situazione di normalità”; le modalità della generale “riproduzione in remoto delle attività ordinarie, oltre ad apparire illegittime e inapplicabili, richiedono … che sia i docenti che gli alunni possano accedere in modo generalizzato a connessioni internet con strumenti software e hardware adeguati…” e sofismi vari a significare: fermi tutti! In attesa di un confronto “da svolgersi  on line sulle materie sopra esposte”.

Ci si perita poi di assicurare la vicinanza “alle nostre allieve e ai nostri allievi”, occorrendo “unità e condivisione da parte di tutte le componenti della comunità scolastica”; ma aggiungendosi che “la scelta delle metodologie, anche nell’ambito della didattica a distanza, è facoltà precipua del docente garantita dall’articolo 33 della Costituzione, nell’esercizio della libertà d’insegnamento”: che, evidentemente e a dispetto della sua natura funzionale, come codificata nell’articolo 395 del D. Lgs. 297/94, è ritenuta un diritto soggettivo assoluto – ius excludendi alios – e non già vincolata al “quadro degli obiettivi generali perseguiti dal sistema nazionale di istruzione e nel rispetto degli indirizzi delineati nel piano dell’offerta formativa della scuola”, come pure è scritto nell’articolo 27 del CCNL 2016-2018, per tacere dell’articolo 33, commi 2 e 5, della Costituzione.

Insomma, giusto perché non sussistano equivoci, decidono i docenti – meglio, il singolo docente – sul se, come e quando!

Non metterebbe conto precisare che:

a) come puntualizza l’equilibrata nota Bruschi, l’articolo 40 del D. Lgs. 165/01 conferisce ai dirigenti di una pubblica amministrazione (lo è ogni istituzione scolastica, ex, art. 1, comma 2) esclusivi poteri di organizzazione e di gestione, con relativa responsabilità, nel rispetto della sola informativa ai sindacati ed eventuale confronto, nella contingenza secondo le modalità semplificate figuranti nella legislazione emergenziale e susseguenti decreti del Presidente del Consiglio;

b) i dirigenti scolastici quindi possono, e devono, rimodulare la progettualità educativa approvata dagli organi collegiali, per quanto di rispettiva competenza, e i termini di erogazione dei servizi amministrativi, tecnici e ausiliari;

c)  il profilo professionale dei docenti declinato nell’articolo 27 del CCNL 2016-2018 importa il possesso obbligato di “competenze informatiche”, mentre per gli assistenti amministrativi e assistenti tecnici l’articolo 139 del CCNL 2006-2009 prevede il telelavoro, atteso che la tabella A annessa al CCNL 2002-2005 dava per presupposta la legittimità delle loro prestazioni “mediante l’utilizzo di procedure informatiche”;

d) ai sensi dell’articolo 1 del decreto legge 6 /2020, il lavoro a distanza, applicabile anche nelle pubbliche amministrazioni, può prescindere dal previo “accordo tra le parti”, di cui all’articolo 18 della legge 81/17, e fermo restando il “potere di controllo e disciplinare” del datore di lavoro (articolo 21);

e) Incontestato che la didattica a distanza non può mai pienamente sostituire la didattica a scuola, vale la regola prescritta nell’articolo 1258 del codice civile, secondo la quale il debitore si libera dell’obbligazione della prestazione impossibile solo in parte eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile. Altrimenti è inadempiente.

E’ pertanto del tutto fuori luogo far passare l’idea che si stia facendo puro e gratuito volontariato nel portare avanti la didattica a distanza, mentre si sta corrispondendo ad obblighi contrattuali giuridicamente esigibili secondo i principi della correttezza e della buona fede (artt. 1175 e 1375, c.c.).

Se è tempo perso rammentarlo ai cinque segretari del Sindacato Unico, non lo è per quel 90%, ad oggi, dei docenti che, consapevoli di quanto giuridicamente dovuto, si dimostrano incommensurabilmente più maturi e responsabili di chi li rappresenta, respingendo al mittente una non richiesta tutela che avrebbe loro consentito di stare a casa “a disposizione” (non si comprende per fare cosa), ma che li avrebbe squalificati davanti all’opinione pubblica, dal momento che non rischiano né il posto, né lo stipendio e né la salute, a differenza di moltissimi lavoratori impegnati front-line negli indispensabili servizi alla collettività e dei milioni dei rispediti  a casa dai luoghi di lavoro, e di sostentamento, a vivere l’angoscia di un domani terribilmente incerto.

Potenziare la didattica a distanza attraverso gli animatori digitali

  • Nota 20 marzo 2020, AOODGEFID 4203
    Piano nazionale per la scuola digitale. Azione #28 “Un animatore digitale in ogni scuola”. Comunicazione di assegnazione del contributo per l’anno 2020

In arrivo per le scuole 8,2 milioni di euro per potenziare la didattica a distanza, in questo momento di emergenza sanitaria, attraverso la figura dell’animatore digitale. Ogni scuola riceverà un contributo di mille euro che potrà essere utilizzato per la formazione dei docenti, anche online, su modalità didattiche innovative.
L’animatore digitale, figura strategica per la diffusione dell’innovazione a scuola introdotta nell’ambito del Piano Nazionale Scuola Digitale, grazie a queste risorse potrà promuovere tra i colleghi la conoscenza di nuove metodologie didattiche, sperimentare insieme agli altri insegnanti forme di insegnamento a distanza e coinvolgere l’intera comunità scolastica.

“Con questo intervento da 8,2 milioni complessivi – dichiara la Ministra Lucia Azzolina – intendiamo sostenere, in un momento di difficoltà e di emergenza come quello che stiamo vivendo, tutte le scuole che, attraverso il lavoro costante degli animatori digitali e dei team per l’innovazione, sono impegnate nelle attività di didattica a distanza. Sappiamo che ci sono situazioni differenti e compito del Ministero sarà supportare tutti in questa sfida: le istituzioni scolastiche, il personale, i docenti. Questo stanziamento è un contributo che si aggiunge agli 85 milioni previsti nel decreto-legge approvato di recente dal Governo per il potenziamento della didattica distanza e del digitale. Tutti gli sforzi che stiamo facendo oggi, anche grazie al grande senso di responsabilità della scuola, li raccoglieremo alla fine di questa emergenza: dobbiamo trasformare questa fase critica in una opportunità per migliorare ancora il nostro sistema di istruzione”.

“Le attività didattiche sono sospese per contenere il contagio da Coronavirus, ma la scuola non si ferma – afferma la Vice Ministra Anna Ascani – e neanche il nostro lavoro per tutte le istituzioni scolastiche del Paese: ogni istituto avrà da subito risorse per la formazione dei docenti attraverso gli animatori digitali. In questi giorni le comunità scolastiche stanno dando prova di grande responsabilità e stanno garantendo la didattica con i mezzi tecnologici a disposizione. Alcune realtà sperimentano da tempo e non stanno incontrando particolari difficoltà, altre invece hanno bisogno di sostegno per attivare metodologie didattiche innovative che si stanno rivelando indispensabili in questo momento. Come Ministero, attraverso questo stanziamento, continuiamo a dare supporto a tutte le scuole affinché nessuna rimanga indietro”.

#LaScuolaNonSiFerma governiamo l’emergenza

#LaScuolaNonSiFerma governiamo l’emergenza

La drammatica situazione che sta vivendo il nostro Paese impone a tutti di adottare modelli di vita ispirati al massimo senso di responsabilità, perché dai comportamenti dei singoli dipende la vita degli altri. Siamo tutti consapevoli che si tratta di una tragedia epocale che modificherà profondamente la società e l’approccio alla vita.

In tale scenario la scuola potrà trovare senso se saprà cogliere le opportunità di cambiamento e traghettare verso un modello più rispondente ai bisogni della società mutata.

La contingenza che si è determinata nelle ultime settimane con la decisione del Governo di sospendere le attività didattiche ha comportato la necessità di attivare la “didattica a distanza”, al fine di tutelare il diritto costituzionalmente garantito all’istruzione.

Si è trattato di una vera e propria sfida posta alle istituzioni scolastiche, ma possiamo dire che la scuola ha saputo mobilitare le migliori risorse professionali ed umane per favorire, sia pure in via straordinaria ed emergenziale, il diritto all’istruzione attraverso modalità innovative di apprendimento.

La sospensione delle attività didattiche, quindi, non si è tradotta nel semplice affidamento di alunni e studenti alle famiglie, ma ha richiesto ai docenti di ricercare e implementare nuove modalità di insegnamento-apprendimento con il ricorso ad ulteriori funzioni del registro elettronico, alle classi virtuali, all’utilizzo di strumenti e piattaforme digitali per la produzione e la condivisione di contenuti.

Nonostante i diversi livelli di competenza digitale dei docenti e le differenziate dotazioni di dispositivi in possesso degli alunni e delle istituzioni scolastiche, si è realizzata in pochi giorni, con il coordinamento dei dirigenti scolastici, una rete solidale all’interno delle singole scuole per raggiungere gli studenti e proseguire nell’attività didattica.

I docenti più competenti si sono messi a disposizione dei colleghi meno esperti, come pure si è messa in piedi una rete ancor più ampia che ha coinvolto scuole e docenti fisicamente distanti, per la diffusione di iniziative di formazione e la condivisione di buone pratiche.

L’emergenza ha così permesso a scuole, studenti e famiglie di ripensare alla complementarietà dei ruoli e all’importanza di un patto di corresponsabilità educativa agito giorno per giorno e non più basato sul semplice scambio di impegni.

In una situazione di così grave emergenza sono emersi ovviamente tutti i ritardi che esistono nel Paese riguardo a cultura digitale, infrastrutture, apparecchiature, abilità e competenze nell’utilizzo di strumenti e piattaforme.

Si rende necessario, pertanto, un massiccio intervento di formazione volto ad assicurare adeguate competenze digitali a tutto il personale scolastico e docente in particolare. In questa direzione dovranno essere utilizzate, con tempestività e competenza, le risorse recentemente stanziate dal Governo.

Tanto premesso, l’ANDIS avanza le seguenti proposte per un regolare prosieguo dell’anno scolastico:

  1. vengano emanate linee guida che non producano modelli burocratici di controllo dello svolgimento delle attività di didattica a distanza, che possano opportunamente valorizzare il lavoro “agile” ed evitare, in assenza di una normativa chiara e specifica, inutili e inopportuni conflitti e incomprensioni. Occorre evitare, altresì, il rischio che la didattica a distanza determini carichi di lavoro insostenibili per i ragazzi: le attività proposte online devono generare apprendimento, ma anche essere per alunni e studenti un reale sostegno educativo;
  2. le nuove modalità di insegnamento siano l’occasione per ribadire il ruolo della valutazione assumendo il termine nel suo significato letterale: dare valore. Non va posta enfasi sulla misurazione degli apprendimenti, ma attenzione al lavoro dei docenti e degli studenti. La modalità della didattica a distanza deve consentire il recupero di due dimensioni spesso trascurate della valutazione: la valutazione formativa e l’autovalutazione degli studenti. Questi due aspetti permettono di “costruire” una didattica nuova attraverso l’analisi da parte del docente di quanto viene proposto e la partecipazione da parte degli studenti alla valutazione del proprio apprendimento;
  3. si disponga per il corrente anno scolastico la sospensione delle prove INVALSI. Data l’incertezza sui tempi di svolgimento delle rilevazioni, una somministrazione in tempi più distesi permetterebbe di raccogliere utili indicazioni anche sull’impatto della didattica a distanza;
  4. al di là del legittimo auspicio che le attività didattiche possano riprendere regolarmente, siano emanati strumenti normativi che permettano di effettuare la valutazione finale dell’anno scolastico e lo svolgimento degli esami di Stato, tenuto conto che gran parte dell’attività didattica è stata svolta a distanza e soprattutto non in maniera omogenea sul territorio nazionale. Sul piano giuridico, riteniamo che ciò possa essere attuato attraverso una modifica (temporanea) del DPR 122/2009 e del D. L.vo n. 62/2017 e delle modalità di funzionamento degli organi collegiali per lo svolgimento di scrutini ed esami.

Preso atto che l’urgenza ha giustificato l’emanazione di disposizioni unilaterali da parte del M.I., si ritiene imprescindibile che in futuro, per le problematiche connesse al funzionamento della scuola in situazione di emergenza Coronavirus, siano consultate regolarmente le Associazioni professionali dei docenti e dei dirigenti scolastici rappresentate nel FO.NA.D.D.S., per giovarsi del loro contributo e delle esperienze maturate sul campo.

Dall’esilio

Dall’esilio

di Piervincenzo Di Terlizzi

Gli spazi sono vuoti, le telefonate deviate su un cellulare, i server collegati a firewall per il lavoro agile; oppure, al massimo, in qualche stanza si trova lo stringato numero di persone che garantisce quello che, con un’espressione che ha in sé il sapore dell’ossimoro, è chiamato contingente minimo. 

La scuola –tutta la scuola italiana- si è spostata altrove, per circostanze esterne ed eccezionali: la scuola è dunque fuori dal suo suolo usuale, è in esilio. 

Alcune storie di esilio sono fondative nella cultura occidentale. Forse hanno qualcosa da dirci oggi; in esse possiamo trovare tracce per leggere quello che abbiamo fatto nei giorni scorsi, quello che stiamo facendo, quello che faremo.

L’esilio è tentazione: la narrazione di riferimento è quella dei quaranta giorni nel deserto di Gesù (a sua volta ricollegata al biblico esilio di Israele). 

E tentazioni, in questi giorni, ce ne sono: c’è quella della disperazione (in senso etimologico: l’allontanamento da quanto si sperava), che guarda a quello che si è smarrito e non sarà più (in questo senso consideriamo tutti i tentativi di ricondurre la narrazione di questo periodo alle categorie normali del calendario scolastico: la ripresa, e poi le verifiche, i voti, le promozioni, categorie ancorate a scansioni concrete di azioni nel tempo che ora non sono più percorribili; su questo si veda l’ottima serie di riflessioni di Stefano Stefanel); c’è quella, opposta, della superefficienza (ad esempio, l’ansia di riempire il tempo con le attività online, di rispondere a tutto e a tutti fino a perder la cognizione del proprio tempo). In nessuna di queste, e di altre reazioni, c’è qualcosa, in sé, di sbagliato (altra tentazione: quello che è giusto; quello che è sbagliato si fa così; non si fa così): le tentazioni sono fatte per esserci, per riconoscerle, e per imparare qualcosa da esse, una volta che le si sono affrontate. Ne va fatta memoria.

L’esilio lo si può affrontare, e accade infatti, come Robinson Crusoe: creando, con le proprie mani, un mondo nuovo, attingendo alle proprie risorse. È ciò che sta accadendo con tutte le esperienze di didattica online sulle quali tutte le scuole si sono cimentate. 

Si tratta di un atto che è, all’inizio, di sopravvivenza: ed in effetti è così, perché ha come oggetto il cuore dell’esperienza scolastica, che è, appunto, l’insegnamento-apprendimento; un atto che, come Robinson, si comincia a mani nude, da quello che si ha e come lo si ha, mettendo insieme le cose un pezzo per volta, riflettendoci sopra continuamente, e, soprattutto, sbagliano, sbagliando molto (su questi temi, si vedano le belle riflessioni di Ariella Bertossi,  e Paolo De Nardo, apparsi nei giorni scorsi). 

Dopo la sopravvivenza, Robinson fa, tra le altre, un’altra esperienza, che è quella del nuovo mondo, rappresentata, per lui, dall’incontro con Venerdì: anche per la scuola ci sarà un’antropologia nuova da esplorare, un Altro cui riconoscere nella quotidianità una cittadinanza (pensiamo ad esempio allo smartphone, che è uno dei mediatori didattici indispensabili, oggi).

C’è un altro, meno noto dei due precedenti, esilio che ha qualcosa da dirci, a mio avviso, e sul quale vorrei spendere qualche riflessione conclusiva: penso all’esilio di Filottete, raccontato ad esempio da Euripide, nell’omonima tragedia.

Filottete vive in esilio, lontano da Troia, dove vorrebbe essere e combattere; come (e prima, in effetti ne è il modello) Robinson se la cava con quello che ha, nel suo caso il suo arco che gli consente di procurarsi da vivere. Le sue giornate sono tormentate da una piaga che diventa, all’improvviso, purulenta: quando ciò accade, egli perde forze e delira.

Filottete richiama un’altra dimensione dell’esilio: la fragilità. Siamo in esilio per un motivo che non possiamo ignorare, che fa parte dei nostri pensieri, delle nostre preoccupazioni e, in casi drammatici, come quello raccontato dalla collega bergamascaqualche giorno fa, delle nostre esperienze. L’esilio è –e resta, con tutta la buona volontà e la professionalità di tutti- un trauma e uno stare nella precarietà, un gesto di continua resilienza. Per quello che ci circonda, per quello che ci potrebbe accadere, per la precarietà della connessione, per l’esaurimento dei Giga, per lo sfinimento della pazienza, per quelli che non riusciamo a raggiungere. Filottete è un nobile che veste di stracci, si procura il cibo ogni giorno e avverte in ogni momento la precarietà: è la nostra condizione. E pure di questo va fatta memoria.

C’è, però, un’altra cosa, nella vicenda di Filottete. Alla fine, egli viene ricondotto a Troia, a combattere, da una piccola delegazione di eroi, che vanno a parlargli. Uno è Ulisse: è la voce della furbizia, e Filottete non lo ascolta. Se volete, è un’altra tentazione, che attraverseremo, quella del tutto-come-prima.

Ma l’altra voce, che Filottete ascolta, è quella del giovane Neottolemo, che gli racconta la verità, non cerca le vie furbe, e che costruisce così con lui una relazione.

I giovani, la loro verità, la relazione. In fondo, sta tutto lì.

Anno scolastico salvo Ma la maturità sarà semplificata

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

La sempre più probabile proroga della sospensione delle attività didattiche, dal 3 aprile ad almeno fino a dopo Pasqua, legata all’emergenza coronavirus, non inciderà sulla validità dell’anno scolastico: i periodi di stop “forzato”, infatti, ha già chiarito il ministero dell’Istruzione, non influiranno sulla validità dell’anno (che quindi sarà considerato valido anche se non si raggiungeranno, come ormai sembra scontato, i 200 giorni di lezioni previsti dall’attuale normativa).

Anche l’altro requisito, oggi stabilito dalle norme per considerare regolare, ai fini della valutazione finale, l’anno sui banchi, vale a dire la frequenza dei ¾ del monte ore annuale personalizzato non dovrebbe avere conseguenze negative sul percorso degli studenti, vista l’attuale fase di emergenza sanitaria (si chiarirà, probabilmente con indicazioni successive, che si tratta di monte ore effettivamente svolto dall’istituto). Insomma, l’anno scolastico «è valido a tutti gli effetti», chiosa il capo dell’Associazione nazionale presidi, l’Anp, Antonello Giannelli.

Semmai, i problemi che comporta la sospensione delle attività didattiche e l’ampio ricorso al “lavoro da remoto”, riguarderanno la preparazione dei ragazzi (in attesa di capire se decolli o meno la didattica a distanza) e gli adempimenti amministrativi (tra cui i nuovi concorsi) in vista del prossimo 1° settembre.

I temi sono diversi, ma due sono molto delicati. Il primo riguarda i circa 500mila studenti del quinto anno chiamati ad affrontare il nuovo esame di Stato, che scatterà il 17 giugno con la prova d’italiano. Ebbene, per accedere alla maturità, la normativa attuale, prevede oltre alla frequenza dei già citati ¾ del monte ore annuale personalizzato, la sufficienza in tutte le discipline, condotta compresa (è ammessa una insufficienza), la partecipazione obbligatoria alle prove Invalsi e lo svolgimento delle ore minime di alternanza scuola-lavoro (almeno 210 ore nell’ultimo triennio degli istituti professionali, 150 nei tecnici, 90 nei licei). Tra le ipotesi in circolazione, mai smentite dal ministero dell’Istruzione, ci sarebbe il sempre più probabile stop all’obbligatorietà della scuola-lavoro, visto il sostanziale fermo delle attività esterne, in azienda, a oggi bloccate fino al 3 aprile. Anche sull’Invalsi si dovrebbe procedere a slegarlo dall’esame di Stato: qui, tuttavia, una decisione finale non è ancora stata presa per via delle divergenze di opinioni all’interno della maggioranza (peraltro l’Invalsi, da quanto si apprende, è pronto, con diverse soluzioni tecnologiche, a far svolgere regolarmente le prove agli studenti di classe quinta, quando e se sarà possibile).

A oggi una decisione ufficiale sulla maturità 2020 ancora non è stata presa. Molto dipenderà dall’andamento dell’emergenza sanitaria. La ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, ha ribadito che l’esame di Stato deve essere serio e rigoroso, ma certamente dovrà tener conto dell’attuale, e inedita, situazione. Va anche ricordato che le prove di maturità, dopo le ultime riforme, rappresentano ora una minima parte dell’Esame, considerato il peso crescente del credito scolastico (il percorso fatto dallo studente negli ultimi tre anni).

Anche in ragione di ciò, tra le proposte per “semplificare” l’esame c’è quella di puntare su commissioni costituite da soli membri interni, più presidente esterno (oggi, i commissari sono tre interni, tre esterni, oltre al presidente esterno). Le stesse commissioni composte in pratica dai professori dei ragazzi, è un’altra ipotesi, potrebbero correggere le prove che resterebbero perciò nazionali.

La seconda urgenza sono i concorsi per oltre 60mila cattedre, più volte annunciati, e non ancora banditi. Se ne riparlerà, forse, per fine maggio, inizi di giugno. Per alcuni, troppo tardi; e con il rischio di trovarsi a settembre con il record di 200mila supplenti (si veda il Sole24Ore di lunedì). La ministra Azzolina è più fiduciosa, punta a fare presto, e a stabilizzare i primi precari con l’avvio del nuovo anno. Emergenza coronavirus, permettendo.

Classi virtuali nel 48,5% delle medie e nel 70,4% delle superiori, ma per il 72,8% nulla può sostituire le lezioni frontali

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuole

Sono 8 milioni gli studenti italiani che da settimane studiano da casa grazie alle classi virtuali attivate dalle scuole e all’interazione su registri elettronici, chat e mail con i professori. Materiale didattico e compiti sono sempre disponibili per cercare di andare avanti con il programma all’insegna della continuità. Come si studia in tempo di emergenza sanitaria? Studenti.it lo ha chiesto a 3.000 studenti attraverso un’indagine sul sito: il 18% di scuola media e l’82% di scuola superiore di secondo grado. Di questi, il 24,3% sono maturandi.

La situazione non è la stessa nei diversi gradi di istruzione superiore né lo è in tutte le regioni d’ Italia. Tuttavia, da Nord a Sud, ci si attiva per trovare nuovi modi di condivisione. C’è voglia di fare, di stare insieme: «Con incredibile sorpresa – scrive un professore di Italiano a Studenti.it – abbiamo scoperto di avere bisogno della scuola».

Secondo i dati dell’indagine, nel nostro Paese la classe virtuale è decollata nel 48,5% delle scuole medie e nel 70,4% delle scuole superiori. Si tratta tuttavia di una media nazionale dietro la quale si nascondono valori diversi da regione a regione: la più virtuosa è l’Emilia Romagna con una media dell’83,9% di classi virtuali attivate (70% alle medie e 84% alle superiori) seguita, a poca distanza, dall’83% delle Marche (45% alle medie e 82% alle scuole superiori), l’82% del Friuli Venezia Giulia (40% alle medie e 81,5% alle scuole superiori), l’81% dell’Umbria (71% medie, 75% scuole superiori) ed il 77,8% della Lombardia (55% medie e 85% superiori).

In coda troviamo il 51% della Calabria (50% medie e 53% scuole superiori), il 50% della Campania (38% medie e 49% superiori), il 46,6% dell’Abruzzo (36% alle medie e 53,5% alle scuole superiori) e, ultimo, il 46% della Sardegna (13% scuole medie e 53,5% superiori).
Chi non ha accesso alle lezioni online si organizza diversamente: il 20,5% (media nazionale) trova compiti e materiale didattico nel registro elettronico, mentre l’11,5% li riceve dai professori via chat o via mail. Tuttavia l’organizzazione della didattica online è – come hanno raccontato i docenti a Studenti.it – un work in progress.

DIDATTICA ONLINE, IL 41,5% DEGLI STUDENTI È MOLTO SODDISFATTO

Il 41,5% degli intervistati da Studenti.it si dichiara pienamente soddisfatto di come la sua scuola sta gestendo l’emergenza e organizzando la didattica. Il 46,1% è mediamente soddisfatto e solo un 12,4% non è affatto contento.

QUALE SUPPORTO IN PIÙ CHIEDEREBBERO ALLA SCUOLA?

Secondo il 43,3% degli studenti, manca materiale didattico specifico, come dispense e mappe concettuali, più adatto di altri ad integrare la didattica online. Il 29,7% dei ragazzi vorrebbe avere la possibilità di interagire maggiormente con i docenti, mentre, tra le priorità del 14,8% dei ragazzi, c’è la creazione di corsi di recupero e approfondimento pomeridiani (sempre online).


IL 49,6% DEGLI STUDENTI USA TUTTI I SUPPORTI A SUA DISPOSIZIONE

Come raccontano anche i docenti, in questo momento storico ogni strumento viene considerato utile allo scopo. Solo il 12,9% dei ragazzi continua a studiare esclusivamente sui libri, mentre il 17,5% utilizza materiale didattico fornito dalla scuola. L’11% reperisce materiale online autonomamente, mentre un 7,8% si appoggia ai video che trova su YouTube e su altre piattaforme. La maggior parte degli studenti – il 49,6% – utilizza tutti questi strumenti insieme: libri, materiale didattico trovato online, approfondimenti forniti dai docenti e video.

LE PREOCCUPAZIONI DEGLI STUDENTI

Riguardo la scuola, la maggiore preoccupazione dei ragazzi in questo momento è rappresentata dal rischio di rimanere indietro con il programma e di iniziare il prossimo anno con importanti lacune (30,5%). Il 28% dei rispondenti sono maturandi che temono di non arrivare preparati alla maturità, mentre il 23,9% dei ragazzi teme di ritrovarsi con voti peggiori rispetto a qualche settimana fa, per la mancanza di supporti adeguati. Il 9,4% si dichiara preoccupato di non poter verificare il livello di apprendimento con compiti in classe e verifiche. Quello della valutazione è, effettivamente, un tema in sospeso: come sostituire verifiche e compiti in classe? Il Miur, impegnato sul fronte della didattica online, sulla questione non ha dato ancora indicazioni e ogni scuola si sta gestendo in autonomia.


MA L’ ONLINE NON SOSTITUISCE LA DIDATTICA TRADIZIONALE

Ne è convinto il 72,8% degli studenti, che però non ritiene si debba allungare l’anno scolastico perché questa esperienza “sta funzionando”: “la mia scuola si sta organizzando bene, non perdiamo tempo durante le giornate – scrive Federico – . Lezioni online e compiti assegnati ricoprono interamente l’orario scolastico”. Il 9,5% di loro sarebbe invece favorevole ad uno slittamento della chiusura delle scuole, mentre 17,6% ritiene che le lezioni a distanza sostituiscano pienamente la didattica tradizionale.

Un’occasione per ripensare il modello solo «frontale»

da Il Sole 24 Ore

di Alessia Tripodi

In questo momento difficile «abbiamo un’opportunità di potenziare la didattica a distanza anche oltre l’emergenza» e «un’occasione per ripensare un modello di scuola esclusivamente frontale». Ne è convinto Giovanni Biondi, dal 2013 presidente di Indire, l’istituto di ricerca del Miur che in queste settimane di emergenza da coronavirus insieme al ministero coordina le scuole italiane che, dopo la chiusura stabilita dal governo per arginare il contagio, proseguono le attività didattiche a distanza. «Molti istituti scolastici sono stati colti un po’ di sorpresa dall’emergenza», sottolinea Biondi, spiegando che «quelli che si sono attivati di più sono stati gli istituti della zona rossa», quelli dove è scoppiato il primo focolaio italiano di coronavirus.

I buoni esempi

Tra le scuole che non si fatte trovare impreparate ci sono quelle del movimento Avanguardie educative, che dopo la chiusura «hanno esteso alle altre il loro modello di educazione a distanza», arrivando anche a costituire il “Manifesto della scuola che non si ferma”. Allo stesso modo gli istituti che fanno parte del Movimento delle Piccole Scuole, strutture scolastiche con pochi iscritti e situate in zone isolate dal punto di vista geografico, hanno reagito con prontezza a una situazione che, in molti casi hanno già sperimentato. Si pensi, per esempio, alle classi nelle piccole isole, costrette a fare lezione a distanza ogni volta che l’insegnante non riesce ad arrivare perchè il traghetto non parte per le cattive condizioni del tempo.

Nella prima fase dell’emergenza, l’Indire ha organizzato webinar formativi per i docenti, trasmessi sul proprio sito e tenuti da altri insegnanti esperti di didattica a distanza, che «già lavorano con piattaforme gratuite come Facebook, Google – spiega Biondi- e altri strumenti con certificazione Agid, ovvero con standard adatti al lavoro con i minori». Questi primi seminari web hanno riscosso un grande successo, con «oltre 3mila docenti iscritti», e nelle settimane seguenti la partecipazione è costantemente cresciuta. I webinar vengono poi memorizzati in modo da creare una biblioteca accessibile ai prof in qualunque momento, anche dopo la loro trasmissione.

Dopo questa prima fase, l’Indire ha chiamato a raccolta le Avanguardie per far mettere le loro conoscenze a disposizione delle altre scuole: «Con la chiusura generalizzata – ha spiegato Biondi – si sono moltiplicati i gemellaggi tra le scuole». Anche le Piccole Scuole, istituti con pochi iscritti o isolati dal punto di vista geografico, hanno reagito con prontezza a una situazione che in molti casi hanno già sperimentato. Si pensi, per esempio, alle classi nelle isole che si trovano costrette a fare lezione a distanza quando l’insegnante non riesce ad arrivare perchè il traghetto non parte.

I tutorial per chi è indietro

Nella terza fase di gestione dell’emergenza, poi, ha spiegato ancora ancora Biondi «abbiamo messo a punto delle pagine web per i docenti che sono completamente a digiuno di tecnologia applicata alla didattica, offrendo loro tutorial “per funzioni”: da come si parla con gli studenti via Web, a come si organizzano collegi dei docenti, a come assegnare i compiti o registrare una lezione e condividerla su Youtube». Corsi di formazione hi-tech anche per chi «fino ad oggi ha demonizzato la tecnologia a scuola – sottolinea Biondi – o per chi considera il pc un “nemico” della cultura e che in questi giorni di emergenza sanitaria si è sentito disorientato».

Ma evidentemente la gestione di questo disorientamento non è sufficiente a colmare il divario digitale che ancora affligge una parte della scuola italiana. «La tecnologia da sola non cambia la scuola – afferma Biondi – perchè serve una visione complessiva del modello di cambiamento», che, come accennato all’inizio, secondo il presidente Indire dovrebbe (e potrebbe, cogliendo l’occasione) ripensare una scuola costruita come modelli frontale. «Fino a oggi la formazione a distanza è stata considerata di serie B – sottolinea Biondi – ma è sbagliato distinguere tra distanza e presenza, perchè anche la scuola in presenza usa strumenti a distanza come il libro».

Lezioni a distanza, il Miur: i prof diano i voti. I sindacati: è illegale

da Corriere della sera

Gianna Fregonara

Gli insegnanti non possono limitarsi a dare compiti a casa: questa non è la didattica digitale di cui si parla da settimane. Devono dare i voti, perché la valutazione non è una «sanzione» ma è un dovere per gli insegnanti e un diritto per gli studenti. Nel programmare l’attività bisogna che maestre e professori facciano attenzione a non far usare schermi e video troppo a lungo ai loro alunni. Attenzione all’«eccessivo carico cognitivo», avverte il ministero, cioè no all’eccesso di compiti.

Didattica digitale

Prende forma a poco a poco la didattica digitale nazionale: toccherà ai professori darle la fisionomia definitiva. Ma i principi sono segnati: attività di apprendimento, cioè vere e proprie lezioni e voti o valutazioni del lavoro svolto. Un passo in avanti che ai sindacati, già critici sulla didattica a distanza, non piace per niente. Tanto è vero che chiedono immediatamente al ministro di ritirare la disposizione e di convocarli al più presto per discutere. Non è questione dei problemi delle lezioni a distanza, che sono ancora moltissimi, soprattutto per gli studenti e le realtà più deboli. Per i sindacati il passo avanti della ministra Azzolina è contro la legge e non è giustificato: «Le modalità individuate dalla nota – si legge in un documento firmato da Cgil, Cisl, Uil, Gilda e Snals – come riproduzione in remoto delle attività ordinaria, oltre ad apparire illegittime e inapplicabili, richiedono inoltre, implicitamente ed esplicitamente, che sia i docenti sia gli alunni possano accedere, in modo generalizzato, a connessioni internet con strumenti software e hardware adeguati, cosa che non può certamente darsi per scontata, né il Ministero si è preoccupato di verificare almeno sommariamente la reale disponibilità delle strumentazioni idonee prima di impartire le indicazioni».

L’ipotesi di allungamento

La ministra Azzolina ha detto ieri a DiMartedì che i ragazzi torneranno a scuola «quando le autorità sanitarie ci diranno che non c’è più pericolo». Come ha detto al Corriere il presidente dell’Istituto superiore di Sanità Franco Locatelli — ripreso ieri dal governatore del Veneto Luca Zaia — è possibile «la proroga della chiusura delle scuole oltre il 3 aprile visto che lo stop sta funzionando». Per questo al ministero dell’Istruzione si stanno preparando per tutti gli scenari che prevedono la chiusura fino a dopo Pasqua, fino al 3 maggio e anche fino a giugno. L’obiettivo, anche se non si dovesse tornare in classe, resta comunque quello di arrivare alla «validità non solo formale ma sostanziale dell’anno scolastico». Cioè che gli otto milioni di studenti continuino a studiare fino alla fine. L’anno si concluderà comunque a giugno: la ministra ha escluso un prolungamento mentre ha confermato che la maturità cambierà, diventando più leggera, per adeguarsi all’emergenza.

Le indicazioni

Con una nota intitolata «prime indicazioni operative», firmata dal capodipartimento Marco Bruschi il ministero spiega che cosa sono le lezioni digitali: videoconferenze, video lezioni, chat di gruppo per la «trasmissione ragionata di materiali didattici» da caricare su piattaforme o sul registro elettronico e poi da rielaborare e discutere con il docente. Ma può essere lezione a distanza anche l’uso di app interattive educative. Per il Miur «il solo invio di materiali o la mera assegnazione di compiti dovranno essere abbandonati».

Non stare troppe ore al computer

Il ministero si spinge oltre e dà altre indicazioni ai professori e ai presidi: per gli asili si consigliano video dal carattere ludico, da visionare con i genitori; per la primaria si richiede il giusto equilibrio tra didattica e pause, per medie e superiori è consigliato un mix di lezioni con le aule virtuali e di materiali «a fruizione autonoma e differita». Da oggi sarà online anche una pagina dedicata alla didattica per gli studenti con disabilità.

Come si danno i voti

Sì, i voti vanno dati anche se le lezioni si fanno in casa. Dopo giorni di incertezza per professori e studenti il principio è finalmente scritto nella nota che il ministero ha inviato alle scuole. «È necessario che si proceda ad attività di valutazione costanti, secondo i principi di tempestività e trasparenza, ai sensi della normativa vigente, ma più ancora del buon senso didattico». Ma come si valutano lo sforzo e il lavoro degli studenti? La scelta spetta agli insegnanti, che la condividono con i collegi dei docenti assieme ai presidi: decideranno come procedere, ma certamente anche le lezioni di questi giorni avranno un peso nella valutazione finale. Se il ministero chiede «buon senso», invita anche gli studenti ad avere fiducia nei propri insegnanti, perché la valutazione — si legge — non è una sanzione, ma un dovere per i prof e un diritto per gli studenti. Dunque sì ai voti ma con giudizio, per come gli studenti seguono, se fanno i compiti assegnati, se hanno bisogno di qualche forma di recupero e consolidamento tenendo conto della difficoltà di adeguarsi alla nuova realtà. Insomma, non basta saltare una lezione o non collegarsi per tempo una mattina per prendere un brutto voto.

Come cambia la maturità 2020

L’esame di Maturità cambierà: parola della ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina intervistata da Giovanni Floris a DiMartedì: «Sto prospettando diversi scenari — spiega — ma sarà un esame serio, pur tenendo conto della situazione di emergenza». Di sicuro non cambieranno le date: si comincia il 17 giugno. Altrettanto sicuro sembra che non saranno obbligatori né Invalsi né alternanza scuola-lavoro. Al ministero si sta pensando se ridurre le commissioni: niente commissari esterni (lo chiedono anche gli studenti e i sindacati), saranno i prof della classe, con un presidente esterno, a giudicare i loro alunni come avviene già per l’esame di terza media. Sotto la lente è anche la seconda prova, quella di indirizzo, la più temuta dai ragazzi: si discute se rimodularla, cioè adeguarla al programma svolto, o se addirittura eliminarla: è la richiesta del coordinamento degli studenti, se la scuola non dovesse riprendere a maggio. C’è infine il tema dell’ammissione all’esame: l’ipotesi allo studio è quella di ammettere anche chi non ha recuperato le insufficienze del primo quadrimestre. La ministra Azzolina ha però ripetuto che «non ci sarà il 6 politico», cioè la promozione assicurata.

La maestra elementare “Seguire i bambini, non caricarli”

da la Repubblica

Ilaria Venturi

«Faccio appello ai colleghi: non ingozzate i vostri alunni di compiti, non sono oche. Piuttosto, fatevi sentire: più che il programma, conta non interrompere il filo della comunicazione con loro». Marzia Mascagni insegna da trentacinque anni alla primaria, è maestra di Longhena da ventotto. Una di lungo corso, insomma, che vede cosa sta succedendo con la didattica a distanza a cui è costretta la scuola ai tempi del coronavirus. C’è chi la fa riempiendo di compiti gli alunni, un problema che riguarda soprattutto le elementari e le medie, sollevato dalle famiglie, ma che trova concordi anche molti insegnanti.

Maestra Mascagni, parecchie famiglie lamentano una valanga di esercizi dati da fare a casa.

Giusto o sbagliato assegnare i compiti?

«Un po’ va bene, ma non bisogna esagerare. Non è questa la didattica a distanza. Capisco che non eravamo preparati, la stragrande maggioranza di noi non aveva fatto corsi di aggiornamento, ci stiamo arrabattando. Anche per me, che appartengo alla generazione carta e penna, è stato difficile. Ci siamo dovuti reinventare ed è giusto averlo fatto in questa emergenza.

Ma la soluzione non è dare tanti compiti da fare. I docenti non capiscono che a casa sono tutti in grande difficoltà».

Ci sono famiglie che non hanno computer o connessioni adeguate.

«Non tutti hanno i mezzi a casa per accedere ai compiti: stampanti per le schede, computer per tutti i figli o anche uno solo. C’è chi usa il cellulare, ma non tutti i genitori riescono poi a seguirli, per motivi culturali o perché lavorano.

Bisogna tenerne conto. In classe i bimbi sono tutti uguali, a casa non lo sono».

Cosa conta di più in questa emergenza che ha chiuso le scuole?

«Farsi sentire, mandare un messaggio alle famiglie e ai bambini: la scuola c’è, non vi preoccupate. Occorre non interrompere il filo della comunicazione, e allora serve farsi sentire ogni giorno».

Come farlo?

«Alla mia terza propongo un capitolo al giorno de “Il viaggio dell’orca zoppa” di Guido Quarzo.

Faccio il video, lo mando in whatsApp ai genitori che glielo fanno vedere. Ho chiesto anche di continuare il diario che in genere facciamo per i momenti speciali e le vacanze: una paginetta per raccontare come stanno vivendo questa situazione. Sono solo esempi, la creatività non manca.

Faccio fare anche un po’ di compiti, ma senza eccessi. C’è chi dà venti divisioni in una volta, chi assegna tre testi in un giorno e dieci pagine di grammatica. Credo non serva e crea più disparità tra chi può avere i genitori accanto ad aiutarli, necessari anche solo per l’accesso al digitale, e chi no».

La preoccupazione è di rimanere indietro col programma.

«Anche se dovessimo tornare a scuola a settembre, come credo possa accadere, non avrei quest’ansia. Il programma si recupera. Importante in questo periodo duro per tutti non perdere i bambini per strada, far sentire loro che sono pensati e non lasciati soli dalla scuola. E non scaricare sui genitori, chiedendo loro di improvvisarsi maestri, ancora più tensioni».

Ma c’è anche chi chiede più compiti.

«Siamo noi insegnanti che abbiamo il polso della classe, che conosciamo i bambini: i più veloci e quelli che hanno bisogno di tempi più lunghi. Dunque le famiglie, che vedono solo i loro figli, vanno tranquillizzate. Siamo noi maestre che dobbiamo decidere pensando al bene di tutti».

Contrordine sulla scuola: il 3 aprile non basta, rimarrà ancora chiusa

da la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA. Il fragile muro del 3 aprile, data segnata come fine delle misure restrittive, sarà abbattuto. Il governo ha deciso: le misure saranno prorogate. E con loro resterà in vigore la chiusura delle scuole. Per gli studenti, gli insegnanti, i presidi e il personale amministrativo. Gli istituti scolastici sono chiusi in tutto il Paese dallo scorso 9 marzo. In alcune aree di Lombardia e Veneto non si va in classe dal 21 febbraio. Non basta. Come immaginava l’Istituto superiore di Sanità, come continuano a chiedere le regioni più colpite, serve tenere studenti e insegnanti a casa.

Per quanto tempo ancora? Il governo non ha deciso, anche perché la curva dei contagi, sempre ascendente, non è così chiara. Il comitato tecnico-scientifico per l’emergenza ricorda che loro, gli esperti, le indicazioni le avevano date alla vigilia del 9 marzo: la chiusura delle scuole è un provvedimento che ha un senso se viene applicato almeno per due mesi. Dopo il 3 aprile, quindi, servirebbero altri trenta giorni. Con un rientro possibile il 6 maggio. Il comitato porta l’esempio della Cina: il Covid-19 è quasi scomparso anche a Wuhan eppure le scuole restano chiuse in tutta la nazione.

I governatori: “Istituti chiusi”

I presidenti di diverse regioni, sentiti da Repubblica, non hanno dubbi. Alberto Cirio, governatore del Piemonte in quarantena nel suo appartamento poiché positivo al coronavirus, dice: “Credo che si tornerà a scuola dopo Pasqua, mercoledì 15 aprile. Questa è la data minima. I diagrammi continuano a salire, resto favorevole a misure rigide”. Luca Ceriscioli, presidente delle Marche che sulle scuole ha già ingaggiato dispute con il premier, ora dice: “La situazione è estremamente critica, neppure ci viene in mente di andare a riaprire le scuole. La proroga delle misure di contenimento mi sembra un atto naturale”. E così il presidente della Lombardia, attraverso il suo portavoce: siamo ancora in una fase in cui serve massima rigidità, chiediamo solo che il governo faccia un unico decreto e lo comunichi con largo anticipo.

Scontro sulle lezioni a distanza

Lo slittamento della riapertura dei plessi chiederà alla didattica a distanza di diventare ancora più efficace e un importante strumento di valutazione. Le lezioni online si stanno affermando, molti studenti hanno fin qui partecipato con reattività, ma ci sono aree del Paese scoperte. Il ministero dell’Istruzione ha provato a dare una linea con una circolare del capodipartimento Max Bruschi. Con la Nota 388 si è chiesto agli insegnanti di non usare il registro elettronico solo come luogo di assegnazione compiti, è necessario far crescere il livello di interazione tra docenti e discenti. Quindi il capo dipartimento ha fornito consigli di utilizzo delle piattaforme a seconda del ciclo scolastico. La reazione di molti docenti e di tutti i sindacati è stata dura: “Ritirate la circolare, questa è materia di trattativa”. Alcuni dirigenti scolastici hanno controrisposto: “La scuola non è dei sindacati, è degli studenti”. E hanno annunciato una raccolta firme. Altri insegnanti hanno scritto alla ministra Lucia Azzolina: “Non possiamo valutare a distanza visto che molti di noi non governano gli strumenti”.

Come saranno le pagelle

Diversi professori delle medie inferiori e delle superiori interrogano a distanza e assegnano i voti. Faranno media con i pochi giudizi dati in classe all’inizio del secondo quadrimestre? La ministra ha escluso il “6 politico”, ma tutti i dirigenti parlano di valutazioni finali che non potranno non tenere conto dell’eccezionalità dell’anno. Il rischio ricorso di massa è forte.

Maturità leggera

A chi le chiede informazioni, la Azzolina spiega di avere “gli scenari possibili per la Maturità tutti nella mia testa”. La certezza è che il ministero dell’Istruzione, prima di dare indicazioni sull’Esame di Stato da realizzare, attenderà fino all’ultimo giorno possibile. “L’anno non sarà perso”, è l’assicurazione. E non sarà allungato. Ad oggi si sa che la Maturità sarà spogliata di Alternanza scuola lavoro e Invalsi. C’è la possibilità che si rinunci ai commissari esterni.

Didattica a distanza: Hangouts, Skype, Zoom, Lifesize a confronto. Vantaggi e svantaggi

da Orizzontescuola

di Francesca Carotenuto

Strategie di collaborazione e comunicazione sono la base per un’organizzazione costruttiva della didattica a distanza prevede che il docente programmi e una vera e propria lezione per formare a distanza gli allievi e non soltanto assegnare degli esercizi, ripetizioni o nuovi argomenti da studiare.

L’utilizzo di questa forma d’insegnamento prevede l’adozione di tecnologie molto spesso sconosciute all’utenza dei docenti.

Soluzioni per videoconferenze, largamente utilizzate dalle grandi imprese, offrono differenti tipi di supporto, a seconda delle esigenze: sia che si voglia privilegiare il costo, sia che si punti alla sicurezza, all’affidabilità e all’assistenza del servizio utilizzato.

La scelta da compiere, effettivamente, può diventare molto difficile, in un momento di “emergenza” come questo. Conciliare le diverse esigenze per giungere allo strumento più idoneo tra i vari applicativi presenti sul mercato è possibile.

App gratuite per Videoconferenza

Ci sono molte app che offrono il servizio di videoconferenza gratuita, nonostante siano state create per scopi di teamworking aziendale o per collaborazioni lavorative. Di seguito troverete una lista delle migliori attualmente presenti sul mercato disponibili sia per computer che per dispositivi mobili (smartphone e tablet) – e delle quali analizzeremo funzionalità, vantaggi e svantaggi.

Google Hangouts

La migliore app per videoconferenze è sicuramente quella di Google. Il miglior esempio di software consumer-oriented, largamente utilizzato da anni per il settore business. Permette un’integrazione completa con tutti gli altri applicativi Google: Gmail, Google Calendar, ecc… L’unica pecca è che permette una connessione contemporanea solo di 10 utenti. Nella versione Meet, però è possibile effettuare una connessione audio e video in contemporanea fino a 250 persone.

Vantaggi: Integrata con Gmail, Google Calendar, funziona con Chrome mediante plugin.

Svantaggi: Non supporta due stream in contemporanea, alcuni utenti lamentano qualità ed affidabilità della connessione.

Skype

L’app della Microsoft offre strumenti sia per l’utenza privata che per le aziende. La videoconferenza è possibile da computer (scaricando il pacchetto di installazione) e da dispositivi mobili, (scaricando la app). E’ possibile collegare, anche in questo caso 10 utenti contemporaneamente, c’è la possibilità di accedere ad una directory di persone (generata automaticamente da Microsoft) dove è possibile ricercare tutti gli utenti registrati al servizio.

Vantaggi: esperienza utente familiare, per chiunque usi Skype per connettersi con familiari, integrazioni di ulteriori utenti collegabili possibili nelle versioni a pagamento

Svantaggi: richiede di scaricare un’applicazione, può essere considerata poco professionale perché largamente utilizzata per conversazioni di tipo privato, funzionalità avanzate disponibili previa sottoscrizione di abbonamento premium

Zoom

Zoom offre un servizio ridotto per le videochiamate di gruppo abbastanza soddisfacente. Consente la scelta di diversi tipi di piano (sia gratuiti che a pagamento). Nei piani Basic consente agli utenti di effettuare chiamate da 40 minuti con poche funzioni come la condivisione dello schermo, la registrazione locale, le sale riunioni e i filtri della fotocamera.

Vantaggi: iscrizione semplice, include la registrazione di base, supporta chiamate a 100 utenti contemporaneamente.

Svantaggi: richiede un’applicazione scaricabile, utilizza solo la lingua inglese, tutte le chiamate non sono crittografate, le chiamate hanno un limite massimo di 40 minuti circa, nessuna possibilità di controllare lo spam o la larghezza di banda

Lifesize

Lifesize è un software ampiamente utilizzato per le videoconferenze. Da circa vent’anni sul mercato, ha sempre puntato ad un servizio intuitivo e di qualità. Per il suo utilizzo è necessario aprire un account gratuito, si potrà utilizzare un servizio videoconferenza che permette la partecipazione massima di 25 utenti, senza necessità di scaricare o installare software.

E’ possibile registrarsi al servizio accedendo a questo link, inserendo il proprio nome, mail e password. La registrazione dovrà essere effettuata soltanto da chi amministra la videoconferenza (docente o coordinatore di classe); gli altri utenti, definiti “ospiti”, cliccheranno esclusivamente un link d’invito. L’accesso alla piattaforma è garantito sia da computer sia da dispositivi mobili (smartphone e tablet).

Vantaggi: Nessun download o installazione richiesta, durata della conferenza illimitata, condivisione schermi, alta qualità video, basato su una rete di cloud globale, sicurezza e crittografia abilitate end-to-end per impostazione predefinita (anche su reti pubbliche).

Svantaggi: E’ possibile aumentare il numero dei partecipanti alla conferenza fino a 300 utenti, disponibili integrazioni ai sistemi di videoconferenza 4K ma inclusi in un abbonamento a pagamento.

Soluzioni con “Prova Gratuita” – (free trial)

Per soluzioni temporanee, della durata dai 15 ai 30 giorni, ci sono diverse app per la videoconferenza scaricabili e che funzionano via web conferencing fornite in prova gratuita.

Servizi come HangoutsMeet, join.me, gotomeeting e starleaf garantiscono un accesso temporaneo con tutte le funzionalità di cui si ha bisogno.

Vantaggi: alcuni servizi offrono un accesso completo alla suite, a tutte le funzionalità di cui si dispone, tra cui la possibilità di effettuare videoconferenze con centinaia o migliaia di partecipanti.

Svantaggi: questa soluzione è utile se il pagamento è richiesto al termine del periodo di prova, perché in diversi casi essendo anticipato, ci si rende conto che gli stessi 15-30 giorni di prova non sono sempre abbastanza per provare effettivamente il servizio.

Coronavirus, anche gli ITP fanno didattica a distanza, ecco come

da Orizzontescuola

di redazione

Coronavirus: nella nota Ministero del 17 marzo 2020 è possibile leggere un riferimento anche ai docenti ITP (insegnanti tecnico pratici), anch’essi coinvolti nella didattica a distanza.

La didattica a distanza riguarda tutti gli insegnanti.

“In particolare negli istituti tecnici e professionali – scrive il Ministero – caratterizzati da una didattica declinata tipicamente nella duplice dimensione della teoria e della pratica laboratoriale, ove non sia possibile l’uso di laboratori digitali per le simulazioni operative o altre formule, che pure diverse istituzioni scolastiche stanno promuovendo, il docente progetta – in questa fase – unità di apprendimento che veicolano contenuti teorici propedeutici, ossia da correlare in un secondo momento alle attività tecnico pratiche e laboratoriali di indirizzo.”

Valgono anche per gli ITP le indicazioni relative a cosa non  è didattica a distanza e cosa lo è.

Il solo invio di materiali o la mera assegnazione di compiti, che non siano preceduti da una spiegazione relativa ai contenuti in argomento o che non prevedano un intervento successivo di chiarimento o restituzione da parte del docente, dovranno essere abbandonati, perché privi di elementi che possano sollecitare l’apprendimento.”

Cosa è didattica a distanza

Le attività di didattica a distanza, come ogni attività didattica, per essere tali, prevedono la costruzione ragionata e guidata del sapere attraverso un’interazione tra docenti e alunni. Esempi:

  • Il collegamento diretto o indiretto, immediato o differito, attraverso videoconferenze, videolezioni, chat di gruppo
  • la trasmissione ragionata di materiali didattici, attraverso il caricamento degli stessi su piattaforme digitali e l’impiego dei registri di classe in tutte le loro funzioni di comunicazione e di supporto alla didattica, con successiva rielaborazione e discussione operata direttamente o indirettamente con il docente, l’interazione su sistemi e app interattive educative propriamente digitali: tutto ciò è didattica a distanza.
  • E’ ovviamente da privilegiare, per quanto possibile, la modalità in “classe virtuale

Scarica la nota del Ministero

Didattica a distanza, non è mera trasmissione di compiti. Ecco cosa dice il Ministero

da Orizzontescuola

di redazione

Didattica a distanza, abbandonare la mera trasmissione di materiali e mera assegnazione di compiti.

Didattica a distanza

Abbiamo descritto nell’articolo “Coronavirus, cosa si intende per didattica a distanza. No solo invio materiali, ma relazione. Nota Ministero” cosa debba intendersi per didattica a distanza.

Abbiamo inoltre affrontato l’argomento nella sue varie sfaccettature sulla base delle indicazioni fornite dal ministero nelle varie note, ultima in ordine di tempo la nota del 17 marzo:

Torniamo adesso a ribadire che la didattica a distanza non può essere intesa come una didattica tradizionale svolta tramite PC e soprattutto evidenziamo cosa non è il nuovo modo di fare scuola, in seguito all’emergenza del coronavirus, secondo quanto indicato dallo stesso Ministero.

Cosa non è la didattica a distanza

Il Ministero ha indicato cosa non debba intendersi per didattica a distanza già nella nota dell’8 marzo 2020:

Le istituzioni scolastiche e i loro docenti stanno intraprendendo una varietà di iniziative, che vanno dalla mera trasmissione di materiali (da abbandonarsi progressivamente, in quanto non assimilabile alla didattica a distanza), alla registrazione delle lezioni, all’utilizzo di piattaforme per la didattica a distanza, presso l’istituzione scolastica, presso il domicilio o altre strutture. Ogni iniziativa che favorisca il più possibile la continuità nell’azione didattica è, di per sé, utile. Si consiglia comunque di evitare, soprattutto nella scuola primaria, la mera trasmissione di compiti ed esercitazioni, quando non accompagnata da una qualche forma di azione didattica o anche semplicemente di contatto a distanza. Va, peraltro, esercitata una necessaria attività di  programmazione, al fine di evitare sovrapposizioni tra l’erogazione a distanza, nella forma delle “classi virtuali”, tra le diverse discipline e d evitare sovrapposizioni.

Dunque nella prima nota dedicata all’argomento, il Ministero, consapevole delle difficoltà dei docenti, catapultatati nella nuova situazione, prevedeva la mera trasmissione di compiti che doveva essere progressivamente abbandonata.

Allo stesso tempo, consigliava, soprattutto nella scuola primaria, di evitare la suddetta trasmissione, a meno che la stessa non venisse accompagnata da qualche azione didattica o qualche forma di contatto a distanza, volto a guidare l’alunno nello svolgimento delle attività assegnate.

Nella nota del 17 marzo, poi, il concetto è stato ribadito, illustrando cosa debba intendersi per didattica a distanza (al riguardo vedi l’articolo sopra riportato):

Il solo invio di materiali o la mera assegnazione di compiti, che non siano preceduti da una spiegazione relativa ai contenuti in argomento o che non prevedano un intervento successivo di chiarimento o restituzione da parte del docente, dovranno essere abbandonati, perché privi di elementi che possano sollecitare l’apprendimento.

Anche in questa nota si evidenzia che il semplice invio di compiti e materiali va abbandonato, in quanto le attività da svolgere e gli argomenti da apprendere vanno sempre illustrati dai docenti.

In definitiva, la didattica a distanza non può esaurirsi né definirsi tale, ricorrendo soltanto alla trasmissione di materiali e all’assegnazione di compiti. Deve esserci sempre la guida del docente e, aggiungiamo, la restituzione del compito assegnato.

Coronavirus, 15 giorni di congedo a docenti e ATA: da quando e quanto sarà pagato

da Orizzontescuola

di redazione

Congedo per i figli fino ai 16 anni di età _ 15 giorni fino al termine della sospensione delle attività (art. 24 decreto legge)

È previsto un congedo specifico di 15 giorni per i figli di età non superiore ai 16 anni o con disabilità in situazione di gravità accertata. La scheda tecnica UIL Scuola

Da quando
Dal 5 marzo.

Per quanto tempo
Per un totale complessivo di 15 giorni.

Fino a quando
Il congedo è riconosciuto per tutto il periodo della sospensione delle attività scolastiche (al momento 3 aprile 2020).

Chi ne può fruire

La fruizione del congedo è riconosciuta alternativamente ad entrambi i genitori, anche affidatari, ed è subordinata alla condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o altro
genitore disoccupato o non lavoratore.

La retribuzione

  • figli fino ai 12 anni: la retribuzione è del 50%;
  • figli dai 12 ai 16 anni: il congedo è senza retribuzione.

NOTA BENE

  • il congedo è aggiuntivo a quello previsto dal T.U. di maternità e paternità e previsto per il personale della scuola dall’art. 12 del CCNL 2006-09
  • gli eventuali periodi di “normale” congedo parentale, fruiti dai genitori durante il periodo di sospensione, sono convertiti nel congedo previsto dal decreto con diritto all’indennità e non computati nè indennizzati a titolo di congedo parentale;
  • dal momento che l’art. in questione fa decorrere il diritto dal 5 di marzo, si ritiene che eventuali giorni di “normale” congedo parentale fruiti da quella data possano convertirsi nello “speciale” congedo previsto;
  • il limite di età non si applica in riferimento ai figli con disabilità in situazione di gravità iscritti a scuole di ogni ordine e grado o ospitati in centri diurni a carattere assistenziale;
  • il congedo e l’indennità non spettano in tutti i casi in cui uno o entrambi i lavoratori stiano già fruendo di analoghi benefici.

Scarica la scheda tecnica integrale sul decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020