La didattica a distanza

La didattica a distanza (DAD): emergenza e non solo

di Carlo De Nitti

Una prova della correttezza del nostro agire educativo è la felicità del bambino. Maria Montessori

La didattica a distanza – resa acronimo, come ormai da lungo tempo usa fare nello “scolastichese” – nella forma di DAD non può essere una didattica che si realizzi mediante le medesime pratiche attraverso cui si manifesta ogni giorno, nelle aule, nei laboratori, nelle palestre delle scuole di ogni ordine e grado, quella in presenza, in cui docente e discenti coeriscono nel medesimo spazio/tempo aprioristicamente definito. Parimenti, spesso definito è il copione. Lezione/spiegazione, sovente oro-auricolare(diciamoci la verità, quella vera, quella politicamente scorretta), verifica delle performances degli studenti e nuovalezione/spiegazione.

La DAD, nonostante escluda la compresenza fisica all’interno di un medesimo spazio fisico dei protagonisti della scuola, può vivere solo ricreando, eventualmente con diversa semantica, i vissuti tipici di quella relazione. Lo sguardo, il sorriso, la smorfia, la parola, la pacca sulla spalla, in una parola, la “cura” che caratterizzano (utinam…) la scuola reale e che sono parte integrante del processo di insegnamento/apprendimento devono essere re-inventati al tempo della DAD, pena il fallimento della sua azione.  

Non è possibile immaginare per quanti, come chi scrive, abbiano maturato una lunga esperienza di scuola, che una video-lezione possa essere un asettico contenitore unidirezionale di informazioni trasmesse da un emittente ad un ricevente: una video-lezione non può che prendere abbrivo da un momento “cordiale”. 

Non va dimenticato che i docenti entrano nelle vite private degli studenti, nelle loro case, nella loro “intimità” domestica: perché non iniziare la lezione prendendo un caffè insieme, con una canzone o un brano da film … magari scelti a turno da* ragazz* o, penso ai colleghi di scienze motorie, con un “risveglio muscolare”. Parimenti pure i giovani entrano nelle vite “private” dei loro docenti, nelle loro abitazioni, nei loro studi, scelti quali“set” della scena. Insomma, ci si mette reciprocamente “a nudo”: penso alla stanza in cui un docente faccia lezione con vista sui suoi libri e su qualcuno in particolare, per lui/lei particolarmente significativo non è forse un forte messaggio subliminale?

Se la DAD non riesce ad essere anche colloquio, empatia, reciprocità, fallisce il suo scopo: la scuola non è né può essere il semplice veicolo di trasmissione di contenuti disciplinari. Se lo fosse, sarebbe la bancarotta! Con l’aggravante della fraudolenza…

Ecco perché le verifiche e le valutazioni non possono essere effettuate in modo abituale, come se nulla fosse accaduto: chi pensa in termini di interrogazioni, di verifiche scritte, divalutazione numerica, di debiti è fuorviato da un’idea erronea di DAD. Chi garantirebbe la genuinità delle eventuali performances valutate? Ogni giudizio numerico sarebbe inappropriato e, absitinuria verbis, da un lato, foriero di possibili contenziosi in cui ogni istituzione scolastica sarebbe certamente perdente, dall’altro, segno evidente di una scuola “fuori dal tempo”

Le criticità finora evidenziate, nate in questo frangente in cui la DAD ha dovuto ex abrupto sostituire la fisiologica prassi scolastica – grazie al lodevolissimo impegno volontaristico di tante migliaia di docenti – non cesseranno una volta terminata l’emergenza scaturita per il COVID-19. Il ruolo delle TIC era argomento già ampiamente dibattuto in precedenza e lo sarà, ancor di più, dopo la conclusione, la più rapida possibile, della pandemia.

Questo drammatico tornio di tempo “in cui ci tocca di vivere” ha il non trascurabile pregio di mettere tutti in condizioni di prendere contezza che la scuola come luogo fisico è insostituibile (molte ragazze ed altrettanti ragazzi la stanno rimpiangendo…) anche come luogo deputato da parte della Repubblica a “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Senza interventi correttivi, in primo luogo di tipo economico –cui, invero, il potere esecutivo ha già posto mano per dotare tutti i discenti di apparecchiature elettroniche in comodato d’uso gratuito – la DAD può creare esclusione sociale: chi può accedere e chi no, chi è dentro e chi rimane obtorto collo fuori. La DAD non può – né deve – contravvenire ai principi costituzionali, fondativi dell’essere scuola ovvero, come diceva don Lorenzo Milani, “fare parti eguali tra diseguali”.

In quest’ottica vanno considerate tutte le condizioni: dalla diversabilità, ai disturbi specifici dell’apprendimento, ai bisogni educativi speciali. A loro, agli alunni speciali, le scuole debbono dedicare la massima cura, sia in termini di accessibilità alla DAD sia di curvatura alle loro esigenze specifiche che non sono classificabili nella loro scansione temporale. Anche per loro la DAD va pensata su misura, in ogni senso.

Uno dei modi per capitalizzare e socializzare tutte le forme di DAD può essere, ad esempio, la creazione di archivi di risorse digitali delle scuole o reti di esse, disponibili per chiunque ne voglia usufruire per migliorare sempre di più una nuova forma di didattica che non è detto debba essere del tutto accantonata, una volta superata l’emergenza della pandemia che in questo marzo 2020 imperversa. Penso ad una mediateca delle buone pratichecondivisibile a tutti i livelli.

Da questa emergenza, la scuola italiana non potrà che venirne fuori diversa come era prima: diventerà più accessibile, più inclusiva, più performante, in una parola, migliore? E’ l’auspicio di tutti: se così fosse, le nuove generazioni ci ringrazierebbero.

Alcune note sulla didattica a distanza

Alcune note sulla didattica a distanza

di Stefano Stefanel

         La Didattica a distanza è una Didattica digitale e dunque in questo momento (iniziato improvvisamente, ma destinato a durare a lungo) è l’unica possibile. Dopo una fase iniziale di entusiasmo, alimentato di chi si è esposto a sostenere che la Didattica a distanza poteva sostituire quella in presenza, si sta passando a una sorta di dubbio collettivo, alimentato da voci sempre più persistenti di studenti stremati, famiglie oberate e crisi di nervi in arrivo. Il Ministero fa bene a temporeggiare sulle così dette “promozioni di massa” che poco piacciono ai tifosi della selezione, ma una cosa è certa: sono gli studenti più deboli, svogliati, assenteisti che hanno maggior bisogno della Didattica in presenza, cioè della “vecchia scuola”. Già deboli dentro un sistema cooperativo e comunitario questi studenti sono dispersi nel web e nelle loro lacune, dentro uno sfondo che non li ha dotati di competenze sufficienti per reggere l’urto della scuola in presenza, immaginarsi cosa gli sta succedendo nella scuola a distanza. Se quindi era già terribile prendersela con i più deboli in periodo “di pace”, immaginiamo quanta violenza ci sarebbe nel prendersela con i più deboli “in tempo di guerra”. Ma di questo ci sono ancora due mesi di tempo per parlarne, cercando, comunque e giustamente, di non dare alibi a nessuno studente che intende limitarsi a sbadigliare invece che a studiare.

         Il punto cruciale da affrontare, però, oggi è quello di una Didattica a distanza e di una Didattica digitale (non sono la stessa cosa, ma in questo momento sono l’unica cosa) che sono utilizzate anche da molti docenti che nulla in precedenza avevano sperimentato in merito, molti dei quali erano addirittura strenui combattenti contro il digitale. Il trasferimento delle metodologie in presenza alle metodologie a distanza, delle metodologie cartacee a quelle digitali può permettere di coprire qualche vuoto, può aiutare gli studenti bravi o bravissimi, ma rischia di gravare il sistema di un nuovo errore, cioè quello di cercare di fare stare il vecchio nel nuovo. La strada da percorrere è quella che permette di ribaltare alcuni stereotipi, per posizionarsi nell’altrove in cui siamo precipitati. Per questo di seguito indico, in questo intervento, dieci “accorgimenti pedagogici” che potrebbero essere utili per aiutare a definire i confini di una Didattica a distanza che sia una vera Didattica digitale.

1. Dalle domande agli studenti alle domande degli studenti. L’attività didattica in chat o in videoconferenza permette un’interazione diretta con soggetti lontani, situati dentro ambienti spesso difformi e non tutti idonei all’apprendimento. La vecchia modalità dell’ “a domanda risponde”, propria ormai solo dei tribunali e delle aule scolastiche, non serve a niente, perché semplicemente mima una situazione in presenza dove prevalgono la memoria e non l’iniziativa. E’ necessario passare dalle domande fatte dall’insegnante allo studente alle domande fatte dallo studente all’insegnante. Da quelle domande si percepiranno la profondità, l’interesse, la competenza. Va ribaltato lo schema: l’interrogazione non parte dalla domanda dell’insegnante, ma da quella dello studente.

2. Dall’interrogazione al colloquio colto. I video incontri anche individuali possono permettere uno spostamento dal concetto di interrogazione a quello di “colloquio colto”. Che cos’è un colloquio colto? E’ un colloquio tra due persone che condividono punti di riferimento culturali di livello elevato (e connessi all’età del soggetto più giovane). Chi non ha mai sentito parlare dei Promessi sposi non è in grado di discutere i motivi per cui don Rodrigo non voleva che Renzo e Lucia si sposassero, né l’eventuale esistenza di punti di contatto tra la pesta milanese del ‘600 e questa nostra epidemia. Ma il concetto di colto si estende anche alla trigonometria e alla geografia, alla geometria e all’ecologia. Cioè a tutti quei settori in cui è possibile parlare solo con chi ne sa qualcosa. Ad esempio: per stabilire che cosa è un virus, come si trasmette, come si distrugge.

3. Dall’esperienza di classe all’esperienza personale. Ogni studente (dai 3 ai 19 anni) sta vivendo un’esperienza diversa. Queste esperienze con colonne musicali personali, dentro luoghi diversi (case grandi con giardini, case piccole piene di gente, case su più piani, case con grandi saloni, case con piccole camere, ecc.) e dentro stili di vita diversi possono diventare il centro della narrazione e il punto di origine della conoscenza. L’apprendimento per sviluppo prossimo di cui parlava Vygotskij è il punto di partenza dell’esperienza didattica e di quella dell’apprendimento. Poiché non ci sono più ambienti simili, perché mediati ormai da esperienze di convivenza non comuni, le esperienze personali di vita nell’emergenza devono essere proiettate attraverso il web dentro lo spazio comune. Con racconti, foto, musiche, filmati, selfie, cioè con tutto quello che in questo momento attraverso il web restituisce significato che ognuno di noi assegna a quello che sta accadendo.

4. Dai compiti per casa ai compiti di realtà. Questo è forse uno dei passaggi più difficili: passare, cioè, da un meccanismo didattico ripetitivo e connesso alla successiva verifica sul raccordo tra quello che sta insegnando e quello che si deve imparare, alla descrizione della realtà dentro cui si vive. Questo mutamento di prospettiva importante per gli studenti adulti diventa necessario per quelli più piccoli che non possono essere inseriti dentro un sistema di semplici apprendimenti teorici, avendo perso anche quella laborialità logica che si trova dentro qualunque classe del primo ciclo dell’istruzione. Dunque cercare di stimolare la realtà e di portarla nella teoria, non fare viceversa costringendo lo studente dentro una realtà in cui con i compiti per casa si cerca di coprire la mancanza della vita scolastica quotidiana.

5. Dalla verifica di quanto trasmesso alla ricerca della complessità: dal disciplinare al pluridisciplinare.  Se già la Didattica in presenza fatta di lunghe spiegazioni e di lunghissime conferenze mostrava il passo e veniva intaccata sempre più spesso da progetti, laboratori, incontri pubblici, viaggi, stage, ecc. la Didattica a distanza fatta attraverso lezioni frontali diventa insostenibile. Se è possibile apprendere attraverso filmati perché non lo si faceva anche prima? Lo studente debole che si annoiava in classe a sentire lunghe narrazioni solitarie davanti ad un filmato tende a fare altro (guardare il suo cellulare se non è connesso con quello, ad esempio). E’ necessario allora verificare il processo di apprendimento attraverso la complessità. Non chiedere nozioni o conoscenze secche, ma chiedere un ragionamento attraverso temi molto complessi e articolati, che non si possano risolvere copiando da internet, ma richiedano pensiero ed elaborazione per fare emergere le competenze reali. La complessità per sua natura esige competenze, quindi bisogna dare compiti difficili per cercare l’eccellenza, non per sanzionare i peggiori. Questa difficoltà deve valorizzare gli studenti migliori, che attraverso la loro competenza approfondita aiuteranno a migliorare la Didattica a distanza. La complessità disciplinare deve raccordarsi con quella pluridisciplinare di cui è ormai pregna la nostra società. Per questo è importante costruire contenuti pluridisciplinari che stimolino gli studenti dentro ragionamenti complessi e non ripetitivi.

6. Dal fare i compiti allo scrivere libri. La possibilità di condividere testi dentro cloud permette di passare dall’elaborazione di compiti alla scrittura di libri. Poiché questi libri saranno multimediali, possono essere di qualunque formato, contenuto, durata. L’insegnante è il soggetto ordinatore, la scuola è l’editore, i ragazzi sono gli scrittori. Il passare da una scrittura che trasmette quello che ha recepito a una scrittura che recepisce quello che trasmette permette di mettere allo scoperto la genialità o la pochezza del prodotto. Il lavoro collettivo diventa anche una traccia delle individualità e della loro capacità di adeguarsi o no alle attività di gruppo. In questo caso l’emergenza non produrrà compiti, ma permetterà di editare (sul web) un libro sull’emergenza, che sarà diverso per ogni classe, per ogni gruppo, per ogni elettività.

7. Dalla penna alla tastiera. La gestione della tastiera (sia quella di un PC, sia quella di uno smartphone, sia quella di un tablet) è diversa dalla gestione della penna. Il passaggio da penna a tastiera ribalta quello che è il normale senso del procedere. Per moltissimi studenti la tastiera ha già preceduto la penna: ora non si tratta solo di applicare una sostituzione, ma di comprendere che, dentro una Didattica a distanza che è una Didattica digitale, di nuovo “il mezzo è il messaggio”. Digitare non è mai scrivere con la penna, partendo anche dal semplice fatto che molto spesso ciò che manca al digitale è la pazienza della rilettura di quello che si è scritto. La scuola deve entrare in questo meccanismo e, in questo momento, deve ribaltare la sua priorità iniziale (la penna) per passare alla priorità digitale dei suoi studenti (la tastiera), avendo bene in mente che scrivere con la penna non produce gli stessi effetti che scrivere con la tastiera e pertanto anche su questo è necessario fare scuola (primaria: anche quando si frequenta il liceo).

8. Da segnalare libri (letture) a segnalare link. In questa fase è necessario che i docenti segnalino correttamente link dove individuare questo o quell’argomento sviluppati in modo corretto. Questo è un lavoro nuovo ed è un lavoro immane. E’ possibile credere ancora che lo studente studi volentieri sul manuale cartaceo, ma forse qualche dubbio in questa fase è necessario farselo venire. Bisogna imparare a linkare (parola pessima: ma ce n’è un’altra?) in forma approfondita, dopo aver girato ore e ore sul web per cercare qualcosa di veramente utile, interessante, ben scritto, ben organizzato. Qui entriamo nel settore delicato della ricerca didattica, che non può limitarsi a cambiare nomi o a cercare di portare il vecchio programma dentro un nuovo curricolo. L’emergenza chiede un aumento di profondità e quindi la possibilità di accedere in forma critica e intenzionale ai moltissimi contributi di altissimo livello che si trovano sul web. Diventa perciò necessario “saper linkare”: quando il docente parla agli studenti, deve segnalare riferimenti digitali facilmente reperibili, quando lo studente parla, deve indicare precisamente la fonte da cui ha tratto spunto per quello che sta dicendo. Va ripristinata la logica didattica di san Tommaso d’Aquino, che pretendeva, durante il quolibet, che i suoi studenti citassero sempre la fonte delle loro affermazioni. A quel tempo avevano solo la memoria, oggi abbiamo un web così enorme che ci sta asciugando la memoria, per cui dobbiamo dare riferimenti chiari, non generici richiami a testi che non sono oggettivamente alla portata fisica (perché cartacei) di nessuno.

9. Dalla lingua madre al plurilinguismo. Il plurilinguismo dovrebbe diventare la cifra della lontananza. A scuola non si può più parlare solo italiano, ma si deve iniziare a interagire in tutte le lingue con cui abbiamo familiarità, siano esse vive o morte. E’ un lavoro complesso non alla portata di tutti, ma credo sia necessario avviare degli incontri via chat o video con più insegnanti presenti contemporaneamente. Quelli di lingua straniera avrebbero così la possibilità di presidiare le competenze linguistiche degli studenti dentro importanti contenitori scientifici, umanistici o anche esperienziali. Sia nel primo ciclo sia nel secondo ciclo è importante dare allo spettro plurilinguistico possibilità di spaziare di farsi valere come veicolo. La didattica dentro il plurilinguismo è una didattica molto complicata e che per questo si sposa con la complessità virtuosa di cui parlavo sopra. Per questo è necessario affinare le competenze del lavoro in team, dentro spettri linguistici differenti su azioni pluridisciplinari complesse. Il senso dell’operazione diventa non solo quello di testare conoscenze, ma soprattutto quello di vedere in che modo si sono sviluppare le competenze, che solo dentro una dimensione plurilinguistica collocano lo studente (anche molto giovane) nella società che si evolve.

10. Dall’orario dei docenti all’orario degli apprendimenti. Pensare che Didattica a distanza possa rispettare gli orari della Didattica in presenza è una pericolosa perdita di tempo. Mimare da remoto, attraverso video incontri o lezioni frontali, i tempi della presenza significa stare dentro un medium senza averne capito nulla. I consigli di classe, i team docenti, i dipartimenti dovrebbero attivarsi per rivedere la propria progettazione curricolare slegandosi dall’idea (morta) di programma. I programmi non si potranno finire né quest’anno né mai, ma bisogna, invece, costruire curricoli anche temporalmente al passo con il processo di apprendimento degli studenti. Era una cosa che bisognava aver fatto prima, ma che adesso diventa imprescindibile e come tale deve essere attuata nell’emergenza. Passata la prima fase accompagnata dall’entusiasmo dei neofiti, degli avanguardisti, degli estremisti del web e di quelli della carta, si deve transitare alla mediazione processuale per capire qual è il tempo migliore per sviluppare apprendimenti e per cementate conoscenze. Inutile rimanere ancorati all’orario: il mattino si spiega il pomeriggio si studia. Il tempo non è più quello che conoscevamo, le giornate sono più brevi di prima perché la solitudine annulla i tempi e cambia i ritmi. E quindi anche la scuola deve essere diversa. Il tempo della Didattica a distanza e della Didattica digitale non può essere quello della Didattica in presenza, scandita oltre che dalle sveglie mattutine anche dagli autobus, dai treni, dagli scuolabus, dalle mense, dai rientri, dagli orari dei genitori, dallo sport, dalla dottrina, dai gruppi musicali e culturali, dalle feste, dagli incontri, ecc. Bisogna ripensare il tempo della scuola, collegandolo a quello dell’apprendimento in situazione di emergenza. Serve un tempo nuovo, magari un tempo senza tempo, in cui ci siamo perché apprendiamo, non perché siamo obbligati a esserci.

Il Rinascimento francese

IL RINASCIMENTO FRANCESE: UNA GRANDE CORRENTE ARTISTICA

di Giovanni FERRARI *

Il Rinascimento, nel XV secolo, è stato un periodo di cambiamenti in architettura, nella vita intellettuale, nella letteratura e nel campo religioso.

Le guerre d’Italia fatte da re  Francesco I, la scoperta di una civiltà raffinata porterà in Francia degli artisti come Leonardo da Vinci e i re francesi imitarono lo stile italiano. Sulle rive della Loira si costruisce per abbellire i castelli di Blois, d’Azay-le-Rideau, di Lude, d’Amboise, di Chenonceaux e in fine di Chambord.

Allo stile decorativo italiano si aggiunge un desiderio di purismo nato dal modello antico: il Cortile Quadrato del Louvre a Parigi rimane l’esempio più bello.

Le trasformazioni delle conoscenze e del mondo richiedono delle nuove formazioni e la creazione di nuove scuole: il Collegio di Francia (1530), le Accademie come l’Accademia di poesia e della musica (1530). Queste scuole sono affidate agli umanisti.

Erasmo, Guillaume Budé hanno partecipato alla costruzione della cultura umanistica: ritorno all’Antichità e ai suoi grandi testi, riflessione sui testi, creazione di una cultura universale, volontà di porre l’uomo al centro di tutte le cose.

In letteratura, Marot, Rabelais, la Pléiade (Ronsard, Du Bellay), Montaigne  illustrarono con le loro opere questa volontà di fondare la felicità su una vita in pieno accordo con la natura. Il francese, pertanto diviene allora la lingua della creazione letteraria: Défense et illustration de la langue française (Du Bellay, 1549) è un suo manifesto e sulla saggezza degli Antichi; è all’origine della Riforma che vuole imporre una riforma del credo e delle nuove pratiche religiose ossia quella profonda crisi ideologica e religiosa che dividerà il mondo cristiano.

TRADUZIONE IN FRANCESE: LA RENAISSANCE.

La Renaissance, au XV siècle, a étè une période de changements en architecture, dans la vie intellectuelle, en littérature et dans le domaine religeux.

Les guerres d’Italie faites par le roi François 1°, la découverte d’une civilisation  raffinée vont amener en France des artistes comme Leonard de Vinci et les roi français vont imiter le modèle italien. Sur les bords de la Loire se construisent ou s’embellissent les châteaux de  Blois, d’Azay-le Rideau, du Lude,  d’Amboise, de Chenonceaux et enfin Chambord.

Au style décoratif italien va s’ajouter une volonté de purisme née du modèle antique: la Cour Carrée du Louvre à Paris en reste le plus bel exemple.

Le trasformations des  connaissences et du monde nécessitent de nouvelles formations et la création de nouvelles écoles: le Collège de France (1530), les académies, comme l’Académie de poésie et de musique (1530). Ces écoles sont confiées aux humanistes.

Érasme, Guillaume Budé ont participé à la construction de la doctrine humaniste:retour à l’Antiquité et à ses grands textes, réflexion sur ces textes, croyance en une culture universelle, volonté de placer l’homme au centre de toute chose.

En littérature, Marot, Rabelais, la Pléiade (Ronsard, Du Bellay), Montaigne illustrent par leurs oeuvres cette volonté de fonder le bonheur sur une vie en accord avec la nature. Le français devient alors la langue de la création littéraire: Défense et illustration de la langue française (Du Bellay 19499 et son manifeste.

L’humanisme s’appuie sur une lecture évangélique du christianisme et sur la segesse des Anciens; il est à l’origine de la Réforme qui veut s’imposer une réforme de la croyance et de nouvelles pratiques religeuses: C’est cequi va entrainer la profonde crise indéologique et religeux qui va diviser le monde chrétien.


QUESTIONARIO SULLE GRANDI CORRENTI ARTISTICHE DEL RINASCIMENTO.

  • Domanda:Comment l’Italie a-t-elle contribué à la Renaissance en France?

Risposta: La Renaissance italienne a précédé la Renaissance française qui  commence pendant le règne de François 1° (1515-1547). Ce roi fait venir en France des artistes italiens qui introduisent un nouveau style d’architecture et de décoration (les chateax de la Loire). Ce style devient plus pur quand, aprés 1550, les artstes s’inspirent de l’Antiquité (le Louvre).

  • Domanda: Où se trouvent les principaux châteaux construits en France à l’époque de la Renaissance?

Risposta: Dans la vallée de la Loire. La Bretagne, la Normandie et le Pays de la Loire forment la région Ouest.

La Bretagne est célèbre pour ses paysages,  ses légendes celtes, sa culture en plein renouveau (Festival interceltique de Lorient). C’est une terre de marins avec de nombreux ports de pêche  (Lorient, Douarnenez, Roscolf). Son agriculture et son élevage se son beaucoup developpés (légumes, porcs). L’industrie automobile les télécommunications, la recherche océano-graphique, le tourisme (Saint-Malo, le Mont-Saint-Michel) et la balnéothérapie ont tranformé la Bretagne pauvre en une région riche et dynamique: Rennes compte parmi les villes les plus perfomantes et les plus appréciées.

La Normandie, avec ses célèbres paysages de bocage, reste une grande terre d’élevage, de production laitière et d’industrie agroalimentaire. Rouen et le Havre sont les deux ports industriels dominés par le pétrolchimie. Terre de villégiature pour les parisiens (Deauville, Trouville, Honfleur, Etretat), c’est aussi une terre de mémoire avec les plages du Débarquement de la  Seconde Guerre Mondial et le Mémorial de Caen.

Les pays de la Loire sont tournés vers la mer et bénéficient du dynamisme des deux grands ports., Nantes etr Saint- Nazaire, principaux centres de construction navale et d’importation du pétrole. Ils attirent un tourisme nombreux grâce à leurs  plages et à leur patrimoine historique (les célèbres châteaux de la Loire: Chambord, Chenonceau…). Les activités tertiaires (assurance) y occupent una place importante.

La Normandie comme la Bretagne ou le s Pays de la Loire, sont des pays de terre et d’eau. La géographie touristique de la mer est synonyme de ports (Dieppe, Le Havre, Cherbourg, Lorient, Brest, Saint-Nazaire et Nantes), de cités balnéaires (Etretat, , Deauville, Cabourg, Dinard, La Baule, Les sables-d’Olonne).  De lieux synonymes d’aventures et de découvertes (Sant-Malo, Honfleur), d’îles (Bréhat, Belle-île,  Noirmoutiers, Yeux) et de mémoire (les plages du Débarquement). La terre offre ses  légendes, ses mystères, ses beuatés, son histoire (Carnac, Brocéliande, Rennes, Dinard, le Mont-Saint- Michel, Bayeux, Caen, Rouen, Angers,Saumur,Fontevraud).

Il y a aussi une table formidable: à  l’ouest, en Bretagne, les crêpes sucrées ou salées (galettes), en Normandie, le camembert et le cidre, dans les Pays de la Loire, les vins de Saumur et le biscuit nantais Le Petit LU sont parmi les spécialistes gastronomiques de ces régions.

  • Domanda: QU’EST-CE QUI CARACTÉRISE:

a)La doctrine humaniste: Cette doctrine rejette le monopole de l’Église sur la vie intellectuelle et culturelle. Comme les philosophes de l’Antiquité, les penseurs humanistes ont centré leur réflexsion sur l’homme (plutôt que sur Dieu et sur les textes anciens (plutôt   sur la Bible). Les humanistes croyaient en une culture universelle fondée sur le libre examen des textes anciens et libérée de la doctrine religeuse.

B) La littérature del la Renaissance: les poète de la Renaissence ont remplacé le latin par le français pour exprimer avec   lyrisme des émotions inspirées par la nature: Rabelais célèbre la nature et la vie. Montaigne dans ses Essais a élaboré sa philosophie humanistes à partir de sa propre expérience du monde et des ses souffrances personnelles. Pour les écrivains de la Renaissance, le bonheur résulte d’une vie menée en accord avec la nature.

  • Domanda: Pourquoi la Réforme a-t-elle divisé le monde chrétien qui avait  été  dominé  jusque-là  par l’Église  catholique?  

Risposta: Les hunmanistes ont entrepris  l’étude critique des  écritures chrétiennes aussi bien que des textes  anciens. Martin Luther (1483-1546) et Jean Calvin (1509-1564), ont été à l’origine de la Réforme. Ce mouvement religeux critique les abus de l’Église catholique et propose un retour aux sources bibliques. Il est devenu le protestantisme. En 1560 ont commencé entre les protestants et les catholi ques les guerres de Religion, dont le massacre des protestants de Paris la nuit de la Saint-Barthélemy (24 août 1572) reste célèbre: elles ont pris fin avec l’instauration de la tolérance religeuse par l’édit de Nantes (1598).

  • Domanda: Voici quelques citations d’écrivains de la Renaissance:

 Rabelais (1494-1553): “L’appétit vient en mangeant (…) la soif s’en va en buvant”. (Gargantua, Livre 1,5)

Du  Bellay (1522-1560): “ France, mère des arts, des armes et des lois”. (Les Regrets)

Ronsard(1524-1585): “Cuillez, cueillez votre jeunesse: Comme cette fleur, la vieillesse Fera tenir votre beauté”. (Odes, “A’ Cassandre”.1,17).

 Montaigne (1533-1592): “ Quand je pourrais me faire craindre, j’aimerais encore mieux me faire aimer”.  (Essais).

Choisissez l’une de ces citations et expliquez l’idée ou le sentiment exprimé.

Risposta: Pour Rabelais, manger et boire beaucoup sont indispensables à la vie. On entretient le même rapport avec le soir, lui aussi indispensable.- Pour Du Bellay, la France est pour excellence le pays de la vie culturelle et artistique, des combats et des lois.- Ronsard incite Cassandre à profiter de sa jeunesse car la vie, comme une rose, perd sa beauté avc l’âge.- Montaigne dit que l’affection quel es gens expriment pour lui est un sentiment plus important que la crainte qu’il pourrait leur inspirer.


* Dipartimento di Studi Umanistici
Università degli Studi  Napoli “FEDERICO 2”

Continua l’operazione per il rientro in Italia degli oltre 1100 studenti all’estero

Continua l’operazione per il rientro in Italia degli oltre 1100 studenti all’estero con un programma Intercultura.

Con i 200 in arrivo oggi a Fiumicino dagli USA sono 900.

28 marzo 2020 – Continua l’operazione per il rientro in Italia degli oltre 1100 studenti all’estero con un programma Intercultura. Con i ragazzi in arrivo oggi a Fiumicino dagli USA e da altri Paesi, il numero complessivo di chi è già tornato sale a 900 in poco più di 10 giorni. Circa 700 studenti erano già rientrati nei giorni scorsi da Argentina, Belgio, Canada, Cina, Colombia, Danimarca, Egitto, Francia, Germania, Ghana, Giappone, India, Hong Kong, Malesia, Messico, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo,  Repubblica Ceca, Repubblica Dominicana, Repubblica Slovacca, Russia, Spagna, Svezia, Svizzera, Repubblica del Sudafrica, Thailandia, Tunisia, Turchia e gruppi parziali di studenti da Stati Uniti, Irlanda e Filippine.

Oggi sarà un’altra giornata cruciale: è infatti previsto il rientro di 29 studenti dall’Ungheria, 8 dall’Irlanda, 3 dalle Filippine, 2 dall’Islanda e oltre 200 dagli Stati Uniti. Questi ultimi con un volo charter appositamente organizzato da Intercultura in collaborazione con gli altri partner della rete internazionale AFS Intercultural Programs. Il volo, in partenza dall’aeroporto di Chicago, dopo aver lasciato a Roma i 200 studenti italiani, ripartirà per Madrid con altri 100 studenti spagnoli di AFS. Nelle scorse giornate i 200 adolescenti italiani hanno salutato per l’ultima volta le famiglie ospitanti che li accoglievano dalla scorsa estate e, con l’aiuto dei volontari di AFS, sono partiti dai diversi 50 Stati USA dove alloggiavano, per ritrovarsi a Chicago.  Un gruppo di altri 60 studenti era già rientrato in Italia  dagli Stati Uniti il 22 marzo.

“Si tratta di uno sforzo organizzativo ed economico enorme che la nostra Associazione sta mettendo in campo – spiega Andrea Franzoi, Segretario Generale di Intercultura – e che non avrà fine fino a quando non saremo riusciti a fare rientrare tutti i ragazzi in Italia. Dove possibile, Intercultura è intervenuta acquistando nuovi biglietti aerei e organizzando nuovi itinerari di rientro, facendosi carico di tutti i costi aggiuntivi. Per l’organizzazione dei viaggi abbiamo potuto contare anche sulla preziosissima collaborazione dell’Unità di Crisi della Farnesina e sulla rete delle Ambasciate e dei Consolati italiani all’estero che stanno svolgendo un lavoro eccellente. Abbiamo ancora circa 200 studenti  che dobbiamo riportare a casa, da Bolivia, Brasile, Cile, Honduras, Nuova Zelanda, Paraguay, Perù, Uruguay.  Per la maggior parte di loro abbiamo già trovato un itinerario di volo per il rientro. In alcuni Paesi ci sono situazioni complicate da risolvere, a causa della chiusura degli spazi aerei che rende impossibile l’organizzazione di qualunque tipo di volo, ma siamo in contatto quotidiano con il Ministero degli Esteri e i nostri Ambasciatori, che lavorano senza sosta nel cercare di mettere in sicurezza i cittadini italiani all’estero, e auspichiamo che si possa trovare presto una soluzione”.

Come già noto Intercultura ha comunicato che, in data 15 marzo 2020, AFS Intercultural Programs, l’organizzazione internazionale con sede a New York a cui Intercultura è affiliata, ha deciso di terminare anticipatamente i programmi di scambio in tutti i Paesi e di rimpatriare tutti gli studenti nei loro Paesi d’origine. La decisione si è resa necessaria al fine di tutelare la sicurezza degli studenti a seguito della dichiarazione di Pandemia emessa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e della crescente emergenza nei sistemi sanitari in diversi Paesi del mondo. Una decisione analoga era già stata presa qualche settimana fa, quando erano stati rimpatriati tutti gli studenti ospitati in Cina e a Hong Kong.

Per quanto riguarda i quasi 500 studenti di varie nazionalità che stavano partecipando a un programma in Italia,il rientro era già stato deciso lo scorso 9 marzo e in una settimana sono tutti stati in grado di riabbracciare le loro famiglie di origine.

“In oltre 65 anni di attività è la prima volta che AFS e Intercultura hanno dovuto prendere una decisione tanto drastica quanto dolorosa. – conclude  Andrea Franzoi – A tutti gli studenti, le famiglie, le scuole e i volontari dell’organizzazione coinvolti esprimiamo la nostra vicinanza con la convinzione che, passata l’emergenza, ci sarà ancora più necessità di promuovere il dialogo tra culture diverse e i valori della solidarietà internazionale”

L’Associazione Intercultura Onlus (www.intercultura.it)

Intercultura è un Associazione di volontariato senza scopo di lucro, fondata in Italia nel 1955, eretta in Ente Morale posto sotto la tutela del Ministero degli Affari Esteri e riconosciuta con decreto dal Presidente della Repubblica (DPR n. 578/1985). L’Associazione è gestita e amministrata da migliaia di volontari, che hanno scelto di operare nel settore educativo e scolastico, per sensibilizzarlo alla dimensione internazionale. È presente in 159 città italiane ed in 65 Paesi di tutti i continenti, attraverso la sua affiliazione all’AFS ed all’EFIL. Ha statuto consultivo all’UNESCO e al Consiglio d’Europa e collabora ad alcuni progetti dell’Unione Europea. Ha rapporti con i nostri Ministeri degli Esteri e dell’Istruzione, Università e Ricerca. A Intercultura sono stati assegnati il Premio della Cultura della Presidenza del Consiglio e il Premio della Solidarietà della Fondazione Italiana per il Volontariato per oltre 40 anni di attività in favore della pace e della conoscenza fra i popoli. L’Associazione promuove, organizza e finanzia scambi ed esperienze interculturali, inviando ogni anno oltre 2.200 ragazzi delle scuole secondarie a vivere e studiare all’estero ed accogliendo nel nostro paese altrettanti giovani di ogni nazione che scelgono di arricchirsi culturalmente trascorrendo un periodo di vita nelle nostre famiglie e nelle nostre scuole. Inoltre Intercultura organizza seminari, conferenze, corsi di formazione e di aggiornamento per Presidi, insegnanti, volontari della propria e di altre associazioni, sugli scambi culturali. Tutto questo per favorire l’incontro e il dialogo tra persone di tradizioni culturali diverse ed aiutarle a comprendersi e a collaborare in modo costruttivo.

Mai più scuola come costo sociale da comprimere

da HuffingtonPost Italia

Nicola Fratoianni

La scuola italiana ha reagito all’emergenza, grazie ai docenti e ai ragazzi.
Ma pesano le diseguaglianze. Per il prossimo anno scolastico provvedimenti per il diritto allo studio. Contributi per i Tablet e comodato d’uso gratuito per i libri di testo.

In questo momento tre quarti della popolazione studentesca mondiale non va più a scuola. In alcune aree del mondo questa sospensione significa perdere anche l’unico pasto garantito della giornata. Solo nel nostro Paese sono 8 milioni gli studenti, ragazzi, adolescenti e bambini che, da un giorno all’altro hanno interrotto il loro percorso formativo.

La nostra scuola, a tutti i livelli ma soprattutto grazie alla passione dei suoi docenti ha reagito. Lo ha fatto nell’unica forma possibile, sperimentando innovazione anche senza averne pienamente gli strumenti. La didattica a distanza, lungi dal poter sostituire la complessità dell’esperienza formativa che, è bene ricordarlo, al netto di ogni necessario investimento sull’innovazione tecnologica e digitale, è fatta anche di corpi, ha tuttavia lenito l’impatto di questo tsunami.

Se rivolgiamo lo sguardo a queste settimane quello che vediamo è ancora una volta l’insieme di fattori di segno diverso e su cui sarà bene non smettere di riflettere pensando a ciò che sarà dopo.

Da un lato infatti, l’emergenza rivela l’incredibile creatività che la più importante infrastruttura civile del Paese è in grado di sprigionare. Dall’altro, appare con forza il limite di una storia che negli ultimi anni ha ridotto la scuola, come troppi altri aspetti fondamentali della nostra vita (pensate alla sanità), a un costo da ridurre, comprimere, tagliare.

E ancora, in questa emergenza scorrono potenti le immagini di un caleidoscopio di diseguaglianze che attraversano la nostra società e colpiscono ragazzi e bambini in modo ancor più forte. Chi non ha un computer e a volte nemmeno un telefonino disponibile, chi non ha una connessione stabile, o semplicemente una connessione, rischia di restare ancora più indietro. Così come accade per i ragazzi con disabilità che, privi di un sostegno già troppo esiguo a cose normali, subiscono in modo ancor più drammatico gli effetti di questa crisi.

Oggi occorre innanzitutto ringraziare la scuola italiana per quello che sta facendo, per lo sforzo messo in campo, a cominciare da quello per nulla scontato dei docenti. Ma, è altrettanto chiaro, tutto questo non sarà sufficiente per metterci al riparo dalle conseguenze di quello che sta succedendo sul piano formativo.

Abbandono scolastico, analfabetismo funzionale, deprivazione formativa e nuovi problemi legati alle conseguenze psicologiche di quello che abbiamo chiamato distanziamento sociale e che picchia ancor più duramente su alcune fasce di età, sono alcune delle questioni cruciali che ci troveremo ad affrontare in quella che si annuncia come una delle più gravi emergenze educative che questo Paese abbia mai vissuto, pari forse solo alla lotta all’analfabetismo del dopoguerra.

Per affrontarla servirà dunque un grande piano. E, subito, una rottura con il discorso pubblico che ha dominato la discussione su scuola e formazione in questi anni. Scuola come fondamentale laboratorio di costruzione della democrazia e di una cittadinanza critica e consapevole, mai più scuola come costo sociale da comprimere.

E allora, nella discussione che abbiamo davanti su come fronteggiare l’impatto drammatico dell’emergenza sanitaria sull’economia del Paese, sul lavoro e sul reddito degli italiani e delle italiane la scuola deve occupare un posto centrale. Serviranno investimenti massicci e, appunto, un cambio di mentalità, ma intanto, qui e ora in vista del prossimo anno scolastico ci sono alcune cose che si possono fare e che rappresenterebbero un primo segnale importante.

Primo: serve un grande piano straordinario di assunzioni che vada ben oltre i 24.000 posti dello straordinario, che porti in classe sin dall’avvio del prossimo anno i docenti di sostegno in ruolo e non solo loro, valorizzando le professionalità che sono nelle graduatorie di merito, a esaurimento e nella terza fascia con tre anni di servizio.

Secondo: Facciamo diventare ordinario il contributo con il quale oggi le scuole comprano i tablet per gli studenti in difficoltà e il prossimo anno diamo in comodato d’uso i libri di testo.

Anche così contribuiremo a dare la necessaria serenità e  stabilità ai nostri figli per superare questa crisi, attraverso misure in grado di garantire nei fatti il diritto allo studio e battere la cronica ‘supplentite’ di questo Paese.

Coronavirus, la Azzolina: “Non si andrà a scuola a luglio”

da la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA – Dice la ministra Lucia Azzolina, in tv, che gli studenti non andranno a scuola in estate. “Se la didattica a distanza funziona, come sta funzionando in buona parte del Paese, non c’è assolutamente alcun motivo per prolungare le lezioni a luglio e agosto, in strutture scolastiche che non sono adatte ad affrontare il nostro clima estivo”. Niente prolungamento. Tiene duro sulle lezioni a distanza, la ministra dell’Istruzione: è pronta la circolare per spendere 85 milioni di euro in tablet e computer per chi non li ha. E apre, come ha scritto ieri “Repubblica”, sui recuperi a settembre: “Se ci sarà la necessità di riprendere alcuni apprendimenti per i nostri studenti, si farà in un secondo momento”. Certo, un docente conosce i propri alunni, “sono stata insegnante fino a due anni fa”, e sa chi merita la promozione immediata oppure ha bisogno di un rimando a una verifica nel successivo anno scolastico. Su quest’ultima questione: puntare tutto su un “2020-2021” con forti recuperi e l’allargamento del tempo pieno, cresce la spinta del mondo della scuola.

La Azzolina non vuole disegnare scenari, “sarebbe irresponsabile se lo facesse una ministra, “soprattutto perché non vuole demotivare studenti che hanno bisogno di lezioni a distanza per continuare a sentirsi parte di una comunità e hanno nel voto uno stimolo sempre forte per non interrompere studio e apprendimento.

Non sarà il ministero, ancora, a elaborare una circolare che consentirà di ammettere all’Esame di Maturità con il “5” e in generale un’insufficienza: “Queste sono valutazioni che fa il personale docente nella piena autonomia”. Un’altra circolare aveva già ricordato che sono sempre i docenti a decidere come valutare gli studenti a distanza.

La Maturità sarà più morbida e tarata sul programma realmente fatto: “I professori che in queste settimane stanno seguendo i ragazzi potranno valutare gli esiti delle prove con la piena consapevolezza della preparazione effettivamente svolta”. In questa logica – “nessuna penalizzazione” nell’emergenza – è stata presa la scelta dei sei membri tutti interni per la commissione e un presidente esterno “che si potrà fare garante della regolarità dell’intero percorso d’esame”.

Ovviamente, nei prossimi giorni dovranno arrivare scelte ancora più importanti: “Nel giro di pochi giorni daremo ai nostri studenti tutte le altre informazioni che serviranno sugli esami di Stato, Maturità e Terza media”.

La viceministra dell’Istruzione Anna Ascani ha annunciato, intanto, che sono in arrivo 200 milioni per permettere a tutte le scuole del Paese di navigare gratuitamente in banda ultra larga.

E’ critica con la ministra Azzolina la Flc Cgil. Il suo segretario Francesco Sinopoli dice: “Nelle comunicazioni in Senato non c’è stata alcuna data certa sul calendario scolastico, nessuna proposta di organizzazione dei tempi di vita e di studio degli studenti, soprattutto di coloro che devono affrontare gli esami di Stato, niente su come si pensa di organizzare il nuovo anno, né su organici, reclutamento e mobilità”.

Il suono della campanella

da la Repubblica

Viola Ardone

Prof, non avrei mai immaginato che mi sarebbe mancato il suono della campanella all’inizio delle lezioni», osserva Giacomo da una finestrina che si apre sul mio monitor. Uno dopo l’altro, compaiono anche gli altri della classe: ogni viso che si affaccia nel mio salotto, un piccolo scoppio di gioia.

Quando mercoledì 4 marzo siamo usciti dall’aula non lo sapevamo ancora che sarebbe stata l’ultima volta, per un bel po’ di tempo. Come se l’ultimo giorno di scuola ci fosse piombato addosso inatteso e fuori stagione, agli ultimi freddi d’inverno invece che ai primi caldi di quasi estate, trovandoci tutti impreparati: ultimo appello, ultimo «posso andare in bagno», ultimo voto segnato sul registro, ultima campanella.

A saperlo ce li saremmo goduti di più. Non ci avevamo mai pensato, prima d’ora, a quanto fosse pratico ed efficace incontrarsi tutti i giorni a orari stabiliti, a quanto fosse facile sentirci e vederci di persona, a quanto l’audio fosse chiaro e nitida l’immagine durante le nostre lezioni in presenza.

Ma la scuola non si ferma, abbiamo detto tutti fin dal giorno dopo, la scuola continua con altri mezzi e in altre forme. E siamo partiti: in ordine sparso, pieni di buona volontà, guidati dal desiderio di ritrovarci insieme ai nostri alunni e di non spezzare il filo. Oggi, a quasi un mese di distanza è possibile fare un primo parziale bilancio della scuola che non molla. Molte iniziative, moltissimo impegno, un profluvio di buone pratiche e tanto lavoro di un gran numero di docenti; ma anche un po’ confusione, stress da parte delle famiglie, costrette a sobbarcarsi un ulteriore impegno, e soprattutto la difficoltà nel raggiungere tutti gli studenti. Non in tutte le case ci sono una connessione adeguata e strumenti sufficienti per permettere a più figli di seguire le lezioni online.

Per alcuni ragazzi è difficile addirittura trovare un luogo, una “stanza tutta per sé” dalla quale attivare la connessione per il webinar. Se in classe gli alunni si somigliano molto, nel privato delle loro abitazioni le differenze balzano agli occhi, e mi viene il sospetto che sia forse per pudore e non per negligenza che qualcuno si ostini a tenere la webcam disattivata. La didattica a distanza diventa una didattica “di stanza”, dispensata e fruita da casa a casa. Una cosa ontologicamente diversa rispetto a quella che abbiamo sempre conosciuto noi, che eravamo abituati ad annusarci tutti i giorni e a condividere raffreddori, momenti di tensioni e risate.

Poi ci sono gli studenti con disabilità, quelli con disturbi specifici dell’apprendimento o con bisogni educativi speciali, le cui tante e diverse problematiche vengono sintetizzate con gli acronimi Dsa e Bes. Il diritto all’istruzione trova difficoltà maggiori ad essere affermato soprattutto verso le categorie dei più deboli, al di là della buona disposizione degli studenti stessi e dei loro insegnanti.

Quando parliamo di didattica a distanza, insomma, ci troviamo in un territorio in cui tutto, per forza di cose, è ancora in fieri: non esiste una normativa né una piattaforma ufficiale e condivisa dai docenti per assegnare compiti, elaborare verifiche, registrare presenze (sarà legittimo farlo, a distanza?), annotare elementi di valutazione, dialogare con le famiglie. Senza contare la spinosa questione della privacy.

È anche vero, d’altra parte, che “molto perdemmo ma molto ci resta”, ricordando i versi dell’Ulisse di Tennyson. Ci resta lo sforzo che stiamo facendo tutti insieme – dirigenti, docenti, alunni e famiglie – per non spezzare il filo delicatissimo della continuità di apprendimento e per tutelare il diritto allo studio di tutti gli alunni, soprattutto di quelli che già in tempi normali sono a rischio di dispersione scolastica. Ci resta la determinazione di non lasciare indietro nessuno e la voglia di condurre in porto, in qualche modo, anche quest’anno scolastico.

Prima che si interrompa il collegamento, intravedo alle spalle del mio alunno Giacomo, inquadrata nel rettangolo della sua finestrina, una chitarra elettrica. Gli domando se gli va di suonarla all’inizio della prossima lezione, al posto della campanella. «Ma si può fare, prof.?», mi chiede stupito. Le faccine nelle finestre rettangolari si illuminano in un sorriso.

È la scuola che continua, con altri mezzi.

Viola Ardone è insegnante e autrice de “Il treno dei bambini” (Einaudi Stile Libero)

Il dilemma dei prof “Impossibile valutare dietro a uno schermo”

da la Repubblica

Ilaria Venturi

«Ma che problema c’è a dire che si passa all’anno successivo, dobbiamo per forza avere bocciati e promossi? La scuola si fermi sui voti, non è il momento. Il campionato di calcio è stato sospeso e basta, non è che si sta pensando a chi ha vinto o perso». Il pedagogista Daniele Novara è diretto e coglie il punto: come dare pagelle agli studenti che hanno avuto voti solo al primo quadrimestre? Dal 21 febbraio, nelle regioni più colpite dal coronavirus, e dal 5 marzo in tutta Italia, è cominciata la didattica a distanza con tante iniquità, diverse velocità e non tutti gli alunni raggiunti. E se la scuola non era così pronta alle lezioni via web, tanto meno ha strumenti per giudicare bambini e ragazzi che non vede in faccia ogni mattina tra i banchi. Le ultime note del Miur indicano la necessità di una valutazione affidando ai docenti il compito di trovare modalità omogenee nei collegi insieme ai presidi.

Ma in concreto come fare? I pedagogisti concordano. «In una situazione di questo genere meglio rinunciare ai voti per puntare su una valutazione di tipo formativo, contemplata nella nostra normativa. Cosa vuole dire? Che l’insegnante parte dagli errori che l’alunno sta facendo e costruisce ulteriori proposte didattiche per sostenerlo. Questo ora può aiutare i ragazzi», spiega Ira Vannini, docente di Pedagogia sperimentale dell’Università di Bologna. Anche i maestri di frontiera e quelli di strada sono sulla stessa linea. Mauro Presini, che insegna in provincia di Ferrara, noto per il suo blog, fa un semplice esempio: «Se un mio alunno molto bravo non mi restituisce il compito perché non ha la connessione, e in tante zone d’Italia è così, come lo giudico? Assurdo parlare di valutazione in un contesto che non è normale. Fra i colleghi avanza l’idea di fermarsi alla valutazione del primo quadrimestre, io suggerisco in alternativa di ricorrere al maestro Alberto Manzi che giudicava così: fa quel che può, quel che non può non fa». Il dibattito è aperto, la valanga di ricorsi è dietro alla porta. E la linea di usare i voti del primo quadrimestre orienta molti docenti, in particolare del primo ciclo.

Alle superiori il nodo è più intricato. «Il 6 politico disturba anche i ragazzi, valutarli ha un senso: non sarà una media matematica, terrà conto del percorso. Anche di come rispondono a interrogazioni online , alla fine sono più onesti a casa che in classe», l’opinione di Valentina Petri, insegnante di Lettere al professionale Lombardi di Vercelli, seguita nella sua pagina Facebook “Portami il diario”. Non ha dubbi Antonello Giannelli, voce dei presidi (Anp): «La valutazione va fatta, ma sulla capacità di ragionamento e di confrontarsi con un’emergenza mai vissuta. In videoconferenza vedo l’alunno, posso fare domande, posso chiedere di svolgere compiti in diretta su alcune piattaforme. Il problema è che non tutti i docenti le sanno usare, bisognerà imparare in fretta». I Genitori democratici con Angela Nava Mambretti insistono sul fronte opposto: «Il voto non ha senso, sarebbe un vecchio abito su un corpo nuovo, dunque ingiusto. Chi garantirà che l’apprendimento che l’insegnante valuta non è frutto di una cooperazione familiare? Nessuno contesta la valutazione formativa, ovvero il riscontro: fai bene o male. Ma impensabile in questa emergenza è applicare il sistema docimologico a quello che nel migliore dei casi è solo un grande esperimento di didattica che la scuola italiana sta facendo».

E c’è chi guarda oltre. Il pedagogista Giuseppe Bertagna ammette che i ragazzi possono passare direttamente all’anno successivo, «piuttosto si pensi a un piano nazionale per tenere aperte le scuole in estate. Si restituisca ai bambini l’incontro, la possibilità di recupero, gioco, sport. E si aiutino così le famiglie ». Francesca Delle Vergini della Rete di scuole sostenibili sollecita una ripresa a settembre con il tempo pieno per tutti: «Intanto si continui con le lezioni online , ma si lascino perdere voti e compiti. Noi siamo pronti a distribuire kit per aiutare docenti e genitori a casa con i figli al pomeriggio a riflettere giocando sugli stili di vita. E produrre così un cambiamento».

Francesco Sinopoli, segretario della Flc-Cgil, si rivolge al premier Conte: «Tempo pieno, risorse: prenda in mano la questione e si pensi alla ripresa a settembre». Aggiunge Lena Gissi della Cisl scuola: «Chiediamo dialogo per costruire un provvedimento ad hoc».

Come nel campionato che si è fermato, non pensiamo a chi ha vinto e chi ha perso

“Qui in periferia le lezioni online sono un’utopia”

da la Repubblica

Salvo Intravaia

PALERMO – «Siamo in grandissima difficoltà. I genitori dei nostri alunni sono alle prese con enormi problemi di lavoro e per loro è difficile anche scaricare un’App. Per molti la didattica a distanza è l’ultimo dei problemi». Giovanna Genco è la preside di una scuola di frontiera palermitana, l’elementare e materna De Amicis nel popolare quartiere Noce. Una delle 580 scuole italiane (7 su cento) che non hanno risposto al questionario inviato dalla ministra dell’Istruzione per censire le attività a distanza. L’Istat dice che il 9 per cento delle famiglie italiane non ha una connessione domestica o ne ha una lenta.

Perché non avete risposto al monitoraggio del ministero?

«Abbiamo voluto fare un’indagine capillare che non poteva rispettare i tempi previsti dall’indagine ministeriale: ho chiesto agli insegnanti di chiamare i genitori e chiedere loro di cosa fossero provvisti».

Siete riusciti a contattare tutti?

«No. Non siamo riusciti a raggiungere diversi genitori stranieri e anche alcuni italiani che cambiano spesso numero di telefono».

Cosa è emerso dal vostro monitoraggio?

«Che il 70 per centodelle famiglie dei nostri alunni di scuola primaria non ha disposizione a casa né computer né tablet. E il 40 per cento neppure il cellulare per collegarsi a distanza, perché si tratta di uno strumento utilizzato per lavoro dai genitori».

I genitori riescono a seguire i figli a casa?

«Molti vivono in una situazione di grande precarietà lavorativa e in questo momento sono ancora più in difficoltà. Si tratta per lo più di badanti, parrucchieri a domicilio, venditori ambulanti che fanno fatica a sbarcare il lunario».

E i compiti ?

«Il 75 per cento non li restituisce».

Come intervengono le maestre?

«Li contattiamo telefonicamente per spiegare loro, passo passo, come devono collegarsi da casa».

La scuola

da la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA — «Si tornerà a scuola se e quando, sulla base delle indicazioni degli esperti, le condizioni lo consentiranno ». Si è preparata tutto il giorno Lucia Azzolina, ministra dell’Istruzione, per dire questo: è possibile lo scenario 3, il peggiore. Il Covid ha chiuso l’anno scolastico 2019-2020. Famiglie e studenti e presidi lo pensano da tempo, ora è un’ipotesi che il ministero ha reso pubblica in Senato.

La seconda piccola verità rivelata, anche questa patrimonio comune da settimane, è la modalità di alleggerimento dell’esame di Maturità: mi sto orientando, ha detto ancora Azzolina, verso «sei commissari interni con un presidente esterno».

Non ha parlato, la ministra, di due questioni che sono già un fatto: l’Alternanza scuola e lavoro e i Test Invalsi non potranno più far parte dell’Esame di Stato, serve solo un decreto per sancirlo. A fronte di un miliardo e mezzo di studenti nel mondo senza classe né Lim, la ministra non si arrende alla possibilità di riaprire alcuni istituti italiani a maggio — «aprile lo diamo per perso», spiegano i suoi collaboratori — e ribadisce che l’Esame di Maturità «sarà serio e dovrà tenere conto dello sviluppo dell’apprendimento». L’anno in corso è salvo, «in deroga al limite dei duecento giorni minimi» e la Azzolina prova a salvarlo sostanzialmente con la complicata didattica a distanza: «Non c’è alternativa alle leziomi da casa e i risultati del monitoraggio ministeriale mostrano tutto il nostro impegno». Degli 8,3 milioni di studenti costretti a casa, «ne sono stati raggiunti 6,7 milioni». Un milione e sei, quindi, non fa alcuna lezione. Tra registro elettronico e nuove piattaforme, il 67 per cento delle scuole si è impegnato sulla novità e il 48 per cento, secondo le indicazioni dell’Istruzione, ha allestito un collegio docenti online .

Mille assistenti informatici aiuteranno istituti e singoli studenti in difficoltà. Per questa fase emergenziale il governo ha trovato risorse per la scuola per 136,7 milioni di euro. Settanta milioni andranno per pc e tablet da destinare a chi ne è sprovvisto, 8,2 milioni di euro sono per gli animatori digitali. La ministra ha ricordato che, per ora, le scuole resteranno chiuse fino a venerdì 3 aprile e che il decreto firmato mercoledì dal governo consente nuove misure restrittive «per periodi non superiori a trenta giorni».

Francesco Verducci, Pd, vicepresidente della commissione Istruzione, ha detto alla ministra a fine informativa: «Su una questione così urgente quale è la scuola bisogna essere umili e parlare a tutta la società civile, ai sindacati». Con i confederali la Azzolina ha rotto producendo circolari sulle telelezioni e firmando decreti sulla mobilità dei docenti senza neppure avvisarli: «Deve spostare in avanti le date, gli insegnanti non riusciranno a fare tutto in via telematica entro il 27 aprile», dice la Cgil. Anche i concorsi ordinari e straordinari previsti sono bloccati: il rischio di una riapertura a settembre nel caos è alto.

La questione della valutazione a distanza è presente e complessa. Non si possono dare voti a chi non è raggiunto dalle lezioni né possono essere paragonati i giudizi via internet con quelli del primo quadrimestre. Nei prossimi giorni il ministero valuterà l’ipotesi di fotografare i voti delle pagelle di febbraio e traslarli a settembre chiedendo un forte recupero, a chi ha insufficienze, nei primi mesi dell’anno 2020-2021. «Sarà davvero difficile bocciare qualcuno a giugno». Si cerca una strada legislativa per questo progetto.

Didattica a distanza, come monitorare le attività. Un esempio concreto e modelli da scaricare

da Orizzontescuola

di Antonio Fundaro

Sembrerebbe che la didattica a distanza abbia decisamente rivoluzionato l’organizzazione della formazione scolastica e che, per tutto, sia necessario riconsiderare le prospettive e modificare l’approccio ai processi. Qualcuno ritiene che tutto ciò sia esagerato. Ma, poi, lo è davvero? E cosa dobbiamo considerare, parimenti al monitoraggio, come destinatario della nostra attenzione? Ma, prima di procedere, chiariamo, prima di tutto, che cosa intendiamo con ciascuno di questi tre termini; monitoraggio, verifica e valutazione.

La verifica

Per verifica si intende l’esame di ciò che si è fatto in rapporto alla situazione di partenza e alle competenze, per assumere piena consapevolezza delle difficoltà, dei problemi aperti, dei successi. Le verifiche, in pratica, si effettuano sulle sequenze (unità di apprendimento) e con l’obiettivo di estrarre ciò che va e ciò che, invece, dovrebbe essere oggetto di rettifica o revisione. Ci si chiede a questo punto, lo affronteremo più innanzi, quanto la richiesta ministeriale incida sulla rettifica o sulla revisione e, eventualmente, come andrebbe considerato questo aspetto desunto, non già da un intervento sul campo, ma, dall’alto, sulla scorta, per carità autorevole e realistica, di una epidemia (ci chiediamo: è o sarebbe bastevole solo questo?).

Il monitoraggio

“Il monitoraggio consiste nella rilevazione e registrazione sistematica d’atti di un processo allo scopo di confrontare lo svolgimento reale, in un dato periodo, con quello inizialmente prestabilito”.

Il monitoraggio è, pertanto, un processo continuo di raccolta di informazioni e dati relativamente all’andamento del progetto educativo, formativo e didattico che avviene per la tutta la sua durata. Ma esiste ed è innegabile un rapporto sincronico tra la verifica e la valutazione. Rapporto che diventa più intimo a partire proprio da condizioni eccezionali che ne modificano il sincronico procedimento. Il controllo di avanzamento dei progetti (programmazione ma anche curriculo di istituto, per non parlare delle UDA cui bisogna dedicare la necessaria attenzione, ancor più oggi, nella FaD o nella DaD), infatti, si basa sulla verifica dell’attenzione e del rispetto dei piani educativi e dei risultati monitorati nella fase intermedia (non, quindi, in punto start e neppure, in questo momento, in punto terminal), che devono essere delimitati ed intesi come tappe di accostamento alle competenze stabilite e declinate, sia in abilità che in micro-abiità di processo, e che devono consentire di controllare il corretto sviluppo del progetto educativo o le necessità di modifiche (o addirittura cambi) e perfezionamenti. Con i termini “monitoraggio” e “valutazione”, dunque, si fa riferimento sia alle tecniche di rilevazione delle informazioni, sia anche ai processi per mezzo dei quali queste indicazioni sono rese disponibili e esaminate dagli attori della elaborazione e attuazione di progetti, ovvero dai docenti (bastano solo loro, in una modalità FaD?). Il monitoraggio e la successiva valutazione sono, evidentemente, strettamente correlati: ambedue sono strumenti indispensabili per apprezzare e provare l’attuazione dei progetti e stimarne gli impatti e gli effetti in termini numerici e di qualità. La valutazione non può, è evidente a tutti (motivo per il quale si trattano separatamente, vuoi anche per scardinare l’uso scorretto del monitoraggio) mettersi al posto al monitoraggio, né può accadere il contrario, ovvero che il monitoraggio si sostituisca (con grande perdita di efficacia di entrambi) alla valutazione. Operano in maniera simile, ma ci danno informazioni assolutamente diverse. Le informazioni che vengono rilevate metodicamente mentre è in atto il processo di monitoraggio sono fondamentali per la buona riuscita dell’attività valutativa dell’azione formativa, di quella educativa e, in primis, di quella didattica.

La valutazione

Per valutazione si intende l’esame complessivo delle problematiche affrontate, del lavoro svolto, dei risultati conseguiti. Quindi, mentre la verifica è uno step caratterizzante il processo di ricerca, la valutazione apre alla conclusione di una fase (anche se fosse in punto terminal) per schiuderne una successiva. Da ciò si realizza che di verifiche se ne possono e se ne debbono fare, possiamo dire, ogni giorno, di valutazioni, all’opposto, se ne debbono fare solamente nel momento in cui termina un certo lavoro didattico (anche il processo di un intero anno) o una sua fase (l’UDA, il fine trimestre e quadrimestre). Le verifiche saranno tanto più esatte quanto più saranno stati bene definiti e ben declinati gli obiettivi dei processi e le competenze. Si dovranno, le valutazioni, articolare a svariati livelli: se avremo fondato la progettazione e i suoi obiettivi sulla scorta scientifica delle tassonomie di Bloom possederemo verifiche sugli obiettivi cognitivi, sugli obiettivi affettivi, sugli obiettivi psico-motori conseguiti, step by step, attraverso le sequenze didattiche.

I maggiori aspetti che attengono al monitoraggio e alla valutazione, posti a confronto, sono:

La valutazione in itinere ed ex post

Prima di ragionare sul rapporto esistente tra i diversi sistemi messi a struttura è necessario, particolare, ulteriormente specificare che il monitoraggio è il sistema informativo che restituisce, rendendoli disponibili, i dati sullo stato di avanzamento della progettazione e del Piano d’Istituto (non è un nuovo nome ma quella denominazione con la quale piace indicare, sinteticamente e più comprensibilmente, il PTOF) in cui i progetti sono inseriti; la valutazione in itinere impiegata per rendere disponibili le informazioni dal sistema di monitoraggio e da eventuali ulteriori rilevazioni ad hoc (vedi, ad esempio, quelle desunte, se pur tardivamente, dalla prove Invalsi) per valutare l’esigenza di cambiare le specifiche di realizzazione o perfino il disegno progettuale originario, ancora per connettere le attività di coloro i quali sono impegnati nella concretizzazione del progetto di istituto e del Piano Triennale dell’Offerta Formativa; la valutazione ex post è adatta, infine, per narrare (vedete, non formulare) giudizi d’insieme sull’efficienza e sull’adeguatezza delle attuazioni didattiche, formative ed educative, nel momento in cui progetto d’Istituto e Piano Triennale dell’Offerta Formativa sono attuati (e non conclusi… cosa vuole dire, in effetti, concludere qualcosa?); si basa, tale tipo di valutazione (definita, talvolta, in punto terminal) pure sui dati resi disponibili dal sistema di monitoraggio; anche se in maniera peculiare è elaborata sulla base di osservazioni concepite e calibrate ad hoc, prima ancora che i processi abbiano avuto inizio.

Il monitoraggio e la ri-progettazione “sic et simpliciter”

Può esistere, sic et simpliciter, una ri-progettazione? Può un’epidemia rivedere e riconsiderare le pratiche educative e formative? Cosa serve, in effetti e come bisogna muoversi, al di là degli schematismi e della modulistica che, di fatto, non fa venire meno alcuno dei processi educativi e metodologici?

Il monitoraggio rappresenta, dunque, il sistema esplicativo utile per controllare lo stato di sviluppo dei progetti e, nell’insieme, di un Piano Triennale dell’Offerta Formativa. In sostanza, dovrebbe e deve fornire agli alunni stessi, ma anche ai genitori e, più in generale, al sistema scuola informazioni di base sul trend di attuazione delle attività; ciò, sulla scorta di particolari metodiche stime dei processi educativi in itinere, ai quali è demandato il compito di riferire giudizi sull’esigenza ma anche sull’opportunità di cambiare le modalità realizzative oppure anche il disegno progettuale originario. La logica del monitoraggio, a seguito di un mutamento, repentino, anche di uno solo dei fattori che caratterizzano i processi (e l formazione a distanza è più di un modesto cambiamento, venendo a mutare radicalmente l’approccio alla didattica) ammette l’esistenza di un disegno del progetto ma anche del Piano. Ed il disegno non può e non deve essere solo un DPCM, un decreto o una circolare ministeriale, pur autorevoli che questi siano.

La logica del monitoraggio e la FaD-DaD

La logica del monitoraggio, a seguito di un repentino cambiamento dell’approccio alla didattica (e non solo), presuppone un ben definito monitorare cioè seguire il percorso di attuazione di quanto elaborato e pianificato con occhi nuovi e fissando un orizzonte diverso e opportunamente calibrato. Perché è impossibile non tenere conto del fatto che un sistema di monitoraggio è formato da: a) un aspetto tecnico-metodologico, composto dalla rilevazione organizzata e formalizzata di informazioni; b) un aspetto di processo, formato dalle modalità di messa a disposizione dei dati e degli alunni dei quali bisogna considerare i bisogni ma anche le paure (in tempo di Coronavirus).

Il piano di monitoraggio e di valutazione, oltre le rubriche di valutazione

Il piano di valutazione deve essere predisposto prima dell’avvio della progettazione e, dunque, assolutamente deve preesistere la ri-progettazione che, si chiede di effettuare a quasi ad aprile. C’è nelle scuole italiane? Se ne sente il bisogno? Ai più, in effetti, è bastevole la rubrica di valutazione, ancor meglio se unica per tutto l’istituto e per tutti i processi innescati. Ma, un piano siffatto sarebbe assolutamente fantastico per la scuola italiana. In esso si stabilirebbero: perché si valuta: qual è lo scopo della valutazione, i risultati del processo valutativo, il loro utilizzo; cosa si valuta: gli aspetti che necessariamente bisogna valutare e rispetto a quali processi o competenze chiave; in che modalità avviene la valutazione: quali fonti di verifica, metodi di raccolta dei dati, indicatori verranno utilizzati; chi è responsabile della valutazione: quali sono le competenze necessarie; in quale tempo valutare: in quale momento è importante cogliere e comprendere le informazioni; le risorse: di quante risorse finanziarie si necessita per implementare il piano di valutazione; a chi sono destinate le informazioni: chi è il pubblico cui devono essere trasferiti gli esiti della valutazione: alunni, genitori, alunni (a che età?) e genitori insieme. Il piano di valutazione se realizzato diverrà, così, un documento in movimento (meglio, in evoluzione) che può essere aggiornato con grande agevolezza anche se in tempi di emergenza (qualunque essa sia). L’essenza della valutazione dovrebbe essere stabilita in funzione del progetto. In presenza di piccoli progetti sarebbe sufficiente una verifica di un numero limitato di aspetti. I progetti di maggiore entità esigerebbero, invece, l’elaborazione di informazioni più particolareggiate. Ed il progetto di istituto, il curriculo di istituto e anche il PTOF sono progetti di maggiore robustezza, sono essi stessi la scuola nella sua poliedrica articolazione. Ma, se ci fosse, se fosse operativo, al di là delle parole o dei paroloni del caso, oggi non sarebbe necessario ri-progettare, perché la ri-progettazione sarebbe insita nell’impossibilità di monitorare qualcosa che muta. E la scelta FaD, la via delle tecnologie come unica possibile scelta a garanzia della didattica, sono indubbiamente progetti di maggiore entità

Esempio di monitoraggio: l’Istruzione superiore “Michelangelo Buonarroti” ad indirizzo Liceo Scientifico, Liceo Scienze Applicate, Liceo Sportivo e Liceo Linguistico di Monfalcone

Di particolare pregio, per la sua strutturazione e, principalmente, per le finalità dichiarate, appare essere quello che decolla e raggiunge la destinazione, fissando come motori propulsori “il miglioramento del servizio offerto agli studenti e, principalmente, la valutazione dell’impatto della sostenibilità della didattica online nell’istituto statale d’Istruzione superiore “Michelangelo Buonarroti” ad indirizzo Liceo Scientifico – Liceo Scienze Applicate – Liceo Sportivo e Liceo Linguistico di Monfalcone (GO), guidato dal professore Vincenzo Caico. È stato proprio il dirigente scolastico Vincenzo Caico a chiarire che, anche se gli insegnanti sono stati colti di sorpresa dalla necessità di costruire un nuovo modo di fare scuola, in cui le relazioni interpersonali in presenza devono essere sostituite da quelle digitali, la loro con grande professionalità, senso del dovere e, soprattutto, amore nei confronti degli alunni e delle proprie materie, hanno accettato la sfida, hanno imparato ad usare gli strumenti digitali più adatti e hanno realizzato un sistema di che vi consentirà di non avere vuoti nella vostra preparazione. Più che altro hanno permesso che monitoraggio, verifica e valutazioni avessero un rinnovato senso del cambiamento. Non perché soggetti ad un inefficace restyling e neppure perché si è semplicemente cambiato il nome ad una cosa profondamente diversa (classe e piattaforma sono cosa diversa), ma perché, semplicemente, gli “insegnanti – come scrive il dirigente scolastico prof. Vincenzo Caico – hanno rivisto il loro modo di trasmettere l’interesse per le loro materie”; cosa che di fatto ha avuto, a cascata, delle ripercussioni sugli studenti ai quali, il dirigente scolastico, in una missiva, ha chiesto di pensare e vivere compiutamente “un nuovo modo di apprendere, basato su quelle tecnologie digitali che probabilmente fino ad ora avete utilizzato maggiormente per altri scopi”.

Gli aspetti e gli strumenti per valutare

Per valutare in modo obiettivo e meticoloso, è necessario prendere in attenta valutazione una serie di aspetti peculiari. Di peculiare importanza sono:

• valore: in che misura una progettazione (il PTOF, il Curriculo o l’Uda) risponde a bisogni di concretezza dimostrata e di generale priorità

• efficienza: le competenze chiave, attraverso le abilità e le micro-abilità, sono stati raggiunte col minore impiego di risorse (economiche, umane, strumentali)

• efficacia: in quale misura le competenze chiave sono state raggiunte? Le azioni didattiche, educative e formative hanno prodotto i risultati sperati?

• impatto: quali esiti ha avuto la progettazione sul contesto? Serve modificarla alla luce della Fad o della DaD? il progetto, così com’è, nonostante sia in FaD quale incidenza avrebbe sui bisogni dei destinatari?

• sostenibilità: in che misura si potrebbero immaginare i cambiamenti da FaD?

La scelta del miglior indicatore possibile

Qualsivoglia sia l’aspetto da valutare, le opzioni e gli strumenti, è indispensabile preferire continuamente un buon indicatore che dia una risposta a questi requisiti (SMART):

• Specific: gli indicatori è necessario che siano specifici riguardo all’obiettivo che deve essere misurato, e perciò, ogni volta, individuati;

• Measurable: gli indicatori possono essere sia quantitativi che qualitativi, ma è necessario che siano misurabili, ossia obiettivamente rilevabili da parte di qualunque valutatore (Ovvero? Chi sono? Genitori, altri docenti, alunni, dirigente scolastico?);

• Available: gli indicatori e le sorgenti utilizzate per la verifica è necessario che siano disponibili ad un costo accessibile;

• Relevant: gli indicatori è necessario che siano significativi: dal conseguimento della qualità dell’indicatore dovremmo essere autorizzati a poter ritenere conseguito l’obiettivo, in quanto l’indicatore preferito riferisce un’esteriorità rilevante del fenomeno;

• Time-bound: l’indicatore dovrebbe essere valutato in un tempo definito (scandito con assoluta neutralità), perché l’obiettivo indicato dovrebbe essere raggiunto entro i termini prestabiliti.

Strumenti di monitoraggio

Ecco alcuni degli strumenti che proponiamo per renderne più agevole, semplice, immediato e di facile comprensione e compilazione il monitoraggio in fase propedeutica alla scelta del piano di valutazione o, se dovesse risultare davvero impossibile, della rubrica di valutazione, di una rimodulata progettazione.

Ciò che necessita;

Raccolta di tutto il materiale documentale attinente alla presentazione, consenso, realizzazione dell’intervento educativo, didattico e formativo;

Analisi cronoprogramma attuativo di sviluppo della formazione a distanza (serve? Chi lo ha fatto? Chi decide la tempistica e chi la misura?)

Questionario utilizzato per la rilevazione del grado di soddisfazione (una sorta di autovalutazione) del processo formativo e didattico da parte degli alunni;

Questionario di rilevazione del grado di soddisfazione per l’attività formativa sia nella fase in itinere che in quella finale.

Tabella processi e rilevatori per monitorare se è rispettata, nel processo educativo, didattico e formativo, la tempistica di realizzazione dei prodotti (quando previsti nella progettazione annuale o, per alcuni ordini di scuola, tipo la Primaria, settimanale) e/o di conclusione delle attività, autovalutazione (ma chi la fai mai) del grado di conseguimento degli obiettivi che si erano prefissati ad inizio anno e, comunque, prima del Coronavirus, rimodulazione dei tempo delle nuove scadenze per il completamento delle attività.

Solo questo? O tutto questo? Vedremo, ma certamente la scuola all’era del FaD va valutata compiutamente e senza tentennamenti. Ne va della riuscita del processo di insegnamento-apprendimento.

Esiti questionario sulla didattica a distanza 3

Questionario per i docenti sulla didattica a distanza

Questionario sulla didattica a distanza

Tutto su Didattica a distanza

Coronavirus, indicazioni Ministero per formazione docenti e dirigenti neoassunti. Nota

da Orizzontescuola

di redazione

Nota del Ministero dell’istruzione numero 7304 del 27 marzo 2020. Indicazioni operative per lo svolgimento delle attività di formazione in servizio dei docenti, nonché delle attività di formazione dei docenti neo immessi in ruolo e dei dirigenti scolastici neoassunti, alla luce delle misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 assunte.

Formazione docenti

La nota ricorda che il Decreto legge n.18 del 17/03/2020 ha previsto all’art. 120 comma 1 lettera c) che 5 milioni di euro siano destinati, nel 2020, alle istituzioni scolastiche per la formazione del personale scolastico sulle metodologie e tecniche per la didattica a distanza. Con decreto del Ministro dell’istruzione, le suddette risorse finanziare saranno ripartite tra le istituzioni scolastiche. In attesa che sia adottato il DM e che vengano assegnate le relative risorse per la formazione, le scuole polo per la formazione, con parte delle risorse già a disposizione (di cui alla nota DGPER prot.n.49062 del 28/11/2019), avranno cura di programmare, sulla base dei bisogni delle istituzioni  scolastiche del territorio, percorsi formativi finalizzati al potenziamento delle competenze dei docenti
sulle metodologie e tecniche per la didattica a distanza, anche facendo riferimento ai contenuti pubblicati nella sezione dedicata del sito web del Ministero dell’Istruzione.

Neoassunti

Il percorso di formazione e prova dei docenti neoassunti è generalmente caratterizzato da attività in presenza. La nota comunica che per tali attività formative è necessario individuare modalità di formazione online a distanza. Vengono quindi date indicazioni per i laboratori formativi, per il peer to peer, visiting in scuole innovative e la valutazione dell’anno di formazione dei neoassunti.

Dirigenti scolastici neoassunti

Al fine di garantire l’effettivo compimento del percorso di formazione dei dirigenti scolastici neoassunti, le attività formative ora devono essere programmate e realizzate a distanza.

nota 7304

Supplenze, conferma se titolare rientra e le attività didattiche sono ancora sospese

da Orizzontescuola

di redazione

Supplenze, rientro titolare e proroga contratto al supplente.

Quesito

Buonasera, dal 7 Gennaio sto effettuando supplenze nella stessa scuola secondaria su sostegno. L’ ultimo rinnovo contrattuale ha le seguenti date dal 15/03 sino all’ 8 aprile. Ho saputo che il titolare è in procinto di “rientrare”. Quali sono i miei diritti?  Leggevo della possibilità che il contratto possa essere prolungato a prescindere dal rientro del titolare. È attuabile?

Rispondiamo al quesito del nostro lettore, anche alla luce della nota, in bozza, che abbiamo pubblicato questa mattina, in cui il Ministero fornisce ulteriori precisazioni dopo la nota del 18 marzo 2020.

Decreto cura Italia, nota 18 marzo e nuova nota ministero

Il decreto cura Italia, com’è ormai noto, ha previsto la continuità del rapporto lavorativo ai supplenti brevi e saltuari per tutto il periodo di sospensione dell’attività didattica:

Al fine di favorire la continuità occupazionale dei docenti già titolari di contratti di supplenza breve e saltuaria, nei periodi di chiusura o di sospensione delle attività didattiche disposti in relazione all’emergenza sanitaria da COVID-19, il Ministero dell’istruzione assegna comunque alle istituzioni scolastiche statali le risorse finanziarie per i contratti di supplenza breve e saltuaria…

Il Ministero, con la nota del 18 marzo 2020, ha indicato che la proroga dei contratti va effettuata a prescindere dal rientro del titolare:

L’articolo 121 del d.l., oltre a prevedere la continuità dei contratti in essere di docenza in supplenza breve e saltuaria, a prescindere dunque dall’eventuale rientro del titolare e per tutta la durata dell’emergenza sanitaria…

L’unico dubbio riguardava se la proroga si poteva applicare ai contratti stipulati prima del decreto e nel frattempo cessati oppure ai contratti in essere dal 17 marzo in poi. La nota pubblicata questa mattina chiarisce il dubbio:

Premesso che la disposizione in esame, motivata dall’esigenza di potenziamento della didattica a distanza, può trovare applicazione solamente dalla data di entrata in vigore del Decreto Legge, per dare attuazione a quanto previsto per la continuità dei contratti in essere al 17 marzo, data di entrata in vigore del D.L. 18/2020 o in data successiva

In definitiva, la proroga dei contratti anche con rientro del titolare è possibile dal 17 marzo in poi e sino al termine della sospensione dell’attività didattica, che al momento è prevista sino al 3 aprile. Nella nota, al riguardo, si indica che sono previste eventuali proroghe nel caso di prolungamento della fase emergenziale.

Risposta al quesito

Alla luce di quanto detto sopra e di quanto esposto dal lettore:

  • se l’emergenza terminerà il 3 aprile (cosa improbabile, se non impossibile), il collega avrà comunque prorogato il contratto sino all’8 aprile; poi al rientro del titolare il contratto cesserà;
  • se l’emergenza sarà prorogata oltre il 3 aprile (cosa che avverrà), anche in caso di rientro del titolare, il contratto del collega sarà prorogato.