Esiti degli scrutini del secondo ciclo di istruzione – A.S. 2018/2019

Approfondimento statistico sugli scrutini di giugno 2019, dal primo al quarto anno delle Secondarie di II grado

MI – Ufficio Gestione Patrimonio Informativo e Statistica


È disponibile l’approfondimento statistico relativo agli esiti degli scrutini finali delle Scuole secondarie di secondo grado statali e paritarie, dal primo al quarto anno di corso, per l’anno scolastico 2018/2019.

Lo scorso anno scolastico ha confermato un aumento degli studenti ammessi alla classe successiva. Nello scrutinio di giugno 2019 il 73% è stato promosso (rispetto al 71,2% del 2017/2018), il 7% non è stato promosso(7,4% l’anno precedente), il 20% ha riportato la sospensione del giudizio in una o più discipline (nel 2017/2018 il 21,5%). A settembre 2019, il 93,3% di questi ultimi è stato promosso. La percentuale finale degli ammessi alla classe successiva è stata pari al 91,7% (nel 2017/2018 era stata il 91,2%).

Il primo anno si è confermato il più selettivo, con il totale di ammissioni più basso: 88,2%(nel 2017/2018 era l’86,9%). Secondo e terzo anno hanno registrato la stessa percentuale: 92,3% (rispetto al 91,9% e 92,1% di un anno prima). Al quarto anno le promozioni sono state il 94,6%, confermando il dato del 2017/2018.

Differenze nei tassi di ammissione tra Licei, Tecnici, Professionali
Licei hanno avuto il maggior numero di ammessi alla classe successiva (94,8%), seguiti dagli Istituti tecnici (88,5%) e dagli Istituti professionali (88,1%). Rispetto al 2017/2018 i risultati complessivi sono migliorati per questi ultimi (dall’86,1% all’88,1%), mentre sono rimasti sostanzialmente invariati per i percorsi liceali (dal 94,7% al 94,8%) e tecnici (dall’88,4% all’88,5%). Per gli studenti dei Tecnici si è evidenziato un leggero miglioramento dei risultati conseguiti per tutti gli anni di corso, a eccezione del quarto anno.

Tra i Licei, l’Europeo/internazionale (97,3%) e il Classico (97,2%) hanno riportato la quota di promossi più elevata, mentre la percentuale minore è stata nell’Artistico (91,2%). Tra i Tecnici, l’indirizzo più selettivo è stato il Tecnologico, con l’88% di ammissioni, rispetto all’89,3% dell’Economico.

Dopo il primo anno, sempre il più difficile da superare, indipendentemente dall’indirizzo di studio, per gli anni successivi le percentuali di ammissione sono migliorate per tutte e tre le tipologie. Tale miglioramento risulta più evidente per gli indirizzi tecnici e professionali, per i quali la quota di ammessi è cresciuta in modo significativo fino ad arrivare, nel quarto anno, rispettivamente al 92,7% per i Tecnici e al 90,8% per i Professionali.

Differenze a livello territoriale
Nei percorsi liceali delle scuole del Sud e tecnici delle scuole del Centro, lo scorso anno la percentuale di ammissione è stata più alta rispetto alle altre aree geografiche: rispettivamente il 96,2% e l’89,5% degli studenti scrutinati, confermando sostanzialmente l’andamento dell’anno scolastico precedente. Nel Nord-Est e nel Nord-Ovest i Professionali hanno ottenuto risultati migliori delle altre aree d’Italia: sono stati ammessi il 90,8% nel Nord-Est e l’89,3%nel Nord-Ovest. Nelle Isole, invece, è stata rilevata la percentuale più bassa di ammissione nei Professionali (84,8%), anche se gli esiti sono migliorati rispetto al 2017/2018 (81,8%).

Matematica lo scoglio principale
L’analisi delle valutazioni conseguite dagli studenti nello scrutinio dello scorso giugno, per le principali discipline presenti in tutti gli indirizzi di studio (Italiano, Matematica, Lingue straniere), ha confermato che la Matematica è la disciplina più difficile per tutti gli studenti delle Secondarie di II grado. In generale, dal primo al quarto anno, le insufficienze in Matematica sono risultate in percentuale (15,5%) più elevate rispetto a quelle in Italiano (6,4%) e nelle Lingue straniere (10,1%).

Le studentesse si confermano le migliori
Negli scrutini finali del 2019 le studentesse hanno registrato, nelle discipline Matematica e Italiano, risultati migliori rispetto ai colleghi maschi. Il totale di studenti con voti in Matematica tra 8 e 10 è stato costituito dalle ragazze al 59,5% nel primo biennio e al 60,3%nel secondo. Inoltre, le studentesse hanno conseguito il 65,5% dei voti tra 8 e 10 in Italiano.

MATURITÀ VICINA, SICUREZZA LONTANA

MATURITÀ VICINA, SICUREZZA LONTANA

“Purtroppo scontiamo un forte ritardo organizzativo: siamo in lockdown da due mesi e la discussione sul protocollo di sicurezza, considerata anche la complessità della macchina scolastica, sarebbe dovuta cominciare molto prima. Oltre alla ripresa di settembre, è in ballo anche l’esame di Maturità che il ministero ha disposto avvenga in presenza e per il quale è indispensabile garantire condizioni di assoluta sicurezza per studenti, insegnanti e personale scolastico. Consentire lo svolgimento dell’esame con questa modalità significa, di fatto, aprire le scuole e il 17 giugno è dietro l’angolo”. Ad affermarlo è Rino di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, in vista della pubblicazione dell’ordinanza ministeriale e alla luce delle osservazioni sul protocollo di sicurezza inviate oggi al ministero dell’Istruzione dopo l’incontro di ieri con la ministra Azzolina.

Fondamentale per garantire la sicurezza è, secondo la Gilda degli Insegnanti, che le disposizioni impartite alle scuole siano certe e chiare e che non lascino spazio a libere interpretazioni da parte delle dirigenze scolastiche. “Alcune prassi – afferma Di Meglio – non devono essere facoltative ma obbligatorie, così da garantire la certezza del diritto per tutti. Penso, per esempio, alla misurazione della temperatura corporea, alla consultazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e al coinvolgimento degli organi collegiali. In ogni caso, per mettere in campo tutti i provvedimenti necessari a garantire la sicurezza degli insegnanti, di tutto il personale scolastico e degli studenti, occorrono stanziamenti economici cospicui legati, tra l’altro, a tempi burocratici piuttosto lunghi. La sanificazione degli ambienti, solo per citare uno dei tanti fronti che richiedono interventi economici importanti, deve essere eseguita a livello professionale e, dunque, affidata a ditte esterne specializzate e certificate. Discorso analogo riguarda le apparecchiature utilizzate per la rivelazione della temperatura, perché installare un termo scanner in ognuno dei 42.500 plessi scolastici presenti in Italia comporta una spesa ingente”.

DAL 18 MAGGIO APRIAMO A LEZIONI IN PRESENZA PER BAMBINI ESCLUSI DA DAD

SCUOLA, GALLO (M5S): DAL 18 MAGGIO APRIAMO A LEZIONI IN PRESENZA PER BAMBINI ESCLUSI DA DAD

Roma, 8 maggio – “Il ministro dell’Istruzione con 165 milioni di euro ha garantito tablet, pc e traffico dati agli studenti che ne erano sprovvisti in tempi record ed è stato appena approvato il piano straordinario di 400 milioni di euro per la rete e la connessione in tutti i 32.213 plessi scolastici con la banda ultra larga. La tecnologia, tuttavia, non risolve i problemi di povertà educativa e culturale di 1,2 milioni di bambini e ragazzi a rischio che vivono in famiglie in cui i genitori sono assenti, o che sono ammassati in spazi non adeguati ad una convivenza prolungata, penso anche ai minorenni con disabilità. Per questo già il 29 aprile avevo presentato un odg per predisporre un piano pensato per intercettare, in primis, gli studenti esclusi dalla didattica a distanza. Adesso, dato che il 18 maggio sono previste nuove aperture, si deve lavorare per un piano per garantire ai bambini e i ragazzi, che in questo momento non stanno partecipando ad alcuna attività didattica, di incontrare in presenza i loro docenti, di incontrare psicologi, pedagogisti e assistenti sociali per avviare percorsi di relazione e di supporto educativo, emozionale e culturale”. Lo afferma in una nota Luigi Gallo, deputato del MoVimento 5 Stelle e presidente della commissione Cultura.

“Stiamo già interloquendo con i ministri e con Conte per creare degli spazi e percorsi didattici di recupero in presenza, prima di settembre, per questa enorme fetta di minorenni che pagava un prezzo enorme ieri e rischia di pagare un prezzo più alto oggi a causa della pandemia”, aggiunge. 

“Ritrovare il rapporto relazionale con i docenti sarebbe un ottimo passo; spesso i docenti restano dei punti di riferimento per bambini e ragazzi. È chiaro che tutto debba avvenire in sicurezza, con tutte le protezioni possibili, per piccolissimi gruppi e in spazi ampi e adeguati, garantendo la giusta continuità educativa che eviti una mobilità eccessiva di minori e genitori in una fase in cui si convive con la pandemia. Ma se si aprono altre attività produttive non possiamo cancellare dagli spazi pubblici le emergenze minorili. I docenti non possono essere soli nell’affrontare questo compito e c’è bisogno di costituire un team educativo dell’emergenza con altre professionalità”, conclude la nota.

Il paradosso della maturità solo orale: in realtà parte da uno scritto

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno

La maturità 2020 in formato solo orale, in realtà, partirà da uno scritto. La prova unica dell’esame di Stato in calendario a partire dal 17 giugno alle ore 8.30 – che a causa della pandemia sostituirà i due scritti più il colloquio previsti inizialmente – partirà dalla discussione di un elaborato sulle discipline di indirizzo, la cui “traccia” verrà svelata agli studenti il 1° giugno (l’elaborato andrà poi consegnato, via mail, ai commissari interni entro il 13 giugno). Confermato lo slittamento dal 15 al 30 maggio della predisposizione del documento del consiglio di classe con le indicazioni alle commissioni sul percorso didattico dei ragazzi, inclusi i testi studiati nelle ore di italiano che costituiranno il secondo step della verifica di fine superiori.

Per essere “maturi” serviranno 60/100. Di questi, l’orale ne assegnerà fino a 40; il curriculum degli ultimi tre anni gli altri 60, così suddivisi: 18 punti per la classe terza, 20 per la quarta e 22 per la quinta. A rivelarlo è la bozza di ordinanza ministeriale inviata ieri, assieme a quelle su terza media e valutazione, al Consiglio superiore della pubblica istruzione (Cspi) per i pareri. Dal testo arriva anche un’indicazione sulle commissioni d’esame: in caso di defezioni di massa dei membri, si precettano i docenti e supplenti “lunghi” che devono «rimanere a disposizione dell’istituzione scolastica di servizio fino al 30 giugno».

Per quanto riguarda l’esame di terza media, sostituito quest’anno dalla valutazione del consiglio di classe, si prevede che entro il 30 maggio gli studenti inviino, tramite posta elettronica, un elaborato su una tematica individuata dallo stesso consiglio di classe. Questa “tesina” dovrà essere presentata oralmente e online dal ragazzo entro il termine delle attività didattiche, secondo quanto previsto dal calendario deliberato da ciascuna scuola. La licenza arriva con almeno 6/10.

Una novità infine è contenuta anche nella terza bozza di ordinanza, quella relativa alla valutazione. Riguarda la possibilità di bocciare che ritorna, anche se in via piuttosto remota. L’alt alla classe successiva potrà scattare solo se i docenti non hanno alcun elemento valutativo sull’alunno, per cause non imputabili alle difficoltà legate alla disponibilità di apparecchiature tecnologiche o alla connettività di rete, bensì «a situazioni di mancata o sporadica frequenza delle attività didattiche, già perduranti e opportunamente verbalizzate per il primo periodo didattico». Per gli studenti invece promossi con una o più insufficienze, o con livelli di apprendimento non consolidati, spetterà al consiglio di classe predisporre il piano di apprendimento individualizzato, con l’indicazione, per ciascuna disciplina, delle “lacune” da colmare a partire dal 1° settembre. O giù di lì.

A settembre test Invalsi facoltativi sugli apprendimenti

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

A settembre sarà possibile avere una valutazione attendibile per certificare cosa è stato fatto nei mesi di scuola in cui ha funzionato la didattica a distanza, e cosa è stato perso. Per questo Invalsi metterà a disposizione degli strumenti, su base volontaria e facoltativa, che permettano ai docenti di capire il punto di partenza degli allievi su alcune competenze. Lo ha detto la presidente di Invalsi Anna Maria Ajello, alla presentazione dei dati Ocse Pisa, rispondendo ad una domanda. «E’ uno strumento che ci è stato sollecitato da molti docenti. Ci sarà una quota di scuole che vuole saper quale è la gravità della ferita: quanto è il mancato apprendimento?. C’è bisogno di una valutazione attendibile – ha spiegato – la valutazione infatti non è il lusso dei tempi agiati: c’è bisogno di dati analitici, spero si irrobustisca questa consapevolezza. Con la didattica a distanza c’è stata grande varietà ma questo non è sorprendente. Piuttosto, data la varietà degli interventi, sarebbe necessario avere cosa è successo, non per mettere alla gogna qualcuno bensì per fare il punto prima di ricominciare a settembre per garantire agli studenti. In questo periodo le differenze si sono accentuate e l’unico modo per prendere atto è avere dei dati, alcuni punti fermi. Noi mettiamo a disposizione gli strumenti, perchè se ne possano servire i docenti, per certificare cosa si è fatto e cosa si è perso. Può servire agli insegnanti per fare un intervento, per chi ovviamente se ne voglia servire».

Paolo Mazzoli di Invalsi ha aggiunto che «un conto sono le prove Invalsi che si svolgono a primavera; a settembre Invalsi metterà a disposizione strumenti, su base facoltativa, per avere informazioni per sapere a che punto si è a maggior ragione dopo mesi di didattica a distanza».

Come proteggere bambini e ragazzi dalle minacce del web

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

L’emergenza Covid-19 ha cambiato drasticamente le abitudini di tutti: non solo nel mondo nel lavoro ma anche in ambito scolastico. La didattica a distanza e la necessità di sostituire, almeno in parte, le tradizionali lezioni connettendosi a piattaforme e comunicando sempre di più via web, hanno comportato un sensibile aumento del tempo trascorso online da bambini e ragazzi.

Non solo studio: i più giovani navigano soprattutto per scambiare messaggi con gli amici via WhatsApp, Skype, Viber o Messenger (92% tra i 14 e i 17 anni), o utilizzando le applicazioni online anche per chiamare e videochiamare (81%). Sono molti meno i giovani che usano il web per leggere giornali o riviste online (circa 40%) mentre aumenta l’intrattenimento su piattaforme di gaming e streaming, che vede Netflix, Amazon Prime Video e Disney+ incrementare i propri abbonati.

Se da un lato il web offre molte risorse utili per rendere più sopportabili le giornate di lockdown, dall’altra non vanno sottovalutati i rischi di un utilizzo imprudente e non controllato di piattaforme di messaging, siti di gaming e social networks.

Quali rischi per i più giovani?
Internet nasconde molte trappole per bambini e ragazzi, motivo per cui vengono implementate norme sulla privacy più rigorose per proteggere i minori online. Esiste il pericolo che i giovani possano avviare conversazioni con estranei sui social media. Ciò può comportare la condivisione di dettagli personali, mettendoli in pericolo. Un altro fenomeno ormai conclamato è il cyberbullismo che, sfruttando l’anonimato offerto da Internet, negli ultimi tempi ha provocato episodi di gravi molestie online.

Avendo un accesso illimitato e non controllato a Internet, i più giovani potrebbero imbattersi in contenuti inappropriati o accedere a siti web malevoli che possono infettare il Pc con malware, fornendo ai criminali informatici l’accesso a informazioni sensibili con conseguente violazione dei dati.

C inque consigli per un utilizzo sicuro del web
Sophos, azienda leader nella sicurezza di ultima generazione, ha stilato la lista di 5 consigli per rendere la rete più sicura, sia per i ragazzi che per i genitori.
1. Parola d’ordine: confronto. E’ importante spiegare ai più giovani i comportamenti da tenere e quelli da evitare sul Web e metterli al corrente di rischi che potrebbero correre online. I giovani sono molto preoccupati ma anche molto curiosi in merito al coronavirus e al suo impatto sulla loro comunità e sul mondo. E utilizzano Internet per informarsi e comprendere meglio la situazione in cui si trovano ma anche per combattere la noia. Essere onesti sui rischi che possono trovare navigando in rete darà loro gli strumenti adeguati per difendersi.
2. Controllare i siti a cui accedono e il tipo di canali di intrattenimento che visitano di frequente. Questo aiuterà a rimanere sempre aggiornati sulle loro abitudini di navigazione e consentirà di intervenire qualora vengano riscontrate situazioni di pericolo.
3. Proteggere il Pc con il Parental web control: è opportuno implementare una soluzione antivirus che vada oltre le opzioni tradizionali per offrire una protezione completa contro il malware avanzato, come ransomware o attacchi di phishing. Sophos Home, scaricabile gratuitamente dal sito dell’azienda, è dotato di Filtro web per i minori che consente di controllare i contenuti on-line visualizzabili dai bambini. Basta selezionare le categorie del filtro a seconda che siano contenuti per soli adulti, contenuti potenzialmente inappropriati o blog e siti di social network.
4. Impostare accuratamente il Parental web control: Avere il Parental web control non è sufficiente, è fondamentale disporre di funzionalità mirate che aiutino a controllare ciò che i propri figli possono visualizzare online e ciò che invece devono evitare. Per questo motivo è consigliabile selezionare le categorie di filtro corrette. Le proverbiali “chiavi del regno” dovrebbero essere sempre nelle tue mani.
5. Social networks: maneggiare con cura: è importante spiegare ai ragazzi che è molto difficile rimuovere in modo affidabile qualcosa da Internet, una volta condiviso e che online valgono le stesse regole che seguono nella loro vita quotidiana, in famiglia, a scuola e con gli amici. Un modo semplice ed efficace per insegnare ai più giovani ad assumersi le conseguenze di ciò che condividono e commentano online è farglielo dire a voce alta: se è una cosa che non direbbero mai nella vita reale guardando in faccia un’altra persona…allora non dovrebbero dirla nemmeno in un contesto virtuale.

In Italia un 15enne su cinque è «analfabeta» in materie finanziarie

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno

Non capiscono la convenienza finanziaria tra un piano telefonico che include anche il canone fisso mensile e una ricarica prepagata. Oppure non perpepiscono il rischio di fornire i dati della carta di credito a uno sconosciuto. Sono i 15enni che non raggiungono le competenze di base in financial literacy secondo le rilevazioni Pisa presentate il 7 maggio. E che in Italia sono il 20% del campione: 1 su 5, contro uno su 7 degli altri Paesi Ocse. Peraltro senza alcun miglioramento rispetto al passato. Soprattutto tra gli studenti degli istituti tecnici e professionali.

Il ritardo italiano
Le performance dei nostri 15 enni nelle materie finanziarie non si discostano di molto da quelle complessivamente registrate in matematica e lettura. Nonostante un minor numero di Paesi coinvolti (20 anzichè 79) i risultati delle rilevazioni Pisa 2018 in financial literacy collocano i nostri studenti al di sotto della media. Esattamente come nell’indagine triennale Pisa sulle competenze in lettura, matematica e scienze pubblicata a dicembre .
A fronte di una media Ocse di 505 punti l’abilità in financial literacy – che viene definita come la conoscenza e comprensione dei rischi finanziari nonché le competenze, la motivazione e la fiducia per prendere decisioni efficaci nella vita di tutti i giorni – dei nostri ragazzi si ferma a 476. In linea con le precedenti rilevazioni del 2012 e del 2018.
In pratica, un 15enne su 5 non raggiunge il livello base mentre negli altri Paesi Ocse è uno su 7. In una graduatoria che vede in testa l’Estonia, davanti a Finlandia, Canada, Polonia e Australia; a metà classifica gli Usa, il Portogallo e la Lettonia; in coda noi e la Repubblica slovacca.

Il divario Nord-Sud
Come sempre dalla fotografia dei test Pisa – che in Italia sono stati condotti dall’Invalsi su una platea di 9.122 studenti rappresentativi di 500mila alunni di licei, istituti tecnici/professionali e corsi di formazione òprofessionale – emerge un’Italia spaccata in tre. Con il Nord-Ovest e il Nord-Est che vantano risultati più elevati rispetto al Sud e alle Isole e in mezzo il Centro in posizione intermedia.
Dal punto di vista del corso di studi i liceali presentano capacità di lettura finanziaria superiori a quelli degli istituti tecnici e professionali. Basti pensare che nei licei è considerato top performer il 10% de l campione e low performer il 7 percento. Negli istituti professionali e nei centri di formazione professionali le percentuali diventano, rispettivamente, edi 50 e uno.

Le differenze di genere
Tra le peculiarità poco lusinghiere dell’Italia spicca anche un gender gap tra ragazzi e ragazze che nella maggior parte degli altri paesi non si registra. Da noi i 15enni raggiungono punteggi superipri anche di 15 punti (contro i 2 della media Ocse) rispetto alle loro coetanee. E riescono anche a risolvere compiti più complessi in percentuale maggiori. Un gender gap che riguarda soprattutto gli studenti più bravi dei licei e degli istituti tecnici e superiori.

Il ruolo cruciale della famiglia
Una differenza di genere si riscontra anche nel modo in cui ragazzi e ragazze si informano. I primi preferiscono gli amici e le riviste; le seconde puntano su genitori, internet e insegnanti. In un contesto generale che in Italia vede aumentare la competenza finanziaria dei figli al crescere del coinvolgimento dei genitori in argomenti e discussioni del genere. Anche lontani dalla vita di tutti i giorni. E invece solo 6 studenti su 10 parlano (o sentono parlare) del budget familiare almeno una volta al mese mentre il tema “mi servono i soldi per comprare…” è affrontato da ben 9 su 10.

Banchi distanti da 1 a 3 metri, classi dimezzate e streaming «I test a scuola per ripartire»

da Corriere della sera

Chiara Sandrucci

Metro alla mano, partono i primi test di riapertura delle scuole. Le simulazioni, per ora solo sulla carta, sono già cominciate in 12 scuole piemontesi «beta tester» chiamate a collaudare il piano del Politecnico di Torino «Scuole aperte, società protetta» pubblicato sabato scorso.

In centro città, al Convitto Umberto I, i diversi scenari legati a un rischio contagio medio o alto sono stati elaborati con grafiche in 3D. Il «rendering» disegna una griglia a nido d’ape o a scacchiera intorno ai ragazzi in una classe tipo di 35 metri quadri, con distanze tra loro che variano da uno fino a tre metri. Nello scenario peggiore, soltanto 7 o 8 studenti per classe. In quello migliore, tra i 15 e i 16. «Abbiamo un team formato da 12 persone, tra docenti e educatori, che sta lavorando giorno e notte», dice Giulia Guglielmini, preside del Convitto che ha elementari, medie e liceo per un totale di 1.400 allievi e 110 docenti. «Secondo le indicazioni del Politecnico nello scenario più roseo le classi a scuola andranno dimezzate — spiega la preside —. Per le medie e le superiori stiamo considerando i turni: intera classe a scuola, se pur separata in aule diverse, e poi classe a casa con la didattica a distanza».

Questa per lo meno sarebbe la soluzione migliore per le prime, che a settembre cominciano un nuovo ciclo. L’edificio del Convitto è dell’Ottocento, ha corridoi ampi, tanti ingressi, ma gli spazi tutti occupati. L’aula magna verrà sacrificata per ricavare 4 aule in più e sarà chiamato a raccolta tutto il personale docente. «Ma non c’è ancora nulla di definito — precisa Guglielmini — abbiamo in corso un sondaggio approfondito tra docenti e studenti che estenderemo anche alle famiglie e attendiamo le linee guida che arriveranno dal ministero».

Il rapporto del Politecnico di Torino ha dato indicazioni su «cosa» si può fare per riaprire, così come lo ha fatto per le imprese. Ma a stabilire il «come» saranno le singole scuole, partendo con le «beta tester» di ogni ordine e grado coordinate dall’Ufficio scolastico regionale del Piemonte. I risultati saranno poi condivisi con il ministero dell’Istruzione, dove è al lavoro la task force nazionale. Anche al liceo classico Alfieri, altra «scuola beta» torinese, il test si sta svolgendo a tavolino. «È stato necessario soltanto qualche sopralluogo per verificare la posizione di alcuni arredi, per il resto abbiamo lavorato da remoto», spiega il preside Giuseppe Inzerillo. Primo step l’analisi dell’edificio risalente agli anni Sessanta: 48 classi, 5 piani, 1.200 studenti e 85 insegnanti. Anche in questo caso aule dimezzate o ridotte a un quarto in caso di recrudescenza del contagio.

Qui la soluzione che si sta testando prevede di dividere ogni classe: a turno, metà a scuola e metà a casa. «L’idea è di trasmettere in diretta streaming ogni lezione — spiega Inzerillo —. In questo modo si riesce a salvaguardare l’orario, anche se per i docenti non sarà facile fare lezione sia in presenza che a distanza». Non solo. Ci vorranno 48 webcam e relativi treppiedi per poter inquadrare insegnante e lavagna, ma soprattutto una connessione internet a banda larga che ancora non c’è.

Didattica a distanza, valutazione. Due i casi di possibile “bocciatura”

da Orizzontescuola

di redazione

In attesa dell’emanazione della relativa ordinanza, il Ministero ha fornito alcuni dettagli ai sindacati.

Tutti ammessi per decreto

Il DL Scuola, attualmente in discussione e da approvare entro l’08 giugno, prevede l’ammissione alla classe successiva degli studenti delle classi intermedie.

“Non sarà un sei politico” ha specificato più volte il Ministro. Che ha fatto riferimento anche alla possibilità di assegnare voti inferiori alla sufficienza.

La valutazione

La valutazione degli studenti nelle classi intermedie – come detto – terrà conto del “processo formativo” e non della media matematica dei voti (media che in realtà già da tempo non è la fotografia degli studenti italiani).

Da un  lato bisognerà guardare alle programmazioni di classe, per individuare eventuali nuclei fondanti non sviluppati nel corso dell’anno scolastico, dall’altro il docente segnalerà per ogni studenti il livello di apprendimento.

A settembre ci sarà l’eventuale recupero (con Invalsi opzionale).

Due i casi in cui i Consigli di Classe potranno optare per la non ammissione alla classe successiva: alunni che già prima della sospensione delle attività avevano superato il  monte ore individuale o in presenza di gravissimi provvedimenti disciplinari.

Bisognerà attendere l’ordinanza per i particolari.

A settembre si torna a scuola, i collaboratori scolastici misureranno la febbre a studenti e docenti. Tutte le misure

da Orizzontescuola

di redazione

Oggi il Ministero ha presentato una bozza per le misure di sicurezza che bisognerà rispettare per ripartire a settembre. Misure molto rigide che vanno oltre il semplice distanziamento e rotazione dei presenti.

Misurazione febbre

Sarà una delle misura di prevenzione del contagio. Il compito non potrà, come ovvio, essere assegnato ai docenti. Con molta probabilità sarà assegnato agli addetti alla sicurezza tra il personale ATA che dovrà essere puntualmente formato. La misurazione scatterà in caso di percezione di un malessere dello studente.

Mascherine

Tutti coloro che entreranno nell’edificio scolastico dovranno indossare la mascherina. La misura sarà obbligatoria con certezza per gli adulti, mentre per gli studenti e personale scolastico è ancora in via di valutazione. I genitori dovranno limitare al massimo la loro presenza

Banchi distanziati

I banchi dovranno essere posti a misura di sicurezza, dovranno essere individuati dei percorsi per muoversi tra i corridoi e le scale.

Precisazioni del Ministero

Il Protocollo per il rientro a scuola in sicurezza presentato oggi alle forze sociali è una bozza su cui ora le Organizzazioni sindacali presenteranno le loro osservazioni. Le misure saranno poi inviate al Comitato tecnico-scientifico per una valutazione, come necessario, e solo allora saranno validate. Lo rende noto il ministero dell’Istruzione.

Decreto Scuola, prende il via la discussione. 400 gli emendamenti, importante il parere della Commissione Bilancio

da Orizzontescuola

di redazione

Ha preso il via in tre Commissioni di Palazzo Madama la discussione per la trasformazione in legge del Decreto Scuola dell’8 aprile n. 22 contenente “Misure urgenti sulla regolare conclusione e l’ordinato avvio dell’anno scolastico e sullo svolgimento degli esami di Stato”: l’impegno per i senatori incaricati si prevede corposo, perché gli emendamenti presentati sono quasi 400.

La loro ammissibilità, inoltre, è legata a doppio filo al parere della V Commissione Bilancio sempre di Palazzo Madama: senza il via libera dei parlamentari che si occupano delle coperture finanziarie, collegate anche alle disponibilità del Mef, sarebbe infatti molto difficile per la Commissione Cultura approvare, nei prossimi giorni, qualsiasi emendamento.

In merito abbiamo ascoltato Marcello Pacifico presidente Anief “Ci appelliamo ai componenti del Senato perché prevalga il buon senso e ci si adoperi per trovare la quadra, per il bene degli alunni e di chi lavora nella scuola. Auspichiamo un’intesa tra maggioranza e opposizione sulle modifiche da fare rispetto al testo elaborato dal Consiglio dei ministri un mese fa. Per vincere la supplentite non si può attendere ancora: ne verremmo travolti. È bene, quindi, che si procede alla stabilizzazione immediata di almeno 50 mila precari che hanno svolto 24 mesi, superando il concorso straordinario con prova unica. Il rischio, se non si attuerà questa procedura, è quello di arrivare a compromettere la continuità didattica, con il nuovo anno scolastico non in sicurezza, ancora con “classi pollaio”, peraltro incompatibili con l’emergenza coronavirus. C’è poi da assolvere il diritto al rinnovo delle graduatorie d’istituto e al ricongiungimento alla famiglia”.

Nel Decreto Scuola sono contenute delle misure concernenti gli esami di Stato di I e II grado, con le relative modifiche legate all’emergenza Coronavirus. Misura anche per l’ammissione all’anno successivo, che prevede l’ammissione anche con insufficienze, ma recupero dei debiti a settembre 2020.

Nel testo è presente un riferimento allo stop all’aggiornamento delle Graduatorie di istituto per il 2020/21, un punto che sarà ridiscusso proprio con gli emendamenti e che, a seguito di accordo tra i partiti di maggioranza e il ministero, sarà rivisto.

Tra gli emendamenti di rilievo presentati da parlamentari di maggioranza troviamo quelli relativi al concorso a cattedra straordinario per il quale si richiedono modifiche che vanno dalle assunzioni per soli titoli, a quelle che vogliono l’esame finale dopo un concorso per scorrimento graduatorie.

Assunzioni da graduatorie sono richieste per i docenti di sostegno, in subordine ai concorsi.

Per quanto riguarda le graduatorie d’istituto, si parte da emendamenti che ne contemplano la trasformazione in provinciali con possibilità di aggiornamento e mobilità verso altre province. Altri emendamenti vorrebbero un aggiornamento soft, senza tenere conto dei titoli di mater e corsi di perfezionamento.

Alcune decine di emendamenti al Decreto Legge n. 22 sulla Scuola sono stati proposti dall’Anief, dopo essere stati illustrati del suo presidente nazionale Marcello Pacifico, nel corso di un’audizione tenuta dinanzi ai senatori della VII Commissione. Le richieste di modifica del decreto riguardano vari aspetti dell’organizzazione scolastica, con particolare riguardo alla gestione del personale precario che mai come in questo momento emergenziale deve essere valorizzato e stabilizzato.

Partendo da dato di fatto che a settembre il nuovo anno prenderà il via con ben oltre 200 mila insegnanti precari, di cui almeno 50 mila senza specializzazione su posti di sostegno, 15 mila di religione cattolica, con 40 mila contratti in scadenza delle maestre con diploma magistrale, 7 mila ruoli sub iudice, migliaia di Dsga facenti funzione, 40 mila supplenti tra Ata ed educatori, il sindacato ha chiesto di procedere ad assunzioni per titoli e all’aggiornamento delle graduatorie in seno agli istituti: una doppia convinzione che ha trovato credito anche nella volontà popolare, visto che la doppia petizione sull’avvio dell’anno scolastico 2020/21 con la conferma dei contratti vigenti e sull’aggiornamento urgente delle graduatorie d’istituto e Ata 24 mesi al fine delle immissioni in ruolo, ha avuto un successo inaspettato.

È bene, inoltre, che si agisca sugli organici, cancellando quelli “di fatto”, a partire dallo spostamento degli oltre 50 mila posti in deroga di sostegno in organico di diritto. Per Anief, inoltre, l’emanazione dei bandi di concorso come da decreto ministeriale n. 200/2020 già pubblicato non risolverà il problema endemico della supplentite, neanche con la retrodatazione giuridica perché l’anno sarà iniziato intanto con tantissimi nuovi precari. Se poi i concorsi devono farsi, allora è fondamentale pensare di estenderli, con modalità straordinaria, anche alla scuola dell’infanzia e primaria, agli insegnanti di religione cattolica, di allargarli al personale delle scuole paritarie e della formazione professionale, sempre che non si voglia nel frattempo pensare ad un eventuale nuovo concorso per titoli riservato a tutto il personale docente con 36 mesi di servizio. In caso contrario, si darebbe il via a una nuova ondata di ricorsi al giudice, per evidente discriminazione.

Sulla mobilità del personale di ruolo, infine, attualmente permangono delle gravi limitazioni della libertà personale di migliaia di docenti, costretti a rimanere lontanissimo dai propri affetti a causa di errate assegnazioni per via di algoritmi errati, bisogna approfittare di questo momento per derogare ai vincoli attuali e contemplare il diritto al lavoro con il diritto prioritario alla famiglia, soprattutto in presenza di posti vacanti e disponibili.

Esami di Stato in sicurezza e avvio nuovo anno scolastico: presentata bozza in dieci punti per protocollo d’intesa

da Orizzontescuola

Il ministro Azzolina ha presentato oggi  ai sindacati una bozza in dieci punti per siglare un protocollo d’intesa per l’avvio in sicurezza del nuovo anno scolastico.

Il Ministero dovrà ancora interloquire con Protezione civile, Croce rossa, Associazione Pediatri per fornire supporto per gli esami di Stato in presenza.

La decisione di far svolgere gli Esami di Stato in presenza, se le condizioni lo permetteranno, sarà un primo passo – ha affermato la Ministra – per riportare la scuola verso la normalità dopo la dolorosa chiusura delle scuole.

Per il Ministro è arrivato il momento  di pensare la scuola come una spesa ma come un investimento, gli alunni non posso essere considerati dei numeri ma delle persone. Questo concetto le ha permesso, pure con mille difficoltà, ad evitare pesanti tagli richiesti agli organici dal decremento delle iscrizioni.

La valutazione al termine della didattica on line, come si colgono le competenze?

da La Tecnica della Scuola

Prosegue l’impegno della Tecnica della Scuola nell’ambito dell’iniziativa “La Scuola che verrà”, il contributo realizzato da un team di esperti che anno messo a punto dekke indicazioni operative sull’organizzazione della scuola, dell’attività didattica, del personale docente e Ata, per riprendere a settembre in maniera ordinata e pianificata. Il professor Giovanni Morello, che fa parte di questo team, ha prodotto un contributo sulle difficoltà nell’attuare la valutazione degli alunni al termine della didattica a distanza ed in vista del prossimo anno: un argomento che nei prossimi giorni riguarderà l’intero corpo docente, alle prese con gli scrutini di fine anno.

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In questo “storico” anno scolastico, lo sguardo valutativo dei docenti dovrebbe essere incentrato soprattutto sulla rilevazione delle competenze più che delle conoscenze e abilità in senso stretto (che sono ovviamente e imprescindibilmente, comunque, la base delle competenze).

Per ovvi motivi, la didattica a distanza (così come i meccanismi motivazionali degli allievi, il che qualcosa vorrà pur dire) non “premia” le domande di natura “enciclopedica”. Per intenderci, quelle che richiedono agli studenti una esposizione sostanzialmente riproduttiva del quadro di conoscenze superficiali (termine usato qui in senso tecnico) ricavate da quanto hanno studiato (“Parlami del colpo di stato di Napoleone”). La conoscenza superficiale, che è comunque importante, potrà emergere in ben altro modo rispetto al classico ricordare: “incorporata” (in quanto utilizzata) in altro tipo di risposte.

La valutazione in condizioni di distanziamento forzato e prolungato necessita invece particolarmente (o ne esalta l’utilità) di quesiti e di contesti problematici che attivano (diremmo, “stanano”) processi cognitivi importanti: “Secondo te, quello compiuto da Napoleone il 18 Brumaio è un ‘colpo di Stato’? E perché? Era l’unica possibilità che aveva, politicamente? Tu avresti fatto diversamente?”.

Lo studente potrà anche attingere in quello stesso momento alle informazioni che non aveva studiato precedentemente, per poter andare a cercare quanto gli serve per rispondere alla sfida problematica che gli è stata messa di fronte. Mentre, secondo l’idea “classica” di verifica-valutazione, con la semplice richiesta di ripetere ciò che egli ha studiato, sarebbe risultato “impreparato” e la cosa si sarebbe chiusa lì, con una insufficienza.

Il ragazzo comunque preparato, a quella domanda, leggendo il testo o altri materiali eventualmente non studiati prima, potrà rispondere, perché ha strutture di conoscenza che gli consentono di orientarsi (cos’è un “colpo di stato”, cos’è la Costituzione, differenze fra ruolo politico e ruolo militare, la Francia del tempo, il Direttorio, ecc.). E, in questo caso, le risposte potranno andare da quelle più povere (“è entrato con i soldati, quindi secondo me, sì, è un colpo di stato”) ad altre ben più articolate. Il ragazzo sostanzialmente impreparato non saprà invece rispondere a tali quesiti neanche rileggendo venti volte il testo che in quel momento avrà finalmente davanti: non saprà “cosa fare” con le informazioni che ha sotto mano, non saprà come orientarsi al loro interno, per mancanza di una mappa cognitiva adeguata, capace di dare a queste ordine e senso.

Si badi che, in questo modo, cadono anche i pregiudizi di scarsa validità e di scarsa equità della prova o della situazione di apprendimento utilizzata dal docente, perché anche lo studente che, ad esempio per motivi di connessione, non ha potuto studiare prima, viene comunque messo nelle condizioni di leggere e rileggere un testo che colmi questa mancata esposizione alle informazioni di superficie di cui hanno goduto gli altri compagni. Perché il “varco” a cui è atteso è comunque ben altro.

Se lo studente avrà fatto molto poco, insomma, ciò emergerà non tanto dal fatto che non ricorda quanto avrebbe dovuto, ma dal fatto che ciò che sa è troppo poco perché ne possano generare processi importanti ed egli ne possa fare gran che di fronte a quesiti che lo mettono “in situazione”.

Al di là delle singole prove di verifica, gli studenti potranno essere messi spesso, in tante situazioni di apprendimento, in condizione di risolvere problemi in contesti nuovi ed il docente avrà una mole nutrita di osservazioni da effettuare per vedere come se la cavano di volta in volta e, quindi, potrà anche inquadrare quali processi essi riescono ad attivare e con quali sono invece più in difficoltà.

Indicatori “naturali” per questo tipo di obiettivo sono ovviamente i traguardi per lo sviluppo delle competenze (competenze di base, nella dizione del secondo ciclo). Spesso disattesi nella prassi didattico-valutativa. Nelle “Indicazioni nazionali” per il curricolo per il primo ciclo sono definiti del resto chiaramente come “criteri per la valutazione delle competenze attese” e “riferimenti ineludibili per gli insegnanti”. Ma sappiamo che, su questo punto, la realtà è probabilmente un’altra.

[[La loro importanza consiste nel fatto che essi costituiscono una sorta di “ponte” fra conoscenze e abilità disciplinari da un lato e competenze chiave dall’altro. Il ragazzo che ha raggiunto tali traguardi, infatti, dimostra che ciò che ha appreso (in termini di conoscenze e abilità) in una determinata disciplina, lo sta portando di fatto a sviluppare anche competenze. Cioè, ad acquisire la capacità di mettere in movimento tutte le proprie risorse (anche e soprattutto conoscitive, ma non solo) per affrontare in modo autonomo, flessibile, adattivo, consapevole e responsabile, i problemi anche relativamente (e moderatamente) “spiazzanti” che la vita gli pone davanti]].

L’esame in presenza …ai tempi del Covid-19

da La Tecnica della Scuola

Ieri abbiamo ritenuto utile mettere a confronto le ragioni di chi avrebbe preferito esami di “maturità” a distanza e quelle espresse da chi li vuole in presenza. Per leggere l’ampia documentazione fornita sulle motivazioni delle tante componenti (associazioni, gruppi facebook, docenti, famiglie, maggioranza degli studenti, anche presidi perplessi per i problemi organizzativi di esami a scuola) che sostengono l’esame in videoconferenza rimando all’articolo “Esami in presenza: armiamoci …e partite!”, che serve anche a capire, oltre ai rischi sanitari di cui tutti giustamente si preoccupano (da considerare – a parte la presenza in aula di insegnanti e alunni, e all’interno della scuola anche di personale Ata, indossando per ore mascherine e altre protezioni che dovrebbero essere rese disponibili – il grande pericolo costituito dal fatto che soprattutto i ragazzi ma anche molti docenti si spostano con mezzi pubblici, rischiando loro e mettendo a rischio i familiari che vivono con loro, magari anche persone anziane), anche quali strumenti e interventi di protezione sono necessari se si vuole davvero attivare un protocollo di sicurezza che non sia una presa in giro o un semplice contenitore di “parole vuote”, nonché a valutare i complessi problemi organizzativi, ricordando che anche un solo eventuale soggetto “positivo” bloccherebbe il lavoro di tutte le commissioni presenti in quella scuola perché occorrerebbe mettere in quarantena i vari esaminatori (i quali potrebbero comunque essere venuti a contatto indirettamente con il “positivo”), il personale Ata presente, oltre agli alunni che hanno già svolto la prova!

Per agganciarmi all’articolo di ieri che è assolutamente collegato a questo (nel quale ho parafrasato il titolo del libro di Gabriel Garcia Marquez “L’amore al tempo del colera”, da cui è stato tratto anche un film), riporto la parte conclusiva di quanto scritto: a fronte di tante considerazioni, articolate, fondate su dati scientifici e sanitari, su riflessioni di ordine economico (quale costo avrà un esame che per sicurezza, strumenti, sanificazione non può essere organizzato “al risparmio”?) e sociale (oltre che di normale buonsenso) a favore degli esami a distanza (on line), vediamo ora quali sono le ragioni di chi vuole gli esami in presenza.

“Occasione unica”, “sapore dell’esame”, “rito di passaggio”.

… … No, no, non si è “cancellata” la pagina successiva, neppure il capoverso successivo, neppure la frase successiva, le ragioni espresse sono quelle. E dopo essermi un po’ dilungato su questo trittico di “perle preziose”, infine nell’articolo di ieri aggiungevo che in realtà c’erano un altro paio di motivazioni. Ed ecco la continuazione.

Le altre due motivazioni (in parte collegate fra loro) però non si possono evidentemente esplicitare pubblicamente: la prima è che si vuole compattare anche attraverso questa posizione (l’esame in presenza) una maggioranza spaccata su altri temi, e la scuola (anzi un numero limitato di alunni, i “maturandi”, e i docenti sulla cui considerazione professionale e sociale la politica – e non solo – si è già ripetutamente nei fatti pronunciata “al ribasso”, lasciamo perdere le dichiarazioni di circostanza) diventa un’ottima e “gratuita” occasione per mostrare un esecutivo pressoché unito, quando invece, come dice l’ex ministro Fioramonti, la stessa scuola era praticamente considerata una realtà di secondo piano e spesso veniva messa per ultima tra le priorità e l’interesse dei governi negli anni passati e anche nel passato recente! L’altra motivazione è che una riapertura (limitata agli esami e quindi meno “impattante” di una riapertura tout court delle scuole) dà forza per far considerare “normale” la fase2, e non a caso la viceministra Ascani – peraltro anche vicepresidente del Pd e che ha auspicato in passato un riavvicinamento fra lo stesso Pd con Italia viva, l’area renziana di cui lei stessa prima faceva parte –  poco tempo fa (quando ancora Lucia Azzolina si mostrava incerta, fra “sapore dell’esame” e pareri dei virologi: ma in fondo quale viceministro non”sogna” di diventare un giorno ministro?!) ha dichiarato “dalla riapertura delle scuole dipende la tenuta anche economica del paese” (e io allora ho scritto in un articolo di circa tre settimane fa: “addirittura la tenuta economica della Nazione?! Troppa ‘grazia’, allora pagate i docenti quanto un ministro o un manager!”). Ma ovviamente Anna Ascani è in buona compagnia: tranne eccezioni personali, Pd, M5S e Iv – più “sfumata” (?) la posizione di Sinistra italiana – si sono dichiarati favorevoli all’esame in presenza.

Per il resto, come già sottolineato in passato, luoghi comuni, stucchevoli “amarcord”, esternazioni piene di retorica (anche da parte di docenti), estemporanee petizioni, sostenute da giornali che fanno tendenza politica e che evidentemente vogliono essere “premurosi” con il governo appoggiando nel contempo la volontà di Confindustria & Company.

Ma allora la didattica a distanza non valorizza il merito dimostrato? E se è così, resti soltanto una soluzione emergenziale

Nel “question time” parlamentare di ieri Azzolina ha anche detto che scegliendo l’esame in presenza “l’obiettivo è dare ai nostri studenti un esame di Stato che valorizzi al massimo grado il merito dimostrato. Quindi, se l’italiano non è un’opinione (ma per molti lo è, anche in “alte sfere”, come abbiamo avuto modo di sentire e capire in queste settimane) quindi è una mezza sconfessione della tanto decantata didattica a distanza, che evidentemente non “valorizza al massimo grado il merito dimostrato”. Ma oggi i sostenitori della prima ora della didattica a distanza sono favorevoli all’esame in presenza, però vedrete che a settembre saranno nuovamente fautori di un sistema (la Dad, che evidentemente qualcuno intende istituzionalizzare approfittando di una tragedia sanitaria e umana, mentre in effetti va bene solo per periodi emergenziali, e giugno ancora lo sarà purtroppo, speriamo meno di ora ma i virologi sono prudenti) che ora non reputano abbastanza seria per fare esami on line.

Eppure un colloquio d’esame può essere “serio” sia in presenza che a distanza (non è un compito scritto che da casa verrebbe scopiazzato da internet o magari fatto da parenti, né nel colloquio – a domanda fatta o in caso di elaborati tecnico/esecutivi da mostrare – ci saranno venti secondi di tempo per la risposta mentre scorre il cronometro, stile “Rischiatutto”: si risponde subito o se non si sa argomentare non c’è tempo per suggerimenti vari).

Negli atenei gli esami si fanno a distanza (anche quelli di laurea) e il “sapore” rimane lo stesso

Ed ancora, eppure da mesi gli atenei italiani svolgono esami (anche di laurea) a distanza, senza che nessuno, come ho ripetuto da tempo, abbia avuto modo di aprire dibattiti, di sentirsi in dovere di esternare proposte, di diffondere luoghi comuni e raccontare “amarcord” pieni di retorica. Ma quello della laurea non è un momento importante nella vita di un ragazzo, di uno studente, almeno quanto quello dell’esame di maturità?

D’altra parte il Comitato tecnico scientifico nominato dal Ministero è presieduto da un docente universitario (e con un solo insegnante presente fra i 18 componenti), secondo “prassi” quando ci sono Commissioni di studio e di riforma per la scuola: ma perché i “cattedratici” degli atenei, invece di essere così “premurosi” verso la scuola, non pensano a risolvere i tantissimi problemi che ci sono – macroscopicamente visibili – nell’università?

Io proporrei, vista la dichiarata opportunità o addirittura per qualcuno “necessità” di fare svolgere l’esame in presenza, che presso la sede di Viale Trastevere la ministra e la viceministra, insieme al capo dipartimento Bruschi, accolgano tutti i ragazzi che superano l’esame di Stato per salutarli, ad uno ad uno (magari solo quelli che hanno sostenuto la prova a Roma), a due metri di distanza (con le dovute cautele e strumenti di sicurezza). Se poi ci fosse anche il prof. Bianchi della “task force” ancora meglio.

A proposito di “atti di coraggio”

E visto che il Corriere della sera una decina di giorni fa ricordava l’accorato auspicio dello scrittore Paolo Giordano, “sfidando il governo a fare un atto di coraggio (coraggio di chi ?!, NdR) – scriveva il Corriere della sera – e a provare a organizzare l’esame della maturità 2020 dal vivo. In fondo si tratta poco meno di 500 mila ragazzi (beh, se sono meno di 500mila…, NdR), maggiorenni (ah,per giunta maggiorenni, ancora NdR) che in giorni e orari diversi durante il mese che va dal 17 giugno a metà luglio devono raggiungere la propria scuola per un colloquio di un’oretta  circa (e quanto mi pareva, solo un’oretta!, ulteriore NdR) con i sei professori della propria classe più il presidente di commissione”, beh, non sarebbe un atto di coraggio (stavolta di Giordano) quello di andare ogni giorno all’uscita delle scuole della sua città a salutare a sua volta gli studenti (maggiorenni)? Dato che per loro un incontro con uno scrittore di tale livello sarebbe magari “un’occasione unica” (come lui ha definito l’esame di “maturità” sostenendone con forza l’espletamento in presenza e dicendosi preoccupato che potesse non svolgersi così).

Parlando seriamente, sarebbe bastato dopo aver sostenuto per quest’anno l’esame in videoconferenza che ciascuna scuola predisponesse appena possibile, davvero in sicurezza, una cerimonia per salutare i ragazzi che con grande forza di volontà hanno superato un esame di Stato che invece rischiano di ricordare come un incubo (non solo loro, anche il personale scolastico, come suggerito da una riflessione di una docente ed artista, riflessione che ho trovato molto acuta ed interessante). E invece è arrivata l’ufficializzazione dell’esame in presenza (alcune fonti parlano addirittura di esame in presenza ma con l’alunno in un’aula diversa da quella della commissione, in pratica in “videoconferenza ravvicinata”, ma in tal caso sarebbe ancora più incomprensibile far rischiare tutti, determinare grandissimi problemi organizzativi, quando l’esame on line si poteva fare in videoconferenza da casa, a distanza‼), che ha ulteriormente demoralizzato tanti docenti che pensavano che dopo mesi di impegno e sacrifici con la didattica a distanza si sarebbe completato il percorso della Dad anche nel tratto che riguarda gli esami di “maturità”.

Una ufficializzazione senza neppure attendere l’incontro di oggi previsto con le organizzazioni sindacali più rappresentative (cui ieri è stato illustrato, dopo che la Azzolina lo aveva già anticipato nel “question time” alla Camera, dal capo dipartimento Marco Bruschi come si svolgeranno gli esami) per confrontarsi sul Protocollo di sicurezza, senza il quale i sindacati del Comparto scuola avevano affermato in modo compatto che l’esame in presenza non si sarebbe potuto sostenere. Ora che invece è già deciso che si sosterrà in presenza che reazione avranno i sindacati?

E se l’incontro (o meglio la serie di incontri, dato che ci risulta che quello di oggi sia stato assolutamente interlocutorio, pieno di buoni propositi molto generici e dei consueti ringraziamenti per la collaborazione, come in questo periodo è solita fare la ministra, per poi decidere con il suo staff quello che ritiene al di là del parere degli interlocutori ringraziati) per definire il protocollo sicurezza non sortisse l’effetto sperato, cioè non si arrivasse a un accordo che tuteli davvero i lavoratori (e gli studenti), cosa ovviamente auspicata ed evidenziata in una nota congiunta di Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola Rua, Snals Confsal e Gilda Unams, cosa faranno i leader sindacali? Se ne tornerebbero a casa dicendo soltanto che ancora una volta il comportamento della ministra è per loro inaccettabile, senza però trarne le dovute conseguenze?

Ma non è finita: c’è un altro aspetto, riportato sulla “Tecnica” on line, che lascia perplessi (e non capisco come i sindacati non abbiano replicato, o almeno sinora non ci sono dichiarazioni in merito). Il capo dipartimento Marco Bruschi, rivolgendosi ai sindacalisti, ha detto che è prevista la sessione suppletiva dell’esame di Stato il 10 luglio 2020. L’anno scorso la prima prova suppletiva era stata fissata per il 3 luglio, perché ora così tardi visto che non ci sono gli scritti? Dato che è previsto solo il colloquio è impensabile iniziando la sessione ordinaria degli esami il 17 giugno che si possa arrivare sino al 9 luglio, neppure con classi “superpollaio”. Gli insegnanti quindi avrebbero potuto “liberarsi” prima in quest’annata difficile e piena di insidie: ma qualcuno si rende conto dello stress, della fatica, della paura, della rabbia (a parte il caldo soffocante e nelle condizioni di sicurezza che impongono mascherine, ecc.) dei docenti che si sentono trattati come “pedine” inascoltate?!

Una volta presentato il protocollo di sicurezza (ma cosa conterrà?) molti saranno sollevati, solo docenti, alunni e famiglie rimangono smarriti

Come finirà? Verrà presentato e sottoscritto dal Ministero il protocollo di sicurezza (sigh), cosi anche l’Anp (oggi all’incontro sul tema in questione erano presenti anche rappresentati dei dirigenti scolastici) potrà non essere più contrariata e preoccupata, come quando l’Associazione dei presidi ha dichiarato: “Pur nella piena consapevolezza del valore simbolico dell’esame devono essere soppesate con estrema attenzione tutte le circostanze in cui esso dovrebbe svolgersi. Va affrontato e risolto al più presto il vero problema: definire specifici protocolli di sicurezza inerenti gli strumenti, le procedure e le connesse responsabilità. Non possiamo lasciare sole le scuole – e i dirigenti che ne gestiscono l’attività – nel decidere come organizzarsi. Servono regole chiare e servono subito”. Le regole saranno “nero su bianco”, le firma il M.I. (le sottoscriveranno anche le “parti sociali”?) e il problema, opla!, non c’è più! E i sindacati dei lavoratori? Vedremo.

Gli insegnanti, trattati con “bastone e carota”, solo che le bastonate arrivano sempre, le carote invece mai (se non sotto forma di esteriori ringraziamenti, mal ricompensati, anzi “occhio” perché probabilmente si progetta l’aumento dell’orario di insegnamento, quello di effettivo servizio come ben si sa è assai maggiore già adesso: non ci sono riusciti prima, negli anni passati, ci proveranno con la Dad “a intermittenza” sfruttando questa drammatica situazione), intanto attendono preoccupati e smarriti, quasi rassegnati a “sfidare la sorte” (o magari a cercare soluzioni personali, quando invece è la forza del loro comparto, se uniti, a poter dare le giuste risposte, come avveniva in passato). E con loro attendono anche tanti studenti e le loro famiglie.

Rientro e distanziamento, assunzioni diretta per chi ha 36 mesi, più docenti ad infanzia e primaria: il diktat sindacale

da La Tecnica della Scuola

“Prevedere, oltre alle varie ipotesi di articolazione della frequenza, l’istituzione temporanea di un organico potenziato a partire dalla scuola dell’infanzia e primaria”. Lo chiedono con un comunicato unitario le organizzazioni sindacali Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola Rua, Snals Confsal e Gilda Unams, nel giorno di confronto con la ministra dell’Istruzione sul piano di sicurezza predisposto dal MI per il rientro a scuola.

L’esigenza dei sindacati maggiori di comparto nasce per conciliare “l’attività in presenza con le esigenze di cosiddetto distanziamento sociale”.

Servono più soldi per la scuola

“Ciò comporta naturalmente – spiega una nota – un significativo investimento di risorse, così come è necessario prevedere a fronte della necessità di gestire turnazioni, di provvedere all’apertura continua e in sicurezza delle sedi, al funzionamento a pieno ritmo dei laboratori, alle attività di sorveglianza, al potenziamento ulteriore della didattica. Si rivela ancor più indispensabile assumere le ragioni della scuola come tema centrale nell’azione del Governo, auspicabilmente con la messa a punto di un piano pluriennale di investimenti che riallinei il nostro sistema a livello europeo”.

Da parte delle organizzazioni sindacali è stata data la “massima disponibilità a proseguire il confronto per apportare al testo le necessarie integrazioni e specificazioni. Poiché la scadenza di più immediato impatto sarà quella relativa agli esami di Stato, di cui è stato annunciato lo svolgimento in presenza, è stata posta l’esigenza che tutte le misure previste nel protocollo possa essere operative in tale circostanza, come condizione da cui non si potrà in alcun modo prescindere, ferma restando la preoccupazione per l’esiguo margine di tempo a disposizione per la messa in atto delle misure stesse”.

Rivedere le assunzioni da concorso tradizionale

Le organizzazioni sindacali della scuola hanno chiesto quindi di rivedere le assunzioni da concorso tradizionale: “nell’ottica di una tempestiva disponibilità e stabilità di tutto il personale in avvio d’anno scolastico”, hanno riproposto la “necessità di riconsiderare le procedure di reclutamento attualmente previste, nell’impossibilità di un loro svolgimento in tempo utile per il primo settembre, adottando sia per il personale docente che per il personale Ata modalità che consentano di stabilizzare i precari con almeno tre annualità di servizio, così come gli assistenti amministrativi facenti funzione di Dsga da almeno tre anni”.

“Appare opportuno, in vista dell’imminente confronto parlamentare, tenere conto degli emendamenti al Dl scuola, proposti da esponenti sia di maggioranza che di opposizione, volti a soddisfare le legittime attese di decine di migliaia di insegnanti precari. La previsione di concorsi per soli titoli e l’ampliamento del contingente destinato all’assunzione di insegnanti, da portare a 40 mila unità, rappresentano l’investimento principale sulle risorse umane che il ministero può fare nell’immediato. Alla gestione dell’emergenza in atto vanno date risposte in termini di investimenti finanziari da verificare in sede di Governo”.