Nel nome di Antea

Sul canale 54 di Rai Storia a partire dall’8 giugno 2020 andrà in onda il documentario “Nel nome di Antea”

A partire dall’8 giugno 2020, alle ore 21:10, sul canale 54 di Rai Storia, andrà in onda il documentario “Nel nome di Antea”, prodotto da Istituto Luce Cinecittà, che racconta il salvataggio delle opere d’arte italiane durante la II guerra mondiale.
Il film è stato presentato nel 2017 in anteprima nazionale nella sala Aldo Moro del Ministero.
La Biblioteca Luigi De Gregori ha supportato la regia con i propri materiali di studio ed è anche uno dei protagonisti del film.

Il trailer: https://www.youtube.com/watch?v=DMP7WrtwDBY

Altre informazioni sul film: https://www.cinemaitaliano.info/news/57332/nel-nome-di-antea-l-8-giugno-in-prima-serata.html

Programmazioni successive a quella di questa sera:

9 giugno ore 9:30

10 giugno ore 6:40, ore 19:10

11 giugno ore 23:10

Sciopero unitario per chiedere la riapertura in sicurezza

Scuola: sciopero unitario, manifestazioni in tutta Italia per chiedere la riapertura in sicurezza

Roma, 8 giugno – Si è svolto oggi lo sciopero generale del personale docente, dirigente e Ata della scuola indetto da FLC CGIL, Cisl Scuola, Uil scuola, Snals Confsal e Gilda Unams per rivendicare investimenti e garanzie per la ripresa delle lezioni a settembre in presenza e in sicurezza. E proprio all’insegna della sicurezza si sono svolte le centinaia di manifestazioni in tutta Italia, perché i sindacati hanno voluto evitare l’affollamento di una manifestazione nazionale. Le lavoratrici e i lavoratori hanno manifestato alcuni davanti alle proprie scuole, a Roma al ministero dell’Istruzione, altri con flash mob sparsi per le città. Un modo inedito e diffuso di far sentire la propria voce e dare visibilità a una significativa iniziativa sindacale.

La proclamazione dello sciopero dell’8 giugno è stata una scelta obbligata: troppa la distanza tra quanto necessario alla scuola pubblica per garantire la ripartenza a settembre in presenza e in sicurezza, e quanto assicurato dalla ministra Azzolina. Il personale della scuola, le famiglie e con loro i sindacati, temono che le scuole possano non riaprire, o che riaprano in condizioni di emergenza. Ferma restando l’importanza di ricominciare il nuovo anno scolastico in presenza, visto che la didattica a distanza ha rappresentato una soluzione emergenziale che, purtroppo, ha creato disagi e diseguaglianze, è difficile, nelle condizioni date, assicurare il distanziamento e la sicurezza in aule scolastiche spesso sovraffollate o comunque non sufficientemente capienti.

Le ragioni dello sciopero che era già stato proclamato il 6 marzo, ma poi ritirato per senso di responsabilità, si sono addirittura moltiplicate in questi tre mesi che hanno travolto le condizioni di vita e di lavoro delle scuole.

Il ministero con il “Decreto Rilancio” ha stanziato per la scuola circa 1,4 miliardi di euro, una cifra già insufficiente prima della pandemia, figurarsi ora che i problemi e i bisogni sono cresciuti in modo esponenziale, mettendo a nudo le fragilità già presenti nel nostro sistema scolastico dopo da anni di tagli, disinvestimenti e precarietà del lavoro.

Lo sciopero di oggi, nonostante il momento difficile e le scuole ancora chiuse, è una scelta di campo ben precisa: dalla parte dei lavoratori e degli studenti, per una scuola sicura e di qualità. Perché la scuola pubblica diventi una risorsa strategica per un diverso modello di sviluppo e nulla sia più come prima.

SCIOPERO: FORTE SEGNALE POLITICO IN NOME DELLA SICUREZZA

SCIOPERO, DI MEGLIO: FORTE SEGNALE POLITICO IN NOME DELLA SICUREZZA

Computer e tablet offline per rivendicare il diritto di studenti, docenti e tutto il personale scolastico di tornare a scuola a settembre in regime di piena sicurezza. Sta andando in scena così lo sciopero generale proclamato dalla Federazione Gilda-Unams e dagli altri maggiori sindacati rappresentativi nell’ultimo giorno di didattica a distanza che in alcune regioni vede i docenti impegnati negli scrutini.

“Sono note a tutti le condizioni di estrema difficoltà che hanno caratterizzato gli ultimi tre mesi di attività scolastica e che stanno segnando anche la conclusione di questo anomalo e faticoso anno – afferma Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti – e non abbiamo di certo assunto a cuor leggero la decisione di astenerci oggi dal servizio. Chiamando tutta la nostra categoria alla mobilitazione, intendiamo lanciare un segnale politico forte per ribadire ancora una volta a gran voce che la ripresa delle lezioni in presenza a settembre non potrà prescindere da condizioni di assoluta sicurezza per le quali occorrono risorse da investire ben superiori rispetto a quelle attualmente disponibili, sia dal punto di vista economico che da quello del personale. Basta considerare che per garantire il distanziamento sociale negli spazi al momento fruibili, serviranno circa 150mila insegnanti in più. In ballo non ci sono soltanto le condizioni di lavoro dei docenti – sottolinea Di Meglio – ma anche il diritto all’istruzione degli studenti sancito dalla Costituzione”.

Tante le manifestazioni che, nel pieno rispetto delle misure di sicurezza imposte dall’emergenza sanitaria, stanno scandendo questa giornata di sciopero in tutta Italia. E numerosi sono anche gli insegnanti che, non essendo in servizio oggi, hanno raccolto l’appello dei sindacati e stanno donando alla Protezione Civile l’importo della giornata di adesione allo sciopero. “Un gesto di solidarietà – conclude Di Meglio – che dimostra il senso di responsabilità e di comunità che anima la nostra categoria professionale”.

Caccia ai commissari per la maturità 2020

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

Nelle scuole è corsa contro il tempo per l’organizzazione della maturità 2020. Se possibile più degli altri anni. Sia perché l’esame sarà completamente nuovo (anziché due scritti e un orale ci sarà solo un colloquio di un’ora davanti a una commissione con 6 prof interni e il presidente esterno), sia perché i 515mila studenti coinvolti (inclusi i 17mila privatisti che lo svolgeranno a settembre) torneranno in classe dopo oltre tre mesi di didattica a distanza. E dovranno farlo in sicurezza. Un protocollo convidiso ministero dell’Istruzione-sindacati dice come: mascherina obbligatoria per tutti, 2 metri di distanza, ingressi e uscite differenziate, 15 minuti di break tra un candidato e l’altro. A disposizione ci sono i 39,2 milioni (di cui 8,2 destinati alle paritarie) del decreto Rilancio.

I dispositivi di protezione

La ripartizione dei fondi c’è già stata. Ogni dirigente ha ricevuto un importo calcolato su alunni e spazi. Dei 39,2 milioni citati, 36 serviranno alla pulizia degli 8.006 plessi coinvolti (6.406 statali e 1.600 paritari): ciascuno ha ricevuto in media 4.500 euro. Gli altri 3,2 milioni serviranno all’acquisto di 754mila mascherine da 60 centesimi l’una. La maggior parte (541.657 per un esborso di 324mila euro) andrà agli studenti che le useranno una volta sola. Mentre la fetta più ampia di risorse (2,1 milioni) servirà a proteggere i 180mila commissari chiamati a una ventina di giorni di lavoro.

Le commissioni incomplete

Il primo test sul campo si avrà lunedì 15 giugno, quando presidenti e commissari si dovranno riunire per gli adempimenti preliminari all’esame di Stato. Lì si vedrà quanto saranno ampie le “defezioni”, che stanno preoccupando la vigilia della nuova maturità. Alla data di venerdì 5 giugno su 12.998 presidenti ne mancavano all’appello 1.282 (pari al 9,8%). L’assenza di candidature “spontanee” tra i destinatari del bando – i dirigenti scolastici del primo ciclo (quelli del secondo ciclo sono obbligati) e i docenti di ruolo con almeno 10 anni di servizio – ha costretto il ministero dell’Istruzione a emanare un’ordinanza ad hoc per precettare i candidati: gli Usr, in difficoltà, possono nominare anche prof con meno di 10 anni di ruolo purché non impegnati come commissari, oltre a docenti e ricercatori universitari. Come piano B è possibile accorpare le commissioni della stessa scuola o di istituti limitrofi.
A frenare quest’anno la partecipazione agli esami non c’è solo il timore per l’emergenza sanitaria, ma anche alcune decisioni del ministero dell’Istruzione. Ad esempio il nuovo esame di terza media, con la discussione dell’elaborato online davanti al consiglio di classe prorogata fino al 30 giugno, costringe moltissimi presidi del primo ciclo a restare in sede per organizzare al meglio queste attività; così come la scelta di avere tutti commissari interni, nata dall’esigenza di agevolare gli studenti dopo mesi difficili, ha di fatto svuotato il bacino di insegnanti con i 10 anni di anzianità, considerando anche le esclusioni possibili (legge 104, part-time, motivi di salute), in larga parte già attivate anche dagli stessi commissari, specie se rientranti tra i lavoratori “fragili”. A queste criticità il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, ne aggiunge un’altra: «Qualche commissario, qualificato come “fragile” per effetto della sorveglianza sanitaria, lavorerà in remoto (da casa) e quindi difficilmente potrà visionare la documentazione cartacea dei candidati. Se è vero che dovrebbe comunque conoscerla perché si tratta di docenti interni alla classe – aggiunge – per i privatisti potrà esserci qualche difficoltà in più».

L’incentivo economico

Per incentivare la partecipazione dei commissari il ministero ha deciso di mantenere immutati i compensi: 1.153,25 euro base per i presidenti (che possono salire in caso di nomine fuori distretto o comune), 366,94 euro per i membri semplici. Chissà se basteranno a vincere la paura del Covid-19 e convincerli a essere della partita.

Upi: «Per assicurare apertura in presenza servono subito risorse e indicazioni

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

«Tutte le istituzioni e il mondo della scuola si muovono per un obiettivo comune: la riapertura di tutte le scuole di ogni ordine e grado con la didattica in presenza, per assicurare agli studenti il diritto all’istruzione in piena sicurezza. È una priorità su cui serve trovare al più presto soluzioni”. Lo ha scritto venerdì scorso il presidente dell’Upi Michele de Pascale in una lettera al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e al ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, dopo la riunione del coordinamento di ieri.

«La tempistica per dare il via agli interventi di messa in sicurezza degli edifici deve essere accelerata, per non trovarci nella condizione di dovere risolvere il problema dell’apertura delle scuole nei primi quindici giorni di settembre. Le indicazioni del Comitato Tecnico Scientifico e del rapporto del Comitato per la riapertura, poi, dovranno essere strettamente aderenti alla realtà effettiva delle scuole italiane o rischiano di non essere praticabili e di impedire, di fatto, la riapertura del 50% delle scuole superiori, quelle costruite prima del 1976 soprattutto nelle grandi aree urbane, che sono situate in palazzi antichi e non hanno spesso né palestra né Aula Magna. È del tutto evidente che in queste strutture non possono essere applicate norme rigide di distanziamento fisico, o non saranno considerate agibili. A questo – conclude la lettera del presidente dell’Upi – dobbiamo aggiungere la mancanza di risorse per Province, Città metropolitane e Comuni, destinate espressamente agli interventi per la riapertura delle scuole, senza le quali gli enti gestori non possono avviare alcun tipo di opera. Chiederci di utilizzare a questo scopo i pochissimi fondi oggi riservati alla messa in sicurezza delle scuole, quelli cioè che a fatica dopo anni abbiamo ottenuto per impedire che i solai cadano sulle teste degli alunni, non è praticabile né comprensibile. Il decreto Rilancio prevede un fondo di 1 miliardo, 400 milioni per il 2020 e 600 milioni per il 2021: almeno i 400 milioni del 2020 devono essere espressamente indirizzati a Province, Città metropolitane e Comuni agli interventi per la ripresa dell’anno scolastico»

Ripresa, pressing sul ministro «Niente alunni nelle scatole»

da Corriere della sera

Valentina Santarpia

Poco dopo le sette di ieri sera, al termine di una seduta fiume, segnata dall’ostruzionismo spinto delle opposizioni, il Capo dello Stato Sergio Mattarella ha firmato il decreto sulla Scuola, approvato in via definitiva alla Camera sabato mattina. I voti in Aula, 245 sì e 122 contrari, non sono stati quelli del voto di fiducia incassato dal governo giovedì, 305, e la maggioranza ha rischiato che le troppe assenze tra i banchi di Pd, Iv, Leu e M5S, facessero saltare tutto: ma neanche Fi, Lega e Fratelli d’Italia hanno registrato il pienone, e così alla fine il provvedimento è legge. Per un soffio: perché andava approvato entro domenica.

Si tratta di una legge nata «in piena emergenza», come sottolinea la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina (elogiata dal capo politico del M5s, Vito Crimi: «Ha risposto con il lavoro agli insulti»), e infatti tra i punti cardine contiene la cornice normativa per lo svolgimento degli esami ai tempi del Covid. In particolare, l’esame delle medie coincide con la valutazione finale da parte del Consiglio di classe. Mentre per la Maturità è prevista la sola prova orale in presenza. Tornano i giudizi descrittivi alla scuola primaria al posto dei voti in decimi. E si danno più poteri ai sindaci per intervenire sull’edilizia scolastica. Ma soprattutto la nuova legge disciplina le prossime assunzioni, su cui i malumori sono rimasti evidenti fino alla fine: Camila Sgambato, responsabile scuola del Pd, si dice soddisfatta «che il concorso per la stabilizzazione di 32 mila docenti precari avvenga senza quiz con crocette, con quesiti a risposta aperta». Ma in realtà l’ex presidente Dem, Matteo Orfini, aveva annunciato il giorno prima il voto contrario: lui da mesi spingeva, insieme a buona parte del partito e a Leu, per una stabilizzazione per titoli. La mediazione, avallata dal premier Giuseppe Conte, alla fine è passata, e il concorso sarà bandito solo il prossimo anno. Il leghista Matteo Salvini, parla di «ministro disastroso» mentre Giorgia Meloni (FdI) definisce quelle della ministra «idee strampalate», temendo che si passi dalle classi pollaio alle classi «acquario». Il riferimento è a una delle ultime ipotesi avanzate dalla ministra per la riapertura a settembre, il tema che preoccupa presidi, famiglie, sindacati. Azzolina promette: «Ora definiamo le linee guida, per riportare gli studenti a scuola, in presenza e in sicurezza». Ma i dubbi arrivano da più fronti. Antonello Giannelli, associazione presidi, ammette: «Non ce li vedo i nostri bambini chiusi nelle scatole». Il presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini, è preoccupato per i tempi: «Assolutamente entro giugno dobbiamo avere le linee guida per la scuola, non alla fine». E sulla riapertura pesa anche il nodo elezioni: «Insieme agli altri presidenti — spiega Bonaccini — abbiamo chiesto che si voti entro la metà di settembre: il rischio è di riprendere la scuola in ottobre».

Solo in classe c’è amore per la parola

da La Stampa

Nadia Fusini

Premetto che non sono una misoneista, non odio il nuovo, non odio il web, adoro il mio Mac, credo al contrario che siamo fortunati a vivere in quest’epoca, e sono entusiasta, anche se poco competente.
E comunque mi sforzo di imparare a servirmi delle immense possibilità che la rete garantisce allo studio. Spesso essenziali per l’arricchimento della stessa didattica.
Ho contribuito alla nascita di Memoria di Shakespeare, che è una delle più importanti riviste di filologia shakesperiana al mondo, fatta e pensata per il web, accessibile open access, fin da tempi proto-web.
Però ho sofferto molto in questi mesi in cui, viste le circostanze, ho provato a fare lezioni da remoto. Intanto, ho sofferto intellettualmente, perché la mia esperienza di insegnamento mi insegna, per l’appunto, che non si può insegnare così. Perché in presenza ogni classe è diversa da un’altra. E difatti ogni volta che entro in classe, benché vi entri coi miei appunti, preparata, poi mi metto a parlare, e la relazione con chi mi sta di fronte si impone, e fa sì che la lezione prenda un’altra piega. Perché? Perché vedo la faccia di quella studentessa in terza fila, e capisco che non mi segue e mi devo spiegare meglio. Oppure, quello studente in fondo, alza la mano e con un certo timore fa una domanda, che naturalmente accolgo e mi porta altrove. Nella mia lunga esperienza non credo di aver mai fatto la lezione che avevo preparato. Anche perché mi sarei annoiata. Sì, confesso che mi annoio in fretta, perché amo la parola viva, che nasce dall’incontro con l’altro.
Può sembrare retorico, ma è vero: io in classe vado a imparare, è un happening, la lezione. La faccio io che parlo, quanto chi ascolta. Si tenga conto che insegno letteratura, letteratura inglese: che sia Shakespeare, che sia Keats, che sia Virginia Woolf, io leggo con gli studenti, commento. Ed è davvero qualcosa che accade lì, in classe. Solo così insieme si eccita e si coltiva la passione e il gusto della lingua; solo così si fa davvero filologia, e cioè si pratica l’amore della parola.
Ora, certo, d’accordo, per via del “distanziamento sociale”, ho fatto lezione “da remoto”. Ho fatto “erogazione didattica”(sic!). Mi fermo un attimo sulle parole: “Distanziamento sociale”. Che brutto termine, non vi pare? Com’è orribile la parola d’ordine politica, com’è burocratica. “Erogazione didattica”, ma che significa?
Non voglio fare la difficile, e tuttavia, visto che noi professori “professiamo” il mestiere intellettuale, credo sia nostro compito considerare criticamente le situazioni in cui ci troviamo ad agire e stare attenti e pensare. E allora sì, denuncio la mia riserva generale su questa corsa alla telematizzazione dell’università e di tante altre attività culturali e performative. Quelle che potevo evitare, l’ho fatto.
Certo, c’è l’emergenza. Ma, attenzione: le situazioni di emergenza, anche quando serissime e fondate come questa che stiamo affrontando, sono pericolose, perché preludono ad accelerazioni che mi chiedo se in futuro sapremo controllare.
A me pare nello specifico assai pericoloso: d’accordo, è solo un sospetto, ma non è che dietro alla teledidattica ci vogliono preparare all’assimilazione delle lezioni e dei seminari, e delle discussioni a distanza con quelle in presenza? Non è che sta passando l’idea che tutto si possa fare a distanza, con il conseguente e inevitabile annientamento di quello spazio pubblico per eccellenza, che è l’università? E in generale i luoghi della vita attiva del cittadino? Questo è il pericolo.
E vi prego di credermi, non voglio fare la Cassandra, ma la verità è sotto gli occhi di tutti. Da anni, vuoi per strategia, vuoi per ignoranza e colpevole disinteresse, le istituzioni e le attività culturali nel nostro Paese sono state messe sotto attacco, quasi che la cultura e l’istruzione siano un bene di lusso.
Non amo le Cassandre di turno che ci vogliono spaventare, né tantomeno i complottisti. Credo al contrario che dobbiamo darci coraggio in un momento così difficile, e rimanere all’erta: in tanti ce l’hanno ricordato – la “salute” del cittadino non è solo la sua immunitas rispetto al contagio. Sì certo, per carità, anche; ma io non sono un medico, a me interessa soprattutto quella salute che si difende con l’esercizio intellettuale, con la condivisione di beni primari come il pensiero e le idee. Insieme. Corpo e mente. Perché, come Shakespeare insegna, “society is the happiness of life”; e cioè, “stare insieme è la felicità”. La convivenza, la vita pubblica, l’università, la scuola vanno vissute come luogo di incontro e di scambio fisico di saperi e conoscenze ed esperienze. È questa l’aria di cui abbiamo bisogno. Pena l’asfissia di cui anche si muore.

In aula a settembre Lezioni più brevi e aule a rotazione

da La Stampa

Federico Capurso

roma

Approvato il decreto Scuola, con 245 voti a favore e 122 contrari – ma per domani i sindacati confermano lo sciopero del comparto – la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina già guarda alle riaperture di settembre, preparando «le linee guida per riportare gli studenti a scuola, in presenza e in sicurezza». Un piano che, a ora, è diviso in 5 macro aree: edilizia leggera; didattica negli istituti; didattica all’esterno; formazione di famiglie e docenti; dispositivi di protezione e prevenzione. Linee guida che lasceranno discrezionalità nelle scelte ai tavoli operativi aperti in ogni regione perché, spiegano dal ministero, «non avrebbe senso imporre le stesse regole per una scuola di una comunità montana e una del centro di Roma».
Distinzioni che cadono, però, di fronte alla necessità di superare le “classi pollaio”, che restano diffuse su tutto il territorio. «Rispettare il criterio del metro di distanza vuol dire garantire due metri quadrati ad alunno nelle classi – scrive su Facebook la viceministra Anna Ascani –. Un parametro molto vicino a quanto già indicato dalla legge. Difficile ma non impossibile». L’intenzione è quella di concentrarsi sull’ammodernamento e l’ottimizzazione degli spazi all’interno delle scuole e non di costruire nuovi sedi. Da qui, la definizione di edilizia «leggera», per la quale sono stati già stanziati 330 milioni e altrettanti arriveranno a fine giugno. Verrà dunque raddoppiata, dopo le proteste dei presidi, la cifra che era stata stimata in circa 38 mila euro per ogni istituto scolastico. Gestire questa nuova fase votata all’edilizia leggera non sarà comunque cosa facile e per questo sono già partiti i tavoli regionali, ai quali siederanno i rappresentati del ministero e che verranno coordinati dai sindaci, che per effetto del decreto sono diventati una sorta di super commissari.
Per gestire al meglio il “traffico” all’interno degli istituti, poi, nei documenti preparatori del ministero si chiede «flessibilità» nell’organizzazione della didattica e per questo si offriranno ai presidi maggiori poteri nella gestione e organizzazione delle classi. Concretamente, si parla di dare diversi orari d’ingresso a scuola, di passare a lezioni di 45 minuti e di scaglionarne l’inizio (ci sarà una classe, ad esempio, che avrà lezione alle 9:00, un’altra alle 9:15, una invece alle 9:30), in modo da non creare assembramenti nei corridoi. Se poi ci sono aule più spaziose di altre, che permettono un più facile distanziamento sociale, si ragiona sulla possibilità di accorpare classi, ma anche di invertire i flussi e tenere un docente fisso nell’aula, facendo invece girare gli studenti, o ancora di avere classi più snelle. Un modello già adottato da alcuni istituti sperimentali. Ma dovrebbe ancora essere prevista, seppur in situazioni limite, la didattica a distanza.
È emerso, poi, negli ultimi giorni, il tema degli spazi esterni, tra biblioteche, parchi, cinema e teatri, che potrebbero essere affittati per fronteggiare quei problemi che gli interventi di edilizia leggera e la maggiore flessibilità didattica non potranno risolvere. Ci saranno anche corsi per i docenti e incontri con le famiglie per fare formazione sui «comportamenti responsabili» da adottare all’interno della scuola e a casa. Infine, ci saranno disposizioni per la distribuzione di gel disinfettante, saponi e mascherine, oltre ai divisori in plexiglass per i banchi da due studenti – non tra banchi singoli – che potrebbero essere adottati per garantire la sicurezza laddove le distanze minime non potessero essere rispettate. Su quest’ultimo capitolo, però, c’è ancora una discussione aperta con il comitato tecnico scientifico al quale si chiederanno, nei prossimi mesi, pareri ulteriori seguendo lo sviluppo dell’epidemia.

Bimbi, l’allarme dei pediatri “Cresce il disagio psicologico”

da La Stampa

Maria Rosa Tomasello
Roma

Bisogna restituire ai piccoli il tempo che gli è stato sottratto. Il tempo delle aule e dei banchi, dei giochi con gli amici, dei luoghi per lo sport e per la musica, perché il rischio, in caso contrario, è «che alla crisi sanitaria e a quella economica di aggiunga una crisi educativa e sociale con conseguenze pesanti per tutti i bambini e drammatiche per una consistente minoranza che già in precedenza viveva situazioni di difficoltà di apprendimento».
Dopo due mesi di isolamento forzato e la brusca interruzione delle attività scolastiche, i bambini – 8 milioni nella fascia che va da zero a 14 anni – continuano a essere ultimi nella lista delle priorità della politica. A chiedere attenzione è un gruppo di pediatri di fama che in una lettera-manifesto chiede interventi che non possono più essere rinviati: primo firmatario è Giorgio Tamburlini, presidente del Centro per la Salute del Bambino e membro del Comitato scientifico dell’International Society for Pediatrics and Child Health.
Conseguenze
«Il rischio di contagio per e da parte dei bambini – ricordano – è molto basso mentre il rischio di compromissione di aspetti cognitivi, emotivi e relazionali conseguenti alla prolungata chiusura delle scuole è molto alto». Ma se i bambini si ammalano poco e con manifestazioni cliniche lievi, «viceversa si stanno accumulando le evidenze sui danni collaterali provocati dal lockdown» con «un ritardo educativo che per la maggioranza è molto rilevante». A questo, denunciano, si associano «manifestazioni di disagio psicologico, aumentato rischio di violenza subita o assistita», oltre a inferiore qualità dell’alimentazione, o dei supporti medici per i piccoli affetti da patologie o disabilità. «È urgente cambiare rotta – avvertono – vanno riaperti spazi ludici con componenti educative e messe in campo iniziative di supporto per chi ha difficoltà specifiche» perché, concludono, «non possiamo far pagare ai bambini e alle loro famiglie il peso delle nostre esitazioni e della nostra ignoranza di fronte a quanto sta accadendo».
A conferma di questi rischi gli esperti citano i rapporti di organizzazioni come Save The Children e Sant’Egidio, secondo i quali almeno 6 bambini su 10 sono in condizioni di difficoltà. Secondo l’indagine di Save The Children condotta su un campione di oltre 1000 bimbi e ragazzi tra gli 8 e i 17 anni (il 39,9% dei quali in condizioni di fragilità socio-economica a causa del Covid) un minore su 5 incontra maggiori difficoltà a fare i compiti rispetto al passato e, tra i bambini tra gli 8 e gli 11 anni, quasi 1 su 10 non segue mai le lezioni a distanza. Una situazione che rende ancora più drammatica le condizioni di chi ha meno. In Italia oggi più di un milione di bambini vive in condizione di povertà assoluta: per questo l’ong sollecita misure che «durante l’estate e durante il prossimo anno scolastico contrastino la povertà educativa e la dispersione scolastica». Allarmanti anche i dati di Sant’Egidio che a Roma ha analizzato un campione di 800 famiglie con bambini dai 6 ai 10 anni: per il 61% degli studenti delle scuole primarie la didattica a distanza non è mai partita.
Mentre il governo continua a ripetere che si lavora per la ripresa della scuola a settembre con lezioni in presenza che tuttavia – tra ipotesi di divisori in plexiglass, classi ridotte e necessità di maggiori spazi e di più insegnanti – sono ancora una incognita, il primo segnale di normalità è la riapertura dei centri estivi sulla base delle linee guida redatte dal Dipartimento della Famiglia con un investimento di 185 milioni. Le attività, in collaborazione con Regioni e Comuni, prenderanno il via il 15 giugno. Il 4 giugno il Comitato tecnico scientifico ha dato parere positivo all’estensione delle linee guida per le attività estive destinate alla fascia 0-3 anni, ma gli amministratori aspettano ancora indicazione dettagliate del Ministero. Il Veneto sceglie di accelerare: a partire da domani saranno erogati infatti i servizi per la fascia da 0 a 3 anni: «Al momento non abbiamo notizie da Roma, non potevamo più attendere oltre la validazione» ha detto il governatore Luca Zaia firmata l’ordinanza. Punta a riaprire nidi e scuole dell’infanzia nella stessa data anche il Trentino, mentre a Torino, a partire da 15 giugno, i bimbi iscritti all’anno in corso potranno tornare a giocare nei cortili di 45 asili nido. Ma la strada della ripartenza è costellata di incertezze e gli operatori chiedono chiarezza: «A settembre, come si intende riaprire? Per quanto tempo si ipotizzano soluzioni transitorie?» ha chiesto al premier Giuseppe Conte Luigi Morgano, segretario generale della Fism, la Federazione che raggruppa oltre novemila asili nidi e materne. «Riaprire le scuole esige di non lasciare margini a equivoci interpretativi». —

Non ci salverà il plexiglass

da la Repubblica

Stefano Cappellini

La scuola italiana vanta un triste primato: è stata la prima a chiudere per l’emergenza Covid e sarà l’ultima a riaprire. Il decreto scuola è stato approvato ieri alla Camera, dopo giorni di battaglie e ostruzionismi, tra le assenze della maggioranza e dell’opposizione che, fosse stata presente a ranghi completi, avrebbe potuto affossare il provvedimento. Il decreto mette una toppa legale alla chiusura di un anno scolastico funestato dal virus. Ma sulla ripartenza a settembre è ancora buio.

Tuttora nessun membro del governo ha detto in modo definitivo e inequivocabile che il prossimo ciclo comincerà e andrà avanti in modo regolare. Certo, l’obiettivo dichiarato è riaprire. Ma come? Riducendo il numero di alunni per classe? Tagliando a 40 minuti l’ora di lezione per favorire più turni? Con le lezioni in spazi aperti? O inscatolando nel plexiglass gli studenti? Di tutte le ipotesi in campo la speranza è che almeno quest’ultima resti solo un’idea.

Colpisce molto che, mentre il governo è impegnato a evocare grandiosi progetti di rilancio dell’economia, dell’impresa e della pubblica amministrazione, la scuola continui a essere a margine del dibattito. Anche materialmente: la cifra fin qui stanziata, 1,4 miliardi, è largamente al di sotto delle stime sulle risorse necessarie per mettere in sicurezza l’avvio e lo svolgimento del prossimo anno scolastico.

Al salvataggio di Alitalia sono stati riservati tre miliardi.

Dicono molti esperti che ci sono delle ragioni oggettive a giustificare la cautela sul ritorno nelle aule di docenti, non docenti, alunni e genitori. Sarà senz’altro vero, anche se si fatica a comprendere la differenza con gli uffici, le fabbriche, i locali, i negozi e tutti gli altri luoghi chiusi nei quali la vita e il lavoro sono ripartiti. Con tutte le protezioni e le misure del caso. Comunque con dei rischi. Ma ripartiti. È difficile sfuggire al pensiero terribile che la scuola sia in ritardo sugli altri settori perché, a dispetto dei proclami e delle buone intenzioni, paga l’immagine di attività diseconomica che non produce profitti e non getta nessuno sul lastrico se resta serrata. Una attività marginale dove, più che altrove, si possono rimandare scelte e soluzioni, e senza una Conferenza dei professori o dei genitori in grado, come quella dei vescovi, di esercitare una pressione di altro genere per spingere alla riapertura.

Questa immagine è, naturalmente, un errore madornale. L’istruzione, oltre che diritto basilare, è da tempo considerata un fattore decisivo di crescita economica.

Come del resto anche la giustizia, altro settore che paga un ritardo strutturale nella riaccensione. Gli Stati lungimiranti investono in formazione cifre crescenti, consapevoli che si tratta non solo di formare cittadini educati alla cultura e alla conoscenza: nel buon funzionamento della scuola ci sono le fondamenta della capacità di innovazione di un Paese, della produttività e della sua mobilità sociale. Che è poi l’insieme di virtù che distingue una economia di mercato competitiva ed equa da quelle destinate a soccombe re e a decrescere infelicemente. Immaginare che i difetti di programmazione della riapertura possano essere temperati dal ritorno alle lezioni online significa rimuovere che un pezzo di Paese non ha accesso a questi strumenti e che la dispersione scolastica rischia di accrescere l’esercito degli inoccupati e, in alcune aree del Paese, la manovalanza della criminalità organizzata.

Un circolo vizioso da stroncare prima possibile. Non sappiamo se agli Stati generali dell’Economia previsti per la prossima settimana si parlerà anche di scuola.

Sarebbe il caso. Non sarà il plexiglass a salvarci dal disastro nazionale di un altro anno scolastico perso.

“Briciole alla scuola. Quei soldi non bastano a riaprire in sicurezza”

da la Repubblica

Ilaria Venturi

«Andranno tre miliardi ad Alitalia e la metà alla scuola», aveva sibilato ai microfoni di Radio Capital solo pochi giorni fa l’ex ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti. Un refrain che monta sui social, nelle chat degli insegnanti, nei flash mob dei genitori. Salta agli occhi il problema delle risorse per la ripartenza in aula a settembre, ne è consapevole lo stesso premier Giuseppe Conte che coi soldi che arriveranno dall’Europa immagina un forte investimento nell’istruzione. Intanto i conti si fanno con il miliardo e mezzo stanziato nel decreto rilancio. Insufficienti, tuonano i sindacati domani in sciopero. «Non bastano» riconoscono gli enti locali. «Non si riparte senza indicazioni precise e risorse adeguate» osserva Mario Rusconi, voce dei presidi del Lazio.

Per garantire le misure di sicurezza servono fondi. E tanti. Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell’Anci, lo ha spiegato tre giorni fa alla ministra Lucia Azzolina e al presidente del Consiglio in videoconferenza: «Serve il doppio degli stanziamenti fin qui messi nel decreto». E le Regioni incalzano per voce del presidente Stefano Bonaccini chiedendo un incontro urgente al governo, dopo il confronto sulla scuola che non è bastato a sciogliere i nodi. «Abbiamo chiesto che si possa tornare a scuola in presenza e per questo vogliamo collaborare — dice — Occorrono, prima possibile, le linee guida e avere certezza di risorse per potenziare, per esempio, il trasporto scolastico. Inoltre per le nuove esigenze ci vogliono più docenti». Decaro ha fatto i conti sull’edilizia scolastica: considerando un costo medio per interventi “leggeri” (banchi monoposto, muri da alzare per ricavare più aule) di 20mila euro nei 28mila edifici che ospitano materne e primarie occorrono 620 milioni, quasi il doppio dei 360 stanziati. «E poi c’è la necessità di deroghe normative sulle assunzioni», aggiunge.

Nel decreto rilancio un miliardo (400 milioni per quest’anno, 600 per il 2021) è destinato all’emergenza Covid, ma ancora non è stato definito come sarà distribuito. Dettagliate invece sono le voci per i 331 milioni che incrementano il Fondo per il funzionamento delle scuole: si va dalla didattica a distanza all’acquisto di mascherine e dispositivi digitali, all’adeguamento e alla sanificazione degli spazi. Altri 150 milioni vanno alle scuole paritarie, 39 per la Maturità, 10 sull’apprendimento. La ministra Azzolina si è difesa: «Ho mobilitato 4 miliardi da quando mi sono insediata». Dentro, oltre al decreto Rilancio, c’è il Cura Italia (130,5 milioni per pulizia e didattica a distanza), 2 milioni nel Decreto scuola per il digitale, 953 milioni di fondi europei non spesi (risorse Pon), 789 milioni per l’edilizia sbloccati dall’inizio dell’anno, più 1,1 miliardi in corso di autorizzazione per la messa in sicurezza degli edifici. Ma i conti non tornano.

Per garantire la didattica a piccoli gruppi occorrono più docenti. All’orizzonte c’è la stabilizzazione di 32mila precari in tre anni col concorso straordinario per medie e superiori, ma non cattedre in più. La Cisl stima che solo per sdoppiare le classi alle materne e primarie occorrerebbero 110mila supplenti in più, costo: tre miliardi. «Con le risorse attuali la scuola non potrà riaprire in sicurezza», dice la segretaria Lena Gissi. Francesco Sinopoli calcola necessari 5,9 miliardi per garantire il distanziamento e le misure di sicurezza nei primi 4 mesi di avvio delle lezioni. Solo accogliere bambini e ragazzi nello spazio di 4 metri quadrati per alunno, si legge nel dossier Flc-Cgil, ci vorrebbero 271mila nuove aule, dalla materna alle superiori. Come uscirne? In parte dipenderà dal Mef che dovrà autorizzare nuove assunzioni. Viale Trastevere punta a portare a casa soprattutto più bidelli e personale dell’infanzia. Ma è una corsa contro il tempo e la coperta non si allunga. E così anche l’ultima ipotesi che fa discutere — i divisori in plexiglass tra i banchi — viene vissuta, nella sintesi dei genitori del Comitato “Priorità alla scuola”, come «solo una boutade, perché in realtà il ministero è in ritardo sulle linee guida e mancano i soldi».

Concorsi docenti, Azzolina: bisogna andar veloci, la scuola ne ha bisogno

da Orizzontescuola

di redazione

La ministra dell’istruzione intervistata da Grazia: “Fare presto con i concorsi docenti, ne abbiamo bisogno”. Ieri è stato approvato in via definitiva dalla Camera il decreto scuola. Tra i provvedimenti l’emendamento con la modifica della prova del concorso straordinario.

Le vicende del precariato vengono da lontano, per risolverle serve un piano  complessivo e pluriennale. Sui concorsi che abbiamo bandito, bene aver migliorato la procedura straordinaria, con una prova non a quiz ma a risposta aperta. Ora però bisogna andare veloci. Oltre al concorso straordinario da 32 mila posti ne abbiamo altri due per un totale di 78 mila assunzioni. La scuola ne ha bisogno, dobbiamo correre“, ha affermato Azzolina.

La ministra ha parlato del ritorno a scuola a settembre ribadendo che avverrà in aula e in sicurezza. “Sarà rispettato il distanziamento di un metro e di due nelle palestre – ha precisato Azzolina -. Serviranno mascherine dai sei anni in su e igienizzanti. Sarà una scuola nuova pure dal punto di vista didattico: servirà riorganizzarci con nuove modalità di apprendimento anche fuori dalla classe, in spazi diversi, o dentro, ma in modalità diverse”.

Contrazione in organico: se si crea una cattedra orario esterna il docente non è soprannumerario

da Orizzontescuola

di Giovanna Onnis

In seguito a contrazione nell’organico si ha esubero se rimane uno spezzone residuo senza costituzione di  una COE. Per il docente coinvolto sono due le possibili conseguenze

Un lettore ci scrive:

Sono un insegnante di scienze motorie e nell’anno scolastico 2019/2020 il mio istituto ha avuto una riduzione di organico tale da perdere 2 classi (passando da 18 a 16 classi)
Non ho fatto domanda di trasferimento e essendo io il secondo in graduatoria mi sono ritrovato assegnata una cattedra oraria esterna di 14 ore nella scuola precedente più 4 ore in un istituto dello stesso comune.
Considerato che con la riduzione dell’organico sono diventato un perdente posto non avrei dovuto essere interpellato per fare una domanda di trasferimento come perdente posto e sistemato su una delle tre cattedre libere presenti nel comune?”

In seguito a contrazione nell’organico di un’istituzione scolastica le conseguenze per i docenti titolari nella scuola possono essere diverse a seconda di come l’Ufficio Scolastico Provinciale predispone l’organico per il successivo anno scolastico

Le possibilità sono due, vediamole nel dettaglio

1^ possibilità: si costituisce una Cattedra Orario Esterna

Se in fase di predisposizione dell’organico l’USP riesce a costituire una COE completando lo spezzone orario generato dalla contrazione nell’organico, causa della “scomparsa” di una cattedra interna, con un altro spezzone disponibile in altra scuola dello stesso comune o anche di altro comune, il docente coinvolto non sarà dichiarato soprannumerario e lavorerà l’anno successivo su questa COE mantenendo inalterata la sua titolarità nella scuola

2^ possibilità: rimane uno spezzone orario

Se in fase di predisposizione dell’organico l’USP non riesce a costituire una COE, rimarrà nella scuola uno spezzone disponibile, che da solo non costituisce cattedra. In questo caso il docente coinvolto sarà dichiarato soprannumerario in quanto non potrà conservare la sua titolarità su uno spezzone orario. Il docente dovrà, quindi, presentare domanda di trasferimento che, in base alle sue decisioni, potrà essere volontaria o condizionata

Conclusioni

Il nostro lettore, quindi, si trova nelle condizioni indicate nella 1^ possibilità.

Egli erroneamente ritiene di essere perdente posto, mentre non è stato dichiarato soprannumerario ed è rimasto titolare nella scuola.

L’unica differenza rispetto al precedente anno scolastico è la sua cattedra che non è più una cattedra interna, ma una COE che risulta presente nell’organico come cattedra di nuova costituzione.

Nella costituzione e successiva assegnazione della COE il docente titolare nella scuola non deve essere interpellato.

La sede di completamento è stabilita esclusivamente dall’USP e l’assegnazione della cattedra (essendo una COE ex-novo) dipende dalla posizione occupata dai docenti nella graduatoria interna di istituto

Riapertura settembre, Ascani: due metri quadrati ad alunno nelle classi, difficile ma non impossibile

da Orizzontescuola

di redazione

“Bisogna prendere in fretta delle decisioni su organici, orari di ingresso e uscita – scaglionati, ma praticabili – che permettano di evitare assembramenti, sul trasporto scolastico e sulle mense.

“Anche in questo ambito autonomia e comunità locali conteranno moltissimo, ma occorre accompagnare le singole realtà perché nessun dirigente e nessun Ente Locale venga lasciato solo a gestire le difficoltà. Se le mascherine debbano o meno essere obbligatorie per gli studenti si potrà decidere, credo, più a ridosso del nuovo anno scolastico, anche alla luce dell’andamento dell’epidemia”. Lo scrive su fb la viceministra dell’Istruzione, Anna Ascani del Pd.

“Le competenze resteranno a disposizione, ma rimane la consapevolezza che a settembre non si può ricominciare con la Didattica a distanza. Perché la scuola è un’altra cosa. E si deve tornare a scuola, a garantire a tutti il diritto all’istruzione, pienamente. Quindi bisogna aprire in fretta una nuova fase”.

“In questi giorni si è parlato di plexiglass, visiere e altro. Un dibattito che rispetto, ma che credo rischi di confondere in un momento che è di per sé già molto complicato. Abbiamo pochissimo tempo per individuare con gli Enti Locali gli spazi aggiuntivi che serviranno per garantire il distanziamento e la sicurezza. In molti hanno commentato il documento del Comitato Tecnico Scientifico con toni apocalittici, tacendo quel che la normativa vigente già prevede quanto ai metri quadri per alunno da garantire nelle classi.

Rispettare il criterio del metro di distanza vuol dire garantire due metri quadrati ad alunno nelle classi, un parametro molto vicino a quanto indicato dal DM del 1975 in vigore. Difficile ma non impossibile nelle nostre strutture.

Ho incontrato più volte in questi giorni Regioni, Comuni e Province per quanto di mia competenza e ci siamo dati un metodo di lettura dei dati che sarà utile per gli incontri “bilaterali” informali che avremo dalla prossima settimana con le singole Regioni, gli USR e le rappresentanze regionali di ANCI e UPI, per approfondire le esigenze e gestire insieme le criticità.

L’autonomia scolastica avrà un ruolo importantissimo, così come i patti di comunità, ma serve un accompagnamento da parte delle Istituzioni centrali perché nessuno resti indietro. Ed è quello che stiamo facendo, utilizzando le risorse che abbiamo a disposizione sull’edilizia leggera”, conclude la viceministra.

La valutazione della DaD nella scuola superiore. Griglie di valutazione da scaricare

da Orizzontescuola

di Antonio Fundaro

L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo ha richiesto il rafforzamento della capacità di fronteggiare in maniera positiva eventi traumatizzanti, di riordinare positivamente la vita innanzi alle molteplici difficoltà, “di ricostruirci restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, in una parola: ad essere resilienti!” come ha affermato, con grande slancio emotivo e professionalità, la dirigente scolastica dell’Istituto Tecnico “Archimede” di Catania, Prof.ssa Fortunata Daniela Vetri.

Uno dei pochi e qualificati dirigenti che in Italia ha deciso di dare precise indicazioni sulla valutazione della didattica a distanza. E, in questi giorni di valutazioni e scrutini, le sue proposte sono quanto mai attuali e necessarie. Come precisa il dirigente Vetri nel documento approvato dal collegio dei docenti, l’obbligo del ricorso alla didattica a distanza (DaD) chiede alla Scuola di procedere comunque alla valutazione degli apprendimenti. Per garantire uniformità e trasparenza ai criteri valutativi adottati nelle nuove modalità d’insegnamento – apprendimento, era necessario, e lo è stato, deliberare chiari criteri di valutazione e predisporre una rubrica di valutazione degli apprendimenti e del comportamento relativi alla formazione a distanza, alle attività online, svolte in video conferenza o in chat o in altre piattaforme. Proporremo, in allegato, alcune griglie di valutazione della DaD, significatamente proposte, queste ultime, dal Liceo Statale “Antonio Meucci” di Aprilia. Scuola guidata magistralmente dalla Dirigente Scolastica Prof.ssa Laura De Angelis, questa, anch’essa più volte richiamata per la qualità delle sue proposte didattico-metodologiche.

La norma sulla valutazione e le implicazioni sulla DaD

Le norme rinviano alla perizia della scuola tutti gli adempimenti valutativi, individualmente e collegialmente, tempestivi e trasparenti. Anche l’ultima nota MIUR conferma che la responsabilità valutativa è del docente nel rispetto dei criteri deliberati dal Collegio Docenti. La valutazione delle competenze dev’essere espressa in decimi.

D.Lgs.n.297/94 – Titolo 1- Capo 1 – Sezione 1- Art.7. “Negli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore, le competenze relative alla valutazione periodica e finale degli alunni spettano al consiglio di classe con la sola presenza dei docenti”.

D.P.R.n.122/2009 Art. 1, comma 2 “La valutazione è espressione dell’autonomia professionale propria della funzione docente, nella sua dimensione sia individuale che collegiale, nonché dell’autonomia didattica delle istituzioni scolastiche. Ogni alunno ha diritto ad una valutazione trasparente e tempestiva, secondo quanto previsto dall’articolo 2, comma 4, terzo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, e successive modificazioni.

Art.1 comma 5. “Il collegio dei docenti definisce modalità e criteri per assicurare omogeneità, equità e trasparenza della valutazione, nel rispetto del principio della libertà di insegnamento. Detti criteri e modalità fanno parte integrante del piano dell’offerta formativa”.

Art. 1 comma 7. “Le istituzioni scolastiche assicurano alle famiglie una informazione tempestiva circa il processo di apprendimento e la valutazione degli alunni effettuata nei diversi momenti del percorso scolastico, avvalendosi, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di riservatezza, anche degli strumenti offerti dalle moderne tecnologie”.

Art. 4 comma 2.”La valutazione periodica e finale del comportamento degli alunni è espressa in decimi ai sensi dell’articolo 2 del decreto-legge. Il voto numerico è riportato anche in lettere nel documento di valutazione. La valutazione del comportamento concorre alla determinazione dei crediti scolastici e dei punteggi utili per beneficiare delle provvidenze in materia di diritto allo studio”.

D.Lgs.n.62/2017

Art. 4 comma 5. “Sono ammessi alla classe successiva gli alunni che in sede di scrutinio finale conseguono un voto di comportamento non inferiore a sei decimi e, ai sensi dell’articolo 193, comma 1, secondo periodo, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994, una votazione non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline valutate con l’attribuzione di un unico voto secondo l’ordinamento vigente. La valutazione finale degli apprendimenti e del comportamento dell’alunno è riferita a ciascun anno scolastico”.

Nota MIUR prot.n.388 del 17/03/2020

Ultimo paragrafo: La valutazione delle attività didattiche a distanza. “Le forme, le metodologie e gli strumenti per procedere alla valutazione in itinere degli apprendimenti, propedeutica alla valutazione finale, rientrano nella competenza di ciascun insegnante e hanno a riferimento i criteri approvati dal Collegio dei Docenti. La riflessione sul processo formativo compiuto nel corso dell’attuale periodo di sospensione dell’attività didattica in presenza sarà come di consueto condivisa dall’intero Consiglio di Classe.

Legge 24 aprile 2020, n. 27

La legge 27/2020 riguarda la “Conversione in legge, con modificazioni, del Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Proroga dei termini per l’adozione di decreti legislativi”.

L’articolo 87 comma 3 ter, in cui è scritto: “La valutazione degli apprendimenti, periodica e finale, oggetto dell’attività didattica svolta in presenza o svolta a distanza a seguito dell’emergenza da COVID-19 e fino alla data di cessazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020, e comunque per l’anno scolastico 2019/2020, produce gli stessi effetti delle attività previste per le istituzioni scolastiche del primo ciclo dal decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 62, e per le istituzioni scolastiche del secondo ciclo dall’articolo 4 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 giugno 2009, n. 122, e dal decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 62”.

Ordinanza ministeriale n°11 del 16 maggio 2020

Concerne la valutazione finale degli alunni per l’anno scolastico 2019/2020 e prime disposizioni per il recupero degli apprendimenti, sia consistita nell’attribuire alla didattica a distanza strumenti e criteri sia in riferimento alla ammissione che alla valutazione finale degli studenti.

Articolo 4 comma 1 dispone che “La valutazione degli alunni è condotta ai sensi dell’articolo 4, commi 1, 2, 3 e 4 del Regolamento

Articolo 1 comma 2 prevede che “il consiglio di classe procede alla valutazione degli alunni sulla base dell’attività didattica effettivamente svolta, in presenza e a distanza, utilizzando l’intera scala di valutazione in decimi”.

Articolo 4 comma 3 dispone che “gli alunni della scuola secondaria di secondo grado sono ammessi alla classe successiva in deroga alle disposizioni di cui all’articolo 4, commi 5 e 6, e all’articolo 14, comma 7 del Regolamento”. Il T.A.R. Puglia, Lecce, 17 settembre 2019, n. 1479 recentemente si è pronunciato, ritenendo che la ratio dell’art. 14 è quella di assicurare il profitto scolastico, e che «“la presenza scolastica va valutata quale mero presupposto per un proficuo apprendimento dell’alunno ma se egli, sebbene riporti numerose assenze, non evidenzi tuttavia problemi sul piano del profitto, tale presupposto non va interpretato con eccessiva severità, dal momento che una bocciatura motivata solo dal numero delle assenze potrebbe ingiustificatamente compromettere lo sviluppo personale ed educativo di colui che, dal punto di vista dell’apprendimento e dei risultati conseguiti rispetto agli insegnamenti impartiti, sarebbe stato altrimenti idoneo al passaggio alla classe successiva; ed infatti, far ripetere l’anno scolastico ad un alunno nonostante abbia riportato tutti voti sufficienti, costituisce misura che può gravemente nuocere al suo percorso formativo e di vita, in quanto lo costringe a ripetere insegnamenti già acquisiti ed a perdere l’opportunità di apprendere, nella classe superiore, nuove conoscenze, comportando, in ogni caso, un ritardo nel suo corso di studi”, richiamando altri precedenti giurisprudenziali ( cfr. Tar Ancona, Marche, sez. I, 21 marzo 2017, n.. 220)» (T.A.R. Puglia, Lecce, 25 maggio 2018, n. 899).

Articolo 4 comma 6 prevedendo la possibilità di “non ammissione alla classe successiva”, in assenza di elementi valutativi dell’alunno da parte del Consiglio di classe.

Presupposti teorici

La valutazione – per il dirigente Vetri – non è la somma algebrica dei voti assegnati alle prove di verifica. Con le prove di verifica si rileva il livello di conoscenza di un particolare argomento, o il livello prestazionale di una competenza. Con la valutazione, invece, si giudica un processo di apprendimento. Nella valutazione sommativa o finale si tiene conto della coerenza tra scelte progettuali, contenuti e metodi con gli obiettivi dell’azione formativa. Nella valutazione in itinere si monitora la dinamica dell’azione formativa, per avere informazioni puntuali in grado di permettere la ri-taratura e/o la flessibilizzazione della azione stessa. La valutazione, quindi, ha sempre un valore formativo.

Criteri di valutazione dell’appredimento nella DaD

Ma quali sono questi criteri di valutazione dell’appredimento nella DaD?

Il documento dell’Istituto Tecnico “Archimede” di Catania prevede:

a) Gli elementi da valutare continuano a fare riferimento in generale agli obiettivi programmati ad inizio d’anno ma, dalla data di sospensione delle attività in presenza, si terrà conto delle UDA programmate per la DaD e notificate agli studenti.

b) La mancata partecipazione alle attività di DaD non dovrà essere registrata, tuttavia, se non debitamente motivata, influirà in questa fase sulla valutazione “implicita”, cioè quella basata sulla validazione del processo di apprendimento in merito ad impegno, serietà nello studio, crescita culturale, partecipazione critica, restituzione della consegna entro i termini indicati dalla stessa, interazione docente-alunno.

c) Le verifiche non posso limitarsi a rappresentare un definitivo stato di fatto, poiché hanno lo scopo di accertare in un dato momento il possesso di particolari conoscenze o abilità in vista di un eventuale e auspicabile recupero o, nei casi positivi, di un ulteriore incremento.

d) Ai fini valutativi saranno privilegiate le verifiche orali rispetto a quelle scritte.

e) La straordinarietà del momento richiede di derogare dalla rubrica di valutazione del ns. istituto. Pertanto, le valutazioni (scritte, orali e pratiche) dovranno essere, propone il documento dell’Istituto Tecnico “Archimede” di Catania, almeno tre per le discipline che nell’orario settimanale curricolare prevedono più di due ore di lezione e almeno due per tutte le altre discipline. Il voto di una verifica orale potrà consistere anche nella valutazione degli interventi a distanza, avvenuti in modalità sincrona. Parte delle verifiche orali potrà essere svolta sotto forma di test o relazione scritta, secondo le necessità didattiche ravvisate dal docente, valorizzando per quanto possibile la creatività degli studenti.

f) Nel caso di elaborato scritto, la correzione può essere effettuata manualmente o in formato digitale in modo che qualunque segno tracciato dal docente sia chiaro e non modificabile: il file dell’elaborato, in formato pdf o jpeg (esportato oppure scansionato oppure fotografato) va conservato in apposita cartella, visibile in qualunque momento.

g) La verifica orale dev’essere effettuata alla presenza di altri studenti in video collegamento e una breve motivazione del giudizio assegnato dev’essere riportata sul R.E.

h) Dev’essere evitata la sovrapposizione di più verifiche scritte in una sola giornata e, ove possibile, l’eccessiva concentrazione di verifiche scritte in una settimana.

i) Le verifiche scritte si svolgeranno a opportuni intervalli affinché sia consentito agli studenti il superamento di eventuali carenze. A tal fine gli elaborati dovranno essere riconsegnati e corretti in tempo utile per poter rimediare a carenze evidenziate dalla verifica.

Rubrica di valutazione dell’apprendimento nella DAD

Relativamente al punto e) ed alla considerazione che il voto di una verifica orale potrà consistere anche nella valutazione degli interventi a distanza, avvenuti in modalità sincrona, si ritiene doveroso predisporre una rubrica di valutazione per le attività DaD. Sul piano operativo ci viene in soccorso l’approccio noto come rubrica di valutazione, una forma particolare di “griglia” di valutazione che si caratterizza per una descrizione analitica dei criteri di qualità del lavoro degli studenti (ovvero quali aspetti del lavoro degli studenti riteniamo importante prendere in considerazione) e per ciascuno di questi, i descrittori dei livelli (ovvero la specificazione della prestazione osservabile nei differenti livelli in cui si articola la valutazione). Rubrica di valutazione degli apprendimenti. La rubrica non è solo uno strumento ma è anche, e soprattutto, un approccio alla valutazione che la vede come opportunità di apprendimento, che consente di formulare un giudizio analitico sull’apprendimento dello studente e di fornire allo stesso un feedback altrettanto analitico che gli consenta di identificare le eventuali criticità del proprio elaborato e sulle quali lavorare per un miglioramento. Una rubrica non fornisce allo studente un feedback sintetico (un voto o un giudizio tipo buono, o da migliorare) ma indica in modo preciso quali siano gli aspetti da migliorare. È importante un giusto bilanciamento fra verifiche basate su aspetti quantitativi (numero e distribuzione dei messaggi nelle diverse aree) e qualitativi (contenuto dei messaggi). Si applica nelle attività gestite con classi virtuali, su piattaforme , in app, etc… Vengono considerate, precisa la dirigente scolastica dell’Istituto Tecnico “Archimede” di Catania, la Prof.ssa Fortunata Daniela Vetri quattro dimensioni di apprendimento, le elenchiamo tutte per come le prospetta, l’importantissimo documento.

Dimensione partecipativa

Si riferisce a tutti i messaggi/contributi che sono stati scritti dallo studente senza l’intento di stimolare apertamente una discussione, ma solo con l’apparente proposito di segnalare la propria presenza.

Indicatori:

• inserimento di contenuti tramite concetti semplici;

• riferimento a libri di testo;

• considerazioni su aspetti sociali;

• contenuto irrilevante / non pertinente.

Dimensione interattiva

Viene analizzato il modo in cui ogni singolo messaggio/contributo è legato ad altri e/o a sua volta ne genera altri. Anche in questa dimensione rientrano tutti quei messaggi che, pur collocandosi in un’ottica di relazione con l’altro, mettono in atto processi di “pensiero superficiale”. I messaggi/contributi caratterizzati da questo tipo di attività cognitiva non ristrutturano il materiale esistente e non portano ad alcun avanzamento “costruttivo” della discussione e della strutturazione del materiale esistente.

Indicatori

• espressione diretta di assenso/dissenso verso un altro messaggio/contributo;

• inserimento di nuove informazioni/elementi nuovi tramite concetti semplici;

• riferimento a libri di testo citando l’autore/ spingendo alla ricerca della fonte;

• domande/richieste di informazioni, chiarimenti semplici;

• risposte semplici e/o chiarimenti.

Dimensione cognitiva

Si analizzano le modalità attraverso cui si sviluppano le abilità cognitive durante il processo formativo. Riguarda gli scambi di informazioni: a differenza della categoria precedente, l’informazione è qui maggiormente strutturata attraverso l’uso della riflessione critica, in un modo che arricchisce l’interazione.

Indicatori

• esprime direttamente assenso/dissenso verso un altro messaggio giustificandone la posizione;

• messaggi che trattano l’argomento attraverso l’attività di elaborazione critica;

• ampliamento del tema trattato mediante l’inserimento di elementi “costruttivi” al dibattito;

• citazione di esperienze personali e/o esempi a supporto;

• uso di domande per stimolare riflessioni, con la finalità di ampliare la riflessione, dandone o no possibili risposte;

• risposte fornite attraverso la ristrutturazione del contenuto con elementi personali.

Dimensione metacognitiva

Si analizza la capacità di riflettere sul contenuto, si pianifica, si valuta sia ciò che è stato fatto (il prodotto di un compito) sia come è stato fatto (il processo attraverso cui si è giunti al prodotto).

Metacognitivo è l’intervento che ristruttura il modo di vedere e ragionare sulle cose, attraverso affermazioni relative alla conoscenza e all’autogestione del processo di apprendimento in atto.

Indicatori

• messaggi/contributi che trattano l’argomento attraverso una ristrutturazione profonda che va oltre il contenuto della disciplina per inquadrarlo in un contesto concettuale più ampio;

• valutazione critica del lavoro svolto da sé o da altri;

• formulazione di sintesi del proprio o di altrui lavoro;

• pianificazione e/o organizzazione del proprio lavoro o quello altrui;

• indicazione di nuovi sviluppi del newsgroup o del suo contenuto. Attraverso il passaggio da una dimensione alla successiva si può valutare il processo formativo relativo alle attività online in modalità sincrona, ciò che in formazione presenza si riferisce alla partecipazione e all’interesse.

Il documento predisposto con cura e scientificità dalla dirigente scolastica dell’Istituto Tecnico “Archimede” di Catania la Prof.ssa Fortunata Daniela Vetri e approvato dal collegio dei docenti dell’Istituto, a questo punto predispone la rubrica di valutazione degli apprendimenti associando al voto l’indicatore e, dunque, la descrizione.

Rubrica di valutazione degli apprendimenti nella dad

10 Permanenza dello studente nella dimensione metacognitiva

• messaggi/contributi che trattano l’argomento attraverso una ristrutturazione profonda che va oltre il contenuto della disciplina per inquadrarlo in un contesto concettuale più ampio;

• valutazione critica del lavoro svolto da sé o da altri;

• formulazione di sintesi del proprio o di altrui lavoro;

• pianificazione e/o organizzazione del proprio lavoro o quello altrui;

• indicazione di nuovi sviluppi del newsgroup o del suo contenuto.

9 Alternanza fra la dimensione cognitiva e la metacognitiva

8 Permanenza dello studente nella dimensione cognitiva

• esprime direttamente assenso/dissenso verso un altro messaggio giustificandone la posizione;

• messaggi che trattano l’argomento attraverso l’attività di elaborazione critica;

• ampliamento del tema trattato mediante l’inserimento di elementi “costruttivi” al dibattito;

• citazione di esperienze personali e/o esempi a supporto;

• uso di domande per stimolare riflessioni, con la finalità di ampliare la riflessione, dandone o no possibili risposte;

• risposte fornite attraverso la ristrutturazione del contenuto con elementi personali.

7 Alternanza fra la dimensione cognitiva e la interattiva

6 Permanenza dello studente nella dimensione interattiva

• espressione diretta di assenso/dissenso verso un altro messaggio/contributo;

• inserimento di nuove informazioni/elementi nuovi tramite concetti semplici;

• riferimento a libri di testo citando l’autore/ spingendo alla ricerca della fonte;

• domande/richieste di informazioni, chiarimenti semplici;

• risposte semplici e/o chiarimenti.

5 Alternanza fra la dimensione interattiva e la partecipativa

4 Permanenza dello studente nella dimensione partecipativa

• inserimento di contenuti tramite concetti semplici;

• riferimento a libri di testo; • considerazioni su aspetti sociali;

• contenuto irrilevante / non pertinente.

3 Alternanza fra la dimensione partecipativa e l’assenza di messaggi/contributi

2-1 Assenza immotivata di messaggi/contributi

Criteri di valutazione della partecipazione alle attività in DAD (comportamento)

In assenza di attività in presenza, il documento predisposto dall’istituto tecnico “Archimede” di Catania che noi stiamo riprendendo, prevede un’unica valutazione possibile per il comportamento dello studente assunto nella esecuzione delle attività di didattica a distanza , tenuto conto dei possibili disagi e delle difficoltà derivanti dal funzionamento delle connessioni internet e dal possesso di varie tipologie di device. Sappiamo che a volte in una famiglia vi è un solo PC per tutti i componenti. Pertanto, il significato di comportamento in DaD è omologabile alla modalità di partecipazione dello studente alle attività dei DaD. La DaD, infatti, prevede l’attiva partecipazione dello studente nel seguire le lezioni, nel presentare le consegne, nel rispettare i tempi di consegna, nello svolgere in autonomia i compiti assegnati. Si tratta di osservare il comportamento dello studente all’interno del nuovo ambiente di apprendimento digitale realizzato attraverso collegamenti diretti o indiretti, immediati o differiti, attraverso videoconferenze, videolezioni, chat di gruppo; attraverso la trasmissione ragionata di materiali didattici, attraverso il caricamento degli stessi su piattaforme digitali e l’impiego dei registri di classe in tutte le loro funzioni di comunicazione e di supporto alla didattica, con successiva rielaborazione e discussione operata direttamente o indirettamente con il docente, attraverso l’interazione su sistemi e app interattive educative digitali.

Pertanto, gli indicatori di valutazione, suggeriti dalla dirigente scolastica dell’Istituto Tecnico “Archimede” di Catania, la Prof.ssa Fortunata Daniela Vetri sono:

1. Solidarietà: mettere a disposizione materiali.

2. Partecipare portando il proprio contributo.

3. Svolgere le attività concordate.

4. Disponibilità al confronto: chiedere aiuto ed offrire aiuto. Resta inteso che il voto di comportamento va assegnato dal Consiglio di Classe.

La rubrica di valutazione della partecipazione alle attivita’ in dad (comportamento). 10 Partecipa attivamente alle attività di DaD e rispetta i tempi di consegna dei compiti assegnati.

L’ alunno, spontaneamente, è sempre e costantemente disponibile nel mettere a disposizione e condividere il materiale da lui reperito o elaborato. Interagisce in modo collaborativo, partecipativo e costruttivo nel gruppo. sempre e puntualmente, assolve in modo attivo e responsabile alle attività concordate. L’alunno è sempre disponibile al confronto, spontaneamente chiede aiuto e lo offre. Svolge autonomamente approfondimenti. Non ha mai fatto uso improprio dei mezzi digitali utilizzati per la DaD.

9 Partecipa attivamente alle attività di DaD e rispetta i tempi di consegna dei compiti assegnati

L’alunno è sempre e costantemente disponibile nel mettere a disposizione e condividere il materiale da lui reperito o elaborato. Interagisce in modo collaborativo, partecipativo e costruttivo nel gruppo. Assolve in modo attivo e responsabile alle attività concordate. L’alunno è sempre disponibile al confronto, spontaneamente chiede aiuto. Svolge anche autonomamente approfondimenti. Non ha mai fatto uso improprio dei mezzi digitali utilizzati per la DaD.

8 Partecipa alle attività di DaD

Consegna i compiti assegnati a volte senza ulteriore controllo. Con opportuni solleciti l’alunno mette a disposizione il materiale da lui reperito o elaborato. L’alunno, solo se stimolato interagisce in modo partecipativo e costruttivo nel gruppo. L’alunno, solo se sollecitato, assolve in modo quasi sempre regolare e abbastanza responsabile alle attività concordate. L’alunno è abbastanza disponibile al confronto, se sollecitato chiede e offre aiuto. Non ha mai fatto uso improprio dei mezzi digitali utilizzati per la DaD.

7 Segue con interesse altalenante gli argomenti trattati dai docenti e s’impegna come può

Partecipa alle attività di DaD, con particolare riferimento alle discipline di maggiore interesse. Non ha mai fatto uso improprio dei mezzi digitali utilizzati per la DaD.

6 Segue con interesse altalenante gli argomenti trattati dai docenti e s’impegna come può

Partecipa alle attività di DaD, ma non in modo costante. Mai o molto raramente l’alunno condivide il materiale da lui reperito o elaborato. L’alunno mai o molto raramente partecipa alle attività e manifesta le proprie idee. L’alunno, anche se sollecitato, non assolve o comunque, solo raramente, alle attività scolastiche. L’alunno, anche se sollecitato non è mai, o comunque lo è molto raramente, disponibile al confronto, a dare e ricevere aiuto.

5 Partecipa alle attività di DaD, ma non in modo corretto e costante

Raramente l’alunno condivide il materiale da lui reperito o elaborato. Raramente partecipa alle attività e manifesta le proprie idee. L’alunno, anche se sollecitato, non assolve o comunque, solo raramente, alle attività scolastiche. L’alunno, anche se sollecitato non è mai, o comunque lo è molto raramente, disponibile al confronto, a dare e ricevere aiuto. Solo una volta ha usato in odo improprio i mezzi digitali utilizzati per la Dad.

4 Non segue e non s’impegna, nel maggio numero di discipline, in assenza di motivate giustificazioni

Non condivide il materiale da lui reperito o elaborato. Partecipa passivamente alle attività e non manifesta le proprie idee. L’alunno, anche se sollecitato, non assolve o comunque, solo raramente, alle attività scolastiche. L’alunno, anche se sollecitato è poco disponibile al confronto, a dare e ricevere aiuto. A volte usa in modo improprio i mezzi digitali utilizzati per la DaD.

3 Segue solo una disciplina nella modalità DaD in assenza di motivate giustificazioni

Non condivide il materiale da lui reperito o elaborato. Non partecipa alle attività tranne che per una disciplina e non manifesta le proprie idee. Non assolve o comunque, solo raramente, assolve alle attività scolastiche. Non è disponibile al confronto, a dare e ricevere aiuto. Usa in modo improprio i mezzi digitali utilizzati per la DaD.

2-1 Non ha mai seguito e realizzato le attività in modalità DaD

Non ha mai seguito e realizzato le attività in modalità DaD in assenza di motivate giustificazioni, seppur contattato personalmente dal docente coordinatore.

Inutile ribadirlo, le buone pratiche fanno la differenza nella scuola italiane, il farle conoscere è e rimane un impegno importante, affinchè le tante esperienze come quelle della dirigente scolastica dell’Istituto Tecnico “Archimede” di Catania, la Prof.ssa Fortunata Daniela Vetri, possano, non tanto essere copiate, quanto piuttosto motivare i quanti vivono nell’alveo del “non è possibile”.

Griglie-valutazione-DaD

Tabella-credito-formativo DaD

GRIGLIA-COMPORTAMENTO-revisione-DaD

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