Scuola, Azzolina accoglie il piano delle Regioni: “Si torna a scuola il 14 settembre”

da la Repubblica

Ilaria Venturi

Riaprire le scuole a settembre, tornare tra i banchi il prima possibile. La ministra Lucia Azzolina fa propria la proposta delle Regioni di non posticipare a dopo l’Election Day – previsto il 20 e 21 settembre, almeno per ora – il rientro nelle aule. Dunque discuterà con i governatori la data di lunedì 14 settembre.

In un gioco di rimbalzi sulla ufficializzazione della proposta, oggi il ministero dell’Istruzione informa che proporrà alle Regioni la data per l’avvio del nuovo anno scolastico. Lo si legge in una nota del ministero. “Il Decreto Scuola, recentemente convertito in legge – si precisa – stabilisce che dal primo settembre le scuole potranno riaprire per le attività legate al recupero degli apprendimenti”.

L’inizio delle lezioni

Per quanto riguarda invece “l’inizio ufficiale delle lezioni, come già specificato nella giornata di ieri”, scrive il ministero, “la decisione dovrà essere presa insieme alle Regioni, a cui sarà proposta la data di lunedì 14 settembre, con l’obiettivo di tornare alla piena normalità scolastica il prima possibile”.

Spetta alle Regioni decidere il calendario scolastico e ogni anno l’avvio era scaglionato. Quest’anno per esempio, prima della pandemia, Bolzano aveva deciso di partire il 7 settembre, il Veneto l’11, la Lombardia il 14, la Toscana e l’Emilia il 15, il Friuli il 16. Poi è arrivata l’emergenza sanitaria e la sospensione delle lezioni. Il decreto Scuola ha dunque previsto, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, la possibilità di una data di inizio comune.

Il nodo delle elezioni

Le Regioni, con il governatore Stefano Bonaccini (Emilia Romagna), che è anche presidente della Conferenza, e Giovanni Toti (Liguria), avevano sollevato già la scorsa settimana il nodo delle elezioni chiedendo che si utilizzasse la prima domenica utile entro metà settembre “anche al fine di garantire il regolare avvio dell’anno scolastico”. Aveva incalzato Bonaccini: “Io e Giovanni Toti abbiamo già detto, a nome della conferenza delle Regioni, che si dovrebbe votare alle regionali, previste in 6 Regioni, entro la metà di settembre. Non alla fine del mese, come chiedono alcune forze politiche. Altrimenti le scuole, tra seggi e sanificazione, aprirebbero addirittura a ottobre. E per me sarebbe surreale”.

Battaglia persa, il governo procede spedito verso un Election Day (regionali, voto in oltre mille Comuni e per il referendum sul taglio dei parlamentari) il 20 e 21 settembre. Dunque il rischio era di aprire le scuole dopo, il 23 settembre. Immediata la sollevazione dei genitori con il comitato “Priorità alla scuola” che ha annunciato una nuova mobilitazione il 25 giugno nelle piazze italiane.

Ieri la proposta anticipata da Cristina Grieco, assessore della Toscana e coordinatrice della commissione Istruzione per la Conferenza delle regioni: se viene confermata la data del voto apriamo comunque prima le scuole, il 14, “sarà comunque il male minore, anche se le devi richiudere per i seggi dopo poco. Posticipare sarebbe un messaggio brutto”. Ieri il ministero aveva detto che nulla era stato ancora deciso, oggi la ministra annuncia che porterà questa data al confronto con le Regioni. Forse non tutte aderiranno, i governatori di Liguria e Campania vanno già all’attacco. Ma è un passo avanti rispetto all’esigenza di far ripartire la scuola dopo un quadrimestre in lockdown.

Le reazioni

Immediate le reazioni. “Apriamo presto e in sicurezza le scuole: è un segnale positivo e importante che la ministra  Lucia Azzolina e le Regioni si stiano orientando per riportare le nostre ragazze e i nostri ragazzi tra i banchi il 14 settembre” commenta Gianluca Vacca, capogruppo M5s in commissione Cultura della Camera.

Protesta il governatore ligure di centrodestra Giovanni Toti, che non rinuncia alla battaglia sulla data delle elezioni: “Io propongo di riaprire subito la scuola per mandarci il Governo: serve un corso intensivo di buonsenso. Per ora direi bocciati, senza aspettare settembre!”. E’ un post sulla sua pagina Facebook: “Il Governo proporrà alle Regioni di far cominciare le scuole il 14 settembre. Poi, siccome il Governo non parla con se stesso, proporrà di richiuderle tre giorni dopo per le elezioni il 20 Settembre. E poi di riaprirle dopo 2 giorni di seggi. Ma attenti, non è finita: nei Comuni dove si andrà al ballottaggio dopo neppure una settimana di lezioni le aule chiuderanno ancora per altri 4 o 5 giorni. Ma ci sono o ci fanno?” .

Non è da meno il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca che “esprime radicale dissenso rispetto a ipotesi di partecipazione ai cosiddetti Stati Generali per l’Economia. Si ritiene pregiudiziale lo scioglimento del nodo relativo al mondo della scuola e all’inizio del nuovo anno scolastico. E’ intollerabile e scandaloso che si vada in una direzione che porta a bruciare il mese di settembre, o all’ipotesi demenziale di aprire, chiudere, riaprire le scuole per una scelta sulla data del voto amministrativo che ignora totalmente i problemi del mondo scolastico e delle famiglie”.

Azzolina agli Stati generali

“Felice di aver partecipato a questa prima giornata degli Stati generali dell’economia. Ho parlato in chiusura dei lavori di oggi per ribadire un messaggio ormai chiaro spero a tutti: i soldi spesi per l’istruzione sono investimenti per la crescita di un Paese” scrive la ministra dell’Istruzione in un post su Facebook. “Ricordiamoci sempre – aggiunge – che la scuola è l’unico grande strumento che abbiamo per garantire opportunità a tutti i nostri giovani e permettere la mobilità sociale. Ascolteremo tutte le parti coinvolte nel sistema scolastico e lavoreremo in questa direzione”.

Il piano delle Regioni “Riapriamo le scuole il 14 settembre”

da la Repubblica

Ilaria Venturi

I genitori non ci vogliono credere: «Questo è accanimento». I presidenti delle Regioni avevano messo le mani avanti: si vada al voto entro metà settembre per evitare che la scuola parta troppo tardi, tra sanificazioni e seggi. E invece sulla prima campanella siamo in alto mare, anzi per l’avvio delle lezioni è un vero e proprio guaio nel momento in cui il governo procede spedito verso l’ election day il 20 e 21 settembre. E dunque le aule riaprirebbero non prima del 23. I governatori corrono ai ripari e, dopo aver inutilmente contestato la scelta, proporranno una partenza lunedì 14 settembre. Tutte le regioni insieme, come non è mai successo e come la stessa ministra Lucia Azzolina premeva.

Insieme ai nastri di partenza, «perché è un bel segnale dopo un periodo così travagliato» e prima del voto in sei regioni, in mille comuni e per il referendum sul taglio dei parlamentari. La proposta non è ancora formalizzata. L’anticipa Cristina Grieco, coordinatrice della commissione istruzione per la Conferenza delle regioni: «Posticipare l’avvio delle lezioni a dopo le votazioni sarebbe un messaggio molto brutto, significherebbe dire: la scuola viene dopo tutto il resto. Non è accettabile. Oltre al disagio che creerebbe alle famiglie». Dunque la strada che si fa avanti è quella di aprire gli istituti per poi chiuderli dopo una settimana, con un doppio giro di sanificazione necessaria per le aule. «Avevamo chiesto di votare prima, il 6 o il 13. La scelta del 20 è infelice, ma a questo punto allora facciamo partire le lezioni prima del voto e poi le sospenderemo laddove ci sono i seggi. È il male minore». L’orientamento delle Regioni, a cui spetta fissare la data del primo giorno di scuola — solitamente tra il 7 al 18 settembre — non è che un compromesso. La proposta dovrà essere discussa con il ministero all’Istruzione che ieri ha precisato: nessuna decisione definitiva è stata presa. Servirà anche un passaggio alla conferenza Stato-Regioni. Il pressing è forte. Cristina Grieco è preside, dice: «Ho sofferto molto veder ripartire tutto il Paese tranne la scuola». La data di inizio non è l’unica cosa che manca all’appello. Sono attese le linee guida della ministra per la riapertura. Lucia Azzolina interverrà oggi agli Stati generali a Villa Pamphili dove porterà un pacchetto di proposte rispetto al futuro dell’istruzione, non per settembre. Intanto la Conferenza delle Regioni ha espresso i propri parametri: no a pannelli di plexiglas e all’obbligo delle mascherine durante le lezioni, ma solo quando gli studenti si spostano. E almeno due metri quadrati a disposizione di ogni studente. «Come Regioni abbiamo escluso lo scaglionamento degli ingressi per classi, optando per il distanziamento man mano che gli studenti entrano, senza frazionare le classi» spiega Ilaria Cavo, assessore alla Formazione della Liguria. Il presidente della Conferenza e governatore dell’Emilia- Romagna Stefano Bonaccini con il collega (non di partito) Giovanni Toti si era opposto al rinvio delle lezioni a fine settembre già nei giorni scorsi. Battaglia persa. Unica certezza è che l’anno scolastico 2020-21 partirà il primo settembre e che le aule apriranno per gli studenti che sono stati promossi con insufficienze. Per il recupero, insomma, che l’ex sottosegretario alla scuola Gabriele Toccafondi, di Italia Viva, propone di allungare, «perché la data del 20 per il voto è la migliore, ma ritardare per la scuola è un dramma».

I genitori sono furenti. Il comitato “Priorità alla scuola” chiede, in extremis, che si voti tra ottobre e novembre. E il 25 giugno annuncia una nuova mobilitazione nelle piazze: «Si apra la scuola a settembre in sicurezza e in presenza». Manca la data, però.

Nel mondo 1,6 miliardi di alunni rimasti a casa «Ora 6 mosse per il rilancio»

da Corriere della sera

Valentina Santarpia

Per la prima volta nella storia, un miliardo e 600 milioni di bambini e ragazzi di 165 Paesi del mondo hanno interrotto la scuola. Più di 365 milioni di bambini sono stati improvvisamente esclusi dall’assistenza sanitaria e dai programmi alimentari che la scuola garantiva. Quelli che appartengono alle fasce sociali più deboli sono rimasti esposti a contesti familiari violenti e senza prospettive. Sono questi i dati da cui è partito il gruppo di lavoro nato con il Forum education di Camogli dell’1-2 febbraio 2020, composto da venti personalità del mondo della cultura, dell’economia e della società civile, tra cui il direttore del Forum Danco Singer: dal sindaco di Milano Beppe Sala a Stefania Giannini, direttrice Education di Unesco, dal vicedirettore del Corriere della Sera Federico Fubini a Barbara Cominelli di Microsoft.

L’obiettivo? Rimettere l’educazione al centro, «perché è l’unico strumento con cui, nel medio e lungo termine, si può realizzare il cambiamento culturale, economico e civile necessario per applicare efficacemente un nuovo modello di sviluppo (no one left behind, nessuno sia lasciato indietro), il solo capace di risollevarci dalla crisi della pandemia, e rispondere proattivamente alle emergenze future». Del resto, la situazione dei bambini e dei ragazzi in Italia è già drammatica: sono 2 milioni e 192 mila quelli che vivevano in condizioni di povertà relativa, quasi 1,3 milioni quelli in povertà assoluta, 273 mila i bambini e i ragazzi con disabilità e bisogni educativi speciali, 819 mila gli stranieri. Sono quelli che con la crisi da Covid-19 rischiano di rimanere indietro e non recuperare mai più.

Da dove cominciare? «La sfida deve partire dalle città», scrivono gli esperti, perché sono i centri più vicini ai bisogni educativi dei cittadini. Questa rivoluzione educativa passa per sei step. Il primo è il fallimento formativo: se non ci si rende conto «del tempo di istruzione perso», non si può iniziare il miglioramento. Secondo punto è il raggiungimento degli emarginati: è fondamentale riportare nei binari educativi chi è deragliato, dai migranti alle minoranze. Bisogna poi guardare ai fondi europei: come sono stati utilizzati e come si potranno sfruttare le prossime risorse? Quarto elemento è il reclutamento dei docenti, da sempre uno degli snodi chiave. Poi bisogna puntare sulla cooperazione, sulle sinergie tra protagonisti. Infine, l’edilizia scolastica: la scuola non è solo istituzione, ma anche luogo fisico, che va messo in sicurezza, adattato e trasformato.

Ma non ci sono solo punti critici. Gli esempi virtuosi da imitare sono «le comunità educanti, le pratiche locali e le iniziative individuali che stanno dimostrando una proficua cooperazione tra pubblico, sociale e privato, con eccellenti risultati», si legge nell’appello. Ed è da lì, dai «presidi repubblicani», che bisogna partire per creare quelle scuole di quartiere che possano diventare centri civici. Il primo passo? Un incontro nazionale a Milano: per mettere in campo le esperienze proficue e le emergenze.

Riapertura scuole a settembre 2020: le ipotesi sulla data del primo giorno

da Corriere della sera

Gianna Fregonara

Non si sa come sarà la scuola a settembre, ma almeno quando cominceranno le lezioni? Neppure su questo dettaglio della ripresa per ora c’è certezza. La determinazione del calendario scolastico spetta alle regioni, che di solito preparano piani triennali con tutte le date di apertura, chiusura, vacanze e ponti vari. Ma quest’anno la ministra Lucia Azzolina aveva proposto di riprendere le attività già dal primo settembre con lezioni di recupero di quanto inevitabilmente perso durante i mesi della didattica a distanza.

La prima ipotesi

Idea che all’inizio sembrava tranquillizzare famiglie e insegnanti ma che ha trovato subito il no delle regioni, che vorrebbero mantenere le date già previste. Con décalage di uno o due giorni tra regione e regione di solito la scuola inizia tra il 10 e il 15 di settembre. Tra le ragioni addotte dagli assessori regionali, nell’incontro con la ministra, c’era anche quella di non deprimere ulteriormente il turismo riducendo la stagione: se i nove milioni di studenti e le loro famiglie avessero dovuto tornare entro il 31 agosto si sarebbero persi quindici giorni di vacanze, per giunta a fine stagione quando magari le condizioni di sicurezza avrebbero permesso di muoversi un po’ di più. Tant’è, la decisione è stata rinviata. E al ministero si pensa che le prime due o addirittura tre settimane di settembre potrebbero essere dedicate dalle singole scuole alle attività per gli studenti che sono stati promossi con il debito o con carenze in alcune materie, ma le lezioni vere e proprie dovrebbero poter cominciare intorno al 15 o addirittura la settimana dopo.

Il rischio di un nuovo rinvio

Già perché ora c’è anche il nodo delle elezioni amministrative (e forse del referendum). Se sarà confermata l’ipotesi di tenerle il 20 settembre, è possibile, anzi altamente probabile, che le scuole riaprano per gli studenti non prima del 23. A sollevare il caso, anche per motivi politici, sono stati i governatori del Veneto Luca Zaia e della Liguria Giovanni Toti nei giorni scorsi. Ma nella sostanza hanno posto un problema vero per le scuole: con le regole di distanziamento e pulizia previste come prevenzione a causa del virus, è possibile che le scuole debbano chiudere non il venerdì pomeriggio come succede ora e riaprire il martedì successivo, ma che addirittura le lezioni debbano cessare il mercoledì o giovedì prima del voto per riprendere non prima di mercoledì. Col paradosso di riaprire le scuole dopo sei mesi il 15 settembre per richiuderle tre giorni dopo.

No mascherine in classe e no a plexiglass, la richiesta delle Regioni al Ministero

da Orizzontescuola

di Anselmo Penna

La posizione elle Regioni è di evitare l’uso delle mascherine e del plexiglas in classe, quanto contenuto nel documento della conferenza delle Regioni inviato ieri al Ministero dell’istruzione.

No ingressi scaglionati

Le Regioni escludono la possibilità di ingresso e uscita, scaglionando per classi. Una soluzione che rischierebbe di mettere nel caos le città e trasporti, oltre che l’organizzazione familiare, oltre ad una necessità di più posti per gli ATA che non pare essere accoglibile dal Governo. La proposta alternativa presentata dalle Regioni è un ingresso con distanziamento di un metro tra i ragazzi.

2 metri quadrati a studente

Il distanziamento degli alunni all’interno delle classi, chiedono le Regioni, dovrà essere garantito per 2 mq ad individuo, incluso il banco. Per quanto riguarda la cattedra, dovrà essere garantito il distanziamento di due metri dalla prima fila.

Mense e pasti

Le Regioni hanno chiesto che venga garantito il consumo a scuola, garantendo le misure di sicurezza.

No mascherine in classe e no plexiglass

Mascherine neppure per gli studenti dai 6 anni in su, come invece richiesto dal comitato tecnico scientifico. Stessa posizione anche per eventuali schermi in plexiglass tra i banchi.

La proposta delle Regioni è di prevedere le mascherine solo per gli spazi comuni, quando gli studenti sono in movimento, per gli ingressi e per le uscite.

Azzolina: soldi spesi per l’istruzione sono investimento per la crescita del Paese

da Orizzontescuola

di redazione

“Felice di aver partecipato a questa  prima giornata degli Stati generali dell’economia. Ho parlato in  chiusura dei lavori di oggi per ribadire un messaggio ormai chiaro  spero a tutti: i soldi spesi per l’istruzione sono investimenti per la crescita di un Paese”. Questo il messaggio della Ministra Azzolina dopo la prima giornata degli Stati Generali, a cui hanno partecipato tutti i ministri.

“Ricordiamoci sempre che la scuola è l’unico grande strumento che
abbiamo per garantire opportunità a tutti i nostri giovani e permettere la mobilità sociale- ha aggiunto la Ministra -Ascolteremo tutte le parti coinvolte nel sistema scolastico e lavoreremo in questa direzione”.

Per quanto riguarda l’inizio delle lezioni la Ministra ha precisato quanto già contenuto nella nota diramata nel pomeriggio.

“Per quanto riguarda la riapertura delle scuole l’obiettivo è tornare alla piena normalità scolastica il prima possibile. Per questo abbiamo deciso di proporre alle Regioni la data del 14 di settembre per l’inizio ufficiale del nuovo anno scolastico. Per il recupero degli apprendimenti invece si potrà tornare a scuola già dal primo di settembre”

Esame di maturità, cosa si fa nella riunione preliminare

da Orizzontescuola

di redazione

L’USR Lazio ha pubblicato alcuni chiarimenti relativamente agli esami di Stato per il 2020 che si svolgeranno nei prossimi giorni. Tra le indicazioni, quelle  relative alle incombenze da svolgere durante la riunione preliminare.

Nella seduta preliminare la sottocommissione prende in esame gli atti e i documenti relativi ai candidati interni

In particolare esamina

  • l’elenco dei candidati e la documentazione relativa al percorso scolastico degli stessi al fine dello svolgimento del colloquio
  • la copia dei verbali delle operazioni relative all’attribuzione e alla motivazione del credito scolastico
  • il documento del Consiglio di Classe
  • il documento del Consiglio di Classe nella parte relativa ai candidati con disabilità in particolare individuando gli studenti con disabilità che sostengono l’esame con le prove differenziate ai sensi dell’articolo 20 comma 5 del Decreto legislativo n 62 2017
  • l’eventuale documentazione relativa ai candidati con disturbi specifici di apprendimento ( individuando gli studenti che sostengono l’esame con le prove differenziate ai sensi dell’arti colo 20 comma 13 del Decreto legislativo n 62 2017
  • ogni altro documento messo a disposizione dalla scuola e attinente alla sessione di esami di Stato per il corrente anno scolastico

In sede di riunione preliminare, la sottocommissione definisce, altresì

  • le modalità di conduzione del colloquio (vedi sotto Colloquio d’esame)
  • i criteri per l’eventuale attribuzione del punteggio integrativo fino a un
    massimo di cinque punti, per i candidati che abbiano conseguito un credito
    scolastico di almeno 50 60 punti e un risultato nella prova di esame pari
    almeno a 30 40 punti, e in deroga a tali criteri, per il raggiungimento di
    particolari risultati formativi
  • i criteri per l’attribuzione della lode

Tutte le deliberazioni devono essere debitamente motivate e verbalizzate

Riapertura scuole, Regioni chiedono il 14 di settembre. Trovare sedi alternative per elezioni

da Orizzontescuola

di redazione

E’ bagarre sul giorno di riapertura delle scuole e l’avvio delle attività didattiche in presenza dopo questi lunghi mesi di stop. I problemi sorgono a seguito della questione elezioni amministrative che si svolgeranno in diverse parti d’Italia.

“Posticipare l’avvio delle lezioni a dopo le votazioni sarebbe un messaggio molto brutto, significherebbe dire: la scuola viene dopo tutto il resto. Non è accettabile. Oltre al disagio che creerebbe alle famiglie”, riporta il sito “LaRepubblica” assegnando le affermazioni a Cristina Grieco, coordinatrice della commissione istruzione per la Conferenza delle regioni

La data, non ancora formalizzata dalle Regioni che sarà chiesta al Ministero, pare sia il 14 di settembre, con il nodo da sciogliere dell’election day che dovrebbe svolgersi tra il 20 e e il 21 settembre. Di conseguenza, laddove si svolgeranno, le scuole potrebbero richiudere dopo una settimana.

“Avevamo chiesto di votare prima, il 6 o il 13. La scelta del 20 è infelice, ma a questo punto allora facciamo partire le lezioni prima del voto e poi le sospenderemo laddove ci sono i seggi. È il male minore”, ha detto la Grieco.

A ‘SkyTg24’ Cristina Grieco ha così affermato “Se sarà confermata la data del 20 settembre per l’election day  sarebbe migliore trovare alternative sulle sedi dei seggi per non dover chiudere alcune scuole”. Le Regioni, spiega l’esponente della Conferenza, “sono contrarie allo slittamento dell’inizio delle lezioni a fine settembre”. Riguardo però all’ipotesi dell’1 settembre secondo le Regioni “prima della prima metà di settembre l’inizio delle attività didattiche sono impossibili da organizzare”.

La didattica a distanza non è la didattica digitale

da Orizzontescuola

di Gianfranco Scialpi

La didattica a distanza è spesso identificata con quella digitale. Non è così! Occorre distinguere i contesti e soprattutto le metodologie e ripensare all’idea di presenza fisica che non potrà mai essere fisica nel virtuale. La convivenza con la didattica in presenza.

La didattica a distanza la migliore risposta della scuola, ma…

La didattica a distanza (Dad) è stata una soluzione d’emergenza che ha permesso alla scuola di essere presente, adeguandosi a un contesto pandemico che impediva la prossimità fisica.

Sono note le criticità della Dad dovute in parte alla diversa disponibilità dei dispositivi in famiglia e alla capacità della Rete di sostenere l’aumento del traffico (smartworking, prodotti in streaming. didattica a distanza…).
Il primo aspetto è confermato da un documento Istat (aprile 2020) “Spazi in casa e disponibilità di computer per bambini e ragazzi. In sintesi emerge una fotografia desolante (il documento fa riferimento a un’indagine 2018-19): tre famiglie su dieci non hanno un pc o un tablet a casa; i nuclei familiari più sofferenti sono quelli del Sud. Da qui il 10% dei ragazzi non ha dispositivi in famiglia e solo il 6,1% ha un  dispositivo personale.

Le criticità della Rete, invece sono dovute all’accentuato processo di virtualizzazione che hanno subìto le nostre esistenze durante la chiusura (lockdown). Sono aumentate, infatti esponenzialmente molte attività (smartworking, attività dello streaming, didattica a distanza, operazioni bancarie…) fino a toccare anche alcuni aspetti molto concreti come gli ordini online per la spesa alimentare. In altri termini, soprattutto nei mesi di marzo e aprile abbiamo vissuto maggiormente nel virtuale, costretti anche dal divieto di uscire di casa. E tutto questo ha creato non pochi problemi di connessione, dovuti anche ai diversi contratti familiari stipulati con gli ISP.

 Le caratteristiche della Dad ai tempi del Convid-19

In molti casi la Dad ha registrato il trasferimento delle modalità in presenza (lezioni, interrogazioni) nel virtuale, complici alcune piattaforme (GSuite, Microsoft 365…) in grado di sostenere un alto numero di utenti collegati contemporaneamente, attraverso i loro servizi (Meet, Skype). Il camuffamento della modalità tradizionale online si evince dal monitoraggio dell’Osservatorio “Scuola a distanza” elaborato da Skuola.net su un campione  20mila alunni di classi medie e superiori. “Ormai i tre quarti (75%) dei ragazzi più grandi (quasi 7 su 10 alle medie) possono guardare in diretta gli insegnanti mentre spiegano e far loro domande, come se fossero in classe. Solamente in 1 caso su 6 ci si limita a far svolgere esercizi in tempo reale…Nella quotidianità degli studenti bloccati in casa dal lockdown sono entrate in pianta stabile persino verifiche scritte e interrogazioni. Il capitolo su cui si è osservata l’accelerazione maggiore nelle ultime settimane. Se, infatti, a fine marzo solo 1 studente su 2 era stato giudicato ‘a distanza’ ora, in media, si oltrepassa la soglia dei 3 su 4; con picchi dell’80% nel triennio conclusivo delle superiori.”

Questa Dad non è quella digitale

Chi è formato digitalmente sa benissimo che la Dad è lontana anni-luce dalla didattica virtuale. Innanzitutto una premessa importante. Qualunque tipo di didattica (in presenza, digitale o a distanza) non garantisce nessuna efficacia. Tutto dipende dall’insegnante! Quindi dal suo modo di rapportarsi con il contenuto, dalla scelta delle strategie. In sintesi l’efficacia dipende dalla sua percezione professionale (trasmettitore di contenuti chiusi o facilitatore di processi).

Indubbiamente lo schermo non può replicare la presenza fisica che, soprattutto nella scuola primaria, diviene anche un acceleratore del processo di apprendimento. Nel virtuale si sperimenta un’altra tipologia di presenza senza il corpo. È un esser-ci (M. Heidegger), un qui ed ora che diventa partecipazione cognitiva, relazionale su contenuti aperti a ulteriori sviluppi, ricerche da effettuare nel Web, valorizzando e sfruttando i link che aprono a sottomondi semantici e culturali e quindi a ulteriori destrutturazioni e ricostruzioni del prodotto grezzo proposto dall’insegnante. Nella didattica digitale il modellamento dei contenuti è più semplice, grazie anche alla disponibilità di software (ad esempio mappe, reti concettuali) che maggiormente si prestano alla rivisitazione collettiva del lavoro. E qui occorre fare i conti con le inadeguate competenze digitali dei nativi, come documentate dalla citata indagine Istat e confermate nella Dad.

Se la didattica digitale è pensata e rivolta a piccoli gruppi, evitando trasferimenti in blocco dell’intero gruppo classe (classe pollaio online) è possibile attuare anche soluzioni personalizzate e quindi inclusive. Ovviamente non significa che la didattica digitale debba colonizzare la scuola, ma convivere con quella in presenza, come ho scritto in un precedente articolo .

Piano del Governo per rilanciare la scuola coi miliardi dell’Ue, ma intanto affrontiamo il Covid con gli organici fermi

da La Tecnica della Scuola

Agli Stati generali dell’economia, la serie di incontri a raffica voluti nel week end dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte, emerge l’intenzione del Governo di rilanciare la scuola, il settore per il quale l’Italia spende molto meno degli altri Paesi moderni, con la spesa complessiva per l’istruzione pari al 3,6% del Pil contro una media del 5%: l’impegno arriva dal ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, al termine del primo dei due giorni di lavori in corso a Roma.

“Vogliamo diventare tra i paesi che investono di più in scuola, ricerca, formazione e innovazione”, ha detto il titolare del Mef, annunciando un piano il cui “perno saranno gli investimenti” per “portarli a un livello al di sopra della grande crisi”.

Il ministro Gualtieri: occhio alla scuola

“Dobbiamo avere dei piani precisi per usare i fondi, come la banda larga in tutte le case, mettere le scuole in sicurezza energetica, digitalizzare sistema di pagamenti. Si tratta dunque di fare delle scelte di fondo”, ha poi detto Gualtieri in serata ad ‘Aspettando le parole’ su Rai 3 sottolineando che “l’Europa s’è desta e sta provando a costruire una risposta comune, ha deciso di emettere eurobond per finanziare spese comuni per un rilancio. Abbiamo un’opportunità storica” e “con risorse inedite”.

Risorse, come gli oltre 170 miliardi derivanti dal Recovery Fund, derivanti dai 750 miliardi di euro da distribuire ai paesi membri, una cui parte potrebbe andare finanziare quegli interventi pubblico tra cui garantire livelli di uguaglianza sociale e di sviluppo sostenibile finalmente adeguati ad uno Stato di alto livello.

C’è bisogno di risorse umane

Una scuola da rilanciare, però, non ha bisogno solo di infrastruttura e di banda larga. Servono anche risorse umane. Perché la qualità della formazione passa prima di tutto per l’insegnamento in classi non numerose: le stesse che, guarda caso, si dovranno obbligatoriamente formare a ranghi ridotti a settembre, in occasione del rientro sui banchi di scuola di oltre otto milioni di alunni.

A sentire il ministero, però, al momento non c’è alcuna intenzione di incrementare il numero dei docenti: con oltre 70 mila iscritti in meno, da Viale Trastevere hanno detto che si manterrà la quantità di attuali docenti.

Per la Lega servivano altri prof

La conferma non è piaciuta all’opposizione. Secondo Mario Pittoni, presidente della commissione Cultura a Palazzo Madama e responsabile Istruzione della Lega, “il ministero dell’Istruzione prova a confondere le idee, annunciando in pompa magna che non sarà ridotto l’organico di diritto dei docenti”.

“Ci mancherebbe – continua Pittoni – solo questo in epoca di pandemia con la necessità di distanziamento sociale anche a scuola, visto che in seguito al niet alla stabilizzazione dei precari della coppia Conte-Azzolina, a settembre le difficoltà sono destinate ad aumentare in modo esponenziale, poiché in cattedra verranno a mancare altri 27.000 docenti titolari per i pensionamenti. Altro che ‘qualità’!”.

I risparmi del Governo sui precari

Anche l’Anief è delusa per l’organico confermato. “Se a settembre si vuole introdurre il distanziamento, per via del perdurante pericolo Covid, sarà giocoforza comporre classi con al massimo 15 iscritti e assumere non meno di 160 mila docenti e 40 mila Ata in più. Non averli considerati, prevedendo anche la loro assunzione in ruolo da graduatorie d’istituto, è un errore strategico nell’anno del record di supplenze annuali”.

Il sindacato rivendica “un organico totalmente di diritto. Fino a quando continueranno ad esistere cattedre vacanti e disponibili, considerate dall’amministrazione però di fatto proprio per non stabilizzare i precari e per risparmiare anche sugli stipendi di luglio e agosto, oltre che sulle ricostruzioni di carriera e sugli adeguamenti stipendiali, sarà letteralmente impossibile sconfiggere il precariato”.

Conte convoca i sindacati

Proprio per vincere lo scetticismo, sempre il premier Conte sta cercando di coinvolgere l’opposizione politica, la quale però ha disertato l’appuntamento.

Lunedì 15 il premier ha deciso ascoltare le organizzazioni sindacali, sia quelle maggiormente rappresentative, sia quelle di base come Cobas e Unicobas che, proprio nella giornata di sabato 13, hanno inscenato i “Controstati generali” proprio nei pressi di Villa Pamphili a Roma dove sono in programma gli incontri istituzionali.

Riapertura scuole, Azzolina annuncia: “Proporremo la data di lunedì 14 settembre”

da La Tecnica della Scuola

Quando si tornerà in classe? Dopo le parole della coordinatrice dell’area Istruzione delle Regioni a Sky TG24, arrivano le parole ufficiali del Ministero dell’Istruzione che dà il via libera alla possibilità di un ritorno in classe fissato per tutti per lunedì 14 settembre.

Ecco la nota ufficiale del Ministero dell’Istruzione“Con riferimento al dibattito in corso sulla data di riapertura delle scuole e di ripresa effettiva delle lezioni, il Ministero dell’Istruzione precisa quanto segue.

Il Decreto Scuola, recentemente convertito in legge, stabilisce che dal primo settembre le scuole potranno riaprire per le attività legate al recupero degli apprendimenti.

Per quanto riguarda invece l’inizio ufficiale delle lezioni, come già specificato nella giornata di ieri, la decisione dovrà essere presa insieme alle Regioni, a cui sarà proposta la data di lunedì 14 settembre, con l’obiettivo di tornare alla piena normalità scolastica il prima possibile”.

Poco dopo su Facebook, la ministra scrive: “Felice di aver partecipato a questa prima giornata degli Stati generali dell’economia. Ho parlato in chiusura dei lavori di oggi per ribadire un messaggio ormai chiaro spero a tutti: i soldi spesi per l’istruzione sono investimenti per la crescita di un Paese. Ricordiamoci sempre che la scuola è l’unico grande strumento che abbiamo per garantire opportunità a tutti i nostri giovani e permettere la mobilità sociale. Ascolteremo tutte le parti coinvolte nel sistema scolastico e lavoreremo in questa direzione. Per quanto riguarda la riapertura delle scuole l’obiettivo è tornare alla piena normalità scolastica il prima possibile. Per questo abbiamo deciso di proporre alle Regioni la data del 14 di settembre per l’inizio ufficiale del nuovo anno scolastico. Per il recupero degli apprendimenti invece si potrà tornare a scuola già dal primo di settembre”.

Poco dopo arrivano le dichiarazioni della senatrice del Movimento Cinque Stelle, Bianca Laura Granato: “Quando si tornerà in classe? Dopo le parole della coordinatrice dell’area Istruzione delle Regioni a Sky TG24, arrivano le parole ufficiali del Ministero dell’Istruzione che dà il via libera alla possibilità di un ritorno in classe fissato per tutti per lunedì 14 settembre.

Edilizia scolastica, pronti 330 milioni in vista della ripartenza per settembre

da La Tecnica della Scuola

Pronti 330 milioni per l’edilizia scolastica ‘leggera’ in vista della ripresa di settembre. Si tratta di fondi PON che il Ministero dell’Istruzione metterà a disposizione la prossima settimana attraverso un avviso pubblico che sarà disponibile sul sito istituzionale. In questi giorni, insieme agli Enti Locali, si stanno definendo i criteri per la distribuzione delle risorse. Nel frattempo il Ministero ha deciso di accelerare le procedure amministrative che servono per accedere ai finanziamenti. Già da oggi, infatti, gli Enti Locali potranno accreditarsi sulla piattaforma amministrativa attraverso la quale otterranno tutte le credenziali che serviranno per poter partecipare al bando che si aprirà la prossima settimana. Normalmente l’accreditamento avviene dopo l’uscita dell’avviso con le risorse disponibili. Con questa accelerazione sarà possibile, anticipando una parte delle operazioni, garantire l’assegnazione dei fondi entro la fine del mese di giugno.

“Come Ministero stiamo puntando sempre di più sulla digitalizzazione dei processi e sulla loro velocizzazione e semplificazione – sottolinea la Ministra Lucia Azzolina -. Troppo spesso, in passato, sono state messe a disposizione le risorse, ma poi la burocrazia, con i suoi tempi, e a causa di procedure complesse, ha frenato la spesa e i cantieri. Con il Decreto scuola abbiamo dato anche poteri commissariali a sindaci e presidenti di Provincia per poter operare rapidamente in vista della ripresa di settembre e velocizzare i cantieri. C’è una grande collaborazione istituzionale in questo momento, tutti abbiamo a cuore i nostri ragazzi e lavoriamo per il loro ritorno in classe. Questa emergenza ci ha messo duramente alla prova, ma ci sta anche spingendo a mettere in campo soluzioni che impongono una velocizzazione di processi che spesso in passato hanno rallentato il cambiamento e l’innovazione. È un aspetto che non dobbiamo sottovalutare, provando invece a trasformare la reazione e l’uscita da questa emergenza in opportunità”.

Riapertura scuole, le Regioni: “La scuola deve partire in presenza e in sicurezza”

da La Tecnica della Scuola

“La scuola deve partire in presenza e in sicurezza, le linee guida sono urgentissime, noi proponiamo di iniziare il 14 settembre”. Così l’assessora regionale della Toscana, Cristina Grieco, coordinatrice della commissione Scuola della conferenza delle Regioni, a SkyTg24.

La assessora spiega che “le regioni hanno chiesto di votare nei primi quindici giorni per evitare uno slittamento dell’inizio dell’anno scolastico”. Le regioni per quest’anno hanno fatto “un gesto di responsabilità: vogliamo iniziare tutti lo stesso giorno, noi proponiamo il 14 settembre”.

Se, osserva, “sarà confermata la data del 20 settembre per l’election day la cosa migliore sarebbe trovare alternative sulle sedi dei seggi, per non dover chiudere tutte le scuole, in caso contrario siamo assolutamente contrari a uno slittamento delle lezioni a fine settembre”.

Rispetto alla possibilità di anticipare invece le lezioni a inizio settembre Grieco sottolinea che “le prime due settimane saranno necessarie per organizzare l’avvio”.

Il Liceo classico? Rigoroso, formativo e soprattutto utile!

da La Tecnica della Scuola

Riconoscere, scomporre, astrarre e risolvere sono i passaggi obbligati per qualunque traduttore di latino o di greco. Tradurre non è semplicemente fare i compiti, significa affrontare problemi.

Dunque bisogna fare del liceo classico e tradurre dal latino e dal greco la miglior palestra dove allenare il pensiero astratto.

“Frequentare i classici insegna ad affrontare la fatica quotidiana dello studio, che è fatica anche fisico-posturale”, scriveva Gramsci.

Il liceo classico, oggi, però, pur essendo una scuola formativa e rigorosa, viene visto con disappunto perché non alla moda, moderno o europeo, in linea con le competenze richieste dal mondo del lavoro.

La traduzione dal greco e dal latino rappresenta “l’attività più vicina alla ricerca scientifica, cioè alla comprensione di ciò che è sconosciuto”, come afferma Luca Cavalli Sforza.

Per affrontarla occorre infatti attuare una serie di operazioni mentali che sono tipiche di ogni metodologia razionale; senza contare che i linguaggi di un gran numero di saperi – non solo umanistici e filosofici, ma sociali, tecnici, artistici e scientifici – sono ampiamente costruiti su termini di origine greca e latina.

I ragazzi in uscita dagli studi liceali classici conseguono i risultati migliori in ambito universitario.