Il diploma come progetto di vita

Il diploma come progetto di vita

di Rita Manzara

Dopo una lunga esperienza come Dirigente Scolastico del primo ciclo, al termine di questo complicatissimo anno scolastico sto affrontando per la prima volta il ruolo di Presidente di Commissione degli Esami di Stato in un Liceo.

Lasciando da parte le scontate considerazioni in ordine alla particolarità della situazione, mi piace sottolineare che (almenonella realtà scolastica in cui mi trovo ad operare) ho rilevato quanto la strutturazione della prova orale (l’unica per quest’anno) riesca a mettere in luce la qualità della preparazione curata dai docenti anche durante il periodo di didattica a distanza.

In altre parole, quest’ultima modalità di lavoro – che, come ebbi già modo di dire, non dovrebbe comunque diventare l’unica o la predominante, almeno per le fasce d’età inferiori – ha prodottotuttavia anche effetti soddisfacenti nella scuola secondaria di secondo grado.

Il lato positivo, da quanto ho potuto constatare, consiste nel fatto che essi sono stati ulteriormente motivati a concepire questa esperienza non come sfoggio di nozioni ma come dimostrazione di competenze spendibili in un progetto di vita.

I ragazzi, pur mantenendo un costante e fattivo rapporto (anche sul piano emotivo ed affettivo) con i loro docenti che hanno continuato ad affiancarli nel lavoro didattico, hanno evidentemente avvertito la responsabilità di dimostrare in prima persona “ciò che sono” e non solo “ciò che sanno”.

Il lavoro che sta a monte di tutto ciò si basa su alcuni elementi irrinunciabili nella guida che hanno ricevuto dagli insegnanti, basata in primo luogo su una collegialità che ha consentito a ciascun docente di uscire da una concezione di insegnamentoscandito da tappe (di apprendimento e di valutazione) indipendenti da quelle poste in atto per le altre discipline. 

In altre parole, anziché porre alla base del proprio lavoro la specificità della materia, ha prevalso l’impegno a considerare la “persona studente” e  le sue potenzialità per predisporre un percorso condiviso in cui l’apporto di ciascuno è stato bilanciato non sull’ “importanza” della materia stessa ma sulle competenze del discente.

Il docente, in tal modo, ha acquisito il ruolo di “formatore” superando la dimensione di “esperto in …” cioè di portatore di specifiche competenze sul piano epistemologico che non sempre, tuttavia, sono trasmissibili efficacemente per renderle fruibili sul piano della realtà.

I risultati di un lavoro di questo tipo sono evidenti nei prodotti degli alunni che non sono (né vengono presentati) come pacchetti preconfezionati di conoscenze nell’ambito dei quali anche i collegamenti interdisciplinari sono memorizzati (in quanto, spesso, forzati). 

I ragazzi hanno acquisito consapevolezza della necessità di applicare regole matematiche o concetti storico/filosofici per poter elaborare i loro progetti. Gli stessi progetti che, probabilmente, rappresentano dei prototipi del loro futuro impegno di vita.

Mi sembra sia un buon punto di arrivo di un travagliato percorso e mi auguro che possa essere ovunque così.

“Universitaly” si rinnova

Il portale per il reclutamento degli studenti internazionali del Ministero dell’Università e della Ricerca diventa più funzionale e interattivo

Manfredi:Un portale innovativo a supporto della mobilità internazionale accademica per agevolare la dematerializzazione dei processi di preiscrizione agli atenei italiani”.

Il portale “Universitaly”, destinato ad agevolare il reclutamento degli studenti universitari internazionali che scelgono l’Italia come destinazione di studio, si rinnova. Gestito dal CINECA e online già dal 9 giugno, il nuovo portale è l’evoluzione in piattaforma interattiva del precedente sito informativo con lo stesso nome e serve a favorire la dematerializzazione delle procedure di preiscrizione di tutti gli studenti extra-UE alle università italiane. Il progetto, realizzato dal Ministero dell’Università e della Ricerca, in stretta collaborazione con la CRUI e con il CIMEA e di concerto con il Ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale e con il Ministero dell’Interno, prevede la possibilità per ogni studente di registrarsi e creare un proprio portafoglio personale di documenti, che vengono visionati dalle università e che consentono di accedere alla pre-iscrizione e alle successive procedure di visto. (https://www.universitaly.it/index.php/registration/firststep)

In questo momento così difficile per la mobilità internazionale accademica, era essenziale fornire agli studenti un portale innovativo che dematerializzasse i processi di preiscrizione agli atenei italiani dichiara Gaetano Manfredi, ministro dell’Università e della Ricerca, che aggiunge: “Ringrazio gli uffici del Ministero per aver dato seguito in poche settimane a questo importante strumento, e con essi la CRUI, il CIMEA e i Ministeri degli Affari Esteri e dell’Interno per la fondamentale collaborazione al progetto”.

Il Portale è per ora stato strutturato per l’accesso alle Università italiane, ma le sue funzionalità saranno estese, entro il prossimo anno accademico, anche ai Conservatori, alle Accademie del comparto AFAM e progressivamente a tutte le Istituzioni italiane della formazione superiore.

Role Model 2020

Erasmus+, il 19 giugno l’evento sui Role Model 2020

Il racconto di cinque protagonisti sui social dell’Agenzia e su Controradio Firenze

Firenze, 18 giugno 2020 – L’Agenzia Erasmus+ Indire e l’Unità EPALE Italia, la community per l’apprendimento degli adulti in Europa, rilanciano l’iniziativa della Commissione europea per promuovere una rete di figure di riferimento positive – role model – che grazie all’istruzione, alla formazione e al Programma Erasmus+, hanno superato con successo una fase critica della loro vita, trasformandola in un momento di crescita. Domani, venerdì 19 giugno, alle ore 9,30, saranno raccontate nel corso dell’iniziativa“Role model: ce l’ho fatta! – Storie di resilienzaL’evento è in programma sui canali Facebook e Twitter di Erasmus+, Epale ed eTwinning, e su Controradio Firenze, l’emittente radiofonica fiorentina media partner dell’iniziativa.

Oltre alle cinque esperienze, interverranno in apertura Luca Perego, della Direzione generale Istruzione, Gioventù, Sport e Cultura alla Commissione europea, Andrea Bollini, Autorità nazionale Programma Erasmus+ al Ministero dell’Istruzione, e Sara Pagliai, coordinatrice dell’Agenzia Erasmus+ Indire.

A tal proposito, Luca Perego dichiara: “L’impegno della Commissione europea per una società più inclusiva, in cui nessuno deve esser lasciato indietro, è sostenuto a partire dalla Presidente Ursula von del Leyen. In questo senso, il Programma Erasmus+ è uno strumento concreto per sviluppare un’istruzione e una formazione di qualità, anche per i soggetti più fragili. L’iniziativa Role Model, che ho seguito sin dal suo principio, è un’ottima opportunità per raccontare storie positive di cambiamento ed essere di esempio a chi sta vivendo un periodo difficile della propria vita”.

“L’iniziativa – spiega Sara Pagliai  ci permette di dar voce a persone che hanno seguito strade coraggiose, con il supporto dell’apprendimento, la conoscenza, la cultura e le opportunità offerte da Erasmus+.  Presentiamo venti nuove esperienze educative, legate anche al momento storico presente e all’emergenza sanitaria, per ispirare altri individui a intraprendere nuovi percorsi di crescita, ricchi di risorse e opportunità”.

Tra le storie selezionate ci sono le esperienze di studenti universitari, migranti, detenuti, oltre a quelle di insegnanti ed educatori. Parte dei racconti riguardano i percorsi di apprendimento e di riscatto di alcuni migranti che, dopo aver affrontato grandi rischi e sofferenze per arrivare in Italia, hanno intrapreso gli studi con buoni risultati e hanno seguito percorsi di formazione per l’avviamento al mondo del lavoro. Dalle storie dei protagonisti emergono anche percorsi di recupero dall’abbandono scolastico ed esperienze di docenti che, grazie ai gemellaggi elettronici sulla piattaforma eTwinning per le scuole europee, hanno affrontato con il supporto della rete l’emergenza Covid-19, facendo rimanere distanziati ma “vicini” i propri allievi.

In ambito universitario saranno presentate le storie di studenti con disabilità che hanno portato avanti gli studi con grande forza. Ad esempio, la decisione di una studentessa di medicina in Erasmus a Bruxelles, che durante la pandemia ha deciso di restare in mobilità nella capitale belga per svolgere un servizio di volontariato in un ospedale Covid. Altre esperienze riguardano il carcere e l’indigenza. 

Nel corso del 2020, queste persone potranno avere un ruolo di “testimonial” in scuole, università, carceri e istituti per l’apprendimento degli adulti, per raccontare la loro storia nell’ottica del role model, una figura di riferimento che interviene in favore di un ambiente di apprendimento e di una società più inclusiva e accogliente.

#RoleModel – http://rolemodel.erasmusplus.it/ Media Kit: http://rolemodel.erasmusplus.it/media/

«Sulla scuola serve una visione, subito edilizia e digitale»

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

«Sulla scuola serve una visione, è tempo che il governo, e la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, prendano delle decisioni, e se ne assumano la responsabilità. Sull’edilizia scolastica, ad esempio, abbiamo 30 miliardi da spendere, occorre, quindi, utilizzarli semplificando burocrazia e procedure. Stesso discorso sulla banda larga: ci sono fior fiori di aziende, leader nell’Ict, che potrebbero collaborare con i dirigenti scolastici per assicurare la connessione veloce da Aosta a Siracusa, e i device a tutti gli studenti, e non, come accade oggi, che ci ritroviamo con un pc o un tablet a famiglia».

Insomma, «il 1° settembre è alle porte e non si può stare fermi» è il messaggio che lancia Gianni Brugnoli, vice presidente di Confindustria, riconfermato, per altri quattro anni, a coordinare le materie della formazione e del capitale umano.

«Se guardo agli ultimi dati sull’occupazione giovanile mi vengono i brividi – afferma -. Molti ragazzi stanno transitando nell’inattività. Un danno enorme per il Paese. Per questo, e lo dico anche da genitore, bisogna puntare pure a un vasto piano di formazione degli insegnanti, affinché esplorino nuove modalità di fare didattica, consapevoli anche dei profondi cambiamenti in atto nel mondo produttivo. E ha ragione Vittorio Colao che sulle vostre pagine dice chiaramente che gli Its, gli istituti tecnici superiori, vanno sostenuti, perché sono una best practice, e che dobbiamo riscoprire le discipline Stem, dove l’Italia, quanto a quota di laureati, è fanalino di coda Ue, mentre oggi sono sempre più indispensabili».

Vice presidente, la scuola sembra “obbligata” a decidere solo quando si tratta di affrontare il problema o l’emergenza del momento…

Infatti, continua a mancare una visione. Le faccio un altro esempio. A settembre avremmo 32mila assunzioni a termine di docenti, ma sappiamo quante competenze, anche digitali, hanno? La didattica a distanza, resasi necessaria a causa del coronavirus, ha funzionato con alti e bassi: alcuni istituti hanno risposto bene, altri con più difficoltà. Ma noi, dal 1° settembre, con la ripartenza, dobbiamo garantire a tutti i ragazzi le stesse possibilità. Ecco allora che sprono il governo a individuare delle priorità e decidere.

La prima, immagino, sia il digitale…

Certo. La banda larga va garantita in tutt’Italia. Il Paese è già diviso in aree nere, grigie e bianche. In quest’ultime ci sono maggiori difficoltà, anche economiche, a portare la fibra. I colli di bottiglia vanno però superati, attraverso un piano nazionale, con bandi “light”, e con accordi ad hoc con le imprese, per spingere l’investimento, anche combinato, in queste aree e garantire a chiunque l’internet veloce.

Un altro freno a mano tirato c’è sull’edilizia scolastica…

Anche qui dobbiamo sburocratizzare e spendere subito, e bene, le risorse che ci sono, ben 30 miliardi. Occorrono presidi autonomi e procedure veloci per ammodernare e rendere sicuri gli edifici dove studiano i nostri figli. Lei pensi che il 55% di scuole è stato costruito prima delle norme antisismiche.

Capitolo docenti. A settembre ci sarà l’ennesimo boom di precari, i professori vanno reclutati meglio?

Non solo. Vanno formati meglio. L’esperienza del virus deve portare radicali cambiamenti nelle aule. Se l’emergenza sanitaria, come spero, sarà finita, e si potrà tornare in presenza, l’ora di lezione “canonica” potrebbe scendere a 40/45 minuti, e il tempo rimanente potrebbe essere dedicato alle interazioni con gli studenti. Se invece bisognerà alternare aula e didattica a distanza, o peggio ancora non si potrà rientrare in presenza, è necessario formare bene i docenti in modo da affrontare al meglio le lezioni da remoto e coinvolgere i ragazzi. La formazione deve, perciò, tornare centrale; e chi la fa, e bene, va premiato. È tempo che il merito sia valorizzato, non solo a parole.

Ha letto l’intervista sul Sole a Vittorio Colao? Per ripartire serve anche una solida filiera tecnico-professionale…

Confindustria lo pensa e lo sostiene da sempre. Its e lauree Stem sono strategiche. Ma mi permetta un ragionamento più ampio. In Italia bisogna cambiare paradigma: non basta garantire, a tutti i costi, un posto di lavoro. Bisogna tutelare il Lavoro, con la elle maiuscola. E come farlo? Attraverso le competenze e l’aggiornamento continuo. Con Il post in fabbrica, l’iniziativa lanciata con Rtl 102.5, abbiamo contato, in 3 anni e oltre 100 puntate, 23mila Cv inviati, 2.500 posti di lavoro offerti, ma realizzato solo 500 assunzioni. Ciò significa che occorre tarare la formazione dei giovani sulle esigenze del mondo produttivo. Un percorso, certo, impegnativo, ma che la scuola, anche qui, non può più rinviare.

Elogio dell’errore nel processo formativo

da Il Sole 24 Ore

di Giancarlo Pennati *

L’esperienza drammatica del Covid-19 ha decisamente contribuito ad introdurre diversi cambiamenti nel nostro approccio alla vita e al lavoro. Il nostro spirito di adattamento e sopravvivenza, ha determinato lo sforzo comune del “credere” che questa esperienza potesse essere foriera di miglioramenti generalizzati in diversi campi, smart working in testa. Anche in altri ambiti si è inneggiato ad una serie di “valori aggiunti”: miglioramento delle competenze tecnologiche, riscoperta della vicinanza e della complicità all’interno del nucleo familiare, riscoperta (nel silenzio) dei suoni della natura, apprezzamento della Vita, in un contesto in cui, coinvolti direttamente o meno, percepiamo la triste sorte di persone che si spengono nella più completa solitudine.

Nella difficoltà, abbiamo attinto ad una delle nostre migliori qualità umane: lo spirito di adattamento e la conseguente teorizzazione, a volte forzata, che questa esperienza possa contenere elementi positivi, tali da rendere migliore il nostro futuro.

Tuttavia credo (e temo) che, se l’analisi del contesto e le relative conclusioni non sono corrette, si rischia molto seriamente di introdurre nuovi “virus” all’interno della nostra società, che potrebbero essere ben più devastanti dello stesso Covid-19.

Mi riferisco in particolar modo all’ambito scolastico e, più propriamente, educativo.
La didattica a distanza ha costituito una buona palestra per esercitare e migliorare le competenze tecnologiche di studenti e docenti, sebbene io ritenga insostituibile il valore della didattica in presenza, sia sotto il profilo didattico che educativo.

A mio parere si sono insinuate aberranti interpretazioni nel delicatissimo campo della valutazione. Ho assistito al progressivo sventolare la bandiera della valutazione formativa, in sostituzione della valutazione meramente sommativa, come se fosse una panacea. Provo a chiarire con estrema sintesi, fiducioso di poter risultare anche chiaro, che la valutazione formativa tiene conto del processo e della progressione dell’apprendimento, slegandola da una valutazione che si riferisca esclusivamente al dato oggettivo della performance: in sostanza non si valuta più la quantità di apprendimento ma si valorizza la qualità, in un contesto di crescita e di conseguimento di progressi individuali.

Ritengo che la valutazione formativa abbia una indiscussa validità, così come è vero che alcuni che la propongono come una novità forse non sanno che è presente nel nostro ordinamento scolastico da decenni. Soprattutto in ambito di scuola secondaria di primo grado (scuola dell’obbligo) ritengo che sia fondamentale valorizzare il percorso di apprendimento formativo degli alunni, gratificandoli e motivandoli attraverso il loro “successo formativo”.

Succede, tuttavia, che alcuni hanno travalicato e trasceso i dettami “etici” della valutazione formativa, trasformandola in un arido “strumento” che ha apportato una specie di sanatoria e di condono per tutti quegli alunni che non hanno raggiunto gli obiettivi didattici e (peggio) educativi.

La “miccia” di questa deflagrazione del merito (questo sconosciuto) è stata accesa da una certamente infelice uscita della ministra dell’Istruzione, allorquando ha affermato che tutti gli studenti sarebbero stati promossi.

Uscita infelice a parte, il paradosso è che alcuni dirigenti scolastici (direttamente impegnati sul campo) hanno fatto molto peggio, introducendo e “imponendo” ai propri docenti delle tabelle di valutazione che prevedevano esclusivamente delle valutazioni numeriche da 6 a 10.

Il problema non è quello di punire, bocciare o vessare gli alunni che non abbiano raggiunto gli obiettivi didattici o che non abbiano acquisito pienamente gli obiettivi educativi, il dramma è che, con il pretesto “innovativo” della valutazione formativa, si rischia di seppellire una sana crescita individuale, che si esprime anche attraverso il riconoscimento dell’errore.

Demonizziamo pure la meritocrazia, se vogliamo, per poi inneggiare ad essa quando critichiamo i nostri politici e i nostri superiori, ma non possiamo trascurare di segnalare ad un ragazzino i propri errori, le proprie mancanze, proprio come accompagnamento educativo ed etico nella costruzione delle proprie competenze e della propria personalità.

Nella mia lunga militanza sul campo, come docente e come educatore, ho maturato la ferma convinzione che i ragazzi e le relative famiglie abbiano il sacrosanto diritto di avere notizie oggettive sull’andamento scolastico ed educativo, ritenendo che questo debba essere uno dei capisaldi del diritto allo studio.

Credo, con ferma convinzione, che il processo formativo non possa prescindere dalla valorizzazione dell’errore stesso, come momento di riflessione, di autoanalisi e di crescita formativa ad ogni livello.

Sono sempre stato acerrimo nemico del cosiddetto “sei politico”, che temo si stia insinuando maldestramente in una scorretta e diseducativa interpretazione della valutazione formativa.
Certamente teorizzare la sola valutazione positiva e l’eliminazione dei voti numeri non espone il corpo docente alle critiche dei ragazzi e dei genitori, costruendo tuttavia dei rapporti falsamente cordiali, improntati solo ad una sorta di tacito patto di non belligeranza.
A volte sono gli stessi dirigenti scolastici ad invertire e ribaltare colpevolmente i termini della questione valutativa. Capita che, a fronte di valutazioni negative, sia il docente stesso ad essere messo in discussione, chiedendo cosa lui abbia fatto per stimolare l’interesse del ragazzino, quali strategie abbia messo in atto per consentire il recupero ed il successo formativo dell’alunno stesso.

Tutto ciò è demotivante, frustrante e umiliante per quei docenti che, ancora oggi, credono che parte della crescita formativa passi attraverso l’evidenziazione ed il superamento dell’errore.

Mi esprimo in questo modo perché mi capita di ricevere commoventi attestazioni di miei alunni o ex alunni che mi ringraziano perché, attraverso i miei “ammonimenti” (leggi anche: valutazione negativa) sono cresciuti, hanno “imparato” e sono maturati.

Credo davvero che non dobbiamo svilire il nostro fondamentale, importante e decisivo ruolo di educatori delle nuove generazioni, credendo che il successo formativo di un ragazzo possa passare da una quieta accondiscen-denza su ciò che lui esprime, a prescindere da qualsiasi parametro di oggettiva valutazione didattica e di aiuto nella correzione dei propri errori.
L’errore non va nascosto, non va mascherato con una falsa (e scarsamente professionale) valutazione positiva, ma va elogiato e valorizzato come strumento e tappa imprescindibile per superarlo.

Quest’anno, più che mai, mi sono sentito di salutare i miei giovanissimi studenti, con un detto latino: “Qui laudant sine causa, sunt falsi amici”.

  • Docente presso I.C. “Mascagni” – Melzo (Mi)

Che aria tira a scuola? Ripensare e trasformare i luoghi della formazione post Covid-19

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Nelle scuole italiane è urgente riprendere il controllo della qualità dell’aria. I valori di concentrazione di CO2 e ventilazione sono disattesi per la quasi totalità del tempo di esposizione. Né il ricorso alla ventilazione naturale, anche se più esteso, potrà garantire i tassi di ricambio richiesti.

È quanto emerge dal progetto di ricerca “Il cambiamento è nell’aria” che indaga la qualità dell’aria negli edifici scolastici italiani, promosso dalla Libera Università di Bolzano – con la collaborazione di ricercatori e dottorandi dell’Università Iuav di Venezia e delle Università di Trento e Padova – e da Agorà, azienda impegnata nella formazione sulla sostenibilità, applicata all’edilizia. Con il coinvolgimento attivo – in un percorso di Pcto – degli studenti del triennio dell’Istituto d’istruzione superiore l’Iis Margherita Hack di Morlupo, in provincia di Roma.

Il progetto di ricerca, avviato a luglio 2019 – prima dell’emergenza sanitaria – e concluso a giugno 2020, assume oggi nel post Covid-19 una rilevanza e una attualità tutta particolare. Se la qualità dell’aria costituiva motivo di preoccupazione prima del coronavirus, cosa accadrà a settembre quando dovranno essere rispettate esigenze di distanziamento sociale e sanificazione ambientale straordinaria? Quando oltre 8 milioni di studenti ritorneranno tra i banchi di 41.000 sedi scolastiche (statali e paritarie), insieme a più di 800 mila insegnanti?

Per provare a dare una risposta, partiamo dall’analisi dei dati. Il progetto di ricerca, che ha subito a marzo scorso una brusca interruzione per l’emergenza sanitaria, ha fotografato la situazione pre-coronavirus. Novanta sensori sono stati attivati e sono tutt’ora in funzione in 5 classi e altri 20 ambienti dell’Istituto Hack. Sono stati monitorati continuativamente i dati di temperatura, umidità, concentrazione di CO2 e illuminamento, mettendoli in relazione anche al comportamento degli studenti e alla normativa di riferimento (in particolare, la EN 16798-1: 2019).

Concentrazione di CO2 – Assunto un valore di riferimento massimo suggerito attorno ai 900 ppm, in tutte le 5 classi monitorate, questa soglia massima è stata superata per oltre l’80% del tempo.

Ventilazione
Per tutte le aule, la portata di ventilazione registrata si è attestata sotto la soglia minima prescritta per oltre il 95% del tempo di esposizione. I dati indicano anche come un ricorso alla ventilazione naturale, anche se fosse più esteso di quanto già fatto nelle due settimane (le finestre sono risultate completamente chiuse per meno della metà del tempo) difficilmente potrebbe garantire i tassi di ricambio richiesti.

Illuminamento
A prescindere dal ricorso all’illuminazione artificiale, i valori di illuminamento sul piano di lavoro sono stati molto inferiori rispetto alla soglia minima di 500 lx per la quasi totalità del periodo monitorato, e molto spesso sotto i 300 lx. La disponibilità della luce naturale è stata molto ridotta in conseguenza dell’uso delle tapparelle, necessario per limitare i fenomeni di abbagliamento.

Temperatura
Nel periodo invernale, i valori di temperatura prescritti per le aule scolastiche, considerando attività sedentarie e un livello medio di aspettativa, sono compresi fra 20 e 24°C. Le misurazioni sono rientrate nel range suggerito per oltre l’80% circa del tempo di esposizione.

«I risultati evidenziano una situazione di allarme che, se non affrontata con correttivi adeguati, farà degli ambienti scolastici una minaccia concreta per la salute degli studenti e per i loro livelli di apprendimento» dichiara Davide Michetti, fondatore e Ceo di Agorà. «Consideriamo questa ricerca un primo importante step di uno studio più ampio da proseguire ed estendere ad altre realtà scolastiche italiane».

Il lavoro di ricerca “Il cambiamento è nell’aria” proseguirà nel prossimo autunno all’Istituto Hack e in altre realtà scolastiche che vorranno aderirvi per comparare quanto già rilevato con le nuove condizioni della scuola post CoViD-19. Inoltre, la collaborazione accademica verrà estesa alla Bergische Universität Wuppertal, in Germania, per sviluppare un modello fluidodinamico per studiare la distribuzione dell’aria in un ambiente con persone ferme o in movimento.

Il 60% degli studenti è insoddisfatto della qualità dell’aria
I questionari distribuiti agli studenti dell’Istituto Hack hanno permesso di comprendere il grado di soddisfazione rispetto all’aula: il livello di comfort e di disturbo rispetto agli ambiti termico, qualità dell’aria, visivo e acustico, approfonditi nel Progetto.

Le valutazioni soggettive mostrano così un quadro ancora più complesso.
1. Ti ritieni soddisfatto per le condizioni interne all’aula nell’ultima ora di lezione?
Solo il 43% del campione si è dichiarato soddisfatto delle condizioni ambientali dell’aula.
Coerentemente con le indicazioni delle misure, la situazione è particolarmente critica per quanto attiene alla qualità dell’aria. Solo nell’aula con minore densità di occupazione si ottiene un valore di soddisfazione superiore al 70%. In tre delle cinque aule, la soddisfazione è invece inferiore al 40% con un minimo del 13%.
L’aria viziata e la polvere sono segnalati come particolari elementi di disturbo.
L’ambiente termico, nonostante le misure ambientali fossero risultate confortanti, raccoglie una percentuale di soddisfazione che varia dal 24% al 79% a seconda dell’aula, ma in generale risulta critica in almeno tre delle cinque classi. La preferenza differisce a seconda dell’orientamento dell’aula, con classi che richiederebbero temperature inferiori e altre che preferirebbero temperature maggiori, dimostrando una inefficace regolazione termica dell’impianto di riscaldamento.
Gli ambienti visivo e acustico sono gli ambiti in cui gli studenti si dichiarano quasi sempre più soddisfatti che insoddisfatti. Si evidenzia comunque l’esigenza di spazi più luminosi, in coerenza con le misurazioni.

Rietro a scuola: la ventilazione non è sufficiente
L’analisi ha confermato gli obiettivi originari del progetto. Le principali criticità emerse sono legate alla qualità dell’aria. E le azioni per garantirla sono risultate insufficienti, talvolta problematiche, con interazioni e ricadute sul comfort termoigrometrico, sull’acustica e sui consumi dell’edificio. Tutto questo assume ulteriore rilevanza nel mutato contesto legato all’emergenza del Covid-19 e del rientro a scuola a settembre.

«La prevenzione del contagio passa infatti attraverso il controllo della concentrazione e della distribuzione della carica virale che, sia pure con proprie specificità, non è radicalmente diverso da quello di molti altri contaminanti indoor» afferma Andrea Gasparella professore alla Facoltà di Scienze e Tecnologie della Libera Università di Bolzano. «Il corretto ricambio d’aria può limitare infatti il livello di CO2 e contenere la concentrazione della carica virale nell’ambiente confinato allo stesso tempo».

La sola ventilazione naturale delle classi può risultare allora insufficiente per diverse ragioni:
•Non riduce di per sé il contaminante alla fonte. Nel caso della CO2 la sua produzione aumenta con il numero di persone e con il livello di attività. Analogamente la carica virale aumenta con il numero di persone infette e dipende dall’attività: parlare o alzare il tono di voce, così come svolgere attività fisica aumenta l’emissione di cariche virali.
•La ventilazione naturale può non garantire l’elevato numero di ricambi orari richiesto o non garantirlo in modo costante.
•Può favorire la ricircolazione dell’aria interna con il trasporto delle cariche virali a postazioni lontane da quelle occupate dalle persone infette. Potenzialmente anche in locali diversi, accentuando i problemi di distanziamento.
•L’immissione diretta di aria esterna può impattare notevolmente sul comfort termoigrometrico e sul consumo energetico dell’edificio. Conseguenza: si genera un discomfort che può indurre a comportamenti correttivi controproducenti per il controllo della qualità dell’aria.

Infine, un ultimo fattore è rappresentato dal tempo di esposizione che, a parità di concentrazione, aumenta il rischio di contagio. È quindi importante sapere a quanto limitare la permanenza in locali in condizioni di possibile esposizione al contagio, in relazione al volume dell’ambiente, al tasso di ventilazione e al numero di occupanti.

Interventi nelle scuole post Covid-19. Le 2 fasi
Il Progetto “Il cambiamento è nell’aria” assume nuove valenze per pianificare e gestire la riapertura delle scuole. Due le fasi individuate.

Fase 1 (pre-rientro) – Stabilire fin d’ora:
•i livelli di qualità conseguibili con le nuove prescrizioni sul distanziamento o gli interventi richiesti per il soddisfacimento dei requisiti di qualità dell’aria: aumento delle aperture in termini di frequenza e/o durata, riduzione dell’occupazione, riduzione dell’orario di permanenza, installazione di sistemi di ventilazione meccanica;
•i parametri che possono essere utilizzati per monitorare a basso costo la qualità dell’aria anche negli altri ambienti della scuola, definendo correlazioni e algoritmi di previsione che possono attivare segnalazioni di allerta;
•l’impatto energetico delle nuove pratiche operative;
•la praticabilità di ulteriori misure correttive e migliorative sui comportamenti, sulla gestione dell’edificio e degli impianti o sull’implementazione di ulteriori soluzioni impiantistiche.

Fase 2 (rientro a scuola) – Contribuire a:
•valutare le scelte operative, supportando il controllo dell’attuazione e dell’efficacia delle misure adottate;
•evidenziare l’impatto delle misure adottate sulle condizioni ambientali locali per il singolo soggetto, in funzione dei presìdi (mascherine, barriere) e dei comportamenti (distanziamento, aperture, durata delle lezioni) adottati, monitorando le nuove concentrazioni di inquinanti direttamente in postazioni rappresentative;
•analizzare l’effetto delle misure adottate sul comfort e sulla performance degli studenti e prevenire azioni di miglioramento scorrette o controproducenti;
•sperimentare nuovi sensori e sistemi tecnologici, per monitorare l’ambiente e gli occupanti e per comunicare con essi, o per aumentare e gestire la ventilazione, filtrare o purificare l’aria.

Sos dei presidi per settembre “Più insegnanti e bidelli o la scuola sarà dimezzata”

da la Repubblica

Corrado Zunino

ROMA — La preside dell’Istituto comprensivo Bernardino Telesio di San Sperato, Reggio Calabria, infanzia, primaria e medie inferiori, dice che così stando le cose — il numero invariato di docenti e bidelli per ogni scuola, intende — a settembre la sezione 3-6 anni non riapre. «Molte madri ce l’hanno detto, se il distanziamento sociale non è sicuro terranno i figli dai nonni». A casa, come una volta. La dirigente Marisa Maisano dice: «I bimbi più piccoli non possono tenere la mascherina, né le distanze. Abbiamo sezioni da 27-28 alunni e, secondo le nostre simulazioni, dobbiamo prevedere un rapporto insegnanti/discenti di 1 a 7, 1 a 10. Serve il doppio di maestri e bidelli». Per le elementari Maisano immagina un orario a metà: 8,30-12,30. Niente tempo pieno né mensa. Per alcuni bambini di Reggio Calabria San Sperato, la mensa è il pranzo: «Molti padri, qui, hanno perso il lavoro durante l’epidemia, avevano contratti a tempo determinato, occupazioni in nero». La dirigente ha ipotizzato di creare classi nell’aula magna, nei laboratori tematici, in parte della palestra. «Certo, da soli non ce la possiamo fare».

L’allarme “didattica dimezzata” lo aveva promosso la dirigente dell’Istituto comprensivo Ennio Quirino Visconti di Roma, il “Viscontino”. Con largo anticipo, aveva organizzato un “progetto settembre” con i genitori, divisi in 5 sottogruppi, e prima di tutti è arrivata alle conclusioni: «Se non vedremo nuovi docenti, gli alunni di elementari e medie avranno metà della didattica cui sono abituati». La dirigente Rossana Piera Guglielmi spiega: «Abbiamo provato a simulare l’orario settimanale con gli insegnanti attuali e gli spazi a disposizione. Ci entrano metà ore, sia alle elementari che alle medie. Un disastro». Dettaglia: «Chi, fino a marzo scorso, aveva 10 ore di Italiano ne avrà 5. Chi seguiva sei ore di Matematica, si accontenterà di tre. Chi conosceva, e qui mi riferisco alle elementari, il tempo pieno fino alle 16,30 dovrà tornare a casa a mezzogiorno. Rischiamo che una generazione, soprattutto i più piccoli, apprenda saperi fondamentali in maniera sommaria. Tabelline, diagonali, mettere in bella copia quello che hai dentro, capire un testo. O inizi alle elementari o non impari più».

Entro la settimana il ministero dell’Istruzione dovrebbe produrre le linee guida da girare ai dirigenti scolastici. Non presenteranno numeri: metri quadrati, rapporto alunni- docente. No. Parleranno, per vie generali, di patti territoriali e con le famiglie, di accordi con il Terzo settore. Un accenno alla possibilità di rimodulare l’orario. «La coperta è corta e l’equazione matematica semplice: se arrivano risorse, cioè docenti, garantiremo le discipline di prima, altrimenti dovremo lavorare duro per non lasciare indietro i nostri ragazzi». Lo dice Daniele Barca, dirigente scolastico dell’Ic Mattarella di Modena, istituto all’avanguardia didattica. Se l’organico resterà invariato, Barca userà i docenti di sostegno per pezzi di classi, richiamerà sulle discipline curricolari i quattro insegnanti del potenziamento. Il preside ha chiest o al Comune di Modena nuove aule, quindi farà crescere una struttura nel parco scolastico. «Proveremo ad allungare le lezioni verso sera e forse apriremo il sabato. A partire dalla quarta elementare, ipotizziamo sfide e road map in remoto. Non vogliamo rinunciare a nulla: Italiano, Matematica e Scienze più in presenza, lettura e cittadinanzattiva attraverso percorsi extra. Di quanti docenti avrei bisogno? Venticinque. L’ampliamento dell’orario, con un corpo insegnante anziano, non è fattibile».

Confessa Giuseppina Princi, preside dello scientifico Leonardo da Vinci di Reggio Calabria: «Siamo in ritardo e sono disperata, ma devo trasmettere fiducia. Duemila studenti, 180 docenti, 88 classi. Un rapporto insegnante-alunni di 1 a 27. L’ipotesi di lezioni nei parchi e di beni comuni da sfruttare, in questa città, è poco concreta. Con i fondi ministeriali, 70 mila euro, sto incrementando la dotazione tecnologica: sperimenteremo una didattica mista e dal vivo. Spezzeremo le classi in due gruppi, in presenza ci saranno gli studenti più fragili, da casa i più preparati. La prima mezz’ora sarà dedicata a chi è in classe, la seconda a chi è lontano e ha rischiato di annoiarsi. Servirà fantasia, meglio, i salti mortali».

Lo studente “Non diteci che siamo la leva del Covid Il nostro è un vero esame”

da la Repubblica

Tullio Filippone

— «Il nostro esame non sarà una passeggiata, sia chiaro: sono stati tre mesi molto difficili».

Non ci sta a passare per il maturando della “leva del Covid” Noè Mazzola, studente del liceo classico Garibaldi di Palermo, che sosterrà il super-colloquio sabato prossimo: «Se il ministero dell’Istruzione avesse annullato la maturità — dice Mazzola, 18 anni — l’avrei presa molto male, perché volevo vivere un momento indimenticabile. Che non è uno sfoggio di conoscenze, ma lo specchio di un percorso importante della nostra vita».

Come ha vissuto questi tre mesi di isolamento?

«Qualcuno può pensare che gli studenti fossero contenti, invece no. Tra le pareti di casa ti distrai e perdi il ritmo di tutto: la scuola al mattino, lo studio, lo sport e il tempo libero nel pomeriggio. E poi ti ritrovi, dopo tre mesi in cui poteva succedere di tutto, davanti a una commissione di professori con la mascherina sul volto. Per fortuna, a scuola in questi mesi siamo riusciti a realizzare il nostro giornalino di istituto online, dove molti di noi hanno raccontato la loro quarantena».

E se invece vi avessero detto che gli esami erano annullati?

«Sarei rimasto deluso. Ho sempre immaginato questo momento come una prova di vita, con la giusta ansia, l’approdo finale del tuo percorso, con gli amici alle spalle. O al tuo fianco, per le prove scritte, come in una comunità.

Invece ho chiuso questi 5 anni lontano dalla scuola dove conoscevo tutti, studenti e professori. È il mio grande rammarico».

Sarete i “maturi del Covid”.

«Toccherà a noi dimostrare il contrario. E cioè che questo esame, soprattutto dal punto di vista psicologico, non sarà affatto una passeggiata. Spiace anche per il calcolo del punteggio, che non permetterà a molti di noi di ambire al massimo dei voti. Io ho scelto di preparare un elaborato che si chiama “Al di là dei limiti della conoscenza”, partendo da “Amore e Psiche” di Apuleio e da “La storia vera” di Luciano: la sua curiositas di andare oltre i limiti delle colonne d’Ercole è la chiave del progresso e del futuro».

A scuola in mascherina poi colloquio di un’ora Il via alla Maturità per 500 mila ragazzi

da Corriere della sera

Valentina Santarpia

Mascherina, carta d’identità, autocertificazione, e un pizzico di coraggio: così oggi i primi studenti affronteranno il colloquio dell’esame di Stato. Per celebrare il momento, la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina sarà a Bergamo, alle 9.30 presso l’Its Giacomo Quarenghi. «Ci tenevo a dare un messaggio di vicinanza molto concreto — spiega la ministra —. Ci sono territori che hanno sofferto più di altri. E che quindi hanno dovuto mettere ancora più impegno e responsabilità per affrontare questi esami di Stato in presenza». Su questa scia, testimonial social del ministero sarà una studentessa di Codogno, Benedetta, che con l’hashtag #MiMaturo racconterà le sue 24 ore prima dell’esame di Stato: le emozioni, gli ultimi ripassi, le pause studio, la notte prima degli esami e l’arrivo a scuola . Anche il premier Conte ha voluto mandare gli auguri a tutti i maturandi.

Ad attendere lei e altri 500 mila studenti sarà una prova esclusivamente orale, dopo che l’emergenza Covid ha imposto di cancellare le prove scritte e di semplificare la maturità: in un’ora le 13 mila commissioni d’esame, composte da sei membri interni e uno esterno (il presidente), dovranno valutare i candidati su 5 parti diverse della preparazione.

Ciascuno studente discuterà, in apertura di colloquio, un elaborato sulle discipline di indirizzo, trattando un argomento già concordato nelle scorse settimane con i docenti della classe. Seguirà la discussione di un breve testo studiato durante l’ultimo anno nell’ambito dell’insegnamento di lingua e letteratura italiana. Saranno poi analizzati materiali, coerenti con il percorso fatto, assegnati dalla commissione. In chiusura, saranno esposte le esperienze svolte nell’ambito dei Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento, ovvero l’alternanza scuola-lavoro, e accertate le conoscenze relative a «Cittadinanza e Costituzione».

Per dare il giusto peso al percorso scolastico, il credito del triennio finale quest’anno è stato rivisto: potrà valere fino a 60 punti, anziché 40, come prima dell’emergenza. Al colloquio orale si potranno conseguire fino a 40 punti. Il voto massimo finale possibile resta, infatti, 100/100. Si potrà ottenere la lode.

Il triennio

Il credito del triennio finale quest’anno

è stato rivisto: potrà valere fino a 60 punti

Ma, più che sui voti, è probabile che gli studenti saranno concentrati soprattutto sulle misure di sicurezza, che cambieranno completamente la geografia e la narrativa degli esami. Durante la permanenza negli istituti scolastici sarà obbligatorio indossare la mascherina: il commissario Domenico Arcuri ha annunciato che ne sono state consegnate 5,3 milioni proprio per garantire esami in sicurezza e proteggere dal rischio di contagio docenti e studenti. Solo nel corso della prova orale gli studenti potranno toglierla, mantenendo però la distanza di sicurezza di almeno 2 metri dai commissari. Le aule dovranno essere ben areate e saranno pulite alla fine di ogni sessione di esame (mattina e pomeriggio).

Ogni candidato potrà portare con sé un solo accompagnatore, che dovrà a sua volta rispettare le misure di distanziamento e indossare la mascherina. «Anche questo sarà un aspetto che limiterà fortemente la socialità dell’esame», sottolinea Marzia Calvano, preside di Sassuolo che sarà presidente di commissione all’istituto Leonardo da Vinci di Carpi.

«Perciò ci siamo detti che la prima cosa che faremo, in apertura di esame, sarà un sorriso e una domanda di incoraggiamento, per sapere come è andato questo periodo. Così proveremo a farli rilassare a non farli concentrare troppo sull’anomalia della condizione». Ma non dovranno rilassarsi troppo, avverte scherzoso Mario Rusconi, presidente dell’associazione nazionale presidi Lazio: «È un giorno importante, ed è bene che si vestano in modo decoroso e adatto all’occasione: in questi mesi abbiamo perdonato anche qualche pigiama, ma ora si torna alla normalità».

Rientro a settembre: no mascherine a lezione, ricreazione al banco. Proposte delle Regioni

da Orizzontescuola

di redazione

Parametri di distanziamento interpersonale tra alunni, no alla mascherina durante le lezioni sì ad indossarla durante gli spostamenti, divieto di assembramenti e, dunque, ricreazione al banco.

Proposte che vengono dalle Regioni e che sono contenute in un documento approvato dai Governatori.

“Noi abbiamo proposto dei parametri sul distanziamento e sul divieto di assembramento”, spiega all’Adnkronos Cristina Grieco, coordinatrice all’Istruzione della Conferenza delle Regioni. Nella proposta approvata dalla Conferenza, si prevede la “mascherina solo per gli spostamenti”, la ricreazione in classe e parametri per il distanziamento interpersonale”.

“Poi i dirigenti scolastici avranno autonomia di organizzazione, ma è importante avere le linee guida del ministero – spiega Grieco – per vedere dove il numero di ragazzi o bimbi è troppo elevato rispetto alla capienza delle classi perché le scuole dovranno dunque organizzarsi. La certezza è che c’è urgenza di poter cominciare ad organizzarsi con dati alla mano”.

Azzolina sale al Quirinale per ringraziare Mattarella e il suo attaccamento alla Scuola

da La Tecnica della Scuola

Il 17 giugno, giorno di avvio della maturità 2020, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto nel pomeriggio al Quirinale la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina.

L’incontro al Quirinale

L’incontro al Quirinale, secondo fonti del ministero dell’Istruzione, “si è svolto in un clima cordiale e la Ministra ha ringraziato il Capo dello Stato per la consueta attenzione dimostrata nei confronti del mondo della scuola”.

La visita al Quirinale della titolare del MI si è tenuta dopo la sua partecipazione a Bergamo, nella mattinata, svolta all’inizio degli Esami di Stato presso l’ITS Quarenghi.

La visita della ministra a Bergamo

“Ho dedicato tutta la mia vita alla scuola, prima da docente e ora da ministro – ha detto la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina a Bergamo – Dover chiudere le scuole per me è stato uno struggimento, una ferita che mi resterà dentro per sempre e quindi oggi sono veramente felice di vederle riaperte”.

Sempre dal ministero dell’Istruzione, intanto, più fonti confermano che sarebbe imminente la pubblicazione delle Linee Guida utili a definire la macro-modalità di avvicinamento alla riapertura degli istituti scolastici e allo svolgimento delle lezioni in presenza.

Covid-19 e lockdown: indagine sull’impatto psicologico nei bambini

da La Tecnica della Scuola

Irritabilità, sonno disturbato e ansia. Durante il periodo del lockdown lo stress ha avuto ripercussioni non solo sulla salute fisica ma anche su quella emozionale-psichica di genitori e figli. È quanto evidenzia l’indagine sull’impatto psicologico della pandemia Covid-19 nelle famiglie in Italia, promossa dall’Irccs Giannina Gaslini di Genova. Lo studio ha coinvolto, in forma anonima, 6800 soggetti di tutta Italia di cui quasi la metà con figli minorenni a carico, tra il 24 marzo e il 3 aprile.

“L’Irccs Gaslini ha scelto di raccogliere durante il lockdown il prezioso e irripetibile contributo di quasi settemila famiglie in Italia che ne descrivevano gli effetti sulla propria salute. L’analisi dei dati emersi consente ora di offrire risposte precoci e fondate ai tanti disturbi rilevati” ha dichiarato Paolo Petralia, direttore generale del Gaslini.

“La ricerca è un ulteriore stimolo a recuperare al più presto, pur con le necessarie precauzioni, le opportunità di interazione diretta tra coetanei, strumento essenziale per lo sviluppo emotivo e l’acquisizione di competenze”, ha aggiunto lo psichiatra Fabrizio Starace, membro della task force di Vittorio Colao per la ripartenza economica e sociale del Paese.

Dall’analisi dei dati è emerso che:

  • i disturbi più frequenti di cui hanno sofferto i bambini sotto i 6 anni sono stati l’aumento dell’irritabilità, i disturbi del sonno (paura del buio, risvegli notturni, difficoltà di addormentamento) e i disturbi d’ansia (inquietudine, ansia da separazione);
  • i bambini e i ragazzi dai 6 ai 18 anni hanno accusato una sensazione di mancanza d’aria, un’alterazione del ritmo del sonno e un’aumentata instabilità emotiva;
  • il livello di gravità dei disturbi comportamentali e della sfera emotiva dei figli è associato all’aumento dei sintomi da stress dei genitori durante il periodo di isolamento.

Azzolina: “Dall’1 settembre scuole aperte per i recuperi”

da La Tecnica della Scuola

“Ho dedicato tutta la mia vita alla scuola, prima da docente e ora da ministro – ha detto la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina a Bergamo – Dover chiudere le scuole per me è stato uno struggimento, una ferita che mi resterà dentro per sempre e quindi oggi sono veramente felice di vederle riaperte”.

“Gli studenti sono la cosa più importante che esiste nel Paese e sarò ben felice di incontrarli e di parlare con loro”, ha aggiunto.

Poi, sulla riapertura, ha detto: “Abbiamo fatto una proposta alle regioni per il 14 settembre se intendiamo riportare tutti gli studenti a scuola. Ma già dal primo settembre tutte le scuole saranno aperte per recuperare tutte le attività di apprendimento per gli studenti”.

Progetti PON e POC per la scuola, arriva la proroga d’ufficio

da La Tecnica della Scuola

Con avviso del 15 giugno 2020 il Ministero ha comunicato la proroga per il completamento delle attività formative per i progetti PON e POC.

Lo slittamento dei termini è ovviamente legato allo stato di emergenza sanitaria da Covid-19 e alle conseguenti misure restrittive straordinarie adottate dal Governo.

Per supportare le istituzioni scolastiche impegnate nell’attuazione dei progetti già finanziati nell’ambito del PON “Per la Scuola” 2014-2020 e del relativo Programma Operativo Complementare POC “Per la Scuola” 2014-2020, il MI ha dunque disposto che i progetti per i quali è attualmente previsto quale termine per il completamento delle attività formative il 31 agosto 2020 ovvero il 30 settembre 2020 siano prorogati d’ufficio al 19 dicembre 2020.

Miracolo a Roma: il Governo Conte ha ricevuto i Sindacati di base

da La Tecnica della Scuola

La stampa “che conta” non se n’è accorta, ma nel pomeriggio di lunedì 16 giugno, nel paradisiaco Casino Algardi a Roma, in Villa Doria Pamphilj, è avvenuto un miracolo: il Governo ha ricevuto i Sindacati di base nel contesto degli “Stati Generali dell’economia”. La Tecnica della Scuola era presente e può raccontarvi l’evento.

La prova che Dio esiste

Il prodigio non si ripeteva dal lontano maggio 1987: sullo scranno oggi occupato da Giuseppe Conte sedeva l’allora Primo Ministro Amintore Fanfani. Ministra della (allora) Pubblica Istruzione era Franca Falcucci. Da molti mesi i “Comitati di Base della Scuola” (migliaia di docenti di tutta Italia, riuniti sotto la sigla “Co.Ba.S.”, donde negli anni seguenti sarebbero nati i Sindacati GildaUnicobas e Cobas) erano in lotta per aumentare il salario, riqualificare la figura del docente, ridurre gli alunni per classe, liberarsi dalle burocrazie sindacali. La lotta, durata mesi, era sfociata nel blocco sistematico degli scrutini in tutta la Penisola. Da più parti s’invocavano sanzioni e licenziamenti. I cronisti avevano domandato a Fanfani se avrebbe ricevuto gli insegnanti ribelli. «Non ci sono ribelli in Italia», aveva risposto il Primo Ministro; «chi cammina accanto a me, mi accompagna, chi non cammina con me, va per conto suo».

Nei mesi seguenti la vittoria dei docenti sarebbe stata totale.

Rimpiangendo Fanfani, Moro, Craxi, Andreotti, Forlani, Colombo…

Altri tempi, altro livello culturale, altro spessore politico rispetto ad oggi. Eppure Giuseppe Conte, accogliendo i Sindacati “minori” e di base — sistematicamente ignorati per 33 anni dal Potere e dalla “libera” stampa (che ha glissato sull’evento, dando conto solo dell’incontro mattutino con CGIL, CISL e UIL) — si è mostrato degno del suo illustre predecessore: se non altro per cortesia, affabilità, apertura al dialogo. La convocazione è giunta — non a caso — subito dopo la manifestazione di sabato 13 giugno a Villa Pamphilj: centinaia di militanti dei Sindacati non concertativi e di organizzazioni studentesche avevano manifestato contro gli “Stati Generali”, definendoli “show dei dirigenti di LeonardoENELENIFincantieriBanca d’ItaliaFMI e BCE”. Conte, più intelligente della media delle classi dirigenti italiane di oggi, sa che non si governa un Paese senza ascoltare anche la voce di chi lavora.

«Aiutateci a decidere dandoci il vostro parere»

Alla presenza di ANIEFUGLUSBCUBCISALCONFSALCOBASUNICOBASCIDACSEFNSI, il Presidente ha aperto dicendo che l’incontro non sarebbe stato solo una passerella mediatica, ma l’occasione per coinvolgere tutti i cittadini nel rilancio del Paese, cogliendo l’opportunità offerta dalle “cospicue risorse” offerte dall’UE per la ripartenza. Ha riaffermato l’importanza strategica della Scuola in questa ripartenza, e la propria volontà di coinvolgere tutti i Sindacati dei docenti. Uno stile obliato da decenni. «Se non vi coinvolgessimo, troveremmo incomprensioni e diffidenza. Vi chiediamo di esser partecipi a questo progetto. La responsabilità resterà comunque nostra: però vi chiediamo di darci il vostro parere per aiutarci a decidere».

Alcune proposte dei Sindacati “non maggiormente rappresentativi”

Guido Lutrario dell’USB ha detto che «La Scuola, per esser tale, dev’essere in presenza e non a distanza, ma con meno alunni per classe e un corpo docenti potenziato».

Per i Cobas Scuola, la storica leader Anna Grazia Stammati — docente nel carcere di Rebibbia a Roma — ha ricordato l’esigenza di ridurre le classi pollaio (contraddetta dall’attuale politica di contenimento egli organici), di ridimensionare gli “istituti scolastici elefantiaci”, di «mettere più risorse nelle aree disagiate». Ha ricordato che la “Dad” (“Didattica a Distanza”) ha escluso larga parte degli studenti: in particolare quelli in carcere, che dal 5 marzo non hanno avuto più scuola.

Per Unicobas Scuola & Università il Segretario Stefano D’Errico — presente nei Comitati di base fin dalla loro nascita — ha parlato dei 240.000 insegnanti da arruolare subito (e da impiegare poi per l’aumento dell’obbligo, finita la pandemia); del demansionamento dei docenti dell’Organico “Potenziato”; della necessità di assumere immediatamente migliaia di docenti e ATA, e d’investire 13 miliardi aggiuntivi, anche per intervenire seriamente sull’edilizia scolastica, perché adesso i fondi ci sono. «Se non interveniamo ora sulla Scuola, siamo un Paese di pazzi. Dovremmo far pagare le tasse ai giganti dell’informatica, e invece gli consegniamo la Scuola. Pullulano le “classi virtuali” e i “Collegi virtuali”, in cui non si capiscono nemmeno presenti e assenti. Noi siamo contro la delocalizzazione degli alunni con la scusa del virus. Semmai bisogna estendere l’obbligo scolastico, perché la media dell’obbligo in Europa è di 10-11 anni. E occorre misurare la rappresentatività dei Sindacati mediante elezioni con liste nazionali e assemblee in orario di servizio per tutti, ad armi pari».

Prevarrà l’ascolto o la “ragion di Stato”?

Tutti i Sindacati presenti hanno sottolineato la necessità di eliminare le classi pollaio, e non sono mancate critiche alla gestione attuale del Ministero dell’Istruzione e all’autonomia scolastica, colpevole di aumentare le differenze tra le scuole.

Eppure Lucia Azzolina, alla fine, ha ribadito che autonomia e DaD son cosa buona e giusta. Nessun accenno all’abrogazione di “riforma Gelmini” e “Buona Scuola”. Gli eventi futuri, del resto, appureranno se l’ascolto da parte del Governo sia stato effettivo e convinto, o puramente di facciata.