855 milioni per la manutenzione straordinaria

La Ministra dell’Istruzione ha firmato oggi il decreto con il quale vengono stanziati 855 milioni per il finanziamento di interventi di manutenzione straordinaria ed efficientamento energetico a favore di Province e Città metropolitane. Il decreto è stato sottoscritto già anche dal Ministro dell’Economia e delle Finanze.

“Si tratta di un importante investimento che interessa le scuole secondarie di secondo grado e che è il punto di arrivo di un grande lavoro di coordinamento che è andato avanti, in questi mesi, tra la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Istruzione e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con l’Unione delle Province d’Italia (UPI) e l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI)”, spiega la Ministra Lucia Azzolina. “Stiamo lavorando per sbloccare tutte le risorse possibili. Sull’edilizia scolastica molto è stato fatto, ma c’è ancora tanto da fare. Gli investimenti ci sono, bisogna spendere velocemente e realizzare le opere”.

Il decreto andrà ora alla firma del Presidente del Consiglio e, subito dopo, con decreto del Ministro dell’Istruzione, saranno ripartite le risorse tra le Province e le Città metropolitane sulla base della popolazione scolastica, del numero degli edifici scolastici presenti sul territorio. Gli Enti locali dovranno individuare e comunicare gli interventi che vorranno realizzare in via prioritaria. Per accelerare l’attuazione di queste opere, anche alla luce dell’attribuzione dei poteri commissariali a Sindaci e Presidenti di Province e Città metropolitane previsti dal Decreto Scuola, nei prossimi giorni verranno fornite agli Enti locali le indicazioni operative per l’inoltro dei piani di interventi da attuare che verrà effettuato tramite apposito sistema informativo.

Palestre scolastiche

Le palestre scolastiche, come ha ricordato anche la Ministra Lucia Azzolina durante l’audizione in VII Commissione al Senato, continueranno ad essere utilizzate per l’attività sportiva pomeridiana. Resta infatti “ferma e garantita la competenza degli Enti locali nella concessione delle palestre scolastiche alle società sportive che facciano richiesta di utilizzarle al di fuori dell’orario delle lezioni, come è sempre avvenuto”.

Anche nelle Linee guida emanate in vista della ripresa di settembre, il cui testo è stato approvato da Regioni ed Enti Locali, si fa espressamente riferimento al punto in questione. “Resta ferma – si legge nel documento – la competenza degli Enti locali nella concessione delle palestre e di altri locali afferenti alle istituzioni scolastiche di competenza, al termine dell’orario scolastico, operate le opportune rilevazioni orarie e nel rispetto delle indicazioni recate dal Documento tecnico del CTS, purché, all’interno degli accordi con le associazioni concessionarie siano esplicitamente regolati gli obblighi di pulizia approfondita e igienizzazione, da condurre obbligatoriamente al termine delle attività medesime, non in carico al personale della scuola”. Il Ministero rassicura: le preoccupazioni in merito al possibile mancato utilizzo pomeridiano delle palestre sono destituite di fondamento.

Ahi settembre…

AHI SETTEMBRE, TORNERÒ. SONO PRONTO E TOCCA A ME…

di Maria Grazia Carnazzola

1. Per iniziare

L’anno scolastico appena concluso è stato un anno al limite dell’assurdo: di attese disattese, di rattoppi convulsi e ansiosi, di indicazioni arrivate fuori tempo- generative di quotidiane incongruenze-di inutili rincorse di una qualità dell’insegnamento da sempre poco conosciuta, di valutazioni degli apprendimenti docimologicamente traballanti… Non è colpa di nessuno, del Covid-19 semmai. Tutti, o quasi tutti, hanno fatto del loro meglio, alunni e famiglie compresi. Ora siamo proiettati sul nuovo anno, sul 14 settembre, e siamo di nuovo tutti in ansia, pensando a come smaltire lo stress accumulato e a come realizzare quella scuola che aspira a diventare “innovativa” (non si capisce bene cosa significhi precisamente il termine), ma di cui si faticano a costruire le condizioni e le premesse. La scuola richiede cornici di senso, la situazione sociale e culturale richiede un cambiamento della formazione e questo postula modifiche sul piano professionale e didattico, prima ancora che organizzativo, e un progetto culturale di largo respiro, dove le soluzioni tecniche rimandano a risignificazioni complessive. Nessun cambiamento può essere desiderato e perseguito se non si ha una prospettiva di senso da perseguire; la scuola attraversa una profonda crisi di significati che si manifesta, anche ma non solo, nella difficoltà a raggiungere esiti soddisfacenti sul versante dell’educazione e dell’istruzione.

2. Il Documento di pianificazione delle attività scolastiche 2020/2021

Le linee guida sono ampie, prendono in considerazione, anche se non sempre con chiarezza, molti aspetti istituzionali, organizzativi, logistici, sanitari e gestionali: uno sforzo da riconoscere.
Un elemento centrale, purtroppo, è rimasto sullo sfondo. Con questa operazione di marketing comunicazionale si è lasciato in secondo piano proprio l’aspetto centrale della scuola: un progetto culturale serio che indichi il patrimonio conoscitivo e tecnico complessivo di cui la società dispone attualmente e sul quale occorre riflettere per individuare, in termini probabilistici, ciò che dovrà permanere e ciò che dovrà cambiare per il futuro prossimo e meno prossimo. Una scuola che meriti questo nome si occupa fisiologicamente del cosa insegnare e del come insegnarlo, monitorando e valutando gli esiti del proprio fare sul piano degli apprendimenti e delle prassi di insegnamento, per la necessaria retroazione. È il pensiero teoretico che deve essere trasposto in termini istituzionali, organizzativi e pratico-operativi, non viceversa. La domanda di fondo è: quale uomo e quale cittadino? Da qui un progetto di scuola che, attraverso l’organizzazione culturale diventerà organizzazione istituzionale e poi “mentalità comune” della nazione. Solo così ha senso parlare di inclusione, di innovazione, di responsabilità…Senza un preciso quadro di riferimento il linguaggio diventa propaganda che si appropria delle parole comuni snaturando la lingua e le prassi civili, sociali e culturali. Ce lo ha spiegato bene V. Klemperer; e se questo succede “le istituzioni pensano e ragionano per noi”, direbbe E. Kant. La formazione è un processo complesso che richiede risposte competenti. Non è ripetendo le stesse cose in contesti diversi e con formule diverse-innovazione, inclusione, cittadinanza, media-education, sviluppo sostenibile – che si orienta la formazione verso risultati diversi. Bisogna creare le condizioni per una corretta significazione e attuazione degli indirizzi nazionali indicando gli strumenti culturali e tecnici necessari. Le scuole, gli insegnanti, sanno bene che per finalizzare il lavoro allo sviluppo delle competenze di cittadinanza occorre fare ragionamenti a metà fra educazione e istruzione, tra responsabilità / apprendimenti disciplinari e responsabilità / apprendimenti trasversali. Senza nascondersi che parlare di cittadinanza attiva e responsabile pare confliggere con i macroprocessi sociali in atto e questo riporta in evidenza quanto più sopra sostenuto: il significato dell’innovazione della formazione sta nella ridefinizione dei fini, prima, e nel disegno dell’organizzazione e nella ricerca degli strumenti e dei modi, poi.

3. Piano scolastico per la didattica digitale integrata

Confesso la mia ignoranza, ma non sono riuscita a capire con che cosa o con chi dovrà essere integrata la didattica digitale. Ma, a pagina 15 leggo: “Le Linee guida per la didattica digitale integrata proporranno alle scuole i seguenti elementi” e la cosa mi ha tranquillizzato, arriveranno chiarimenti. Arriveranno, ma tempo non ce n’è. Siamo a luglio: quando le scuole faranno il necessario lavoro di reimpostazione del curricolo e la formazione/aggiornamento dei docenti che si rendessero necessari? Devono essere coinvolti il Consiglio di Istituto, il Collegio dei docenti, i dipartimenti disciplinari e successivamente i Consigli di classe. Cambiano i tempi e i modi di erogazione del servizio, qualche riflessione dovrà essere fatta. Quanto prescritto dai documenti programmatici nazionali di tutti i gradi scolastici- Linee Guida o Indicazioni Nazionali, Linee guida per l’educazione civica…- o internazionali – Competenze chiave 2018, Indicazioni dell’Agenda 2030… – dovranno pur essere ricomposte in un progetto unitario di Istituto che fornisca ai singoli docenti i criteri ispiratori delle scelte metodologiche e degli indicatori di risultato. Il piano dei valori condivisi, quali la collaborazione, la cooperazione, la convivenza rispettosa, la legalità, l’etica della responsabilità, dovrà coniugarsi con quello delle competenze culturali di base, dei saperi disciplinari e dei saperi trasversali per un esito finale e globale di formazione che, toccando i diversi aspetti della persona, costruisca gli strumenti e le condizioni per una vita personale, sociale e per una relazione consapevole con la realtà. L’integrazione delle competenze disciplinari con quelle trasversali (responsabilità di tutti i docenti) è una delle difficoltà maggiori che le scuole incontrano, anche per la poca abitudine all’analisi del compito e, quindi, per la scarsa consapevolezza del rapporto esistente tra stimolo offerto e processi-abilità sollecitate da parte nella pratica didattica. Ma proprio questo sarà uno dei passaggi obbligati per consentire la padronanza didattica e la condivisione di strumenti, anche digitali, e di strategie intenzionalmente finalizzate ai risultati attesi per tutti gli alunni, relativamente alle discipline, alla realtà contemporanea, al proprio funzionamento cognitivo e metacognitivo. Potranno così essere poi presi in considerazione i problemi derivanti dall’uso didattico delle tecnologie e delle ricadute sulle pratiche di insegnamento e sui modi – tempi dell’apprendimento, in una visione veramente integrata dei processi con i fini. Questo nostro presente ha riproposto la necessità di una formazione che integri le conoscenze specialistiche, parziali, con la flessibilità degli stili di pensiero per l’adattabilità dei comportamenti. Ciò, da un punto di osservazione più generale, è possibile solo se si cambiano le categorie interpretative dei fenomeni e degli accadimenti del presente o del passato e ci si sforza di non leggerli esclusivamente all’interno del loro ambito scientifico-disciplinare (della storia, della medicina, della filosofia, della fisica…), ma cercando comuni orizzonti di senso.

4. Conclusioni

La scuola rimane lo strumento di crescita e di sviluppo sociale per eccellenza se, e quando, comprende le trasformazioni in atto e cerca di gestirle nella loro complessità, senza tentazioni di semplificazioni, riduzionismi o illusioni di conoscenza. Il periodo particolare che stiamo attraversando, oltre ad aver rimesso in evidenza le carenze storiche del sistema, potrebbe comportare un aumento delle deleghe educative a fronte di uno strisciante impoverimento degli strumenti professionali degli insegnanti sul piano culturale, psicopedagogico, didattico ed etico e di un progetto formativo istituzionale disegnato al ribasso. Le innovazioni, i dibattiti, le vetrine non hanno senso se al centro non si riposiziona la professionalità degli insegnanti, unici a poter gestire il cambiamento e a mantenere viva la passione per quello che fanno. E questo rimanda, anche, alla necessità della “manutenzione” della professionalità – ancor più necessaria nei momenti di transizione come l’attuale- manutenzione che si fonda sulla riflessione e sulla necessità di tempo dedicato: in fondo il pensiero del futuro è l’unico che giustifica e motiva il “fare” nel presente. Urge la revisione dell’organizzazione strutturale e delle prassi della formazione scolastica. Le sfide si vincono alzando il livello della competenza didattica, non abbassando il livello delle richieste di apprendimento e banalizzando la valutazione degli esiti. Serve una diversa impostazione ermeneutica che colga le opportunità che offre il presente, che ponga un modo nuovo di rapportarsi con le narrazioni delle storie e degli accadimenti, con le dimensioni dell’incertezza e del non ancora conosciuto dell’esistenza individuale e sociale. I docenti possono farlo- se sono posti nelle condizioni di poterlo fare- senza pretese di certezze, confidando in sé stessi, nei colleghi e un po’ nella buona sorte. “Le cose che ci aspettiamo non si compiono, per quelle inattese un dio trova la via” recitava, verso la fine, il coro nelle Baccanti di Euripide.

BIBLIOGRAFIA

A.Fortis, Settembre,1981
E. Kant, Per la pace perpetua, Feltrinelli, Milano 2013, p. 87
V. Klemperer, LTI. La lingua del terzo Reich, Giuntina Firenze 1998
Indicazioni Nazionali 2012
Indicazioni Nazionali per i Licei 2010 e Linee Guida per gli Istituti Tecnici e Professionali 2010-2012
Agenda 2030
Raccomandazioni del Consiglio dell’Unione Europea, 22/5/2018
Piano Scuola 2020-21

MISURE DI SICUREZZA

MISURE DI SICUREZZA, DI MEGLIO: FARE PRESTO PER IL BENE DELLA SCUOLA

“Poter ascoltare di nuovo il suono della campanella a settembre è desiderio e auspicio dell’intera comunità scolastica, ma affinché ciò accada, devono essere garantite tutte le imprescindibili condizioni di sicurezza. Ed è proprio al raggiungimento di questo obiettivo fondamentale che mira il nostro contributo al lavoro del Comitato Tecnico Scientifico”. È   quanto afferma Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, in merito all’incontro con il Cts per la stesura del protocollo di sicurezza per il rientro a scuola.

“Le questioni che abbiamo posto all’attenzione del Comitato, e rispetto alle quali abbiamo chiesto maggiore chiarezza, – spiega Di Meglio – riguardano la possibilità di sottoporre il personale scolastico e gli studenti a tamponi o test sierologici e di rilevare la temperatura corporea di chiunque entri a scuola in ogni momento della giornata. La misurazione della temperatura avviene già in molti uffici pubblici e privati e anche negli esercizi commerciali e riteniamo che debba a maggior ragione diventare una prassi nelle scuole, considerato l’elevato numero di persone che ospitano ogni giorno”.  

Secondo il coordinatore nazionale della Gilda, un altro aspetto da non trascurare attiene ai servizi igienici: “Nella maggior parte dei casi, la disponibilità dei bagni negli edifici scolastici è insufficiente in rapporto al numero degli alunni e del personale scolastico. Una carenza già grave e che si acuisce ulteriormente in questa fase particolare”.

“Purtroppo – conclude Di Meglio – siamo in forte ritardo sull’organizzazione di tutti gli aspetti legati alla ripresa dell’attività didattica in presenza, compresi i provvedimenti per le nomine dei supplenti che, con ogni probabilità, slitteranno ad anno scolastico inoltrato”.    

Spazi in aula, docenti, scuolabus: i tre nodi per il ritorno in classe

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

A oggi l’unico punto fermo è la data di riapertura della scuola: il nuovo anno, per gli 8 milioni di studenti, inizierà il 14 settembre, ma già dal 1° settembre partiranno le attività di recupero per chi ha chiuso il 2019/2020 con un’insufficienza. Mai come questa volta però il ritorno, in sicurezza, in classe dopo l’emergenza sanitaria è avvolto ancora da tanti interrogativi: come riprenderanno le lezioni, per quante ore, in quali giorni, in quali classi. Tutto questo, molto probabilmente, famiglie e ragazzi lo scopriranno nelle prossime settimane. Quando i presidi faranno i conti sulle misure da prendere per assicurare la distanza di un metro tra le bocche degli alunni, le conferenze di servizi troveranno le soluzioni su arredi, aule e cantieri e i tavoli regionali monitoreranno il tutto.

Caccia agl spazi
Una prima criticità riguarda gli spazi. E lo stesso ministero dell’Istruzione ne è consapevole, visto che si stima un 15% di studenti (1,2 milioni) di ragazzi da risistemare. O adeguando le classi o attingendo agli spazi esterni da reperire in parchi, musei, cinema, biblioteche, teatri e archivi oltre ai 3mila ex istituti dismessi. Nel frattempo, ma ci vorrà fine agosto, il Comitato tecnico-scientifico del ministero della Salute valuterà il livello raggiunto dal contagio e deciderà se l’obbligo della mascherina (che adesso è dai 6 anni in più) potrà essere rimodulato.

Le scelte non sono facili. «Abbiamo disegnato il layout di ciascuna aula, indicando la capienza massima di alunni nel rispetto delle regole di sicurezza – racconta Alessandro Artini, preside del “Galileo Galilei” di Arezzo -. Ho chiesto al consiglio di istituto di bloccare eventuali nuovi iscritti (la mia scuola è molto attrattiva…), salvo il trasferimento in uscita di alcuni alunni. Il saldo complessivo deve rimanere invariato, altrimenti viene meno la regola della distanza. Alcuni laboratori saranno trasformati in aule. Sacrificheremo anzitutto quelli di informatica, perché potremmo comunque adottare la didattica laboratoriale anche nelle aule, dotando gli alunni di portatili».

Dalle superiori alle primaria il passo è breve, e anche qui ci sono scelte delicate da compiere. «La mensa, ad esempio, va garantita – ha sottolineato un preside di un istituto comprensivo calabrese -. Ma ho molti alunni e dovrò individuare altri locali, oppure sarò costretto a fare i turni».

Su tutti questi punti l’Associazione nazionale presidi sta svolgendo un monitoraggio nazionale. Ma alcuni numeri sono già stati fornititi nei giorni scorsi. Per il presidente dell’Anp, Antonello Giannelli, si può stimare «un 40% di scuole dei grandi centri in difficoltà». Con una situazione che varia da zona in zona. «Per il 20-30 per cento di scuole occorrono lavori di ristrutturazione interna, ad esempio palestre, aule magne, laboratori», ha detto Mario Rusconi (Anp Lazio).

Linee guida alla mano, un aiuto dovrebbe arrivare dal «cruscotto informativo» messo a punto dal ministero per superare l’Anagrafe dell’edilizia scolastica. In teoria, i numeri dovrebbero già esserci e basterebbe usare un cursore per conoscere la situazione delle singole scuole; in pratica, alcuni Uffici scolastici territoriali (Piemonte, Puglia, Sicilia) stanno chiedendo ai presidi di inserire proprio in questi giorni le informazioni su sedi, aule e locali interni ed esterni.
Il «nodo» personale in più
Altro tema delicato è il personale che gioco forza dovrà essere implementato. Perché? «Se abbiamo una classe di 20 alunni con un docente e se per attuare il distanziamento dobbiamo dividere la classe in due gruppi, abbiamo bisogno di due docenti – hanno aggiunto dall’Anp -. Se abbiamo 1.500 studenti che utilizzano i servizi igienici almeno una volta al giorno e i bagni devono esser immediatamente puliti dopo l’uso, abbiamo bisogno di più collaboratori scolastici». Per tamponare l’emergenza dallo scostamento di bilancio arriverà 1 miliardo in più per assumere, a tempo determinato, 50mila persone in più, tra docenti e personale Ata. Ma la situazione rischia però di essere più complessa visto che già oggi, sulla base delle stime Cisl Scuola, sono vacanti oltre 85mila cattedre, soprattutto al Centro-Nord. Risultato: complice il rinvio del concorso straordinario da 32mila posti, voluto da sindacati e parte della maggioranza (Pd e LeU), a settembre ci si trovi con più di 200mila precari in servizio.

Trasporto scolastico

Una volta aperta, a scuola bisognerà pure arrivarci. Probabilmente con orari di ingresso scaglionati e con un impatto sugli scuolabus ancora tutto da quantificare. Nella trattativa sulle linee guida della settimana scorsa le Regioni hanno strappato l’impegno a un tavolo di confronto separato dove si discuterà, ad esempio, di eventuali risorse aggiuntive e di regole di sicurezza (ad esempio sull’uso della mascherina e le distanze). Ma per avere dettagli più precisi serviranno a quanto pare delle linee guida specifiche. E intanto il tempo stringe.

Troppi cerotti per il presente, pochi mattoni per il futuro

da Il Sole 24 Ore

di Andrea Gavosto*

Che cosa rimarrà della lunghissima chiusura delle scuole causata dal Covid-19? Torneremo allo status quo ante o sarà l’occasione per accelerare la modernizzazione del nostro sistema scolastico, che anche prima dell’emergenza già faticava a colmare le distanze dalle altre nazioni? Quali misure prese in questi mesi si riveleranno essere non solo cerotti per il presente, ma anche mattoni per il futuro? Domande alle quali è difficile rispondere.L’impressione, però, è che ci sia distacco fra realtà e retoriche prevalenti nel dibattito pubblico: forse cambiamenti significativi potrebbero arrivare dagli aspetti al momento meno apprezzati, mentre annunci sulla nuova fase della scuola rischiano di rivelarsi esagerati e prematuri.

Subito prima e dopo l’uscita tardiva delle linee guida del ministero dell’Istruzione, il dibattito pubblico ha guardato a due aspetti: gli spazi della scuola e della didattica, che potrebbero non bastare a settembre, con la prospettiva di interventi sull’edilizia scolastica che si vorrebbero utili anche per il futuro; la consistenza dell’organico docente, anche in questo caso forse insufficiente per una riapertura in sicurezza, ma il cui incremento definitivo – alcuni dicono – potrebbe migliorare la qualità dell’insegnamento. In entrambi i casi, la volontà politica sembra volere sfruttare l’emergenza per un’accelerazione che guardi oltre.

Per spiegare i nostri dubbi, partiamo dagli spazi. Il governo vuole riportare tutti in aula a settembre, limitando il più possibile divisioni delle classi, turni, scaglionamenti in ingresso e in uscita, riduzione del tempo delle lezioni. A tale scopo, è stato previsto un distanziamento molto blando – un metro lineare fra le ormai celeberrime «rime boccali» – al di sotto degli standard internazionali per il Covid-19. Per gli spazi che dovessero mancare si sono poi investiti 331 milioni di euro per la cosiddetta “edilizia leggera”, cioè, interventi a discrezione dei dirigenti scolastici per ridurre l’affollamento nelle aule e all’ingresso/uscita. Altre risorse, più importanti, dovrebbero esserci per interventi strutturali di rinnovamento di un patrimonio di edilizia scolastica che risale per quasi i due terzi a prima degli anni ’70 e ha problemi di sicurezza, di sostenibilità ambientale e – come insisteva il Rapporto sull’edilizia scolastica della Fondazione Agnelli – di adeguatezza degli spazi scolastici per strategie didattiche più moderne. Credo che quanto si dovrà e si riuscirà a fare entro settembre poco servirà a risolvere questi problemi. Anzi, è probabile che proprio l’esigenza di garantire sicurezza e distanziamento porterà a un uso piuttosto statico degli spazi e a privilegiare la didattica più tradizionale, quella frontale. Di converso, i due mesi estivi ovviamente non basteranno per gli interventi strutturali.

Passiamo agli insegnanti. Ne servono di più a settembre? Probabilmente sì, se per il distanziamento occorrerà ridurre il numero di studenti per classe e talvolta estendere la durata del tempo scuola. In tal caso, sarà giusto assumere per il tempo necessario più docenti a tempo determinato – come già previsto dal governo – e magari proporre ore di straordinario ai docenti che fossero disponibili. Servono più insegnanti per migliorare la nostra scuola in futuro? Non siamo fra chi lo pensa. L’Italia è uno dei paesi con il rapporto docenti/studenti più ridotto (10 alle secondarie, contro i 13 della media Ocse) e il numero medio di allievi per classe è basso (da 19 alla primaria a 22 alle superiori): infatti, al di là delle affermazioni della ministra Azzolina, prima del Covid-19 le classi pollaio non sono mai state un problema (meno dell’1% del totale). Inoltre, sappiamo che la popolazione studentesca sta diminuendo a grande velocità (1 milione in meno nel 2030). No, anche dopo il Covid-19 la questione degli insegnanti in Italia non è un incremento del loro numero. Le vere carenze riguardano la qualità della formazione, l’efficacia dei meccanismi di reclutamento, gli incentivi di carriera, retribuzione e il prestigio sociale da dare ai migliori laureati per indurli a scegliere la professione, soprattutto nelle aree disciplinari (incluso il sostegno) che oggi soffrono una mancanza di docenti qualificati.

Al di là della retorica, si potrebbe infine scoprire che un’eredità di questi mesi che servirà per il futuro della scuola italiana è la vituperata didattica a distanza. Oggi è considerata l’esito scolastico più negativo del lockdown. Perché iniqua nei confronti degli studenti più disagiati, anche per il modo improvvisato con cui è stata realizzata e il ritardo digitale italiano. E certamente incapace di sostituire la didattica in presenza. Ha, però, rivelato a molti insegnanti uno strumento potenzialmente prezioso: un suo uso intelligente è infatti complementare alle attività in presenza, consente di tenere viva l’attenzione, sviluppa la capacità di lavoro autonomo degli studenti, elimina i tempi morti della lezione, come la correzione dei compiti. Indubbiamente, una freccia in più all’arco di un buon insegnante.
*Direttore Fondazione Agnelli

Continuano a crescere gli alunni con cittadinanza non italiana

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Nell’anno scolastico 2018/2019 le scuole hanno accolto complessivamente 8.580.000 studenti di cui 857.729 di cittadinanza non italiana (10% del totale). Rispetto all’anno precedente, il 2017/2018, la popolazione scolastica è calata complessivamente di quasi 85 mila unità, pari all’1%.

Gli studenti con cittadinanza italiana hanno registrato una flessione di oltre 100 mila unità (-1,3%) a fronte, invece, di una crescita di 16 mila studenti con cittadinanza non italiana (+1,9%), per cui la loro incidenza sul totale passa dal 9,7% al 10%.

Al contempo, i dati di trend mostrano comunque che la presenza di questi ultimi tende a stabilizzarsi. Nel decennio 2009/2010 – 2018/2019 gli studenti con cittadinanza non italiana sono complessivamente aumentati del 27,3% (+184 mila unità), un ritmo di crescita assai lontano da quello verificatosi nel decennio 1999/2000 – 2008/2009, durante il quale l’incremento è stato del 425,9%, corrispondente a 510 mila unità.

Si tratta per lo più di studentesse e studenti di seconda generazione, nati cioè in Italia da genitori non italiani. In particolare, la quota dei nati in Italia sul totale degli studenti di origine migratoria è salita al 64,5%, oltre un punto percentuale in più rispetto al 2017/2018 (63,1%).

I dati confermano che la maggior parte degli studenti con cittadinanza non italiana si concentra nelle regioni del Nord (65%), seguite dal Centro (22%). La presenza nel Mezzogiorno è di poco superiore al 13%.

In Emilia-Romagna, gli studenti con cittadinanza non italiana sono, in rapporto alla popolazione scolastica regionale, il 16,4%, valore più elevato a livello nazionale. Seguono Lombardia (15,5%), Toscana (14,1%), Umbria (13,8%), Veneto (13,6%) e Piemonte (13,5%).

Al Sud l’incidenza degli studenti con cittadinanza non italiana è ovunque inferiore alla media nazionale del 10%. L’indice varia tra il 7,5% dell’Abruzzo e il 2,6% della Sardegna.

Il 46,3% degli studenti con cittadinanza non italiana proviene da un Paese europeo. A seguire, ci sono gli studenti di provenienza o origine africana (25,7%) e asiatica (20,1%). Assai più contenuta la percentuale degli studenti provenienti dall’America e dall’Oceania (7,9% e 0,03%).

Scuola: Azzolina: “Mai detto Dad sostituirà quella in presenza”

da la Repubblica

“Nessuno ha mai affermato che la didattica digitale possa o debba sostituire la didattica in presenza. La configurazione concettuale e concreta dell’attività ‘a distanza’ rappresenta una sfida e al contempo un’opportunità, complementare alla didattica in presenza”. Lo ha detto la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, in audizione davanti alla commissione Istruzione del Senato.

La ministra ha ricordato che “nel mese di settembre 2020, le attività didattiche riprenderanno in presenza e in sicurezza su tutto il territorio nazionale”. Una ripresa, ha proseguito, che avverrà “nel rispetto di quella cornice dentro cui ci stiamo muovendo che sono le indicazioni finalizzate alla prevenzione del contagio contenute nel Documento Tecnico, elaborato dal Comitato Tecnico Scientifico “.

La sicurezza

“Le singole scuole – ha spiegato la ministra – saranno chiamate ad operare nel rispetto di un complesso equilibrio tra sicurezza, benessere socio-emotivo di studenti e personale scolastico, qualità dei contesti e dei processi di apprendimento e rispetto dei diritti costituzionali alla salute e all’istruzione. Lo faranno da sole? No. Il loro lavoro sarà accompagnato dall’Amministrazione centrale e periferica e dagli Enti Locali” ha assicurato.

Un miliardo per la riapertura

Nel suo intervento, Azzolina ha ricordato che il governo è costantemente impegnato nel reperimento delle risorse necessarie per garantire il corretto avvio dell’anno scolastico. “In tal senso – ha spiegato – si sottolinea che l’articolo 235 del decreto legge 34/2020, in aggiunta agli stanziamenti di cui agli articoli 231, 232, 233 nonché di altre fonti di finanziamento da stanziamenti europei, istituisce presso il ministero dell’Istruzione un apposito fondo, denominato ‘Fondo per l’emergenza epidemiologica da Covid-19′, pari a 1 miliardo di euro, allo scopo di adottare le opportune misure per la riapertura delle istituzioni scolastiche”.

La ministra ha aggiunto che la “scuola non ha mai abbandonato le studentesse e gli studenti”. “L’emergenza ha fatto anche riemergere con forza problematiche decennali del sistema di Istruzione che ci hanno spinti a interventi immediati, per reagire alla crisi, e che ora ci sollecitano ulteriori interventi che guardino già al futuro. Vogliamo digitalizzare la scuola e farlo in fretta. Abbiamo stanziato oltre 400 milioni di euro, aumentandoli dagli iniziali 200, per potenziare la connettività delle scuole portando negli istituti”.

La polemica con Salvini

Intanto  c’è tensione fra Azzolina e il leader della Lega Matteo Salvini che accusa il governo di “lasciare fuori” dalle aule scolastiche parte degli studenti. “Questa sera il ministro Lucia Azzolina dice che ‘nessun alunno sarà cacciato da scuola’, e così smentisce il ministro Lucia Azzolina che solo venerdì scorso diceva ‘abbiamo al momento il 15% di studenti che dobbiamo portare fuori dagli edifici scolastici’, ha detto Salvini ieri sera. E oggi ha aggiunto: “Se mancano gli spazi, più spazi li trovi chiedendo aiuto alle scuole paritarie, con una bella collaborazione pubblico-privato, senza ideologia da parte della sinistra”.

Parole alle quali la ministra ha replicato con un post su Facebook: “Nessun alunno sarà cacciato da scuola, come sta continuando a dire Matteo Salvini in queste ore, inondando le Regioni di numeri a caso. A settembre la scuola riaprirà per tutti. Abbiamo le soluzioni e abbiamo le risorse. E siamo al lavoro con il contributo di tanti. C’è chi, invece, preferisce usare la scuola per fare propaganda. È molto facile ma anche molto irresponsabile”.

Scuola, 85 mila studenti in meno in un anno. Aumentano gli stranieri

da Corriere della sera

Valentina Santarpia

Abbiamo «perso» 85 mila studenti, l’1% della popolazione scolastica che è composta da 8 milioni e 580 mila studenti. Ma il bilancio sarebbe stato ben più drammatico se non avessimo avuto gli studenti non italiani a rinforzare le classi. Infatti, mentre gli studenti di cittadinanza italiana sono diminuiti di 100 mila (-1,3%), quelli stranieri sono aumentati di 16 mila (+1,9%), passando così a diventare il 10% del totale degli studenti. Sono i dati diffusi oggi pomeriggio dal ministero dell’Istruzione. Non sono aumenti record: anzi, negli ultimi dieci anni la presenza di studenti non italiani nelle classi si è stabilizzata, attestandosi al 27,4%, una percentuale decisamente lontana dal picco del 425% raggiunto nei dieci anni precedenti (1999/2009). Si tratta per lo più di studentesse e studenti di seconda generazione, nati cioè in Italia da genitori non italiani. In particolare, la quota dei nati in Italia sul totale degli studenti di origine migratoria è salita al 64,5%, oltre un punto percentuale in più rispetto al 2017/2018 (63,1%).

Al Sud meno studenti con cittadinanza non italiana

I dati confermano che la maggior parte degli studenti con cittadinanza non italiana si concentra nelle regioni del Nord (65%), seguite dal Centro (22%). La presenza nel Mezzogiorno è di poco superiore al 13%. In Emilia-Romagna, gli studenti con cittadinanza non italiana sono, in rapporto alla popolazione scolastica regionale, il 16,4%, il valore più alto a livello nazionale. Seguono Lombardia (15,5%), Toscana (14,1%), Umbria (13,8%), Veneto (13,6%) e Piemonte (13,5%). Al Sud l’incidenza degli studenti con cittadinanza non italiana è inferiore alla media nazionale del 10%. L’indice varia tra il 7,5% dell’Abruzzo e il 2,6% della Sardegna. Il 46,3% degli studenti con cittadinanza non italiana proviene da un Paese europeo. A seguire, ci sono gli studenti di provenienza o origine africana (25,7%) e asiatica (20,1%). Più contenuta la percentuale degli studenti provenienti dall’America e dall’Oceania (7,9% e 0,03%).

Scuole paritarie, c’è l’accordo: altri 100 milioni per evitare le chiusure

da Corriere della sera

Valentina Santarpia

Arriva l’accordo per dare più fondi alle scuole paritarie. Entro sabato dovrebbe essere votato un emendamento al Dl rilancio in cui vengono stanziati altri 100 milioni. La battaglia politica è stata condotta su più fronti, quando si è palesato il rischio che, in mancanza di risorse, molte scuole fossero costrette a chiudere, con circa 200 mila costretti a fare l’esodo verso la scuola pubblica. Con un aggravio di costi per lo Stato, sicuramente, ma anche con la possibilità in certi settori di far mancare l’offerta formativa: le scuole dell’infanzia paritarie coprono una grossa fetta della richiesta da parte delle famiglie. Soddisfatto Gabriele Toccafondi (Iv), che ha portato avanti le istanze delle paritarie: «Occorre aiutare tutta la scuola, statale e non-ha spiegato- Le scuole non statali sono pubbliche a tutti gli effetti. Ci siamo impegnati per i 150 milioni già inseriti, ci siamo impegnati per questo aumento e ci impegneremo ancora per strumenti come le detrazioni per la libera scelta educativa».Un altro capitolo in discussione per sostenere le paritarie infatti è quello delle detrazioni fiscali, che dovrebbe approdare nella prossima Finanziaria: finora si può detrarre il 19% fino ad una spesa massima di 800 euro all’anno. Invece si lavora in queste ore per estendere il superbonus al 110% per gli interventi di ristrutturazione per l’efficientamento energetico anche alle scuole paritarie.

Rientro a scuola a settembre, la via inglese. No alla dittatura del metro, studenti divisi in bolle

da Corriere della sera

Gianna Fregonara

E se invece la soluzione per riaprire le scuole fosse un’altra? Non quella di ridisegnare la pianta di 300 mila classi o giù di lì, affidando a enti locali, regioni e presidi un lavoro titanico dall’esito incerto. C’è una via più pragmatica, come quella che hanno imboccato proprio in queste settimane Francia e Inghilterra. Due i principi che segnano il punto di partenza: gli spazi delle scuole per settembre sono quelli che sono, a meno che qualcuno trovi qualche metro quadrato in più recuperando spazi inutilizzati, e la priorità va data all’insegnamento delle materie essenziali, cioè matematica e francese/inglese, per fare in modo che anche alla fine di un anno molto particolare come sarà il prossimo almeno sui fondamentali nessuno sia lasciato indietro. Per il resto si farà come si può. Entrambi i paesi hanno abbandonato l’idea del metro di distanza come unità di misura sanitaria obbligatoria per la scuola di settembre, anche se resta consigliata. In Francia il messaggio è stato: meglio il distanziamento, chi non ci riesce dovrà organizzarsi con mascherine o altre protezioni. In Inghilterra il no alle mascherine in classe è categorico perché «rendono problematica la didattica», vanno usate invece dagli studenti che arrivano in bus o treno durante il tragitto.

Le bolle

Le linee guida inglesi che saranno presentate al Parlamento giovedì 2 luglio e che sono state anticipate dall’HuffpostUk puntano su un approccio al problema totalmente diverso da quello italiano. Gli alunni devono essere divise in «bolle», «bubbles» scrivono gli esperti del ministero dell’Educazione di Londra, gruppi chiusi che non si incontrano mai e che contengono più classi e tutti i professori che vi insegnano: le «bolle» devono essere isolate durante la permanenza a scuola. E in caso di contagio, l’intera bolla sarà messa sotto osservazione o in isolamento, permettendo alle altre di continuare la propria attività. Un esempio: per le elementari che hanno una o due insegnanti, le bolle possono comprendere anche una sola classe o al massimo due di 30 alunni. Alle medie e superiori dove i professori ruotano, la bolla deve comprendere un numero di classi – fino a otto nelle scuole più grandi, si legge nel documento – nelle quali si alternano gli stessi prof: dunque al massimo 240 studenti, se la scuola riesce a organizzare bolle più piccole meglio.

Rientro a scuola, oggi incontro sindacati-CTS: test sierologici all’ingresso per docenti e ATA, max 15 alunni per classe

da Orizzontescuola

di Ilenia Culurgioni

Si è da poco concluso l’incontro tra sindacati e Comitato tecnico scientifico per la preparazione del protocollo di sicurezza per il ritorno a scuola a settembre. I lavori proseguono la prossima settimana.

Dall’incontro sono emersi alcuni punti del Piano scuola 2020/21 (linee guida del 26 giugno) definiti ancora critici dai sindacati, ma anche la necessità di tornare a scuola in presenza e in sicurezza in tutto il Paese.

Flc Cgil

La Flc Cgil propone “test sierologici (gratuiti e rapidi) all’ingresso per tutto il personale ATA e docente, e test a campione da ripetere periodicamente“. “Chiediamo inoltre – ha dichiarato al termine dell’incontro il segretario generale Francesco Sinopoli – che venga garantito un presidio medico in tutte le scuole e che venga affidata la responsabilità della presa in carico degli eventuali casi positivi alle ASL. Sarebbe utile anche la disponibilità di tamponi, presso pediatri e medici di famiglia. Formare, informare e prevenire devono essere le parole d’ordine”.

Gli elementi fondamentali per la Flc Cgil sono:

  • per quali fasce di età dovrà essere previsto l’uso delle mascherine
  • l’obbligatorietà o meno della figura del medico competente
  • la modalità e la frequenza della igienizzazione dei locali scolastici nel corso della giornata, in particolare per gli ambienti ad uso promiscuo (bagni, laboratori, palestre)
  • un dettagliato protocollo di pulizia e pre e post mensa nel caso di consumazione del pasto in classe
  • prassi omogenee sulla necessità o meno di accertamenti per il personale (test sierologici /tamponi)
  • chiarezza sull’autorità medica competente a certificare la condizione di “fragilità” dei lavoratori
  • un approfondimento da dedicare alle attività di laboratorio, in considerazione della particolarità degli ambienti in cui si svolgono le esercitazioni
  • la procedura da seguire in caso di presenza di sospetto caso COVID
  • il ruolo della ASL in merito alle misure da adottare in caso di contagio comprovato
  • il ruolo del pediatra e del medico di base in caso di individuazione di soggetti positivi
  • misure specifiche per i convitti/educandati (es distanziamento da adottare nei dormitori)
  • i provvedimenti da adottare in caso di necessità di uso promiscuo dei servizi igienici
  • protocolli per l’utilizzo di altri locali

Anief 

Dopo l’approvazione del “Piano scuola 2020-2021” restano numerose criticità“, riferisce l’Anief presente all’incontro odierno. Il sindacato pone l’attenzione sui “300 mila lavoratori con oltre 54 anni di età, che rende buona parte del personale fragile”. L’Anief ribadisce la necessità di ridurre il numero degli alunni per classi rapportandolo allo spazio delle aule: “La geometria piana ci insegna che la superficie pro-capite di ogni persona (studente o lavoratore) all’interno dei locali scolastici non può essere inferiore a 3 metri 2, ovvero in un locale di 7×5 m anche giocando con le disposizioni, non possono stare contemporaneamente più di 15 persone, e ciò in linea con quanto indicato dall’Anief già a partire dalle prime audizioni di aprile“. Secondo il Presidente nazionale del sindacato, Marcello Pacifico, “è arrivato il momento di porre la scuola al centro della vita di ogni italiano; l’occasione per adeguare gli organici ci può essere con l’aggiornamento delle GaE e l’utilizzo delle nascenti GPS anche ai fini dei ruoli”.

Anp

L’Associazione nazionale presidi ha evidenziato al Cts la necessità di precisare alcuni aspetti problematici, quali:

  • il distanziamento fisico (il metro “da bocca a bocca” è statico o dinamico?)
  • l’individuazione dei più opportuni DPI per studenti e personale, tenendo presente l’esigenza di averne contezza con un congruo preavviso sull’inizio dell’anno scolastico, e non solo quindici giorni prima, poiché altrimenti mancheranno i tempi per approvvigionarsene
  • la periodicità con cui provvedere all’aerazione dei locali
  • le misure da adottare nell’ipotesi in cui, durante lo svolgimento delle attività scolastiche, si verifichi un caso di positività a Covid-19
  • l’ammissibilità di utilizzo dei locali scolastici da parte di terzi, negata nel documento del CTS del 28 maggio scorso e ammessa invece dal Piano scuola
    la gestione dei lavoratori fragili
  • la possibilità effettiva, per i referenti medici dislocati presso le ASL, di far fronte a richieste di supporto da parte delle scuole che, invece, necessiterebbero di un proprio presidio sanitario interno

Dipendenti scuola nati entro 31/08/1956: richiesta trattenimento in servizio entro 31 agosto

da Orizzontescuola

di redazione

Pubblichiamo la scheda del prof.Renzo Boninsegna (Snals Verona). Dipendenti scuola nati/e entro 31/08/1956: Richiesta permanenza in servizio per evitare cessazione d’ufficio dal 01/09/2021 senza pagamento pensione

E’ stata pubblicata dalla Corte di Cassazione la Sentenza n. 11008 del 9 giugno 2020 che ha affermato l’obbligo da parte della Pubblica Amministrazione di collocare a riposo d’ufficio i pubblici dipendenti al compimento del 65° anno di età a prescindere dall’anzianità di servizio in mancanza di domanda di trattenimento in servizio, da parte dell’interessato, fino al compimento del 67° anno di età oppure fino alla maturazione diritto pensione anticipata, da presentare alla scuola almeno 12 mesi prima.

Nell’allegata scheda, inviataci dal prof. Renzo Boninsegna, viene commentata la citata sentenza e, senza voler creare “immotivati” allarmismi, vengono chiarite, con esempi, le conseguenze derivanti da tale sentenza.

In attesa che il Dipartimento della Funzione Pubblica ed il Ministero dell’Istruzione dichiarino il loro orientamento su tale atto della Corte di Cassazione, a tutela degli interessati, viene proposto un modello per eventuale richiesta di permanenza in servizio.

Scheda

Connessione veloce per tutte le famiglie: voucher fino a 500 euro per internet, pc e tablet

da Orizzontescuola

di Andrea Carlino

La didattica a distanza, sistema messo in atto dal Ministero dell’Istruzione per garantire le lezioni anche durante l’emergenza coronavirus, ha palesato i limiti delle infrastrutture digitali italiane. Una copertura a macchia di leopardo che, in alcuni casi, non ha garantito l’istruzione.

Il Ministero, però, vuole colmare quanto più possibile il gap digitale presente tra le diverse regioni italiane. Su questo è decisa ad insistere la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina. Mercoledì, nel corso dell’audizione tenuta presso la VII Commissione al Senato, la ministra ha detto: Vogliamo digitalizzare la scuola e farlo in fretta. Abbiamo stanziato oltre 400 milioni di euro, aumentandoli dagli iniziali 200, per potenziare la connettività delle scuole portando negli istituti. Li prevede il Piano Scuola approvato di recente dal Comitato nazionale per la Banda Ultralarga. L’obiettivo è garantire rapidamente una connessione veloce (velocità a 1 Gbit con 100 Mbits di banda garantita) all’81,4% dei plessi scolastici, quelli del primo e secondo ciclo, per un totale di 32.213 edifici. Previsti anche voucher per le famiglie: fino a 500 euro, in base all’Isee, per connessioni veloci, pc e tablet

L’obiettivo di Azzolina è ambizioso: “Con i fondi aggiuntivi delle Regioni e altre economie di spesa puntiamo a raggiungere progressivamente il 100% degli edifici scolastici”

Nuovo anno scolastico, in Puglia si inizierà il 24 settembre col vincolo: in Campania potrebbe non esserci

da La Tecnica della Scuola

A dispetto delle approvate nuove Linee Guida per il rientro a scuola che indicano il rientro per tutti gli alunni il prossimo 14 settembre, diverse Regioni continuano a deliberare delle date di avvio diverse.

Chi non ha scelto il 14 settembre

A Bolzano, ad esempio, si riprenderà lunedì 7 settembrein Veneto quatto giorni dopo (l’11). Solo Lombardia, Lazio, Basilicata e Valle d’Aosta hanno indicato lunedì 14 settembre. Altre regioni hanno prescelto date successive al 14 proposto dal MI. L’ultima è stata la Giunta regionale pugliese, che il 2 luglio ha approvato il nuovo calendario scolastico indicando come data d’inizio giovedì 24 settembre.

La decisione della Regione Puglia è comunque vincolata all’efficacia all’emanazione dell’ordinanza del ministero dell’Istruzione per la riapertura delle scuole, conseguente proprio al Piano Scuola approvato in accordo con gli stessi Enti Locali lo scorso 26 giugno.

Le altre date della Puglia

In Puglia, quindi, si inizia il dopo le elezioni regionali (fissate per il 20 e il 21 settembre), con la chiusura fissata per l’11 giugno 2021, per un totale (nelle scuole primarie e secondarie) di 202 giorni. Le scuole d’infanzia, invece, potranno proseguire le attività sino al 30 giugno 2021.

In tutte le scuole pugliesi, inoltre, le lezioni saranno sospese, oltre che per le festività nazionali, anche il 7 dicembre, dal 23 dicembre 2020 al 6 gennaio 2021 (vacanze natalizie), dal primo aprile 2021 al 6 aprile 2021 (vacanze pasquali).

Il governo Emiliano, inoltre, ha stabilito che per la scuola dell’infanzia, nel periodo successivo all’11 giugno 2021, può essere previsto che funzionino le sole sezioni ritenute necessarie in relazione al numero dei bambini frequentanti, sulla base delle effettive esigenze delle famiglie.

La Campania potrebbe essere l’unica…

C’è una Regione, comunque, che non dovrebbe mutare la propria decisione di riprendere la scuola direttamente il 23-24 settembre: è la Campania, il cui governatore Vincenzo De Luca non ha sottoscritto il Piano scuola 2020-2021, dichiarando di non essere “d’accordo con le misure che saranno prese perché consideriamo irresponsabile il voto il 20 settembre (per le elezioni regionali, n.d.r.) e non è stato definito l’organico dei docenti”.

Una decisione, quella della Campania, che andrebbe a contraddire le dichiarazioni di ieri della ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, che ha dichiarato: “il 1° settembre” torneranno in classe “tutti quelli che dovranno sia recuperare l’apprendimento sia potenziarlo. E insieme alle Regioni abbiamo stabilito l’inizio per il 14 settembre per tutti gli altri“.